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Percorsi didattici Il Futurismo nel territorio bresciano ... - Vie dell'Arte

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Giordano Bruno Guerri<br />

D’Annunzio e Marinetti. L’arte al potere<br />

Marinetti è stato un grande e straordinario modernizzatore: un vero rivoluzionario che è riuscito<br />

<strong>nel</strong>l’intento di “strappare” la cultura del suo tempo come si strappa un ciuffo d’erba per sventolarne<br />

le radici al sole, per affermare che tutto deve cambiare.<br />

Marinetti ha fatto ciò e, incredibilmente, lo ha fatto da solo: il <strong>Futurismo</strong> nasce e vive prima<br />

interamente <strong>nel</strong>la sua testa per diventare poi un movimento d’avanguardia conosciuto in tutto il<br />

mondo. Quando il 20 febbraio 1909 pubblica il famoso Manifesto su Le Figaro e afferma che i<br />

futuristi sono l’avanguardia del mondo, in quel momento, esiste un solo futurista, lui e nessun altro.<br />

Prima di Le Figaro il Manifesto era stato pubblicato su alcune testate giornalistiche italiane – La<br />

Gazzetta dell’Emilia, <strong>Il</strong> Giorno di Roma, <strong>Il</strong> Giornale di Napoli – senza suscitare alcuna reazione <strong>nel</strong><br />

nostro Paese. A quell’epoca la cultura italiana era molto provinciale e questo è un altro dei grandi<br />

meriti attribuibile a Marinetti: averla sprovincializzata e averla portata d’improvviso dal ghetto <strong>nel</strong><br />

quale si trovava alla ribalta mondiale, all’avanguardia.<br />

È giusto affermare che il <strong>Futurismo</strong> è stato, dopo il Rinascimento, il più importante movimento<br />

culturale italiano. Nel lasso di tempo tra il Rinascimento e il <strong>Futurismo</strong> l’Italia ha, infatti, prodotto<br />

grandi geni isolati in tutte la arti, ma non un movimento capace di influenzare il resto del mondo: tutti<br />

i grandi movimenti moderni come l’<strong>Il</strong>luminismo, il Romanticismo ecc. hanno avuto origini al fuori di<br />

nostri confini.<br />

Nel giro di due anni il movimento portò alla ribalta grandissimi pittori che, vivendo isolati e privi di un<br />

inquadramento e un orientamento ideale e artistico, Marinetti condusse <strong>nel</strong>l’alveo del movimento<br />

attraverso i suoi manifesti e le sue idee: così nacque il grande Boccioni che tutti conoscono,<br />

arrivarono Balla, Carrà e dietro di loro verranno i Sant’Elia, i Palazzeschi e decine e decine di altri<br />

artisti. Marinetti dedicò al <strong>Futurismo</strong> tutta la vita e tutte le sue risorse fino a morire poverissimo<br />

lasciando però in eredità alla sua famiglia una collezione d’arte di grandissima importanza e valore.<br />

Perché ancora oggi non viene riconosciuta la grandezza di questo personaggio? Perché <strong>nel</strong>l’anno del<br />

centenario le molte mostre futuriste, i vari pranzi futuristi, gli spettacoli futuristi, le musiche futuriste<br />

hanno cercato di ignorare Filippo Tommaso Marinetti?<br />

Marinetti viene ancora oggi ignorato per il suo legame con il Fascismo anche se non si può negare in<br />

quel momento c’erano motivazioni e ideali per aderirvi: fra questi l’amore patrio, di cui il Fascismo era<br />

promotore e difensore, e non da ultimo il tentativo tutto marinettiano di rendere il Fascismo futurista<br />

mentre la storia ci insegna che avvenne il contrario.<br />

Altresì non è più possibile oggi – ed è profondamente ingiusto – giudicare un uomo vissuto cento<br />

anni fa con gli odierni metri di valutazione: tra l’inizio del Novecento e i giorni nostri c’è un enorme<br />

salto culturale che mette in condizioni tutti noi di giudicare in modo diverso. Oggi si rimprovera<br />

a Marinetti la celebre frase del Manifesto “la guerra sola igiene del mondo”, ma è necessario<br />

considerare che cento anni fa non si era vissuta l’esperienza delle due guerre mondiali che hanno<br />

segnato crudelmente e indelebilmente Novecento, che l’hanno straziato di morte, di lutti, di dolori,<br />

di conseguenze di cui ancora oggi si pagano gli effetti. Analogamente il problema razziale: oggi si<br />

sa cosa è stato l’olocausto, i sei milioni di morti, le camere a gas, i campi di concentramento e si<br />

ha giustamente orrore per ogni ipotesi anche vaga di distinzione razziale, di razzismo; com’è stato<br />

possibile che gli italiani – un popolo umano, caldo, per nulla fanatico, generoso, abituato a mescolarsi<br />

– abbiano accettato le leggi razziali così facilmente? Proprio perché non c’era la coscienza di quello<br />

che sarebbe potuto accadere: giudicare quindi gli italiani del ’38 che accettarono senza ribellarsi le<br />

leggi razziali, significa compiere un falso storico, un errore di prospettiva perché loro non potevano<br />

giudicare con i nostri stessi strumenti e con la nostra stessa sensibilità.<br />

D’Annunzio e Marinetti. L’arte al potere<br />

Marinetti, persona eccezionale, fu uno dei pochissimi intellettuali italiani, e certamente il più<br />

importante tra i fascisti, che si batté contro le leggi razziali; lo fece apertamente, in un modo<br />

coraggioso e nobile e questo gli deve essere riconosciuto. Marinetti, sostanzialmente anarchico, fece<br />

anche liberare dal carcere e dal confino decine di antifascisti. Si batté perché in Italia non avvenisse<br />

quello che era già avvenuto <strong>nel</strong> ’37 in Germania, quando Hitler si scagliò contro l’arte degenerata.<br />

Degenerata era, secondo i nazisti, tutta quell’arte che non era riconducibile al realismo e cioè il<br />

<strong>Futurismo</strong>, il Cubismo, il Surrealismo, il Dadaismo, l’Astrattismo, in altre parole tutta l’arte moderna<br />

che noi amiamo. Marinetti si oppose con tutte le sue forze, con tutta la sua organizzazione, con tutti<br />

i suoi uomini a questa campagna denigratoria, che senza il suo intervento sicuramente si sarebbe<br />

affermata anche in Italia; riuscì a fermarla e lo fece con quella straordinaria generosità che gli era<br />

tipica: prese a dichiarare futuristi, ponendoli sotto le sue ali protettive, tutti gli artisti, architetti, scrittori,<br />

che futuristi non erano, ma che sarebbero stati considerati nemici dal realismo permettendo loro di<br />

continuare a lavorare, a produrre bellezza nuova.<br />

Tornando alla guerra, non deve scandalizzare se Marinetti <strong>nel</strong> 1909 dichiara che la guerra è la sola<br />

igiene del mondo. Al tempo era un filone di pensiero irrazionalista che percorreva tutta l’Europa:<br />

all’epoca in Italia vivevano grandi intellettuali – Prezzolini, Papini, i vociani, Soffici, i nazionalisti,<br />

D’Annunzio stesso – favorevoli alla guerra, così come in Europa favorevoli alla guerra c’erano intere<br />

correnti di pensiero e intellettuali, anche insospettabili, come Thomas Mann.<br />

All’epoca il mondo, e l’Europa in particolare, ormai era arrivato a un groviglio politico, militare e<br />

economico che non poteva non sfociare in un conflitto mondiale. La guerra non fu provocata dagli<br />

intellettuali favorevoli alla guerra, la guerra non sarebbe scoppiata nemmeno se tutti i Marinetti del<br />

mondo avessero gridato “vogliamo la guerra”: furono gli Stati, i politici, i militari a volerla, mentre gli<br />

intellettuali si limitarono a sostenerla. Per Marinetti, per D’Annunzio, per molti intellettuali e per gli<br />

italiani in genere quella fu e doveva essere la quarta guerra d’indipendenza, non la prima guerra<br />

mondiale. Doveva essere la guerra che permetteva di completare l’unità d’Italia, di riprendersi Trento<br />

e Trieste, di fare la grande Italia unita. Viste in questa prospettiva molte cose cambiano: come noi<br />

giudichiamo necessario il Risorgimento anche se comportò guerre e morti, allo stesso modo la<br />

guerra del 1915-18 è servita a completare la tanto sospirata, necessaria e giusta unità d’Italia.<br />

Quando <strong>nel</strong> 1918 Marinetti pubblicò il Manifesto politico futurista, manifesto di una modernità<br />

straordinaria, propose addirittura lo scioglimento dell’esercito di leva a vantaggio di un esercito di<br />

professionisti s<strong>nel</strong>lo e incaricato unicamente della difesa dei confini. Marinetti <strong>nel</strong> 1918 prospettava<br />

un mondo di pace, di tolleranza, di ricchezza, di benessere per tutti.<br />

La figura di Marinetti dunque è complessa, sfaccettata, non la si può inchiodare a uno stereotipo,<br />

come spesso è stato fatto.<br />

L’altro grande equivoco da sciogliere su Marinetti è quello relativo al presunto disprezzo della donna<br />

contenuto <strong>nel</strong> Manifesto. <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> fu il primo movimento artistico a accogliere decine di donne:<br />

scrittrici, pittrici, scultrici, ballerine. Fu dunque un movimento al femminile oltre che femminista; la<br />

stessa moglie di Marinetti, Benedetta Cappa, era un’ottima pittrice e una scrittrice futurista. Marinetti<br />

<strong>nel</strong> Manifesto disprezza la donna ritratta da Fogazzaro, la donna angelo del focolare, dedita alla<br />

cura dei bambini, del marito e alle sole faccende domestiche. La donna disprezzata da Marinetti è<br />

anche la donna degli svenimenti, dei profumi, dei languori, dei tradimenti, descritta nei romanzi di<br />

D’Annunzio.<br />

Marinetti, al contrario, vuole una donna libera: questa è la sua grande scoperta, la sua grande<br />

conquista, la sua grande offerta. Per la donna Marinetti vuole non solo la parità politica, cioè il diritto<br />

di eleggere e di essere eletti (con oltre trent’anni di anticipo sull’effettivo voto alle donne), vuole<br />

la parità salariale (peraltro non ancora raggiunta); e vuole soprattutto che la donna possa essere<br />

intimamente, socialmente, personalmente libera di agire, di comportarsi al di fuori degli schemi che<br />

racchiudevano e che racchiudono ancora oggi il mondo femminile per cui dalla donna si pretendono<br />

comportamenti necessariamente diversi da quelli di un maschio. Ecco, in questo senso fu ancora una<br />

volta un anticipatore e un grande rivoluzionario.<br />

D’Annunzio e Marinetti sono due personaggi estremamente vicini.<br />

Al Vittoriale è esposta una scultura che Marinetti fece e donò a D’Annunzio il 10 febbraio del 1938,<br />

cioè venti giorni prima della morte del poeta, in occasione di una delle ultime visite. La scultura è un<br />

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