Percorsi didattici Sulle orme… dei collezionisti - Vie dell'Arte
Percorsi didattici Sulle orme… dei collezionisti - Vie dell'Arte
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Musei Civici<br />
d’Arte Storia e Scienze<br />
di Brescia<br />
Fondazione<br />
Il Vittoriale degli Italiani<br />
Fondazione<br />
Ugo Da Como<br />
Le vie dell’arte<br />
<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />
<strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Shin<br />
production
Con il contributo di<br />
regione<br />
usp<br />
comunità bresciana<br />
Regione Lombardia<br />
Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />
Direttori responsabili <strong>dei</strong> musei:<br />
Elena Lucchesi Ragni - Musei Civici di Arte e Storia di Brescia<br />
Giordano Bruno Guerri - Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />
Antonio Spada - Fondazione Ugo Da Como<br />
Coordinatore del progetto “Le vie dell’arte”<br />
Giovanna Ciccarelli<br />
Consulente tecnico<br />
Gianfranco Bondioni<br />
Referenti del progetto per i singoli musei<br />
Mariangela Calubini - Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />
Francesca Morandini - Musei Civici di Arte e Storia di Brescia<br />
Stefano Lusardi con Roberta Valbusa - Casa-museo-biblioteca di Ugo Da Como<br />
Realizzazione editoriale<br />
SHIN production<br />
www.shinart.it<br />
ISBN 88 89005 44 6<br />
Finito di stampare nel maggio 2009<br />
da Color Art, Rodengo Saiano, Brescia<br />
Sommario<br />
5 Presentazioni<br />
Santa Giulia. Museo della Città<br />
15 Progetto 1: Io sono un collezionista...<br />
A cura di: Scuola Primaria “G. Mameli” di Brescia<br />
24 Progetto 2: <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini: un percorso nella Brescia del Settecento<br />
A cura di: Scuola Secondaria di Primo Grado “Lana Fermi” di Brescia<br />
46 Progetto 3: Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
A cura di: Liceo Classico “Arnaldo” di Brescia<br />
Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />
63 Progetto 4: Strano zoo al Vittoriale<br />
A cura di: Scuola Primaria “A. Lozzia” di Gardone Riviera<br />
84 Progetto 5: La memoria, il ricordo, la guerra: percorsi nel parco del Vittoriale<br />
A cura di: Scuola Secondaria di Primo Grado “Giovanni XXIII” di Gardone Riviera<br />
89 Progetto 6: D’Annunzio esteta: gli animali, oggetti da collezione, al Vittoriale<br />
A cura di: Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “C. Battisti” di Salò<br />
101 Progetto 7: Il Maestro del Fuoco. Il collezionismo “creativo” di Gabriele d’Annunzio<br />
e i suoi principi estetici dalle opere letterarie al Vittoriale<br />
A cura di: Liceo Scientifico “N. Copernico” di Brescia<br />
122 Progetto 8: Misticismo, eroismo e stimmate. D’Annunzio, un Francescano singolare<br />
A cura di: Liceo Scientifico “N. Copernico” di Brescia<br />
Fondazione Ugo Da Como<br />
147 Progetto 9: La sedia in cinque secoli di storia nella Casa-museo di Ugo Da Como a Lonato<br />
A cura di: Scuola Primaria “Don Milani” di Lonato<br />
156 Progetto 10: Ritagliato e incorniciato<br />
A cura di: Scuola Secondaria di Primo Grado “C. Tarello” di Lonato<br />
160 Progetto 11: <strong>Sulle</strong> orme di... Ugo Da Como collezionista<br />
A cura di: Liceo Pedagogico e Linguistico “Paola di Rosa” di Lonato
Il progetto <strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> è nato con l’intento di far conoscere e promuovere il grande patrimonio artistico e<br />
culturale presente nella zona di Brescia e del Garda bresciano utilizzando come punto di partenza le raccolte del Vittoriale<br />
degli Italiani di Gardone Riviera, del Museo di Santa Giulia di Brescia e della Fondazione Ugo Da Como di Lonato. Tali luoghi<br />
contengono infatti importanti collezioni frutto della passione di appassionati <strong>dei</strong> secoli passati e del Novecento. In particolare il<br />
Vittoriale, cittadella di Gabriele d’Annunzio, conserva le opere d’arte e cimeli raccolti dal Poeta-Soldato; il Museo di Santa Giulia<br />
conserva, fra le molte altre opere, la raccolta di reperti romani del Cardinal Querini; la biblioteca della Fondazione Ugo Da Como<br />
conserva una vasta raccolta di manoscritti, incunaboli e cinquecentine nonché opere dedicate a Brescia e provincia.<br />
Il progetto ha abbinato quanto di meglio emerge da due tipologie di lavori svolti dagli enti proponenti (i tre importanti enti<br />
museali che hanno una lunga esperienza di lavoro con le scuole e che nel corso degli a.s. 2004-2005/2005-2006 hanno<br />
realizzato, per le <strong>Vie</strong> dell’Arte, il progetto “<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong> sulla Vittoria”) e dall’esperienza del progetto nazionale del Ministero<br />
della Pubblica Istruzione con <strong>Sulle</strong> orme di…<br />
Il progetto è stato attuato in collaborazione con l’USP di Brescia e con il contributo della Regione Lombardia e dell’IRRE.<br />
Fasi di realizzazione:<br />
1) Individuazione di alcune scuole del territorio di riferimento <strong>dei</strong> tre Musei e di docenti coordinatori per ogni singola scuola.<br />
2) Stipula di una convenzione tra Ente museale ed Istituzione scolastica.<br />
3) Scelta di un tema che potesse accomunare i tre Musei.<br />
4) Progettazione e programmazione in partnerariato Scuole-Museo.<br />
5) Corso di formazione per docenti.<br />
6) Realizzazione di laboratori <strong>didattici</strong> e verifica delle varie fasi di lavoro.<br />
7) Produzione di materiale cartaceo ed informatico.<br />
8) Giornata di presentazione e confronto <strong>dei</strong> lavori realizzati da parte di tutte le scuole.<br />
9) Stampa di un volume unitario.<br />
Alcuni dati significativi:<br />
- Il progetto si è realizzato nel corso di tre anni scolastici 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009.<br />
- Vi hanno partecipato 10 scuole dalle elementari alle superiori.<br />
- Le classi coinvolte sono state 16 con altrettanti insegnanti.<br />
- Complessivamente sono stati interessati nello studio <strong>dei</strong> tre Musei e nella realizzazione del progetto oltre 200 studenti delle<br />
scuole di Brescia e provincia.<br />
Alcuni degli obiettivi prioritari raggiunti:<br />
- Far diventare i Musei, tramite le Scuole, parte viva e integrante della Comunità.<br />
- Sviluppare la cultura di rete sia tra i Musei, sia tra le Scuole, sia fra Musei e Scuole.<br />
- promuovere tra i giovani la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico artistico ambientale del proprio territorio.<br />
Ritengo che le esperienze vissute in questi anni scolastici abbiano ottenuto tale riscontro positivo da auspicare che il percorso<br />
didattico comune intrapreso possa proseguire nell’approfondimento di altre tematiche.<br />
5 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
La coordinatrice del progetto Dr.ssa Giovanna Ciccarelli<br />
Consigliere d’Amministrazione del Vittoriale Rappresentante Ministero Istruzione
Regione Lombardia<br />
Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />
Nell’àmbito delle pregevoli iniziative volte a mettere in luce il grandioso patrimonio culturale lombardo, il volume che<br />
qui si presenta, realizzato dai giovani in età scolare con l’indispensabile ausilio <strong>dei</strong> docenti, valorizza indubbiamente<br />
un aspetto della nobile tradizione storico-artistica della nostra regione: il collezionismo.<br />
Si tratta di un’iniziativa significativa che risponde, in primis, alla voglia di sapere e di curiosità <strong>dei</strong> ragazzi e propone<br />
loro – e agli educatori – un affascinante percorso da protagonisti, alla scoperta delle bellezze artistiche di Brescia.<br />
Attraverso una messe assai significativa e organica di dati, la preziosa pubblicazione viene a configurarsi come<br />
un virtuoso strumento di conoscenza, un indispensabile supporto alla miglior comprensione del nostro più antico<br />
sostrato storico.<br />
Lo studio della figura del cardinale Angelo Maria Querini – vescovo a Brescia nella prima metà del Settecento e<br />
illustre esponente dell’Illuminismo europeo – ha offerto agli studenti la possibilità di indagare sempre più la realtà<br />
del territorio cittadino contribuendo, in particolare, alla migliore conoscenza della società e della cultura artistica<br />
bresciana ed europea nel XVIII secolo.<br />
Mi è gradito sottolineare, oltre agli intenti scientifici e alle finalità culturali di questa iniziativa, un aspetto che<br />
mi ha colpito particolarmente: il sensibile e partecipato coinvolgimento della Comunità bresciana nel far sì che<br />
documenti di storia e di arte religiosa, come i complessi architettonici e monumentali della città, non costituiscano<br />
testimonianze statiche e silenti, ma piuttosto, presenze di profonde radici morali e di identità vive e vitali per l’intero<br />
territorio.<br />
Massimo Zanello<br />
Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />
6 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 7 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
È con viva soddisfazione che l’Ufficio Scolastico Provinciale di Brescia presenta questo nuovo volume di ricerca che<br />
fa parte oramai di un ben avviato progetto didattico museale intitolato “Le vie dell’arte,”iniziato nel 2004, e che vede<br />
l’incontro del mondo scolastico, guidato da esperti docenti-ricercatori, coniugato a tre importanti realtà museali<br />
del nostro territorio: La Fondazione del Vittoriale di Gardone Riviera, i Civici Musei di Arte e Storia di Brescia e la<br />
Fondazione Ugo Da Como di Lonato.<br />
Il tema proposto in questa edizione alle scuole in dimensione verticale, dalla primaria alla superiore, è<br />
significatamente intitolato: “<strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>” e l’indagine verte per la città di Brescia sulla figura<br />
emblematica di collezionista costituita dal Cardinal Angelo Maria Querini, mentre per Il Vittoriale e per la Fondazione<br />
Ugo Da Como la ricerca mette in luce la passione per le collezioni più varie di Gabriele d’Annunzio e di Ugo Da<br />
Como.<br />
Le ricerche educative condotte presso i musei hanno permesso agli alunni di osservare, discutere, analizzare<br />
i diversi oggetti delle collezioni e di ripercorrere le orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>, della loro “curiosità” cui segue la<br />
“meraviglia”.<br />
Nei <strong>collezionisti</strong> emerge la preoccupazione di universalità, la volontà di racchiudere l’universo in una stanza. Le<br />
case-museo di d’Annunzio e di Da Como sono spazi perfetti per far comprendere ai giovani l’idea di “museo”<br />
nell’accezione di luogo adibito alla raccolta delle proprie collezioni.<br />
Jules Guiffrey dice che il collezionista si propone di scegliere il meglio del mondo e di riunirlo in una summa di<br />
mirabilia d’arte e di natura che i docenti delle scuole, con il loro versatile impegno, hanno con questa ricerca fatto<br />
scoprire agli alunni, forse anch’essi <strong>collezionisti</strong> in erba.<br />
prof. Giuseppe Colosio<br />
Dirigente dell’USP
comune di Brescia<br />
assessorato alle attività culturali<br />
Da Santa Giulia, ovvero da uno <strong>dei</strong> più bei musei d’Europa, a quell’unicum al mondo che è il Vittoriale degli Italiani, passando<br />
per Lonato dove sono finalmente godibili la singolare dimora e le straordinarie collezioni di Ugo Da Como.<br />
Queste le tre tappe (principali ma, naturalmente, non le uniche) de “Le vie dell’arte. Brescia, il Garda, i Colli”, il percorso<br />
suggerito al turista e all’appassionato d’arte e di storia che sceglierà Brescia e il suo territorio per un fine settimana o per<br />
una vacanza più lunga. Tra l’altro, chi sceglie di godere e di ammirare questo magnifico percorso spenderà meno: tutti e tre<br />
i musei saranno visitabili con un biglietto a prezzo ridotto disponibile in ciascuna struttura.<br />
Santa Giulia è l’affascinante sede del Museo della Città di Brescia, ospitato negli storici ambienti del Monastero Benedettino<br />
femminile di San Salvatore e Santa Giulia, fondato nel 753 dal Duca Desiderio, poi re <strong>dei</strong> Longobardi, e dalla moglie Ansa.<br />
Visitare il complesso architettonico del Museo permette di viaggiare nel tempo, scoprendo le radici romane della città, di cui<br />
magicamente sono visibili mosaici, affreschi e un tratto di strada pubblica, e lo sviluppo del Monastero nelle diverse epoche.<br />
La chiesa di San Salvatore di età longobarda, l’Oratorio romanico di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la Chiesa<br />
di Santa Giulia e i Chiostri di età rinascimentale sono testimonianza tangibile di uno splendore lungo mille anni che trova<br />
coronamento in una grande raccolta di materiali e opere d’arte provenienti dalla città e dal territorio.<br />
Lasciato il Museo della Città, le <strong>Vie</strong> dell’Arte conducono attraverso i colori e i profumi del paesaggio verso il borgo di Lonato,<br />
nell’immediato entroterra gardesano, dove si trova la Fondazione Ugo Da Como, al centro di un complesso monumentale<br />
di grande fascino. L’imponente Rocca viscontea-veneta, eretta attorno al Mille e ricostruita nel secolo XIV dai Visconti, è<br />
uno degli edifici fortificati più estesi della Lombardia, apprezzato anche da Napoleone per la sua struttura imponente; fu il<br />
Senatore bresciano Ugo Da Como (1869-1941) a unificare la Rocca alla cosiddetta casa “del Podestà” con una serie di<br />
mirate acquisizioni, creando un centro culturale che gli potesse sopravvivere.<br />
La casa-museo, eccezionalmente conservata, è la sede ideale entro cui dialogare sull’evoluzione e le trasformazioni del<br />
collezionismo e sull’idea dell’abitare tra l’Ottocento e il Novecento: oltre tremila oggetti arricchiscono i dodici ambienti della dimora,<br />
completamente immersa in un giardino disposto su quattro terrazze.<br />
Lasciato Lonato, il percorso prosegue rivelando il blu del lago lungo il quale si è accompagnati verso Gardone Riviera e il Vittoriale<br />
degli Italiani: la sorprendente casa-museo di Gabriele d’Annunzio è una cittadella cinta da mura che si estende per circa nove ettari<br />
e il cui cuore pulsante è costituito dalla casa del poeta.<br />
Il grande giardino, ricco di fontane, multiformi edifici e viali, è solo il preludio alla visita alla casa dove regna sovrana l’eccentrica<br />
personalità del Vate e il suo “vivere inimitabile”, concretamente visibile nella sterminata collezione di oggetti, opere d’arte e cimeli.<br />
Museo tra i più visitati in Italia, unico al mondo in quanto dimora della memoria, il Vittoriale è una gigantesca dedica di d’Annunzio a<br />
sé stesso e alle sue passioni, prima fra tutte l’ardimento e l’eroismo: in tale contesto celebrativo si collocano il Museo della Guerra,<br />
l’aereo SVA, il motoscafo MAS 96 e la nave Puglia, ma anche i cimeli e le opere d’arte collocati nei giardini.<br />
Le <strong>Vie</strong> dell’Arte è dunque un’occasione per immergersi nella bellezza di un paesaggio tra i più ammirati in Italia e<br />
per scoprirne i tesori artistici, ma anche un modo per conoscere tre personalità preziose per la storia dell’arte e del<br />
collezionismo: Paolo Tosio, Ugo Da Como e Gabriele d’Annunzio, a titolo diverso e con differenti atteggiamenti mecenati<br />
di tesori artistici di cui oggi possiamo godere. Unire i tre musei, con una ideale linea conduttrice e una concreta via<br />
attraverso le meraviglie del territorio bresciano, significa anche sostenere la tesi che questa bellezza sia nata qui, e non<br />
altrove, per una serie di motivi che rimandano non solo ai colori del paesaggio, ma anche al carattere delle genti, al<br />
clima mutevole e alla ricca storia di questo territorio.<br />
Per questo Le <strong>Vie</strong> dell’Arte è un programma che parte da questi luoghi simbolo per accompagnare il visitatore alla scoperta<br />
di una zona ricca di interesse, spesso non dovutamente conosciuta, nella speranza che riesca anch’egli a cogliere quel<br />
fascino che tale paesaggio ha esercitato su tanti insigni personaggi del passato.<br />
Il progetto dà la possibilità, presentandosi alle biglietterie <strong>dei</strong> tre musei con il depliant “Le <strong>Vie</strong> dell’arte”, di usufruire dello<br />
sconto riservato e vuole essere un invito ad una conoscenza più approfondita e un suggerimento a cogliere analogie e<br />
differenze tra i tesori e le bellezze del territorio.<br />
L’assessore alla Cultura<br />
Avv. Andrea Arcai<br />
8 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 9 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Quella di “collezionista”, come qualsiasi altra definizione applicata a Gabriele d’Annunzio, è imprecisa e limitativa.<br />
Non a caso, già nel corso della sua vita, si ricorse a espressioni diverse: Poeta, Vate, Comandante, e forse l’unica<br />
che gli si attaglia in pieno è quella di “genio”.<br />
Il collezionismo di d’Annunzio non fu una raccolta maniacale di oggetti quali che fossero, per qualità e quantità,<br />
purché riguardassero i temi prescelti. Al Vittoriale, come in altre sue dimore, d’Annunzio accettava e voleva soltanto<br />
ciò che gli piaceva, senza altro limite. E poi: “Tutto infatti è qui da me creato e trasfigurato.” Ovvero, qualsiasi oggetto<br />
finiva per cedere la propria identità originaria per diventare, soprattutto, dannunziano.<br />
Tuttavia il tema “<strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>” è didatticamente stimolante, e lo si vede dai risultati raccolti in questo<br />
volume, che sono lieto di trovare già pronto a pochi mesi dalla mia nomina alla presidenza del Vittoriale degli Italiani.<br />
Le <strong>Vie</strong> dell’Arte ha già dimostrato in abbondanza quanto la collaborazione tra musei, scuole e territorio sia produttiva<br />
e ricca di risultati: specialmente per gli studenti, che ne sono parte attiva, anzi protagonisti, dalle elementari alle<br />
superiori. I musei, per il tramite delle scuole, diventano parte viva e vitale della comunità, e le gite scolastiche si<br />
fanno davvero strumenti di arricchimento culturale, di creatività, di organizzazione del lavoro.<br />
Naturalmente tutto ciò non sarebbe possibile senza la competenza e l’entusiasmo <strong>dei</strong> docenti. Il loro lavoro è un<br />
ulteriore incentivo al mio progetto di accrescere l’attività didattica all’interno del Vittoriale, anche con strumenti<br />
tecnologicamente avanzati: come sarebbe piaciuto a Gabriele d’Annunzio.<br />
Giordano Bruno Guerri<br />
Presidente della Fondazione<br />
Il Vittoriale degli Italiani
I progetti <strong>didattici</strong> formulati dalla Fondazione Ugo Da Como per Le <strong>Vie</strong> dell’Arte, costituiscono ormai da qualche anno un<br />
appuntamento atteso.<br />
Anche questa inziativa partecipa al rinvigorimento del rapporto tra la casa-museo, la biblioteca, la rocca e il paese di<br />
Lonato.<br />
Il complesso monumentale costituito dal Senatore Da Como rientra a pieno titolo tra le principali realtà culturali di<br />
questa cittadina bresciana.<br />
Le scuole lonatesi rappresentano una risorsa preziosa per la Fondazione. Centinaia di studenti entrano annualmente sia<br />
nella casa-museo che nella rocca visconteo-veneta e spesso hanno la possibilità di accedere ad itinerari e percorsi di<br />
visita formulati e perfezionati dai colleghi di Lonato che, proprio attraverso i progetti <strong>didattici</strong> concepiti all’interno della<br />
programmazione delle <strong>Vie</strong> dell’Arte, individuano nuovi aspetti legati alla multiforme attività di Ugo Da Como politico,<br />
collezionista, bibliofilo, studioso, filantropo.<br />
Sono quindi molti gli argomenti, anche di rilevante valenza civica, che questo nostro museo è ancora in grado di<br />
comunicare.<br />
Infatti è evidente che non solo ogni singolo oggetto d’arte o ognuno <strong>dei</strong> libri conservati nella casa del podestà sia<br />
meritevole di attenzione, ma è ancora più importante chiedersi come questo incredibile patrimonio sia giunto a noi e sia<br />
tutt’oggi disponibile ad ognuno. Il merito va alla grande liberalità di Ugo Da Como che volle istituire proprio a Lonato la<br />
sua “Cittadella di Cultura”.<br />
Ebbene, gli studenti stanno comprendendo quale rara fortuna abbiano nel poter studiare in un paese dotato di una<br />
simile biblioteca, di un vastissimo archivio, di una casa-museo in cui è ancora così presente la vita, la sensibilità e la<br />
cultura degli ultimi proprietari.<br />
Chi di noi non ha subito, in giovane età, il fascino dell’antico, il mistero di un oggetto prezioso, il fascino di un sigillo o di<br />
uno stemma?<br />
Alcuni fortunati hanno trovato modo di alimentare la curiosità e la conoscenza proprio grazie ai musei e alle persone che<br />
hanno saputo comunicare loro il senso e la bellezza di questi luoghi della conservazione.<br />
I progetti per le scuole servono a questo. Servono a indicare la storia, a seminare l’interesse e ad esortare alla<br />
conoscenza.<br />
Sono quindi particolarmente contento del risultato raggiunto da questa precisa attività delle <strong>Vie</strong> dell’Arte e mi felicito<br />
di quanto anche il Museo bresciano di Santa Giulia e il Vittoriale degli Italiani di Gardone hanno saputo realizzare,<br />
rafforzando con la loro presenza un itinerario culturale che tributa il giusto omaggio anche alla memoria di Ugo Da<br />
Como, Egli volle la Fondazione di Lonato per giovare agli studi svegliando nei giovani l’amore alle conoscenze.<br />
Antonio Spada<br />
Direttore Generale della Fondazione Ugo Da Como<br />
10 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 11 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Le vie dell’arte<br />
<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />
<strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
12 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 13 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Santa Giulia Museo della città<br />
progetto 1 Io sono un collezionista<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini:<br />
un percorso nella Brescia del Settecento<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini<br />
collezionista di antichità
Introduzione Santa Giulia Museo della Città<br />
Seppure i Musei Civici debbano molto al cardinale Querini, la sua figura ci sembrava si prestasse meno di quella di altri<br />
<strong>collezionisti</strong> bresciani quali, ad esempio, il conte Paolo Tosio o Leopardo Martinengo, per un lavoro di ricerca con le scuole, ma,<br />
si potrebbe dire, Le vie dell’Arte sono infinite.<br />
Infatti la scarsa conoscenza <strong>dei</strong> bresciani di questa ecclettica figura e le caratteristiche della sua formazione e<br />
della sua biografia in generale ci hanno indotto a proporre questo argomento anche se il soggetto sembrava ostico,<br />
soprattutto per i più piccoli.<br />
Il cardinale Querini, vescovo di Brescia, dal 1728 fino alla morte avvenuta nel 1755, fondatore della biblioteca, specchio <strong>dei</strong><br />
molteplici interessi, scambi culturali e rapporti con bibliofili poteva apparire una figura di erudito, un collezionista colto ma<br />
distante dagli interessi <strong>dei</strong> giovani di oggi.<br />
Anche in questo caso, però, il lavoro con le scuole non ci ha deluso.<br />
Nonostante i molti anni di esperienza abbiamo ancora la fortuna di poterci stupire per le risorse e la fantasia delle giovani<br />
generazioni, che continuano a insegnarci tanto.<br />
La molla del collezionismo ha garantito il feeling, forte e immediato, tra i più piccoli e l’austero cardinale. Scoprire<br />
che, come loro, anche il Querini cedeva alla debolezza di possedere un libro raro, così come loro oggi fanno per un<br />
Pokemon o un insetto, ha messo in evidenza, in modo cristallino, il senso del “collezionare”, ancora pienamente<br />
valido seppure a trecento anni di distanza.<br />
La lontananza cronologica tra i nostri studenti e il cardinale è stata abbattuta rapidamente anche con la compilazione del<br />
Curriculum vitae nel formato europeo, dove, con modalità oggi molto famigliari a tutti, ma che non ci saremmo mai aspettati<br />
per il Querini, abbiamo in poche righe tutta la sua lunga carriera.<br />
Gli studi approfonditi e specifici sia <strong>dei</strong> ragazzi delle medie, sia di quelli del liceo, ci hanno fatto toccare con mano la curiosità<br />
e l’entusiasmo che in questa indagine sono stati impegnati, lasciandoci capire che le nostre riserve iniziali sono state<br />
puntualmente disattese.<br />
Gli stumenti realizzati dai ragazzi, uno dal sapore ancora antico il gioco dell Oca – l’altro decisamente contemporaneo<br />
l’audioguida in MP3 – sicuramente contribuiranno a trasmettere ad altri la voglia di spingersi sulle orme del cardinale Querini e<br />
di scoprire, guidati dai giovani amici, la sua storia, le sue passioni e anche la nostra città.<br />
A tutti coloro che si sono impegnati a seguirci in questo viaggio a ritroso nel tempo va il nostro più sentito ringraziamento, per<br />
l’entusiasmo, la competenza e, perché no, per il divertimento.<br />
Elena Lucchesi Ragni e Francesca Morandini<br />
Musei Civici d’Arte e Storia di Brescia<br />
Chi e dove Scuola Mameli - XVI Circolo - Brescia<br />
Classi coinvolte Classe V A<br />
Docenti referenti Giancarla Laffranchi<br />
14 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 15 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Testi, interviste e ricerche delle “Bollicine frizzatine” [V A ]<br />
progetto 1 Io sono un collezionista<br />
Scoprire realtà culturali e artistiche nel territorio era il nostro obiettivo iniziale. È stato subito evidente come ciò ci portasse<br />
a valorizzare tale patrimonio, rendendoci consapevoli che esso va tutelato e rispettato. Tanto da stimolare nei bambini<br />
il desiderio di far conoscere ad altri ragazzi il prodotto del proprio lavoro, rendendosi parte attiva e consapevole nella<br />
promozione dell’offerta culturale della città.<br />
I ragazzi coinvolti nel progetto frequentano la quinta classe. Formano un gruppo numeroso e molto vivace che ha lavorato<br />
spesso in attività pratiche e di ricerca e gode di specifici talenti che sanno apprezzare vicendevolmente. Per questo hanno<br />
affrontato l’argomento proposto con molto entusiasmo, sapendo che sarebbero riusciti, insieme, a produrre qualcosa di buono.<br />
La prima fase del lavoro è stata molto piacevole, legata strettamente all’esperienza diretta di ogni bambino: abbiamo<br />
condiviso in classe le nostre piccole collezioni. Tutti ne avevano almeno una e poterla mostrare agli altri è stata<br />
un’occasione vivace e curiosa.<br />
Abbiamo fotografato e documentato le varie raccolte e stabilito quali fossero le vere e proprie collezioni, perché riordinate e<br />
catalogate con cura.
progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />
Tramite la stesura di testi scritti, i ragazzi …Colleziono i Pokemon e so come ci si sente ad avere tra le mani un<br />
hanno potuto documentare le proprie bel modellino lucido e colorato del proprio mostriciattolo preferito!<br />
riflessioni personali e ragionare con Ne ho di tutti i tipi: piccoli, enormi, con piedistallo, di gomma, anche<br />
interesse sul fenomeno del collezionismo portachiavi.<br />
La maggior parte è di plastica dura o resistente, adatta ad essere<br />
maneggiata, ben diversa dal pezzo grosso, il leader, il grande Salamanne, un imponente dragone<br />
rosso e blu, poggiato su una finta roccia con increspature molto realistiche, scolpito dai migliori<br />
operai della Kaiodo, l’azienda giapponese famosa per la produzione di modellini.<br />
… Ne ho altri molto belli, come Lugia, un drago bianco, Groudon, un tartarugone rosso… tutti<br />
sistemati in una bella scatola di alluminio con immagini di gattini leziosi che ben si adattano ai<br />
Pokemon più “coccolosi”come Charmander, un carinissimo lucertolino con una fiammella sulla coda.<br />
Però il mio preferito rimane sempre Rayquaza, un altro drago di cui avrete già sentito parlare.<br />
Mi piace moltissimo prendermene cura, lucidarli, pulirli, sistemarli uno ad uno nella mia<br />
scatola, divisi per tipo e potenza: quelli d’acqua stanno da una parte, i leggendari da un’altra…<br />
semplicemente li adoro!<br />
Di solito si trovano sui mercatini dell’usato, tra i vari pupazzetti in vendita, oppure nelle edicole, nei<br />
supermercati più forniti e in certe macchinette mangia-soldi; ma i più difficili da trovare sono quelli<br />
nei mercatini: o sono lì, in bella mostra sui banconi, ma sono costosissimi, oppure sono dentro a<br />
vecchi scatoloni, sotto ad una moltitudine di cianfrusaglie inutili, impossibili da trovare.<br />
Ma finalmente, dopo tante ricerche, eccoli qui, tutti riuniti, il frutto di tanta fatica, che mi piace<br />
mostrare un po’ a tutti: ai miei amici appassionati di Pokemon, ai miei genitori, ai miei parenti, ma<br />
soprattutto a me stessa! Mi piace parlare della mia collezione fingendo di rivolgermi ad un pubblico,<br />
ma solo quando sono sola, per riuscire ad immaginare come un giorno potrei illustrare i Pokemon<br />
in una conferenza. Quando mostro la mia collezione mi sento come un esperto che parla delle sue<br />
scoperte o delle sue opere. Mi sento orgogliosa delle mie proprietà… (Maria)<br />
A me piace molto collezionare; nella mia vita ho collezionato molte cose: carte di Dragombol, sassi,<br />
conchiglie, libri, bollini, oggetti, formiche…<br />
La collezione che mi è piaciuta di più è stata quella di formiche: ogni giorno andavo al parco con mia<br />
cugina e cercavo di prendere delle formiche nere. In casa avevo preparato la cassetta bucherellando<br />
la vaschetta del sugo e mettendoci un po’ di briciole di pane. Quando ne avevo raccolte parecchie<br />
scrivevo i loro nomi e le osservavo; grazie alla mia preziosa lente di ingrandimento ho scoperto che<br />
hanno occhi e denti aguzzi come quelli di Dracula…<br />
…Certe volte mostro la mia collezione a Giacomo che sviene dalla fifa!<br />
Ora non posso continuare per tre motivi:<br />
1. il mio cane le mangiava<br />
2. qualche volta ci entravano in casa<br />
3. era faticoso prenderle<br />
Mi dispiace non continuare, mi piaceva tanto! Mi piaceva osservare come vivevano, come si<br />
adattavano ad ambienti diversi, mi piaceva prendermene cura e sentirne il possesso. Mi piaceva<br />
analizzarle, prendere appunti sul loro comportamento, per poi spiegare a mia sorella come vivono<br />
queste simpatiche creature e volevo perfino registrarmi su cassetta come nel tg e venderla<br />
diventando una giornalista famosa. (Giulia S.)<br />
Fin da piccola ho incominciato a collezionare gli oggetti. Prima con i miei pupazzetti e pian piano,<br />
crescendo, ho cambiato i miei gusti e ho collezionato nuovi oggetti. Colleziono giochi da quando ero<br />
piccola perché per me dentro c’è un momento della mia vita… (Roberta)<br />
…Una collezione può donare tanta allegria. Quando vado al mare mi diverto molto nel raccogliere<br />
tanti tipi di sassi e di conchiglie; poi, quando torno a casa, dispongo per bene il tutto e lo classifico<br />
per tipo e per colore. Certe volte non trovo niente di bello, perché il mare è stato mosso e a me non<br />
resta altro che un mucchio di sabbia…<br />
16 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 17 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
…collezionare mi piace molto per tantissimi motivi, soprattutto perché mi aiuta a conoscere<br />
l’ambiente ammirando la natura e perché mi piace essere in possesso di quei coloratissimi sassolini<br />
o di quelle magiche conchiglie… (Federica U.)<br />
…Tutti i miei bollini li metto in un’agenda della nonna, dove li incollo catalogandoli per il grado di<br />
bellezza e a seconda di dove li ho presi e da quale frutto. Non faccio molta fatica a raccoglierli perché<br />
le mie nonne prendono solo frutta con i bollini, ma siccome il papà la prende senza, quando vado al<br />
supermercato ne rubo alcuni senza farmi vedere…<br />
…quando trovo un bollino che piace alla mamma o sul quale posso discutere con mio fratello sono<br />
felice, ma soprattutto orgogliosa <strong>dei</strong> miei tondini appiccicosi… (Margherita)<br />
…è bello prendere una conchiglia, osservarla e dire: “Mi ricordo di quel posto!” (Chiara)<br />
Io raccolgo sassi molto belli perché mi piacciono e non voglio che le cose belle vengano abbandonate<br />
e non utilizzate. Quindi io le tengo e vedo cose mai viste, come dell’argento, guardandole penso ai<br />
momenti belli trascorsi in Marocco… (Kamel)<br />
…Al mare ho trovato un sasso a forma di scarpetta di topolino: sotto è nera e sopra è bianca, nel<br />
buchino nera. Le mie conchiglie e i miei sassi li metto in una cestina di vimini e in una scatola a<br />
forma di stella e mi piace tanto sistemarle…<br />
…non mostro a nessuno le mie conchiglie e i miei sassi perché a me piacciono troppo e non voglio<br />
che nessuno me li rompa. (Federica O.)<br />
A me piace collezionare perché così tengo vivo il ricordo di cose passate.<br />
Io colleziono monete che si usavano qualche anno fa e si chiamavano lire…<br />
…quando mostrerò la mia collezione a scuola mi vergognerò perché ho paura che non piaccia,<br />
oppure perché troveranno buffo il mio lavoro. Comunque è bello fare una collezione di oggetti, magari<br />
un po’ curiosi e un po’ strani, l’importante è non collezionare brutti voti! (Giulia T.)<br />
I bambini sono<br />
<strong>collezionisti</strong><br />
innati: raccolgono<br />
tantissimi oggetti…
È stato curioso<br />
scoprire i motivi<br />
della loro ricerca:<br />
progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />
- perché sono oggetti belli<br />
- per conoscere meglio gli oggetti raccolti<br />
- per imitare i compagni<br />
- per prendermi cura di qualcosa<br />
- per sentire il possesso di qualcosa<br />
- per mostrare le mie cose agli altri<br />
- per stupire gli altri<br />
- per non buttare via cose belle<br />
- per giocare<br />
- per crearmi uno spazio tutto mio, che nessuno può invadere<br />
- per tenere vivo il ricordo di cose passate…<br />
È stato interessante scoprire che il Intervista alla zia Elvira<br />
collezionismo affascina anche gli adulti. “Cosa collezioni, zia?”<br />
Ce ne siamo accorti raccogliendo in classe “Colleziono bustine e zollette di zucchero, ne ho tantissime sai, e<br />
numerosissime interviste effettuate in provengono da tutte le parti del mondo!”<br />
famiglia e tra conoscenti.<br />
“Me le descrivi?”<br />
“Ma certo! Le bustine sono di forma rettangolare e contengono zucchero<br />
semolato, mentre le zollette sono formate da zucchero compresso”<br />
“Ora per favore mi puoi descrivere la zolletta più bella?”<br />
“Beh… la mia zolletta più bella l’ ho presa a Parigi, in un bar di lusso.<br />
È incartata in una carta a fiori rosa, gialli e rossi ed è di zucchero di canna.<br />
È bella perché la parte dello zucchero di canna è lo sfondo dell’ immagine della torre Eiffel, che<br />
invece è di zucchero semolato.”<br />
“E la bustina più bella com’ è?”<br />
“ La più bella, che è anche la più strana, ha l’ immagine di un cavallo imbizzarrito sopra ad una<br />
collina. L’ immagine è circondata da una grechina color arancio.<br />
Sotto c’ è una scritta color verde scuro.”<br />
“Perché collezioni?”<br />
“Colleziono zollette perché mi ricordano persone e momenti belli della mia vita mentre colleziono<br />
bustine di zucchero perché mi diverte ordinarle a seconda di dove le ho prese e mi piace farle vedere<br />
a chi mi viene a trovare. Sai, ne ho quasi 650!”<br />
“Complimenti”.<br />
Intervista alla nonna Maurizia<br />
“Cosa collezioni in questo periodo, nonna?”<br />
“Io ho collezionato e colleziono ancora tutt’ oggi piccole scatolette di ogni forma e materiale”.<br />
“Mi descrivi, per favore, la tua collezione?”<br />
“Ne ho alcune di legno e molte di metallo, alcune di madreperla e altre di alabastro”.<br />
“Com’ è la più bella, nonna?”<br />
“La più bella è di madreperla ed ha la lamina talmente leggera che è quasi trasparente. Ha la forma<br />
di un parallelepipedo e gli spigoli sono di un sottile filo metallico dorato.”<br />
“Dove l’ hai comprata, nonna?”<br />
“L’ ho comprata i un negozietto di Volterra per metterci dentro una piccola collanina di perle”.<br />
“Dove la tieni, la tua collezione?”<br />
“La mia collezione la tengo in bellavista su un tavolino di legno, in modo che tutti la possano vedere”.<br />
“Perché collezioni?”<br />
“ Colleziono perché ognuna di loro mi ricorda un viaggio che ho fatto e la città dove le ho comprate”.<br />
Il mio papà colleziona modellini di aerei e navi che costruisce e colora lui e anche piccoli strumenti<br />
musicali provenienti da ogni parte del mondo. Gli aerei sono riprodotti fedelmente anche nei più<br />
piccoli particolari, le navi sono riproduzioni di famosi battelli.<br />
Gli strumenti li sa suonare tutti. (Matteo)<br />
18 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 19 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
È incredibile scoprire quante cose colleziona la gente:<br />
francobolli, soprammobili, animaletti in cristallo, statuette di animali, di angioletti, oggetti africani,<br />
vaschette di schiuma da barba, quadri, monete, banconote, cartoline, bustine di zucchero, scatolette,<br />
ricette, fiori secchi, foto, foto antiche, libri, modellini aerei, presepi, chiavi, macchinette del caffè,<br />
accendini, foulard, strumenti musicali, minerali, fibbie, dischi in vinile, cd di musica classica,<br />
matite, penne stilografiche antiche, portachiavi, fumetti, riviste di moda, di vela…, campanelle,<br />
campanacci, servizi da tè, orologi, orologi da taschino, ghiande, collane, mazzi di carte, diapositive,<br />
candele profumate, spolette di fili colorati, pentole, oggetti tecnologici,lattine colorate, ciucci, selle da<br />
cavallo…<br />
Dalle ricerche <strong>dei</strong> bambini è risultato che:<br />
un inglese possiede 1125 Barbie, un nonnino di 70 anni possiede ben 900<br />
gnomi, un americano 4580 termometri per misurare la febbre, un tedesco<br />
ha raccolto 9450 vasi da notte, un uomo sfortunatissimo in carcere fin dal<br />
1977 ha raccolto 72 mila quadrifogli e c’è chi si è procurato le bacchette da<br />
batterista appartenute a innumerevoli musicisti; c’è chi raccoglie fazzoletti<br />
di carta, bastoncini del ghiacciolo, cerotti e perfino chi colleziona mutande<br />
(pulite)!<br />
COLLEZIONISTI CELEBRI<br />
L’interesse per i <strong>collezionisti</strong> ha condotto i ragazzi a cercare quali fossero i <strong>collezionisti</strong> più celebri<br />
del nostro territorio, scoprendo che essi erano stati importanti per la cultura bresciana: molti di loro<br />
avevano donato gli oggetti raccolti alla cittadinanza.<br />
Uno <strong>dei</strong> più celebri fu d’Annunzio: la sua collezione divenne, per l’insieme e la stravaganza, una vera<br />
e propria opera d’arte, che stupisce per la preziosità dell’invenzione e della forma, non tanto per il<br />
valore del singolo oggetto.<br />
Il personaggio, eccentrico e unico, ha affascinato l’intera classe.<br />
Anche il Conte Tosio, collezionista di quadri <strong>dei</strong> più importanti artisti bresciani, ha interessato i<br />
bambini, che hanno potuto godere di una visita presso la Pinacoteca.<br />
Infine Querini, il Cardinale, Vescovo di Brescia, che, donando la sua eccezionale collezione di libri, ha<br />
fondato la più antica ed illustre biblioteca pubblica della città: la Queriniana.<br />
Le notizie sul suo conto sono riportate solo in enormi e complessi volumi o in articoli giornalistici o su<br />
brani tratti da internet, sempre per adulti. Per questo, dopo aver stabilito insieme che cosa era utile<br />
sapere, abbiamo svolto in classe un attento lavoro di ricerca mirata. Ogni ragazzo ha ricevuto alcuni<br />
brani tratti a caso dai testi. Dopo una prima lettura gli alunni dovevano capire se erano in possesso<br />
della notizia “giusta”, che l’insegnante man mano chiedeva. Il tutto è stato sintetizzato e poi trascritto<br />
in forma semplice e chiara.<br />
Abbiamo valutato attentamente le<br />
motivazioni che spingono gli adulti a<br />
collezionare. Anche se esse sembravano<br />
serissime, i ragazzi pensano che nascondano<br />
comunque una certa voglia di giocare,<br />
proprio come la loro.<br />
Convinti di ciò, hanno cominciato a cercare<br />
quali fossero le più stravaganti collezioni al<br />
mondo, appartenute a personaggi importanti<br />
o rappresentanti veri e propri primati.
progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />
Ecco il prodotto della ricerca:<br />
IL CARDINALE ANGELO MARIA QUERINI<br />
Angelo Maria Querini nacque a Venezia nel 1680 in una<br />
famiglia fortunata: il padre era procuratore e il fratello<br />
maggiore era sicuramente generoso; lo accompagnò<br />
infatti a studiare in varie città d’Italia, tra cui anche la<br />
nostra Brescia, esattamente nel collegio <strong>dei</strong> nobili di S.<br />
Antonio.<br />
Da studente Angelo Maria doveva essere un vero<br />
secchione, infatti era particolarmente interessato alle<br />
lingue classiche, come il latino e il greco, ma studiava<br />
volentieri anche l’italiano e la matematica.<br />
A Pisa si laureò in Diritto Canonico, cioè della Chiesa.<br />
Dopo la laurea intraprese un lungo viaggio, che durò<br />
tre anni, su e giù per l’Europa, come erano soliti fare i<br />
“rampolli benestanti”. Attraversò la Francia, la Germania,<br />
l’Inghilterra, il Belgio e l’Olanda e strinse amicizia con molti studiosi colti, come Voltaire e Federico II di<br />
Prussia, con i quali ebbe per molti anni scambi di lettere.<br />
Da quanto abbiamo capito, per lui il viaggio non fu una lunga vacanza, ma davvero una<br />
continuazione degli studi, perché confrontò il suo sapere con quello di altri “cervelloni” come lui.<br />
Venne chiamato da molte Università europee ad esprimere le proprie opinioni e tenere conferenze,<br />
contribuendo di fatto ad avvicinare la religione Cattolica a quella Protestante, che aveva incontrato in<br />
Germania, dove si era particolarmente diffusa.<br />
Rientrato in Italia venne nominato Abate Generale dell’Ordine Benedettino, di cui studiò le radici storiche.<br />
Si recò poi a Corfù, dove ricevette la cattedra episcopale.<br />
Ma a Corfù, isola della Grecia, probabilmente fu mandato perchè gli fosse impedito di pubblicare notizie<br />
storiche scomode sulla storia del paese di Comacchio. Insomma, tutto il suo sapere cominciava a dare<br />
fastidio a qualcuno…<br />
Nel 1727 fu nominato vescovo di Brescia.<br />
Anche da noi Angelo Maria Querini manifestò un carattere energico, un’intelligenza vivace e coltivò il suo<br />
interesse per la letteratura, la storia, la filosofia e la teologia.<br />
Ma soprattutto si appassionò all’archeologia raccogliendo anche molti reperti e gettando le basi del<br />
nostro Museo di S. Giulia.<br />
Spesso si oppose al Papa per il suo carattere polemico, ad esempio quando voleva conservare alcune<br />
feste di precetto che invece il Papa voleva abolire… avete capito bene? Voleva mantenere più feste<br />
possibile! Simpatico, vero?<br />
Altro motivo per il quale questo intelligentone ci è simpatico: fu un grande collezionista, proprio come noi<br />
bambini. È vero, lui collezionava, si dice, per amore della cultura, ma secondo noi chi colleziona ama un<br />
po’ giocare…<br />
Querini raccolse e catalogò monete, medaglie, oggetti archeologici, copertine particolari, stampe,<br />
incisioni raffinatissime, miniature, stemmi, lettere (circa 7000), che riceveva dai molti uomini colti con i<br />
quali si confrontava e, soprattutto, libri.<br />
Acquistò oggetti preziosi come il Dittico Queriniano.<br />
Si tratta di un raffinatissimo bassorilievo in avorio che<br />
raffigurava scene mitologiche.<br />
Probabilmente all’inizio era il coperchio di un cofanetto<br />
“amatorio”. Che significa? Era una di quelle scatole (o<br />
meglio scrigni) nelle quali le donne conservavano i loro<br />
anellini e gli altri piccoli gioielli, o le lettere degli innamorati;<br />
ma venne poi utilizzato come copertina di un libro.<br />
Il Dittico fu oggetto di contrasto con altri studiosi come<br />
Scipione Maffei, il quale negava che il reperto fosse<br />
20 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 21 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
autentico e prezioso. Tra Querini e Maffei ci fu uno scambio di lettere avvelenate, senza arrivare ad<br />
una soluzione, finché Bartoli, un altro illustre studioso, diede ragione a Querini affermando che il<br />
Dittico era autentico e di inestimabile valore. Ma allora entrambi i contendenti erano già morti e per il<br />
nostro Vescovo era troppo tardi per gioire…<br />
Oggi il Dittico Queriniano è esposto nelle sale del Museo di Santa Giulia, dove potete vedere anche un altro<br />
Dittico posseduto in passato da Querini: è il Dittico <strong>dei</strong> Lampadi, dove si vede un antico console romano<br />
che, su una tribuna, dà l’avvio ai giochi.<br />
Sotto ci sono quadrighe di cavalli che corrono intorno a un obelisco, la loro meta.<br />
Come abbiamo detto, le collezioni di Querini, che secondo noi lo avranno divertito ed appassionato,<br />
avevano uno scopo profondamente culturale di ricerca storica ed artistica, ma dovevano anche servire a<br />
rendere onore alla città di Brescia e a chi aveva contribuito a raccogliere tali oggetti preziosi.<br />
È comprensibile, del resto anche noi siamo orgogliosi delle nostre piccole collezioni!<br />
Ma vediamo cosa fece Querini per la nostra città: innanzitutto si prese cura della costruzione<br />
del Duomo Nuovo, poi del Collegio Vescovile di S. Eustacchio e della chiesa e monastero delle<br />
monache Salesiane di Darfo. Ma soprattutto rese Brescia uno <strong>dei</strong> centri culturali più attivi in<br />
Italia. In quel periodo la città venne chiamata “Repubblica <strong>dei</strong> letterati”. Fu l’unico momento in cui<br />
Brescia fu paragonabile ad una corte.<br />
Querini curò la formazione morale, culturale e intellettuale del clero, così come <strong>dei</strong> cittadini di Brescia.<br />
La sua opera più importante, infatti, fu la Biblioteca Queriniana, inizialmente destinata alla Chiesa,<br />
ma poi donata alla città.<br />
Essa nasceva come un’iniziativa modernissima: doveva essere un<br />
luogo di cultura per tutti i bresciani, la “casa della cultura”, e doveva<br />
essere al tempo stesso una casa e un museo.<br />
Infatti essa divenne un centro culturale, un luogo di incontro, di dibattito<br />
e di confronto.<br />
I primissimi libri raccolti e recuperati da Querini provenivano da una sua<br />
vecchia donazione, poco valorizzata, che aveva fatto al Vaticano. Deve<br />
aver pensato: “Mettete i miei libri in uno sgabuzzino? all’umidità e alla<br />
polvere? Allora me li riprendo, vedrete che i bresciani ne saranno ben<br />
contenti!”… Ve l’avevamo detto che aveva un bel caratterino!<br />
Al ritorno i ragazzi hanno prodotto con facilità<br />
la seguente relazione:<br />
VISITA ALLA QUERINIANA<br />
Il lavoro di ricerca ha avuto una<br />
continuazione molto piacevole: la visita<br />
alla Biblioteca della città, da tutti sentita<br />
nominare, ma da nessuno visitata.<br />
La visita ha avuto una guida d’eccezione,<br />
il signor Ferraglio, il responsabile della<br />
Queriniana, ed è stata documentata da<br />
fotografie e riprese.<br />
L’ingresso attuale della biblioteca Queriniana, in via Mazzini, è una<br />
stretta porticina indegna di un edificio di tale importanza.<br />
Infatti non è altro che l’entrata secondaria del palazzo vescovile.<br />
Un tempo, per accedere alla biblioteca, si passava proprio dalle<br />
sontuose stanze del palazzo. Così aveva voluto il Cardinal Querini<br />
quando donò alla città di Brescia la sua immensa raccolta di libri.<br />
Come abbiamo detto, il cardinale li aveva raccolti non solo per la<br />
sua passione culturale, ma anche per collezione: amava i libri per<br />
come erano fatti, decorati, rilegati, arricchiti.<br />
In essi era raccolta la storia, il pensiero, l’eccellenza preziosa di<br />
un’intera società.<br />
In quel periodo storico, nobili ed<br />
ecclesiastici come Querini presero l’abitudine di far studiare i reperti<br />
delle loro collezioni, far pubblicare dotti cataloghi, perché si rendevano<br />
conto di possedere oggetti preziosissimi, di cui si doveva tramandare<br />
la memoria e il cui possesso aumentava il loro prestigio.
progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />
Gli oggetti di valore entrarono poi nei musei o nelle raccolte private.<br />
Solo nell’epoca moderna il collezionismo diventa un fenomeno alla portata di tutti, e si allarga<br />
anche ad oggetti d’uso comune, che rappresentano il modo di vivere di un’epoca, i gesti e le<br />
cose legate alla vita di tutti i giorni. Allora era una passione solo per chi poteva permettersela!<br />
Nell’atrio della biblioteca, la vita del cardinal Querini ci viene raccontata attraverso alcuni<br />
antichi affreschi che lui stesso volle, realizzati a sue spese da illustri pittori del tempo. Essi<br />
rappresentano la storia ed i progetti del cardinale.<br />
Nella sala principale ci sono circa 10.000 libri.<br />
La maggior parte <strong>dei</strong> testi della Queriniana non sono visibili al pubblico, in particolare i<br />
manoscritti antichi.<br />
Questi libri, molto preziosi, risalenti al 1500, hanno un valore inestimabile e sono conservati in<br />
una camera blindata: soltanto tre persone hanno le chiavi.<br />
Possono essere visionati solo con permessi particolari.<br />
Ogni libro conservato nella biblioteca deve essere rispettato: se un lettore lo rovina deve<br />
sostituirlo con una copia o ripagarlo.<br />
In caso contrario l’incauto lettore viene denunciato all’autorità per danni al patrimonio pubblico.<br />
Nella grande sala talvolta vengono organizzate mostre tematiche di libri antichi, che vengono<br />
esposti in teche di cristallo.<br />
Nella biblioteca ci si sente immersi in un mare di carta rilegata: tutte le pareti sono rivestite da<br />
enormi volumi.<br />
Negli spazi al centro della sala ci sono lunghi tavoli con<br />
lampade per la consultazione.<br />
Guardando verso l’alto ti senti girare la testa e ti auguri che<br />
non ti cada nulla addosso.<br />
Gli scaffali, fino ad altezza d’uomo, hanno davanti una grata<br />
affinché gli utenti non possano prelevare volumi da soli.<br />
Ogni testo ha sul dorso un’etichetta per la catalogazione ed<br />
occupa un posto preciso.<br />
Solo i vocabolari ed i dizionari sono disposti sui tavoli alla<br />
portata di tutti.<br />
Se vi chiedete come sia possibile trovare il libro che cercate,<br />
potete utilizzare i cataloghi o i computers disposti nella sala<br />
dedicata alla ricerca, oppure chiedere l’aiuto del personale<br />
addetto.<br />
L’impresa altrimenti sarebbe impossibile in quel mare di libri!<br />
Pensate che l’uno in fila all’altro formano una catena lunga<br />
67 chilometri!<br />
Le tre sale visitabili sono attigue, con il soffitto affrescato, dal<br />
sapore nobile ed antico.<br />
I testi antichi della Queriniana sono circa 300.000.<br />
Per antichi si intendono i volumi stampati prima del 1830,<br />
così come ha voluto una convenzione mondiale.<br />
Il libro più antico risale alla fine del quinto secolo.<br />
Per conservare questo patrimonio, possono essere prestati solo i libri moderni, stampati dopo il<br />
1850.<br />
Chiunque può riceverli in prestito. Basta richiedere una tessera gratuita che vale sia alla<br />
Queriniana che nelle biblioteche delle Circoscrizioni.<br />
I libri possono essere trattenuti per un mese, ma il prestito si può rinnovare.<br />
I libri non presenti nella Queriniana possono essere rintracciati presso altre biblioteche, con un<br />
prestito interbibliotecario, in quanto tutte le biblioteche della città sono collegate tra loro.<br />
Alcuni libri antichi sono davvero affascinanti: sono grossi volumi dalla copertina in legno, talvolta<br />
22 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 23 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
decorata con borchie o fascette in bronzo che, oltre a rendere<br />
bello e prezioso l’oggetto, avevano la funzione di proteggere il libro<br />
quando veniva appoggiato.<br />
Le pagine sono in pergamena, cioè in pelle di pecora conciata ed<br />
essicata.<br />
Per realizzare un libro venivano utilizzate anche cento pecore: un<br />
gregge intero!<br />
Da ogni animale si ricavavano al massimo sei pagine.<br />
Ogni pagina veniva scritta e decorata a mano da un amanuense<br />
(che nel medioevo era un monaco), con una piuma d’oca o un<br />
bastoncino appuntito intinto nell’inchiostro.<br />
L’inchiostro era ricavato dalla fuliggine, se nero, o da bacche se<br />
colorato.<br />
La penna (così ancor oggi si chiama) veniva spiumata e tagliata<br />
sopra e sotto: in questo modo l’inchiostro entrava nella sua cavità<br />
ed usciva a poco a poco.<br />
Molti monaci trascorrevano tutta la vita a scrivere ed a decorare, chinati su grandi banchi<br />
inclinati di legno, simili a quelli utilizzati nelle vecchie scuole.<br />
Era meglio usare penna e calamaio, sporcandosi d’inchiostro le mani, piuttosto che stare tutto il<br />
giorno ad usare la zappa nei campi!<br />
Oggi la Queriniana è la biblioteca più importante della provincia di Brescia, un luogo carico di<br />
storia e di cultura.<br />
Essa favorì la formazione di uomini dalla cultura diversa e universale, che sapevano di teologia,<br />
storia, geografia, matematica, architettura, arte, medicina, e naturalmente di letteratura e di<br />
diritto.<br />
Il Cardinal Querini, con la sua grande passione per la cultura e per il collezionismo, ha lasciato<br />
un segno indelebile nella nostra città e sicuramente anche per noi, che ci siamo appassionati<br />
studiando la sua biografia e le sue importanti opere.<br />
CONCLUSIONE<br />
Il nostro lavoro si è dimostrato significativo: anche<br />
chi inizialmente non era attratto dal nostro Cardinale<br />
si è lasciato coinvolgere dall’attività di gruppo e si è<br />
mostrato orgoglioso di conoscere le realtà artistiche e<br />
culturali così vicine a noi bresciani.<br />
L’invito della Dottoressa Morandini, curatrice delle<br />
raccolte museali di Santa Giulia, dalla quale avevamo<br />
ricevuto utili informazioni soprattutto sui Dittici di<br />
Querini, era quello di preparare una guida per altri<br />
ragazzi: la proposta è stata accolta con l’entusiasmo che ha<br />
sempre contraddistinto il nostro gruppo.<br />
Così le relazioni prodotte sono diventate un “file audio” da<br />
ascoltare su mp3 direttamente in Queriniana e adatte a ragazzi<br />
di 8/13 anni, in visita scolastica.<br />
È stata prodotta anche una presentazione in “Power point”, con<br />
testi e fotografie, affinché il lavoro venisse usufruito anche da<br />
chi non poteva venire in biblioteca.<br />
Costruire percorsi <strong>didattici</strong> per altri ragazzi è stato un’occasione<br />
utile a responsabilizzare i bambini e a farne cittadini attivi e<br />
consapevoli <strong>dei</strong> beni culturali appartenenti alla propria città.<br />
Ciò basta per poterla giudicare un’esperienza davvero preziosa.
Chi e dove Scuola Secondaria di Primo Grado Lana Fermi - Brescia<br />
Classi coinvolte Classe II E , III E , III N ,<br />
Docenti referenti Iolanda Piantoni e Dora Tartaglia<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini:<br />
un percorso nella Brescia<br />
del Settecento<br />
Parlano gli insegnanti<br />
Abbiamo accettato con interesse di coinvolgere i nostri alunni in un progetto centrato sulla figura del cardinale Angelo Maria<br />
Querini, vescovo a Brescia nella prima metà del Settecento. È un esponente importante dell’Illuminismo europeo, ma poco<br />
familiare agli alunni della Scuola Media.<br />
Contemporaneamente lo studio di questo personaggio ci ha permesso di continuare il lavoro di ricerca sul territorio:<br />
la nostra scuola, infatti, ha da tempo posto l’attenzione sul Patrimonio Culturale come momento importante della<br />
nostra azione educativa.<br />
In un curricolo verticale la scuola media svolge un suo ruolo particolare: se le elementari devono muovere dalla curiosità,<br />
dall’interesse e dalla motivazione, a noi si chiede di focalizzare l’oggetto della ricerca inserendolo nel suo contesto e precisando<br />
la dimensione storica, poichè siamo consapevoli che un lavoro specialistico centrato, per esempio, sull’analisi stilistica del<br />
dittico Queriniano per noi è ambiziosa e sicuramente è più adatta al lavoro della scuola superiore.<br />
Il compito nostro e degli alunni è stato quello di avvicinare un personaggio della storia locale – salvo poi scoprire che era<br />
conosciutissimo in tutta Europa- e farci condurre da lui alla scoperta della società bresciana del Settecento.<br />
Ultima riflessione didattica: quando si lavora ad un progetto che sembra discostarsi dal curricolo tradizionale, si cerca<br />
di ritagliare nell’orario disciplinare uno spazio, quasi si trattasse di compiere una pur interessante deviazione dal nostro<br />
programma scolastico.<br />
Si tratta in realtà di assolvere in modo più puntuale ad un impegno che la nostra scuola ha da tempo assunto nel suo POF,<br />
(Piano dell’Offerta Formativa) da quando ha inserito un’attività definita Metodo di studio. Quale occasione migliore di lavorare<br />
con immagini e documenti di vario tipo, di coniugare il lavoro in classe con le uscite sul territorio, di potenziare la comprensione<br />
del testo insieme alla capacità di osservazione? Perchè cercare in modo talvolta faticoso i famosi collegamenti tra le discipline<br />
quando la Città è di per sè interdisciplinare?<br />
Prima di presentare il prodotto del nostro lavoro, quindi, raccontiamo qui in modo discorsivo il percorso che abbiamo seguito.<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
24 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 25 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Siamo partiti da una tabella che documenta la composizione della popolazione bresciana nell’età<br />
del Cardinale. Era l’anno successivo alla sua morte, è vero, ma rimane uno spaccato non solo della<br />
società dell’epoca, ma anche della sua percezione da parte <strong>dei</strong> contemporanei.<br />
Numerose le attività proponibili agli alunni:<br />
• Collocare le diverse parrocchie sulla pianta della città attuale<br />
• Collocare le parrocchie all’interno delle “quadre” dell’epoca, individuando in quali zone<br />
prevalga l’insediamento artigiano e popolare, in quali invece è rilevante l’insediamento<br />
nobiliare; tentare di spiegare queste caratteristiche con la storia cittadina e i successivi<br />
ampliamenti della città dal vecchio nucleo romano ai successivi ampliamenti medioevali<br />
• Osservare il rapporto abitanti e servi, all’interno <strong>dei</strong> diversi gruppi sociali<br />
• Riflettere sull’importanza <strong>dei</strong> registri parrocchiali e sulla funzione delle visite pastorali <strong>dei</strong><br />
Vescovi, ecc.<br />
Ecco chi abitava Brescia; ma dove vivevano? Abbiamo scelto di utilizzare una pianta della città<br />
dell’epoca, tratta dal volume “Thesaurus antiquitatum et Historiarum Italiae”, stampato a Leida nel<br />
1722.
Piazza della Loggia,<br />
la villa di S.<br />
Eustacchio, il<br />
collegio vescovile,<br />
Piazza del mercato<br />
del Lino nel progetto<br />
queriniano<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Anche qui le attività sono numerose:<br />
• Ritrovare, oltre alle parrocchie elencate nella tabella, le porte e le piazze principali,<br />
soprattutto quelle illustrate dalle incisioni che prenderemo in considerazione più avanti<br />
• Colorare in modo diverso le case a schiera del popolo, i palazzi a corte <strong>dei</strong> nobili, le<br />
proprietà sacre delle chiese e <strong>dei</strong> conventi<br />
• Collegare la loro collocazione sul territorio cittadino con le caratteristiche della sua<br />
evoluzione urbanistica (per esempio, l’alta densità di conventi nell’ultima addizione<br />
medioevale, frutto anche della spianata di borghi e conventi suburbani realizzata da<br />
Venezia per motivi militari)<br />
• Riflettere sull’ampiezza della proprietà fondiaria <strong>dei</strong> Signori laici ed ecclesiastici all’interno<br />
del territorio cittadino,ecc.<br />
Abbiamo sentito poi il bisogno di guardare la città un po’ più da vicino. Come “zoomare” su vie, case<br />
e piazze? Ci è venuta in aiuto un’ incisione di notevoli dimensioni, che sotto una veduta generale<br />
della città allinea immagini di piazze e di luoghi significativi. La dedica, accanto allo stemma, è rivolta<br />
al cardinal Querini dal suo segretario Sambuca ed ha quindi, nella sua contemporaneità al periodo<br />
studiato, un notevole valore documentario.<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
26 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 27 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Osserviamo alcune piazze settecentesche: sono poi così cambiate negli ultimi 250 anni?<br />
Ci siamo così accorti di una cosa: le piazze, con i loro edifici, le loro<br />
fontane,costituiscono la scena, quasi teatrale, in cui si muovono<br />
figurine piccole ma facilmente riconoscibili.<br />
Ecco il nobile elegante... e la dama con la rosa<br />
al posto del ventaglio<br />
ma anche il “portarolo” e la lavandaia<br />
Nelle case a schiera gli “artefici” sono al lavoro.<br />
Chi non può lavorare è autorizzato a questuare, come lo<br />
sciancato che sta attraversando piazza della Loggia. Sarà<br />
davvero un “povero honesto” o sarà piuttosto un “vagabondo”<br />
da allontanare perchè portatore di disordine?
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Ci ricordano qualcosa? Ma certo: anche chi non ha visitato recentemente la Pinacoteca Tosio-<br />
Martinengo ha visto la riproduzione di un quadro di Ceruti, detto il Pitocchetto. Ci ripromettiamo di<br />
condurre o ricondurre i nostri alunni alla Pinacoteca, per osservare con maggior attenzione questi<br />
personaggi che animavano la vita quotidiana della città tra Seicento e Settecento.<br />
Se per osservare le immagini abbiamo un poco trascurato il testo scritto, il testo saggistico rimane<br />
ancora uno <strong>dei</strong> mezzi più chiari e ricchi di informazioni per rispondere alla domanda: Come vivevano i<br />
Signori? E i Pitocchi?<br />
Per rispondere alla prima domanda abbiamo proposto alla classe un testo di R. Boschi: “Città e<br />
architettura a Brescia nel XVIII secolo”, tratto dagli atti del iv seminario <strong>dei</strong> beni culturali, tenuto a<br />
Brescia nel 1981.<br />
La scelta didattica, seguita sempre in queste attività, prevede che il testo venga proposto ridotto nelle<br />
dimensioni ma non modificato nel linguaggio. Le difficoltà di comprensione vengono superate non<br />
attraverso una parafrasi banalizzante, ma attraverso la strutturazione di domande di comprensione<br />
che portino l’alunno a possedere, accanto a informazioni nuove, anche l’abitudine ad un linguaggio<br />
più appropriato e specialistico.<br />
Ecco quindi che cosa andremo a cercare per ricreare l’ambiente in cui visse il Cardinale: una città<br />
di provincia, ma ricca di piazze, di palazzi con i loro saloni affrescati e portali che aprono su giardini<br />
dall’effetto scenografico, di chiese dalle decorazioni fastose e dagli altari di colorati marmi pregiati.<br />
Accanto ai Signori vivevano, forse meno visibili, i borghesi che seguivano i loro affari, gli artigiani nelle<br />
loro botteghe, l’esercito meno fortunato <strong>dei</strong> lavoratori più umili e di coloro che nella tabella iniziale<br />
erano definiti “poveri”.<br />
In attesa di vederli da vicino nei dipinti del Ceruti, abbiamo cercato di capire chi fossero e come<br />
vivessero.<br />
Ci è stato molto utile far leggere il testo saggistico di R. Navarrini “Poveri e pitocchi: organizzazione<br />
e istituzioni benefico-assistenziali”, sempre ridotto ma non parafrasato, con la guida alla<br />
comprensione fornita da domande opportunamente strutturate.<br />
Accanto alla vita <strong>dei</strong> pitocchi abbiamo trovato le risposte della<br />
città in termini di assistenza, ma anche di repressione e all’interno<br />
della più generica definizione di “Pitocchi” ci siamo imbattuti<br />
nella distinzione tra “Vagabondi” e “poveri honesti”, che potevano<br />
mendicare perchè inabili al lavoro e dietro una certificazione del<br />
medico o del parroco.<br />
Fra i documenti che hanno incuriosito maggiormante gli alunni ci<br />
sono i Menu feriali e festivi della Casa di Dio, una delle principali<br />
istituzioni assistenziali cittadine, ma soprattutto un bando<br />
promulgato per risolvere il sentito problema della microcriminalità,<br />
diremmo con un termine attuale.<br />
Il testo è di facile lettura: minaccia gravi sanzioni e pene, ma la<br />
sua efficacia deve essere ridotta se ne abbiamo trovato altri simili,<br />
ripetuti a distanza di pochi anni.<br />
Eccoci quindi pronti ad affrontare una prima uscita sul territorio. Le<br />
case a schiera <strong>dei</strong> quartieri popolari sono già state osservate come<br />
caratteristica della città comunale, gli spazi commerciali della città<br />
veneta come una caratteristica originale della città rinascimentale.<br />
Occorre ora gettare uno sguardo sulle dimore <strong>dei</strong> Signori, sui palazzi<br />
e in quei “Palazzi <strong>dei</strong> poveri” che sono le chiese.<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
28 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 29 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Prima di uscire alcuni brevi testi hanno permesso di inquadrare il percorso e di fornire un’indicazione<br />
su ciò che andavamo a cercare. Tra questi un testo divulgativo appositamente preparato dagli<br />
insegnanti, riprodotto più avanti.<br />
Ecco dunque un percorso, uno <strong>dei</strong> tanti possibile, che occupa lo spazio di una mattinata di lezione<br />
sul territorio<br />
Al ritorno in classe un’attività di sistematizzazione di quanto visto, di riconoscimento di alcuni luoghi in<br />
immagini fornite dall’insegnante ci ha permesso di fissare il percorso fatto .<br />
Abbiamo collegato le immagini ai luoghi visitati<br />
A) Convento di S. Chiara<br />
B) Palazzo Uggeri, con lo scenografico giardino pensile<br />
1) Chiesa di S. Faustino<br />
2) Convento di S. Chiara,<br />
oggi sede univetsitaria<br />
3) Palazzo Fenaroli<br />
4) Palazzo Terzi-Lana<br />
5) Chiesa delle Grazie<br />
6) Palazzo Bargnani<br />
7) Palazzo Martinengo<br />
della Mottella<br />
8) Palazzo Uggeri<br />
9) Palazzo Ferraroli<br />
10) Palazzo Soncini<br />
11) Palazzo Martinengo<br />
Palatini<br />
12) Biblioteca Queriniana<br />
e Palazzo vescovile<br />
13) Palazzo Beretta<br />
14) palazzo Soardi<br />
15) Palazzo Cigola<br />
A) Piazza del mercato<br />
del Lino<br />
B) Piazzetta del<br />
Gambero<br />
C) Piazza della Loggia<br />
D) Piazza del Duomo<br />
E) Piazzetta Vescovado<br />
F) Piazza Tebaldo<br />
Brusato
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
C) Chiesa delle Grazie<br />
D) Palazzo Terzi Lana<br />
E) La fontana di Palazzo Fenaroli<br />
F) Palazzo Soncini<br />
G) Il portale di P. Martinengo della Mottella<br />
H) Palazzo Soardi<br />
I) Palazzo Ferraroli<br />
L) Chiesa della Grazie<br />
H) Palazzo Cigola<br />
N) Palazzo Martinengo Palatini<br />
30 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 31 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
Dopo aver riletto<br />
il testo sui palazzi<br />
nobiliari, abbiamo<br />
proposto le<br />
immagini di alcune<br />
parti del palazzo.<br />
Informazioni tratte, tra l’altro, da:<br />
Conferenza di Maurizio Mondini,<br />
dal ciclo Brescia La forma<br />
della città, organizzato dalla IX<br />
circoscrizione;<br />
G.P.Treccani Particolarità<br />
e caratteristiche della<br />
produzione di residenza<br />
nobiliare, dagli Atti del IV<br />
seminario sulla didattica <strong>dei</strong> beni<br />
culturali.<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
I PALAZZI NOBILIARI<br />
Come per le chiese, anche per i palazzi il gusto barocco tardò ad affermarsi in campo architettonico,<br />
per imporsi invece nella ricca decorazione degli interni. Come caratteristiche tipiche del XVII secolo<br />
possiamo notare i portali a bugnato semplice o prospettico, i caratteristici balconi dalle ringhiere<br />
in ferro battuto “inginocchiate” (bombate) ed i mensoloni sottogronda, che rispetto al secolo<br />
precedente acquistano una maggiore rotondità e sono più riccamente ornati. Il Settecento vede un<br />
grande fervore edilizio nell’edificazione o nell’ampliamento ed abbellimento del palazzo; attraverso<br />
la propria abitazione, infatti, la nobiltà intende affermare il prestigio del casato e testimoniare<br />
attraverso l’imponenza e la magnificenza della costruzione l’importanza, la ricchezza, il decoro e<br />
l’autorità raggiunta dalla famiglia.<br />
Il palazzo del Settecento raccorda in sé tre mondi, come ben fa notare Gian Paolo Treccani: il mondo<br />
privato dell’abitazione, il mondo pubblico con i suoi caratteristici ambienti di rappresentanza per le<br />
occasioni mondane ed il mondo naturale del giardino e del paesaggio, così ricco di significati per<br />
la cultura barocca. Una delle caratteristiche delle dimore cittadine sorte in questo secolo è infatti<br />
il desiderio di applicare nell’ambito urbano modalità tipiche della villa di campagna, nonostante la<br />
limitatezza dello spazio disponibile in città. Il giardino è separato talvolta dal cortile da cancellate<br />
e balaustre, è arricchito con fontane e statue, diventa lo sfondo di effetti scenografici che hanno<br />
lo scopo di ingannare l’occhio per dilatare lo spazio, in analogia con gli affreschi degli interni<br />
che abbiamo già osservato in precedenza. Gli spazi verdi, solitamente bea visibili dai portali o<br />
dalle cancellate, si collocano talvolta all’esterno del palazzo, portando nelle strade della città una<br />
nota di originalità, come nei palazzi Scardi in Via Trieste e Ferraroli in Contrada S. Croce. Anche il<br />
palazzo Martinengo di Villagana aveva un giardino esterno, ora scomparso, abbellito da fontane<br />
monumentali.<br />
L’effetto scenografico non si instaurava solo nel rapporto palazzo-giardino, ma anche tra palazzo<br />
e città. Ripensiamo a palazzo Soardi, come appare al passante per Via Trieste: il bellissimo portale<br />
fa da cornice ad una lunga prospettiva, che attraversa l’androne il cortile ed il ricco colonnato per<br />
1) Decorazione “trompe-l’oeil”<br />
2) Salone<br />
3) Scalone<br />
4) Androne<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
32 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 33 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
raggiungere il giardino ricco di specie arboree e di un laghetto. Sul fronte opposto un cono<br />
prospettico di eccezionale effetto prende avvio da Via Cattaneo e attraversa il giardino, il<br />
colonnato, il cortile, l’androne, un tratto di Via Trieste e termina sulla famosa statua del Nettuno,<br />
posta in un giardinetto innanzi all’ingresso principale.<br />
Di grande effetto anche la soluzione di palazzo Uggeri, edificato tra il 1750 ed il 1760<br />
da Antonio Marchetti di fronte alla chiesa della Pace, che sfrutta il terrapieno delle mura<br />
medioevali per la creazione di ambientazioni paesaggistiche all’interno del palazzo stesso.<br />
La pianta <strong>dei</strong> palazzi presenta generalmente tre ali, che formano una U e racchiudono<br />
all’interno cortile e giardino; talvolta la forma è ad L, e solo in pochi casi utilizza lo schema di<br />
pianta tipico dell’hotel francese, in cui la court d’honneur si trova al centro dell’edificio e le due<br />
ali avanzanti, spesso raccordate da una cancellata, costituiscono il fronte strada, e permettono<br />
ai cittadini, attraverso la trasparenza del ricco cancello, di godere lo spettacolo dell’arrivo della<br />
carrozza.<br />
All’ interno si realizzano grandiosi vani di rappresentanza: con maggiori dimensioni<br />
rispetto al secolo precedente, al salone ed alla galleria si aggiunsero lo scalone e l’atrio<br />
porticato, oltre ad una serie di sale e salotti variamente utilizzati, collegati tra loro in modo<br />
diretto, sul modello dell’enfilade del chateau francese. Sempre su modello francese fanno la<br />
loro comparsa nuovi locali, come la salle de concerts, particolarmente diffusa nelle dimore<br />
nobiliari bresciane, insieme alla sontuosità degli arredi ed alla singolare bellezza e ricercatezza<br />
<strong>dei</strong> trompe-l’oeil.<br />
Mentre cosi cresce il numero delle sale per ricevere, per le feste e la rappresentanza,gli spazi<br />
dedicati alla residenza si ritirano progressivamente negli appartamenti più piccoli e comodi<br />
(ed in inverno più caldi), situati nelle ali del palazzo. Diviene consuetudine sempre più diffusa<br />
collocare gli spazi “pubblici “ nella parte dell’edificio che si affaccia sulla strada e la residenza<br />
per la vita “privata” nei corpi di fabbrica interni al palazzo, a più stretto contatto con l’ambiente<br />
naturale del giardino.<br />
5) Trionfo barocco<br />
6) Portico<br />
7) Portale<br />
8) Cancellata barocca
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Abbiamo quindi lo scenario: è ora di far entrare in campo il protagonista. Si poteva partire<br />
direttamente della mostra in Santa Giulia, abbiamo preferito posticipare la visita e cercare di mettere<br />
a fuoco la figura.<br />
Come? Con un insieme di collage di informazioni tratte da testi e da immagini, con le notizie sulla<br />
vita e le opere intervallate da immagini del cardinale, che viene rappresentato senza economia da<br />
dipinti e incisioni, sculture e monete. Ci è apparso alla fine familiare quel caratteristico sorriso appena<br />
accennato ma così ricorrente, insieme all’abbigliamento caratterizzato in ogni circostanza dalla<br />
mozzetta, che abbiamo scoperto essere la mantella tipica dell’ordine monastico a cui apparteneva il<br />
Cardinale.<br />
Le informazioni sono molte: come sintetizzarle, scegliendo le più significative?<br />
Abbiamo scelto un modo forse inconsueto: la compilazione di un Curriculum vitae, quasi il nostro<br />
dovesse sintetizzare i punti qualificanti della sua vita alla ricerca di un lavoro.<br />
FORMATO EUROPEO PER IL CURRICULUM VITAE<br />
Informazioni personali<br />
Nome Querini Stampalia Gerolamo, detto Angelo Maria<br />
Indirizzo Dal 1728 al 1755 Palazzo vescovile di Brescia<br />
Telefono ---<br />
Fax ---<br />
E-mail Amiamo utilizzare nella comunicazione lo strumento epistolare tradizionale<br />
Nazionalità Veneziana (Serenissima Repubblica di Venezia)<br />
Data di nascita 30 marzo 1680<br />
Esperienza lavorativa<br />
• Date (da – a) e esperienze lavorative<br />
1706 Insegnante di greco presso convento benedettino di Cesena<br />
1721-1723 Abate della Badia benedettina di Firenze<br />
1723-1725 Arcivescovo di Corfù<br />
1727-1755 Vescovo di Brescia<br />
1730-1755 Bibliotecario della Biblioteca Vaticana<br />
Istruzione e formazione<br />
• Date (da – a)<br />
• Nome e tipo di istituto di istruzione o formazione<br />
1687-1695 Collegio <strong>dei</strong> nobili di S. Antonio BRESCIA: studi di Umanità e Rettorica<br />
(lingue classiche latina e greca, scienze esatte, storia e geografia, lingue orientali e moderne)<br />
1696-1698 Badia benedettina FIRENZE: studi religiosi (letteratura, filosofia teologia)<br />
1702 Università PISA: laurea in Teologia e Diritto Canonico<br />
1710-1714 viaggi di studio in Europa<br />
Capacità e competenze personali<br />
Acquisite nel corso della vita e della carriera ma non necessariamente riconosciute da certificati e diplomi ufficiali.<br />
Madrelingua Veneziano e Italiano<br />
Altre lingue LATINO<br />
• Capacità di lettura Ottima<br />
• Capacità di scrittura Ottima<br />
• Capacità di espressione orale Ottima<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
La seconda uscita sul territorio ci ha portato più vicini al cuore della ricerca.<br />
Una visita alla Pinacoteca, la possibilità offertaci dalla proprietaria di<br />
ammirare l’altrimenti chiuso al pubblico scalone di Palazzo Uggeri Fenaroli<br />
con uno <strong>dei</strong> più monumentali scaloni barocchi (l’anno prossimo andremo a<br />
visitare Palazzo Soncini) hanno fatto da introduzione alla visita alla Mostra<br />
in Santa Giulia, seguita da un tragitto nei Luoghi queriniani che, passando<br />
da Piazzetta Vescovado (come è rimasta sostanzialmente simile negli ultimi<br />
trecento anni!) davanti al Palazzo dove abitano i vescovi della diocesi, dopo<br />
un giro d’esplorazione intorno e dentro alla Cattedrale nuova fortemente<br />
“sponsorizzata” da Angelo Maria Querini, si è conclusa alla Biblioteca<br />
Queriniana, con la guida del Direttore della Biblioteca Dottor Ferraglio.<br />
GRECO E LINGUE ORIENTALI<br />
• Capacità di lettura Ottima<br />
• Capacità di scrittura Ottima<br />
• Capacità di espressione orale Ottima<br />
FRANCESE E TEDESCO<br />
• Capacità di lettura Ottima<br />
• Capacità di scrittura Ottima<br />
• Capacità di espressione orale Ottima<br />
34 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 35 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Capacità e competenze relazionali<br />
Vivere e lavorare con altre persone, in ambiente multiculturale, occupando posti in cui la comunicazione è<br />
importante e in situazioni in cui è essenziale lavorare in squadra (ad es. cultura e sport), ecc.<br />
Abbiamo sempre intrattenuto rapporti con uomini di cultura e principi, ricevendo pubbliche lodi e riconoscimenti:<br />
non abbiamo mostrato di discriminare le persone in base alla loro religione, ma ci siamo adoperati per il dialogo<br />
con i protestanti.<br />
Testimonianza della nostra popolarità è l’essere noi il personaggio italiano della sua epoca più citato dopo L. A.<br />
Muratori.<br />
Iniziato in sordina il nostro periodo di episcopato a Brescia, abbiamo conquistato il favore <strong>dei</strong> religiosi, degli<br />
uomini colti e della gente comune, giunta in massa per le nostre esequie.<br />
Abbiamo costruito e dotato una biblioteca pubblica, donata alla città.<br />
Capacità e competenze organizzative<br />
Ad es. coordinamento e amministrazione di persone e progetti; sul posto di lavoro 0ad es. cultura e sport), a<br />
casa, ecc.<br />
Abbiamo mostrato capacità organizzative nel reggere le due diocesi a noi affidate.<br />
In particolare a Brescia abbiamo saputo dare un impulso decisivo per la costruzione della Cattedrale, che si<br />
trascinava da più di un secolo. Abbiamo a questo scopo saputo reperire e gestire le risorse necessarie.<br />
Abbiamo favorito il sorgere o la ristrutturazione di 108 edifici sacri.<br />
Abbiamo riorganizzato e curato la preparazione <strong>dei</strong> futuri sacerdoti, occupandoci del lato dottrinale e delle<br />
esigenze pratiche di chi non poteva permettersi di pagare la permanenza in città di tasca propria.<br />
Abbiamo istituito la tipografia vescovile, favorendo così la stampa e la diffusione delle opere nostre e altrui<br />
Capacità e competenze tecniche<br />
Con computer, attrezzature specifiche, etc.<br />
Pur non possedendo personalmente competenze di tipo tecnico, dati gli studi fatti e il ceto sociale, abbiamo<br />
saputo scegliere validi collaboratori e efficienti lavoratori per le nostre numerosissime iniziative (Costruzione di<br />
edifici sacri, pubblicazione di libri, conio di monete, incisione di “rami “, ecc.).<br />
Capacità e competenze artistiche<br />
Musica, scrittura, disegno ecc.<br />
Abbiamo recitato con grazia e disinvoltura nello spettacolo “La giornata del diporto festeggiata dalle ninfe della<br />
Garza” messo in scena nel teatro del collegio <strong>dei</strong> nobili di S. Antonio a Brescia.<br />
In seguito abbiamo mostrato di eccellere nello scrivere, abilità riconosciutaci dai più illustri uomini di cultura<br />
settecenteschi e testimoniata dagli innumerevoli libri pubblicati.<br />
Angelo Maria Querini, Cardinale di S. Marco
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Due ore in mezzo ai libri del fondo antico, con gli studi sui dittici in bella mostra, ci hanno<br />
permesso di capire meglio il significato e l’importanza per il Cardinale e per tanti studiosi <strong>dei</strong><br />
Dittici, degli oggetti e <strong>dei</strong> libri che il Vescovo volle, anche contro la volontà del suo successore,<br />
lasciare alla “sua” città e al pubblico di chi volesse studiarli e studiare.<br />
Le sale della biblioteca, mentre il dottor Ferraglio parlava e rispondeva alle domande <strong>dei</strong><br />
ragazzi, si sono animate: uomini colti che consultavano i preziosi volumi, componenti<br />
delle Accademie presenti in città che si riunivano e, tra una dotta discussione e l’altra,<br />
sorbivano cioccolato e caffè, mangiando biscotti gentilmente offerti – e pagati – dalla<br />
pubblica biblioteca. Intanto è stato possibile non solo vederli, ma anche toccarli, questi libri<br />
dall’aspetto, oltre che dal contenuto prezioso e inusuale<br />
Tutte queste attività sono state seguite dagli alunni che prendevano appunti con uno scopo:<br />
come trasmetterle a compagni coetanei e più giovani che non possono ripercorrere tutte le fasi<br />
del lavoro?<br />
Ci siamo posti inoltre un’ altra domanda. Se il lavoro di ricerca sulla società settecentesca e<br />
sulla figura del nostro Cardinale era stato svolto con una classe terza, destinata a lasciare la<br />
nostra scuola alla fine dell’anno scolastico, come non disperdere i frutti, anche se modesti,<br />
del loro impegno?<br />
Abbiamo quindi, nel corso dell’anno, associato nelle uscite sul territorio i ragazzi di una<br />
seconda media, abbiamo trovato spazio per riunioni periodiche comuni, ma soprattutto<br />
abbiamo lavorato tutti insieme per la scelta, la preparazione e la realizzazione delle schede e<br />
<strong>dei</strong> giochi <strong>didattici</strong>, nostro prodotto finale.<br />
Contemporaneamente abbiamo individuato per il prossimo anno alcune nuove classi seconde<br />
desiserose di partecipare e portare avanti il progetto e già quest’anno con una prima media<br />
abbiamo organizzato momenti di studio in classe e uscite sul territorio.<br />
Ecco dunque alcuni nostri prodotti: il primo gioco è centrato sulle collezioni del<br />
Cardinale<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Il secondo utilizza il classico schema del gioco dell’oca, integrato da una serie di<br />
domande a scelta multipla sulla società, la vita e sulle opere e collezioni del cardinal<br />
Querini.<br />
36 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 37 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Rimane ora da portare a termine un altro compito importante: preparare i percorsi e le guide<br />
per gli alunni in visita alla nostra città:<br />
Dato che un percorso esclusivamente settecentesco è proponibile solo ad alunni di seconda<br />
e terza media, è necessario integrare l’offerta con collegamenti che rispondano sia all’età<br />
e alle conoscenze <strong>dei</strong> giovani visitatori, sia alle attese di chi viene – forse per la prima volta<br />
– nella nostra città.<br />
<strong>Vie</strong>ne proposta per gli alunni delle elementari e della prima media “La stagione romana”.<br />
Non solo appartengono a questo periodo i Dittici donati dal Cardinale alla città, ma è<br />
indubbio il suo interesse per le testimonianze del passato che lo portò a donare il suo<br />
contributo al museo lapidario romano voluto da S. Maffei. Il percorso integrato città-museo<br />
partirà da S. Giulia con il laboratorio “Lo scavo archeologico”, la visita alle Domus e alle<br />
varie sezioni romane e proseguirà in città con un itinerario che può essere personalizzato e<br />
che porterà a sviluppare i concetti di stratificazione archeologica, reimpiego <strong>dei</strong> materiali e<br />
musealizzazione.<br />
Le domande sono<br />
riprodotte alla fine.
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Anche per questo percorso è stata approntato quest’anno, con gli alunni della classe 1 a L un<br />
gioco dell’oca su Brescia romana, con domande sulla storia, sulla città e sul museo.<br />
Per gli alunni di seconda media, che partiranno nella loro visita sempre dal nostro cardinal<br />
Querini, è stato individuato un collegamento con “la stagione veneta: Brescia, città d’arte e,<br />
d’armi (senza dimenticare i commerci)”. Per questo percorso è stato prevista una visita sia al<br />
Museo di S.Giulia che alla Pinacoteca, come pure la partecipazione al laboratorio di tecniche<br />
pittoriche.<br />
Anche per questo percorso è utilizzabile un gioco dell’oca che ha per protagonista il Castello<br />
di Brescia, con la sua storia da Roma ai giorni nostri.<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
Parlano gli alunni<br />
Le nuove conoscenze<br />
Il Cardinale è una figura complessa: per<br />
organizzare una semplice presentazione<br />
della sua personalità e del suo ruolo nella<br />
vita del Settecento italiano (e non solo)<br />
abbiamo scelto di osservarlo da tre punti<br />
di vista diversi.<br />
38 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 39 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ANGELO MARIA QUERINI, PATRIZIO VENETO<br />
Gerolamo nasce dalla nobile famiglia veneziana <strong>dei</strong> Querini, ramo Stampalia: la sua famiglia è una delle<br />
più importanti della Repubblica Anche se non ha dato alla Serenissima nessun doge, può vantare numerosi<br />
Procuratori di S. Marco, capitani della flotta, vescovi, ambasciatori, rettori di varie città.<br />
Studia nel collegio <strong>dei</strong> nobili di Brescia, retto dai Gesuiti, all’epoca gli educatori delle classi dirigenti: forse per<br />
questo i familiari non vedono di buon occhio la scelta del giovane Querini di non farsi gesuita, ma di entrare<br />
nell’ordine benedettino.<br />
Prima di iniziare la sua vita adulta, come i nobili della sua epoca, compie un ampio e lungo “Grand Tour” in<br />
Europa. Entra in contatto con personalità culturali e religiose grazie ai suoi studi e<br />
alla sua cultura, ma i contatti con tanti uomini illustri non sarebbero possibili per chi<br />
non appartiene al mondo <strong>dei</strong> Signori. Durante gli studi in Toscana frequenta la corte<br />
<strong>dei</strong> Medici, per tutta la vita intrattiene relazioni con intellettuali e principi, affronta<br />
delicate questioni diplomatiche (come la contesa tra Venezia e gli Asburgo per il<br />
patriarcato di Aquileia) agendo per incarico di Venezia a fianco degli ambasciatori<br />
ufficiali. Nella discussione con Ludovico Antonio Muratori sulla diminuzione delle<br />
feste di precetto, mostra di essere un difensore delle ragioni spirituali e teologiche<br />
(difende a spada tratta i 120 giorni festivi all’anno) mostrando forse di non<br />
comprendere appieno i problemi economici e sociali degli strati più umili della<br />
popolazione. Un altro episodio significativo può essere ritenuto l’invito rivolto,<br />
oltre alle autorità, ai soli nobili per presenziare ad una prima inaugurazione della<br />
Cattedrale, con una messa pontificale solenne e con musica: la preoccupazione è<br />
che i nobili possano trovare posto ed essere “alquanto agiati” nel presenziare alla<br />
fastosa cerimonia, e forse non prevede il desiderio del popolo di essere presente, a<br />
costo di far pressione sulle guardie che presidiano l’ingresso.<br />
Non c’è dubbio che il Cardinale sia sollecito in opere di carità verso i più poveri,<br />
ma non dimentica mai il suo rango anche quando si reca in visita pastorale alle<br />
parrocchie della diocesi. È sempre accompagnato da una piccola corte: il segretario<br />
personale ed il cancelliere vescovile, ma anche il cerimoniere, camerieri, cocchieri<br />
ed altre persone di servizio.<br />
Del patrizio ha le doti migliori, la liberalità ed il mecenatismo, ma anche l’attenzione<br />
alla sua immagine pubblica, tramandata da numerosi ritratti e sculture, incisioni e<br />
monete.<br />
L’imponente catafalco del<br />
Cardinale eretto nella “sua”<br />
Cattedrale<br />
Alla sua morte il testamento distribuisce cospicui beni, tra cui 500.000 zecchini: lasciti generosi vanno<br />
alla Congrega della Carità apostolica, la sua argenteria alla Fabbrica della Cattedrale nuova, libri e codici<br />
numerosissimi e preziosi alla Biblioteca.<br />
Il catafalco eretto per il funerale rispecchia la sua posizione di nobile e di principe della chiesa. Le esequie , per<br />
ordine delle autorità bresciane, sono per pubblico decreto organizzate con grande pompa e l’elogio funebre viene<br />
tenuto dal conte Durante Duranti, cavaliere <strong>dei</strong> santi Maurizio e Lazzaro, rivestito delle insegne del suo grado.
ANGELO MARIA QUERINI, MONACO BENEDETTINO<br />
Se l’ufficialità <strong>dei</strong> ritratti e <strong>dei</strong> quadri, <strong>dei</strong> busti di marmo e delle incisioni ci hanno rivelato un religioso molto consapevole<br />
del suo ruolo di principe della Chiesa, sarebbe però sbagliato attribuire<br />
al cardinal Querini un carattere superbo e un atteggiamento mondano che non gli sono propri.<br />
Già a sedici anni ha le idee chiare: nonostante i contrasti con la famiglia, vuole entrare nell’ordine benedettino e non<br />
diventare gesuita. La scelta del nome, che associa alla vergine madre di Gesù quella di un “puro spirito”, secondo la<br />
dottrina cattolica, indica una scelta di vita improntata alla purezza. In ogni ritratto o immagine, d’altra parte, A. M. Querini<br />
si fa ritrarre con l’abito del monaco benedettino.<br />
In tutta la sua vita prevalgono sicuramente gli interessi religiosi rispetto a quelli diplomatici e mondani: la sua amicizia con<br />
il re di Prussia ha come scopo sempre perseguito quello della conversione <strong>dei</strong> Protestanti alla vera religione; nella sua<br />
lunga permanenza a Brescia come vescovo è costante la preoccupazione pastorale di favorire una preparazione adeguata<br />
del clero che vive a contatto con la gente. Vuole assicurarsi che, accanto ad una sincera vocazione, i futuri sacerdoti<br />
abbiano la cultura necessaria e la possibilità economica di procurarsela. In una delle numerose incisioni che celebrano<br />
le opere del Cardinale, occupa il primo posto la villa di S. Eustacchio, che doveva essere trasformata in Collegio vescovile<br />
per ospitare seminaristi e garantire al clero una formazione permanente. Con il suo incoraggiamento sorgono seminari<br />
minori periferici a Lovere, Montichiari e Salò e per suo diretto intervento i Camaldolesi della Vangadizza aprono un piccolo<br />
seminario per accogliere i chierici delle tredici parrocchie da loro dipendenti.<br />
La figura cui il vescovo si ispira è S. Carlo Borromeo, che ha saputo porre accanto alla nobiltà di nascita la nobiltà di<br />
un’azione tutta volta alla cura del popolo cristiano.<br />
La sua opposizione alla riduzione delle 120 feste di precetto può essere vista come mancanza di sensibilità verso le<br />
esigenze economiche <strong>dei</strong> più umili: L. A. Muratori ricorda che troppi giorni di riposo obbligato rende scarso il pasto<br />
sulle mense <strong>dei</strong> poveri. La posizione del Cardinale, però, non è frutto di insensibilità, ma della convinzione, come diceva<br />
S. Bernardo, che la solennità religiosa è mezzo di educazione cristiana per il popolo e dalla preoccupazione che non<br />
vengano cancellate soprattutto feste di radicata tradizione popolare.<br />
Personalmente A. M. Querini viveva in modo frugale: dormiva su un giaciglio duro, mangiava pane raffermo, faceva<br />
penitenza e non si circondava di agi e lussi.<br />
Alla sua morte buona parte delle sue ricchezze vengono lasciate alla Congrega apostolica, che si occupa di opere di carità<br />
verso i più bisognosi.<br />
Parlano gli alunni<br />
I NOSTRI COMMENTI…<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
“Siccome la storia non è fatta solo di teoria, dopo varie ricerche sui libri, abbiamo deciso di effettuare qualche uscita; così,<br />
gironzolando per Brescia e rovistando tra i libri della Biblioteca Queriniana, ci siamo fatti un’idea dello stile di vita del Cardinale<br />
Querini, ma soprattutto della società in cui è inserito.” BEATRICE BELLAVIA Classe III N<br />
“Ciò che mi ha interessato di più è stata la pittura del Pitocchetto, perché è riuscito a farmi capire come viveva la gente del<br />
popolo, dai bambini agli adulti, contrapponendovi i lussuosi ritratti nobiliari.” SARA CASCONE Classe III N<br />
“Nei ritratti il Cardinale era raffigurato soprattutto con il suo classico sorriso, che si può definire di benevolenza. Questo sorriso<br />
mi è rimasto impresso, perché mi comunica voglia di fare, di aiutare gli altri.” MARCO PALAZZOLO Classe III E<br />
“Ogni posto visitato è stato molto interessante, ma quello che mi ha particolarmente colpito è stata la Biblioteca Queriniana,<br />
perché lì ci hanno spiegato un sacco di cose sul 1700: in questi locali le persone si riunivano, leggevano ad alta voce e<br />
potevano bere il cioccolato e il caffè, che erano le bevande specifiche di quel secolo.” VIRGINIA BULAT Classe II E<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
40 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 41 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ANGELO MARIA QUERINI, MECENATE E COLLEZIONISTA<br />
Così viene ricordato il Cardinale: uomo di grande cultura, generoso mecenate e sensibile collezionista.<br />
Non abbiamo fatto fatica a ritrovare le opere che lui “sponsorizza”, poichè sono effigiate in numerose incisioni<br />
e ricordate dal conio di monete celebrative: la Cattedrale nuova e la Biblioteca Queriniana, il convento delle<br />
salesiane di Darfo e il seminario, la cattedrale di S. Edvige a Berlino e la tipografia vescovile...<br />
Meno facile è rispondere alle domande: Che collezionista era Querini? Che cosa collezionava?<br />
Non c’è dubbio che il principale oggetto delle sue cure di collezionista fossero i libri. Mentre è vescovo di Corfù<br />
cerca ed acquista codici rari e libri antichi che riporta a Roma come “prezioso fardello”. Lo stesso fa nei suoi<br />
lunghi ed ampi viaggi in Europa, che hanno uno scopo culturale e non certo di svago turistico. Questi testi<br />
costituiscono la base del “fondo antico” nella biblioteca che porta il suo nome. Il Cardinale scrive e pubblica<br />
personalmente, sollecita a scrivere. In Europa è conosciuto con il nomignolo (o, meglio, l’epiteto) di biblioteca<br />
ambulante, con riferimento alla sua ampia erudizione, ma anche per il suo amore per i libri.<br />
Nella sezione dedicata al suo collezionismo, accanto a elaborate incisioni ed alle già citate monete celebrative,<br />
occupano il posto centrale due dittici romani d’avorio. Proprio questi oggetti, studiati con competenza dai nostri<br />
compagni del liceo Arnaldo, ci indicano la ragione e lo scopo per i quali il Cardinale li ha acquistati. Non certo<br />
per investire bene il suo denaro e neppure per un desiderio di possesso o, principalmente, per l’ammirazione<br />
estetica verso queste pregiate opere artistiche. Desidera possedere il Dittico Queriniano soprattutto perchè<br />
era appartenuto a Pietro Barbo, grande umanista poi divenuto papa Paolo II, che il Cardinale ammirava e a<br />
cui si sentiva vicino per spirito ed interessi. Una volta acquistato, però, il manufatto non viene conservato “in<br />
cassaforte”, ma è collocato nella Biblioteca, oggetto di osservazione, di ricchi studi e di pubblicazioni da parte di<br />
numerosi studiosi: l’abbiamo visto infatti riprodotto e commentato in numerosi libri, durante la nostra visita alla<br />
Queriniana.<br />
La Biblioteca ci si è presentata, secondo le intenzioni del Cardinale, non solo come raccolta di libri, ma come<br />
centro di studi e come luogo di conservazione di oggetti preziosi con destinazione non privata ma pubblica: la<br />
Biblioteca come uno degli antenati del Museo della Città.<br />
“Mi ha colpito molto la biblioteca per i suoi ambienti caratteristici e antichi, anche l’atrio dai soffitti affrescati e decorato alle<br />
pareti con affreschi minuziosi che descrivevano la vita di Querini.” SARA BIANCHI Classe III E<br />
“È stato bello, in Biblioteca, toccare gli antichi scritti degli eruditi, ma soprattutto ricostruire l’identikit di un importante<br />
personaggio storico”. SIMONE MALGARI Classe III N<br />
“È importante far lavorare noi di seconda insieme agli alunni di terza media, che conoscono più cose sul Cardinale, perchè<br />
l’anno prossimo dobbiamo prendere il loro posto e trasmettere le conoscenze ai ragazzi più giovani di noi, come in una catena”.<br />
ELIA MANZITTO Classe II E<br />
“Mi ha stupito scoprire che il cardinal Querini, personaggio nobile e molto importante, conduceva una vita molto semplice,<br />
mangiava pane secco, ignorava i divertimenti e passava il suo tempo libero dagli impegni sempre a studiare e a scrivere”.<br />
MILVA DA ROCHA Classe II E
Alleghiamo le domande per il gioco dell’oca sul<br />
cardinal Querini<br />
LA VITA<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
8) Dove nasce il futuro cardinale?<br />
• A Brescia,dove il padre è Podestà della<br />
Repubblica veneta<br />
• A Venezia dalla nobile famiglia Querini-Stampalia<br />
• A Roma.Dove il padre è ambasciatore della<br />
Repubblica veneta<br />
10) Dove il giovane Girolamo Querini compie il<br />
primo ciclo di studi?<br />
• Presso il monastero benedettino di<br />
Montecassino<br />
• Presso il collegio <strong>dei</strong> nobili in S. Antonio a<br />
Brescia, retto dai Gesuiti<br />
• Presso i Gesuiti nella città di Padova,sede di<br />
una famosa università<br />
17) Dove completa la sua formazione scolastica e<br />
religiosa?<br />
• Alla Badia di Firenze, nell’Ordine Benedettino<br />
e presso l’università di Pisa, dove si laurea in<br />
teologia e diritto canonico<br />
• Presso l’Università di Padova,dove affianca alla<br />
filosofia e teologia studi storici e letterari<br />
• Presso la facoltà di teologia a Roma<br />
21) Che cosa fa Angelo Maria Querini, ormai<br />
monaco benedettino, prima prima di entrare<br />
definitivamente nella vita pubblica con incarichi di<br />
primo piano?<br />
• Si ritira in preghiera e meditazione presso<br />
l’eremo di Camaldoli<br />
• Trascorre un periodo con la famiglia nel palazzo<br />
avito di Venezia<br />
• Intraprende con il fratello Francesco una lunga<br />
serie di viaggi in Europa e viene in contatto con<br />
letterati e teologi, cardinali e principi, storici e<br />
scienziati<br />
32) Perchè è scelto dal Papa come arcivescovo di<br />
Corfù?<br />
• Perchè l’isola fa parte <strong>dei</strong> domini veneziani<br />
ed avrebbe accettato solo un nativo della città<br />
lagunare<br />
• Perchè il pontefice vuole allontanarlo da Roma,<br />
dove si è fatto alcuni nemici tra i nobili locali<br />
• Perchè A. M. Querini parla e scrive bene il greco,<br />
lingua ufficiale dell’isola<br />
37) Prima di giungere a Brescia come vescovo, A.<br />
M.Querini riceve una nomina prestigiosa: quale?<br />
• Diviene abate della Badia benedettina di Firenze<br />
• È nominato Cardinale di S. Marco<br />
• È nominato ambasciatore onorario della<br />
repubblica veneta e può risiedere a palazzo<br />
Venezia<br />
50) Il Cardinale non riserva le sue preoccupazioni<br />
pastorali esclusivamente alle diocesi nelle quali<br />
è vescovo. Qual è la speranza da lui sempre<br />
coltivata?<br />
• Il riscatto sociale delle classi più umili della<br />
popolazione<br />
• Una pace politica e religiosa duratura tra<br />
Europa cristiana ed Islam<br />
• La conversione <strong>dei</strong> protestanti alla Chiesa di<br />
Roma<br />
59) Il cardinale intrattiene frequenti e cordiali<br />
rapporti con un sovrano europeo: quale?<br />
• Con il re protestante Federico II di Prussia, che<br />
spera addirittura di convertire al Cattolicesimo<br />
• Con il re di Spagna,nazione cattolicissima<br />
• Con il cattolico re di Francia<br />
64) Quale giudizio dà del Cardinal Querini il famoso<br />
filosofo Voltaire?<br />
• Lo giudica bigotto e superstizioso<br />
• Lo stima a tal punto da dedicare “all’amico<br />
Querini” la sua tragedia Semiramide<br />
• Di fredda indifferenza,poichè appartengono a<br />
due mondi troppo lontani<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
73) Il Cardinale gode di abbondanti rendite<br />
ecclesiastiche e di beni personali: come vengono<br />
da lui utilizzati?<br />
• Tutto il denaro viene speso per la Biblioteca<br />
Queriniana<br />
• Sono divisi tra opere a vantaggio <strong>dei</strong> poveri, per<br />
la costruzione di edifici religiosi e per esaltare<br />
la Chiesa e il proprio ruolo<br />
• Furono utilizzate soprattutto per pagarsi i<br />
numerosi viaggi e i contatti con sovrani ed<br />
eruditi dell’epoca<br />
79) Come vive, in generale, la sua vita di monaco e<br />
di cardinale?<br />
• Come molti signori dell’epoca,trascorrendo la<br />
vita nel lusso e tra gli onori<br />
• Conduce una vita personale frugale e di<br />
penitenza<br />
• Trascorre le sue giornate in solitaria preghiera,<br />
evitando la vita sociale e le distrazioni<br />
84) Come muore, nel gennaio del 1755?<br />
• Improvvisamente, come conseguenza del freddo<br />
intenso, dopo una passeggiata in Castello<br />
• Travolto da un cavallo imbizzarrito,nel breve<br />
tragitto tra Vescovado e la Cattedrale<br />
• Dopo una lunga malattia,sopportata con<br />
cristiana rassegnazione<br />
87) Nel testamento del Cardinale, chi sono i<br />
principali eredi di beni, argenteria e libri?<br />
• La Congrega, la Fabbrica della Cattedrale e la<br />
biblioteca<br />
• I suoi parenti veneziani,in particolare il fratello<br />
Francesco<br />
• L’abbazia benedettina presso la quale aveva<br />
preso i voti<br />
42 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 43 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
LA SOCIETA’ E LA CITTA’<br />
2) Come è chiamata, da un cronista, Brescia agli<br />
inizi del Settecento?<br />
• Leonesse d’Italia<br />
• Sposa di Venezia (forse anche per il denaro che<br />
portava in dote)<br />
• Perla di San Marco<br />
27) Chi sono, in quest’epoca, i Signori?<br />
• Le persone il cui reddito annuo supera le mille<br />
lire di Francia<br />
• Coloro che appartengono al Primo o al Secondo<br />
Stato, cioe il Clero e la Nobiltà<br />
• Coloro che vivono in un palazzo e posseggono<br />
almeno una carrozza e quattro servitori<br />
5) Sul soffitto di un salone in Palazzo Ducale, a<br />
Venezia, è rappresentata Brescia: come?<br />
• Una fanciulla rivestita di fiori<br />
• Una donna che reca una cornucopia piena di<br />
spighe e di monete d’oro, in riferimento alle<br />
ricche tasse pagate<br />
• Una donna circondata da armi, per la fabbrica<br />
delle quali la città era famosa<br />
28) Chi sono, in quest’epoca, i Pitocchi?<br />
• Monetine di rame di poco valore,usate dal<br />
popolo per le spese quotidiane<br />
• Insetti molesti,parassiti diffusa tra i poveri per la<br />
scarsa igiene dell’epoca<br />
• I poveri, mendicanti e vagabondi e, in senso lato,<br />
lo strato più umile della popolazione<br />
16) Quale sorte ebbe il convento <strong>dei</strong> Gesuiti, presso<br />
il quale studiò il giovane Querini?<br />
• Abbattuto, lasciò il posto alla Cavallerizza, oggi<br />
sala-studio<br />
• Si è conservato fino ad oggi,diventando<br />
l’Istituto Arici<br />
• Espropriato da Napoleone,è sede del Consolato<br />
francese
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
42) Perchè molti ecclesiastici “mugugnano”<br />
o persino protestano con il Cardinal Querini,<br />
vescovo di Brescia?<br />
• Perchè, per sostenere la Fabbrica del<br />
Duomo nuovo ed i lavori per altre chiese,<br />
impone tasse sui redditi <strong>dei</strong> benefici<br />
ecclesiastici<br />
• Perchè non trova il tempo per la visita<br />
pastorale alle parrocchie della provincia<br />
• Perchè vive tra i lussi e gli sprechi come i<br />
Signori della sua epoca<br />
53) Quali spese si trovano a bilancio nella gestione<br />
della Biblioteca Queriniana?<br />
• Spese per la rilegatura di testi danneggiati da<br />
vandali<br />
• Spese per biscotti, caffè e cioccolata, bevande<br />
diffuse nei salotti del Settecento<br />
• Spese per coperte di pelliccia (le alte sale erano<br />
fredde in inverno<br />
70) Quali caratteristice devono avere, per A. M.<br />
Querini, gli aspiranti al sacerdozio?<br />
• Avere una sincera vocazione ed essere ben<br />
preparati<br />
• Appartenere a famiglie agiate,che potessero<br />
pagar loro i lunghi studi nei convitti cittadini<br />
• Avere genitori molto religiosi e dalla vita<br />
irreprensibile<br />
LE OPERE E LE COLLEZIONI<br />
33) Durante la sua permanenza nell’isola come<br />
arcivescovo di Corfù, che cosa raccoglie e riporta a<br />
Roma, come “prezioso fardello”?<br />
• Preziose icone bizantine<br />
• Numerosi codici rari, che dona al pontefice<br />
• Reperti archeologici della civiltà greca antica<br />
46) Chi può assistere, nella Pasqua del 1737, ad<br />
una prima inaugurazione del Duomocon una<br />
solenne messa pontificale con musica?<br />
• Tutto il popolo bresciano<br />
• I sacerdoti ed i seminaristi di tutta la diocesi<br />
• Solo le autorità cittadine ed i nobili, perchè gli<br />
invitati possano “star alquanto agiati”<br />
38) Appena giunto a Brescia nel 1728 come<br />
vescovo, il cardinal Querini affronta il problema <strong>dei</strong><br />
lavori interrotti della Cattedrale: da quanto tempo<br />
era in funzione la Fabbrica del Duomo Nuovo?<br />
• Dagli inizi del Settecento<br />
• Da circa 70 anni<br />
• Dalla demolizione della cattedrale estiva di S.<br />
Pier de Dom, avvenuta agli inizi del Seicento<br />
52) Che cosa caratterizza la Biblioteca Queriniana,<br />
fatta costruire nel 1747, in area di proprietà<br />
vescovile?<br />
• Il fatto di essere pubblica e donata alla città di<br />
Brescia<br />
• Il fatto di essere aperta ai soli studiosi di testi<br />
sacri<br />
• Il fatto di essere la più ricca di volumi,dopo la<br />
Biblioteca Vaticana<br />
41) La costruzione della Cattedrale è onerosa: dove<br />
viene trovato da A. M. Querini il denaro necessario<br />
per riprendere i lavori?<br />
• Vengono imposte tasse straordinarie alla città<br />
• Dalle rendite vescovili, dalle entrate spettanti al<br />
Cardinale di S. Marco, dal patrimonio personale,<br />
oltre che dalle offerte <strong>dei</strong> fedeli<br />
• Riceve un grande contributo dal Papa<br />
Benedetto XIII<br />
progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />
56) Quali volumi costituiscono la dotazione iniziale<br />
della Biblioteca Queriniana?<br />
• Testi acquistati appositamente dal Cardinale in<br />
molti paesi europei<br />
• Testi donati ed inviati a Brescia dai numerosi<br />
amici, filosofi e letterati, del cardinal Querini<br />
• Il fondo di libri già donati alla Biblioteca Vaticana<br />
e riscattati dal Cardinale con mille ducati<br />
60) Con la speranza di contribuire alla conversione<br />
<strong>dei</strong> protestanti, a quale opera il cardinale dedica<br />
tempo e denaro personale?<br />
• Alla costruzione di seminari cattolici nella<br />
Germania protestante<br />
• All’edificazione della cattedrale Cattolica di<br />
Berlino, dedicata a S. Edvige<br />
• All’invio ed al mantenimento di predicatori nella<br />
Germania protestante<br />
74) Quanti edifici sacri sono costruiti o rinnovati<br />
durante l’episcopato queriniano?<br />
• Pochi,perchè gli sforzi sono concentrati sul<br />
completamento del Duomo nuovo<br />
• Più di cento tra chiese parrocchiali, santuari e<br />
oratori<br />
• Sei chiese prestigiose,trale quali la Cattedrale e<br />
la Chiesa della Pace<br />
68) Nel 1749 Gian Battista Marchetti riceve<br />
l’incarico di ampliare la villa vescovile di S.<br />
Eustacchio: a quale scopo?<br />
• Come collegio ecclesiastico per i futuri sacerdoti<br />
e come centro di formazione permanente per il<br />
clero<br />
• Come villa estiva del Cardinale,data la sua<br />
collocazione in prossimità della città<br />
• Come centro di ritiri spirituali e meditazione per il<br />
clero cittadino<br />
44 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 45 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
77) Fra i preziosi cimeli donati alla Biblioteca ed<br />
alla città c’è la valva di un dittico d’avorio, detto<br />
<strong>dei</strong> Lampadi, ora conservato nel Museo della Città.<br />
Che cosa raffigura?<br />
• Scene di caccia e pesca<br />
• Il famoso filosofo Seneca,molto ammirato dal<br />
Cardinale<br />
• Una gara di quadrighe nel circo<br />
71) A chi è dedicata la nuova Cattedrale?<br />
• A San Pietro,come la cattedrale estiva demolita<br />
agli inizi del Seicento<br />
• A S.Apollonio,che convertì Faustino e Giovita,<br />
santi protettori della città<br />
• A Maria Assunta, la cui statua è posta sulla<br />
chiesa in posizione centrale<br />
83) Dove puoi trovare nella Biblioteca le immagini<br />
che illustrano la vita del cardinal Querini?<br />
• Nelle sale della Biblioteca stessa,affrescate sulle<br />
pareti<br />
• Solo nei libri sulla vita del Cardinale,conservati<br />
nel fondo antico<br />
• Sui muri all’ingresso attuale della Biblioteca,<br />
dove giunge lo scalone<br />
82) A causa di un altro dittico, quello detto<br />
Queriniano, acquistato e donato alla città dal<br />
Cardinale, si rompe la lunga amicizia con l’erudito<br />
Scipione Maffei: perchè?<br />
• Maffei voleva acquistarlo per il Museo lapidario<br />
di Verona<br />
• Maffei mette in dubbio la collocazione in età<br />
romana del dittico<br />
• Maffei si aspettava di riceverlo in dono dal<br />
Cardinale
Chi e dove Liceo classico Arnaldo - Brescia<br />
Classi coinvolte V ginnasio, corso E<br />
Docenti referenti Pierfabio Panazza<br />
Bettinelli Chiara, Cinquini Ketryn, Comini Beatrice, Conforti Francesca, Di Giacomo Sara, Dominici Maria Paola, Faccin Enrico, Feltri Ester, Gelonesi Laura,<br />
Giffoni Enzo, Granziero Silvia, Guerini Anna, Losio Andrea Giorgia, Maggini Emanuele, Masserdotti Anna, Mondini Valentina, Monzitta Elisa,<br />
Mordenti Silvia, Pancheri Vittoria, Petteni Davide, Piana Giulia, Rizzini Daniela, Spiazzi Anna, Stefani Elisa, Zani Paolo<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini<br />
collezionista di antichità<br />
PREMESSA<br />
La classe ha lavorato per gruppi omogenei, prendendo in considerazione la figura e<br />
l’opera del cardinale Angelo Maria Querini. L’approfondimento si è concentrato, da un lato,<br />
sull’interesse dell’alto prelato nei confronti della cultura letteraria e sulle sue raccolte librarie<br />
e, dall’altro, sulla collezione soprattutto di preziosi oggetti in avorio.<br />
Il testo che segue, frutto del lavoro in classe e di alcune visite effettuate presso il Museo<br />
della città in Santa Giulia, è derivato dall’ipertesto presentato con successo il 23 maggio<br />
2008 presso l’auditorium di Santa Giulia in occasione della esibizione in pubblico di tutti i<br />
lavori delle scuole che hanno aderito al progetto. Dalla presentazione in PowerPoint mostrata<br />
in quell’occasione sono stati estrapolati i testi e alcune delle immagini di accompagnamento:<br />
l’operazione, pur senza aggiungere e togliere nulla dall’impaginato elettronico, ha<br />
inevitabilmente ridotto l’impatto visivo e quello legato all’immediatezza informativa dovuta ad<br />
una nutrita serie di link che il supporto cartaceo non garantisce.<br />
Pagina iniziale<br />
dell’ipertesto prodotto<br />
dalla classe<br />
46 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 47 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
LA VITA<br />
Angelo Maria Querini nasce a Venezia il 20 marzo 1680 da<br />
Paolo Querini Stampalia e Cecilia Giustiniani; la sua è una delle<br />
famiglie più potenti del patriziato veneziano. Fin da giovanissimo<br />
il Querini manifesta una viva intelligenza, un carattere energico<br />
ed una spiccata inclinazione allo studio, in particolare nelle lingue<br />
classiche e nella matematica. Entra nel 1696 come alunno alla<br />
Badia di Firenze; nel 1702 si laurea in diritto canonico presso<br />
l’Università di Pisa e inizia un’intensa attività di ricercatore<br />
che lo porta a pronunciare, nel 1706 a Cesena, la dottissima<br />
dissertazione De Mosaicae historiae praestantia, che riscuote<br />
l’ammirazione ed il consenso non solo <strong>dei</strong> confratelli benedettini.<br />
Nel 1710 intraprende con il fratello Giovanni, un lungo viaggio per<br />
l’Europa. Ciò che lo spinge non è tanto il desiderio di compiere<br />
il “grand tour”, obbligatorio per i nobili dell’epoca, quanto la<br />
profonda sete di conoscenza ed il desiderio di confrontarsi con i<br />
letterati e gli eruditi europei. Il viaggio dura più di tre anni: Francia,<br />
Inghilterra, Belgio, Olanda. Rientrato in Italia ha l’incarico di<br />
riordinare i codici orientali della Biblioteca Vaticana.<br />
Nel frattempo inizia a studiare con attenzione la storia dell’Ordine<br />
Benedettino, con l’intenzione di pubblicare una grande opera<br />
di carattere storico. Il progetto si ferma alla sola dissertazione iniziale, stampata a Roma<br />
nel 1717, e non prosegue a causa della censura del S. Uffizio. In quello stesso anno viene<br />
nominato Consultore della Congregazione per l’esame <strong>dei</strong> libri liturgici greci e orientali.<br />
Nel 1721 l’elezione ad Abate Generale dell’Ordine Benedettino.<br />
Due anni più tardi giunge inaspettata la nomina alla cattedra episcopale di Corfù dove<br />
rimane fino al 1727. Nell’isola greca non tarda ad istituire ottimi rapporti con la comunità<br />
locale e gli Ortodossi, senza abbandonare gli studi. Con la nomina a cardinale, due nuovi<br />
incarichi: Consultore del Santo Uffizio e vescovo di Brescia. Il solenne ingresso nella diocesi<br />
lombarda avviene il 19 marzo 1728.<br />
Il presule inizia, fin dai primi giorni, ad attuare un programma pastorale intenso: incentiva<br />
la fabbrica del Duomo nuovo e di numerose chiese della diocesi, sostiene i conventi e le<br />
parrocchie, cura con grande attenzione la formazione morale ed intellettuale del clero.<br />
A Roma, tuttavia, non si vedevano di buon occhio i suoi rapporti con i Protestanti, filosofi ed<br />
eruditi. Fra i tanti: Federico II di Prussia, Voltaire, Reimar, Raverdy, Hundertmark, Mencken. Il<br />
mondo culturale tedesco aveva accolto il Querini con onore e lo aveva chiamato a far parte<br />
di numerose Accademie, fra le quali le più significative erano certamente quelle di Berlino, di<br />
<strong>Vie</strong>nna e di Olmütz.<br />
Nel 1723 ebbe anche la nomina di prefetto della Biblioteca Vaticana, alla quale fece dono di<br />
un ingente numero di volumi.<br />
Durante il suo episcopato Brescia diventa un centro culturale di incontro e di dibattito. Nel<br />
1731 è Prefetto della Biblioteca Vaticana fino alla morte avvenuta nel 1755. Quello che per<br />
i bresciani rappresenta il provvido pastore, per la Curia pontificia si rivela ben presto una<br />
spina nel fianco.<br />
Il carattere energico, spesso polemico, unito ad una volontà politica fuori dal comune, lo<br />
portato, in taluni casi, a porsi in contrasto con le direttive pontificie.<br />
QUERINI E BRESCIA<br />
Tra la seconda metà del ‘600 e la fine del ‘700, sull’onda illuministica di rinnovamento<br />
culturale, molte città italiane istituirono proprie biblioteche, fondandole ex novo o sviluppando<br />
nuclei preesistenti. I governi locali infatti erano inclini all’apertura di biblioteche nei centri<br />
urbani e attivi sul piano culturale per favorire l’accesso a una più ampia schiera di studiosi<br />
e non più quindi limitandolo agli specialisti. I centri della formazione intellettuale non sono<br />
Ritratto del card. Querini<br />
conservato nella Biblioteca<br />
Queriniana (prima del 1747)
Ritratto del card. Querini<br />
come bibliotecario conservato<br />
presso la Pinacoteca Tosio<br />
Martinengo (1740-45 ca.)<br />
La facciata verso il giardino<br />
della Biblioteca Queriniana<br />
con le sculture di Alessandro<br />
Callegari (1749)<br />
Salone di lettura della<br />
Biblioteca Queriniana con<br />
la volta dipinta da Antonio<br />
Tegazzi (1746)<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
tanto le università quanto le biblioteche e le Accademie.A Brescia<br />
erano presenti già tre biblioteche religiose, che fornivano il proprio<br />
materiale con qualche limitazione: la biblioteca del Collegio <strong>dei</strong><br />
Gesuiti di S.Antonio 1 , quella del Convento di S.Faustino e quella del<br />
Seminario Vescovile 3 . Il cardinale Angelo Maria Querini, anni prima<br />
di fondare la biblioteca che porta il suo nome, si era adoperato<br />
nell’evangelizzazione dell’Asia, intervenendo nell’apertura di una<br />
biblioteca nel Collegio Ecclesiastico di San Paolo a Goa 4 nelle Indie e<br />
nell’organizzazione di una fonderia specializzata in caratteri orientali<br />
e di una stamperia, strumenti indispensabili per la diffusione della<br />
cultura europea e per l’evangelizzazione missionaria in Oriente.<br />
L’idea di fondare una biblioteca a Brescia nacque quando il cardinale<br />
Querini divenne vescovo della città e prese forma man mano che<br />
egli riceveva in dono o acquistava volumi dai suoi sostenitori in Italia<br />
o all’estero (circa 1500 volumi facenti parte dalla sua collezione<br />
privata). Aveva infatti rapporti con gli eruditi italiani ed europei perché,<br />
oltre ad essere uomo di cultura, divenne l’esponente di spicco della<br />
“ragione” nel clero cattolico, dato che mirava al dialogo per avvicinare<br />
al cattolicesimo gli eretici (nei quali disse di trovare “un buon fondo<br />
che non saprei come chiamare, se sola umanità, oppure equità, ingenuità, docilità”) e i protestati.<br />
Il suo sogno era quello di convertire Federico II di Prussia. Tuttavia il papa Benedetto XIV 5 vietò<br />
a Querini di recarsi di persona a Berlino. A questo contrasto con la<br />
massima autorità della chiesa cattolica si aggiunse poi la nota disputa<br />
epistolare che ebbe con il cardinale Passionei 6 per la carica di Cardinale<br />
Bibliotecario della Biblioteca Vaticana 7 , che il Querini stesso ricopriva dal<br />
1730 con l’incarico di riordinare i codici orientali.<br />
Investito di questo ruolo il Querini frequentava dunque bibliofili e studiosi,<br />
tra cui i fondatori delle biblioteche di Firenze e Bergamo, e numerosi<br />
funzionari e personaggi di spicco di molte biblioteche tra cui l’Ambrosiana 8<br />
(al cui fondatore Federico Borromeo il vescovo di Brescia fu spesso<br />
paragonato), la Parmense 9 , l’Estense 10 e della Sapienza di Roma 11 . Fu lui<br />
stesso membro onorario di varie accademie linguistiche europee, oltre a<br />
quella della Crusca di Firenze 12 . I carteggi <strong>dei</strong> suoi corrispondenti mettono<br />
in luce una figura di uomo di cultura attivo e illuminato, ma soprattutto un<br />
pastore colto e attento allo sviluppo morale e intellettuale del suo clero e<br />
del popolo bresciano. Un carattere così energico e polemico, unito ad una<br />
volontà politica fuori dal comune, spinsero il cardinale a porsi spesso su<br />
posizioni di aperto contrasto con le direttive del resto del clero.<br />
Ostinata perseveranza caratterizzò le sue opere in fatto di culto,<br />
cultura e beneficenza: fu egli infatti a portare a termine il Duomo<br />
nuovo di Brescia (fatta eccezione per la cupola), la cui costruzione<br />
era stata interrotta un secolo prima; fece costruire la villa vescovile<br />
di S.Eustacchio che sarebbe diventata seminario di perfezionamento del clero bresciano,<br />
e dotò la Valle Camonica del Monastero delle Salesiane di Darfo, per l’educazione della<br />
gioventù femminile della zona; lasciò inoltre la Congrega Apostolica erede del suo patrimonio<br />
a beneficio <strong>dei</strong> poveri.<br />
Il cardinale intervenne anche nella costruzione di numerose chiese, avvalendosi dell’aiuto di<br />
quattro sacerdoti architetti, tra cui l’abate bergamasco Giambattista Marchetti, incaricato anche<br />
della progettazione della Biblioteca Queriniana. Il cardinale aveva ricevuto inoltre, attraverso<br />
l’istituto giuridico della commenda, il controllo amministrativo delle badie benedettine di<br />
Vangadizza nel Polesine 13 (1728) e di quella di Leno 14 nella pianura bresciana che tenne fino alla<br />
morte. Le forti rendite di queste due ricche Badie davano al cardinale munifico altri copiosi mezzi<br />
finanziari per continuare le innumerevoli imprese edilizie e culturali che il suo largo mecenatismo<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
48 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 49 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
andava ideando e promovendo, senza dimenticare le località e gli istituti dai quali traeva le rendite<br />
medesime. Il dicembre 1745, Querini scrisse la lettera pastorale in cui riassumeva i motivi della<br />
fondazione della Biblioteca, istituita sul modello di quella Vaticana. La lettera circolò in Italia e in<br />
Europa, e tutti gli altri prelati e uomini di cultura che la lessero lodarono Querini vedendolo come<br />
un uomo di cultura attivo e illuminato e pastore attento allo sviluppo culturale e morale del popolo.<br />
La Queriniana era infatti aperta a tutti e vi lavoravano, al fianco degli attenti bibliotecari, i più<br />
illustri rappresentanti di Brescia in ambito culturale. Per questi motivi l’istituzione della Biblioteca<br />
Quieriniana proiettava la città di Brescia su di una posizione privilegiata nell’ambito della cultura<br />
europea del Settecento.<br />
Querini si era preoccupato dell’originalità e dell’unicità delle opere della sua biblioteca,<br />
acquistando in blocco il fondo di Bibbie e l’intera biblioteca Ottoboniana e di codici medievali<br />
di biblioteche di altri cardinali. Col tempo il Comune di Brescia diede fiducia al suo progetto<br />
e ampliò la sede con nuovi locali. Per celebrare l’istituzione della Queriniana venne fatta<br />
una sorta di campagna pubblicitaria sui giornali e vennero diffuse stampe delle incisioni<br />
raffiguranti la facciata dell’edificio, la pianta e gli spaccati dell’interno, realizzate, fra gli<br />
altri, da Francesco Zucchi 15 , l’incisore preferito da Querini; furono anche coniate medaglie<br />
d’argento celebrative, realizzate in Germania. E proprio in Germania la notizia dell’apertura<br />
della Biblioteca Queriniana fu accolta con particolare entusiasmo, così come in Francia,<br />
dove fu diffusa nel 1748 dalla stampa periodica. L’eco della notizia giunse anche in Polonia,<br />
da dove il conte Zaluski fece sapere che avrebbe seguito l’esempio di Querini 16 . Con un<br />
atto autografo il 3 marzo 1747 delegò suoi commissari i Settemviri della città (la Giunta<br />
comunale) per investire il suo capitale a favore della biblioteca in modo sicuro e fruttifero. Il<br />
documento esalta la munificenza e la liberalità del cardinale verso Brescia.<br />
La Biblioteca Queriniana, di gusto sobrio ed elegante, è situata in un’ala del palazzo<br />
vescovile tra i cortile dell’episcopato, su cui si trova la facciata più sontuosa, e la strada<br />
pubblica (oggi via Mazzini). Il complesso presenta gli schemi tipologici rielaborati in chiave<br />
classicista, composto dallo spazio continuo della manica lunga, con una successione<br />
di cinque vani sul modello del biblioteche <strong>dei</strong> monasteri benedettini. Il salone centrale,<br />
enfatizzato per rappresentare lo “scrigno” della cultura, è a due ordini ed è sopraelevato<br />
da un attico, mentre si apre in un portico a tre archi al piano terreno, dove in origine erano<br />
situati i locali di rappresentanza. Questa sala di lettura è ornata da Antonio Tegazzi 17 e Pietro<br />
Gatti 18 con le opere a fresco di Enrico Albricci 19 . La Queriniana è ricca di codici medievali, di<br />
liturgia, di patristica 20 , di letteratura classica, di storia, specialmente locale, ha una cospicua<br />
raccolta di autografi, di incunaboli 21 , di pergamene, di edizioni rare.<br />
Atrio di accesso alla<br />
Biblioteca Queriniana adorna<br />
delle Imprese queriniane<br />
dipinte dal bergamasco<br />
Bartolomeo Scotti (1752-<br />
53) entro una elegante<br />
corniciatura a stucco
Miniatura a piena pagina<br />
raffigurante l’evangelista<br />
Luca nel manoscritto della<br />
metà del XII secolo con il<br />
testo in greco <strong>dei</strong> Vangeli<br />
appartenuto al card. Querini<br />
Ritratto del card. Querini<br />
inciso da Carlo Orsolini ad<br />
illustrazione <strong>dei</strong> Commentarii<br />
Historici de rebus pertinenti<br />
bus ad Angelum Mariam<br />
Quirinum (1749)<br />
La tavola II <strong>dei</strong> Commentarii<br />
Historici incisa da Francesco<br />
Zucchi e utilizzata come<br />
mappa di navigazione<br />
nell’ipertesto ideato dalla<br />
classe<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
ANGELO MARIA QUERINI E GLI STUDI DI ANTICHITà<br />
A partire dal XVIII secolo, con il perfezionarsi delle tecniche<br />
archeologiche, in Europa andò intensificandosi l’attività di ricerca e<br />
si moltiplicarono le forme di collezionismo di manufatti risalenti al<br />
periodo classico.<br />
Si trattò di un’attività d’elite, che coinvolse pochi privilegiati e spesso<br />
diede luogo ad accesi dibattiti ed intensi carteggi fra studiosi italiani e<br />
stranieri.<br />
Lo stesso fenomeno si diffuse anche in Italia, principalmente fra gli<br />
esponenti del clero appartenenti alla ricca e raffinata aristocrazia<br />
locale, cui appartiene appunto anche il cardinale Angelo Maria<br />
Querini.<br />
Egli infatti fu un uomo di molteplici interessi, bibliofilo, numismatico,<br />
storico e si inserì ben presto nella vita cittadina e nei dibattiti culturali,<br />
sia a Venezia, sia a Roma, sia a Brescia e negli altri luoghi dove ebbe<br />
occasione di esercitare i suoi uffici ecclesiastici e diplomatici.<br />
Il cardinal Querini durante i suoi numerosi viaggi ebbe modo non solo<br />
di raccogliere codici e libri rari o di entrare in possesso di preziosi<br />
oggetti d’arte, ma venne a contatto con personalità di spicco della<br />
cultura europea dell’epoca che certo contribuirono ad affinare la sua<br />
già straordinaria sensibilità. Tra i contemporanei con i quali si poté<br />
confrontare si ricordano, ad esempio, Jean Mabillon 22 , Isaac Newton 23 , Voltaire 24 , Federico II<br />
di Prussia 25 , Montesquieu 26 , Ludovico Antonio Muratori 27 .<br />
L’erudizione e la vasta cultura non solo gli hanno consentito di dare vita ad una ricca<br />
produzione letteraria, storica, filologica e teologica, ma in forza di quelle egli promosse in<br />
tutta Europa il restauro di importanti monumenti e la fondazione di biblioteche e di istituti<br />
culturali e religiosi.<br />
Esemplare è il caso della Biblioteca Queriniana, aperta al pubblico nel 1750, che fu<br />
particolarmente curata dal suo fondatore, il quale ne costituì il nucleo iniziale facendosi<br />
restituire dalla Vaticana i codici che a suo tempo aveva donati e la arricchì successivamente<br />
con altri volumi.<br />
Un ulteriore campo in cui si esplicò l’interesse del Cardinale fu quello del collezionismo<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
50 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 51 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
archeologico e antiquario, in un’epoca che ormai si stava avviando verso la trasformazione<br />
dell’antichistica in vera e propria scienza dell’antichità grazie agli importanti tentativi di<br />
catalogazione e sistematizzazione storica <strong>dei</strong> materiali, a partire dall’opera del padre<br />
benedettino Bernard de Montfaucon 28 , sino alle più moderne intuizioni del tedesco Johann<br />
Joachim Winckelmann 29 .<br />
Il Querini fu in stretto rapporto con il dotto monaco francese, il quale gli propose addirittura<br />
di effettuare ricerche archeologiche sulle sponde del fiume Alfeo, nel tentativo di trovare i<br />
resti delle costruzioni sacre a Zeus ad Olimpia. La proposta non ebbe buon esito, ma servì a<br />
destare l’interesse di altri ricercatori.<br />
Nel più circoscritto ambiente bresciano l’interesse per le antichità classiche e la storia antica<br />
della città avevano determinato già nel 1693 la ristampa delle Memorie Bresciane di Ottavio<br />
Rossi e nel 1700 la pubblicazione del volume di Giulio Antonio Averoldi Le scelte pitture di<br />
Brescia additate al forestiere, in cui erano riprodotti il sarcofago con la battaglia di Maratona<br />
(ora al Museo della città in santa Giulia) ed alcune iscrizioni inedite.<br />
A testimonianza dell’interesse del Querini per l’antico ci rimane la collezione di piccoli oggetti<br />
ornamentali e i famosi dittici.<br />
LA COLLEZIONE<br />
Fra gli oggetti d’arte che erano conservati presso la Biblioteca Queriniana spiccano due<br />
ritratti di origine antica che con tutta probabilità dovettero far parte delle collezioni di<br />
antichità classi che del cardinale Querini, anche se la loro pertinenza alle raccolte del<br />
presule bresciano non è comprovata da nessun documento. Tuttavia la cura con cui i due<br />
volti, pertinenti sicuramente a ritratti di epoca romana, uno maschile e ad uno femminile,<br />
sono stati innestati su busti antichi rilavorati posteriormente sembra ragionevolmente<br />
suffragare l’ipotesi che entrambe le sculture siano appartenute ad un cultore di antiquaria.<br />
Le particolarità <strong>dei</strong> volti, le tecniche utilizzate nella lavorazione <strong>dei</strong> materiali nobili e pregiati,<br />
fanno inoltre ipotizzare che l’origine delle sculture possa essere stata proprio Roma o un<br />
grande centro romanizzato del mondo antico. Appare più difficile ipotizzare che le figure<br />
marmoree provengano dal contesto bresciano o comunque locale e pertanto si è portati ad<br />
accogliere l’idea che esse siano state acquisite dal Cardinale o durante la sua permanenza a<br />
Roma o durante uno <strong>dei</strong> suoi importanti viaggi diplomatici.<br />
Ritratto maschile Testa maschile in marmo bianco di Carrara<br />
innestata su un busto non pertinente in breccia olitica e in marmo<br />
proconnesio per la porzione nuda del petto. Il volto, dai tratti regolari<br />
con il naso diritto e la labbra carnose, è leggermente inclinato<br />
e l’espressione è sottolineata dallo sguardo rivolto verso l’alto,<br />
trasognante e ispirato, ma con le sopracciglia leggermente corrugate.<br />
La leggera barba a ciocche regolari potrebbe essere di epoca adrianea,<br />
mentre l’incisione delle pupille pare denotare un tipo di lavorazione che<br />
compare solo in età costantiniana. Anche i fori profondi, ottenuti con<br />
il trapano, che segnano il chiaroscuro e danno maggiore consistenza<br />
alla massa <strong>dei</strong> capelli denotano segni di ritocco intervenuti in epoca<br />
posteriore.<br />
La datazione, pertanto, risulta incerta e non si esclude una lavorazione<br />
in epoca moderna per l’intero ritratto.<br />
Ritratto femminile Testa femminile in marmo bianco innestata<br />
su busto non pertinente in marmo grigio venato. Il volto è<br />
privo di rughe o segni particolari con gli zigomi abbastanza<br />
pronunciati, il naso diritto anche se è in parte danneggiato e le<br />
labbra ben definite e serrate. A differenza del ritratto maschile le<br />
Ritratto maschile di epoca<br />
imperiale romana conservato<br />
presso la biblioteca<br />
Queriniana
Ritratto femminile di età<br />
romana conservato presso<br />
la biblioteca Queriniana (I-II<br />
sec.d.C.)<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
pupille non sono incise e la superficie dell’occhio è liscia; la donna<br />
guarda davanti a sé ma in modo austero e volitivo; l’espressione è<br />
controllata. L’acconciatura semplice potrebbe essere di età giulioclaudia<br />
o antonina: i capelli ondulati ad andamento regolare lasciano<br />
la fronte libera e si raccolgono sulla nuca.<br />
La datazione potrebbe fissarsi al I-II secolo d.C., ma anche in questo<br />
caso non si esclude una lavorazione successiva del viso.<br />
LA RITRATTISTICA ROMANA<br />
Il ritratto rappresenta, con il rilievo storico, uno <strong>dei</strong> temi più tipici e<br />
caratteristici della scultura e dell’arte di età. Possiamo distinguere<br />
due fondamentali tipologie di ritratto: da un lato quello tipologico<br />
o idealizzante di origine greco-ellenistica e, dall’altro, il ritratto<br />
fisiognomico, espressione della società medio-italica fortemente<br />
moderna dal punto di vista urbano, caratterizzata da una classe<br />
dirigente che trova la sua forza nella tradizione e nella disponibilità<br />
di mezzi. Di questa seconda categoria di immagini esistono notevoli<br />
precedenti per esempio nella testa di Giunio Bruto e nella plastica<br />
etrusca seppur non prima del IV secolo a.C.Il ritratto realistico, tipico<br />
della tradizione romana, si rifà invece al culto familiare piuttosto che alla sfera onoraria e<br />
funeraria, collegato alla tradizione patrizia dello ius imaginum. Per questo la sua nascita si<br />
connette all’età sillana: nel corso della prima metà del I secolo a.C., durante la quale a Roma<br />
si affermano gli ideali politici e culturali della classe aristocratica, che nasce il tipico ritratto<br />
romano di gusto realistico che fu apprezzato fino al secondo triumvirato (43 - 33 a.C.). Il<br />
ritratto è condotto con un realismo minuzioso ed a volte esasperato, che ama descrivere le<br />
pieghe della pelle e le rughe con una minuziosità analitica talvolta impietosa. All’origine di<br />
tutto ciò sta la celebrazione di austerità della vecchia stirpe di contadini (forse in realtà mai<br />
esistita) e il senso di fierezza della propria stirpe.<br />
Con l’ascesa al principato di Augusto e durante l’epoca giulio-claudia (31 a.C. - 68 d.C.)<br />
le nuove richieste della classe dirigente si orientano verso una ripresa <strong>dei</strong> modelli colti di<br />
origine greca, mentre le soluzioni più aderenti alla verosimiglianza fisiognomica godono di<br />
maggiore successo fra le classi medie ed emergenti (tanto da indurre Ranuccio Bianchi<br />
Bandinelli ad identificare tale corrente con il termine di arte plebea). Per tutta l’età flavia<br />
il ritratto, specialmente quello imperiale, diviene elemento celebrativo essenziale nella<br />
propaganda di consenso attuata dai membri della dinastia. Costoro si servono delle soluzioni<br />
raffinate e preziose offerte dalla tradizione greca per farsi rappresentare nelle manifestazioni<br />
ufficiali, legate alla celebrazione del proprio ruolo istituzionale, mentre per la sfera celebrativa<br />
legata ad una dimensione più privata si affidano alle formule della scultura di tipo più<br />
realistico. Data la rilevanza della ritrattistica imperiale si assiste in modo sempre più evidente<br />
al diffondersi delle soluzioni figurative e stilistiche utilizzate per quelle immagini, ma anche<br />
all’affermarsi presso i ceti sociali più ricchi e le classi dirigenti <strong>dei</strong> territori romanizzati<br />
delle mode e delle fogge di abiti e acconciature che identificano i membri della dinastia.<br />
Al proliferare dell’immagine imperiale non è naturalmente estranea l’azione svolta dalla<br />
capillare diffusione della moneta romana, sul cui dritto compare sempre il ritratto ufficiale<br />
della massima autorità dello stato.<br />
Con l’età di Adriano si assiste ad un recupero <strong>dei</strong> valori formali della tradizione greca, ma<br />
contemporaneamente al progressivo abbandono delle soluzioni naturalistiche e realistiche si<br />
osserva anche il lento progressivo irrigidirsi dell’espressione, che diviene sempre più fissa e<br />
distaccata. La verisimiglianza viene subordinata all’idea e all’immagine stereotipa del potere<br />
imperiale. La figura si irrigidisce e si distacca sempre più dalle coordinate dello spazio e del<br />
tempo contingenti; senza essere un ideale è idealizzata e fatta divenire eterna come l’istituzione<br />
di cui lo stesso imperatore è a capo. Tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C. i mutamenti<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
52 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 53 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
politici ed economico-sociali che avviano la crisi dell’impero romano, in concomitanza con<br />
profonde novità legate soprattutto all’ambiente spirituale, hanno determinato anche il<br />
sorgere le nuove forme artistiche. Nella ritrattistica in particolare si registra l’affermazione<br />
di alcuni caratteri di origine orientale, come ad esempio l’accentuato irrigidimento frontale<br />
accompagnato da una sempre più vistosa trascuratezza della struttura organica delle figure<br />
umane. Se durante la Tetrarchia la tendenza plebea dell’arte romana si afferma anche grazie<br />
all’introduzione di tecniche innovative nella lavorazione <strong>dei</strong> materiali (per esempio l’uso del<br />
trapano, grazie al quale si ottenevano lunghi e profondi solchi così da accentuare il chiaroscuro<br />
delle superfici), con l’età di Costantino e dopo la consacrazione di Costantinopoli a nuova<br />
capitale dell’impero nei ritratti si riconoscono i riflessi di un classicismo sempre più aulico,<br />
solenne e ieratico.<br />
I DITTICI<br />
Il dittico (dal greco dìptychos , “piegato in due, a doppia valva”) è fra gli oggetti più tipici della<br />
tarda antichità.<br />
Si tratta di un elemento d’uso comune da secoli: una coppia di tavolette incardinate fra loro<br />
e in origine spalmate di cera, usate come supporto per la scrittura.<br />
Nella seconda metà del IV secolo d.C. il dittico assume particolare importanza politica e<br />
sociale.<br />
Nel corso dell’età imperiale diviene consuetudine che i consoli, supremi magistrati di Roma,<br />
al momento dell’entrata in carica offrano ai personaggi di maggior riguardo finissimi dittici in<br />
avorio intagliato.<br />
I dittici erano molto costosi, poiché l’avorio era estremamente raro e difficile da lavorare.<br />
La funzione <strong>dei</strong> dittici è essenzialmente ideologica e propagandistica: essi sono lo status<br />
symbol di una ristrettissima èlite aristocratica, formidabili strumenti di autorappresentazione<br />
<strong>dei</strong> personaggi più ricchi e potenti, che se ne servono per diffondere immagini legate alle<br />
proprie tradizioni familiari o, in qualche caso, per difendere i rituali e i simboli <strong>dei</strong> culti pagani<br />
minacciati dai provvedimenti restrittivi di Teodosio.<br />
I dittici in uso nel mondo romano erano due tavolette d’osso o di legno, che mediante una<br />
cerniera si piegavano l’una sull’altra.<br />
La faccia interna leggermente scavata era coperta di cera sulla quale si scrivevano note<br />
o lettere. Ornati esternamente con rifiniture preziosissime in oro e argento, presentavano<br />
scene figurate con soggetti di varia interpretazione, ma che si presuppone si possano<br />
mettere in relazione con la funzione principale <strong>dei</strong> dittici, che dovevano essere soprattutto<br />
oggetti da regalo.<br />
Se ne conoscono di vari tipi:<br />
-consolari, donati dai consoli ai personaggi illustri come propaganda politica;<br />
-ecclesiastici<br />
-privati, dovuti alle famiglie senatorie romane interessate alla diffusione <strong>dei</strong> culti pagani;<br />
-nunziali<br />
-amatorii.<br />
Nel IV secolo d.C. i più lussuosi erano policromi e dorati.<br />
Principali centri di produzione: Roma, Milano, Ravenna, Costantinopoli.<br />
Questa classe di raffinatissimi oggetti, preziosi per il tipo di materiale utilizzato e per<br />
l’eleganza delle decorazioni scolpite, continua ad avere fortuna ben oltre al limite cronologico<br />
rappresentato dalla Tarda Antichità, come confermano i dittici prodotti in piena età<br />
medioevale (XII-XIII secolo).<br />
IL DITTICO QUERINIANO<br />
Il dittico più importante fra quelli collezionati dal Cardinale è il “dittico Queriniano”; questo<br />
era stato di proprietà di papa Paolo II 30 , grande collezionista del Quattrocento, e il Querini lo<br />
acquistò dopo il 1730.<br />
L’acquisto di un pezzo così raro diede il via a numerosi studi e a scambi epistolari tra studiosi
Acquaforte riproducente<br />
le due valve del “dittico<br />
Queriniano” (1757)<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
di varie parti d’Europa, con discordanti tentativi di esegesi e datazione: per alcuni si trattava<br />
di un reperto originale, per altri di un falso.<br />
Proprio su questo punto si sviluppò un’accesa polemica tra il cardinale e il marchese Scipione<br />
Maffei 31 , una delle personalità più illustri nell’ambito archeologico.<br />
Sollecitato dal Querini a esprimere un parere sul dittico, il marchese ebbe un atteggiamento vago,<br />
esprimendo apprezzamento per l’opera, ma affermando che avrebbe dato un giudizio preciso solo<br />
dopo aver analizzato il pezzo.<br />
Dopo tale verifica, il Maffei fece stampare un opuscolo in cui contraddiceva l’antichità del reperto.<br />
Il cardinale pubblicò subito una lettera in cui difendeva l’autenticità del suo cimelio.<br />
Il Querini morì sei mesi dopo, il 6 gennaio 1755.<br />
A chiudere in qualche modo la questione usciva nel 1575 a Parma un’opera a favore<br />
dell’autenticità del dittico e che forniva un’interpretazione del contenuto mitologico, in netto<br />
contrasto con le tesi di Maffei.<br />
VALVA A<br />
Ippolito, appoggiato ad un lancia, legge ad una giovane velata, forse Fedra, una lettera<br />
d’amore. In alto, un erote tiene nella mano sinistra un arco e nella destra una fiaccola, in<br />
basso un levriero pare seguire attentamente la scena.<br />
Le figure sono trattate in modo tozzo, appiattito. I panneggi, persa ogni vitalità, sono ridotti a<br />
pure linee schematiche.<br />
Autore: Vicino allo spirito del modesto ceto locale, sembra ormai legato ad un nuovo filone<br />
artistico che, perso ogni contatto con la tradizione classicistica, fa affiorare la visione<br />
disorganica, il gusto lineare <strong>dei</strong> panneggi, le tendenze decorative che segnano il trapasso<br />
alla cultura medievale.<br />
VALVA B<br />
Sulla destra una figura, Diana (o Selene), si appoggia con la mano sinistra ad una colonna,<br />
mentre con la destra stringe il labbro inferiore del compagno Endemione (o Virbio). Il<br />
personaggio maschile è colto in atteggiamento di riposo con le gambe incrociate, mentre<br />
tiene nella destra la lancia e poggia la sinistra sullo scudo. Indossa una toga succinta,<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
54 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 55 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
porta sulla testa un berretto frigio. La dea veste un himation ed ha un nastro nei capelli che<br />
scendono a boccoli sulle spalle. In alto un amorino sta per porre sulle teste di entrambi una<br />
corona di alloro.<br />
L’atmosfera richiama, molto da vicino, gli elementi del gusto ellenistico: la luce indugia in<br />
giochi chiaroscurali, il ritmo delle figure è molle, sinuoso, perfino sensuale.<br />
È legato alla sopravvivente aristocrazia paganeggiante che tende a nobilitarsi con un tono<br />
classicheggiante misto ad influssi orientali ed ama ancora cantare temi mitologici come il<br />
contemporaneo Claudiano, il poeta classicista del circolo intellettuale <strong>dei</strong> Simmaci.<br />
LA CUSTODIA<br />
Entrambe le valve sono racchiuse in una custodia di rame dorato di forma rettangolare, fatta<br />
eseguire tra il 1451 ed il 1459 dal Cardinale Pietro Barbo (futuro papa Paolo II). Sul diritto,<br />
fra l’arco e la riquadratura rettangolare, il Cardinale fece apporre il proprio stemma niellato<br />
entro ghirlande con quattro nastri svolazzanti, pure in rame dorato.<br />
Lo stesso Querini fece incidere sul retro della custodia, forse perché priva di decorazione,<br />
un motivo molto simile a quello dell’altro dittico, ma con effetto complessivo diverso. Nel<br />
riquadro centrale, adorno dello stemma araldico queriniano, si legge:<br />
ILLE EGO QUI PLATINAM / COMPRESSI, DENTE MALIGNO / CARPENTEM MORES / PAULE<br />
SECUNDE / TUOS / LAUDAVIQUE TUUM STU = / DIUM PERMULTA PARANDI / QUAE TIBI<br />
PRAECLARAE / SISTERET ARTIS OPUS / HIC MODO COMPOSUI / SIGNA HAEC PROPRIO<br />
/AERE COEMPTA / CONGRUA QUOD LIBRO / TEGMINA VISA MEO 32 .<br />
Rispetto al disegno dell’altra custodia il motivo vegetale che incornicia il testo scritto si<br />
presenta più rigido ed appesantito a causa soprattutto della tecnica a punzone qui utilizzata.<br />
Sul retro, racchiusa da un largo bordo con cespo e girali d’acanto si legge l’iscrizione a bei<br />
caratteri romani e punti divisori romboidali in niello, con la quale il Barbo testimonia il proprio<br />
possesso dell’avorio: PETRVS. H/ ERVS MEVS/ EST. VENET/ IS. GENEROS/ VS. ALVMNV/<br />
S BARBVS C/ ARDO SACER/ . TVVS . ET. V/ INCENTIA. PR/ AESVL. HORV / M. OPERVM. I /<br />
NGENIIS. MI / RO. OBLECT / ATVS. AMOR / E 33 .<br />
La ricca cornice che circonda lo specchio epigrafico è stata ottenuta sbalzando sul fondo<br />
zigrinato gli elementi vegetali e costituisce un pregevole lavoro di oreficeria veneta della<br />
metà del quindicesimo secolo.<br />
Valva A del “dittico<br />
Queriniano” con la<br />
raffigurazione di Ippolito e<br />
Fedra (V sec. d.C.)<br />
Valva B del “dittico<br />
Queriniano” con la<br />
raffigurazione di Diana o<br />
Selene e di Endimione o<br />
Virbio (V sec. d.C.)<br />
Custodia in rame dorato<br />
della valva A del “dittico<br />
Queriniano” fatta eseguire<br />
dal card. Pietro Barbo, poi<br />
papa Pio II (1451-59)<br />
Custodia in rame dorato<br />
della valva B del “dittico<br />
Queriniano” fatta eseguire ad<br />
imitazione dell’altra dal card.<br />
Querini
Acquaforte riproducente la<br />
valva del dittico <strong>dei</strong> Lampadii<br />
(1759)<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
DITTICO DEI LAMPADII<br />
Di ben altro tenore è invece l’episodio sottostante, il cui il movimento rotatorio, la vivacità<br />
ed il ritmo incalzante della scena risaltano in modo accentuato. La gara delle quadrighe<br />
che sono lanciate in una corsa dirompente intorno alla spina obliqua dell’ippodromo<br />
è rappresentata con impressionante senso dinamico ed efficace sensibilità spaziale.<br />
Lo scultore è riuscito a ricreare in uno spazio decisamente limitato la concitazione che<br />
caratterizzava le memorabili gare che si<br />
svolgevano nello stadio di Costantinopoli,<br />
alle cui caratteristiche sembrano ispirarsi<br />
direttamente la spina, sulla quale si erge<br />
con un’alta base un obelisco con geroglifici<br />
egiziani, le mete laterali a forma di tre<br />
lunghi coni ed anche il tribunal della scena<br />
soprastante. Degna di nota è anche la<br />
minuziosa ed attenta cura con cui sono<br />
descritti i singoli particolari: i pettorali e gli<br />
schinieri degli aurighi ritratti con sferze e<br />
spirculae, i cavalli con le zampe fasciate<br />
da fettucce ed i marchi sulla sommità<br />
della coscia distinguenti le fazioni, i primi<br />
quasi fieri per la meta appena toccata, gli<br />
altri ancora tesi nello sforzo della cosa.<br />
Quattro figurine, contrapposte a due a<br />
due a <strong>dei</strong> trofei, stanno sedute ai lati dello<br />
stadio in attesa dell’imminente premiazione<br />
del vincitore. I difficili problemi della<br />
identificazione del luogo di produzione e<br />
della datazione dell’opera sono stati di<br />
recente affrontati da alcuni studiosi che<br />
hanno proposto di considerare il dittico<br />
come il prodotto di una scuola dell’Italia<br />
settentrionale o della Gallia del sud. A<br />
tale conclusione rimandano anche le<br />
caratteristiche stilistiche della ricercatezza<br />
e finezza del modellato, la struttura<br />
salda e tornita delle figure, la presenza<br />
contemporanea della scena aulica (parte<br />
superiore) e della scena realistica (parte<br />
inferiore). La datazione può essere attribuita<br />
alla fine del IV od agli inizi del V secolo d.C.<br />
anche se ciò potrebbe portare a rinunciare<br />
ad identificare nel personaggio principale<br />
Postumio o Flavio Lampadio, console nel<br />
530. Affascinante sarebbe l’ipotesi di chi<br />
vorrebbe attribuire al pezzo il significato<br />
cosmologico ed eterno della corsa delle<br />
quattro stagioni attorno all’obelisco solare:<br />
chiara illusione questa ad una religiosità<br />
non prettamente cristiana, ad una strenua<br />
volontà di perpetuare i vecchi culti, a cui<br />
le famiglie senatorie della fine dell’Impero<br />
erano ancora legate e che per loro quasi si<br />
identificavano con il desiderio di difendere<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
la loro vecchia nobiltà a di rimandare il<br />
momento in cui avrebbero dovuto porre fine<br />
al loro potere ormai in declino.<br />
56 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 57 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Ben conservata, ma frammentaria lungo<br />
entrambi i margini superiori e lungo quello<br />
inferiore destro. Il lato scolpito e figurato è<br />
interamente scorniciato da una fitta serie di<br />
modanature e mostra un’unica scena che,<br />
tuttavia, si svolge su due registri ben distinti.<br />
In basso si osserva una scena di giochi<br />
circensi realizzata con un notevole senso<br />
realistico, anche se molti particolari sono<br />
stati resi in modo stilizzato. Tutta la parte<br />
superiore è occupata da una imponente<br />
tribuna (il tribunal), sormontato dall’iscrizione<br />
in lettere capitali [L]AMPADIORVM e chiusa<br />
da monumentali transenne scandite da<br />
pilastrini su cui, quasi in forma di erma, sono<br />
modellate quattro teste. L’intera struttura è<br />
inquadrata da tre colonne con fusto liscio ed<br />
i capitelli corinzi sorreggono un arco serliano,<br />
decorato da un motivo ad ovuli continui, dal quale pendono <strong>dei</strong> velaria. Alla ripartizione<br />
architettonica fa riferimento la distribuzione <strong>dei</strong> personaggi: al centro, in trono, siede la figura<br />
più imponente e maestosa, avvolta in una ricchissima stoffa panneggiata, mentre ai suoi lati<br />
assistono allo spettacolo due altri personaggi maschili vestiti più semplicemente con la toga.<br />
Date le proporzioni gerarchicamente sottolineate, l’attenzione con cui sono resi i più minuti<br />
particolari della fisionomia e dell’abbigliamento, l’impassibile fissità e la ieratica solennità<br />
della figura principale non è difficile concludere che qui sia stato raffigurato il presidente <strong>dei</strong><br />
giochi, forse addirittura lo stesso imperatore che tiene nella mano sinistra lo scettro e nella<br />
destra impugna la mappa con la quale ha appena dato inizio alla gara. Le due figure laterali<br />
sono sicuramente persone di rango inferiore, sia per le proporzioni più piccole, sia per il loro<br />
abbigliamento meno ricco e sfarzoso, ma contribuiscono ugualmente a sottolineare la nobiltà<br />
aulica di una scena solenne e ormai fissata per sempre nel preziosissimo avorio.<br />
Note<br />
1 Collegio <strong>dei</strong> Gesuiti di S.Antonio, in<br />
contrada San Nazaro, tra via Cairoli e via<br />
Pace; l’antica dedicata al Santo di Padova,<br />
annessa fin dal 1560 nell’ex ospedale della<br />
comunità gesuitica, nel 1845 fu trasformata<br />
dall’architetto Luigi Donegani in cavallerizza.<br />
Attualmente l’ex sede della Cavallerizza è<br />
utilizzata come pubblica sala di lettura del<br />
Comune di Brescia.<br />
2 Convento di S.Faustino, fondato nel IX<br />
secolo dal vescovo Ramperto, venne retto<br />
dai monaci benedettini fino alla soppressione<br />
di epoca napoleonica, rappresentando per<br />
secoli uno <strong>dei</strong> poli spirituali e culturali più<br />
importanti della città. Attualmente nei suoi<br />
spazi, prospicienti via san Faustino, ha sede la<br />
Facoltà di Economia dell’Università di Brescia.<br />
3 Seminario Vescovile, nato per volontà<br />
del vescovo Bollani nel 1563 aveva sede<br />
negli ampi spazi annessi al convento di<br />
san Gaetano, lungo via Callegari nell’area<br />
poi occupata dall’ospedale militare e dalla<br />
sede del Distretto. Nella seconda metà del<br />
secolo XIX venne trasferito nel vicino palazzo<br />
Gambara Santangelo (oggi Centro Paolo<br />
VI), mentre l’attuale moderna sede è in via<br />
Domenico Bollani, nella zona settentrionale<br />
della città, verso Mompiano.<br />
4 Goa, città lungo la costa occidentale<br />
dell’India; all’apogeo nel XVI secolo, era<br />
una grande e splendida città commerciale,<br />
capitale delle colonie orientali portoghesi.<br />
Oggi é rinomata meta turistica e la regione<br />
omonima dal 1987 è divenuta 25° stato della<br />
Repubblica Indiana con capitale Panaji.<br />
5 Benedetto XIV, cardinale Prospero Lorenzo<br />
Lambertini (Bologna, 31 marzo 1675<br />
- Roma, 3 maggio 1758), fu eletto papa nel<br />
1740 dopo un conclave durato sei mesi.<br />
Certamente fu il più erudito e il più colto<br />
Valva in avorio intagliato del<br />
dittico <strong>dei</strong> Lampadii (fine IV<br />
– inizi V sec. d.C.)<br />
<strong>dei</strong> papi del suo secolo, appoggiò il sapere<br />
scientifico, istituì le cattedre di fisica, chimica<br />
e matematica presso l’Università di Roma,<br />
diede nuovo impulso all’attività accademica<br />
bolognese, attivando una moderna scuola di<br />
Chirurgia. Amante delle lettere e delle arti,<br />
Benedetto XIV acquisì preziosi volumi per la<br />
Biblioteca Vaticana e fece tradurre in italiano<br />
le opere più significative della letteratura<br />
inglese e francese. Tenne corrispondenza<br />
con Caterina di Russia, con Federico II, con<br />
Voltaire; fu stimato anche dai protestanti,<br />
specie quelli d’Inghilterra. Fu archeologo e<br />
collezionista di antichità; tra le sue raccolte<br />
assai importante è quella di 1500 monete, di<br />
cui 1340 imperiali e 160 di zecche greche<br />
e italiane in argento, con alcuni esemplari di<br />
eccezionale conservazione donate al Museo<br />
Archeologico bolognese.<br />
6 Domenico Passionei (Fossombrone, 2<br />
dicembre 1682 - Roma, 5 luglio 1761) di
nobile famiglia, dopo essere stato ordinato<br />
sacerdote, nel 1706 fu inviato a Parigi come<br />
legato pontificio e rimase per due anni; in<br />
questa occasione conobbe molti intellettuali<br />
dell’epoca, alcuni <strong>dei</strong> quali illuministi.Fu<br />
nominato arcivescovo di Efeso il 16 luglio<br />
1721 e dopo aver molto viaggiato, rivestendo<br />
incarichi assi importanti presso le principali<br />
capitali europee, venne nominato cardinale<br />
presbitero nel 1738. Nel 1741 fu nominato<br />
vice-bibliotecario della biblioteca Vaticana<br />
sotto il cardinale Angelo Maria Querini<br />
al quale succedette nel 1755. Durante<br />
questo incarico si dedicò al recupero e alla<br />
restaurazione di molte opere librarie. Acquisì<br />
anche una notevole raccolta privata che<br />
conteneva, oltre ad antichi volumi, anche altre<br />
opere d’arte, tra cui statue, quadri e monete.<br />
Una parte di questo patrimonio si conserva<br />
oggi nel museo della sua città natale, il resto<br />
è andato perso.<br />
7 Biblioteca Apostolica Vaticana, è la biblioteca<br />
che la Santa Sede ha organizzato e curato<br />
in Vaticano; possiede una delle raccolte<br />
di testi antichi e libri rari più importanti<br />
del mondo. Dopo alterne vicende durate<br />
tutta l’epoca medioevale, il papa umanista<br />
Niccolò V (1447-1455), nel XV secolo, fu il<br />
primo a concepirne l’idea, e a costituire una<br />
consistente raccolta di codici che sarebbe<br />
stata il primo nucleo della futura biblioteca.<br />
La fondazione è invece del papa Sisto IV<br />
nel giugno 1475, con la bolla Ad decorem<br />
militantis Ecclesiae, del 15 giugno. Subito<br />
dopo, il 18 giugno, ebbe inizio l’attività del<br />
suo primo gubernator et custos, che fu il<br />
mantovano Bartolomeo Sacchi, detto il Plàtina,<br />
riferendosi al quale la Biblioteca Apostolica<br />
Vaticana è detta anche “Biblioteca Palatina”.<br />
8 Biblioteca Ambrosiana, è una storica<br />
biblioteca milanese fondata nel 1607 dal<br />
cardinale Federico Borromeo. È ospitata<br />
all’interno del Palazzo dell’Ambrosiana<br />
nel quale si trova anche la Pinacoteca<br />
Ambrosiana, anch’essa fondata da Federico.<br />
Fu la seconda biblioteca aperta al pubblico<br />
(dal 1609), preceduta dalla Biblioteca<br />
Bodleiana a Oxford sorta nel 1602.<br />
9 Biblioteca Parmense, già Reale Biblioteca<br />
Parmense, fu fondata nel 1761 dai duchi<br />
Filippo e Ferdinando di Borbone. L’opera<br />
di organizzazione fu affidata a Paolo Maria<br />
Paciaudi che, primo in Italia, utilizzò il catalogo<br />
per autori a schede mobili. La biblioteca fu<br />
inaugurata nel maggio del 1769 nei locali<br />
adattati da Ennemond Alexandre Petitot nel<br />
Palazzo della Pilotta, che già aveva ospitato<br />
la Biblioteca Farnesiana, spostata a Napoli<br />
da Carlo III nel 1734. Sotto il regno di Maria<br />
Luigia la biblioteca crebbe e la sovrana fece<br />
realizzare nel 1834 da Niccolò Bettoli una<br />
nuova ala a sud del palazzo: il Salone Maria<br />
Luigia. Dall’Unità d’Italia è una biblioteca<br />
statale. Nel 1889 fu istituita la sezione<br />
musicale.<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
10 Il nucleo più prezioso risale alla biblioteca<br />
ducale di Ferrara, formatasi alla fine del XIV<br />
secolo, arricchitasi sotto Nicolò III, Lionello,<br />
Borso ed Ercole I, e incrementata nel secondo<br />
Cinquecento da Alfonso II. Trasferita a<br />
Modena ebbe dapprima sede nel castello e<br />
nel Palazzo Ducale. Aperta al pubblico nel<br />
1760 per illuminata decisione di Francesco<br />
III, nell’ordinamento del gesuita Francesco<br />
Antonio Zaccaria, ebbe come bibliotecari<br />
Lodovico Antonio Muratori e Girolamo<br />
Tiraboschi. Depauperata dai Francesi nel<br />
1796, nel 1859, a seguito della partenza<br />
<strong>dei</strong> duchi da Modena, fu reintegrata per<br />
gran parte del suo patrimonio tramite una<br />
convenzione tra lo Stato italiano e Francesco<br />
V d’Austria, con la quale egli la donava alla<br />
città di Modena.<br />
11 Sapienza Università di Roma, è l’università<br />
più grande d’Europa e tra le prime al mondo<br />
per numero di studenti. Sorse a Roma il 20<br />
aprile 1303 per volontà di papa Bonifacio VIII.<br />
Oggi conta ventuno facoltà, oltre centotrenta<br />
dipartimenti e istituti, centoventisette scuole<br />
di specializzazione, ventuno musei e più di<br />
centocinquanta biblioteche.<br />
12 Accademia della Crusca, è un’istituzione<br />
che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica<br />
e filologia italiana e, fra quelle esistenti, è la<br />
più antica accademia italiana. Sorta a Firenze<br />
nel 1583, si è sempre distinta per il suo<br />
strenuo impegno a mantenere “pura” la lingua<br />
italiana originale, pubblicando già nel 1612<br />
la prima edizione del Vocabolario della lingua<br />
italiana, che servì da esempio lessicografico<br />
anche per le lingue francese, spagnola,<br />
tedesca ed inglese.<br />
13 Abbazia di Vangadizza, sorse nel IX secolo<br />
quando i benedettini si insediarono in un<br />
territorio nei pressi della sponda destra<br />
dell’Adige in provincia di Rovigo e, sulle rovine<br />
di un tempio pagano, costruirono una chiesa<br />
dedicata alla Beata Vergine. Ben presto alla<br />
chiesa venne affiancato un monastero adatto<br />
anche al controllo di un vasto territorio.<br />
Aderendo alla riforma camaldolese di San<br />
Romualdo, l’Abbazia acquisì ancora più<br />
potere, che mantenne anche nei successivi<br />
passaggi di proprietà dalla Diocesi di Adria e<br />
di Padova. Napoleone soppresse l’Abbazia nel<br />
1810 e i monaci trovarono rifugio a Murano.<br />
14 Abbazia di Leno, fondato nel 758 dal re<br />
longobardo Desiderio, che vi pose come primo<br />
abate il monaco cassinese Ermolao, il cenobio<br />
svolse un ruolo importante nel processo di<br />
riorganizzazione del territorio e nel controllo<br />
strategico delle principali vie di comunicazione<br />
(terrestri e fluviali) fra Brescia e Cremona.<br />
Anche in età carolingia ed ottoniana godette<br />
di grande prestigio, fu in rapporto con il<br />
monastero bresciano di San Salvatore-S.Giulia<br />
e con altri importanti monasteri europei e<br />
venne più volte beneficiato dagli imperatori<br />
del Sacro Romano Impero. Con il XIII secolo<br />
inizia un lento processo di decadenza, che<br />
aumenterà nei secoli seguenti, fino alla<br />
definitiva soppressione del monastero e<br />
l’integrale demolizione delle strutture volute<br />
dalla Repubblica di Venezia (1783).<br />
15 Zucchi Francesco, (Venezia 1692 - 1764)<br />
incisore veneziano che, con il fratello Andrea<br />
(Venezia 1679 - Dresda 1740), fu capostipite<br />
di una nota famiglia di pittori e incisori.<br />
16 Biblioteca Zaluski, è stato costruita a<br />
Varsavia fra il 1747 e il 1795 da Józef Andrzej<br />
Zaluski e da suo fratello Andrzej Stanislaw<br />
Zaluski, entrambi vescovi cattolici. Essa venne<br />
aperta al pubblico e fu la biblioteca pubblica<br />
più grande della Polonia ed una delle maggiori<br />
del mondo. E’ stata distrutta dai nazisti<br />
durante la Rivolta de Varsavia di 1944.<br />
17 Antonio Tegazzi, pittore specializzato nella<br />
pittura illusionistica <strong>dei</strong> soffitti (detta anche<br />
quadratura) nella quale il trompe l’oeil, la<br />
prospettiva e altri effetti spaziali vengono<br />
impiegati per creare l’illusione di uno spazio<br />
tridimensionale dal punto di vista dello<br />
spettatore, su una superficie piatta, semicurva<br />
o curva.<br />
18 Pietro Gatti, pittore bresciano del secolo<br />
XVIII, scolaro e imitatore di Francesco Monti;<br />
ha affrescato con altri la chiesa <strong>dei</strong> santi<br />
Cosma e Damiano (1747).<br />
19 Enrico Albricci (Vilminore in Val di Scalve,<br />
19 novembre 1714 - Bergamo, 20 luglio<br />
1775), pittore e decoratore specializzato<br />
soprattutto nella tecnica dell’ affresco che gli<br />
ha consentito di distinguersi nella decorazione<br />
di molte chiese soprattutto in provincia di<br />
Bergamo e in Val Camonica.<br />
20 Patristica, filosofia cristiana <strong>dei</strong> primi<br />
secoli elaborata dai Padri della Chiesa e<br />
dagli scrittori ecclesiastici. Essa consiste<br />
nell’elaborazione dottrinale delle verità di fede<br />
del Cristianesimo e nella loro difesa contro gli<br />
attacchi <strong>dei</strong> “pagani” e contro le eresie.<br />
21 Incunaboli, con questo termine si<br />
definiscono convenzionalmente i documenti<br />
stampati con la tecnologia <strong>dei</strong> caratteri<br />
mobili e realizzati tra la metà del XV secolo e<br />
l’anno 1500 incluso. A volte sono detti anche<br />
quattrocentine.<br />
22 Jean Mabillon (Saint-Pierremont, 23<br />
novembre 1632 - Saint-Germain-des-<br />
Prés, 27 dicembre 1707) è stato un monaco<br />
francese della congregazione benedettina di<br />
San Mauro; si dedicò agli studi storici e di<br />
erudizione ed è considerato il fondatore della<br />
paleografia e della diplomatica.<br />
23 Isaac Newton nacque a Woolsthorpe, in<br />
Inghilterra, nel 1643. Fu astronomo, fisico e<br />
matematico, con le sue rilevanti scoperte nel<br />
campo della fisica non poté non influenzare<br />
la stessa filosofia, in particolare Newton fu<br />
l’ordinatore di tutta una serie di concetti<br />
relativi alla dinamica <strong>dei</strong> corpi che trovarono<br />
la loro suprema sintesi nella teoria della<br />
gravitazione universale, legge che sarà alla<br />
base di tutta la cosmologia successiva e verrà<br />
messa in discussione e perfezionata soltanto<br />
progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />
dalla teoria della relatività di Einstein.<br />
24 Voltaire, pseudonimo di François-Marie<br />
Arouet (Parigi, 21 novembre 1694 - Parigi, 30<br />
maggio 1778), è stato un filosofo, scrittore,<br />
drammaturgo e poeta francese. Il suo nome<br />
è indissolubilmente legato al movimento<br />
culturale dell’Illuminismo, di cui fu uno degli<br />
animatori e degli esponenti principali.<br />
25 Federico II di Hohenzollern, detto Federico<br />
il Grande, (Berlino, 24 gennaio 1712 -<br />
Potsdam, 17 agosto 1786), fu re di Prussia<br />
dal 1740 alla sua morte. Seppe far crescere<br />
il proprio regno da piccolo stato a potenza<br />
europea. Egli fu uno <strong>dei</strong> personaggi più<br />
influenti e rappresentativi del suo tempo,<br />
rappresentando la tipica figura settecentesca<br />
del monarca illuminato. La sua azione toccò<br />
sia il piano politico e militare, sia quello<br />
dell’economia e dell’amministrazione statale,<br />
sia lo sviluppo delle scienze e delle arti.<br />
26 Charles-Louis de Secondat, barone de<br />
La Brède e de Montesquieu (La Brède, 18<br />
gennaio 1689 - Parigi, 10 febbraio 1755), è<br />
stato un filosofo, enciclopedista e pensatore<br />
politico francese. È considerato il fondatore<br />
della teoria politica della separazione <strong>dei</strong><br />
poteri.<br />
27 Ludovico Antonio Muratori (Vignola, 21<br />
ottobre 1672 - Modena, 23 gennaio 1750)<br />
è stato uno storico, scrittore, erudito<br />
ed ecclesiastico italiano. Benché meno<br />
noto rispetto ai suoi contemporanei, fu<br />
personaggio di primo piano nella costellazione<br />
dell’intellettualità settecentesca italiana.<br />
58 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 59 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Profuse il suo impegno in quasi tutti i<br />
campi della conoscenza, applicandosi ed<br />
esprimendosi sempre con impegno, vigore e<br />
responsabilità. <strong>Vie</strong>ne ad oggi considerato il<br />
padre della storiografia italiana.<br />
28 Bernard de Montfaucon (Aube, 13 gennaio<br />
1655 - 21 dicembre, 1741) fu un monaco<br />
benedettino ed erudito francese. Pubblicò<br />
L’antiquité expliquée et représentée en figures<br />
tra il 1719 e il 1724, che contiene splendide<br />
tavole tratte da incisioni in rame degli oggetti<br />
delle antichità classiche ivi descritti. E’<br />
considerato uno <strong>dei</strong> fondatori della moderna<br />
archeologia.<br />
29 Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9<br />
dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768)<br />
è stato un archeologo e storico dell’arte<br />
tedesco. Fu il il primo ad adottare, nella storia<br />
dell’arte, il criterio dell’evoluzione degli stili<br />
cronologicamente distinguibili l’uno dall’altro.<br />
30 Paolo II, cardinale Pietro Barbo, di antica<br />
e nobile famiglia patrizia, nacque a Venezia<br />
nel 1418 e nel 1459 fu nominato vescovo<br />
di Padova. Divenne papa nel 1464 e con la<br />
sua azione politica tentò di mettere pace tra<br />
i rissosi stati italiani. Amante della pompa,<br />
della magnificenza esteriore e dell’arte, istituì<br />
giochi e feste, e organizzò numerose corse di<br />
cavalli e di asini. Concesse nuove prerogative<br />
ai cardinali e i Romani dissero che, per<br />
i numerosi lavori intrapresi, aveva fatto<br />
cambiare la faccia a Roma. Scomunicò il re<br />
di Boemia indicendogli contro una crociata e<br />
fece guerra ai Turchi. Morì nel 1471, a soli 53<br />
anni d’età, a quanto pare per una indigestione<br />
di melone.<br />
31 Scipione Maffei (Verona, 1 giugno 1675<br />
– Verona, 11 febbraio 1755) è stato uno<br />
storico, drammaturgo ed erudito italiano.<br />
Formatosi presso i collegi gesuiti di Parma<br />
e di Roma, abbracciò da giovane la carriera<br />
delle armi, divenendo ufficiale nell’esercito<br />
bavarese. Tornato in Italia iniziò a scrivere,<br />
lasciandoci trattati su vari argomenti e<br />
rilanciando il teatro italiano della prima metà<br />
del settecento. Dopo le prime prove poetiche,<br />
si orientò verso gli studi eruditi dimostrando<br />
versatilità e acutezza d’ingegno, oltre a<br />
notevoli capacità innovative sia sul piano della<br />
metodologia della ricerca sia su quello della<br />
progettualità culturale e letteraria.<br />
32 Io, quello che feci incidere la tavoletta,<br />
che imita con punzone poco abile, o Paolo<br />
Secondo, il tuo stile e che lodai il tuo ardore<br />
nel preparare moltissime cose che l’opera<br />
d’arte famosissima ti consacrasse, qui<br />
sistemai questi ornamenti acquistati con il mio<br />
denaro in modo che apparissero rilegature<br />
degne per il mio libro.<br />
33 Il mio signore è il Cardinale Pietro Barbo,<br />
educatore magnanimo <strong>dei</strong> Veneti, tuo<br />
sacerdote e vescovo, o Vicenza, animato<br />
da un mirabile amore verso queste opere<br />
ingegnosamente costruite.<br />
Bibliografia<br />
Miscellanea Queriniana a ricordo del II centenario della morte del Cardinale Angelo Maria Querini, Brescia, Geroldi, 1961.<br />
Società e cultura nella Brescia del Settecento. 1. Iconografia e immagini queriniane, catalogo della mostra, Brescia, Grafo 1980.<br />
Cultura, religione e politica nell’ età di Angelo Maria Querini, atti del convegno di studi promosso dal Comune di Brescia in collaborazione con la Fondazione<br />
Giorgio Cini di Venezia (Venezia, Brescia, 2-5 dicembre 1980) a cura di Gino Benzoni e Maurizio Pegrari, Brescia, Morcelliana, 1982.<br />
Ennio Ferraglio, Protagonisti del carteggio con il cardinale Angelo Maria Querini, in Commentari dell’ Ateneo di Brescia per l’anno 1997, Brescia 2000, pp. 78-98.<br />
Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana, catalogo della Mostra tenuta a Roma nel 2000-2001, a cura di Serena Ensoli ed Eugenio La Rocca, Roma,<br />
L’Erma di Bretschneider, 2000.<br />
Biblioteca Queriniana, Brescia, a cura di Aldo Pirola, (Grandi biblioteche d’Italia), Nardini, 2000.<br />
Angelo Maria Querini a Corfù. Mondo greco e latino al tramonto dell’ antico regime, atti del convegno (Brescia, 11 marzo 2005) a cura di Ennio Ferraglio e di<br />
Daniele Montanari, Brescia, Grafo, 2006.<br />
Eburnea diptycha. I dittici d’avorio tra Antichità e Medioevo, a cura di Massimiliano David, Bari, Edipuglia, 2007.<br />
Roma e i barbari. La nascita di un nuovo mondo, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Grassi, 26 gennaio-20 luglio 2008) a cura di Jean-Jacques Aillagon;<br />
con il coordinamento scientifico di Umberto Roberto e Yann Riviere, Milano, Skira, 2008.
60 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 61 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />
progetto 6 D’Annunzio esteta<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate
Introduzione Il Vittoriale degli Italiani<br />
Il tema del collezionismo trova nel Vittoriale degli Italiani, ideato da Gabriele d’Annunzio tra il 1921 e il 1938, un<br />
luogo straordinario ricco di oggetti d’arte decorativa che unitamente alle reliquie di guerra, alle sculture, ai dipinti,<br />
agli Archivi e alle Biblioteche, configurano un complesso mondo <strong>collezionisti</strong>co di estremo interesse per il mondo<br />
della cultura. Nessuno meglio di d’Annunzio stesso può indicare la sua volontà di collezionista:<br />
Non soltanto ogni mia casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente composta, ma ogni oggetto da<br />
me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita fu sempre per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo<br />
di rivelazione spirituale, come un de’ miei poemi, come un de’ miei drami, come un qualunque mio atto politico o militare,<br />
come una qualunque mia testimonianza di diritta e invitta fede.<br />
Per ciò m’ardisco io d’offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane, e tutto quel che da oggi sia per acquistare e per<br />
aumentare col mio aumentato lavoro: non pingue retaggio di ricchezza inerte ma nudo retaggio di immortale spirito...Tutto<br />
infatti è qui da me creato e trasfigurato.<br />
Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel senso che io voglio dare al mio stile. ...<br />
È proprio in continuità con la volontà espressa da d’Annunzio che la realizzazione <strong>dei</strong> laboratori <strong>didattici</strong> evidenzia<br />
risultati di particolare interesse storico, artistico, letterario, linguistico; si tratta di ricerche indubbiamente stimolanti<br />
per l’accrescimento culturale <strong>dei</strong> giovani ai vari livelli di apprendimento.<br />
Giovanna Ciccarelli<br />
Chi e dove Scuola Primaria A. Lozzia - Gardone Riviera<br />
Classi coinvolte Classe IV e V<br />
Docenti referenti Udilla Saletti e Maria Grazia Boschetti<br />
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
62 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 63 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Il “luogo di collezione” scelto per sviluppare il progetto è stato il “nostro Vittoriale”.<br />
Abbiamo proposto l’attività agli alunni delle classi quarta e quinta che frequentano le ore pomeridiane di attività<br />
opzionali, un gruppo di 21 bambini. Ecco come gli alunni “ raccontano” le attività proposte.<br />
Lo strano zoo del Vittoriale<br />
Non sappiamo proprio come raccontare la nostra avventura nel collezionismo! Vediamo: tutto è cominciato all’inizio<br />
dell’anno scolastico, con il cartone animato della “Sirenetta”. Lì abbiamo scoperto che lei faceva collezione di oggetti<br />
(quelli usati dagli umani) e anche che ognuno di noi, in qualche modo, è un piccolo collezionista di… carte…di<br />
punte di matita…di sassi e di tanti altri oggetti.<br />
Restare a scuola il mercoledì pomeriggio, quest’anno, è stato molto bello, perché siamo andati quasi sempre a<br />
“spasso”. Altro che noiose ore in classe, seduti ad ascoltare o a scrivere! Siamo andati a vedere la collezione di Gesù<br />
Bambini al Museo del Divino Infante, le collezioni di Ugo Da Como nella sua casa di Lonato e, non sappiamo più<br />
nemmeno quante volte, il “nostro” Vittoriale.<br />
Sì, il Vittoriale, perché abbiamo scoperto che anche d’Annunzio era un accanito collezionista.<br />
Siamo andati prima nei giardini privati e poi nella Prioria, ma è nei giardini che abbiamo fatto degli incontri<br />
inaspettati. Durante un’ emozionante caccia al tesoro abbiamo scoperto tutti gli animali che Gabriele aveva<br />
radunato lì: leoni, arieti, serpenti, lupi, aquile… Non veri, per carità! Finti, di pietra, altrimenti… non saremmo qui a<br />
raccontarvelo!<br />
Eh sì, D’Annunzio era un tipo davvero molto bizzarro! Ha collezionato, tra mille altre cose, animali di pietra, di bronzo,<br />
di ceramica, di vetro, proprio di tutti i tipi: davvero uno strano zoo.
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
Il lavoro che ci è stato proposto, all’inizio ci è sembrato un po’ ambizioso nel contenuto e di<br />
difficile approccio per bambini della scuola primaria, perciò abbiamo pensato di sviluppare<br />
il tema del collezionismo, facendolo diventare un’occasione di ricerca e di osservazione,<br />
puntando soprattutto sulla scoperta, la curiosità, il gioco ed il divertimento.<br />
DICO COLLEZIONE E… PENSO…<br />
Attraverso l’attività di brain storming e di mappe concettuali, è stato svolto il seguente<br />
percorso<br />
COS’È UNA COLLEZIONE?<br />
Un insieme di oggetti con un valore e un significato per chi le raccoglie<br />
64 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 65 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
PERCHÈ SI FA?<br />
Per la bellezza, la preziosità e il valore di un oggetto o anche semplicemente perché piace e<br />
diverte<br />
Vedi altri che la fanno e ti appassioni<br />
Perché gli altri le ammirino<br />
Per guadagnare<br />
Per fare scambi<br />
Per curiosità<br />
COME SI FA?<br />
Si ricercano degli oggetti, si scelgono e si acquistano anche all’asta<br />
CHI FA COLLEZIONI?<br />
I <strong>collezionisti</strong><br />
DOVE SI METTONO LE COLLEZIONI?<br />
In magazzini, solai, vetrine, album, raccoglitori<br />
COSA SI PUò COLLEZIONARE?<br />
ADULTI ADULTI E BAMBINI BAMBINI<br />
libri modellini carte yu-gi-oh<br />
auto moto giornalini punte di matite<br />
gioielli antichi francobolli conchiglie<br />
pietre preziose minerali sassi<br />
quadri cartoline adesivi<br />
monete tappi<br />
armi linguette lattine<br />
medaglie antiche biglie<br />
reperti archeologici carte telefoniche<br />
farfalle<br />
bicchierini<br />
vini liquori<br />
bambole di porcellana<br />
barbie<br />
oggetti d’epoca<br />
souvenirs<br />
orologi<br />
carillons
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
NOI COLLEZIONIAMO…<br />
carte gomme di forma diversa foglie<br />
palline rimbalzina adesivi carte telefoniche<br />
punte di matita giornalini biglie<br />
tappi sassi sorpresine<br />
“cuccioli cerca amici” conchiglie<br />
MEGLIO NON COLLEZIONARE…<br />
Partendo dalle conoscenze <strong>dei</strong> bambini nell’ambito delle collezioni e dalle loro raccolte di<br />
oggetti, abbiamo preso in esame due diverse collezioni presenti sul territorio, visitando la<br />
Casa del Podestà di Lonato e il Museo del Divino Infante di Gardone Riviera.<br />
Al Museo del Divino Infante, gli alunni hanno potuto ammirare i 204 Bambin Gesù, di cera,<br />
di legno, di cartapesta, di terracotta, esposti nelle varie teche e sono rimasti incantati<br />
di fronte al grande presepe napoletano, composto da 200 statue, ma soprattutto hanno<br />
potuto ascoltare la preziosa testimonianza della persona che ha realizzato la collezione, in<br />
circa 35 anni di appassionato lavoro. La signora Mayr, chiamando con affetto “bambini” le<br />
sue preziose statue, ha testimoniato il suo percorso di collezionista, dal primo esemplare<br />
scoperto per caso abbandonato in un angolo di una bottega, alle notti insonni dedicate al<br />
restauro, al bellissimo museo da lei creato a Gardone Riviera.<br />
Gli alunni sono stati colpiti dalle sue parole, semplici e tanto efficaci, come “collezionare è<br />
sviluppare l’amore per certe cose e non lasciarlo mai”, oppure “ogni volta che si aggiunge<br />
un pezzo nuovo alla propria collezione si prova una grande gioia” e ancora “per realizzare<br />
questa mia collezione sono stati necessari molto denaro e molto tempo, ma soprattutto tanta<br />
passione e tanto affetto e rispetto”.<br />
Nell’abitazione di Ugo Da Como, gli alunni si sono aggirati con stupore nelle diverse stanze<br />
dell’edificio, ammirando arredi ed oggetti, ma ciò che li ha maggiormente colpiti è stata<br />
la biblioteca, con i suoi 52000 libri antichi, custoditi in scaffali e cassapanche, e in modo<br />
particolare un “librone” di fine Quattrocento ed il “libricino” più piccolo del mondo.<br />
L’ambiente di questa biblioteca, nello stesso tempo ricco ed austero, ha ulteriormente<br />
rafforzato l’idea di collezionismo acquisita dai bambini.<br />
ABBIAMO GIà VISTO COLLEZIONI A…<br />
Museo Mazzucchelli Museo di Gavardo Museo del Divino Infante<br />
E… (abbiamo posto la domanda) al Vittoriale potrebbero esserci collezioni?<br />
D’ANNUNZIO ERA UN COLLEZIONISTA?, DI COSA?…<br />
Alcuni alunni che conoscevano il museo hanno subito risposto che secondo loro nel Vittoriale<br />
c’erano molti oggetti: vasi, modellini di barche, libri, oggetti di guerra, soprammobili, massi,<br />
pili, vittorie alate, statue, stemmi, cestini di frutta, fotografie, lettere… che avrebbero potuto<br />
costituire una specie di collezione.<br />
66 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 67 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
A questo punto era necessario guidarli nella scoperta di d’Annunzio “collezionista”.<br />
Individuare all’interno del Vittoriale una collezione specifica è stato difficile, poiché il Vittoriale<br />
stesso “è una collezione”, perciò abbiamo pensato ad un modo giocoso di scoprirne una in<br />
particolare, ideando una “Caccia alle collezioni”.<br />
Abbiamo fatto visitare i Giardini Privati, scoprendo insieme la dislocazione e la<br />
denominazione <strong>dei</strong> diversi spazi; abbiamo poi fornito ad ogni bambino una piantina, sulla<br />
quale individuare insieme gli elementi principali <strong>dei</strong> giardini, seguendo delle coordinate; in<br />
seguito abbiamo diviso gli alunni in due squadre per una speciale caccia al tesoro.<br />
Si allegano sia la mappa <strong>dei</strong> giardini che le istruzioni per la “caccia alle collezioni”, che<br />
potrebbero essere utilizzate da altre scolaresche inserite in un percorso di visita al Museo.<br />
MAPPA DEI GIARDINI PRIVATI<br />
B1. Ingresso Fontana<br />
circolare<br />
C3. D3. LimonaIa<br />
C1. Portico del Parente Arco<br />
con scritta in latino<br />
D3. D4. Terrazza dell’oca<br />
A2. Pilo della Reggenza<br />
A4. Cimitero <strong>dei</strong> cani<br />
B2. Statua di San Francesco<br />
B4. Tomba di Renata<br />
B2. C2. Massi del Piave<br />
C4. D4. Giardino all’italiana<br />
D2. Arengo<br />
B5. C5. D5. Frutteto<br />
A3. Porta ad arco Serra<br />
B6. C6. D6. Frutteto<br />
B3. Colonna Marciana
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
A CACCIA DI COLLEZIONI<br />
SQUADRA N°1<br />
In giro per il giardino<br />
Vi vogliam mandare<br />
Leggete il bigliettino<br />
E andate a cercare<br />
1. Alla fontana circolare<br />
un putto potrai trovare<br />
che tra le braccia<br />
non ha una foca<br />
bensì un’… (oca)<br />
Scrivi il nome di ogni oggetto. Nella colonna di sinistra comparirà il nome del<br />
posto in cui cercare<br />
Qui dovrai cercare 11 guardiani di pietra (aquile)<br />
Qui nel giardino c’è un altro pilo,<br />
vai lì vicino, ma fa attenzione!<br />
Avvelenato può avere il dente!<br />
È un… (serpente)<br />
SEGUI QUESTE INDICAZIONI:<br />
Passa sotto l’arco<br />
Gira attorno ai massi<br />
Supera la colonna Marciana<br />
Vicino alla tomba guardati intorno<br />
… e trovi su un tondo uno stormo di…( rondini )<br />
5. Risolvi il cruciverba. Nella colonna evidenziata comparirà cosa devi cercare<br />
<strong>Vie</strong>ne dopo ieri<br />
Azione da non fare a ricreazione<br />
A scuola non passano mai<br />
Vorremmo sempre farlo<br />
Si usa per cucire<br />
È l’ultima parola del film (gregge)<br />
Percorri il portico accanto al Parente.<br />
In fondo potrai trovare…..<br />
(È un nome formato da queste lettere)<br />
E N L O E V C C A O A C I C A T O (leone accovacciato)<br />
Sopra l’arco del Parente<br />
cerca un bimbetto paffutello<br />
e vedi cosa ha tra le braccia<br />
- - - - - (pesce)<br />
A sinistra dell’arco con la scritta in latino<br />
Cerca, cerca… L’ACCRESCITIVO DI CAPRE! (caprone)<br />
Nel luogo dove i cipressi sono in semicerchio,<br />
al centro trova chi IN RTI ESC<br />
(le sillabe hanno le lettere scambiate) (cavallo rampante)<br />
Dove c’è un pilo siediti,<br />
il panorama potrai ammirare<br />
ma… attento!<br />
c’è chi ti può sbranare!! (leoni)<br />
68 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 69 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
A CACCIA DI COLLEZIONI<br />
SQUADRA N° 2<br />
In giro per il giardino<br />
vi vogliam mandare!<br />
Leggete il bigliettino<br />
e andate a cercare<br />
Ai piedi della statua<br />
che aperte ha le braccia<br />
troverai un branco di - - - -<br />
abili nella caccia (lupi)<br />
2. Scrivi il nome di ogni oggetto. Nella colonna di sinistra comparirà il nome del<br />
posto in cui cercare<br />
Qui dovrai cercare una mamma con il suo piccolo (leonessa con cucciolo)<br />
3. Alla fontana circolare<br />
cerca, cerca….<br />
È leggera e piccolina<br />
è una bella _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ (farfallina)<br />
4. Segui queste indicazioni:<br />
Percorri il Belvedere<br />
Attraversa la terrazza dell’oca<br />
Arriva ai giardini all’italiana<br />
Guarda il frutteto e trova<br />
Su due vasi 4 teste di _ _ _ _ _ _ _ (caproni)<br />
5. Le parole del messaggio sono state separate in modo sbagliato.<br />
Dividile nel modo giusto e saprai cosa fare<br />
A CCA NTOAS ANFR AN CE SCOC E’QUA LCO SACO NLEA LI<br />
(Leone alato)<br />
6. Risolvi il cruciverba. Nella colonna evidenziata saprai cosa cercare<br />
Rimbalza<br />
Articolo determinativo<br />
Lettera a forma di serpente<br />
Solido geometrico<br />
Sono di fuga<br />
7. Il posto dove devi andare<br />
è formato da queste lettere:<br />
R G A N E O<br />
E dovrai trovare ben<br />
4 E N O L I (leoni)<br />
8. Alla fontana circolare<br />
cerca un bimbo paffutello<br />
e vedi cosa ha tra le braccia<br />
(manca un pezzo) (pesce)<br />
9. Dividi esattamente le lettere:<br />
A LLCE NTRODE LLAL IMON AIAT ROVIU NV IG ILELE ONE<br />
(leone)<br />
10. Alla tomba di Renata osserva a sinistra una porta ad arco<br />
Lì trovi chi fa la……. URO AT<br />
(le sillabe hanno le lettere scambiate) (pavoni)<br />
11. Dove c’è il pilo guardati intorno<br />
Un po’ scrostato<br />
vedrai un L EO NEAL A TO (leone alato)<br />
Individuati tutti gli animali presenti nei giardini, gli alunni hanno realizzato delle<br />
schede di catalogazione.<br />
70 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 71 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
SCHEDE ANIMALI DEI GIARDINI PRIVATI<br />
ANIMALE: pecore<br />
LUOGO: ai massi del Grappa<br />
COLLOCAZIONE. ai piedi della statua di San<br />
Francesco<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: bronzo verde<br />
DESCRIZIONE: è un gregge formato da<br />
parecchie pecore che stanno brucando l’erba<br />
(Katarina Giulia)<br />
ANIMALE: oca<br />
LUOGO: fontana circolare all’ingresso <strong>dei</strong><br />
giardini<br />
COLLOCAZIONE: vicino alla fontana<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: ha le zampe appoggiate ad<br />
un vaso e il corpo è grasso. Il collo è lungo e<br />
robusto. Il putto la stringe per il collo tirando<br />
la testa verso di lui. Si vede solo un’ala un<br />
po’ coperta dal muschio<br />
(Francesca Deborah)<br />
ANIMALE: pesce<br />
LUOGO: sopra l’arco d’ingresso al Portico del<br />
Parente<br />
COLLOCAZIONE: tra le braccia di un putto<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: marmo<br />
DESCRIZIONE: il pesce ha la forma<br />
allungata, sembra quasi un serpente; non si<br />
distinguono le parti del corpo. Le mani del<br />
putto ne afferrano la testa e la coda<br />
(Andrea Gianluca)<br />
ANIMALE: farfallina<br />
LUOGO: fontana circolare<br />
COLLOCAZIONE: incisa su un vaso<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: marmo<br />
DESCRIZIONE: piccola, bianca, è raffigurata<br />
in volo ed ha le ali aperte (Andrea Gianluca)<br />
ANIMALE: leonessa con cucciolo<br />
LUOGO: di fronte alla limonaia<br />
COLLOCAZIONE: su un muretto<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: è accovacciato sulle zampe<br />
posteriori e sta allattando un cucciolo: ha un<br />
atteggiamento protettivo. È senza le orecchie<br />
e gli occhi non sono visibili; è incrostata dal<br />
muschio (Giulia, Katarina)<br />
ANIMALE: leone<br />
LUOGO: in parte alla statua di San Francesco<br />
COLLOCAZIONE: su una base di pietra<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: marmo<br />
DESCRIZIONE: è accovacciato e tra le zampe<br />
anteriori ha il Vangelo. È alato e sulla testa ha<br />
una corona decorata. È coperto di muschio<br />
(Deborah, Francesca)<br />
72 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 73 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ANIMALE: serpente a sonagli<br />
LUOGO: al pilo della Reggenza<br />
COLLOCAZIONE: sulla base del pilo<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: bassorilievo di pietra grigia<br />
DESCRIZIONE: serpente a sonagli<br />
attorcigliato che cerca di mordersi la coda; in<br />
mezzo ad esso c’è la costellazione dell’Orsa<br />
minore e si notano bene le scaglie del corpo<br />
(Alessio Filippo)<br />
ANIMALE: leone<br />
LUOGO: alla fine del corridoio che dal portico<br />
del Parente conduce all’Arengo<br />
COLLOCAZIONE: su un muretto<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: È accovacciato e sembra un<br />
guardiano; ha un’espressione seria, quasi<br />
triste. Ha le zampe anteriori che sbordano<br />
un po’ dal muretto, ha una criniera possente<br />
che sembra, addirittura, la capigliatura di un<br />
uomo. (Alessandra, Sharon)<br />
ANIMALE: ariete<br />
LUOGO: nel corridoio sotto il portico del<br />
Parente<br />
COLLOCAZIONE: su un vaso di pietra
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
DESCRIZIONE: è una testa d’ariete con gli<br />
occhi aperti rivolti in basso; il muso allungato<br />
è circondato da una folta barba; il vello copre<br />
la testa; ha corna ricurve. È in buono stato.<br />
Le corna forse fungono da manici per il vaso<br />
(Alice, Marta)<br />
ANIMALE: cavallo rampante<br />
LUOGO: sulla colonna Marciana<br />
COLLOCAZIONE: a metà della colonna<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: su uno stemma c’è un cavallo<br />
rampante, cioè su due zampe. Al centro c’è<br />
una striscia con un decoro: sembrano stelle<br />
(Stefano, Giorgio)<br />
ANIMALE: leoni<br />
LUOGO: vicino all’Arengo<br />
COLLOCAZIONE: sulla panchina<br />
FUNZIONE: braccioli della panchina<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: sembra che abbiano il muso<br />
imbronciato e che si riposino sulla panchina.<br />
Sono in buono stato. (Carlotta, Clara)<br />
ANIMALE: lupi<br />
LUOGO: vicino ai massi del Grappa<br />
COLLOCAZIONE: ai piedi di San Francesco<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: bronzo<br />
DESCRIZIONE: sono tre lupi in bronzo, due<br />
hanno la bocca aperta, digrignano i denti ed<br />
hanno il pelo arruffato, sembra che stiano<br />
cacciando o che stiano riprendendo una<br />
cosa. (Carlotta, Clara)<br />
ANIMALE: caproni<br />
LUOGO: sulla scaletta che porta al frutteto<br />
COLLOCAZIONE: sui vasi<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: sono teste di caprone con il<br />
muso un po’ allungato, le corna all’indietro,<br />
le orecchie abbassate; sembrano guardarsi<br />
intorno sospettosi. Sono in buono stato,<br />
tranne qualche parte un po’ “sgrappata”<br />
(Claudia, Anna)<br />
ANIMALE: rondini<br />
LUOGO: su un muro tra la tomba di Renata e<br />
le serre<br />
COLLOCAZIONE: in alto su un muro<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: ceramica, maiolica<br />
DESCRIZIONE: sono dipinte 15 rondini di<br />
colore blu tra varie decorazioni, tra cui 15<br />
grappoli d’uva color oro e tralci blu. Questo<br />
piatto è in buone condizioni tranne il<br />
bordo che è semicoperto da muschio.<br />
(Claudia, Anna)<br />
74 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 75 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ANIMALE: aquile<br />
LUOGO: nel frutteto<br />
COLLOCAZIONE: sui muri ad archi che<br />
circondano il frutteto<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: sono 11 aquile ritte sulle<br />
zampe.<br />
Si notano molto bene le penne e le piume<br />
sia del corpo che delle ali. Sono imponenti,<br />
impettite, pronte a spiccare il volo. Hanno<br />
l’aspetto molto fiero con la testa rivolta in<br />
alto come se stessero guardando il nemico<br />
negli occhi e siano pronte a sfidarlo. Forse<br />
sono state messe lì per spaventare i passeri.<br />
(Alessio, Filippo)<br />
ANIMALE: leone<br />
LUOGO: al pilo della Reggenza<br />
COLLOCAZIONE: è un bassorilievo su una<br />
parete dietro il pilo<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCIZIONE: è un leone alato molto grande<br />
e rovinato. Non si distinguono i lineamenti,<br />
ma dalla posizione sembra che abbia avuto<br />
un’aria fiera. (Vincenzo)
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
ANIMALE: pesce<br />
LUOGO: vicino alla colonna Marciana<br />
COLLOCAZIONE: pietra<br />
FUNZIONE: sostiene il sedile<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: sono due pesci appoggiati<br />
l’uno contro l’altro con la coda rivolta verso<br />
l’alto; il muso è in basso, appoggiato a terra.<br />
Hanno labbra molto grandi, gli occhi attenti e<br />
spalancati. Le scaglie sembrano, piuttosto un<br />
misto tra piume e foglie. (Stefano, Giorgio)<br />
ANIMALE: leone<br />
LUOGO: vicino al pilo della Reggenza<br />
COLLOCAZIONE: ai lati di una panchina<br />
FUNZIONE: sostiene il sedile<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: è un leone alato con una folta<br />
criniera, il muso allungato e gli occhi non<br />
visibili; nonostante ciò, appare fiero e sembra<br />
fare la guardia. È stato consumato dagli<br />
agenti atmosferici e dal muschio.<br />
(Alice, Marta)<br />
ANIMALE: pavoni<br />
LUOGO: tra la tomba di Renata e il cimitero<br />
<strong>dei</strong> cani<br />
COLLOCAZIONE: sopra una porta ad arco<br />
FUNZIONE: bassorilievo decorativo<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: sono due pavoni. Sembra che<br />
stiano beccando in un cesto appoggiato su<br />
una colonna. Sono uno di fronte all’altro, i<br />
loro becchi combaciano, le loro zampe sono<br />
a terra e la coda è bassa. (Andrea, Renith)<br />
ANIMALE: leone<br />
LUOGO: limonaia<br />
COLLOCAZIONE: su un muretto che divide le<br />
terrazze<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: è snello, una criniera lunga<br />
e liscia, il muso rivolto verso l’alto, la coda<br />
ripiegata sul dorso. Ha un’aria seria, è fiero<br />
di sé, semra fare la guardia alla leonessa<br />
con il cucciolo che è sul muretto sottostante.<br />
(Alessandra, Sharon)<br />
ANIMALE: pesce<br />
LUOGO: fontana circolare<br />
COLLOCAZIONE: sopra una bassa colonna<br />
FUNZIONE: decorativa<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: il pesce è senza testa: si<br />
capisce che è un pesce solo dalle squame. È<br />
tra le braccia di un putto che sembra tenerlo<br />
stretto perché non gli sfugga. Sia il pesce<br />
che il putto sono molto scrostati.<br />
(Andrea, Renith)<br />
76 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 77 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ANIMALE: leone<br />
LUOGO: fontana circolare<br />
COLLOCAZIONE: panchina<br />
FUNZIONE: sostegno alla panchina<br />
MATERIALE: pietra<br />
DESCRIZIONE: è alato, piuttosto piccolo; ha<br />
un’aria fiera e attenta. Ha il capo in parte<br />
ricoperto di muschio.
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
Alla fine di questo lavoro i bambini avevano molte curiosità da soddisfare…<br />
Come mai al Vittoriale sono rappresentati tanti animali? Forse d’Annunzio li amava molto, ma<br />
nella sua casa c’erano anche animali veri?<br />
Così abbiamo avuto un incontro con la responsabile dell’archivio del Museo, che ha risposto<br />
alle domande degli alunni e ci ha raccontato tutto sulla passione del poeta per gli animali in<br />
genere.<br />
I bambini hanno così scoperto che:<br />
Quando viveva in Francia D’Annunzio possedeva <strong>dei</strong> cavalli e aveva un allevamento di cani da<br />
corsa, levrieri; in quello stesso periodo partecipò anche a gare di corsa di cani in Inghilterra.<br />
Anche al Vittoriale il poeta teneva con sé <strong>dei</strong> levrieri, come Zan Zan e Krissa, che ora sono<br />
sepolti nei suoi giardini privati nel “cimitero <strong>dei</strong> cani”; aveva anche <strong>dei</strong> mastini con <strong>dei</strong> nomi<br />
molto particolari, Danchi, Dangero, Danzetta e Dannaggio, tutti inizianti con “Dan”, per i quali<br />
aveva fatto fare <strong>dei</strong> collari in cuoio ed argento, con nastri rossi e blu (colori dello stemma di<br />
Montenevoso, di cui era il Principe ). Per questi cani di razze delicate Gabriele faceva preparare<br />
diete molto rigide ed era molto severo anche con le persone che si prendevano cura di essi.<br />
Il carapace della tartaruga in bronzo, la cheli, appoggiata sul tavolo della sala da pranzo,<br />
apparteneva ad una vera enorme tartaruga, regalata al poeta nel 1924 e proveniente da un<br />
circo di Budapest: morì per indigestione di tuberose e fu messa in tavola per ammonire gli<br />
ospiti ingordi.<br />
Al Vittoriale vissero per un certo periodo anche <strong>dei</strong> caprioli che avevano una casetta (fatta<br />
costruire apposta a Milano) vicino al Laghetto delle Danze; dopo l’uccisione a cornate della<br />
femmina da parte del maschio, d’Annunzio decise di non ospitare più questo tipo di animali.<br />
Gabriele chiamava lo scultore – orafo Renato Brozzi, specializzato in animali, “il mio<br />
animaliere”: fu lui a creare il corpo in bronzo della tartaruga e a realizzare altre sculture di<br />
animali sparse per il Vittoriale. Aveva anche realizzato per d’Annunzio un anello con la testa di<br />
un’aquila che teneva tra il becco un rubino.<br />
I diversi animali in pietra che abbiamo visto nei giardini privati e sulla facciata della Prioria<br />
provengono da altri giardini e da altre ville importanti.<br />
Alla fine del percorso gli alunni hanno espresso il desiderio di inventare una storia<br />
relativa alla presenza degli animali nei giardini. Hanno lavorato in piccoli gruppi e,<br />
dalla condivisione delle diverse storie, è stato steso il seguente testo teatrale<br />
STRANO ZOO AL VITTORIALE<br />
Testo teatrale elaborato dagli alunni<br />
(Alcuni bambini, in gita scolastica al Vittoriale, entrano con la maestra nei giardini<br />
privati di D’Annunzio; tra gli alberi, i fiori e i diversi arredi, attorno a loro, immobili,<br />
tanti animali in pietra)<br />
78 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 79 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Maestra Bambini, bambini, entriamo qui! Ora visitiamo i giardini privati del<br />
Vittoriale.<br />
Alunno Ma perchè? Finora quelli che abbiamo visto non erano giardini.<br />
Maestra Sì, erano giardini anche quelli, ma questo è un luogo particolare.<br />
Pensate che era riservato solo a d’Annunzio ed ai suoi ospiti speciali<br />
Alunno È grande!<br />
Alunno È bello!<br />
Alunno Guarda c’è una statua con le braccia aperte!<br />
Maestra È San Francesco<br />
Alunno Ma qui c’è una scritta!<br />
Maestra Prova a leggerla<br />
Alunno Rosam cape, spinam cave… Cosa vuol dire?<br />
Maestra È in latino. Prendi la rosa ed evita le spine.<br />
Alunno E qui cosa c’è scritto? Portico del parente…<br />
Quale parente? Cugino? Nonno? Parente di d’Annunzio?<br />
Maestra Michelangelo. Dovete sapere che d’Annunzio era molto vanitoso<br />
e per essere ancora più importante raccontava di essere parente<br />
addirittura del grande Michelangelo.<br />
Alunno E guardate cosa c’è qui, ai piedi di san Francesco. Sono lupi?<br />
C’è anche un gregge! Sembrano lupi!<br />
Alunno Guardate invece laggiù… Ci sono delle aquile!<br />
Alunno Andiamo a vedere…<br />
Alunno Ma quanti animali ci sono in questo giardino?<br />
Pecora Psss pssss…<br />
Alunno Cosa vuoi? Perché mi chiami?<br />
Alunno Ma cosa dici? Non ho detto niente!<br />
Pecora Psss psss…<br />
Alunno Smettila!<br />
Alunno Non sono io.<br />
Pecora Sono io… Girati.<br />
Alunno Guarda! È la pecora che parla.<br />
Pecora Eh, sì sono proprio io!<br />
Alunno Non ho mai visto un animale che parla! Non credo alle mie orecchie.<br />
Pecora Invece dovrai proprio crederci. Non solo io, ma tutti gli animali in pietra<br />
che sono qui parlano!<br />
Lupo Sì, anch’io!<br />
Serpente Anch’io!<br />
Alunno Ma caspita, quanti siete!<br />
Pecora Io mi chiamo Fiorangela e parlo a nome del mio gruppo.<br />
Sono la prima di un gregge di pecore.<br />
Tanto tempo fa vivevo sulle Alpi Graie. Che bellezza!!!<br />
Un’aria fresca e dolce e tanta, tanta erba fresca da mangiare.<br />
Tutti i giorni io ed il mio gregge andavamo a pascolare ed il nostro pastore<br />
ci guidava sempre più in alto.<br />
Adesso mi trovo qui, ferma, sotto ad una statua che ha le braccia aperte<br />
ed una veste lunga, lunga. La chiamano San Francesco.
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
Leone Io sono il leone, il più importante di tutti.<br />
Una volta vivevo nella savana, facevo parte di un grande branco di leoni.<br />
Ero felicissimo, potevo fare tutto quello che volevo, quando volevo.<br />
Avevo un fratello più piccolo di me che adesso… chissà dove sarà.<br />
Mi mancano tante cose: correre con i miei compagni tra le erbe alte,<br />
cacciare le gazzelle e le zebre…<br />
Com’era bella la vita nella savana!<br />
Vivevo sotto un’enorme rupe, mi alzavo all’alba, vedevo il sole che sorgeva<br />
e gli struzzi che si stiracchiavano le ali. Avevo un bella criniera,<br />
color rosso fuoco, che adesso, ahimè, mi hanno tagliato.<br />
Oca Vivevo in un limpido stagno. Ero un’oca tranquilla e beata<br />
e galleggiavo sull’acqua per tutto il giorno.<br />
A volte non riuscivo a dormire, perché i pesci mi facevano il solletico,<br />
a volte invece andavo a sbattere contro qualche ninfea. Sono bianca<br />
e un po’ panciuta, mi sta strozzando un putto ed ho paura di cadere<br />
nella fontana rotonda davanti a me.<br />
Non so perché questo putto tutto nudo ce l’abbia con me,<br />
io non gli ho fatto niente… Forse vuole strozzarmi per cucinarmi per cena!!!<br />
Alunno Ma che storie tristi! E tu, chi sei?<br />
Farfalla Io sono una farfalla molto speciale. Una volta vivevo in un luogo<br />
molto lontano da qui, un posto ormai abbandonato da tutti e da tutto,<br />
ma accidenti… non mi ricordo proprio dove!!!<br />
Ah, mi stavo per dimenticare, io mi chiamo Brillantina e le mie ali<br />
ed il mio corpo erano di color argento, ornate da brillantini.<br />
Quando ero bambina, nel luogo in cui abitavo, c’erano tante altre farfalle<br />
come me, leggere e colorate. Ed ora… Eccomi qui, da sola, su questo vaso.<br />
E i miei colori? Dove sono?<br />
Non posso però lamentarmi, sono vicina ad una bellissima fontana, insieme<br />
ad altri animali, nell’immenso Vittoriale di Gabriele d’Annunzio.<br />
Leone Alato Ciao, sono un leone, un leone alato.<br />
Ora vivo in questi giardini, ma prima vivevo nel paradiso degli animali,<br />
per questo ho le ali.<br />
Ero un leone molto buono, non per niente ero in paradiso! Ero anche un tipo<br />
scherzoso e facevo sempre molti scherzi ai miei compagni angeli.<br />
Un giorno venne da me un uccellino con una pergamena sulla quale c’era<br />
scritto che ero invitato sulla Terra, per una festa nella foresta. Andai alla<br />
festa e raccontai tante barzellette e fui così divertente, che a mezzanotte fui<br />
eletto re della festa e mi furono dati in premio questa corona, che ora porto<br />
sulla testa, e questo librone, in cui scrivo le mie barzellette.<br />
Alunno Potresti raccontarcene una.<br />
Alunno Ma no, ascoltiamo anche gli altri, anzi, è meglio che ci sediamo qui!<br />
Serpente Sono il serpente. Vivevo in montagna e lì amavo strisciare nell’erba alta e<br />
fresca, da mattino a sera.<br />
Rubavo le uova degli altri animali in quantità esagerate:<br />
ero un supermangione!<br />
Mi piaceva restare immobile sui sassi ad abbronzarmi,<br />
mentre guardavo il ruscello correre giù per i monti: era molto rilassante.<br />
La natura è la cosa più bella del mondo per me,<br />
e credo lo sia anche per voi!<br />
E guarda adesso… sono qui in mezzo alla natura di questo bel giardino, ma<br />
appiccicato sul Pilo della Reggenza, tutto attorcigliato, che mordo la mia coda!!!<br />
Alunno Povero te!!<br />
80 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 81 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Ariete Sono un ariete e vi racconto la mia storia.<br />
Vivevo in campagna dov’ero libero nei pascoli e mi sentivo molto felice. I miei<br />
padroni mi trattavano come un re: mangiavo erba fresca di prato, bevevo acqua<br />
pura di ruscello, pascolavo libero e tranquillo nei prati, limandomi e affilandomi<br />
le corna sulle rocce.<br />
Ed ora, guardate come sono ridotto… non sono più lo stesso! Sono dentro<br />
un vaso, mi spunta fuori solo la testa, giusto per respirare. E le mie corna…<br />
fungono da manici! Mi usano come decorazione!!!<br />
Cavallo Sono un cavallo che una volta viveva in una prateria estesa, proprio immensa,<br />
anzi sterminata, con erbe fresche e profumate e con tanti fiori gialli, blu,<br />
arancioni… di tutti i tipi.<br />
Ma adesso ritorniamo a noi. La mia famiglia era composta da sette cavallini. Io<br />
con loro correvo come un pazzo dalla mattina alla sera, saltavo gli ostacoli e mi<br />
rotolavo nell’erba fresca che mi faceva solletico.<br />
Ero velocissimo e abilissimo: il mio padrone mi faceva partecipare a delle gare<br />
ed io vincevo sempre.<br />
Che bei tempi erano quelli!!!<br />
Adesso mi vedete qui, grigio, tutto brutto e stretto, incementato sulla Colonna<br />
Marciana, ma pensate a com’ero bello là, nella mia prateria.<br />
Lupo Io sono un lupo. Mi ricordo come era bella la libertà.<br />
Vivevo in un bosco di alta montagna, in un branco molto numeroso. Avevo anche<br />
una famiglia: mia moglie era una bella lupa ed i miei figli due cuccioli molto<br />
vivaci e curiosi.<br />
Mi piaceva insegnare ai miei lupacchiotti la caccia. E com’era bello il mio<br />
bosco, con tutti quei fiori colorati, con il muschio morbido e profumato.<br />
Rondine Io mi ricordo quando vivevo libera e volavo leggera nell’aria. Andavo in giro a<br />
cercare cibo per i miei rondinini e andavo nel bosco a cercare rametti di pino,<br />
per costruire un nido grande e accogliente.<br />
I colori della natura mi mancano molto! Era così bello ammirare a primavera il<br />
verde del prato e l’azzurro del cielo e in autunno tutte le sfumature del giallo e<br />
del marrone delle foglie! Dei profumi, poi, non ne parliamo… erano così tanti e<br />
così buoni. Non sapete quanto mi mancano!<br />
Guarda qui dove sono finita: appiccicata su di un piatto, insieme ad altre 15<br />
rondini.<br />
I giardini sono belli… ma che tristezza stare qui!!!<br />
Alunno Per fortuna ti sono state vicine le tue amiche!<br />
Aquila Sono l’aquila. Vivevo sulle solitarie rupi del Parco Alto Garda.<br />
Facevo lunghi voli che duravano circa un’ora. Infatti avevo ali larghissime, con<br />
un’apertura di oltre due metri, e planavo sulle vallate.<br />
Ero ghiotta di topini e coniglietti ed il mio spuntino serale era un bel serpentello<br />
con contorno di bacche.<br />
La vita libera era proprio bella, non come adesso che sono qui, inchiodata su di<br />
una colonna!<br />
L’unica consolazione è che mi fanno compagnia altre dieci aquile con le quali<br />
posso fare quattro chiacchiere.<br />
Pesci Siamo due pesci e stiamo ai piedi di una panchina. Mamma mia che fatica<br />
con tutto questo peso sulla schiena… e non vi dico quando qualcuno si siede<br />
sopra!!!<br />
Ah, non è più come una volta, quando sguazzavamo nell’acqua, ridevamo,<br />
scherzavamo e rubavamo il cibo agli altri pesci. Ci piaceva molto restare<br />
intrappolati tra le alghe e riuscire a liberarci. Ci mancano le onde, le alghe e tutti<br />
gli amici del lago.<br />
Pavone Io sono un pavone. Mi chiamo Rudy e vivevo nella giungla del Ceylon.
progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />
Il mio corpo misurava 70 cm. e la mia coda era lunga un metro e 30 cm. Era<br />
davvero una splendida coda!<br />
Quando la aprivo, era come se spuntasse l’arcobaleno e si formava un enorme<br />
ventaglio, che faceva aria a tutti quelli che mi stavano intorno.<br />
Ed ora… eccomi qui, imprigionato sopra questo portone, vicino a mio fratello.<br />
Facciamo i guardiani a questo ingresso e non sappiamo neppure dove porta.<br />
Alunno Poveri voi… Ma caspita, quanti siete?<br />
Oca Non siamo solo noi, ce ne sono molti altri<br />
Alunno Dove sono? Io non ne vedo altri.<br />
Leone alato Non avete visto prima di entrare qui? Sulla facciata della Prioria ci sono un<br />
sacco di nostri compagni<br />
Pesce C’è una papera!<br />
Ariete Un levriero!<br />
Aquila Un gallo!<br />
Farfalla Un’aquila con due teste<br />
Leone Un coniglio e tanti altri…<br />
Pecora Anche il Portico del Parente è affollato di animali<br />
Rondine Ci sono fenicotteri e grifoni<br />
Pavone C’è una scimmia, una pecora<br />
Cavallo E nella Prioria siete già entrati?<br />
Maestra No, non ancora. Non direte che anche lì ci sono animali?<br />
Lupo Altroché! Ce ne sono tantissimi: elefanti, rinoceronti, pappagalli, granchi,<br />
pesci…<br />
Serpente Enormi teste di cavallo…<br />
Ariete E perfino una tartaruga sul tavolo da pranzo!<br />
Alunno Non ci posso credere! Ma quel Gabriele era davvero fissato con gli animali!!!<br />
Leone al. Aveva una vera e propria passione: levrieri, cavalli, caprioli…<br />
Ariete Già, dovete sapere che prima di trasferirsi qui aveva avuto anche allevamenti di<br />
cani da corsa, con i quali aveva partecipato a delle gare in Inghilterra<br />
Aquila E qui , proprio nei giardini privati ci sono ancora le tombe <strong>dei</strong> suoi cani preferiti,<br />
Zan e Krissa<br />
Farfalla Non parliamo poi <strong>dei</strong> suoi alani: Danchi, Dangero… Danzetta e Dannaggio…<br />
Come potete notare tutti iniziano con… DAN… come…<br />
Alunni D’Annunzio!!!<br />
Rondine E qui al Vittoriale, per un certo periodo vissero anche <strong>dei</strong> caprioli che avevano<br />
una casetta vicino al Laghetto delle danze.<br />
Alunno Ma toglietemi una curiosità: come mai voi siete tutti qui e perché siete diventati<br />
di pietra?<br />
Lupo Allora… È una storia un po’ lunga… d’ Annunzio aveva avuto case dappertutto<br />
e in ogni casa aveva degli animali. Ad un certo punto (non riusciva più a pagare<br />
l’affitto di tutte!) decise di tenere solo una casa e di trasferirci qui tutti…<br />
Alunno Deve essere stata una vera e propria impresa!!<br />
Leone Eh, sì! Ma lui era veramente molto affezionato a tutti noi e qui vivevamo felici.<br />
Ariete Aveva sempre molte amiche che ospitava volentieri… musiciste, cantanti,<br />
attrici… e pretendeva che esse si prendessero cura di noi. Quante ne abbiamo<br />
viste arrivare e ripartire! Ma, tra tutte loro, ce ne fu una molto particolare…<br />
(Gli animali ricordano)<br />
(Entrano in scena d’Annunzio e la sua ospite, Carla)<br />
D’Annunzio Chissà se sono pronti i nuovi collari di cuoio e d’argento che ho ordinato per i<br />
miei mastini. Ah, devo anche scrivere una nuova dieta per loro, se voglio che<br />
siano nella forma migliore per le prossime gare. E i caprioli? Bisogna che dica<br />
a Maroni di progettare una casetta anche per loro, là, vicino al Laghetto delle<br />
danze.<br />
82 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 83 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Carla Guarda te, se è una cosa possibile!<br />
Gabriele mi invita qui al Vittoriale a fare una vacanza con lui e invece?<br />
Beata chi riesce a vederlo.<br />
È sempre chiuso nel suo studio ed il poco tempo libero che ha lo dedica<br />
ai suo animali.<br />
Ma guarda un po’!<br />
D’Annunzio Devo proprio dire a Carla di controllare la zampa dell’ariete. Stamattina mi è<br />
sembrato che zoppicasse un poco.<br />
Anche la ruota del pavone non era proprio in ordine… Le dirò di pettinare bene<br />
tutte le sue piume.<br />
Carla Eh, no! Prima la zampa dell’ariete, poi la coda del pavone… Non se ne può<br />
davvero più!<br />
(si avvicina agli animali)<br />
Fammi vedere la tua bella zampina. “Gliela taglierei volentieri…”<br />
Che belle piume che hai. “Te le strapperei tutte, una ad una…”<br />
Che stupida! E io che credevo di venire a fare una bella vacanza: passeggiate,<br />
pranzi, concerti, feste eleganti… e invece eccomi qui… sono come la<br />
guardiana <strong>dei</strong> porci!<br />
D’Annunzio Che peccato! È morta la tartaruga, La mia cara tartaruga… Quell’ingorda ha<br />
mangiato tante di quelle tuberose che ha fatto indigestione. Pensare che mi era<br />
stata regalata da un circo di Budapest.<br />
Carla Ogni giorno ce n’è una nuova! Adesso è di cattivo umore per quell’inutile<br />
tartaruga.<br />
Così niente giro in battello, come mi aveva promesso.<br />
È ora di finirla… ci penserò IO ai suoi cari animali!!!<br />
Pecora Quella donna in realtà era una strega e odiava TUTTI gli animali. Una notte, con<br />
una pozione, ci ha pietrificati. Fu poi cacciata da qua, ma ormai per noi non<br />
c’era più niente da fare…<br />
Pavone Il “nostro Gabriele” ha provato di tutto, ma… purtroppo, siamo rimasti così!<br />
Rondine Ed eccoci qui! Per fortuna che ogni tanto qualcuno… qualche bambino come<br />
voi, che crede ancora nelle magie, riesce a sentire le nostre voci.<br />
Leone alato Attenzione, però… questo è un segreto… non ditelo a nessuno. D’accordo?<br />
Alunno State tranquilli… non lo saprà nessuno, non diremo a nessuno che nella<br />
nostra gita, tra tante cose originali e strane, come il sommergibile e la nave…<br />
abbiamo potuto vedere anche lo strano zoo del Vittoriale!!!
Chi e dove Scuola Secondaria di Primo grado Giovanni XXIII - Gardone Riviera<br />
Classi coinvolte Classe III A<br />
Docenti referenti Enrico Fava<br />
progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />
(percorsi nel parco del Vittoriale)<br />
PROGETTO<br />
“Le <strong>Vie</strong> dell’Arte: sulle orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>”<br />
Materie:<br />
• Arte ed Immagine;<br />
• Storia;<br />
Classi:<br />
• III<br />
Schema generale:<br />
progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />
Obbiettivo:<br />
• La nozione di “Monumento” inteso come “Documento”<br />
PASSIONE<br />
In classe: a partire da delle “nozioni” sensuali sul concetto di<br />
ricordo e memoria, arrivare all’idea di “elemento”, monumento<br />
e quindi di testimonianza = monumento, da qui partire per<br />
una serie di “refoli”= storie che si dipanino attorno all’asse<br />
comune che è, inevitabilmente, la vita di d’Annunzio, il quale<br />
sarà visto come misura e limite dello SPAZIO reale, sensibile,<br />
architettonico e immaginifico che è il Vittoriale.<br />
84 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 85 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Al Vittoriale: Il Luogo come luogo principe delle esperienze. Passeggiate alla scoperta <strong>dei</strong> suoni,<br />
rumori, “energie”, sensazioni.<br />
Rilievo degli elementi sensibili, i ricordi, i cimeli e da questi risalire alla loro storia e attraverso questi<br />
alle storie che da esse partono. Ogni luogo sarà raccontato e narrato da diversi, molteplici e cangianti<br />
punti di vista, poiché non potendo avere una visione simultanea del TUTTO, sarà il particolare a<br />
essere disvelatore del TUTTO.<br />
Organizzazione del lavoro; i ragazzi hanno operato a gruppi secondo le modalità proposte dal<br />
docente.<br />
Fase 1 conoscenza del contesto Attraverso una serie di uscite preparatorie, “farepropri” i<br />
luoghi del Vittoriale: posti, luoghi, enti, natura, cose….<br />
Fase 2 ascolto del contesto Dopo aver osservato, “sentire” i luoghi: i fatti attraverso i cimeli<br />
esposti, i monumenti, le targhe, la disposizione del giardino…<br />
Fase 3 ricerca Dopo aver accumulato dati, esperienze, sensazioni all’interno <strong>dei</strong> giardini del<br />
Vittoriale, si è avviata una fase di ricerca per puntualizzare e circostanziare le prime ipotesi di<br />
percorso.<br />
Fase 4 redazione <strong>dei</strong> percorsi Ogni gruppo, a seconda della tematica proposta, ha redatto<br />
un percorso di visita all’interno del Vittoriale in più tappe. Ogni tappa è riportata sulla guida e<br />
illustrata nella maniera più dettagliata possibile.<br />
I tre percorsi proposti sono:<br />
• Il Ricordo<br />
• La Memoria<br />
• La Guerra
progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />
LA MEMORIA<br />
Quest’anno il professor Fava, ci ha fatto partecipare a questo<br />
progetto, in cui dovevamo seguire un percorso tematico all’interno<br />
del Vittoriale degli italiani.<br />
Abbiamo iniziato, seguendo il sentimento della memoria, perchè<br />
volevamo ricordare quello che d’Annunzio ha fatto. Poi, durante delle<br />
lezioni, ci ha portato all’interno del Vittoriale, per farci studiare quello<br />
che rientrava nel nostro percorso.<br />
Abbiamo compreso nel percorso:<br />
1. l’arengo: fu il luogo in cui d’Annunzio leggeva le sue poesie ai suoi spettatori e dove si<br />
ritirava per celebrare <strong>dei</strong> riti religiosi.<br />
2. la tomba della figlia Renata.<br />
3. il Mausoleo: le tombe dove riposano le sue<br />
spoglie, quelle dell’architetto Maroni e <strong>dei</strong> suoi<br />
fedelissimi amici.<br />
4. l’aereo: si colloca all’interno dell’auditorium,<br />
e ricorda il volo su <strong>Vie</strong>nna<br />
5. il volante: si trova nella Prioria, e ricorda la<br />
morte dell’amico Henry Segrave il quale aveva<br />
partecipato ad una gara di motoscafi. Era stato<br />
convinto da d’Annunzio ad intraprendere questa<br />
sfida.<br />
6. il cimitero <strong>dei</strong> cani: ricorda l’amore di<br />
d’Annunzio verso i cani… dopo la loro morte li<br />
volle seppellire nel suo giardino privato per non<br />
dimenticarli.<br />
Si chiamavano: Krissa; Zan Zan.<br />
IL RICORDO<br />
Il tema che abbiamo affrontato è quello del RICORDO, per rivivere attraverso luoghi e oggetti<br />
gli aspetti più significati della vita del Vate. Le tappe che proponiamo sono 5:<br />
1. Pilo del Piave: percorrendo il viale d’ingresso si raggiunge il Pilo del Piave, realizzato nel<br />
1935, che simboleggia l’arcata spezzata di un ponte di Piave lungo il quale l’esercito<br />
italiano rimase bloccato per dodici mesi. In quel periodo la vittoria rimase con i piedi<br />
incatenati ed è rappresentata dalla statua che sovrasta il pilo.<br />
2. Piazzetta Dalmata: prende il nome dal pilo di pietra con antenna sulla quale c’è la<br />
statua in legno della vergine. Lo zoccolo è formato da due pietre sovrapposte di una<br />
macina dell’antico frantoio che si trovava nella proprietà. Tale frantoio è ornato da otto<br />
mascheroni. In memoria della terra dalmata conquistata a seguito della Prima Guerra<br />
Mondiale.<br />
3. Prioria: è la casa in cui abitò D’Annunzio e arredata dal poeta stesso con il suo stile<br />
personalissimo. La casa è stata aperta al pubblico nel 1975. La casa del Vate ci ricorda<br />
la sua vita, le sue opere e tutto ciò che di meraviglioso è riuscito a realizzare.<br />
- Stanza della Cheli: La sala da pranzo prende il nome dalla grande tartaruga di bronzo<br />
collocata sul tavolo a monito per gli ospiti, il guscio infatti appartiene a una tartaruga<br />
vissuta nel Vittoriale e morta per indigestione di tuberose. I colori dominanti nelle pareti<br />
e nel soffitto, sono il rosso, il blu, l’oro e il nero.<br />
86 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 87 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
- Reliquie: ci sono ricordi di ogni genere: idoli, statue di tutte le religioni. Su un altare è<br />
posto il volante spezzato del motoscafo sul quale è morto un caro amico del poeta.<br />
Nella stanza ci sono anche cuscini tappeti e calchi. Le pareti sono tappezzate con stoffe<br />
damascate e su una trave è inciso “cinque le dita cinque le peccata”.<br />
- Officina: studio del Poeta dalla porta bassa che costringeva ad inchinarsi in omaggio<br />
all’arte. In essa si conservano manoscritti, documenti, dizionari, volumi e il gesso del<br />
volto di Eleonora Duse, “testimone velata”, della sua opera.<br />
4. Giardini privati: vennero organizzati dall’architetto G. Maroni nel 1922, e per abbellirli<br />
vennero portate piante molto amate da D’Annunzio: magnolie, palme, rose e faggi rossi.<br />
- Arengo luogo mistico dove d’Annunzio amava trascorrere il suo tempo con gli amici più<br />
cari, ricordando il passato. Dietro il trono c’è una foresta di colonne, a ricordo di tutte<br />
le vittorie della Grande Guerra. Tra di esse infine se ne distingue una più scura che<br />
sorregge un’urna con la terra del Carso.<br />
- Cimitero <strong>dei</strong> Cani: luogo molto malinconico in si trovano le tombe <strong>dei</strong> due levrieri<br />
prediletti del Vate, Krissa e Zan Zan.<br />
- Massi sacri: provengono dalle zone più aspre della prima Guerra mondiale, indicata con<br />
il carminio rosso simbolo del sangue versato.<br />
5. Nave Puglia: fu donata al poeta dalla Marina Militare nel 1923, e incastonata su un<br />
promontorio con la prua rivolta all’Adriatico. Le pareti posteriori furono realizzate in<br />
pietra e collegate alle architetture <strong>dei</strong> viali.<br />
LA GUERRA<br />
Il nostro percorso consiste nello spiegare le imprese di guerra di<br />
d’Annunzio,analizzando le tappe più importanti che Gabriele riporta in questo luogo<br />
suggestivo, il Vittoriale degli Italiani.<br />
Il nostro itinerario di guerra presenta sei tappe principali, il Pilo del Piave, del dare in<br />
brocca, il M.A.S nel quale ricordiamo la famosa e coraggiosa impresa dell’intrepido<br />
d’Annunzio, la beffa di Buccari, il volo su <strong>Vie</strong>nna e infine la nave Puglia.<br />
Abbiamo scelto questo percorso di guerra per commemorare le molteplici imprese<br />
di d’Annunzio.<br />
Iniziamo a descrivere il nostro percorso in modo più dettagliato e particolareggiato<br />
partendo dal Pilo del Piave. Questa struttura venne eretta tra il 1934 e il 1935<br />
e rappresenta l’arcata di un ponte a ridosso del fiume Piave. Sulla sommità<br />
è collocata la vittoria del Piave, con le ali frementi, ma incatenata ai piedi; è il simbolo<br />
dell’esercito italiano dopo la sofferente sconfitta di Caporetto, durante la Prima guerra<br />
mondiale. Altro pilo, situato pochi passi dopo è, quello del “dare in brocca”, ossia colpire<br />
nel segno, come è evidente nel bassorilievo che rappresenta delle frecce che colpiscono il<br />
centro del bersaglio.<br />
Un mezzo di grande rilievo nella vita di d’Annunzio è il MAS 96, con il quale compì la<br />
celeberrima impresa della beffa di Buccari. Dopo 14 ore di durissima navigazione, nella<br />
notte del 10 febbraio 1918 iniziò il trasferimento verso la costa istriana, nei pressi della baia<br />
di Buccari, dove secondo le informazioni raccolte dal servizio dell’Esercito<br />
Italiano, sostavano unità austriache, sia mercantili che militari.<br />
Il MAS 96 riuscì ad intrufolarsi per oltre ottanta miglia tra le difese costiere<br />
nemiche e raggiunse la baia di Buccari, dove lanciò siluri contro alcuni navi<br />
avversarie.<br />
Le unità italiane riuscirono a riguadagnare il largo tra le incredulità degli<br />
austriaci che non credevano possibile che fosse stato in grado di entrare<br />
fino in porto, e quindi non reagirono con le armi.<br />
L’impresa di Buccari ebbe una grande risonanza in una guerra in cui gli
progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />
aspetti psicologici rivestivano grande importanza.<br />
Dopo l’impresa il mas fu portato al Vittoriale degli Italiani,<br />
situato nei pressi della fontana del Delfino.<br />
All’esterno della struttura ospitante il mas si trova il motto<br />
ideato da d’Annunzio “Memento Audere Semper”, ricordati<br />
di osare sempre.<br />
Proseguendo il nostro percorso giungiamo alla nave Puglia,<br />
a mezza costa fra il Mausoleo e il lago, il monumento più<br />
curioso, la prua della Nave Puglia rivolta verso l’Adriatico,<br />
donata dalla Marina Militare a d’Annunzio, smontata,<br />
trasportata con decine di vagoni ferroviari e poi ricostruita<br />
con una difficile opera di ingegneria; la parte posteriore è<br />
realizzata in pietra.<br />
Un altro momento avventuroso della vita di Gabriele è il celebre volo su <strong>Vie</strong>nna del 1918.<br />
Questa impresa era stata progettata dallo stesso D’Annunzio, più di un anno prima, ma<br />
difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell’autonomia degli apparecchi per un<br />
volo di mille chilometri, avevano indotto il Comando Supremo dapprima a negare il consenso<br />
e poi a ordinare delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 d’Annunzio aveva compiuto<br />
un volo di dieci ore senza particolari problemi, così l’autorizzazione necessaria all’impresa<br />
arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio.<br />
La missione riscosse un grande successo e l’ aereo è ancora oggi conservato nell’<br />
auditorium del Vittoriale degli Italiani.<br />
Chi e dove Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Cesare Battisti - Salò<br />
Classi coinvolte Classe IV A Turistico<br />
Docenti referenti Amalia Bigi e Margherita Lazzarone<br />
88 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 89 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali,<br />
oggetti da collezione, al Vittoriale<br />
Premessa<br />
Il progetto <strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>: G. d’Annunzio, i cui Enti proponenti sono il Vittoriale<br />
degli Italiani e il Ministero della Pubblica Istruzione, è stato subito accolto con favore dalle<br />
insegnanti di inglese e di italiano, che l’hanno illustrato alla propria classe, verificando,<br />
insieme agli studenti, se si poteva realizzare un itinerario di lavoro avvincente, molto<br />
interessante, ma anche impegnativo, che andava ad aggiungersi a quello curricolare.<br />
Gli allievi, sebbene consapevoli che tale iniziativa avrebbe costituito un ulteriore impegno,<br />
hanno risposto positivamente dimostrando un particolare interesse per il progetto, che,<br />
mirato a sviluppare come percorso di lavoro “Gli animali – oggetti da collezione, all’interno<br />
del Vittoriale”, li avrebbe guidati a realizzare un approccio inconsueto e non convenzionale<br />
con il mondo e il pensiero del grande poeta G. D’Annunzio.<br />
L’impegno e l’entusiasmo del gruppo classe, già evidenziatosi nella visita alla Prioria, dove gli<br />
allievi hanno potuto vedere gli animali-oggetti da collezione del Poeta, si è particolarmente<br />
manifestato nelle fasi operative dell’attività che ha visto coinvolti, anche se in ruoli e compiti<br />
diversi, tutti gli studenti.<br />
L’esperienza è stata condotta con gli studenti della classe IV A Turistico dell’“Istituto<br />
Tecnico Statale Commerciale e per Geometri “Cesare Battisti” di Salò nella fase di studio<br />
e ricerca e nella prima parte della fase operativa, svoltasi nell’anno scolastico 2007/2008,<br />
e sarà ripresa e completata, nella seconda parte della fase operativa, nell’anno scolastico<br />
2008/2009, quando gli allievi frequenteranno la classe V.<br />
Il numero esiguo degli studenti della classe, composta da dodici allievi, ha agevolato la<br />
realizzazione del progetto, permettendo ai docenti sia di individualizzare ogni attività, sia di<br />
renderla partecipata contemporaneamente da tutti i ragazzi.<br />
CARATTERI DEL PROGETTO<br />
Obiettivi <strong>didattici</strong><br />
Obiettivi formativi:<br />
- Padroneggiare le emozioni.<br />
- Consolidamento delle capacità di autocontrollo ed autostima.<br />
- Capacità di collaborare tra studenti, suddividendosi compiti e funzioni al fine di<br />
un’organicità e di un’efficienza operativa.
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />
Obiettivi cognitivi:<br />
- Capacità di attingere direttamente alle fonti storiche e letterarie, attraverso la<br />
consultazione di documenti d’archivio e museali.<br />
- Capacità di raccogliere, di selezionare dati e informazioni e di ordinarli ed<br />
organizzarli al fine di produrre un lavoro mirato.<br />
- Individuare le informazioni indispensabili per far emergere la personalità di G.<br />
D’Annunzio e la sua poetica.<br />
- Approfondire la conoscenza del periodo storico 1914/1921 e oltre.<br />
- Esercitarsi nelle lingue straniere studiate.<br />
- Mettere in relazione e collegare tutte le conoscenze acquisite nelle materie<br />
interessate (Italiano/Storia/Inglese/Tedesco/Spagnolo).<br />
Obiettivi professionali:<br />
- Acquisire padronanza e sicurezza nel ruolo di guida turistica.<br />
- Esporre le informazioni acquisite con efficacia mantenendo desta l’attenzione<br />
dell’uditorio.<br />
- Valorizzare quanto viene fatto a scuola proponendolo all’esterno attraverso<br />
un’attività di drammatizzazione, consistente nella libera rappresentazione scenica di<br />
testi poetici scritti dai ragazzi.<br />
- Indirizzare gli studenti verso una possibile attività professionale.<br />
Finalità fondamentale del progetto: la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del<br />
patrimonio artistico locale, in particolare del “Vittoriale degli Italiani” e della dimora del poeta<br />
Gabriele d’Annunzio.<br />
Contenuti – <strong>Percorsi</strong> – Modalità – Tempi<br />
Anno scolastico: 2007/2008<br />
Fase di studio e ricerca:<br />
- Approccio conoscitivo alla biografia, alle opere, al periodo storico in cui visse il<br />
poeta G. d’Annunzio, alla sua personalità ed alla sua poetica. (Decadentismo.<br />
Simbolismo).<br />
- Approccio conoscitivo alla dimora di G. d’Annunzio, al “Vittoriale”, tramite visita<br />
degli studenti, per vedere direttamente le collezioni del poeta, con particolare<br />
riguardo agli animali.<br />
- Consultazione di bibliografia specifica, documenti d’archivio e museali per<br />
individuare la chiave di lettura ed i caratteri del collezionismo dannunziano, con<br />
particolare riguardo agli animali.<br />
- Selezione informazioni e dati raccolti.<br />
- Scelta di alcuni animali ritenuti per le loro caratteristiche simboliche e apotropaiche,<br />
particolarmente significativi in un itinerario di lettura inedito ed originale della<br />
personalità e della visione del mondo di G. d’Annunzio.<br />
- Scelta di testi poetici di G. d’Annunzio, simbolici ed evocativi, che, per il loro<br />
contenuto, la loro musicalità, la forma metrica ed estetica, il lirismo, siano tali da<br />
poter rappresentare, naturalmente in modo essenziale e parziale, l’uomo ed il poeta<br />
G. d’Annunzio e la trasfigurazione del suo mondo, che prende significato, vita ed<br />
“anima” anche negli oggetti-animali della sua collezione.<br />
Gli allievi hanno ritenuto particolarmente espressiva ed intensamente evocativa la<br />
lirica “La pioggia nel pineto”, tratta da Alcyone, il terzo libro delle Laudi, e l’hanno<br />
eletta, quindi, per simboleggiare e significare lo spirito contemplativo del Vate, il suo<br />
genio artistico e la sua metamorfica e panica sensibilità.<br />
- Schede di animali. Per ogni animale scelto dagli allievi è stata realizzata una<br />
90 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 91 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
scheda su cui è stato scritto un monologo poetico dedicato all’animale stesso, che<br />
verrà drammatizzato durante il percorso di visita all’area museale del “Vittoriale<br />
degli Italiani”. Ogni scheda, inoltre, è stata corredata da note esplicative riguardanti<br />
il significato simbolico dell’oggetto, l’interpretazione naturalistica e/o mitica<br />
dell’oggetto-animale e curiosità e/o aneddoti legati alla biografia stessa del poeta.<br />
Fotografie degli oggetti-animali e degli studenti, che in maschera li rappresentano,<br />
completano la realizzazione delle schede descrivendole iconicamente.<br />
Fase operativa (prima parte):<br />
- Realizzazione delle maschere.<br />
Ogni allievo della classe ha realizzato la maschera che gli è servita per la drammatizzazione<br />
<strong>dei</strong> caratteri naturalistici e simbolici dell’animale scelto. Gli studenti sono apparsi<br />
intensamente coinvolti, entusiasti ed impegnati in questo percorso operativo dell’attività.<br />
- Drammatizzazione.<br />
I ragazzi hanno rappresentato l’animale-oggetto della collezione dannunziana, da loro scelto,<br />
indossando la maschera, che ne riprende l’aspetto, e ne hanno mimato e/o drammatizzato,<br />
attraverso i monologhi poetici da loro composti, i caratteri. Alcuni allievi si sono proposti<br />
come “dicitori” spiegando il significato simbolico degli animali; altri studenti, alternandosi,<br />
hanno recitato versi tratti dalla poesia “La pioggia nel pineto” (Alcione; III Libro delle Laudi)<br />
di G. d’Annunzio per rendere partecipe di questa rappresentazione scenica anche lo spirito<br />
artistico del Poeta e il suo genio creativo.<br />
Anno Scolastico: 2008/2009<br />
All’inizio dell’anno scolastico è prevista l’attività di traduzione, integrale o parziale, delle<br />
schede degli animali nelle seguenti lingue straniere: Inglese, Tedesco, Spagnolo, in modo<br />
da poter spiegare il significato simbolico degli oggetti-animali anche in lingue diverse<br />
dall’Italiano, offrendo così un servizio di guida turistica più completo ed adeguato anche alle<br />
necessità di un possibile turismo scolastico straniero.<br />
Fase operativa (seconda parte): guida a gruppi di scolaresche presso il “Vittoriale degli<br />
Italiani”. (Stage professionale)<br />
La rappresentazione scenica, precedentemente descritta, sarà rappresentata alle<br />
scolaresche durante la visita alla dimora del Vate presso il “Vittoriale”.<br />
IL COLLEZIONISMO DANNUNZIANO: ESPERIENZA SIMBOLICO-ESTETICA.<br />
Nuova visione del superuomo.<br />
Entrare nella dimora di Gabriele d’Annunzio, il Vittoriale, è come sfogliare un libro: ogni<br />
oggetto è una parola di un poema complesso che può essere letto solo ponendo il singolo<br />
oggetto all’interno della vasta collezione da d’Annunzio creata.<br />
Il poeta, tramite la scelta oculata e consapevole di ogni oggetto, ci trasmette qualcosa della<br />
sua personalità:<br />
“Non soltanto ogni mia casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente<br />
composta, ma ogni oggetto da me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita fu sempre<br />
per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale, come<br />
un de’ miei poemi, come un de’ miei drami, come un qualunque mio atto politico o militare<br />
[…]” (Dall’ Atto notarile di donazione del Vittoriale all’Italia del 1930).<br />
Il collezionare è, quindi, una forma d’arte e d’espressione. L’arte, inoltre, così come la<br />
bellezza, assume un valore salvifico.<br />
Gabriele d’Annunzio vive da anticonformista ogni momento della sua esistenza, ogni sua<br />
azione è studiata in modo da essere trasformata in arte. È una vita consapevolmente
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />
simbolizzata e volutamente sublimata, in cui ogni oggetto assume per il Poeta rilevanza<br />
allegorica ed è scelto come le parole, musicali ed evocative, della sua scrittura. D’Annunzio<br />
stesso ci suggerisce questa interpretazione, quando scrive: “[…] Tutto… è qui (nel Vittoriale<br />
degli Italiani) da me creato e trasfigurato. Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel<br />
senso che io voglio dare al mio stile. […] Tutto è qui dunque una forma della mia mente, un<br />
aspetto della mia anima, una prova del mio fervore. […]. (Dall’Atto notarile di donazione del<br />
Vittoriale all’Italia del 1930).<br />
Il Vate è, anche, “addobbatore”, un artista – arredatore, infatti riconduce ogni sua acquisizione<br />
di oggetti non solo ad esclusivi criteri simbolici, ma anche di bellezza, talvolta puramente<br />
estetici, artistici e formali, nonchè storico – culturali, sebbene il valore evocativo – simbolico<br />
e materiale di ogni oggetto prevalga su quello stilistico – formale. Nelle stanze della Prioria,<br />
d’Annunzio, come sostiene Valerio Terraroli nel suo saggio “d’Annunzio e la Cina”. Il fascino<br />
di due culture, non dimostra di essere un collezionista nel vero senso della parola, ma<br />
sembra esibirsi come artista che liberamente crea con oggetti, decorazioni e mobili, forme<br />
nuove, singolari accostamenti cromatici, inusuali ed inusitati abbinamenti, originali ed inediti<br />
collegamenti simbolici; tale impressione ci viene confermata dal Poeta stesso che, nel Libro<br />
segreto (1935), ci confida: “[…] Certo l’arte sovrana m’inspira, il gusto della forma e del<br />
colore mi conduce nella scelta e nella composizione, una ingegnosissima scaltrità mi illumina<br />
nel modo di regolare gli intervalli e le altezze, per sollevare una figura più che un’altra una<br />
scatola di maiolica mi serve da base, uno straccio di tessuto d’oro m’è buono a dissimulare il<br />
cubo provvisorio, una maniera lesta di soppesare il bronzo mi rassicura della resistenza della<br />
sottostante fragile materia invetriata, ma, in questa abilità e versatilità di tecnico dico che il<br />
cuore mi trema […] mi muovo in una selva di figure e di simboli […]”.<br />
Fra tutti gli oggetti d’arte, certamente, quelli a forma di animale, rappresentato in modo<br />
naturalistico o come mitico e leggendario mostro, attraggono ed appassionano di più il<br />
Poeta per la loro intrinseca connotazione evocativa, simbolica ed anche apotropaica, ed il<br />
Vate li ricerca con fervore appassionato, quindi li raccoglie numerosi nella propria dimora,<br />
nella Prioria, dal 1921, anno in cui Gabriele d’Annunzio si ritira definitivamente nella tenuta<br />
di Cargnacco a Gardone sul lago di Garda, al 1938, anno della morte. L’interesse e l’amore<br />
che il Poeta nutre per gli oggetti-animali, per questo mondo prodigioso della natura e della<br />
fantasia, è tale che egli stesso prova stupore per questa sua passione ed attrazione e lo<br />
accenna nel Libro segreto: “Tralascio la penna affannato dal ritrovamento di un’altra arte.<br />
[…] Perché tanto m’attrae fra tutte le arti l’arte del grande animaliere?”<br />
I pezzi, porcellane, ceramiche, bronzi, sculture lignee, ecc., provenienti dal mercato<br />
antiquario o di alto artigianato europeo o orientale, cinese, giapponese, indiano, persiano,<br />
abbinati, con raffinato gusto eclettico ed esotico, creano inusuali, quanto coinvolgenti effetti<br />
d’insieme. Nelle stanze della Prioria si respira un’atmosfera particolare, decadente, ora<br />
malinconica, triste, talvolta lugubre, ma anche dolce e seducente, che attrae e respinge<br />
allo stesso tempo. Ed è proprio la commistione degli oggetti di arte e cultura occidentale<br />
e orientale, appartenenti a diverse epoche, che, coinvolgendo, a livello sensoriale, il<br />
visitatore in un percorso sinestesico di grande impatto ed effetto, palesa, come è già stato<br />
detto precedentemente, che G. d’Annunzio non fu un “collezionista” perché non fu mai<br />
interessato, se non in modo marginale e generico, al valore di un singolo pezzo, quanto alle<br />
emozioni che l’insieme degli oggetti, di diversa foggia, colore, significato, ecc., ambientato<br />
scenograficamente in modo artificioso e spettacolare, poteva indurre.<br />
Ciò che G. d’Annunzio raccoglie testimonia la sua storia individuale che si proietta come<br />
storia della Nazione, diventando, quindi, collettiva. Egli dona, infatti, il Vittoriale all’Italia,<br />
agli Italiani e sottolinea questo concetto facendo incidere nel portale d’accesso la legenda<br />
araldica “Io ho quel che ho donato”. Questa scritta illustra l’accorta ed economicamente<br />
vantaggiosa copertura della donazione che permette a G. d’Annunzio di giustificare i<br />
finanziamenti ricevuti dallo Stato italiano, perché quanti più aiuti economici gli sarebbero<br />
stati donati, tanto più lo Stato Italiano avrebbe ricevuto in dono.<br />
Gli oggetti della collezione dannunziana diventano, anche, forme d’arte estetica e soggetti<br />
92 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 93 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
poetici, sicuramente degli strumenti per avvicinarsi alla verità, al profondo mistero<br />
dell’esistenza, anch’essi, infatti, come la poesia, non spiegano, ma fanno intuire, attraverso<br />
<strong>dei</strong> simboli, quanto la ragione non riesce a comprendere.<br />
Il Vittoriale e, in particolare, la Prioria, con le sue stanze ricche di oggetti metamorfosati e di<br />
numerosi animali trasformati in simboli, diventano un luogo dello spirito, di meditazione, non<br />
fisico ma metafisico, in cui il Poeta vive il suo disagio verso se stesso e la società, chiudendosi<br />
orgogliosamente in un solitario individualismo che, talvolta, assume <strong>dei</strong> toni superomistici.<br />
Il Vittoriale vuole essere una sorta di d’Annunzio immortale, percepibile sempre attraverso<br />
i secoli, che il Poeta stesso ha eretto ad estrema rivelazione di sé, curandone i minimi<br />
particolari.<br />
Il Vittoriale è, quindi, da considerare, e non è azzardato ritenerlo, come un’opera letteraria<br />
anche per la sensibilità che presiede al suo arredamento che è un tutt’uno con quella che<br />
regola la scrittura.<br />
Collage di impressioni e riflessioni individuali degli studenti della classe.<br />
METAMORFOSI DI ANIMALI IN PENSIERI<br />
Dal Libro segreto (c. 94 bis)<br />
AQUILA<br />
Ed io son l’aquila:<br />
d’aspetto sempre maestoso,<br />
mi son giustamente guadagnata<br />
presso di voi, uomini,<br />
il titolo di reale ed imperiale.<br />
Sono forte, rapace, bramosa<br />
di prede, pronta a ghermire<br />
con il mio becco adunco<br />
e i miei robusti artigli.<br />
Spesso sosto su un’alta guglia,<br />
o in volo, ad ali spiegate,
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />
solco l’aria con i misurati<br />
ed eleganti battiti delle mie ali,<br />
da lassù scorgendo,<br />
con vista acutissima, la preda.<br />
Da tutti sono ammirata<br />
per il sicuro mio volo planato,<br />
per la potente picchiata fulminea<br />
che si tramuta in micidiale,<br />
improvviso volo radente, fatale.<br />
L’aquila è da sempre ritenuta, fin dagli antichi, in ogni epoca e civiltà, uccello solare, simbolo<br />
della luce e dell’aria, contrapposta alle tenebre. Essa racchiude in sé il concetto cosmico<br />
della vita contro la morte, del bene contro il male e, sotto tale interpretazione, divenne<br />
simbolo di grandezza, forza, potenza, vittoria, trionfo.<br />
CANE DI FO<br />
(DRAGO GUARDIANO / CANE – LEONE)<br />
Non temere! Non arrestare, allibito<br />
e terreo in volto, il tuo passo!<br />
Sono il cane-leone,<br />
guardiano orientale,<br />
mitico mostro dragone.<br />
Sporgenti ho gli occhi<br />
e lunghi i barbigli,<br />
il corpo dal pelo leonino crestato,<br />
di riccioli folti coperto,<br />
la fiammeggiante coda frangiata<br />
di drago. Le chiuse, spalancate fauci<br />
la lingua, le zanne ti mostran.<br />
Sulla fronte, un corno ricurvo,<br />
non sempre, mi sporge.<br />
Robuste, di artigli dotate,<br />
le zampe mi sorreggon, lieve inarcato,<br />
nel mio manifesto dominio.<br />
Non temere! Non arretrare, allibito<br />
e terreo in volto, il tuo passo!<br />
Demoni spavento e scaccio<br />
malvagi, e non uomini.<br />
Confonditi nel cosmico ritmo<br />
della mia tumultuosa danza:<br />
primigenia forza vitale infondo,<br />
fortuna, prosperità.<br />
Il Cane di Fo, assimilato, per certi aspetti, all’immagine del Drago guardiano e al Cane-<br />
Leone, è un animale mitico e favoloso. Il Dragone nella cosmologia cinese rappresenta la<br />
forza primigenia attiva e per questo viene identificato con la fertilità e con la riproduzione<br />
assumendo spesso funzioni apotropaiche. È, quindi, considerato simbolo di forza vitale,<br />
procreazione, perseveranza, prosperità, forza, coraggio, fortuna. È stato anche interpretato<br />
come potenza del male, per la sua capacità di atterrire, per virtù quasi soprannaturale, gli<br />
avversari.<br />
Comunque il Drago guardiano fu immaginato come potenza benefica, invocato come genio<br />
94 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 95 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
protettore con il potere di scacciare gli spiriti malvagi, i demoni.<br />
Queste creature mitologiche, presenti sempre in coppia come guardiani, si possono trovare,<br />
in particolare in Giappone, Cina e Corea, a guardia di altari, templi, rappresentati uno con le<br />
fauci spalancate e uno con quelle chiuse.<br />
La bocca aperta e chiusa fa riferimento all’emissione della sillaba “AH” (bocca aperta) la<br />
prima lettera dell’alfabeto sanscrito, e all’emissione della sillaba “UN” (bocca chiusa), l’ultima<br />
lettera.<br />
Questa combinazione simbolicamente rappresenta la nascita e la morte, l’alfa e l’omega<br />
di tutto l’universo; qualcuno poi sostiene che l’apertura della bocca spaventa i demoni e la<br />
chiusura conserva gli spiriti buoni.<br />
CAVALLO<br />
Eccomi, sono il cavallo.<br />
Ho testa grossa e lunga,<br />
sovrastato da criniera il diritto collo,<br />
coda corta a lunghi crini.<br />
Sono di statura alto e basso,<br />
anche snello mi puoi vedere e grosso,<br />
ho corte e diritte orecchie,<br />
zampe con un sol dito<br />
da zoccolo coperto.<br />
In stalla o in scuderia,<br />
di poca biada o fieno,<br />
o erba in prateria,<br />
mi cibo e son sereno.<br />
Baio, sauro, morello,<br />
bigio, bianco e nero<br />
è il mio mantello.<br />
Sono vivace, ardente e brioso,<br />
spesso anche bizzarro e focoso,<br />
ma sono, invero, docile e mansueto,<br />
domato, infatti, sono stato<br />
da selvaggio e ramingo che ero,<br />
ed anche ammaestrato.<br />
Elegante e sicuro nel trotto,<br />
veloce e deciso nel galoppo,<br />
dell’uom son sempre stato fedele amico,<br />
sebbene imbrigliato, spronato<br />
e, spesso, anche frustato.<br />
Sia da sella, da corsa che da tiro,<br />
anche da battaglia utilizzato.<br />
Scalpitando con la mia falcata,<br />
io ti saluto, infin,<br />
con un nitrito e un’impennata.<br />
Il cavallo è stato un animale molto amato da G. d’Annunzio, nella Prioria se ne trovano<br />
diverse riproduzioni, realizzate in vari materiali. Esso è stato da sempre considerato simbolo<br />
di fedeltà, amicizia, sicurezza, forza e ubbidienza.
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />
CONIGLIO<br />
Schivo, selvatico e pauroso,<br />
riservato sono, però grazioso.<br />
Mi chiamano coniglio:<br />
un roditore pavido ma domestico,<br />
un timido ad attitudini sociali.<br />
Di vista, udito e olfatto<br />
acutissimi dotato,<br />
sono veloce ed agile,<br />
ma anche a nascondermi<br />
alquanto pronto ed abile.<br />
Nera, bianca o argentata<br />
la mia pelliccia è ricercata.<br />
Ho coda breve, orecchie lunghe,<br />
forti zampe posteriori,<br />
sono il più simpatico tra i saltatori.<br />
Il coniglio è da sempre considerato simbolo di timidezza e riservatezza<br />
ELEFANTE<br />
In diverse fogge<br />
qui mi puoi vedere.<br />
Sono mastodontico, maestoso ed imperiale,<br />
ma anche docile, mansueto e diffidente.<br />
Ho eburnee, ricurve zanne e grandi orecchie,<br />
colonniformi arti mi sorreggono.<br />
Abito ondulati terreni di foreste<br />
e vaste praterie folte di alte erbe.<br />
Lento mi muovo, impacciato e goffo,<br />
spesso in alto lanciando<br />
la testa e la proboscide,<br />
in segno d’allegrezza e buon augurio.<br />
Chi sono, ormai,<br />
tu riconosciuto avrai:<br />
ma l’elefante<br />
che barrendo ti saluta!<br />
L’elefante è simbolo di forza e sapienza, di grande e duratura fortuna.<br />
LEONE<br />
Maestoso e grande, forte e ardimentoso:<br />
sono tra i selvaggi felini il più feroce.<br />
Le fauci spesso spalancate<br />
di potente dentatura munite,<br />
il sonoro ruggito, profondo e prolungato<br />
ed il pelame raso color fulvo,<br />
nonché la tozza testa di folta criniera adorna<br />
e le robuste zampe di ricurvi artigli dotate<br />
fan di me degli animali il fiero re:<br />
sono il guerriero e temibile leone.<br />
Durante la giornata, nel punto ombroso<br />
della savana riposo:<br />
di sera, l’agguato mortal tendo<br />
alle prede che al fiume vanno<br />
ad abbeverarsi indifese.<br />
Spesso in posizione rampante,<br />
sdraiato o pronto a spiccare un balzo<br />
della dimora sono guardiano sicuro,<br />
vigoroso, coraggioso e fiero.<br />
Il leone è assunto tradizionalmente come simbolo di forza, fierezza e coraggio.<br />
PAPPAGALLO<br />
Mi presento: sono il pappagallo.<br />
Sono garrulo e brioso,<br />
anche se, talvolta, un po’ scontroso.<br />
Dal becco adunco e dal piumaggio smagliante;<br />
son loquace, amabile, sebbene petulante.<br />
Chiacchierare, imitare<br />
e ripetere le parole<br />
sono tra le mie arti le sole.<br />
Il pappagallo simboleggia la piacevole circostanza e situazione del conversare e<br />
chiacchierare amabilmente: una socievolezza divertita e fine a se stessa.<br />
96 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 97 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
PAVONE<br />
Dicono che mi pavoneggi,<br />
che sia superbo e vanitoso.<br />
Ma chi uguaglia me nell’elegante<br />
livrea dai colori smaglianti<br />
del mio piumaggio?<br />
Magnifiche son le mie penne,<br />
che posso alzare ed allargare a ruota,<br />
come imponente e multicolore<br />
è il mio strascico piumato.<br />
Metallici verdi e blu brillanti,<br />
rame e grigio bruni colori<br />
mi coprono con riflessi cangianti,<br />
alzandomi a regali onori.<br />
Sul capo di piume<br />
una corona fa di me
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />
tra i volatili il re.<br />
Maestoso, orgoglioso e fiero,<br />
sono pavone.<br />
Il pavone è simbolo di maestosità, magnificenza e prodigalità, ma anche superbia e vanità.<br />
SERPENTE<br />
Sì, sono il serpente,<br />
tra gli animali il più temuto,<br />
ma non prender paura,<br />
qui son posto a difesa<br />
e tutela anche tua.<br />
Col cilindrico mio corpo,<br />
privo di zampe, procedo<br />
tortuosamente strisciando<br />
tra gli anfratti del terreno.<br />
Per la fatale forza del veleno<br />
e la mia presunta astuzia,<br />
presso i popoli esaltato<br />
son da sempre anche adorato.<br />
Abito la terra, sibilando entro caverne,<br />
sinuoso scivolo nel mare,<br />
cambio pelle e son creduto immortale.<br />
Disteso ed annodato,<br />
piegato in doppio, anche linguato<br />
sono qui rappresentato;<br />
presso lignee porte o su esotico altare<br />
sentinella, guardiano e nume tutelare.<br />
Nella tradizione cristiana, il serpente, animale della terra e delle tenebre, rappresenta il buio,<br />
l’ombra, la morte, il male. In altre culture, in particolare asiatiche, le peculiarità naturali<br />
del serpente impressionano l’immaginazione concretandosi in diversi simboli e concezioni<br />
religiose: ad esempio la forza del micidiale veleno lo trasforma in un temibile guardiano;<br />
invece la possibilità di cambiar pelle lo fa considerare simbolo di immortalità, eterna<br />
giovinezza e, quindi, fecondità. In Oriente, il serpente, creduto immortale, è identificato<br />
con gli spiriti <strong>dei</strong> defunti, onorati come eroi o antenati, quindi è ritenuto il nume tutelare<br />
domestico o familiare.<br />
Nella dimora di G. D’Annunzio, il serpente è simbolo di protezione della casa ed è posto<br />
anche a difesa e tutela <strong>dei</strong> suoi abitanti.<br />
TARTARUGA<br />
Ed io sono la tartaruga:<br />
un rettile antico e preistorico,<br />
ma una creatura simpatica.<br />
Terrestre, ma anche acquatica,<br />
ho il corpo in un robusto<br />
scudo corneo racchiuso,<br />
da cui il capo sporge,<br />
insieme a zampe e coda.<br />
Con fare timido e schivo,<br />
sulla terra goffa appiattita<br />
molto lenta cammino.<br />
Semplice son di modi ed umile,<br />
ma vorace e mai sazia di cibo,<br />
saggia, comunque, longeva mi stimo.<br />
Qui bronzea, con grande carapace,<br />
a capo tavola mi puoi vedere,<br />
per indigeste tuberose morta,<br />
di frugalità agli ospiti<br />
ricordo e monito.<br />
98 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 99 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Nella più antica simbologia cristiana la tartaruga, per il tellurismo, ( come suggerisce l’etimo<br />
stesso della parola che deriva forse dal greco tardo “tartorouchos”, propriamente “abitatore”,<br />
da “échein”– abitare, del Tartaro ), rappresentava lo spirito del male. Ma, in genere, questo<br />
animale è la celebrazione dell’umiltà, e, poiché vive a lungo, anche della longevità che porta<br />
con sé saggezza, vecchiezza e vetustà. La tartaruga è considerata anche simbolo di eternità<br />
e dell’ordine immutabile del cosmo.<br />
La tartaruga, cui si accenna nel testo poetico, si trova nella sala da pranzo, detta della<br />
Cheli, ( dal greco “chelys” – testuggine ). Essa è una scultura di bronzo di Renato Brozzi,<br />
incastonata nel carapace di una vera tartaruga, che era morta nei giardini del Vittoriale per<br />
indigestione di tuberose. D’Annunzio l’aveva messa lì per ricordare ai suoi ospiti di essere<br />
frugali, perché avrebbero potuto fare la fine della tartaruga. L’animale, posto a capo tavola,<br />
fa parte di una composizione simbolica formata da altre tartarughe e pavoni realizzati con<br />
materiali preziosi.<br />
I significati di tale scultura sono diversi:<br />
- può alludere a d’Annunzio stesso isolato e recluso nella sua città – dimora del Vittoriale, se<br />
si tiene conto dell’iscrizione “Intra me maneo” (Resto dentro di me);<br />
- può anche riferirsi alla Poesia, alla missione di d’Annunzio come poeta - Vate, poiché<br />
Apollo costruì la sua cetra utilizzando il carapace di una tartaruga;<br />
- può, infine, ricordare agli ospiti che è necessario essere frugali e sobri, se si vuol essere<br />
longevi nel corpo, ma soprattutto nello spirito.<br />
Proposte didattiche<br />
Tale esperienza di lavoro può offrire ai colleghi, sia della scuola elementare, sia della scuola<br />
media di primo e secondo grado, degli interessanti e motivanti percorsi <strong>didattici</strong>, differenziati<br />
per tipologia, a seconda del grado di scuola di riferimento.<br />
Scuola Elementare e Scuola Media di I grado.<br />
Le “schede animali” si possono utilizzare a completamento di un modulo di studio sul poeta<br />
G. D’Annunzio:<br />
- per ampliare il patrimonio lessicale degli allievi svolgendo uno studio sul significato<br />
<strong>dei</strong> vocaboli utilizzati;<br />
- per far acquisire e/o consolidare e/o potenziare le capacità di scrittura nell’ambito<br />
del testo descrittivo e/o poetico, elaborando descrizioni naturalistiche di animali;<br />
- per far acquisire e/o consolidare il valore semantico di simbolo, in particolare il<br />
significato simbolico degli animali, riferito, anche e soprattutto, agli animali-oggetti<br />
da collezione, appartenenti al mondo della natura o del mito e della fantasia, posti<br />
all’interno della dimora del poeta G. D’Annunzio presso il “Vittoriale degli Italiani”;
progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />
- per far acquisire e/o consolidare capacità grafiche e pittoriche disegnando, con<br />
diverse tecniche espressive, gli animali-oggetti della collezione di G. D’Annunzio,<br />
oppure, per gli allievi <strong>dei</strong> primi anni della scuola elementare, colorando le schede<br />
iconografiche riproducenti gli animali;<br />
- per far acquisire, consolidare, potenziare le capacità di drammatizzare, realizzando<br />
delle rappresentazioni sceniche, mimate e/o dialogate, con l’utilizzo di maschere,<br />
confezionate dagli allievi stessi, che raffigurano gli animali-oggetti della collezione<br />
di G. D’Annunzio.<br />
Scuola Media di II grado<br />
Un’attività didattica come questa può essere utilizzata anche per ampliare e/o approfondire<br />
l’analisi del pensiero e della poetica di G. D’Annunzio, commentandone, attraverso una<br />
prospettiva inconsueta, l’opera. Un approccio conoscitivo al significato del “collezionismo”<br />
dannunziano può offrire, infatti, agli studenti una chiave di lettura inusuale ed originale sia<br />
per comprendere la poetica, di ispirazione e gusto decadente e di sensibilità simbolista,<br />
del Poeta, sia per capire quanto fosse assoluta e totalizzante la dimensione dell’estetismo<br />
dannunziano e del superomismo.<br />
Il significato ed il valore del “collezionismo” dannunziano può anche costituire un argomento<br />
di studio, un ambito e una tematica di ricerca per un’eventuale tesina da svolgere per<br />
l’Esame di Stato. Gli studenti interessati potrebbero prendere degli spunti di riflessione da<br />
tale lavoro per poi sviluppare ed elaborare la loro tesi.<br />
Bibliografia e fonti utilizzate<br />
Andreoli A., Il Vittoriale come dimora d’arte totale, in Il Vittoriale: un museo per la storia, Atti del Convegno Nazionale di studi 15<br />
novembre 2002, a cura di Conti E., Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia, 2003, pp. 29-40.<br />
Mavilla A., (a cura di), Carteggio Brozzi-d’Annunzio 1920-1938,Traversetolo, 1994.<br />
Terraroli V., D’Annunzio e la Cina. Il fascino di due culture, catalogo della mostra, Edizioni del Vittoriale, Gardone Riviera, Brescia, 1994.<br />
Terraroli V., Il Vittoriale. <strong>Percorsi</strong> simbolici e collezioni d’arte di Gabriele d’Annunzio, Skira editore, Milano, 2001.<br />
D’Annunzio G., Libro segreto, a cura di P. Gibellini, A. Mondadori Editore, Milano, 1995.<br />
Antologie scolastiche per il materiale letterario.<br />
Appunti sulle relazioni seguite durante il corso di formazione previsto dal progetto.<br />
Materiale fotografico fornitoci dal “Vittoriale degli Italiani”, in CD-R., grazie all’intervento della signora Calubini.<br />
Siti Internet per disegni animali e storia e significato del cane-leone guardiano.<br />
Grande Enciclopedia Curcio di Cultura Universale, Armando Curcio Editore, Roma.<br />
Notizie raccolte dagli studenti durante la visita alla Prioria, forniteci dalla signora Calubini della “Fondazione del Vittoriale”, che<br />
ringraziamo per la competente consulenza offertaci.<br />
Chi e dove Liceo Scientifico N. Copernico - Brescia<br />
Classi coinvolte Classe II B<br />
Docenti referenti Rossana Cerretti<br />
100 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 101 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco.<br />
Il collezionismo “creativo” di Gabriele d’Annunzio<br />
e i suoi principi estetici dalle opere letterarie<br />
al Vittoriale<br />
«Profeta e divinatore quasi infallibile, egli accoglieva tutte le anime in cui il suo sguardo<br />
profondo scoprisse una forza, ed in ciascuna sviluppava ed esaltava quella forza nativa;<br />
cosicché tutte, investite dalla sua fiamma, si rivelavano nella loro diversità possenti» così<br />
Claudio Cantelmo nel romanzo Le vergini delle rocce introduce, attraverso l’immagine<br />
di Socrate, le virtù della propria arte, capace di concentrare in sé ogni energia vitale per<br />
operare poi la trasmutazione degli elementi come in un procedimento alchemico: l’arte non<br />
deve essere mimetica, non deve riprodurre la natura, ma seguire i processi della natura<br />
stessa, esserne la prosecuzione e il compimento, seguirne i ritmi e i mutamenti. Tipicamente<br />
dannunziano appare il concetto di creare l’immagine artistica artificiale con un procedimento<br />
che si ritiene simile a quello della natura per sovrapposizione e metamorfosi degli elementi<br />
preesistenti, personificando e dando vita anche agli oggetti inanimati.<br />
La nostra ricerca mira a ricostruire i diversi aspetti della sensibilità estetica dannunziana,<br />
lavorando sulla percezione formale degli oggetti e degli ambienti e sugli archetipi iconografici<br />
ricorrenti nonché sulle tipiche installazioni presenti nel Vittoriale, basate su diverse forme di<br />
contaminazione costituite, in genere, da oggetti d’arte, memorie private della giovinezza e<br />
cimeli di guerra.<br />
Attraverso la lettura di diversi romanzi «programmatici» come Il fuoco, Le vergini delle rocce<br />
e Il piacere – senza dimenticare continui riferimenti ad altre opere quali gli scritti delle<br />
Faville del maglio, il romanzo Forse che sì forse che no, Il libro segreto, Il libro ascetico della<br />
giovane Italia, Il notturno – è risultata chiara, innanzitutto, la sensibilità formale del poeta<br />
che valutava ogni oggetto in termini di volumi puri, linee e chiaroscuri, campiture di colore e<br />
riflessi. La potenza dell’immagine artistica è infatti legata alla forma per mezzo della quale<br />
si compie la magia «sciamanica» dell’arte dannunziana ovvero l’evocazione del passato e<br />
la possibilità di riviverlo in un luogo straordinario e incantato. L’ambiente e gli oggetti sono<br />
quindi potenti «catalizzatori» di immagini e devono essere rivissuti, modificati, assemblati,<br />
in modi sempre diversi per creare nuove combinazioni di forme e di effetti. Essi si caricano<br />
di maggiore energia quanto più si trovano «al limitare della morte» cioè nella condizione<br />
di perdita o di presentimento della fine. Non c’è niente di più poetico per d’Annunzio della<br />
bellezza che vive nel presentimento del suo sfiorire, come niente di più vicino allo spirito<br />
universale – «per non dormire per non morire» – delle «reliquie» frutto di un’esperienza<br />
di martirio e di morte conseguente ad una azione estrema sia essa di guerra o legata ad<br />
un’impresa sportiva.
progetto 7 Il Maestro del fuoco progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
Si tratta di trovare un oggetto dalla valenza sacrale sul quale «l’imaginazione umana poggi<br />
a una qualche ideale altezza» (Il Piacere) come un luogo da cui spiccare il volo per nuove<br />
creazioni. Il rapporto con l’oggetto ricco di questo potere, che d’Annunzio non esita a definire<br />
«soprannaturale», appare legato ad un piacere anche fisico a causa della sua «virtualità<br />
afrodisiaca latente» che in alcuni momenti sente sprigionarsi e palpitare intorno a lui. Così<br />
si spiega l’uso, come oggetti d’arte, anche di elementi che ricordano performance e azioni<br />
eroiche come il volante di Henry Segrave, l’elica dell’idrovolante di De Pinedo, le mitragliatrici<br />
della prima Guerra mondiale.<br />
La scelta e l’assemblaggio degli oggetti e <strong>dei</strong> simboli dannunziani nelle composizioni sono<br />
realizzati secondo procedimenti retorici cioè per sineddoche, ridondanza, ossimoro, metonimia,<br />
personificazione: il poeta, infatti, tende ad inserire solo frammenti, piccole parti che per metonimia<br />
ricordano l’insieme al quale alludono, come nel caso <strong>dei</strong> massi sacri oppure procede per effetti<br />
di ridondanza, nei quali lo stesso concetto viene ampliato ed esemplificato più volte attraverso<br />
vari simboli fino a coinvolgere lo spettatore in un gorgo emotivo, in genere legato alla morte;<br />
la ridondanza segna anche l’idea del martirio, come, per esempio, l’immagine delle spine nel<br />
percorso tra il sacrario <strong>dei</strong> massi e l’arengo. Tipici dell’arte dannunziana sono anche l’ossimoro o<br />
l’antitesi: in tal caso la composizione si basa sul contrasto di opposti, realizzato a livello formale,<br />
ma anche simbolico; altre volte sono gli elementi inanimati a esprimenrsi personificandosi,<br />
creando il classico «oggetto parlante». Molto spesso il poeta segue i metodi tipici dell’impresa<br />
rinascimentale nei quali l’oggetto o l’immagine sono associati ad una iscrizione e i due elementi<br />
si completano a vicenda, non di rado complicando però il significato generale del messaggio. Un<br />
siffatto uso della scrittura, quindi, pone d’Annunzio come un antesignano dell’arte concettuale,<br />
così come sembra alludere a forme del dadaismo l’utilizzo di oggetti d’uso come oggetti d’arte. Il<br />
ricorso a elementi funzionali di recupero, soprattutto tratti da armi o da macchine suggerisce, poi,<br />
la presenza della «decima musa» <strong>dei</strong> futuristi, ovvero Euplete Eurètria Energèia, legata all’epica<br />
della tecnica moderna (e quindi, tra l’altro, anche al cinema).<br />
Tra i diversi procedimenti dannunziani per la creazione del simbolo è da notare la<br />
trasposizione di ciò che è naturale in elemento artificiale e viceversa. «Per ciò, continuando<br />
l’opera della divina Madre, la loro mente si trasmuta in una similitudine di mente divina, come<br />
dice Leonardo» spiega, Stelio Effrena nel Fuoco. L’artista, infatti, è prometeico e gareggia<br />
con la natura, la sua abilità sta, a seconda degli ambienti, nella fusione con essa, come<br />
nell’arengo e nel superamento della stessa, creando una natura di oggetti artificiali (per<br />
esempio gli animali e le piante nella casa e nel parco) o oggetti super-naturali come la<br />
«land-art» <strong>dei</strong> massi sacri. Interessante è anche la metodologia di inserimento: l’opera in<br />
calco o di recupero viene elevata e isolata, «contraffatta» e dorata.<br />
Alcune forme sono poi archetipi della sua arte come l’alternanza dilatato-snello, l’arco<br />
teso e lo scatto del corpo, le forme flessuose e “musicali” e altre a guglia o appuntite; o<br />
ancora, concave che portano ricchezza di suono e di colore, per giungere al pieno circolare,<br />
immagine dell’«orbe» che può essere richiamato tanto dai frutti quanto dal recinto sacro<br />
che convoglia in sé le energie universali. In particolare d’Annunzio era affascinato da quella<br />
che chiamava la «Linea circonferenziale di che si genera la bellezza umana», riprendendo<br />
un pensiero leonardesco e sempre basandosi sulle affermazioni di Leonardo nel Trattato<br />
della pittura egli sottolinea il valore del vuoto, del concavo chiaroscurato, importante<br />
quanto il pieno, perché nelle ombre si addensa il mistero della forma: «Adunque tu pittore<br />
farai l’ombra più scura appresso alla sua cagione, ed il fine che si converta in luce, cioè<br />
che paia senza fine». Per questo molte delle sue creazioni sono immerse in un ambiente<br />
di luce artificiale che quindi può essere direzionata in modo teatrale, oppure un luogo è<br />
reso volutamente ombroso come l’Arengo dalla presenza delle grandi magnolie. Nel caso<br />
specifico gli elementi musicali della natura come il canto degli uccelli si fondono con quelli<br />
della armonia delle forme e della «musica della guerra» che sempre accompagna i suoi<br />
cimeli.<br />
Dopo la prima fase del progetto volta alla ricostruzione della percezione estetica<br />
dannunziana, sono stati individuati tre percorsi nella casa e nel parco relativi all’uso del<br />
102 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 103 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ready made, ai riferimenti rinascimentali, e alla statua legata al teatro. Ogni ambiente è stato<br />
commentato dagli alunni con iscrizioni in latino di loro invenzione, ispirate all’uso <strong>dei</strong> motti<br />
dannunziani, e con citazioni tratte dalle opere del Vate volte ad approfondirne i molteplici<br />
significati. In quest’ambito proponiamo un percorso esterno che presenta l’ingresso della<br />
Cittadella e i luoghi del parco dove si celebrano i «riti della patria».<br />
Rossana Cerretti<br />
LA FORTEZZA DEI RITI DELLA PATRIA<br />
Il percorso si articola partendo dall’ingresso del Vittoriale per giungere alla facciata della<br />
villa che già ci introduce al rapporto di d’Annunzio con il Rinascimento e il tardo Medioevo<br />
attraverso gli stemmi delle antiche città e famiglie italiche fino all’evocazione di san<br />
Francesco; approda poi, al Sacrario <strong>dei</strong> massi dove sono rievocate le principali battaglie della<br />
prima guerra mondiale attraverso una installazione simbolica. Da qui si passa all’Arengo<br />
luogo <strong>dei</strong> legionari fiumani e tempio del martirio per la patria dove sono issate come reliquie<br />
grandi ogive di proiettili. Così l’eroe Tommaso Gulli è celebrato dalla prua della sua stessa<br />
nave confitta sulla collina nell’atto di navigare verso la Dalmazia. Ma eroica è anche la<br />
fedeltà <strong>dei</strong> levrieri, simboli di bellezza, valore ed eroismo ineguagliabili nel mondo animale,<br />
celebrati qui dalle sepolture vegliate solennemente da un boschetto di cipressi. Il percorso<br />
culmina con l’immagine dell’hortus conclusus della Canefora nel quale lo spirito umano degli<br />
eroi potrà morire e rinascere.
La fortezza <strong>dei</strong> riti<br />
della Patria<br />
I Propilei del Piave<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
L’ingresso al Vittoriale<br />
Si tutus has portas vis transire memento<br />
hic imperium victoriae et regnum patriae<br />
«Lassù, in sommo della mia collina magnanima, lassù, in vetta del<br />
Mastio, sopra l’arca del primo fra’ miei undici eroi traslatato, l’aria<br />
esprime dalla sua inanità qualcosa d’inconsolabile. Coeli insolabile<br />
numen sono le tre parole dolenti e rilucenti che comprendevano,<br />
dianzi, nel mio volo inerme, aria e ala, anima e aria.»<br />
L’ingresso è costituito da un acciottolato ai lati del quale sono<br />
presenti due strutture adibite oggi ad autorimessa delle preziose<br />
auto di d’Annunzio il quale aveva un’autentica passione per la<br />
velocità sotto tutte le forme: automobili, motoscafi, aerei. Fra queste<br />
vi è la mitica Fiat 4 con la quale si era recato a Fiume per la famosa<br />
impresa.<br />
Con la scena di una frenetica corsa in auto che rischia di<br />
trasformarsi in una tragica sfida alla morte, si apre il romanzo<br />
Forse che sì forse che no, titolo tratto da un motto di Vincenzo Gonzaga. Già da questo<br />
particolare, intuiamo il gusto di d’Annunzio per le antichità rinascimentali unite, però, alle<br />
innovazioni tecniche frutto della società industriale, per le quali il poeta si entusiasmava, pur<br />
respingendo l’idea di sacrificare l’ideale di bellezza al denaro del capitalismo più sfrenato.<br />
Il portale d’ingresso della Cittadella è formato da due arcate che conducono, a sinistra verso<br />
la Prioria della quale parleremo in seguito, e, a destra verso il teatro e il parco.<br />
Fra i due archi c’è una fontana a tre getti d’acqua potabile, ancora in uso sulla quale è inciso<br />
un passo del Libro Segreto: «Dentro da<br />
questa triplice cerchia di mura, ove tradotto<br />
è in pietre vive quel libro religioso ch’io<br />
mi pensai preposto ai riti della patria e dai<br />
vincitori latini chiamato Il Vittoriale».<br />
Nella zona dedicata alla vittoria sul Piave<br />
la costruzione è fortemente scenografica e<br />
ricorda l’architettura imperiale romana con<br />
archi trionfali e colonnati simili ad un foro,<br />
ma asimmetrica come una rovina antica<br />
o un dipinto metafisico. La statua della<br />
Vittoria che si libra nel cielo, opera di Arrigo<br />
Minerbi (1935), ci ricorda nell’ambientazione<br />
un’immagine del Forse che sì forse che no,<br />
(anche se in quel caso era dedicata alla<br />
Vittoria di Brescia) soprattutto per la posizione analoga su una colonna altissima, padrona<br />
dell’aria: «Imposta al capitello corinzio involto di acanti corrosi, ora viveva nel cielo». In questo<br />
caso però la Vittoria appare «afflitta», avvolta e chiusa nelle sue stesse ali intenta piuttosto<br />
a scendere e a proteggersi che a spiccare il volo, simbolo ovviamente, del successo finale<br />
riportato nella Prima guerra mondiale, costato un enorme sacrificio in vite umane e, infine,<br />
parzialmente ridimensionato dai trattati successivi.<br />
Tutto il complesso è, perciò, cinto da alte mura e porte a guisa di un luogo fortificato,<br />
manifestando il desiderio del poeta di mantenere un certo distacco dal mondo esterno. In<br />
questo luogo si celebrano i riti dell’arte e della patria, destinati a tutti gli italiani, ma dai<br />
quali devono essere esclusi gli indesiderati o gli indegni. Il percorso è realizzato in modo<br />
che dall’ingresso non si possa scorgere la facciata della Prioria, sottolineando così l’iter<br />
iniziatico che il poeta propone ai visitatori. Infine, sull’arco trionfale al di sotto della loggia di<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
104 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 105 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
collegamento con gli Archivi, campeggiano<br />
le insegne principesche di Monte Nevoso<br />
con il motto Immotus nec iners (fermo ma<br />
non inerte). Il titolo di principe fu conferito<br />
dal re a d’Annunzio nel 1924 in occasione<br />
della celebrazione dell’annessione di<br />
Fiume all’Italia. Lo stemma è composto da<br />
uno scudo sannitico ornato dal cordone<br />
francescano con il Monte Nevoso, un gladio<br />
e la costellazione dell’Orsa, sovrastati da un<br />
elmo e da una corona principesca. Il cordone<br />
e le stelle dell’Orsa ricordano lo stendardo<br />
dell’impresa di Fiume, visibile nella sala delle<br />
Reliquie.<br />
Oltre l’arco, entriamo nella piazzetta Dalmata,<br />
situata davanti alla Prioria, la residenza del<br />
poeta. In alto sul pennone sopra il pilo si erge la Vergine dello scettro di Dalmazia, esempio<br />
tipico di elaborazione dannunziana: risalente al XV secolo, è in rame sbalzato su un’anima in<br />
legno, ma la figura è stata profondamente rilavorata<br />
negli anni 1924-25. Nel pilo dalmata sono inserite<br />
otto grandi protomi barbute, originariamente chiavi<br />
di volta di stile sansoviniano, le quali dovrebbero<br />
ricordare gli schiavi della Slavonia. L’iscrizione sul<br />
pilo, infatti, recita: «Laudata sia nell’eccelso / La<br />
serenissima Vergine dello scettro di Dalmazia / Che<br />
per li otto venti della rosa italiana / Come per questi<br />
otto teschi / Risoggioghi la barbarie schiava / Dal<br />
primo vallo di Roma nel monte Adrante / Insino agli<br />
altari di Marco sanguinosi nel labirinto del Cattaro<br />
/ E dal crudo sasso quivi imminente / Insino al<br />
sommo degli Acroceraunii / Non impari nell’amore<br />
del fato e del fulmine. / Nono anniversario della<br />
guerra bandita. Settimo della Pentecoste sul Timavo.<br />
XXIV Maggio MCMXV MCMXXIV / XXVII Maggio<br />
MCMXVII MCMXXIV / et ultra».<br />
Volgendoci poi verso la residenza del poeta, non<br />
ci troviamo di fronte ad una reggia né ad un castello, ma piuttosto alla casa di campagna<br />
di un nobile toscano del Rinascimento, forse ultimo discendente di qualche antica famiglia<br />
dell’epoca comunale. Ci appare chiaro, perciò, fin dal principio, il rapporto di d’Annunzio<br />
con la storia del passato e la sua volontà di conferire alle architetture e agli arredi molteplici<br />
valori simbolici, passando attraverso tutte le principali fasi della storia d’Italia dalla classicità<br />
fino alle innovazioni tecniche dell’età industriale.<br />
La Facciata della Prioria<br />
Nella facciata si notano le numerose modifiche tese a «stodeschizzare» l’aspetto della villa<br />
che in precedenza apparteneva allo storico dell’arte tedesco Thode.<br />
«Per la facciata, desidero seguire il disegno che già ti esposi dandoti ad esempio la facciata<br />
del palazzotto aretino del Podestà. Bisogna limitarsi a collocare stemmi, senza altre pitture<br />
o ornamenti ambiziosi. Bisogna lasciare la misera facciata com’è; ma tempestarla di pietre<br />
senza ordine simmetrico» scriveva a proposito della sistemazione della facciata all’architetto<br />
Gian Carlo Maroni.<br />
L’arco trionfale di<br />
Montenevoso<br />
Il pilo dalmata<br />
La villa di un nobile<br />
rinascimentale<br />
La facciata del<br />
palazzo del Podestà
Né più fermo né più<br />
fedele<br />
Il mito di Venezia, di<br />
Firenze, di Genova<br />
San Francesco e<br />
il Cantico delle<br />
creature<br />
La Fama<br />
sansoviniana<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
Ci sono, infatti, decine di stemmi regalati da famiglie e città italiane<br />
fra i quali si possono riconoscere quello di Firenze e <strong>dei</strong> Savoia. Il<br />
levriero dello stemma centrale, con l’iscrizione «né più fermo né<br />
più fedele» (frase che si ispira al motto di Gian Vincenzo Vitelli),<br />
appartenente probabilmente alla città di Campi Bisenzio presso<br />
Firenze, intende sottolineare la fedeltà di d’Annunzio alla patria<br />
nonostante i torti subiti ed è interessante per l’amore che il poeta<br />
nutriva per questi cani da caccia celebrati in molte sue opere e<br />
con i quali spesso si identificava. Nel Libro segreto, ad esempio,<br />
ricorda con toni entusiastici una corsa di suoi levrieri, mentre nel<br />
Fuoco a proposito della loro fedeltà narra come uno di essi fosse<br />
rimasto menomato per sempre perché con le gambe spezzate<br />
aveva seguito ugualmente il cavallo del suo padrone lanciato al<br />
galoppo (vedi Tomba <strong>dei</strong> levrieri).<br />
Sulla facciata notiamo anche un leone di San Marco, simbolo<br />
della Repubblica di Venezia alla quale un tempo appartenevano<br />
i territori dalmati tanto cari al poeta; ci sono, infatti, molte statue<br />
e rilievi raffiguranti leoni sparsi per la casa e per tutto il giardino,<br />
come quello con le lettere del libro ripassate in color rosso sangue<br />
presso il Sacrario <strong>dei</strong> massi. Sulla destra, invece, troviamo l’Aquila<br />
di San Giovanni, simbolo per il poeta della profezia e del volo, ma<br />
con una possibile allusione anche alla simbologia classica, essendo un animale sacro a<br />
Zeus. Tra i diversi stemmi è riconoscibile anche quello di San Giorgio, probabilmente relativo<br />
alla Repubblica di Genova, città molto cara al poeta<br />
per il suo rapporto con le crociate, con il mito del<br />
Graal e, in tempi più recenti, con la partenza <strong>dei</strong> Mille<br />
dallo scoglio di Quarto. Lo stemma a destra rispetto<br />
a quello della famiglia Medici, sostenuto da putti<br />
con un leone rampante ascendente è probabilmente<br />
quello della città di Norcia, ma molto simile è anche<br />
quello della terra di Meldola, mentre nella parte<br />
destra della facciata un toro rampante ricorda la città<br />
di Torino e più sopra uno stemma con tre fiamme<br />
guizzanti rappresenta la municipalità di Foggia.<br />
Infine, la grande aquila ad ali aperte appartiene al<br />
primo stemma di casa Savoia e più oltre scorgiamo<br />
dalla parte opposta il giglio fiorentino.<br />
Sulla sinistra è inserito un bassorilievo bronzeo<br />
raffigurante san Francesco che presenta la regola<br />
al papa e la morte del Santo; sopra troviamo il<br />
classico motto spesso utilizzato da d’Annunzio «Pax et bonum» e «Malum et pax», che<br />
indica la perfetta letizia nel bene e nel male, accompagnando, infatti, i due momenti distinti<br />
della vita del Santo, della gioia per il riconoscimento papale e del dolore della morte. Sotto<br />
corre la scritta: «Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra madre terra la quale ne sustenta et<br />
governa et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba. Laudato si’ mi’ Signore per sora<br />
nostra morte corporale da la quale nullo vivente po’ skappare» e il poeta aggiunge: «E beati<br />
quelli che morranno a buona guerra», alludendo subito al sincretismo tra eroismo religioso e<br />
guerriero.<br />
Sopra il portone di ingresso ci sono due allegorie della Fama (o Vittorie)<br />
tardocinquetentesche di scuola sansoviniana simbolo anch’esse delle numerose battaglie<br />
e azioni militari da cui il poeta era uscito vittorioso. Esse ricordano, comunque, anche due<br />
analoghi rilievi del Cellini, artista rinascimentale molto amato dal poeta, per la sua istrionica<br />
figura di artefice. Nell’arco è scritto: «Sia pace a questa casa: spirito di Vittoria dia pace<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
106 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 107 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
a questa casa d’uomo prode». Anche qui la citazione biblica ed evangelica si unisce al<br />
concetto profano di Vittoria ed eroismo. Nell’intradosso dell’arco: «Clausura finché s’apra.<br />
Silentium finché parli». Iscrizione che ci suggerisce un’altra caratteristica dello stile <strong>dei</strong> motti<br />
dannunziani ovvero la tendenza ad esprimersi per ossimori paradossali, costruiti con la<br />
parola associata alle arti visive. Sul battente è affissa una vittoria alata mutila delle braccia,<br />
opera di Guido Marussig, a ricordo della «vittoria mutilata» della prima Guerra mondiale,<br />
perché priva delle terre dalmate ancora irredente.<br />
L’ingresso della Prioria<br />
L’ingresso è molto scuro e stretto con sette gradini preceduti da un cancello dorato a doppia anta.<br />
Ci può ricordare la frase evangelica «sforzatevi di passare per la porta stretta», considerando che<br />
il poeta usava spesso espressioni di carattere biblico e religioso a proposito della sua personalità e<br />
della sua opera, in un tentativo di «divinizzare» se stesso e la propria arte.<br />
Accanto al cancello sulla sinistra è posto un pastorale, mentre al sommo dell’anta è inserita una<br />
foglia di lauro, sottolineando così l’aspetto religioso e sacrale tanto dell’arte quanto dell’eroismo.<br />
Fra il cancello e gli scalini per terra ci sono due piccole statue di leoni, sempre a<br />
rappresentare la Serenissima, ma probabilmente anche a guardia di un ambiente religioso,<br />
come se si intendesse suggerire in miniatura il portale di una chiesa medievale.<br />
I dossali delle pareti sono parte di un coro seicentesco ornato in alto da molte statue lignee<br />
di angeli addossati al muro e adibiti a portalampada<br />
e da brocche e vasi in maiolica di ispirazione<br />
rinascimentale che indicano la presenza di acqua<br />
lustrale, simbolo della necessaria purificazione prima<br />
di entrare nella casa. Anche il soffitto sottolinea<br />
la sacralità del luogo essendo in legno scuro, a<br />
cassettoni con rosette dorate, ispirato alle basiliche<br />
paleocristiane, ma in versione déco.<br />
Alle pareti troviamo anche dipinti con rappresentazioni<br />
religiose, come, per esempio, una piccola Madonna<br />
con Bambino e un trittico in smalto su rame di Giuseppe Guidi raffigurante la Madonna con<br />
Bambino e i santi Francesco e Antonio da Padova, e l’icona con l’Annunciazione.<br />
Oltre gli scalini c’è una «colonna francescana» in pietra d’Assisi regalata, dal Comune umbro, dove<br />
sul plinto di base sono scolpiti tre chiodi dorati inseriti in una corona la quale, oltre che l’alloro,<br />
potrebbe richiamare idealmente il serpente che si morde la<br />
coda o la corda simboli fiumani, mentre in cima al capitello<br />
è posto un cesto di melograni. Sulla base del fusto è scritto<br />
“Victoriae est”. Lungo la colonna sale un tralcio di edera<br />
parzialmente dorata, ad indicare la vitalità di essa che,<br />
come anche per i piedritti dell’arengo, tende a confondere il<br />
proprio fusto con quello di un albero.<br />
Del resto l’edera è un simbolo di protezione<br />
perché nata per riparare Dioniso dalle fiamme che<br />
incenerirono la madre Semele; inoltre rappresenta<br />
la forza magica del dio, poiché, secondo il mito,<br />
essa neutralizzò e imprigionò le navi <strong>dei</strong> pirati che lo<br />
avevano rapito. Infine, essendo considerata un antidoto<br />
all’ebbrezza, simboleggia la palingenesi in quanto<br />
ricresce se drasticamente recisa È quindi il simbolo<br />
delle stagioni che si perpetuano e della primavera<br />
che torna, mentre nella religione cristiana l’edera<br />
rappresenta l’immortalità dell’anima dopo la morte<br />
Clausura finché<br />
s’apra<br />
L’eremo vegliato<br />
dagli angeli<br />
La colonna<br />
francescana
Tenace come l’edera<br />
dionisiaca<br />
Il melograno figlio di<br />
Dioniso e simbolo di<br />
Cristo<br />
Il ricordo della Duse<br />
La guardia <strong>dei</strong><br />
fratelli alati<br />
La bella ferita<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
corporale; tutte simbologie molto care al poeta che amava la commistione tra elementi sacri<br />
e profani legati al ciclo della natura.<br />
Sulla cornice del capitello corre l’iscrizione: Defendit amantem in aeternum innixa. Sursum si<br />
vivet. Vivam «Stabilita in eterno difende l’amante. Se vivrà in alto. Io vivrò».<br />
Le dimensioni della colonna sarebbero ispirate, secondo Valerio Terraroli, alla Mensura<br />
Christi cioè la colonna alla quale Cristo sarebbe stato flagellato, conservata in San Giovanni<br />
in Laterano.<br />
I melograni all’interno del Vittoriale sono una costante: ci sono numerose piante, per<br />
esempio, nel piccolo hortus conclusus intorno alla statua della Canefora del Martinuzzi<br />
all’interno del parco e il frutto essiccato si trova in molte stanze dall’Officina alla Veranda<br />
dell’Apollino; inoltre spesso è anche dipinto o scolpito e a tale frutto il poeta ha dedicato<br />
alcuni suoi romanzi. Poiché, secondo i misteri orfici sarebbe nato dal sangue di Dioniso<br />
bambino sbranato dai Titani, il melograno rappresenta il martirio anche per i chicchi rossi<br />
che ricordano gocce, tanto che nel periodo rinascimentale alludeva alla Passione di Cristo.<br />
Era il frutto preferito da d’Annunzio tanto che da esso si sentiva rappresentato, come<br />
apprendiamo dal protagonista Stelio Effrena nel romanzo Il Fuoco.<br />
Nell’ingresso, sempre a proposito del melograno, troviamo le iscrizioni: «Feros lenio in aurea<br />
cistula fructus» «Raddolcisco in una cesta d’oro i frutti aspri» «Et rigidi saxo mitescunt» «E nel<br />
rigido sasso si raddolciscono».<br />
Sopra la doppia porta è scritto: «Te hospitio agresti accipiemus» «Ti accoglieremo nella<br />
dimora agreste».<br />
Ai lati della parete di fondo vi sono due calchi di protomi femminili, opera<br />
di J. R. Carriere, rivolte verso l’alto le quali ricordano nell’atteggiamento il<br />
viso di Eleonora Duse che, come apprendiamo nel Fuoco, assumeva spesso<br />
questa posa plastica particolarmente amata dal poeta perché, a suo parere,<br />
fortemente evocativa. Così, infatti, volle che fosse ritratta da Arrigo Minerbi<br />
nella scultura presente nell’Officina.<br />
Al centro troviamo una protome alata che segna la divisione dell’ingresso<br />
dell’ospite desiderato da quello dell’indesiderato. Ai lati sulle porte sono dipinti<br />
i ritratti di Santa Chiara e San Francesco (opera del salodiano Angelo Landi),<br />
che rendono l’ambiente chiaramente riferibile all’ingresso di un monastero di<br />
clausura.<br />
<strong>Sulle</strong> ante della porta che immette all’Oratorio dalmata sta scritto «Nihil coinquinatum»<br />
(niente di impuro). Altri elementi che segnalano l’accesso in un luogo sacro e solenne<br />
sono il soffitto a cassettoni scuri con rosette dorate in rilievo, e le molte statue in legno<br />
dipinto di santi e angeli del sec. XVII- XVIII. Sugli angoli del coro sono però posti <strong>dei</strong> corni<br />
di rinoceronte con funzione apotropaica, l’uso di corna animali con questa funzione si può<br />
trovare nel Vittoriale anche in altri luoghi. Ci accoglie la lunga schiera <strong>dei</strong> «fratelli alati»<br />
dell’arcangelo Gabriele, l’annunciatore, omonimo del poeta, mentre all’entrata è posta una<br />
statuetta lignea di san Gerolamo in abito cardinalizio, introducendo, quindi, già dall’ingresso,<br />
uno <strong>dei</strong> motivi dominanti della casa cioè la sacralità dell’ambiente, il sacrificio e il ritiro in un<br />
ideale «deserto» dedicato alla meditazione.<br />
Il Sacrario <strong>dei</strong> massi – La Guerra in miniatura<br />
Religio iuvenum in bello inest<br />
«Nel giardino sotto il faggio di porpora, fra il macigno del Grappa e il macigno del Sabotino,<br />
fra il Leone veneto di Sebènico e la mitragliatrice austriaca di Asiago, è un lembo di prato...<br />
Ecco abbatto la mia statura d’uomo, mi adeguo alla terra, mi spiombo nell’erba che cede al<br />
mio peso...» (Libro segreto)<br />
Per giungere al sacrario si deve oltrepassare un’architrave in pietra, sorretta da due colonne,<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
108 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 109 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
con la scritta rossa «Rosam cape, spinam cave» (prendi la rosa, sta’ attento alla spina). Su<br />
di essa è posta una piccola riproduzione della Venere Landolina del Museo archeologico<br />
di Siracusa. A proposito della Venere guerriera scrive, infatti, il poeta: «La nostra Bellezza<br />
sia dunque nel tempo medesimo la Venere adorata da Platone e quella di cui Cesare diede<br />
il nome per la parola d’ordine a’ suoi legionarii sul campo di Farsaglia: VENUS VICTRIX»<br />
(Libro ascetico della Giovane Italia - La parola di Farsaglia). Nel retro dell’architrave è scritto:<br />
«Omnia florebunt prospiciente deo» (tutte le cose fioriranno davanti allo sguardo di Dio)<br />
ad indicare la funzione del martirio come atto di creazione, nel quale si dispiega la realtà<br />
dell’assoluto e dove l’essere si mostra nella sua vera natura fuori delle leggi del tempo.<br />
Il sacrario <strong>dei</strong> massi è un importante esempio di arte concettuale e, precisamente, di land<br />
art, posto nei giardini del Vittoriale; infatti l’assemblaggio e l’intervento artistico del poeta<br />
vengono realizzati su elementi che non hanno alcun valore estetico in sé ma che assumono<br />
importanza solo attraverso la scrittura e il<br />
loro luogo di origine.<br />
Hanno cioè una funzione metonimica, poiché<br />
una piccola parte evoca il tutto. I massi,<br />
infatti, provengono dai monti delle Dolomiti<br />
e del Carso che sono stati scenario di molte<br />
battaglie della Prima Guerra Mondiale e su<br />
di essi è scritto in rosso il nome del luogo da<br />
cui sono stati prelevati. Il colore è stato scelto<br />
per simboleggiare il sangue versato durante<br />
questi cruenti attacchi e la scrittura dichiara<br />
la funzione fortemente simbolica dell’oggetto.<br />
I massi diventano così <strong>dei</strong> correlativi oggettivi di ciò che rappresentano e degli uomini che ne<br />
sono stati protagonisti. VELIKI, GLENO, KRIBA, ERMANDA, SABOTINO, PASUBIO, L’ORTIGARA,<br />
CRODA ROSSA, MONTE GRAPPA sono i nomi «sacri» che ancora grondano del sangue <strong>dei</strong><br />
tanti eroi anonimi. Per rafforzare la sacralità del luogo d’Annunzio ha fatto piantare una croce<br />
sulla pietra più in alto, quella della Croda rossa sostenuta a sua volta dall’altra dedicata al<br />
monte Grappa. Del Veliki scrive. «Veliki; una battaglia d’oro, la più bionda battaglia del nostro<br />
Oriente! [...] I fanti mordevano l’azzurro. [...] La forza rimbalzava dalla morte. La morte era<br />
trascinata in su, dall’ardore e dal clamore».<br />
A proposito del Carso in generale scrive: «C’è una volontà sotterranea, come nel Carso<br />
ci sono fiumi nascosti e forse per sempre vermigli. Intendi? [...] Il Carso è la rivelazione<br />
sovrumana del contadino. Il Carso è la creazione ideale del contadino. L’uomo della gleba è<br />
strappato alla gleba e connesso alla pietra. [...] In ognuno di questi macigni c’è una statua<br />
italiana da sbozzare. E nella punta di ogni baionetta c’è il taglio dello scalpello.» (Comento<br />
meditato a un discorso improvviso)<br />
La sineddoche <strong>dei</strong><br />
massi<br />
Un obice da<br />
performance
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
Il leone dalmata Appoggiata ad uno <strong>dei</strong> massi c’è la<br />
A rendere ancora più sacro e mistico l’ambiente troviamo una statua in bronzo di San<br />
canna di un obice per metà aperto e<br />
Francesco, opera dell’artista Giacinto Bardetti. In questo contesto il santo è visto come<br />
che mostra la rigatura interna, con<br />
asceta, cioè magrissimo e consunto poiché è colui che ha dato tutto per perseguire la<br />
un’attenzione tipicamente dannunziana<br />
propria causa. Anche il Vate, infatti, si sente un martire immolato per la patria e per l’arte, al<br />
per le forme dinamiche di elementi<br />
fine di elevare l’Italia e d’altra parte dal suo punto di vista tra arte ed eroismo in guerra non<br />
della tecnica non direttamente artistici,<br />
ci dovrebbe essere alcuna differenza. Questa statua, così come la croce, conferisce un senso<br />
ma che esprimono particolare energia<br />
di sacralità a tutto l’assemblaggio di oggetti. I riferimenti francescani sono presenti in quasi<br />
lineare. Il fatto che sia fracassata sta<br />
probabilmente ad indicare la sconfitta<br />
tutte le stanze della Prioria: all’ingresso della<br />
sala del Lebbroso, riprendendo la tematica<br />
Le pecore d’Abruzzo<br />
degli invasori d’oltralpe oppure l’enorme<br />
presente qui, ci sono immagini del santo<br />
«forza del fuoco» che, alla fine, l’avrebbe<br />
con pecore e lupi proprio come in questo<br />
lacerata.<br />
contesto, in cui è visto come un pastore.<br />
A destra <strong>dei</strong> massi sacri troviamo un<br />
Sulla sinistra troviamo, infatti, un gregge<br />
leone (che nella frase citata D’Annunzio<br />
di pecore che rappresenta l’infanzia e la<br />
dice essere quello di Sebenico)<br />
giovinezza di d’Annunzio: l’Abruzzo è una<br />
recante la scritta «Victoria tibi Marce evangelista meus» come quello della porta a mare di<br />
terra di pastori e di greggi ai quali il poeta ha<br />
Rovigno, riprodotto in un quadro oggi posto nella sala delle Reliquie e che si trovava dietro<br />
dedicato una sua famosa lirica, ricordando<br />
la scrivania del Comandante nel palazzo del governo di Fiume. A sinistra è posta invece una<br />
la transumanza lungo i tratturi. È probabile,<br />
grande urna cineraria, con evidente allusione funebre, come troviamo anche all’ingresso<br />
perciò, che abbia voluto dedicare in questo<br />
dell’orto della Canefora e davanti alla statua di Antinoo nella sala della Cheli. Accanto al<br />
sacrario uno spazio alle sue origini, secondo<br />
masso dedicato al Veliki è posta una base di colonna recante la scritta sitientibus (agli<br />
assetati) riferita agli assetati di giustizia (contro i nemici della patria), ma anche con una<br />
un suo procedimento tipico nell’allestimento<br />
delle sue installazioni, dove gli elementi<br />
Balilla lancia<br />
l’attacco<br />
San Francesco probabile allusione ad un episodio di guerra nel quale d’Annunzio poiché le riserve d’acqua<br />
artistici e patriottici si uniscono ad altri legati<br />
asceta della patria scarseggiavano anche lui aveva voluto soffrire la sete insieme ai suoi soldati.<br />
alla sua storia personale.<br />
Sempre seguendo sottili corrispondenze<br />
mistico - patriottiche, troviamo alla base<br />
della statua del Bardetti un piccolo bronzetto<br />
raffigurante un lanciatore di sasso con<br />
accanto tre lupi. È probabilmente ispirato<br />
alla statua di Gianbattista Perasso detto<br />
Balilla già presente a Genova nella zona di<br />
Portoria, dove oggi si apre via XX Settembre.<br />
Personaggio che, come è noto, si ribellò agli<br />
austriaci occupanti nel 1746 al grido di «Che<br />
l’inse?» (“La comincio?”) e che rappresenta,<br />
secondo la retorica risorgimentale, la<br />
ribellione degli italiani contro gli invasori<br />
stranieri anche a mani nude.<br />
Tale citazione è unita alla rappresentazione in<br />
miniatura del monumento al 78° reggimento<br />
Lupi di Toscana, impiegato nel Carso nella<br />
Prima Guerra Mondiale, di cui il Vate faceva<br />
parte. Il 6 agosto 1916, quale ufficiale di<br />
collegamento della 45° Divisione, seguì le<br />
fasi dell’assalto per la conquista di Sabotino,<br />
celebrandola poi in un proclama. Il 2<br />
novembre 1916, sul Carso all’espugnazione del Veliki (di cui abbiamo già parlato) e del Faiti,<br />
egli era ancora con il suo reggimento. In tutti i suoi ricordi di guerra e nelle più significative<br />
esaltazioni di eroismo egli stesso amava definirsi «Povero Frate Lupo».<br />
Scrive il poeta nel Libro segreto: «Le caverne del Carso han conosciuto e protetto il meglio<br />
della mia vita mentale, i pensieri senza numero nati da una imagine sola, le musiche ricche<br />
generate dalla monotonia del mio motore volante».<br />
Povero Frate Lupo<br />
110 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 111 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
Il recinto sacro<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
L’arengo e i “crociati” di Fiume<br />
In silva columnas fortium invenies<br />
“Il lago è oggi simile al braccio reciso d’un vasto fiume regale. Dove andava? a qual foce? a<br />
quale oceano?<br />
Un velo copre il Garda, un velo il Baldo. Tutto è molle, e immemore. Cilestrino è il primo<br />
cerchio, il secondo è rosato, e il restante cielo è tutto uguale di perla. Nel folto dell’arengo,<br />
alle colonne e ai tronchi gli uccelli ripetono il coro del mattino. Rinnovellano alla luce labile<br />
il commiato eternale di Antigone. Fuso è il canto, negli alberi di magnolia, come se le voci<br />
e le frondi si compenetrassero. Le campane sembran quelle di una cattedrale sommersa.<br />
I pensieri sembran fluire dalle tempie col sangue delle arterie incise.”(Prefazione al Libro<br />
ascetico della Giovane Italia, 5 maggio 1926)<br />
L’Arengo è il luogo più sacro <strong>dei</strong> Giardini del Vittoriale. È delimitato da un cerchio di magnolie<br />
sempreverdi ed è raggiungibile tramite un portale di pietra che immette nel cenacolo concepito<br />
come un coro medievale intorno ad un ideale presbiterio dove sono raccolte le reliquie del<br />
martirio e della vittoria, dalla Prima guerra mondiale all’impresa di Fiume.<br />
Per entrare si passa attraverso due colonne antiche e due soglie che recano i motti<br />
«Ingressus at non regressus» (avanzando ma non tornando indietro) «Strepitu sine ullo»<br />
(senza un grido) «Sordida pellit» (scaccia ciò che è sordido).<br />
Le ventisette colonne, rappresentano le diverse vittorie e gesta gloriose: ad esempio,<br />
la più scura sorregge un’urna sigillata con all’interno la terra del Carso e rappresenta<br />
simbolicamente Caporetto: una disfatta che però il Vate considerò come una vittoria morale<br />
dell’Italia (creando una pseudo etimologia secondo un procedimento simile a quello usato<br />
nel Medioevo, cioè Caporetto = capo eretto) dato che diede impulso al risorgere dell’esercito<br />
italiano.<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
112 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 113 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Dall’Arengo si scorge, inoltre, la rocca di Manerba nel cui profilo d’Annunzio riconosceva<br />
«l’effigie petrosa di quel Dante che disdegna i languori della vita crepuscolare» rivolta verso<br />
Oriente. Allora anche la colonna orizzontale di fuoco roseo del sole che sorge all’orizzonte<br />
può ricordare la vittoria abbattuta, ma può anche indicare una nuova impresa: «Abbattuta è<br />
quivi dunque la colonna di fuoco indicatrice? non segna più, non indica più?<br />
Ma forse interpreta, o compagni fedeli, il mio gesto: quel d’allora e quel di ora. Forse è<br />
orientata verso quell’oriente a cui son fiso dalla prua d’una esule nave che serba il rombo<br />
del suo mare, del mio mare»<br />
«In questo Vittoriale dove, tra tante colonne scolpite e incise, i miei morti sono le mie colonne<br />
invisibili» (Commiato al patto marinaro, La fiamma intelligente) d’Annunzio riuniva i fedeli<br />
fiumani per celebrare con essi i riti della Patria, vale a dire quelli iniziatici dell’esperienza di<br />
guerra e quelli commemorativi, gli anniversari gloriosi o tragici delle loro imprese militari. Tra<br />
i diversi seggi si distingue un trono sui gradini del quale è scritto: «Non nisi grandia canto -<br />
Regimen hinc animi» («Non celebro se non le grandi gesta – Da qui è il regno del coraggio») .<br />
Anche qui, come in altri ambienti del Vittoriale, la collezione di colonne, di diverse epoche dal<br />
XIV al XVII secolo, rappresenta il rapporto con il passato italico, ma soprattutto con il concetto<br />
che esprime, cioè la rinascita dell’eroismo del popolo latino, come simulacro delle gesta<br />
degli audaci. Ad essa poi si aggiungono, elementi patriottici che si presentano sotto forma<br />
di interventi artistici, come i proiettili posti sui capitelli o l’inserimento di rilievi nel fusto delle<br />
colonne stesse, iscrizioni e leggii o altri oggetti in bronzo. In esso si realizza l’idea dannunziana<br />
di fusione tra architettura e natura, convivenza dell’inventiva umana e naturale, dove anche i<br />
suoni agresti uniti alla voce si caricano di vicendevoli energie, in una sorta di superiore armonia,<br />
riprendendo, probabilmente, anche le immagini carducciane del Comune rustico.<br />
Del resto d’Annunzio non ha mai fatto mistero di sentirsi un «uomo di fazione» sempre<br />
animato dall’ambizione dell’azione guerresca e della violenta contrapposizione. Nell’Arengo<br />
si forgia la mente degli ascoltatori, come spesso constatiamo nei suoi romanzi a proposito<br />
<strong>dei</strong> discorsi in pubblico:<br />
«Come il fonditore che getta il bronzo infiammato nell’impronta cava donde uscirà la statua<br />
perfetta, così m’appare ansioso il capitano consapevole d’esser per compiere un’opera<br />
bella come la fiamma di quelle anime ebre» (Libro ascetico della Giovane Italia - Laude<br />
dell’illaudato).<br />
<strong>Vie</strong>ne suggerita l’idea del cesellatore e del forno fusorio, come per la creazione del Perseo<br />
del Cellini. Egli evoca spesso l’immagine del famoso scultore fiorentino intento, come<br />
racconta nelle sue Memorie, nello spasmodico tentativo di mantenere sempre alto il fuoco,<br />
cercando, nello stesso tempo, nuovo bronzo per portare a termine l’opera. «“Patria mia<br />
dolce!” parlava in me quel maestro di stile inimitabile com’è il mio stile. [...]” È bisogna fare<br />
molto maggiore la fornace...”[...] La mia furia lirica s’attendeva, con Benvenuto, che”una<br />
saetta si fussi creata quivi alla presenza nostra”.» (Libro ascetico della Giovane Italia - Il<br />
sasso contro l’eroe)<br />
L’immagine del rapporto con il pubblico come un lavoro di fusione e di incudine temprando<br />
e forgiando è reso evidente nel romanzo Il Fuoco a proposito della dissertazione tenuta<br />
da Stelio Effrena in Palazzo Ducale a Venezia (inserito nell’Allegoria dell’Autunno ed<br />
effettivamente pronunciata da D’Annunzio) e, ancora, riguardo al discorso interventista<br />
pronunciato in Campidoglio a Roma e ricordato nel Notturno. La folla trasmette attraverso i<br />
suoi mille occhi di mostro, simile all’immagine della Fama virgiliana, una fortissima energia<br />
che passa dall’oratore agli ascoltatori e viene restituita in una sorta di accrescimento<br />
esponenziale, fino all’esplosione e alla «palingenesi» delle menti italiche in vista della<br />
creazione del nuovo popolo latino. Come spiegano, ad esempio, sia Claudio Cantelmo sia<br />
Stelio Effrena, tra un cenacolo di artisti e un cenacolo di patrioti non ci deve essere quasi<br />
differenza perché entrambi sono complementari: l’artista non può essere solo un’asceta, ma<br />
deve battersi per la cultura italica e la patria.<br />
A fianco, delle ventisette colonne vi è, infine, un minuscolo rivo d’acqua il quale evoca il<br />
Rubicone, confermando perciò l’idea già espressa dall’iscrizione citata, dell’ingresso dal<br />
Il profilo di Dante e<br />
la colonna abbattuta<br />
La foresta<br />
pietrificata<br />
Forgiature di anime<br />
Le colonne parlanti
L’Arengo-teatro<br />
La Vittoria crocifissa<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
quale non si torna indietro. Il seggio del Comandante è posto di fronte alla Colonna del<br />
Giuramento, sormontata da un capitello d’epoca longobarda, fregiata da un Cristo crocefisso,<br />
leggii e torciere in ferro battuto, e recante il motto: “Iuro ego” (Io giuro) e dall’altra parte.”Me<br />
sodalibus credo” (Mi affido ai compagni). «Tutti i nostri martiri<br />
si levano gridando: ”Credo”» scrive il poeta in un passo delle<br />
Primavere sacre dell’Italia alata, nel Libro ascetico della Giovane<br />
Italia. Altro motto qui inciso è una variante di quello scolpito nello<br />
stemma araldico del levriero, posto sulla facciata della Prioria,<br />
Undique fidus, undique firmus.<br />
Sul fusto di una colonna mozzata è inserito poi uno scudo<br />
crociato probabilmente a ricordo del mito degli antichi cavalieri<br />
templari, ma forse anche del famoso discorso interventista di<br />
Quarto a Genova. Elementi simbolici che potrebbero indicare la<br />
vittoria mutilata o la persecuzione <strong>dei</strong> cavalieri del Tempio. Su un<br />
altro piedritto troviamo invece una placca bronzea con aquila in<br />
rilievo su cui è scritto Gloria tibi soli (Gloria a te solo).<br />
La struttura <strong>dei</strong> seggi ricorda forme orientaleggianti molto simili, per esempio, ai sedili<br />
presenti nei teatri delle città greche dell’Asia Minore (come quelli della poedria nel teatro<br />
di Priene). Nella parte interna della spalliera <strong>dei</strong> seggi a destra del trono centrale è inciso<br />
un gruppo di menadi danzanti, secondo i tipici atteggiamenti delle statuette e <strong>dei</strong> rilievi di<br />
Tanagra, a ricordo della funzione «teatrale» e legata alla tragedia antica dell’Arengo. Nella<br />
parte esterna <strong>dei</strong> braccioli sono invece incisi mostri marini con la lunga coda attorta. Ai lati<br />
dello scranno del Comandante sono posti due leoni <strong>dei</strong> quali il resto del corpo, dotato di ali, è<br />
inciso nella parte interna <strong>dei</strong> braccioli e nella spalliera; essi rappresentano i leoni alati di San<br />
Marco a ricordo delle vittorie in Dalmazia.<br />
Sempre alla destra del trono è posta un’acquasantiera sorretta da una colonna recante<br />
la scritta: «Mutuo amore crescunt» (nell’amore vicendevole si accrescono) per ricordare il<br />
sodalizio <strong>dei</strong> legionari.<br />
L’idea di inserire l’Arengo all’aperto non è casuale perché ricorda l’uso dannunziano di<br />
tenere i propri discorsi in una situazione analoga anche a Fiume, come egli stesso ricorda:<br />
«ieri sera, come nei più bei giorni della nostra resistenza, fu fatto parlamento all’aria aperta.<br />
Anche una volta fu ripreso il costume dell’antico arengo.» Poi d’Annunzio si affaccia alla<br />
ringhiera e parla alla gente «Voi rispondeste col più generoso <strong>dei</strong> vostri gridi. E l’ora di<br />
iersera fu per l’anima <strong>dei</strong> Fiumani la più alta, dopo quella della “santa entrata”.»<br />
L’Arengo è il luogo dove l’«animatore» d’Annunzio suscita gli entusiasmi e le lacrime, dove<br />
ricorda il sacrificio, l’olocausto tradito:<br />
«Quando fui tratto alla ringhiera, non c’era più manto, non c’era più velo, non c’era<br />
più alcuno schermo. Con un’angoscia stupefatta sentivo la piazza piangere, la strada<br />
singhiozzare. Le lacrime si adeguavano all’elemento, non più stille ma flutto. Il dolore<br />
infaticato del mare giungeva alle ciglia degli uomini, traboccava dagli orli <strong>dei</strong> poveri occhi.»<br />
(Deplorazione del popolo che giungeva dall’Italia stessa attraverso le isole rifatte schiave)<br />
Inoltre questo luogo gli ricorda anche il già citato discorso interventista di Quarto, tenuto<br />
nell’anniversario della partenza <strong>dei</strong> Mille il 5 maggio 1915, subito dopo il suo rientro in Italia<br />
dalla Francia. Anche in quel caso fu tenuto all’aperto, ed egli lo rievoca nel 1926, quando già<br />
si trova nella villa di Cargnacco.<br />
La colonna accanto al seggio di d’Annunzio regge una Vittoria alata bronzea (1921),<br />
coronata di spine che sta ad indicare la vittoria della Grande Guerra conquistata con il<br />
martirio e il sangue, è nuda e ammantata da una pelle di serpente (come il simbolo della<br />
Reggenza del Carnaro) dai caratteri orientaleggianti ad indicare il rinnovamento continuo e<br />
l’eternità del sacrificio per la patria. I suoi piedi poggiano su una testa di leone sporgente a<br />
guisa di rostro di nave, richiamando quindi, la polena della nave Puglia. Le ali della Vittoria<br />
sono diritte, puntate verso il cielo, e non suggeriscono l’idea del movimento o del volo, così<br />
come le braccia appaiono sollevate e sembrano ispirarsi alla posizione di un crocifisso o di<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
114 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 115 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
un orante; regge in una mano una corona mentre l’altra è chiusa a pugno. È l’unica statua<br />
presente nell’Arengo, opera di Napoleone Martinuzzi, con la dicitura: Et haec spinas amat<br />
Victoria (anche questa Vittoria ama le spine).<br />
«La mia [corona] fu di spine; e non mi dolsi nella prima ora e non mi dolsi nell’ultima. E non<br />
me ne dolsi mai.» Scrive il poeta nei Sette documenti d’amore del Libro ascetico a proposito<br />
della «città di vita» cioè Fiume, ora perduta.<br />
Martinuzzi fu uno scultore e maestro vetraio e nei primissimi anni Venti cominciò ad entrare<br />
nell’orbita dannunziana. Tra i suoi pezzi più noti si ricorda il vaso ad anse dorate in vetro<br />
pulegoso, collocato nella Zambracca. Chiamato confidenzialmente «Fra’ apè» dal poeta,<br />
Martinuzzi, realizza per il Vittoriale anche la Canefora, ora sistemata nel giardino <strong>dei</strong> melograni.<br />
Un tempo su una delle colonne del boschetto delle magnolie era posta anche la protome della<br />
Vittoria angolare opera di Renato Brozzi, oggi conservata nella Sala della Musica.<br />
A guardia dell’ingresso all’Arengo e ai lati del seggio del Comandante, sono poste sui<br />
capitelli di due colonne delle ogive di proiettili di artiglieria, creando un vero e proprio ready<br />
made, in cui un elemento funzionale e non artistico diventa oggetto estetico nel momento<br />
in cui è elevato e isolato su un ideale piedistallo. Un’installazione simile troviamo anche<br />
nel «Ponte delle teste di ferro» soprannome dato ai legionari stessi del poeta nella valletta<br />
dell’Acqua Pazza, dove i proiettili sono un dono del generale Armando Diaz. Assume, quindi,<br />
funzione estetica e simbolica: estetica come ideale continuazione metallica della colonna in<br />
pietra e suo coronamento; simbolica perché è la riproposizione moderna dell’antico valore<br />
degli uomini di fazione dalle cui città sono state prelevate le colonne, a testimonianza della<br />
virtù italica che risorge. Accanto, su un altro sostegno è posto un cratere o acquasantiera<br />
(come troviamo anche nella Sala della Musica) che richiama probabilmente il Graal, come<br />
possiamo arguire dalla Canzone del Sangue dedicata a Genova e nella quale si parla della<br />
coppa del Graal portata dal crociato Guglielmo Embriaco e conservata nella cattedrale di san<br />
Lorenzo (simboli ripresi anche nella Sala del Lebbroso). C’è poi un’altra acquasantiera in stile<br />
barocco posta esternamente all’Arengo vero e proprio.<br />
Sul lato orientale è presente poi la colonna del «Patto marino» nella quale sono riportati i<br />
nomi di alcuni di coloro che parteciparono alle imprese dannunziane e lo sottoscrissero:<br />
«Costanzo Ciano di Cortellazzo, Stefano Benni e Emanuele Parodi, Giuseppe Giulietti,<br />
Domenico Brunelli e l’uomo senza nome, servus servorum patriae a questo sempreverde<br />
sacrario delle vittorie segnarono con l’avvenire il novo patto marino rinnovellando per<br />
l’avvenire preghiera della stirpe eletta: fa di tutti gli oceani il mare nostro. Amen<br />
<strong>Vie</strong>ni a veder la gente quanto s’ama antipurgatorio balzo secondo.»<br />
Il verso «Fa di tutti gli oceani il Mare nostro» è tratto dalla preghiera, All’Adriatico, nell’opera<br />
teatrale La Nave:<br />
«Ma dissi: O Iddio che vagli e rinnovelli<br />
nel Mar le stirpi, o Iddio che le cancelli,<br />
i viventi i viventi saran quelli<br />
che sopra il Mare<br />
ti magnificheranno, sopra il Mare<br />
ti glorificheranno sopra il Mare<br />
t’offriran mirra e sangue dall’altare<br />
che porta rostro.<br />
Fa di tutti gli Oceani il Mare Nostro!<br />
Amen»<br />
Nel rilievo sotto l’iscrizione, inserita in una rituale «mandorla» gotica è una figura di san<br />
Francesco orante che richiama nell’iconografia il momento in cui il santo avrebbe ricevuto le<br />
stimmate.<br />
Su un’altra delle ventisette colonne – che sostiene un capitello – acquasantiera – rivolta<br />
verso l’ingresso dell’Arengo, e accanto a quella con lo scudo <strong>dei</strong> templari si legge: bonum<br />
Il ready made delle<br />
armi<br />
La colonna del Patto<br />
Marino<br />
San Francesco
D’Annunzio il buon<br />
samaritano<br />
D’Annunzio l’Ecce<br />
homo<br />
Doppio ardor mi<br />
consuma<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
omen dominus mihi adiutor intacta triumpho nec fulmen metuo nec hyemen sic nutrior atque<br />
quiesco durabo (Il Signore è mio aiuto, manterrò il buon presagio nel trionfo intatta, non<br />
temo né il fulmine né il freddo, così io sono nutrita e riposo). Scrive il poeta in un passo del<br />
Comento meditato a un discorso improvviso nel Libro ascetico della Giovane Italia: «Portate<br />
qui l’incudine, e incoroniamola segno di costanza. Durabo». Si tratta di un classico esempio<br />
di oggetto parlante dannunziano che si avvicina, all’idea dell’«impresa» rinascimentale<br />
Nella sua opera poi, l’arengo appare come un sodalizio tra poveri, come luogo della<br />
compassione e solidarietà popolare. <strong>Vie</strong>ne rievocata a riguardo anche un’immagine<br />
dell’infanzia, perché, come spesso accade nell’opera dannunziana, al centro c’è una<br />
performance infantile che torna a ispirare gli atteggiamenti dell’uomo nella maturità:<br />
«Io parlo ai miei operai nel mio giardino. Li faccio sedere. Io rimango in piedi. Mi conoscono.<br />
Sanno, per testimonianze certe, che [...] sempre i famigli di qualunque sorta hanno mangiato<br />
il mio medesimo pasto e che questa “eguaglianza”, [...] non fu mai negletta né diminuita.<br />
Sanno che il mio primo amico, l’amico della mia prima infanzia, fu un poverello che si<br />
chiamava Cincinnato, [...] e che gli davo ogni giorno la mia merenda; e che quando mia<br />
madre una volta lo seppe e volle rinnovarmela, io non la presi perché mi pareva di sentir<br />
menomato il piacere dell’offerta; e che questo, di me, piacque a mia madre e che questo, di<br />
me, piace anche a me.»<br />
Ne La prima voce dell’arengo, discorso pronunciato a Fiume 12 settembre 1919 d’Annunzio<br />
si presenta come Cristo: «Ecco l’uomo; che tutto ha abbandonato di sé e tutto ha<br />
dimenticato di sé per esser libero e nuovo al servigio della Causa bella, della Causa vostra:<br />
la più bella nel mondo, e l’eccelsa, per un combattente che in tanta bassezza e in tanta<br />
tristezza cerchi ancora una ragione per vivere e di credere, di donarsi e di morire.»<br />
Più oltre, verso l’agrumeto e il frutteto, troviamo il pilo della Reggenza e la colonna Marciana,<br />
con la più alta antenna del Vittoriale, sulla quale veniva issato il gonfalone di San Marco che<br />
sventolava fra i cipressi di Aquileia, dono <strong>dei</strong> combattenti all’eroe di guerra.<br />
La Nave «Puglia» - il sacro rottame<br />
Verto oculos orienti soli ut vulnerem iterum<br />
«Ardisco offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane, e tutto quel che da oggi io sia per<br />
acquistare e per aumentare col mio rinnovato lavoro, non pingue retaggio di ricchezza inerte<br />
ma nudo retaggio di immortale spirito [...] Tutto, infatti, è qui da me creato o trasfigurato[...]<br />
Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio<br />
presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linea, in ogni accordo<br />
o disaccordo di colori [...] Ogni rottame aspro è qui incastonato come una gemma rara.<br />
La grande prora tragica della nave”Puglia” è posta in onore e in luce sul poggio, come<br />
nell’oratorio il brandello sanguigno del capo di fanti ucciso...». (Per l’inviolabile integrità del<br />
Vittoriale interamente donato)<br />
Era il 1923 quando l’ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Ravel donò a Gabriele d’Annunzio<br />
il Regio Ariete Torpediniere «Puglia». Era stata varata a Taranto il 22 settembre 1898 e,<br />
divenuta la prima nave da guerra della flotta militare italiana, venne impiegata inizialmente<br />
nella Prima Guerra Mondiale. Tra il dicembre 1915 e il febbraio 1916 aveva protetto insieme<br />
ad altre navi, la ritirata dell’esercito serbo incalzato dalle armate imperiali austriache. L’undici<br />
luglio 1920 a Spalato, in Dalmazia, fu poi al centro di un grave fatto di sangue che la rese<br />
testimone dell’atto di coraggio del motorista Aldo Rossi e del capitano Tommaso Gulli, uccisi<br />
durante una rivolta antitaliana degli slavi. Il comandante, benché ferito a morte, nascose<br />
la gravità del suo stato, mantenendo l’ordine ed evitando che i marinai attuassero una<br />
rappresaglia contro la popolazione della città. Con il suo martirio dimostrò così il suo amore<br />
per le terre e le genti italiane al di qua e al di là del mare Adriatico.<br />
116 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 117 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
La motivazione della medaglia d’oro assegnatagli spiega:<br />
«Ascoltando l’impulso generoso della sua anima fiera di<br />
soldato italiano, era accorso inerme, sapendo in pericolo<br />
quasi mortale ed inermi essi pure i suoi marinai in mezzo alla<br />
steppa selvaggia e sfrenata di Spalato; moriva serenamente,<br />
come gli antichi eroi della stirpe, il marinaio generoso,<br />
consacrando del suo sangue gentile anche una volta questa,<br />
zolla sacrata da tanto secolare martirio, e rinsaldava di tutto<br />
lo spasimo del nostro tormento, di tutta la grandezza del suo<br />
sacrificio, il patto d’amore indissolubile, inviolabile, da fratelli<br />
a fratelli, fra le due sponde congiunte e non mai divise del<br />
mare ch’è nostro ».<br />
L’atteggiamento che più affascinò d’Annunzio fu l’estremo<br />
atto di coraggio di cui il Gulli fu protagonista in ospedale,<br />
quando, ormai agonizzante, nonostante il pericolo di morire<br />
dissanguato, volle strapparsi le bende per vedere le ferite.<br />
Così doveva fare l’Italia - disse il poeta - non nascondere,<br />
ma guardare le proprie ferite.<br />
La nave, destinata a essere demolita nel 1923, fu accettata<br />
di buon grado da d’Annunzio che immediatamente ne<br />
predispose il montaggio e la messa a nuovo: la prua rimase<br />
quella originale mentre la poppa, aggiunta nel 1933, fu<br />
riedificata in muratura; venne poi posizionato l’albero di<br />
poppa. La sua posizione verso est doveva accompagnare<br />
nell’immaginario del poeta il profilo”grifagno” di Manerba nel quale egli si figurava da<br />
sempre l’effigie di Dante irato e ammonitore per le terre d’Italia ancora irredente al di là del<br />
“mare nostro”, cioè l’Adriatico.<br />
Infine, sulla prua, come polena, fu posta la Vittoria angolare, scultura bronzea realizzata da<br />
Renato Brozzi.<br />
Questa statua, simbolo delle numerose ed eroiche vittorie, regge un serto di foglie e poggia<br />
su un fascio di frecce dorate, che simulano la presenza di un rostro, accompagnata dal<br />
motto «Così ferisco», presente anche nel soffitto della Stanza del Lebbroso. Tale frase fa<br />
riferimento alla funzione della nave Puglia, nave da guerra con cui il Vate aveva attaccato e<br />
“ferito” i nemici occupanti della Dalmazia. Altro evidente riferimento alle terre dalmate, è la<br />
direzione della prua, che punta verso le coste dell’Adriatico, come se fosse sempre pronta a<br />
salpare verso nuove battaglie per la rivendicazione delle terre irredente.<br />
Il concetto di «partenza» non è legato solamente a eventi militari, ma ha anche significato<br />
religioso: più precisamente fa riferimento al culto vichingo. Alla morte di un capo infatti, le<br />
sue spoglie, poste su una nave da guerra, si allontanavano seguendo le correnti dell’oceano;<br />
anche il Vate era un comandante e come tale avrebbe solcato le impetuose acque nella<br />
sua ultima impresa, nell’ultimo viaggio verso l’eterno sonno. Del resto questa metafora è<br />
presente anche nella Sala <strong>dei</strong> Calchi dove il soffitto è simile a quello delle navi passeggeri<br />
dell’epoca. Inoltre a rimarcare il significato sacrale e funerario, la nave Puglia è circondata<br />
da cipressi, alberi che hanno assunto fin dall’antichità una funzione legata ai riti della morte.<br />
Il nome, infatti, deriva dalla triste leggenda del giovane Ciparisso, che per sbaglio uccise un<br />
cerbiatto che aveva allevato amorosamente. Per il dolore si tolse la vita e Apollo, commosso<br />
per la sua tragica fine, lo trasformò nell’albero di cipresso.<br />
L’intera opera, la nave, la sua collocazione, ogni dettaglio in questo ambiente è un esempio<br />
di ready-made: ogni oggetto se estraniato dal proprio contesto e posto su un “piedistallo”<br />
viene valorizzato, ne sono esaltati la bellezza, ma, soprattutto, il significato che viene<br />
sacralizzato, diventa un frammento di storia, un ricordo, un reperto. Così la nave Puglia<br />
non è in mare, ma nel mezzo di un bosco che è pelagus immaginario della vita. Navigatrice<br />
dell’aria, è sollevata sul promontorio «La Fida», si libra tra il cielo e le lontane acque del lago,<br />
La vittoria polena<br />
La traghettatrice di<br />
anime d’eroi<br />
La nave volante
progetto 7 Il maestro del fuoco<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
118 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 119 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
pronta a spiccare il folle volo verso le terre di Dalmazia. A guidarla sulla prua è la Vittoria<br />
guerriera dai molti dardi.<br />
Scrive d’Annunzio al Maroni: «Per la dipintura della ‘Puglia’, desidero riflettere [...]. È<br />
probabile che non vorrò il colore ‘adottato dalla Marina’. La ‘Puglia’ [...] si deve vedere da<br />
lontano, ed essere rilevato sul colore della campagna. Studierò.»<br />
Come il volante di sir Henry Segrave e l’elica di De Pinedo, la nave è simbolo di eroismo, è<br />
performance, un’azione estrema nata dalla commistione di passione, tenacia, sofferenza e<br />
morte; quanto più un oggetto porta in sé i simboli della prova, della morte, tanto più è sacro.<br />
Nel secondo albero, si trova il tempietto dedicato ai «Morti del mare»; sul bronzo è inciso un<br />
brano della già citata preghiera All’Adriatica della tragedia La nave con il motto «Fa di tutti gli<br />
oceani il mare nostro», presente anche sulla colonna del «Patto marino» nell’Arengo. Nella<br />
stiva sono raccolti cimeli di guerra, anche questi a ricordo e monito delle esperienze eroiche<br />
passate. Molto cara a D’Annunzio fu questa nave, che fece spesso rivivere, come se mai<br />
si fosse fermata: a volte, infatti, secondo quanto affermato da testimoni dell’epoca, faceva<br />
caricare i cannoni del ponte e dava ordine che sparassero.<br />
La Tomba <strong>dei</strong> levrieri e l’arco del Bios<br />
Rosa simul florivit et statim periit<br />
In una parte del giardino del Vittoriale, tra l’orto <strong>dei</strong> melograni e la tomba della figlia di<br />
d’Annunzio, si trova il cimitero <strong>dei</strong> cani, caratterizzato da un’atmosfera particolarmente<br />
austera e sacrale suggerita dagli alti cipressi che lo contraddistinguono.<br />
Il levriero, come vediamo nella facciata della Prioria, è l’emblema per il poeta della fedeltà<br />
assoluta, quasi folle e la spiegazione ci viene fornita da un passo del romanzo Il fuoco: qui<br />
Effrena racconta che Gog, un levriero regalatogli da lady Myrta, è divenuto storpio perché ha<br />
continuato a correre sulla spiaggia dietro il suo cavallo anche con una zampa rotta.<br />
Le tombe <strong>dei</strong> levrieri sono sparse in una parte del giardino come se questi animali si<br />
stessero ancora muovendo o stessero giocando nascosti tra gli alberi. Essi rappresentano la<br />
caccia, il desiderio irrefrenabile della preda, la brama di possedere e poi distruggere tipica<br />
del poeta, mentre il loro corpo agile e flessuoso è sempre paragonato a quello femminile,<br />
così come il loro forte istinto. È curioso, quindi, che essi rappresentino per aspetti diversi<br />
entrambi i sessi e in un certo senso appaiono perciò animali «androgini».<br />
Inoltre, su alcune lapidi delle tombe d’Annunzio ha scritto in rosso (il colore del sangue e<br />
dell’eroismo) i nomi <strong>dei</strong> suoi levrieri preferiti, cioè Krissa e Zan Zan, mentre sulla terza lapide<br />
il nome non è più leggibile.<br />
La sistemazione di questa parte del giardino ricorda un passo del Libro segreto nel quale<br />
d’Annunzio fa riferimento alla sepoltura di un altro levriero a Fiume, tra i cipressi e questo<br />
pensiero è messo in associazione alle sepolture <strong>dei</strong> fanti. Ciò conferma la solennità associata<br />
a questo animale, che è usato anche con valore simbolico nella Sala del Lebbroso<br />
Questi cani erano i preferiti del poeta, legati alla sua passione per la velocità come anche i<br />
cavalli, le automobili, gli aerei e i motoscafi.<br />
Il corpo stesso di questi animali rappresentava secondo d’Annunzio l’insieme di tutte le virtù<br />
che un animale potesse avere.<br />
Egli era affascinato dalla perfezione <strong>dei</strong> loro corpi <strong>dei</strong> quali nel Fuoco ci fornisce una mirabile<br />
descrizione a proposito di Donovan «Non v’è una macchina più precisa e più possente per la<br />
sua destinazione nella natura. Il muso è aguzzo per fendere l’aria, è lungo perché le mascelle<br />
possano fiaccare la preda al primo colpo. Il cranio è largo tra le due orecchie, per contenere<br />
il più gran coraggio e la più gran perizia. [...] Ma osservate ora le parti più importanti: la<br />
larghezza e la profondità del petto per la lunga lena, l’obliquità delle spalle proporzionata alla<br />
Il sacro rottame<br />
Il sacrario del fedele<br />
levriero<br />
Donec capiam<br />
La perfetta<br />
«macchina» da<br />
caccia
La nostalgia della<br />
savana<br />
La lepre vittima<br />
adorata<br />
Le gare di corsa<br />
I levrieri del Bios e<br />
del Nulla<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
lunghezza delle gambe, la formidabile massa muscolare nelle cosce, i garetti corti, la spina<br />
dorsale cava tra due fasci di muscoli solidi... E che eleganza nelle costole disposte in forma<br />
d’una bella carena e in questa linea rientrante verso il ventre interamente nascosto!»<br />
Sempre nel Fuoco, i levrieri di Lady Myrta hanno nomi evocativi, orientaleggianti e<br />
rinascimentali: «Ali-Nour! Crissa! Nerissa! Clarissa! Altair! Helion! Hardicanute! Veronese!<br />
Hierro!» poiché ricordano a Stelio Effrena i paesi d’Oriente da cui lo sloughi, il levriero arabo<br />
proviene. Dice di Ali-nur: «Terribile è in lui il desiderio d’uccidere, tutto il suo corpo è pronto<br />
a scattare come un arco; ed egli trema! Non di paura, non d’incertezza; trema di quel<br />
desiderio. [Stelio] prese fra le sue mani la testa serpentina dell’uccisor di gazelle, lo guardò<br />
in fondo alle pupille ove ondeggiava la nostalgia <strong>dei</strong> paesi torridi e silenziosi, delle tende<br />
spiegate dopo il viaggio illuso dalle meteore, <strong>dei</strong> fuochi accesi pel pasto della sera sotto le<br />
larghe stelle che sembrano vivere nella palpitazione del vento su la cima delle palme.»<br />
Il poeta, poi, è affascinato dalla meravigliosa tragicità della caccia, dove la lepre, animale<br />
a sua volta mirabile sarà la vittima sacrificale: «Ah, ogni volta che vedevo la lepre rompersi<br />
sotto i denti del cane, un lampo di rammarico passava nella mia gioia, per quei grandi<br />
occhi umidi che si spegnevano! Più grandi <strong>dei</strong> tuoi, Ali-Nour, e anche <strong>dei</strong> tuoi, Donovan, e<br />
risplendenti come gli stagni nelle sere d’estate con le loro selve di giunchi che vi si bagnano<br />
e con tutto il cielo che vi si specchia dentro e vi si muta.»<br />
Un altro aspetto entusiasmante per il poeta erano le gare di corsa <strong>dei</strong> sui cani: «Ecco una<br />
lode ellenica della mia levriera diletta: ‘niuna lancia è mandata più veloce di lei, né la pietra<br />
scagliata dalla frombola.»<br />
E nel Libro segreto celebra poi la vittoria della sua levriera Dilwin: «Dilwin! Token!<br />
sguinzagliati i campioni partono con una velocità di novanta chilometri all’ora, accertata<br />
dai cronometri. ho il fiato mozzo. non v’è imagine pindarica che possa contendere con<br />
quello scocco animale. addio, armi da lancio. Token! Dilwin! i due nomi si avvicendano nella<br />
raucedine degli scommettitori. resistente è la lepre ungara. ma un grido breve mi fende il<br />
cuore partigiano. ‘red!’ la fulva Dilwin ha vinto.»<br />
D’Annunzio scrisse anche una poesia destinata ad essere l’epigrafe di questa tomba:<br />
Qui giacciono<br />
gli inutili miei cani,<br />
stupidi et impudichi,<br />
novi et sempre antichi,<br />
fedeli et infedeli<br />
all’Ozio lor signore,<br />
non a me uom da nulla.<br />
Rosicchiano sotterra<br />
nel buio senza fine<br />
rodon gli ossi i lor ossi,<br />
non cessano di rodere i lor ossi,<br />
vuotati di medulla<br />
et io potrei farne<br />
la fistola di Pan<br />
come di sette canne<br />
i’ potrei senza cera e senza lino<br />
farne il flauto di Pan<br />
se Pan è tutto e<br />
se la morte è il Tutto.<br />
Ogni uomo nella culla<br />
succia e sbava il suo dito.<br />
Ogni uomo seppellito<br />
È il cane del suo nulla.<br />
31. X. 1935<br />
progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />
L’Hortus conclusus di Persefone<br />
Proserpina ferens poma ab horto occulto Dionysii<br />
120 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 121 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Il nostro percorso si conclude in un ideale «giardino dell’oltretomba» dove spicca<br />
nuovamente l’immagine del melograno celebrando così la fertilità del martirio e l’eterno<br />
ritorno dello spirito <strong>dei</strong> forti.<br />
Il frutteto <strong>dei</strong> melograni è vegliato dalle grandi aquile e dai gigli che indicano il coraggio<br />
e la purezza. D’Annunzio li volle simili a quelli che<br />
aveva molti anni indietro ammirato nei giardini di Villa<br />
d’Este, a Tivoli. Ad essi aveva dedicato alcuni bei versi<br />
giovanili:<br />
«Parlar, fra le non tocche verzure, le cento fontane;<br />
parlar soavi e piane, come feminee bocche /<br />
mentre su’ lor fastigi, che il Sole di porpora veste /,<br />
splendono (oh gloria d’Este!) l’Aquile e i Fíordiligi».<br />
I giardini dominano alcuni romanzi dannunziani come<br />
Le vergini delle rocce e Forse che sì forse che no.<br />
Spesso essi sono divisi in più ambienti di cui uno<br />
dà accesso all’altro senza soluzione di continuità. In<br />
questo caso le aquile di villa d’Este ci introducono nel<br />
Giardino di Persefone, come ci annunziano nella scala<br />
di accesso, le urne ornate dai festoni con bucrani. Al<br />
centro è posta la Canefora di Napoleone Martinuzzi,<br />
collocata su un’alta colonna, recante un cesto di<br />
melograni, considerati dal poeta come simboli del suo spirito di artefice, frutto del sangue<br />
di Dioniso, ma nel Fuoco anche legati al<br />
mito della dea della fertilità Coré, la quale<br />
avrebbe mangiato i semi di melograno<br />
nell’oltretomba e sarebbe rimasta così<br />
per sempre imprigionata da Ade (vedi a<br />
riguardo l’ingresso della Prioria). Persefone,<br />
tra l’altro, sarebbe dovuto essere il titolo di<br />
un’opera di Stelio Effrena, poi effettivamente<br />
mai scritta da d’Annunzio. Eleonora Duse,<br />
come viene ricordato ancora nel Fuoco,<br />
possedeva a Venezia un piccolo giardino<br />
segreto dove amava ingioiellare tali alberi<br />
in onore del poeta. <strong>Vie</strong>ne richiamata perciò<br />
l’idea dell’hortus conclusus, sede nascosta<br />
agli sguardi profani di una vita spirituale<br />
e simbolica, proprio attraverso lo spazio<br />
accuratamente delimitato da ogni lato.<br />
La Canefora in bronzo, con le braccia<br />
sollevate che reggono un canestro ricolmo<br />
<strong>dei</strong> simbolici frutti dionisiaci, indica la fertilità<br />
del martirio, e il luogo dell’eterno ritorno,<br />
della morte e della rinascita, sulle orme di<br />
Persefone e del suo ciclico viaggio dall’Ade<br />
sulla terra e viceversa; un recinto sacro al<br />
quale potranno accedere solo coloro che<br />
avranno seguito fino in fondo la via del<br />
sacrificio e del martirio.<br />
Aquile e gigli di Villa<br />
d’Este<br />
Il giardino di<br />
Persefone<br />
La Canefora della<br />
rinascita
Chi e dove Liceo Scientifico N. Copernico - Brescia<br />
Classi coinvolte Classe IV M, V L<br />
Docenti referenti Elisabetta Ronchi<br />
progetto 8 Misticisno, eroismo e stimmate.<br />
D’Annunzio, un Francescano irregolare<br />
Una visita anche frettolosa al Vittoriale accoglie il visitatore, come già gli amici di un tempo, con<br />
una stupefacente disseminazione di tracce francescane (testimonianza di un viaggio più che di un<br />
naufragio...)<br />
Questo il particolare “collezionismo” che ci ha dapprima incuriosito, poi coinvolto e sfidato.<br />
Setacciando giardini, Schifamondo e Prioria, ci siamo posti una domanda: in quanti modi e in<br />
quali forme il poeta ha voluto accanto a sé, nell’ultimo alloggio, il Santo leggendario?<br />
Partendo dalla lettura di un saggio di Arnaldo Fortini (“compagno d’armi e fratello in San<br />
Francesco”, secondo una definizione dannunziana del ’18), abbiamo seguito il suo itinerario tra i<br />
meandri della devozione particolarissima del Nostro. Ci siamo subito resi conto della difficoltà di<br />
rintracciare nelle complesse vicende della vita e dell’arte qualche linea-guida, qualche possibile<br />
percorso... Lì, tra le pagine e nelle stanze, nei motti esibiti pubblicamente o negli oggetti riservati<br />
al contatto e alla visione personale, ci è però sembrato di individuare una sostanziale triplicazione<br />
della figura di Francesco agli occhi dello scrittore. E ci siamo distribuiti il lavoro, rintracciando<br />
le diverse manifestazioni di un rapporto privilegiato, elaborato dal poeta attraverso la consueta<br />
appropriazione-deformazione di un personaggio leggendario,<br />
La connotazione, per così dire, “mistica”degli anni giovanili, quando il poeta cercava in “sorella<br />
acqua” e nei “casti ulivi” una purificazione dall’arsura sensuale e dall’inquietudine esistenziale.<br />
La rivisitazione delle imprese di Francesco e di Luigi IX in Terrasanta sullo sfondo della Libia, del<br />
conflitto mondiale e di Fiume (“francescanesimo eroico”). L’approdo alla figura del lebbroso <strong>dei</strong><br />
Fioretti, portata in sé negli anni ed infine ambiguamente manifesta nella stanza dello svelamento<br />
definitivo...<br />
Concentrando poi l’attenzione su ciò che di evidente resta a Gardone, abbiamo “mappato” il luogo<br />
in cui egli volle infine compresenti tutti questi aspetti, momenti di formazione del proprio destino, a<br />
grandi linee rintracciabili nei tre siti da noi visitati. In questa fase del lavoro sono stati fondamentali,<br />
oltre al contatto diretto con gli ambienti e gli oggetti, il volume di Arnaldo Fortini (D’Annunzio e il<br />
francescanesimo), non meno che Il Vittoriale, l’opera preziosa del prof. Terraroli, e le sollecitazioni<br />
<strong>dei</strong> precedenti progetti promossi dai Musei Civici e dalla Fondazione di Gardone (Museo amico e<br />
Le vie dell’arte).<br />
Un percorso che il curioso, ma anche l’appassionato, potrà compiere lasciandosi guidare, sulle<br />
orme di Fortini (che racchiude le proprie visite al Vittoriale nelle ultime pagine della sua amichevole<br />
biografia)… e sulle nostre.<br />
Sarà forse possibile intravvedere tra gli alberi e gli arredi, tra i cimeli e le creazioni su commissione<br />
le tracce di quel mistico, di quell’eroe, di quell’ umiliato e offeso che fu per d’Annunzio il<br />
francescano Gabriele, alla ricerca della salvazione. Singolare forma di collezionismo, davvero!<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
GIARDINI PRIVATI<br />
FRANCESCANESIMO MISTICO<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Timpano déco, sormontato da Venere<br />
Landolina, con iscrizione (RECTO)<br />
Statua bronzea di Frate Sole, di G. Bardetti<br />
(1924),<br />
Bozzetto di Frate Sole, di G.<br />
Bardetti (1924)<br />
Iscrizione su base di colonna in prossimità<br />
del Frate Sole<br />
Ruscelletto Rivotorto e Valletta dell’Acqua<br />
Pazza<br />
Arengo, undici stalli per mendicanti (1924)<br />
Villa pseudo liberty detta San Damiano<br />
122 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 123 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Attributi della statua: Anadyomene o<br />
Callipige. Testo iscrizione: “Rosam cape,<br />
spinam cave”<br />
San Francesco orante, collocata nel 1925<br />
sotto un faggio rosso con braccia aperte<br />
verso la finestra della Zambracca<br />
Dopo il 1929, saldato su un elefante bronzeo<br />
e spostato nella Stanza delle Reliquie.<br />
Attualmente nel Museo della Guerra<br />
(Schifamondo)<br />
Testo: “Sitientibus”<br />
Tescio, serpeggiante torrente (rivo-torto)<br />
vicino al tugurio presso Assisi dove<br />
Francesco visse (dal 1209)<br />
Ad essi il poeta offriva il pranzo (refettoriale)<br />
ogni sabato<br />
Foresteria per artisti ospiti (1922-25), poi<br />
Mirabella (dal 1927), residenza della moglie<br />
Maria Hardouin di Gallese<br />
Probabilmente per il poeta, che allestì questo spazio simbolico a partire dal 1923, poterono<br />
convivere infine due situazioni collegate al Santo, che egli dovette sperimentare in diversi<br />
periodi della propria vita, che sostanziarono alcune sue opere letterarie e che volle visibili e<br />
dialetticamente intrecciate nella residenza finale e riassuntiva.<br />
In particolare spicca il “motivo della rosa e della spina”, che consente una duplice lettura, a<br />
seconda che lo si associ alla tentazione erotica (generatrice di inquietudine fisica e spirituale) o<br />
alla trafittura – stimmata, segno di martirio ma anche di elezione...<br />
Ma andiamo con ordine.<br />
Entrambi gli aspetti del “collezionismo francescano” presenti nei Giardini (quello, diciamo così,<br />
mistico e quello eroico) furono colti dall’amico Fortini, in visita al Vittoriale nel novembre 1923<br />
(per proporre al poeta la composizione di un proclama per l’anno francescano), e il 4 ottobre<br />
1924, festa di S. Francesco e ricorrenza del Cattaro. Soprattutto a proposito del primo incontro<br />
l’amico si dichiarò perplesso: «Ebbi l’impressione di trovarmi di fronte un uomo scontento,<br />
irrequieto, tormentato. Lo agitava il pensiero che altri lo considerasse un vinto o, peggio ancora,<br />
un superato» (A. Fortini, D’Annunzio e il francescanesimo. Ed. Assisi, 1963, p.180).
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
È legittimo pensare che nei Giardini si trovino anzitutto le tracce di quelle esperienze biografiche<br />
e delle rivisitazioni letterarie legate al francescanesimo nel suo senso più noto e più essenziale<br />
(della natura-sorella, della pace, del silenzio rigenerante).<br />
E in parte sicuramente è così: d’Annunzio volle ricreare in qualche modo, aiutato<br />
dall’incantevole scenario di Gardone, l’atmosfera libera, esaltante nella sua semplicità, respirata<br />
negli anni giovanili, durante i primi contatti con luoghi francescani .<br />
«Adesso, nella pace senza pace di quel rustico cenobio fra il lago e la collina, ritornava col<br />
pensiero nostalgico al suo antico ritiro di Francavilla, dove affermava di avere trascorso le ore<br />
più belle della sua vita.» (Cfr. Arnaldo Fortini, D’Annunzio e il francescanesimo, Assisi, Ed. Assisi,<br />
1963, p. 168-Il convento sul lago, a commento della prima visita al Vittoriale, nel 1923).<br />
Oltre a Francavilla, naturalmente, Assisi, visitata a più riprese, in particolare nel 1897,<br />
nel 1898 (con la Duse) e nel 1908 (con la Mancini), replicando con ritualità pressoché<br />
identica (la lettura <strong>dei</strong> Fioretti, le visite ai luoghi santi) un’esperienza mistica fatta di<br />
una «sensualità tanto più accesa quanto più circonfusa da un pio profumo di pace e di<br />
silenzio.» (cfr. idem, p. 89).<br />
Lo stato d’animo, che il poeta avrebbe voluto recuperare a tanti anni di distanza e che ancora<br />
accoglie il visitatore del Vittoriale, era forse proprio quello, fatte le debite proporzioni, scaturito<br />
dalla visione di Assisi, dal davanzale dell’albergo 85 Subasio, in compagnia della Duse e<br />
dell’amico Angelo Conti, riportata nel I tomo delle Faville del maglio (in data 13 settembre<br />
1897): «Diceva dianzi Illuminata che in nessun paese del mondo la Natura è tanto vicina a noi<br />
quanto nella campagna francescana. V’è sparso per il paese verde quasi un sentimento<br />
di familiarità affettuosa. L’orizzonte ci guarda, ha la bontà consapevole di una pupilla cilestra.<br />
E non soltanto l’orizzonte guarda e vede, ma una specie di veggenza è in tutte le cose naturali.»<br />
(Scrivi che quivi è perfecta letitia, in G.D’Annunzio. Prose di ricerca... a c. di A. Andreoli, G.<br />
Zanetti, Milano, Mondadori, 2005, Vol.II: Il venturiero senza ventura, p. 1096.).<br />
Alla variante “mistica” del francescanesimo (con potente effetto di sintesi di suggestioni e<br />
luoghi diversi: Assisi e Francavilla) si può ricollegare anche la scelta di nominare San Damiano<br />
la palazzina ora detta Mirabella. San Damiano, infatti, oltre ad essere il monastero fondato da<br />
Santa Chiara (e perciò evocatore, dopo tanto tempo,delle “sororali” compagne di Assisi...),<br />
secondo la tradizione fu anche il luogo dove Francesco compose il suo Cantico.<br />
La palazzina fu destinata fino al 1927 ad ospitare artisti in visita, forse anche in ricordo<br />
dell’amico di Francavilla, Michetti, presso il cui “convento” d’Annunzio scrisse in gran parte,<br />
tra il 1888 e il 1895, i primi quattro romanzi.(cfr. A. Fortini, D’Annunzio..., cit., pp. 14-18, 29):<br />
un nome quanto mai opportuno, quindi, per designare un ricovero di personaggi in cerca di<br />
ispirazione...<br />
Quando poi la palazzina divenne residenza della moglie Maria Hardouin di Gallese, non avrebbe<br />
potuto esserci migliore luogo, pur con cambio di nome, per ospitare quella donna che Fortini,<br />
nel suo resoconto del 4 ottobre 1924, descriveva così al suo arrivo a cena: «Rimasi stupito<br />
della sua presenza e, più ancora, della cortesia premurosa e affettuosa con la quale tutti e due<br />
si parlavano. Sembravano due sposi che non avessero mai cessato di amarsi per tutta la vita.<br />
Pensai che, stanco ormai di amori avventurosi, egli aspirasse alla pace familiare, alla quiete<br />
della casa. » (A. Fortini, D’Annunzio..., cit., pp. 188).<br />
Il racconto ci proietta in un’atmosfera rarefatta che, seppure più apparente che reale, è<br />
facilmente associabile alla fraterna sollecitudine che proverbialmente legava Francesco e<br />
Chiara, ben raccontata nel famoso Fioretto XV, dedicato all’umile e serena condivisione della<br />
mensa.<br />
Sicuramente il momento biografico doveva concedere al poeta, in quel momento, ben<br />
pochi momenti di serenità interiore. Eppure egli non cessava di desiderarla. E talvolta,<br />
eccezionalmente, di raggiungerla, come estatico abbandono alla bellezza della natura, in questo<br />
senso pienamente “francescano”.<br />
L’anno precedente, accomiatandosi dall’amico, Fortini così descriveva il repentino passaggio<br />
di d’Annunzio da uno stato di cupezza e irritazione ad una “nuova, misteriosa felicità”: «Si<br />
avvicinava il tramonto. Una nuvola soffice, bianca, che veleggiava nel cielo di cobalto, stava<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
124 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 125 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
sospesa sulla cima del colle, con le orlature che si accendevano, sempre più intensamente, di<br />
porpora. Ed egli la contemplava, rapito. – Guarda quella nuvola – disse. Era tornato veramente,<br />
sinceramente, poeta. E io pensai e sperai che la poesia, grazie al prodigio e alla santità di<br />
Francesco d’Assisi, avesse potuto ricondurlo alla vita, alla vera vita. » (A. Fortini, D’Annunzio...,<br />
cit., pp.187).<br />
È lo stesso poeta, d’altronde, a suggerirci la particolare sfumatura di alcune zone all’aperto:<br />
«Nel giardino, sotto il faggio di porpora, [...] è un lembo di prato, quasi frammento di vasta<br />
prateria: ché l’erba v’è folta e vivida e libera come nelle piane solitudini. Tra queste pietre di<br />
memoria [...] è uno spazio angusto ove il vento nel piegar l’erba sembra recare l’alito di una<br />
vastità remota, di una smisurata libertà. Mi vince la subita voglia di stendermi, di affondarmi, di<br />
abbandonarmi al sonno senza compagna...<br />
Nel riadagiare il capo sul mio braccio sinistro piegato come quel del Prigione di Michelangelo,<br />
intravedo per entro il verde fitto pochi fiori lievi.» (Cento e cento e cento pagine del libro segreto<br />
di Gabriele d’Annunzio tentato di morire, a c. di P. Gibellini, Mi, 1995, p. 210.)<br />
Questa la forte connotazione del settore del giardino già prima della sistemazione del<br />
’25, quando d’Annunzio volle collocare sotto il faggio la statua del Santo, potenziandone<br />
ulteriormente la valenza.<br />
Ma tale pace aveva preteso in passato, e pretendeva ancora, il prezzo di una lotta interiore:<br />
il poeta dopo tanti anni tornava a rivivere, forse, anche la sera di quel lontano pomeriggio del<br />
1897, quando i due innamorati si erano recati al Roseto di S. Maria degli Angeli, e un fraticello<br />
aveva ricordato loro la tentazione fisica vinta dal Santo: «Per domare il malvagio desiderio, il<br />
figlio di Pietro Bernardone si getta ignudo nel roseto, si rotola sui duri aculei, li insanguina di<br />
sé. Le rose devastate lo blandiscono, quand’egli le preme [...] Come la candela accesa scorre<br />
lungo la grata, scorgiamo al limite del roseto certi grandi e pesanti fiori rossi che contrastano<br />
per la lor sensualità vistosa con que’ tenui gambi senza spine.»<br />
Terminata la visita, i due erano tornati alla campagna notturna, con un’eco di inquietudine: «La<br />
valle si colma di lento sonno; lavato dalla pioggia, il cielo si sgombra. Ma ancora biancheggia<br />
il letto del Tescio tortuoso; che è l’imagine dell’implacabile desiderio, dell’inestinguibile sete,<br />
a contrasto con le linee consolatrici della terra francescana. Questo fiumicello serpeggiante,<br />
disseccato, taciturno, tutto di selci bianche e lisce, attrae di continuo il mio sguardo e il mio<br />
spirito. È un aspetto di tormento, è il segno dell’anima agitata e avida [...].<br />
Non v’è forse corrispondenza tra il perfido ardore di questo fiume e il turbamento che traeva<br />
Francesco a castigare il suo corpo su le spine del roseto? Anche Francesco aveva in sé il suo<br />
Tescio, come questa campagna placida, felice e pia». (“Scrivi che quivi è perfecta letitia”, cit.,<br />
pp. 1097-1099).<br />
Nel ricordo di quella stagione giovanile di ardore e turbamento, durante la sistemazione del<br />
giardino, d’Annunzio volle dunque riproporre a se stesso, probabilmente, la prima complessa<br />
immagine “mistica” di Francesco: colui che poteva concedere temporanea innocenza e<br />
contemplazione, avendo vissuto e vinto nella propria carne, oltre che nell’anima, le stesse<br />
tentazioni di Gabriele.<br />
Rileggiamo ancora una volta, quindi, e tentiamo di organizzare alla luce di queste<br />
considerazioni, i diversi segnali presenti nel giardino: allusione erotica contenuta nella Venere<br />
Anadyomene e nel motto sul RECTO dell’’iscrizione; statua di Francesco (orante, ma anche<br />
“buon pastore” salvifico, replicato, in origine, da una statuetta in scala, a duplice protezione del<br />
gruppo di pecore ancora visibile); collocazione originaria della statua sotto un faggio rosso e a<br />
brevissima distanza dal ruscelletto (Rivotorto) che si getta nella Valletta dell’Acqua Pazza...<br />
Non possiamo non sentire riaffiorare nel giardino, fresco e vitale, solitario e amico, la prima<br />
stagione della “devozione”dannunziana, i giorni di desiderata pace, il ricordo del giovanile<br />
bisogno (vero o presunto tale...) di uno stato d’animo rasserenato, in fuga da una’arsura<br />
e da un’ansia principalmente sensuali. “Dare da bere agli assetati” l’opera di misericordia<br />
con cui Francesco, con sollecitudine, viene in soccorso al poeta, evocato esplicitamente dal<br />
“Sitientibus” posto ai piedi del Santo, sul masso.
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
FRANCESCANESIMO EROICO<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Timpano déco, sormontato da Venere<br />
Landolina, con iscrizione (VERSO)<br />
Colonna “francescana”, con nomi di eroi<br />
del Patto Marino (1923)<br />
Iscrizione su base di colonna<br />
Seggio del Comandante, colonna del<br />
Giuramento con Cristo crocifisso, circolo di<br />
sedili in pietra per “sodales”.<br />
Colonna con Vittoria alata bronzea di N.<br />
Martinuzzi (1921), e iscrizione<br />
Villa pseudo liberty detta San Damiano<br />
Gruppo in bronzo Cacciatore con branco di<br />
lupi (lab. Bourdelle, 1928-1930)<br />
Attributo della statua: guerriera. Testo<br />
iscrizione: “Omnia florebunt prospiciente<br />
Deo”.<br />
Il testo del Patto marino è del 1923. Una<br />
copia fu donata a Arnaldo Fortini con una<br />
dedica, in termini “francescani”, allusiva agli<br />
avversari politici che osteggiarono il patto.<br />
Testo: “Sitientibus” /, accanto al masso della<br />
battaglia di Veliki<br />
In via di sistemazione dal 1923.<br />
“Et haec spinas amat Victoria”<br />
Come la colonna con la terra del Carso,<br />
allude a Caporetto, una disfatta considerata<br />
da d’Annunzio inizio della riscossa patria.<br />
A San Damiano, Santa Chiara visse per 42<br />
anni e vi morì. Respinse coraggiosamente<br />
i Saraceni all’epoca di Federico II nel<br />
settembre 1240<br />
Con iscrizione dedicatoria <strong>dei</strong> “Lupi di<br />
Toscana”. Nel 1929 sostituisce in giardino il<br />
bozzetto di Frate Sole<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
126 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 127 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
D’altra parte, se ci addentriamo nell’Arengo, allestito negli stessi anni per i riti della Patria, per le<br />
celebrazioni gloriose o tragiche della Grande Guerra, per gli incontri con i legionari fiumani, diventano<br />
evidenti suggestioni francescane di altro segno.<br />
Nel ricordo dell’”eroico” passato, si ripropongono la rosa e le spine sul VERSO dell’architrave<br />
all’entrata <strong>dei</strong> giardini, in un motto che allude alla ricompensa futura, demandata alla giustizia divina,<br />
delle ardite imprese passate. “Tutte le cose fioriranno di fronte allo sguardo di Dio” Alludendo al<br />
passaggio all’eternità attraverso il martirio che compie e determina la vera realtà dell’essere nella<br />
sua ultima forma. La Venere Landolina riprende l’immagine della Venus Victrix delle insegne di Giulio<br />
Cesare nella battaglia di Farsalo (La parola di Farsaglia – Libro ascetico della giovane Italia), dove<br />
diventano evidenti le connotazioni guerriere della dea.<br />
Rose e spine saranno con naturalezza associate più tardi (1928), alla Vittoria coronata di spine di<br />
Martinuzzi, l’iscrizione alla base della quale rimanda allusivamente, oltre che al ricordo della Grande<br />
Guerra, a un destino condiviso, di patimento e gloria, tra Comandante e “sodali”<br />
La colonna francescana del ’23 “parla”, nel segno di un desiderato rinnovamento patrio («Quegli<br />
uomini sinceri che sentirono il dovere di combattere, oggi sentono il dovere di costruire.», recita il
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
testo del Patto sine nomine); il seggio del Comandante è posto di fronte alla Colonna del Giuramento<br />
e al Cristo crocifisso, nel circolo <strong>dei</strong> sedili in pietra destinati ai “sodales”.<br />
Nel ricordo <strong>dei</strong> gloriosi giorni della Grande Guerra e di Fiume, si ripropongono le spine in un motto,<br />
ma associabili alla corona del supplizio e della Vittoria (le stimmate di Francesco, la croce di Cristo...).<br />
Torna in questa chiave combattiva anche l’allusione a S. Damiano, con l’eroica resistenza delle<br />
Clarisse, che, nel medesimo periodo di sistemazione del Vittoriale (1924) divenne argomento di una<br />
progettata lauda drammatica (La Vergine e la Città), di cui ci parla, con dovizia di particolari, Fortini.<br />
(cfr. D’Annunzio..., cit., pp. 38-45.)<br />
L’opera letteraria-musicale non fu mai realizzata; restano però dichiarazioni dell’autore sui toni della<br />
sua ispirazione: Il 23 giugno 1925, giorno successivo alla commemorazione annuale dell’impresa<br />
leggendaria, così d’Annunzio telegrafava all’amico: «[...] io sono nella verità, considerando Francesco<br />
quale altissimo eroe generato da un popolo eroico. L’Ostia animosa di Santa Chiara splenda in<br />
perpetuo contro tutti i barbari di Oriente e d’Occidente, di Austro e di Borea [...].» (idem, p.44).<br />
Non si realizzò neppure un successivo progetto (che doveva portare lo stesso titolo) di poema corale e<br />
sinfonico dedicato a S.Caterina da Siena, anch’essa in atto di donare la propria vita per la liberazione<br />
della sua gente: nel 1932 avvenne l’incontro con Respighi al Vittoriale, per il disegno destinato a<br />
restare incompiuto per la morte del musicista. Ma se gli scritti restarono allo stato di abbozzo, la<br />
palazzina in pietra testimonia la fedeltà a quell’ispirazione.<br />
Era sentito come necessario riproporre, in bella evidenza anche agli eventuali visitatori del Giardino,<br />
il motivo del Francescanesimo Eroico, fervido soprattutto dal 1911 al 1920 (dalla Libia a Fiume) e<br />
ancora vivo nel nuovo progetto del Patto marino, alle soglie di una svolta drammatica per la storia<br />
italiana, che stavolta escluderà d’Annunzio in quanto scomodo spirito libero.<br />
Per altro verso, l’autocelebrazione sembrava vacillare nel momento stesso della spettacolare messa<br />
in scena: nella dedica della copia del nuovo Patto marino donata a Fortini, già nel novembre 1923<br />
l’autore definiva gli avversari politici “piccoli uomini men docili del lupo d’Agobbio, ma che il grande<br />
Serafico approva e benedice”, quasi affidando al Santo la risoluzione di un nodo destinato a non<br />
sciogliersi affatto. (cfr. A. Fortini).<br />
Poco prima lo stesso d’Annunzio aveva chiarito all’amico il motivo di tale stato d’animo: «Il Poeta si<br />
diffuse a narrare gli ostacoli che gli armatori ponevano all’approvazione del Patto marino. Ma egli<br />
sarebbe giunto a superare tutte le difficoltà. San Francesco aveva ammansito il lupo. Egli avrebbe<br />
fatto altrettanto.» (idem, p.178) Per il momento, comunque, il lupo evocato restò sulla carta, nella<br />
dedica all’amico e in un’illustrazione <strong>dei</strong> Fioretti, mostrata a suo dire agli irriducibili armatori (cfr.<br />
ibidem). Nel ’24, abbiamo visto, l’atmosfera si fece più triste, più meditativa e delusa, anche se<br />
l’Arengo continuò a testimoniare lo spirito battagliero dell’uomo.<br />
Dopo pochi anni (1929), acuitasi sempre più polemicamente la frattura con i politici, un energico<br />
Cacciatore con branco di lupi venne a sostituire il piccolo Frate Sole di Bardetti. Si trattò forse di un<br />
redivivo sussulto di orgoglio, che portava ad abbandonare più miti consigli in nome di un ritrovato<br />
“eroismo”: evidente, in tal senso, il riferimento ai compagni di lotta sul Veliki, i leggendari Lupi di<br />
Toscana...<br />
Ma ciò che appare più interessante è la nuova ambientazione della statuetta, nella Stanza delle<br />
Reliquie, con valenze più meditative e spirituali, a coronamento della tavola francescana. (cfr. V.<br />
Terraroli, Il Vittoriale, Mi, 2001, pp. 170-171).<br />
Già nel ’23 d’Annunzio aveva confidato all’amico l’intuizione che S. Francesco fosse l’espressione<br />
«più completa e più perfetta del sentimento religioso in tutti i popoli e in tutti i paesi.», anticipando<br />
nelle intenzioni il trasferimento effettivo dell’oggetto e la successiva considerazione di una valenza più<br />
“gratificante” e insieme più “umanamente universale” del Poverello di Cristo (cfr. D’Annunzio..., cit., p.<br />
177)<br />
Era nel frattempo giunto a maturazione il passaggio pressochè definitivo alla terza “maschera”<br />
francescana: il Santo delle stimmate e del Calvario, che conforta il lebbroso come lui piagato e lo<br />
trasfigura nel proprio patimento. Questa forma di francescanesimo troverà piena espressione in<br />
alcune stanze della Prioria, culminando nell’allestimento della stanza del Lebbroso.<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
PRIORIA<br />
FRANCESCANESIMO “MISTICO”<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Facciata Prioria [Sistemazione 1925-‘26]<br />
(muro centr., a sin. sopra bassorilievo), motto<br />
Facciata Prioria<br />
(muro centr., a sin.), iscrizione<br />
su cornice in pietra di Botticino<br />
Muro perimetrale della Prioria Finestre<br />
con grate imitanti il cordiglio francescano<br />
(dal 1929)<br />
Vestibolo Porta di S. Francesco: lunetta con<br />
S. Francesco di A. Landi (1925) e porta con<br />
rami d’alloro su fondo nero, occhio alato e<br />
motti<br />
Vestibolo Porta di S. Chiara: lunetta con S.<br />
Chiara di A. Landi (1923-‘24) e porta con<br />
rami d’alloro su fondo nero, occhio alato e<br />
motti<br />
Oratorio Dalmata Fonte d’acqua, coronata<br />
con lampada votiva in ricordo della madre e<br />
con iscrizione<br />
Oratorio Dalmata Caminetto in broccatello<br />
di Verona di G. C. Maroni (1925-1927) , con<br />
iscrizione<br />
Oratorio Dalmata Ampolla in maiolica<br />
bianca e azzurra: S. Francesco<br />
Vestibolo In prossimità della Scala di<br />
Giobbe, tavole in legno dipinto: alloro, occhio<br />
del veggente e motto<br />
128 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 129 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
“Pax et bonum...” (saluto francescano)<br />
“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra<br />
matre terra, / la quale ne sustenta et governa<br />
/ et produce diversi fructi con coloriti flori et<br />
herba”<br />
Santo “serafico”, ma colori scuri e scarsa<br />
illuminazione ambientale.<br />
Occhio alato simbolo del poeta veggente.<br />
Recto: “Nihil coinquinatum” / verso: “Pax et<br />
bonum”<br />
“Laudato sia mio Signore per suor Aqua la<br />
quale è molto utile et humele et preciosa et<br />
casta”<br />
“Lodato sia mio Signore per frate fuocho per<br />
lo quale tu alumini la nocte et ello è bello et<br />
iocundo et robustissimo et forte”<br />
Atmosfera “lieta”, nonostante le stimmate<br />
(Francesco nella natura, colori chiari)<br />
Testo iscrizione: “Ego sum Gabriel qui asto<br />
ante deos, alitibus de fratribus unus, oculeus<br />
Postvortae alumnus, arcani divini minister,<br />
humanae dementiae sequester, volucer<br />
demissus ab alto, princeps et praeco.”
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
Officina Cartella con autografi, con ex libris<br />
della Squadriglia di S. Marco e litografia con<br />
S. Francesco<br />
Cenacolo, poi Sala del Contrappunto, poi<br />
Stanza delle Reliquie (dal 1929)<br />
S. Francesco benedicente circondato<br />
da dodici riquadri con episodi della sua<br />
vita; smalti su rame a colori pastello<br />
particolarmente delicati (prevalenza di<br />
azzurri, verdi e gialli), di G. Guidi<br />
Cenacolo Statua lignea di S. Antonio<br />
Stanza della Leda Tavolinetti in ferro<br />
battuto e marmo, con cordigli francescani,<br />
su disegno di d’Annunzio (1924-26)<br />
Stanza della Musica Sul soffitto cordoni<br />
dorati simili a cordigli francescani, tesi su un<br />
tessuto “belluato” e fermati da piccole cetre<br />
Stanza della Musica Postergali monastici<br />
in noce, con motti in cartigli<br />
Testo iscrizione: “Ego sum Gabriel qui asto<br />
ante Deum” Sullo sfondo della litografia :<br />
panorama di Assisi in un tripudio di raggi<br />
solari<br />
Sotto il Santo incipit delle Laudi: “Altissimo<br />
Onnipotente Bon Signore, tue son le laudi,<br />
la gloria e ogni benedizione” (Probabile<br />
modello: S. Francesco e venti storie della<br />
sua vita (anon. XIII sec.), Firenze, S. Croce,<br />
Cappella Bardi). Smalti<br />
In prossimità: due Cristi deposti<br />
“Vigilia et labor” “Pax et quies”<br />
«La facciata della Prioria ha subito notevoli mutazioni fino almeno al 1930-31, quando ha assunto<br />
l’assetto attuale: il messaggio inviato al pubblico raccolto davanti all’entrata del mitico eremo è [...]<br />
di trovarsi innanzi a un palazzo antico, di origine medievale e carico di storia, divenuto residenza<br />
principesca, la quale attenua la prosopopea aristocratica con gli evidenti segnali francescani<br />
dell’umiltà e del silenzio; tuttavia l’ambiguità del messaggio è palese poiché umiltà e silenzio sono<br />
il risultato di una scelta individuale, aristocratica, di un sovrano che per sua scelta si è rinchiuso nel<br />
proprio guscio prezioso». (V. Terraroli, Il Vittoriale, Milano, Skira, 2001, p.114)<br />
Il motivo del francescanesimo “mistico” nella Prioria assume connotazioni soprattutto “cenobiali”<br />
(condivisione di momenti affettuosi, memori e aristocratici con amici selezionati, accolti nella dimoraconvento<br />
dalle celle preziose, cariche di ricordi e prospettive...)<br />
In questa chiave vanno letti il saluto “Pax et bonum”, le citazioni dalla Laus Creaturarum (Terra sulla<br />
facciata, Acqua e Fuoco nell’Oratorio Dalmata), la bottiglia di Cerasella, le ore di industrioso labor<br />
nell’Officina, per condividerne i frutti con gli amici (tra i quali il “nostro” Fortini) : come dice il poeta:<br />
Ego sum Gabriel qui asto ante deos, alitibus de fratribus unus....<br />
L’Oratorio Dalmata, in particolare, si evidenzia come una «mistica foresteria conventuale». in cui<br />
«il tema dominante è quello del raccoglimento religioso e meditativo, già suggerito dalla scala<br />
d’ingresso, in attesa dell’incontro con il Vate, tema che viene sottolineato dalla presenza di preziose<br />
edizioni di esercizi spirituali, messali e libri di preghiere, candelabri sacri, incensieri, aspersori, calici,<br />
navicelle e turiboli in lamina d’argento del Sei e del Settecento, ma soprattutto di immagini sacre, che<br />
non compaiono in una raccolta così cospicua nel resto dell’abitazione […]». (V. Terraroli, Il Vittoriale,<br />
cit., pp.118-119).<br />
Il particolare tipo di “religione” qui espressa si carica fortemente di autocelebrazione di imprese<br />
memorabili, e si presta a sfumare nella variante “eroica”.<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
FRANCESCANESIMO EROICO<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Facciata Prioria (muro centr., a sin.),<br />
bassorilievo<br />
Facciata Prioria (muro centr., a sin sopra<br />
bassorilievo), motto<br />
Facciata Prioria (muro centr., a sin.),<br />
iscrizione su cornice in pietra di Botticino<br />
Muro perimetrale della Prioria Finestre<br />
con grate imitanti il cordiglio francescano<br />
(dal 1929)<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria Colonna<br />
del martirio di Cristo (Mensura Christi), copia<br />
della reliquia in S. Giovanni in Laterano<br />
a Roma con i tre chiodi del Terz’Ordine<br />
francescano incastonati alla base.<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria (parete<br />
est). Bassorilievo su legno: Vittoria alata<br />
in bronzo fuso e dorato, di G. Marussig<br />
(1926-’27)<br />
Cenacolo, poi Sala del Contrappunto, poi<br />
Stanza delle Reliquie (dal 1929) Gonfalone<br />
della Reggenza del Carnaro sospeso al<br />
soffitto sopra un reticolo di cordami in lamé<br />
dorato<br />
Cenacolo Teca in vetro soffiato con matassa<br />
di fili di seta, su disegno di L. Martinuzzi<br />
(posta sul ciborio cinquecentesco in legno<br />
dorato)<br />
Sala di Cheli Sottopiatti in argento sbalzato<br />
con cordigli francescani, motivi di spine,<br />
rose selvatiche, ali di pellicano, trofei di<br />
lauro, orifiamma, spighe disposti variamente,<br />
alternati a motti<br />
130 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 131 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Approvazione della Regola francescana dal<br />
Pontefice.<br />
“…Malum et pax”<br />
“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra<br />
morte corporale / da la quale nullo homo<br />
vivente po’skappare / E beati quelli ke<br />
morranno a buona guerra”<br />
L’antico stemma del Terz’Ordine si trovava<br />
sopra la porta della Casa <strong>dei</strong> Terziari ad<br />
Assisi. Dono di E. Illuminati ad A. Fortini, e da<br />
questo a d’Annunzio nel 1924.<br />
La posizione <strong>dei</strong> tre chiodi ripropone in<br />
chiave sacra l’emblema dannunziano del<br />
“Dare in brocca” (tre frecce che attraversano<br />
un cerchio), associato all’impresa di Fiume.<br />
Vittoria con peplo classico e cordiglio<br />
francescano. Presenza di una croce,<br />
evidenziata da ali stilizzate; manca delle<br />
braccia. Iscrizione: “Settimo anniversario<br />
della marcia di Ronchi, 1919-1926”)<br />
Rimando simbolico: sartiami delle navi, ma<br />
anche cordiglio francescano, motivo ripreso<br />
sulle tende e sulla tappezzeria della Sala, con<br />
rose e melagrane<br />
Secondo Terraroli “esplicita allusione alla<br />
chioma di S. Chiara tagliata con l’ingresso<br />
nella clausura e ancora conservata dalle<br />
clarisse di Assisi.”<br />
1) Laetitia tristitia 2) Non mihi Domine<br />
3) Satis est 4) Immortale quod opto<br />
5) Paulatim 6) Uni salus, alteri pernicies<br />
7) Transimus per ignem 8 ) Meliora<br />
supersunt 9) Ut prosit 10) Tribulatio ditat<br />
11) Ex copia inops
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
ORA a Schifamondo Guanti portati durante<br />
il volo del Cattaro, con scritta rossa<br />
ORA a Schifamondo Bozzetto di Frate Sole,<br />
di G. Bardetti, saldato su un elefante, bronzo<br />
Scritta sul guanto: “4 ottobre 1917”<br />
(ricorrenza di S.Francesco)<br />
Allusione al Francesco “egiziano”, “crociato”.<br />
Dopo il 1929 spostato dai Giardini privati alla<br />
Stanza delle Reliquie.<br />
Che dire del sentimento tra esaltato e religioso con cui d’Annunzio si lancia nelle imprese della<br />
guerra? L’immagine del santo ispirato da sentimenti superiori al valor militare è facilmente<br />
assimilabile all’immaginario dannunziano, e si associa al sentimento d’ammirazione-emulazione<br />
che lega il poeta a figure storiche di illustri Terziari, come S. Luigi IX o Giovanni di Brienne (cfr.<br />
Fortini, pp.93-103 e 196-200). Anche Santa Chiara, e San Francesco, rivestiti di eroismo guerriero,<br />
divengono inesauribili fonti d’ispirazione per l’aspirante eroe-mistico d’Annunzio.<br />
L’8 settembre 1920 d’Annunzio aveva istituito la Reggenza Italiana del Carnaro, dotandola di una<br />
Costituzione (la Carta del Carnaro, scritta dal capo di gabinetto Alceste De Ambris, ma rimaneggiata<br />
personalmente dal Vate); allo stesso tempo si era posto a capo del nuovo governo, proclamandosi<br />
Duce.<br />
La posizione <strong>dei</strong> tre chiodi sulla Mensura Christi ripropone in chiave sacra l’emblema dannunziano<br />
del “dare in brocca” (tre frecce che attraversano un cerchio), associato all’impresa di Fiume. La lapide<br />
incastonata ai piedi della colonna, antico stemma <strong>dei</strong> Terziari di Assisi (Confraternita delle Stimmate),<br />
fu un dono a d’Annunzio dello stesso Fortini e conduce direttamente ai Templari che, secondo una<br />
leggenda, incontrarono il Santo in occasione della V Crociata (1218-19) (cfr. Arcangelo Papi, San<br />
Francesco, le stimmate e la Sindone: una possibile antistoria del cristianesimo, in Episteme, Physis e<br />
Sophia nel III millennio, n. 7-21 dicembre 2003, p. 14).<br />
È al passato fiumano, che fa tutt’uno per lui con le imprese gloriose della Grande Guerra, che<br />
d’Annunzio pensa allestendo dal 1924 il Cenacolo, futura stanza delle Reliquie, in cui fa bella mostra<br />
di se’ sul soffitto, trattenuto da cordigli francescani annodati, il Gonfalone della Reggenza. Più tardi, il<br />
15 marzo ’24, celebrandosi l’annessione di Fiume all’Italia, il re conferì al combattente di un tempo il<br />
titolo di Principe di Montenevoso.<br />
Tra i numerosi simboli, intorno allo scudo risalta il cordiglio francescano con i tre nodi. Fortini ricorda<br />
una confidenza fattagli dall’amico a proposito del proprio “francescanesimo eroico”: «Io conosco il<br />
terzo luogo che anche San Francesco conosceva. Il primo luogo è quello della vita con le sue bellezze<br />
e i suoi dolori. Il secondo è quello della Morte, per alcuni principio di letizia e di godimento, per altri<br />
soglia dell’orribile silenzio. Il terzo è quel senso indefinito che guida e conduce verso il destino con<br />
sicurezza piena che l’evento si compia».<br />
Anche oggetti poco appariscenti hanno una profonda valenza allusiva: nella Stanza delle Reliquie, ad<br />
esempio, è riproposta (se vogliamo dare credito a Terraroli) la venerazione per una S. Chiara “eroica”,<br />
la cui capigliatura impietosamente sacrificata all’atto della clausura sembra palpitare nella matassa<br />
di fili di seta ricavati dai bozzoli allevati a Monfalcone durante la Prima Guerra mondiale, eternata<br />
da foglie di alloro essicate (per il valore sacro attribuito dal poeta a questa “reliquia”, si veda Fortini,<br />
p.192 : L’allevamento <strong>dei</strong> bachi da seta sotto il fuoco delle mitragliatrici, sintesi di una conversazione<br />
con d’Annunzio al Vittoriale).<br />
Una connotazione “eroica” ritroviamo anche in alcuni sottopiatti d’argento, che attraverso la<br />
simbologia e i motti sembrano rimandare alla predicazione e alle peripezie di un Francesco<br />
“crociato”: i nn. 1, 2, 7 (con l’orifiamma, simbolo prediletto da Luigi IX), 9,11.<br />
E ancora (non certo ultimi per importanza), nella Stanza delle Ospiti furono trovati i guanti indossati<br />
durante il volo su Cattaro il 4 ottobre 1917, episodio narrato animatamente, nella notte del settimo<br />
anniversario, al Vittoriale, dallo stesso poeta a Fortini. Il miracolo di San Francesco fu questo, secondo<br />
la conclusione del racconto: «Il Santo di Assisi, quella notte, pose il suo cappuccio, legato al cordiglio,<br />
sulla fusoliera, e così ci trasse a salvamento». (cfr. Fortini, cit., pp.149-151)<br />
Tuttavia il francescanesimo “eroico” non è associabile soltanto alle imprese guerresche passate di<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
132 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 133 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
cui d’Annunzio fu protagonista. Un’interpretazione corretta del motto “Malum et pax” ci conduce dalla<br />
facciata della Prioria alle soglie alla Stanza del Lebbroso, segnalando un passaggio successivo della<br />
concezione di “eroismo” nel Nostro.<br />
Si tratta di una disposizione battagliera nell’apparente assurdo: opporre “Silentium” e “Clausura” a<br />
chi ha offeso, a chi ha misconosciuto, ai possibili sodali di una nuova “eroica impresa” trasformati in<br />
oppositori e traditori, a chi ha risposto con il malum alla pax, ai tentativi di riconciliazione alla vigilia<br />
della guerra civile.<br />
Il progetto del Patto marino (destinato nei desideri di d’Annunzio a ripresentare all’Italia un se stesso<br />
politicamente propopositivo dopo il fallimento del sogno fiumano) si arenò per l’opposizione degli<br />
stessi possibili alleati, tra l’agosto del ’22 (tragicamente segnato dal “volo dell’arcangelo “ dalla<br />
finestra della Stanza della Musica) e il settembre del ’23.<br />
Gli armatori della Federazione Italiana <strong>dei</strong> Lavoratori del mare non vollero riconoscere d’Annunzio<br />
come “alto capo spirituale”, come stabilito da un accordo firmato con Mussolini e il capitano Giulietti,<br />
e l’autoproclamazione del poeta in qualità di unica guida della Federazione non ottenne altro che<br />
l’opposizione decisa di Ciano e Mussolini, e il fallimento del Patto stesso.<br />
Fortini, commentando lo stato d’animo dell’amico durante la sua visita al Vittoriale del 1923, ricorda<br />
una lettera di d’Annunzio a Mussolini del 1° dicembre 1922, in cui il possibile accordo era da lui<br />
definito “il nostro primo patto di fraterna pacificazione”.<br />
Osserva Fortini: “Dopo Fiume la minaccia della guerra civile che incombeva sull’Italia lo aveva indotto<br />
a svolgere un’azione di riconciliazione tra le forze avverse, in nome della bontà che avrebbe dovuto<br />
regolare la vita di ognuno e di tutti. Il 3 agosto di quello stesso anno, dopo l’occupazione di Palazzo<br />
Marino a Milano, da parte <strong>dei</strong> fascisti, d’Annunzio venne chiamato a parlare al balcone, Queste le<br />
parole rivolte alla folla: “Mentre la passione di parte tuttavia arde, mentre tuttavia fumano le arsioni<br />
e sanguinano le ferite, mentre il volto della Patria è tuttavia velatoinvochiamo la pace e onoriamo<br />
la bontà” (Fortini, cit, p.173). La chiara contrapposizione tra il bene comune e le ragioni di parte si<br />
accompagna al concetto di forza della pace, ribadendone le prospettive energetiche e rivoluzionarie:<br />
“Non sono undici i portatori della Parola / Sono legioni. Sono miriadi. La bontà ha le sue faviiamo<br />
invocazioni alla pace e alla bontà, e tutte le faville secondano la fiamma grande. Vedo in voi sfavillare<br />
la bontà efficace e militante, la bontà affermatrice e creatrice, la bontà <strong>dei</strong> lottatori e <strong>dei</strong> costruttori: la<br />
bontà vittoriosa” (G.d’A. Il libro ascetico della giovane Italia, 1926).<br />
Proporre la conciliazione delle parti, fondere in una sola fiamma tutte le fedi e tutte le energie: questo<br />
leggeva in Francesco, in quei frangenti, l’ardito di Fiume, identificandosi con l’impavido crociato che<br />
discute con il Soldano un’alternativa all’infruttuosa guerra di Damietta. È il Francesco-templare che<br />
d’Annunzio rintracciava nel Paradiso dantesco, insieme a quello mistico e allo stimmatizzato (cfr. D.<br />
Alighieri, Par. XI, in part. vv.100-102)
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
FRANCESCANESIMO MARTIRE E REDENTORE<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Facciata Prioria (muro centr., a sin.),<br />
bassorilievo<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria. Mensura<br />
Christi (Colonna del martirio di Cristo)<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria (Mensura<br />
Christi). Cesto con melagrane in pietra, di G.<br />
Marussig (prob. 1924-26)<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria. (Mensura<br />
Christi). Cesto con melagrane<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria (parete est).<br />
Bassorilievo su legno: Vittoria alata in bronzo<br />
fuso e dorato, di G. Marussig (1926-’27)<br />
Atrio e scala d’accesso Prioria (parete<br />
est) Trittico-altarolo portatile in legno e<br />
pastiglia policroma (inizi XX sec.)<br />
Compianto funebre per S. Francesco<br />
Alla base della Colonna tre chiodi inscritti<br />
da corona d’alloro (gloria imperitura, vittoria<br />
sulla morte) / serpe che si morde la coda<br />
(eternità). Sulla colonna bagnata del sangue<br />
di Cristo tralcio d’edera (vittoria della vita<br />
sulla morte)<br />
Sulla sommità della colonna cesto dorato con<br />
melagrane (sangue <strong>dei</strong> martiri versato per la<br />
fede e la vittoria / simbolo di abbondanza e<br />
rinascita)<br />
Sulla cornice del capitello iscrizione “Defendit<br />
Amantem in Aeternum / Innixa.Sursum / Si<br />
vivet. Vivam”<br />
Vittoria con peplo classico e cordiglio<br />
francescano. Presenza di una croce,<br />
evidenziata da ali stilizzate; manca delle<br />
braccia. Iscrizione: “Settimo anniversario<br />
della marcia di Ronchi, 1919-1926)<br />
Mani mozzate con croce nel timpano; a<br />
destra S.Antonio da Padova<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
Cenacolo, poi Stanza delle Reliquie<br />
Maschera egizia in legno di sicomoro<br />
montata a croce con 4 pannelli di smalto e<br />
rame di G. Guidi (1800 a.C.-1928/30). In<br />
alto, nel triangolo di sostegno, iscrizione<br />
Stanza della Leda Tavolinetto in ferro<br />
battuto con doppio piano di marmo rosso,<br />
cordigli dorati e sovracoperta inferiore in<br />
velluto rosso<br />
Officina Bozzetto a tempera per le stimmate<br />
di S. Francesco, di G. Cadorin (1924)<br />
134 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 135 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Maschera funeraria egizia della XVIII-XIX<br />
dinastia, al centro della composizione<br />
dannunziana con tessuto di rasatello d’oro.<br />
Ai lati, da sin. In senso orario: Crocifissione,<br />
Condanna del Cristo, Deposizione, Ultima<br />
Cena. Si riconosce, tra gli apostoli presso la<br />
croce, Francesco.Testo iscrizione:“ULTERIUS/<br />
TENTARE / VETO”<br />
In prossimità dell’oggetto: due Cristi deposti<br />
In primo piano due cadaveri (il Santo?)<br />
circondati da frati piangenti e oranti. In alto<br />
S. Francesco si invola ricevendo le stimmate<br />
Come abbiamo appena visto, fin dall’ingresso nella Prioria si rende quindi visibile un nuovo discorso<br />
legato al tema guerresco e alle memorie eroiche, sempre più dolorose col passare degli anni, ma<br />
insieme sempre più spesso riproposte sotto una luce diversa e consolatoria. Ad esempio, sul plinto della<br />
Mensura Christi Terraroli individua una stilizzata corona di foglie d’alloro, simbolo di gloria imperitura (p.<br />
114), tanto più se riconosciamo nella figura del cerchio anche l’effige del serpente, (ornamento della<br />
base marmorea del Pilo della Reggenza del Carnaro e simbolo di eternità) (cfr. Terraroli, p. 90; si veda<br />
inoltre la stessa pagina del volume per la definizone <strong>dei</strong> diversi simboli associati alla Mensura Christi.)<br />
Anche alcuni <strong>dei</strong> sottopiatti d’argento, soprattutto attraverso la simbologia del pellicano e <strong>dei</strong> trofei<br />
di lauro, rinviano esplicitamente al motivo del sacrificio redentore e della vita eterna, della sofferenza<br />
solitaria ripagata dal compiacimento delle proprie difficili scelte (cfr. piatti nn. 3, 4, 8, 10).<br />
Ancora in chiave di sofferta autocelebrazione postuma e di attuale volontà di separazione dal “mondo”<br />
sono da intendere altri significativi oggetti, espliciti nella loro ricca polisemia: il bassorilievo con il<br />
compianto funebre del Santo, i cesti di melagrane, la Vittoria mutilata e crocifissa, la maschera egizia<br />
circondata da scene della Passione... ed altri oggetti, che ricevono la loro traslitterazione nell’apoteosi di<br />
Francesco, pianto dai confratelli e assunto in cielo (Officina) ricevendo le stimmate (sic!)
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
STANZA DEL LEBBROSO<br />
FRANCESCANESIMO MISTICO<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Corridoio Via Crucis Cancello claustrale<br />
con orifiamma (dal sett.1925)<br />
Corridoio Via Crucis Stoffa “vaiata”<br />
francescana di Lisio, come nell’Officina, con<br />
motti<br />
Stanza del Lebbroso Pelli di leopardo ai<br />
piedi del letto<br />
Stanza del Lebbroso Coperta del cataletto,<br />
in pelle scamosciata con sole raggiante<br />
(orifiamma) al centro e motto<br />
Stanza del Lebbroso Vetrata “solare” di<br />
Cadorin / Chiesa (1925), collocata tra le ante<br />
dell’armadio a muro a ds. dell’alcova, uno<br />
con motto<br />
Protegge la clausura della parte più interna<br />
della Prioria<br />
“Pax et bonum”<br />
Allusione all’istinto sensuale domato,<br />
richiamo morale e spirituale<br />
Sostituì un precedente drappo nero.<br />
“Dona e non inscema”<br />
La vetrata, secondo le intenzioni del poeta,<br />
avrebbe dovuto inondare di luce aurorale il<br />
suo corpo senza vita (morte = opera d’arte<br />
estrema prima del nulla)<br />
Stelle del cielo benedite il Signore.<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
Stanza del Lebbroso Vetrate “francescane”<br />
di Cadorin / Chiesa (1925), con motti<br />
Stanza del Lebbroso Lacunari sopra il<br />
letto, con motti<br />
Stanza del Lebbroso Tondo: S. Francesco,<br />
in piedi e volto a sinistra, prega sulla riva di<br />
un lago, smalto su rame di G. Guidi (1924)<br />
Stanza del Lebbroso motti sull’armadio di<br />
Cadorin (a nove ante e otto riquadri), allusivi<br />
a Fuoco/Sole/Verità.<br />
Stanza del Lebbroso Ante con Arcangeli<br />
ed elementi naturali ai lati dell’alcova<br />
Stanza del Lebbroso Soffitto a pannelli<br />
lignei con cinque Sante: Sibilla di Fiandra,<br />
Elisabetta d’Ungheria, Odilla d’Alsazia,<br />
Giuditta di Polonia, Caterina da Siena<br />
Stanza del Lebbroso Vaso in maiolica<br />
bianca e azzurra (It. Centr., primo ventennio<br />
XX sec.) con figura di S. Francesco<br />
Stanza del Lebbroso Cristo benedice e<br />
assolve Maddalena nella casa del fariseo, di<br />
Guido Cadorin<br />
136 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 137 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
A ds.: “Rivi e fonti benedite il Signore / Fiori<br />
e foglie benedite il Signore”; a sin.: “Insetti<br />
e lor larve, benedite il Signore / Augelli del<br />
cielo benedite il Signore”<br />
1) Prigione io canto 2) Così vivo così ferisco<br />
3) E solitario e solo 4) Da ruggine sicuro 5)<br />
Ardendo m’inalzo 6) Pur che altamente 7)<br />
Foco ho meco eterno<br />
Opera con colori tenui (prevalenza di azzurri,<br />
verdi e gialli)<br />
1) Numquam dissonis 2) Solus fortes<br />
terret ignis, non me 3) Morsu praestantior<br />
4) Lucem sub nubila iactat 5) Non sufficit<br />
orbis 6) Fert diem et horam 7) Semper non<br />
semper 8) Donec copiam<br />
A sinistra Michael / Aria - Gabriel / Acqua;<br />
a destra Ariel / Fuoco - Raphael / Terra.<br />
Le “Clarisse al limitare della morte” di cui<br />
d’Annunzio scrive ne Il secondo amante di<br />
Lucrezia Buti (2° vol. de Le faville del maglio),<br />
ricordando una visita a Ferrara nel 1898<br />
(prob. monastero delle Clarisse intitolato al<br />
Corpus Domini e vicina casa Romei.)<br />
Contiene “Gospel according to St. Mattew” e<br />
sfera di Giada verde.<br />
La Maddalena , peccatrice redenta e fervida<br />
predicatrice della Verità (rimando possibile:<br />
Fioretto XXIV)<br />
Il S. Francesco “mistico”, nella Stanza del Lebbroso e nei locali adiacenti lo diviene alla<br />
massima potenza, trasformando le connotazioni presenti nei Giardini privati e negli altri<br />
locali della Prioria in una vera e propria “Via di Verità e di Vita” (trasfigurazione della vicenda<br />
umana in eternità, con il viatico del Santo, Figura Christi). Pace interiore e letizia, bellezza<br />
e stupore si associano ad iniziatica Rivelazione, fruita individualmente (Vangelo secondo<br />
Matteo: racconto della Passione, morte e resurrezione di Cristo; sfera di giada verde, con<br />
possibile rinvio al Graal ) oppure condivisa in spirito con poche figure femminili, reali o<br />
simboliche...<br />
Scrive Terraroli: «Si tratta dunque di espliciti riferimenti cristologici e di richiami a<br />
un’identificazione con il sole splendente in contrapposizione alla prigionia forzosa e<br />
all’inevitabile solitudine dell’ultima fase della vita, ma anche una celebrazione del tema della
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
rinascita e del sacro rinnovellarsi della vita spirituale» (V. Terraroli, Il Vittoriale..., cit., p. 221).<br />
Memorabile a tal proposito un appunto di Fortini, che si sofferma su un particolare<br />
estremamente simbolico, nella sua semplicità: “In un primo tempo, [d’Annunzio] mi disse<br />
questa specie di bara era ricoperta da un drappo nero; ma siccome ciò sembrava troppo<br />
macabro alle donne di casa, che scappavano atterrite, lo sostituì con una coperta nella<br />
quale si vedeva splendere un grande sole d’oro” (A. Fortini, op. cit., pp. 103-104). Ammesso<br />
che le “donne di casa” abbiano costituito il motivo occasionale dell’intervento, ciò andava<br />
esattamente nella direzione voluta dal poeta…!<br />
Gli Arcangeli e le Sante clarisse, associando una preziosa simbologia ai quattro elementi<br />
naturali e al cammino di ricerca biografica del poeta, ne sublimano la valenza in una risposta<br />
enigmatica ed evidente insieme. Dei doni nominati nel brano de Il secondo amante... restano<br />
raffigurati sui pannelli lignei il vaso stagnato di Giuditta, il gran rinfrescatoio di Caterina, e<br />
una delle asce che, collocata su un ceppo recante il giorno della morte della madre, chiude<br />
simbolicamente il cerchio della morte e rinascita (la culla bara nel segno del mito materno)<br />
Quanto al dipinto con la Maddalena, vedremo poi la testimonianza della modella qui<br />
raffigurata (Ines Pradella), a sostegno di un’identificazione esplicita tra d’Annunzio e il Cristoredentore.<br />
Tuttavia il poeta è anche la Maddalena, per un possibile collegamento (interessante per il<br />
nostro studio, perché direttamente riferibile a S.Francesco) con un Fioretto, il XXIV: Come<br />
santo Francesco convertì alla fede il Soldano di Babilonia e la meretrice che lo richiese di<br />
peccato. Insieme a Fortini, ricordiamo che in questo testo, la cui lettura aveva affascinato il<br />
Vate, si narra di una donna “bellissima del corpo ma sozza dell’anima” la quale, curata dalla<br />
propria lebbra spirituale dal Poverello, “si convertì perfettamente alla fede di Cristo, e diventò<br />
di tanta santità, che per lei molte anime si salvarono”. Una variante, quindi, della Maddalena,<br />
con Francesco al posto di Cristo, una situazione che colpì talmente il poeta da ispirargli<br />
alcune raffigurazioni femminili presenti in opere e abbozzi e realizzati tra il 1912 e il 1913<br />
(La crociata degli innocenti, la Parisina o, ancora, La Pisanelle)<br />
Fortini, nella sezione centrale del suo libro (cap. IV, pp.107-127), evidenzia come in queste<br />
opere emerga chiaro lo svilupparsi, all’interno dell’immaginario del poeta, del tema della<br />
peccatrice redenta, figura in cui d’Annunzio stesso finirà per riconoscersi, appunto nella<br />
Stanza del Lebbroso. Questa strana forma di misticismo si associa ad un altro tema<br />
sempre più caro al poeta: l’immagine del fuoco divino, vampa purificatrice, in grado di<br />
rigenerare e sanare tutto quello che il malvagio fuoco delle passioni ha intaccato. In una<br />
scena dell’abbozzo La Crociata degli Innocenti Vanna la Vampa, tentata seduttrice del<br />
Poverello, riceve da lui l’invito a gettarsi nel fuoco che arde e non brucia, chiaro simbolo<br />
di rigenerazione mistica, che egli attraversa incolume. (cfr. Fortini, cit., p. 111) Questa è la<br />
singolare interpretazione del Fioretto XXIV ad opera di d’Annunzio!<br />
Il fuoco mistico è anche un chiaro riferimento a un episodio della vita di San Francesco e<br />
Santa Chiara (cfr. Fioretto XV): come non collegare infatti il fuoco divino della produzione<br />
dannunziana con il fuoco mistico che circondò i due santi durante il loro incontro a cena a S.<br />
Maria degli Angeli?<br />
Anche la Maddalena risulta essere quindi una proiezione del poeta, poiché negli ultimi anni<br />
lo stesso Gabriele aveva cambiato (o dichiarava di averlo fatto...) il proprio modo di vivere,<br />
ostentando volontà di isolamento e disprezzo del mondo, percepita come fondamentale per<br />
la sua ascesa intima e spirituale.<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
FRANCESCANESIMO EROICO<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Corridoio Via Crucis Stoffa “vaiata” di Lisio,<br />
con motti francescani<br />
Ingresso Lebbroso Riproduzione di<br />
xilografia S. Francesco e il lupo di Gubbio, di<br />
D. Cambellotti<br />
Stanza del Lebbroso Pelli di leopardo ai<br />
piedi del letto e scrigni in metallo smaltato,<br />
contenenti bandiere e polvere delle terre<br />
irredente<br />
Stanza del Lebbroso Vaso in maiolica<br />
bianca e azzurra (It. Centr., primo ventennio<br />
XX sec.) con figura di S. Francesco<br />
138 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 139 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
“Malum et pax”<br />
Atteggiamento quasi desolato del Santo; in<br />
primo piano rovi spinosi<br />
Rimandano alle cerimonie funebri orientali, ai<br />
riti offerti ai capi tribù.<br />
Simbolo del T (in uso presso Francescani e<br />
Templari)<br />
Nel saggio di A. Papi, San Francesco..., cit., p. 4, leggiamo: «Il Tau, tracciato da San<br />
Francesco sulla chartula consegnata a fra’ Leone, è chiaramente un simbolo biblico, ma<br />
allo tempo stesso un segno adottato dai Templari, come del resto, il lacero ‘saio marrone’<br />
<strong>dei</strong> suoi poverissimi ‘frati’ volutamente ripercorreva la forma stessa della croce commissa<br />
e, come sembra altrettanto plausibile ed evidente, intendendo alludere al ‘primo abito’ del<br />
converso templare, che era proprio di colore marrone prima dell’assunzione dell’abito bianco<br />
<strong>dei</strong> cavalieri. In altre parole, si dovrebbe ipotizzare una sorta di affinità nascosta tra i due<br />
Ordini, quello francescano e quello templare, secondo la loro ben distinta natura e vocazione.<br />
L’ordine francescano ribaltò letteralmente la vocazione militare e guerriera di quello<br />
templare, col motto di “pace e bene” ed un esempio perfettamente pacifico di preclare virtù<br />
evangeliche. Ma questo totale rovesciamento di prospettive non depone affatto in contrario.<br />
Anzi rafforza l’idea della similarità ‘in apicibus’. »<br />
Nel Corridoio della Via Crucis, l’alternanza del motto “Malum et pax” rispetto al classico<br />
“Bonum et pax” francescano propone, come già sulla facciata centrale della Prioria, la<br />
volontà di rispondere con l’autosegregazione al tradimento <strong>dei</strong> falsi amici, avendo ricevuto<br />
male per bene. Si tratta di una disposizione battagliera del tutto particolare, facilmente<br />
disponibile a traslarsi nell’ultima maschera, quella del lebbroso (martire eletto).
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
FRANCESCANESIMO MARTIRE E REDENTORE<br />
Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />
Corridoio Via Crucis Piagnone, Calco<br />
dipinto (1925) di una statua della tomba di<br />
Philippe Pot al Louvre<br />
Corridoio Via Crucis 14 pannelli della Via<br />
Crucis, in smalto e rame, di G. Guidi (1924,<br />
al Vittoriale dal ’25)<br />
Corridoio Via Crucis Deposizione in smalto<br />
e rame, di G. Guidi (1924, al Vittoriale dal<br />
’25)<br />
Stanza del Lebbroso Quadretto in rame e<br />
smalto: Crocefissione, di G. Guidi (1924/25)<br />
Stanza del Lebbroso Dipinto su rame: S.<br />
Francesco abbraccia d’Annunzio ignudo e<br />
monocolo, di Cadorin (1924).<br />
Stanza del Lebbroso Corona di spine al<br />
centro del soffitto sopra il letto, con motti<br />
Stanza del Lebbroso lampada appesa al<br />
soffitto, ispirata all’immagine della corona<br />
di spine<br />
Stanza del Lebbroso Cristo benedice e<br />
assolve Maddalena nella casa del fariseo,di<br />
Guido Cadorin<br />
Stanza del Lebbroso Vaso in maiolica<br />
bianca e azzurra (It. Centr., primo ventennio<br />
XX sec.) con figura di S. Francesco .<br />
Sormontato da un fascio di allori: vita eterna<br />
dopo la morte<br />
In alcune scene si individuano figure con<br />
saio francescano, tra cui, forse, lo stesso<br />
d’Annunzio<br />
(croce con tre Marie, S. Giovanni e un frate)<br />
Comes et vitae mortis[que] (compagno sia<br />
della vita sia della morte), Levius vestio (mi<br />
vesto con maggiore leggerezza)<br />
tipica del periodo quaresimale<br />
D’A. a Ines Pradella (modella) «Tu sei Maria di<br />
Magdala, Elisabetta d’Ungheria, e non so<br />
quale altra santa in assistenza di lebbrosi. Io<br />
sono lebbroso e quasi santo»<br />
Contiene “Gospel according to St. Mattew” e<br />
sfera di Giada verde.<br />
progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />
Secondo una testimonianza di Ines Pradella riportata da Romano M. Levante, nel dipinto<br />
Cristo benedice la Maddalena sarebbe da ravvisarsi un’identificazione di d’Annunzio<br />
con Cristo stesso, visto come «lebbroso» , evitato ed umiliato dai potenti della sua epoca<br />
e, in occasione dell’omaggio di Maria di Magdala, rimproverato addirittura dal fariseo e<br />
dai presenti, in particolare da Giuda, secondo il racconto di Marco, Matteo e Giovanni<br />
(cfr. VANGELO Lu, 7, 36-50; Mc, 14, 3-11; Mt, 26, 6-16; Gv, 12, 1-10). Si tratta di una<br />
lettura del dipinto alternativa e complementare rispetto a quella proposta sopra, attraverso<br />
l’identificazione tra d’Annunzio e la Maddalena (cfr. Francescanesimo “mistico”).<br />
In un biglietto di invito rivolto ad Ines, il poeta autorizza tale interpretazione, scrivendo: «Tu<br />
sei Maria di Magdala, Elisabetta d’Ungheria, e non so quale altra santa in assistenza di<br />
lebbrosi. Io sono lebbroso e quasi santo».<br />
Nel rimando alla vicenda di Cristo, tuttavia, la ferita subita in vari modi dal poeta (delusioni,<br />
malattia, lutto...) è resa sacra dal dolore.<br />
Ma se Francesco è “figura Christi”, la stanza del Lebbroso, in questo senso, rappresenta<br />
anche il punto d’arrivo del rapporto tra il Vate e il Poverello d’Assisi. I due, in un rapporto<br />
perfettamente simbiotico, sembrano ormai fondersi e scambiarsi i ruoli nella comune cifra<br />
del dolore...<br />
Commenta Fortini, parlando del dipinto S. Francesco abbraccia d’Annunzio ignudo e<br />
monocolo del medesimo Cadorin: “Il lebbroso era lui, d’Annunzio, e aveva il suo viso,<br />
a significare che, quantunque passato attraverso infinite<br />
contaminazioni, egli sperava che, nell’istante del supremo<br />
trapasso, il Santo che cantò la lauda della sorella Morte avrebbe<br />
avuto pietà di lui” (Fortini, cit., p. 103). E’ qui evidente il riferimento<br />
ad un altro Fioretto, il XXV, in cui un malato giunge a miracolosa<br />
salvazione dalla lebbra corporale e spirituale per opera del<br />
poverello, e gli appare in sogno, dopo la morte, per ringraziarlo,<br />
divenuto anima beata, lui prima terribile peccatore..<br />
Se si trasla l’identificazione con il Cristo suddetta anche sul dipinto<br />
con S. Francesco e d’Annunzio, risulta evidente la sovrapposizione<br />
tra le figure del lebbroso redento e del santo redentore, poiché il<br />
poeta stesso si sentiva tanto uno quanto l’altro (“lebbroso e quasi<br />
santo”): i dardi lo hanno colpito senza intaccarne lo spirito, così<br />
come le piaghe del lebbroso e le stimmate del Santo temprano<br />
nella sofferenza la superiorità morale.<br />
È un percorso per d’Annunzio, una Via Crucis esplicitata anche<br />
dall’opera in quattorici pannelli dell’omonimo corridoio, il cui<br />
tragitto, non a caso, ha come ultima ed estrema tappa proprio la<br />
stanza del Lebbroso (o «Cella <strong>dei</strong> puri sonni o delle pure immagini»<br />
o ancora «Zambra del Misello»), nella quale la sublimazione dello<br />
spirito avviene attraverso la sofferenza, la solitudine e il sacrificio.<br />
140 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 141 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
142 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 143 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Fondazione Ugo Da Como<br />
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia<br />
progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista
Introduzione Fondazione Ugo Da Como<br />
I progetti intrapresi quest’anno dalle scuole lonatesi per Le <strong>Vie</strong> dell’Arte hanno riguardato il collezionismo.<br />
La casa-museo di Ugo Da Como è divenuta così meta di numerosi incontri e visite per verificare il rapporto tra<br />
l’oggetto e il nuovo contesto che ad esso attribuisce il collezionista.<br />
Gli alunni della scuola primaria, secondaria e del liceo Paola di Rosa hanno potuto rendersi conto di come,<br />
nell’universo del collezionista, gli oggetti assumano spesso un valore aggiunto che va al di là di un mero valore<br />
economico. Si tratta di valori affettivi, valori d’uso, estetici.<br />
Progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia<br />
Il lavoro svolto con la Scuola primaria di Lonato ha costituito una esperienza molto positiva perché, oltre ad<br />
avvicinare i bambini al museo, è servita anche a chi proprio nel museo opera per considerare ulteriormente alcuni<br />
<strong>dei</strong> mobili che arredano la casa di Ugo Da Como.<br />
Nel progetto “La sedia in cinque secoli di storia” sono stati presi in considerazione i “mobili per sedersi” ed è stato<br />
formulato un ideale itinerario di natura tipologica: la panca, lo sgabello, la sedie, il seggiolone, la poltrona e il divano.<br />
Nella casa di Ugo Da Como è possibile rendersi conto dell’evoluzione <strong>dei</strong> modi per sedersi dal Quattrocento al<br />
Novecento.<br />
La varietà delle raccolte lonatesi permette inoltre di confrontare mobili in legno di grande pregio, spesso riccamente<br />
decorati, con esemplari di uso quotidiano, più semplici e funzionali.<br />
Il percorso proposto ha considerato anche alcuni mobili “in stile”. La maggior parte sono otto e novecenteschi,<br />
costruiti per arredare con maggior prestigio gli ambienti della neoquattrocentesca Casa del Podestà veneto. Si tratta<br />
di una testimonianza significativa di come a partire dall’800 l’antico sia stato considerato modello a cui ispirarsi. A<br />
quelle date il museo era concepito come luogo di apprendimento non solo per i semplici visitatori, ma anche per gli<br />
artigiani che lavoravano per la classe dirigente italiana di cui il bresciano Ugo Da Como faceva parte.<br />
Questo percorso didattico ha permesso ai bambini di entrare nel museo per cercare una precisa tipologia d’arredo,<br />
interrogarsi sul suo utilizzo, osservarla da vicino e disegnarla.<br />
Alla fine <strong>dei</strong> numerosi incontri, in classe, nel museo, con l’artigiano-restauratore Andrea Baldrati, i bambini hanno<br />
potuto rendersi conto che nella casa-museo di Ugo Da Como i mobili rispondevano a una duplice funzione: erano<br />
considerati oggetti belli e preziosi, ma anche oggetti d’uso da utilizzare quotidianamente.<br />
Quando Ugo Da Como (1869-1941) volle restaurare l’edificio di Lonato in cui ebbero sede i podestà veneti sino alla<br />
fine del Settecento, aveva in mente un progetto che andava molto al di là di un risanamento architettonico.<br />
Secondo una consuetudine molto diffusa in Lombardia tra la seconda metà del XIX e l’inizio del Novecento,<br />
egli mirava a riportare alla luce una particolare atmosfera in cui poter vivere a stretto contatto con l’antico,<br />
quotidianamente. Per raggiungere questo obbiettivo non poteva quindi limitarsi alla struttura dell’edificio, ma<br />
anche l’arredamento delle molte stanze fu pensato con grande attenzione. Un ruolo determinate per attuare questa<br />
generale ricostruzione è quello svolto dai mobili, raccolti nel tempo da Ugo Da Como e dalla moglie Maria Glisenti.<br />
Le stanze della Casa del Podestà avevano tutte una funzione precisa: un grande atrio d’ingresso, uno studio, due<br />
salotti per conversazione, tre capienti sale da pranzo, le cucine, le camere da letto, uno studiolo al piano superiore<br />
e la grande biblioteca. In ognuno di questi ambienti sono presenti diverse tipologie di mobili: tavoli, armadi,<br />
credenze, comò, ma una tipologia di mobile ricorre in tutte le stanze. In ogni ambiente, anche nei locali di passaggio,<br />
incontriamo una sedia, una poltrona, un divano, una panca. Per questa ragione abbiamo voluto puntare l’attenzione<br />
Introduzione Fondazione Ugo Da Como<br />
144 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 145 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
sui diversi modi di sedersi e sui manufatti realizzati per questo scopo. Ugo Da Como scelse per la sua casa di<br />
Lonato mobili antichi o di particolare fattura, ispirata all’antico; sono pochi gli esemplari contemporanei o dalla linea<br />
“moderna”.<br />
Un altro aspetto curioso è quello relativo alle superfici <strong>dei</strong> mobili. In molti casi vennero patinati con vernici o tinte<br />
coprenti per rendere più evidente la nobile vetustà dell’oggetto, non per convincere a tutti i costi dell’autenticità, ma<br />
semmai per favorire un più armonioso inserimento del mobile in una casa in cui tutto doveva partecipare a ricreare<br />
l’atmosfera dell’antica dimora veneta podestarile, in cui il passato costituiva un elemento sempre presente e più<br />
vicino di quanto in realtà non potesse essere.<br />
Ugo Da Como acquistò questi mobili dagli antiquari della zona, si tratta per la maggior parte di esemplari lombardi o<br />
veneti.<br />
Progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />
Anche con gli alunni della scuola secondaria “Camillo Tarello” di Lonato, si sono osservati gli oggetti presenti nella<br />
casa di Ugo Da Como. In particolare si sono considerati i piccoli quadretti, costituiti da incisioni ritagliate dai libri e<br />
incorniciate.<br />
Con l’insegnante Marina Casari è stato possibile mostrare le differenti tipologie di incisioni, xilografie soprattutto,<br />
presenti tra le raccolte artistiche e librarie di Lonato. Gli alunni stessi ne hanno realizzata alcune, traendo ispirazione<br />
da modelli antichi, oppure disegnando en plein air alcuni scorci della Casa del Podestà.<br />
È stato possibile considerare come, sin dall’antichità, l’opera d’arte fosse oggetto di attenzioni da parte <strong>dei</strong><br />
<strong>collezionisti</strong>. Gli antiquari e i commercianti avevano spesso poco scrupolo nei confronti degli oggetti che<br />
trasformavano, secondo le esigenze <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> loro clienti, desiderosi si arredare e decorare nella maniera<br />
ritenuta più conveniente, le stanze delle loro dimore. Alla fine dell’800 poteva accadere che interi codici miniati<br />
fossero ritagliati; i frammenti venivano così dotati di cornice e appesi sulle pareti.<br />
È il caso della bellissima miniatura rinascimentale eseguita da Giovan Pietro da Birago, facente parte di un<br />
importante codice di cui costituiva il capolettera “I”. Questa miniatura proviene dalle raccolte del padre del Senatore,<br />
Giuseppe Da Como.<br />
Simile sorte è toccata ad alcune illustrazioni xilografiche provenienti dal bellissimo incunabolo Liber Chronicarum,<br />
stampato a Norimberga nel 1493. In questo caso gli studenti hanno potuto vedere sia il quadretto con la xilografia<br />
incorniciata che l’esemplare dell’incunabolo intonso, comprendendo così la sorte <strong>dei</strong> libri e la diversa considerazione<br />
che di essi si aveva nel passato.<br />
Progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
Il progetto proposto all’Istituto Paola di Rosa ha considerato, in maniera ancora più approfondita, il rapporto tra<br />
l’oggetto d’arte e il contesto in cui si trova.<br />
L’opera d’arte non è sempre collocata nello spazio per il quale è stata creata: in alcuni casi essa è conservata in un<br />
museo, in altri ancora è nella casa di un collezionista.<br />
Gli oggetti d’arte o d’artigianato che il collezionista sceglie vengono acquisiti e introdotti in un nuovo contesto,<br />
secondo un disegno personale.
Introduzione Fondazione Ugo Da Como<br />
All’interno delle case <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> abbiamo l’occasione di capire meglio questo progetto: è possibile comprendere le<br />
relazioni che il collezionista crea ed esibisce collocando gli oggetti – l’uno accanto all’altro – nello spazio in cui vive.<br />
Per il collezionista l’oggetto è portatore di un valore aggiunto particolarissimo, l’oggetto non ha più solamente un<br />
valore intrinseco o di mercato.<br />
Quando l’oggetto lascia la casa di un collezionista per entrare in un museo si spoglia <strong>dei</strong> significati che gli ha<br />
attribuito il precedente proprietario e ne assume altri.<br />
Gli oggetti, nel corso della loro esistenza, nel corso della storia, cambiano: si danneggiano per il trascorrere del<br />
tempo, subiscono manipolazioni per essere adeguati alle richieste del mercato, vengono distrutti.<br />
In alcuni casi il collezionista interviene sull’oggetto per adattarlo al contesto nel quale lo vuole collocare.<br />
In occasione delle visite didattiche con gli studenti dell’Istituto Paola di Rosa, la casa-museo di Ugo Da Como<br />
è divenuta il Luogo deputato alla verifica di queste considerazioni. È stato indagato il particolare progetto del<br />
collezionista e abbiamo cercato di comprendere le sue scelte.<br />
L’atteggiamento di Ugo Da Como è stato confrontato con quello di Angelo Maria Querini e di Gabriele d’Annunzio,<br />
sottolineando il rapporto che lega questi personaggi.<br />
Abbiamo così realizzato una serie di schede dedicate ad alcune testimonianze del collezionismo di Ugo Da Como,<br />
scelte dagli studenti. Ne è sortito un lavoro condotto con grande serietà che ha coinvolto tutti nella ricerca sul<br />
campo, nel tentativo di comprendere non solamente la natura dell’oggetto oggi presente a Lonato, ma anche il<br />
significato che ad esso attribuiva Ugo Da Como, oltre che rintracciarne il percorso che dal luogo di origine lo ha<br />
portato nella Casa del Podestà.<br />
Il progetto si è avvalso della collaborazione di specialisti e, soprattutto, di visite sul campo concordate con i docenti<br />
per rendere il più comprensibile possibile questo argomento. Ricordo in particolar modo la visita alla Pinacoteca<br />
di Brera, a Milano, con Letizia Lodi e Francesca Debolini; l’incontro-intervista a Brescia con Luigi e Piero Lechi; la<br />
lezione tenuta da Cecilia Cavalca all’Istituto Paola di Rosa.<br />
Un grazie inoltre a Luca e Alberto Borelli; Alberto e Luisa Fontanini; Monia Baratti.<br />
Stefano Lusardi e Roberta Valbusa<br />
Casa-museo-biblioteca di Ugo Da Como, Lonato<br />
146 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 147 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Chi e dove Scuola primaria Don Milani - Lonato<br />
Classi coinvolte Classe III A,B,C,D,E<br />
Docenti referenti Graziella Zullo in collaborazione con Chiara Assolari, Silvia Baresi, Laura Coticchio,<br />
Vania Gobetto, Renata Lorenzini, Emanuela Pluda, Giusy Sbrofatti<br />
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia<br />
nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
a Lonato<br />
Quando ci è stato proposto questo progetto abbiamo accettato la scommessa di un impegno<br />
nuovo e da definire strada facendo, essenzialmente per due motivi. Perché crediamo<br />
nell’apertura della scuola sul territorio e nelle attività laboratoriali, poi perché coincideva<br />
perfettamente con un percorso già avviato dal nostro Istituto: un progetto triennale chiamato<br />
“progetto ambiente” che in questo anno scolastico chiedeva a tutte le scuole lonatesi di<br />
studiare un “bene” del patrimonio culturale – artistico della nostra cittadina.<br />
Unire le forze di insegnanti, esperti, enti locali, musei e provincia ci è parsa l’occasione di<br />
realizzare una collaborazione efficace dalla quale tutti potessero uscire vittoriosi: in particolar<br />
modo i nostri allievi.<br />
Le maestre
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
Classi impegnate: tutte e cinque le classi terze della scuola primaria Don Lorenzo Milani<br />
per un totale di oltre 110 alunni.<br />
Insegnanti coinvolti: i docenti tutor (area linguistica ed antropologica) e docenti di<br />
matematica delle cinque classi: Assolari Chiara – Baresi Silvia – Coticchio Laura – Gobbetto<br />
Vania - Lorenzini Renata – Pluda Emanuela – Sbrofatti Giusy – Zullo Graziella.<br />
Esperti coinvolti: Lusardi Stefano – conservatore delle raccolte artistiche della casa-museo<br />
di Ugo Da Como; Andrea Baldrati - falegname restauratore della Scuola di restauro Bandera<br />
di Salò<br />
Contenuto dello studio: La casa del Podestà - casa-museo di Ugo Da Como a Lonato<br />
Durata delle attività: l’intero anno scolastico da settembre a maggio.<br />
ATTIVITà SVOLTE:<br />
• Visite alla Casa del Podestà<br />
• Lezioni e ricerche in classe<br />
• Lezioni nel museo tenute dall’esperto<br />
• Lezione / dimostrazione nel museo tenuta da un falegname/restauratore Andrea<br />
Baldrati<br />
• Riproduzioni grafiche – pittoriche sia sul posto sia in classe<br />
• Rielaborazioni scritte riassuntive/esplicative<br />
• Produzione di 17 pagine come relazione/presentazione di tutto il percorso, che<br />
andranno raccolte in un libro dedicato al Progetto Ambiente pubblicato per conto<br />
dell’Istituto Comprensivo di Lonato del Garda<br />
• Realizzazione di otto cartelloni riassuntivi/esplicativi, esibiti in una mostra finale<br />
presso la sede del Municipio cittadino (in occasione della giornata <strong>dei</strong> ciceroni)<br />
• Realizzazione di una giornata conclusiva del percorso, nella quale alcuni alunni di<br />
ogni classe coinvolta divenivano “ciceroni” all’interno del museo<br />
• Predisposizione di lucidi e immagini, raccolta di notizie tecniche- storiche finalizzate<br />
alla realizzazione di un “catalogo” che presenti tutti gli oggetti del nostro studio<br />
• Visita alla casa-museo di Gabriele d’Annunzio e al museo di Santa Giulia, Brescia<br />
IL LAVORO SVOLTO, RACCONTATO DAI BAMBINI<br />
“Siamo gli alunni di 5 classi terze della scuola primaria Don Milani di Lonato: più di 110<br />
bambini che hanno lavorato nel percorso proposto.<br />
Il nostro collezionista è Ugo Da Como e con lui la sua bellissima casa ai piedi della rocca<br />
viscontea.<br />
Innanzi tutto abbiamo raccolto informazioni e dati relativi alla persona e alle attività di Ugo Da<br />
Como, scoprendolo personaggio molto attivo, amante dell’arte e della cultura, ma non solo.<br />
Ci ha colpiti con piacere, scoprire in lui l’aspetto di umanità e generosità nel suo desiderio di<br />
lasciare la sua casa aperta al pubblico, come museo, perché<br />
tutti potessero gustare le bellezze che vi aveva raccolto…<br />
tra cui i suoi innumerevoli e preziosi libri, che lui ha voluto<br />
potessero essere letti e consultati da studenti e studiosi.<br />
Abbiamo poi ragionato insieme sul concetto e sulle<br />
caratteristiche di “collezione e collezionismo”. Ci siamo<br />
accorti che questo è un interesse spontaneo e molto<br />
forte: noi stessi, bambini e ragazzi, sentiamo l’istinto di<br />
conservare, raccogliere oggetti che consideriamo “speciali”:<br />
perché sono belli, preziosi, o semplicemente sono importanti<br />
perché rappresentano un ricordo, un momento particolare,<br />
un’emozione.<br />
Anche noi vogliamo condividere con altri le nostre collezioni:<br />
le mostriamo… vogliamo suscitare la stessa meraviglia, la<br />
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
stessa soddisfazione che proviamo noi nel guardare ciò che possediamo e lo sfoggiamo con<br />
orgoglio e felicità.<br />
Abbiamo pensato che anche Ugo Da Como, spinto forse da tutte queste intenzioni ha<br />
raccolto nella sua casa numerose collezioni e le ha lasciate a noi… sperando che ne<br />
fossimo felici, ammirati, orgogliosi.<br />
148 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 149 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
La nostra guida Stefano, ci ha accompagnati ad una prima visita della casa del Senatore,<br />
dopo che ne avevamo brevemente ricostruito la storia, ci ha fatto conoscere per quale<br />
motivo si chiama “Casa del Podestà”.<br />
Ci siamo subito emozionati perché ci è stato permesso di toccare e prendere fra le mani<br />
alcuni oggetti appartenuti ad Ugo Da Como, che sono nel corredo della sua casa.<br />
Questo non capita mai quando andiamo in un museo!<br />
La prima e tutte le successive visite alla casa sono state piacevoli e coinvolgenti.<br />
Alla fine di tutto il lavoro noi abbiamo definito la casa-museo con tre aggettivi, che ci sembra<br />
la descrivano bene e possano far capire anche a voi quanto ci è piaciuta.<br />
I tre aggettivi sono: accogliente, interessante, curiosa.<br />
ACCOGLIENTE perché<br />
• È bella<br />
• È spaziosa, colorata, ben arredata<br />
• Possiede un giardino curato con un bel panorama<br />
• Gli argomenti e le spiegazioni sono comprensibili e adatti a tutte le età<br />
INTERESSANTE perché<br />
• È ricca di cultura e di informazioni anche grazie agli innumerevoli libri antichi<br />
raccolti in essa<br />
• Racconta la vita di tempi antichi attraverso documenti, oggetti, collezioni<br />
• Contiene storie di oggetti nella loro evoluzione e trasformazione<br />
• Ricostruisce una parte di storia lonatese<br />
CURIOSA perché<br />
• È originale e speciale nella sua presentazione di casa molto diversa dall’esposizione<br />
in vetrine, teche, pannelli che troviamo in altri musei<br />
• Mostra oggetti molto particolari
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
• Gli oggetti si presentano nella loro<br />
collocazione quotidiana secondo<br />
l’uso e la funzione<br />
• Gli oggetti sono stati scelti con<br />
cura e disposti nelle stanze da<br />
Ugo Da Como e sua moglie Maria<br />
Glisenti in persona<br />
A questo punto dovevamo scegliere un<br />
“oggetto” particolare su cui lavorare: che<br />
potesse essere approfondito da cinque<br />
classi diverse, senza creare ripetizioni.<br />
Insieme all’esperto l’oggetto individuato è stato: “la sedia e i diversi tipi di seduta”.<br />
Ci è piaciuto subito perché si tratta di oggetti facili da capire e da descrivere, molto vicino<br />
alla nostra esperienza di tutti i giorni, attuale e antico e che si fa notare all’interno della casa.<br />
Ognuna delle 5 classi ha ricevuto in consegna una tipologia specifica di seduta:<br />
• Sgabelli<br />
• Panche e panchetti<br />
• Seggiole<br />
• Seggioloni<br />
• Poltrone e divani<br />
Siamo ritornati più volte nella casa per osservare,<br />
misurare, descrivere, disegnare i nostri oggetti.<br />
Abbiamo incontrato un falegname restauratore che<br />
ci ha mostrato molti attrezzi che si adoperavano nei<br />
secoli scorsi per costruire a mano tutte le sedute e<br />
che ancora oggi vengono usati per il restauro e per<br />
le lavorazioni artigianali.<br />
Ci ha parlato del legno: <strong>dei</strong> suoi colori e <strong>dei</strong> suoi nemici: i tarli, delle principali lavorazioni che<br />
venivano praticate per realizzare seggiole e mobili e delle parti che le costituiscono: intaglio,<br />
intarsio, lavorazione a rocchetto, cartelle, traverse…<br />
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
150 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 151 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Ci ha perfino permesso di provare noi stessi ad adoperare alcuni attrezzi: ci siamo davvero<br />
divertiti!<br />
In classe, partendo da foto abbiamo ricavato <strong>dei</strong> lucidi. Ricalcando le figure ci siamo resi<br />
conto che questi mobili, che guardiamo e giudichiamo a volte con semplicità, sono delle vere<br />
e proprie opere d’arte ricche di lavorazioni e di rifiniture, curate nei dettagli e nei tessuti.<br />
Alcune classi hanno anche potuto ampliare il discorso del collezionismo e del museo<br />
andando a visitare il Vittoriale degli italiani a Gardone e il museo di Santa Giulia a Brescia.<br />
Queste attività e le informazioni che abbiamo ricevuto ci hanno spinto a riflettere su argomenti<br />
importanti: il valore del lavoro artigianale, i mestieri antichi, la storia e la vita quotidiana ai tempi di<br />
nonni e bisnonni…<br />
Ci ha fatto immaginare la vita del Senatore nella sua bella casa.<br />
Questa iniziativa ci è piaciuta molto perché ci ha permesso di avvicinarci al patrimonio<br />
artistico del nostro territorio e di studiarlo in modo molto più attivo e divertente rispetto alle<br />
lezioni in classe”.<br />
PRIMA PAGINA DEL LIBRO DELLA SCUOLA:<br />
L’impegno di quest’anno è consistito nello<br />
“scoprire” la dimora di Ugo Da Como: casamuseo<br />
che sorge ai piedi della Rocca lonatese,<br />
andando poi ad individuare uno specifico<br />
oggetto di approfondimento.<br />
SULLE ORME…<br />
DEI COLLEZIONISTI<br />
Tutti gli alunni delle classi terze della scuola Don Milani di Lonato, hanno partecipato a<br />
questo progetto che ha come scopo quello di valorizzare i beni culturali del territorio facendo<br />
incontrare gli alunni con le opere d’arte.<br />
Il percorso è iniziato nel mese di ottobre ed è proseguito fino a maggio comprendendo visite<br />
guidate, incontri con esperti e attività “laboratoriali”.
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
Alcuni <strong>dei</strong> disegni per il libro della scuola<br />
progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />
152 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 153 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
BAMBINI AL LAVORO sotto la guida del falegname – restauratore Andrea Baldrati<br />
La locandina per la giornata <strong>dei</strong> “piccoli ciceroni”<br />
I cartelloni per la mostra:<br />
Alcuni <strong>dei</strong> lucidi realizzati<br />
Grazie della bella opportunità offerta.<br />
Abbiamo lavorato veramente molto<br />
Abbiamo faticato, ma ne siamo usciti più ricchi e soddisfatti.<br />
L’ins. Referente Graziella Zullo<br />
154 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 155 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
Chi e dove Scuola secondaria di primo grado C.Tarello - Lonato<br />
Classi coinvolte Sei alunni delle classi II<br />
Docenti referenti Maria Casari<br />
progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />
Il progetto si è svolto come previsto da ottobre a febbraio, alle date indicate si sono aggiunti<br />
due incontri nel mese di febbraio, per concludere il lavoro grafico avviato.<br />
Il progetto è stato proposto a tutti gli alunni delle classi seconde, vi hanno aderito 12 alunni<br />
partecipato in modo continuo sei alunni.<br />
Hanno coordinato il progetto l’insegnante Marina Casari di arte immagine della S. M. Tarello<br />
di Lonato e Stefano Lusardi conservatore delle raccolte artistiche della casa-museo di Ugo<br />
Da Como.<br />
Gli incontri si sono svolti presso la casa museo del Podestà Ugo Da Como.<br />
Nelle visite alla casa gli alunni hanno compreso il valore degli oggetti collezionati da Ugo Da<br />
Como, il perché si trovino collocati in un determinato ambiente ed hanno avuto la possibilità<br />
di osservarli da vicino apprezzandone le caratteristiche tecniche e stilistiche.<br />
Il percorso operativo svolto all’interno del museo ha avuto come finalità lo sviluppo delle<br />
capacità di osservare, leggere comprendere un’opera d’arte, condizione necessaria per<br />
creare un atteggiamento di curiosità nei confronti <strong>dei</strong> beni culturali.<br />
progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />
LA STAMPA<br />
Stampare significa lasciare un’orma, un segno. La stampa<br />
è, dunque, un insieme di procedure per riprodurre, in<br />
copie, testi e immagini su una superficie, generalmente<br />
su un foglio di carta. La riproduzione avviene attraverso la<br />
copiatura <strong>dei</strong> segni contenuti sopra un originale, il quale<br />
può essere un piano di metallo o di legno, chiamato<br />
matrice. Più recentemente, l’insieme <strong>dei</strong> dati contenuti<br />
nel disco elettronico di un computer e redatti secondo le<br />
possibilità offerte da un certo programma.<br />
Nel primo caso ci possono essere molteplici tipi<br />
di processi meccanici, che sono diversi fra loro a<br />
seconda <strong>dei</strong> materiali e <strong>dei</strong> modi nei quali sono state<br />
preparate le matrici. Generalmente questi diversi<br />
processi avvengono nelle stamperie.<br />
Nel secondo caso invece, si hanno processi<br />
elettronico-digitali: la stampa avviene collegando una macchina stampante, digitale o a<br />
inchiostro, al computer dentro il quale è collocato il disco con inseriti i segni che si vogliono<br />
riprodurre in una o più copie.<br />
156 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 157 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Gli alunni guidati nel percorso, hanno apprezzato non solo gli oggetti ma anche l’ambiente<br />
stesso nel quale sono collocati e il piacere di poter operare, fermandosi a disegnare in un<br />
luogo particolare e bello come il giardino o lo studio della casa.<br />
Attraverso l’esperienza si è sperimentato un modo nuovo di leggere gli oggetti presenti nel<br />
museo confrontando e apprendendo nuove tecniche, in particolare sulla stampa, osservando<br />
i testi della biblioteca del museo.<br />
Hanno poi concretamente inciso su lastrine di zinco un’acquaforte, compreso la differenza<br />
fra la stampa a rilievo (xilografia) e stampa in cavo (acquaforte).<br />
Hanno dipinto con pigmenti e gomma arabica un capolettera, come quelli osservati sui<br />
manoscritti.<br />
Gli alunni hanno apprezzato l’attività svolta, ci auguriamo possano essere adulti<br />
maggiormente sensibili e attenti alla tutela e salvaguardia del patrimonio artistico.<br />
Marina Casari
progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />
L’invenzione <strong>dei</strong> caratteri mobili<br />
Nella prima metà del XV secolo, un orefice della<br />
città tedesca di Magonza chiamato Johann<br />
Gesfleisch von Gutemberg (1398 circa-1468),<br />
grazie alle sue abilità nel maneggiare metalli,<br />
riuscì a migliorare decisamente lo “scrivere<br />
artificiosamente”, cioè il realizzare libri con testi<br />
non scritti a mano e ricopiati.<br />
Fino a quel momento i libri si facevano<br />
incidendo in un unico blocco le parole delle<br />
singole pagine. Il metallo era perciò utilizzabile<br />
solo per stampare la pagina per la quale era<br />
stato preparato.<br />
Gutemberg ideò i caratteri mobili, cioè fuse<br />
in piombo le singole lettere dell’alfabeto. Ciascuna fu prodotta<br />
in gran numero e in dimensioni molto piccole. L’invenzione<br />
<strong>dei</strong> caratteri mobili consentì agli stampatori di trasformarsi<br />
in tipografi di riprodurre cioè un testo dopo aver disposto<br />
opportunamente i caratteri l’uno accanto all’altro per formare<br />
le parole e le frasi desiderate. In questo modo, dopo la stampa<br />
i caratteri potevano essere riutilizzati per formare altre pagine o<br />
altri libri.<br />
Dopo il 1450 Gutemberg dette alle stampe con questo sistema<br />
un’edizione della Bibbia latina che rimasta famosa anche per le<br />
sue bellissime miniature. È stata chiamata “dalle 36 linee”, dal<br />
numero delle righe stampate in ogni pagina.<br />
La diffusione della stampa a caratteri mobili fu clamorosa e<br />
rapida. Circa trenta anni dopo in Europa erano attive 380<br />
tipografie: nel mezzo secolo successivo vennero stampati<br />
più libri che nei mille anni precedenti. I prezzi <strong>dei</strong> libri si<br />
abbassarono e si aprì una nuova era nella diffusione delle idee<br />
e del sapere.<br />
Dopo l’invenzione <strong>dei</strong> caratteri mobili, con l’Età Moderna, grazie ai<br />
progressi tecnologici e alla richiesta di opere d’arte da parte di un<br />
numero crescente di compratori, si diffuse l’uso di riprodurre figure e scene. Si svilupparono così<br />
alcune tecniche per la riproduzione di immagini, copie preziose<br />
e rare perché stampate in presenza e<br />
sotto il diretto controllo dell’artista, che è<br />
l’autore dell’esemplare da cui discende la<br />
riproduzione.<br />
progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />
Le tecniche di stampa<br />
riguardanti la figurazione<br />
artistica si possono ridurre a<br />
tre tipi, che corrispondono a diversi materiali usati per<br />
predisporre la matrice.<br />
- Il primo procedimento è quello della stampa in<br />
rilievo: in questo la matrice è incisa in rilievo; è<br />
di legno e da questo materiale prende il nome<br />
xilografia.<br />
- Il secondo è la stampa in cavo e prevede<br />
l’incisione in cavo della matrice che è di metallo, in prevalenza rame o zinco ed è chiamata<br />
calcografia.<br />
- Il terzo procedimento è quello della stampa in piano ed è praticato sulla lastra in pietra, da<br />
cui prende il nome litografia.<br />
Xilografie e calcografie sono chiamate incisioni perché le matrici sono preparate incidendovi<br />
sopra l’immagine. Le incisioni possono essere dirette o indirette. Quella diretta si ottiene<br />
scavando punti o tratti sulla superficie di una lastra con strumenti dotati di punta metallica<br />
(sgorbie, bulini o punte metalliche). Indiretta si ottiene per mezzo di acidi, la cui azione<br />
corrosiva determina i solchi sulla lastra metallica.<br />
Nel nostro laboratorio abbiamo sperimentato la stampa in rilievo, incidendo matrici di<br />
linoleum e la stampa in cavo per la realizzazione piccole acqueforti con matrice in zinco.<br />
158 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 159 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
Chi e dove Liceo pedagogico e linguistico Paola di Rosa - Lonato<br />
Classi coinvolte IV<br />
Docenti referenti Stefania Pozzi e Maria Gioia Casagrande<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como<br />
collezionista<br />
L’opera d’arte e il Museo: un nuovo contesto a.s. 2007/2008<br />
musei coinvolti: Lonato, casa-museo del Podestà<br />
Gardone, Casa-Museo di Gabriele d’Annunzio<br />
Brescia, Museo di Santa Giulia<br />
incontri nella classe; incontri nel museo; incontri con i protagonisti<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
Il progetto si è avvalso di incontri con specialisti e, soprattutto,<br />
di visite sul campo concordate con i docenti per rendere il più<br />
comprensibile possibile questo argomento.<br />
I fase a carattere propedeutico:<br />
I contesti<br />
Martedì 30 ottobre<br />
Le opere d’arte e il loro contesto<br />
Incontro a carattere introduttivo nella classe dell’Istituto Paola di Rosa;<br />
Venerdì 16 novembre<br />
Le opere d’arte e la Storia<br />
Visita a Lonato nella Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista<br />
(pala di Pietro Liberi e trittico di Bernardino Licinio);<br />
Venerdì 30 novembre<br />
Le opere d’arte e la geografia<br />
a) Visita a Milano, Pinacoteca di Brera e commento guidato dello Sposalizio di<br />
Raffaello Sanzio;<br />
b) Incontro con Letizia Lodi e Francesca Debolini, funzionari della<br />
Soprintendenza di Brera.<br />
Venerdì 14 dicembre<br />
La diaspora delle opere d’arte: ITALIA-USA solo andata<br />
Dialogo aperto con Cecilia Cavalca<br />
Venerdì 8 Febbraio<br />
I perché della collezione<br />
Dialogo con Luigi e Piero Lechi<br />
160 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 161 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Martedì 19 Febbraio<br />
Professione antiquario<br />
Visita nella Bottega Antiquaria di Alberto e Luca Borelli<br />
Martedì 19 Febbraio<br />
Professione restauratore<br />
Visita al Laboratorio di Restauro Marchetti e Fontanini di Brescia<br />
II fase a carattere operativo:<br />
La Casa del Podestà a Lonato<br />
Marzo 2008<br />
Dalla biblioteca al museo: Angelo Maria Querini<br />
Visita bresciana ai luoghi queriniani<br />
La casa di un poeta<br />
Visita a Gardone nella casa di Gabriele d’Annunzio<br />
La casa di Ugo Da Como<br />
- visita guidata alla Casa del Podestà<br />
- visita guidata alla Biblioteca di Ugo Da Como<br />
L’altare: al salotto = il libro: alla cornice [l’altare sta al salotto come il libro sta<br />
alla cornice un’equazione possibile]<br />
- osservazioni ed analisi di alcuni oggetti significativi (dipinti ritagliati, incisioni<br />
ritagliate, frammenti ricontestualizzati)<br />
- realizzazione di una guida a schede con commenti ad alcune opere scelte<br />
per il progetto.
Indice<br />
1. Collezionare perché?<br />
2. Ugo Da Como: l’uomo e il collezionista<br />
3. I luoghi dacomiani a Lonato<br />
4. La casa del Podestà<br />
4.1 La casa-museo<br />
4.2 Il percorso museale<br />
5. Schedatura degli oggetti<br />
6. Lonato: un po’ di storia<br />
7. Bibliografia<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
1 - COLLEZIONARE PERCHÉ?<br />
A chi non è mai capitato di sentirsi un collezionista? Il collezionismo non ha tempo e non ha<br />
età; che si tratti di figurine, francobolli, monete, mobili o opere figurative, l’arte di collezionare<br />
è impegnativa, richiede passione e una paziente ricerca. Talvolta collezionare è un semplice<br />
passatempo, altre volte questa attività assume un’importanza fondamentale per chi dedica ad<br />
essa parte della sua vita, come nel caso di grandi <strong>collezionisti</strong> che hanno segnato la storia del<br />
nostro territorio, quali Gabriele d’Annunzio, Ugo Da Como, Luciano<br />
Sorlini, Piero e Luigi Lechi.<br />
Collezionare è un movimento interiore, una spinta istintiva verso<br />
qualcosa che attira e che si vuole a tutti i costi; può diventare una<br />
passione sfrenata a cui non si può dire di no, si fanno pazzie, morali<br />
ed economiche, per poter avere proprio quell’oggetto, che nella sua<br />
semplicità o nella sua magnificenza è portavoce di una singolare<br />
bellezza o di una complicata storia che attraversa i secoli.<br />
Ammirando la casa del Podestà a Lonato, residenza del<br />
Senatore Ugo Da Como, è facile notare la singolarità e la cura<br />
dell’arredamento; non è altrettanto immediato rendersi conto<br />
del fatto che la scelta <strong>dei</strong> mobili e la sistemazione <strong>dei</strong> singoli oggetti non siano casuali o<br />
semplicemente dettati dal buon gusto, ma volute, studiate e ricercate dal collezionista. Egli<br />
infatti crea attorno a sé un contesto particolare, ama circondarsi di opere che lo affascinano,<br />
consapevole che ogni oggetto, ogni mobile, ogni opera d’arte ha una sua vita e una sua<br />
storia. Le opere collezionate subiscono allora, proprio per volontà del collezionista stesso, un<br />
processo di decontestualizzazione e ricontestualizzazione, che merita di essere conosciuto:<br />
l’uso, la collocazione può addirittura trasformare l’oggetto, modificarne la storia.<br />
Anche nel centro storico di Lonato è possibile ammirare i segni della presenza del<br />
collezionista, che sapientemente seppe far rivivere monumenti o ridisegnare spazi, allo scopo<br />
principale di conservare la memoria di un passato illustre della cittadina gardesana.<br />
2 - UGO DA COMO: L’UOMO E IL COLLEZIONISTA<br />
Prima di ritirarsi definitivamente nella Casa del Podestà a Lonato nel 1926, Ugo Da Como<br />
ebbe una vita intensa, come avvocato impegnato in politica e membro illustre dell’Ateneo<br />
bresciano fin dall’età di 23 anni.<br />
Era stato lo stesso padre Giuseppe, insigne matematico e socio dell’Accademia a introdurlo nel<br />
mondo del sapere, avviandolo a stringere le prime relazioni con letterati e politici. Sicuramente<br />
la passione, che il Senatore matura negli anni per il collezionismo, trova un terreno fertile<br />
proprio nei contatti che egli ebbe modo di coltivare fin da giovane con uomini di cultura, aperti<br />
e sensibili alle suggestioni dell’arte: il suo collezionare è infatti dettato non certo esclusivamente<br />
da valori estetici o dal desiderio di circondarsi di cose belle, quanto piuttosto da motivi<br />
celebrativi e conservativi della memoria storica, oltre che dalla volontà di lasciare un ingente<br />
patrimonio fruibile in futuro dagli studiosi e soprattutto dai giovani. Lo stesso Senatore espresse<br />
il desiderio di fare della casa di Lonato una sorta di ”cittadella della cultura” aperta al pubblico<br />
e alla costruzione di essa si dedicò con intensità negli anni del ritiro dalla attività politica.<br />
Nato nel 1869 a Brescia (morto a Lonato nel 1941), Ugo Da Como, dopo gli studi classici<br />
e la laurea in Giurisprudenza conseguita a soli 22 anni all’Università di Roma, entra in<br />
contatto con il politico e giurista Giuseppe Zanardelli, espressione della corrente liberale<br />
democratica, presso il cui studio inizia la sua carriera di avvocato. A Zanardelli si lega con<br />
un vincolo di sincera amicizia e da lui è avviato all’impegno politico, che porterà il giovane<br />
Da Como da assessore al Municipio a Deputato eletto per il Collegio di Lonato nel 1904, a<br />
sottosegretario alle Finanze nel 1912 e al Tesoro nel 1914, a Ministro all’Assistenza militare<br />
e alle Pensioni nel 1919, a Senatore nel 1920. I numerosi ruoli politici che riveste lo portano<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
162 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 163 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
ad avvicinarsi sempre più ai ceti meno abbienti, secondo una sensibilità legata al pensiero<br />
liberal-democratico di Zanardelli: è ideatore delle pensioni ai mutilati e agli invalidi di guerra,<br />
fonda l’Associazione “L’Amico del popolo”, destinata all’assistenza legale <strong>dei</strong> più poveri, il<br />
Consorzio operaio, la Casa di cultura popolare per il tempo libero degli operai e si impegna<br />
per la creazione di una Cassa Nazionale per le assicurazioni sociali, divenuta poi Istituto di<br />
previdenza sociale, di cui sarà primo Presidente.<br />
L’attività politica romana non lo distoglie affatto dagli studi né dall’ambiente bresciano: sarà<br />
Presidente dell’Ateneo più volte (dal 1908 al 1912, dal 1916 al 1920 e successivamente dal<br />
1924 al 1926). Dopo il ritiro a Lonato continuerà ad esserne Presidente onorario.<br />
L’acquisto della casa lonatese avviene nel 1906 e si connota subito di un significato<br />
particolare: essa diventa dimora congeniale per coltivare la passione per lo studio e le<br />
lettere, ma anche luogo privilegiato per collezionare oggetti e arredi antichi. Entrambe le<br />
passioni del Senatore rispondono al medesimo desiderio di conservare la memoria del<br />
passato, sia quello storico (in particolare le pagine dimenticate della storia bresciana di età<br />
napoleonica e risorgimentale), sia quello artistico, attraverso la ricerca accurata di oggetti<br />
preziosi da collocare con gusto sapiente e raffinato in un luogo preciso.<br />
La ricerca storica come la collezione non sono fine a se stessi, ma sono tesi a consegnare alle<br />
giovani generazioni un patrimonio di cultura e di arte, che non deve essere dimenticato. Così, dopo<br />
l’acquisto, il Senatore sempre più appassionatamente si dedica a fare della Casa del Podestà<br />
una casa-museo da donare a Lonato. Egli la fa restaurare in stile rinascimentale dall’architetto<br />
bresciano Antonio Tagliaferri. Segue personalmente il restauro, avendo cura di riportare l’edificio<br />
il più possibile alle sue condizioni originarie; la scelta minuziosa dell’arredamento (mobili, oggetti,<br />
quadri) si inserisce in un percorso che il senatore compie attraverso varie epoche, con attenzione<br />
particolare al territorio bresciano. Condivide con gli amici carissimi Conte Morando (bresciano,<br />
deputato zanardelliano) e Pompeo Molmenti (senatore, risedeva a Moniga del Garda) la passione<br />
per il collezionismo e da loro è consigliato e sostenuto.<br />
Ma il collezionismo di Da Como si esprime anche e soprattutto attraverso la ricerca insaziabile<br />
di libri: il cuore della casa è infatti senz’altro la ricchissima Biblioteca, fatta costruire nel 1923<br />
nel giardino privato della dimora per custodire la preziosa raccolta. Il progetto della costruzione<br />
è affidato all’ingegnere bresciano Arnaldo Trebeschi, che erige un edificio in stile con la<br />
casa. La Biblioteca si arricchisce di giorno in giorno di opere preziose: il Senatore acquisisce<br />
importanti fondi, come i fondi Seneca e Cerutti, giungendo a raccogliere oltre 32.000<br />
volumi, tra i quali manoscritti, cinquecentine, codici miniati, libri rari, che spaziano dall’arte<br />
alla letteratura, dall’antiquariato alla filosofia, dal diritto alla storia. Preziosissimi appaiono i<br />
397 incunaboli conservati (molti <strong>dei</strong> quali stampati a Brescia o da tipografi bresciani), 500<br />
manoscritti, tra essi alcuni codici medievali e un migliaio di altri documenti che giungono fino<br />
al XX secolo, molti di interesse bresciano, il libro più piccolo del mondo (15x9mm) stampato<br />
nel 1897 con il metodo <strong>dei</strong> caratteri mobili (contenente una lettera di Galileo Galilei a Maria<br />
Cristina di Lorena), 48 lettere che Ugo Foscolo scrisse alla contessa Marzia Martinengo, una<br />
copia <strong>dei</strong> Sepolcri nella prima edizione del tipografo bresciano Bettoni, e una dell’Esperimento<br />
di traduzione dell’Iliade, entrambe con dedica autografa dell’autore alla contessa.<br />
In tutta la casa sono sparse emblematiche sentenze in latino, che richiamano la passione del<br />
Senatore e descrivono ciò che i libri rappresentano per lui: Tantum cum libris, cum istis usque<br />
loquar (solo con i libri, solo con questi io sempre parlerò: cartiglio posto sulla porta d’ingresso<br />
della Biblioteca); libris satiari nequeo (non posso saziarmi di libri: motto che si legge sul soffitto<br />
della Sala Cerutti); e ancora si hortum cum bibliotheca habes nihil deerit e hic mortui vivunt<br />
pandunt oracula muti (il primo è un’espressione ciceroniana che significa: se hai un giardino<br />
con una biblioteca non ti mancherà nulla; il secondo recita: qui i morti vivono e muti svelano<br />
oracoli) scritti ai lati del camino che adorna la sala centrale della Biblioteca.<br />
La Biblioteca nell’intenzione del Senatore non è solo per lui, ma è destinata ad essere<br />
condivisa. Scrive infatti nel 1939 nella dedica per lo studio I delegati bresciani a Lione:<br />
“Importa lasciare qualche cosa che giovi, che educhi, che induca a meditare e a<br />
comprendere ciò che non è fra i mortali, mortale”.
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
3 - I LUOGHI DACOMOMIANI A LONATO<br />
Come la casa-museo rappresenta il “luogo” per eccellenza in cui si concretizzano i forti<br />
legami affettivi tra Ugo Da Como e il singolo oggetto collezionato, testimone di una storia<br />
precedente, così anche il centro storico di Lonato è custode di segni importanti di una vita<br />
precedente della città, voluti o ricontestualizzati grazie alla volontà del Senatore.<br />
Così ci è sembrato doveroso un percorso attraverso Lonato per riscoprire anche questo suo<br />
legame con la civitas e la sua memoria storica, partendo dalla Colonna veneta per arrivare<br />
alla Casa del Podestà.<br />
A Lonato Ugo Da Como fu legato fin da bambino, dato che il padre vi possedeva <strong>dei</strong> campi e<br />
una casa ereditata dai nonni; qui trascorreva piacevoli vacanze estive, che maturarono in lui<br />
l’amore per questi luoghi, che poi elesse come sua residenza abituale.<br />
3.1 Colonna veneta<br />
Situata nella piazza principale davanti al Municipio e sormontata dal leone di San Marco,<br />
testimonia l’appartenenza di Lonato alla Repubblica Veneta.<br />
Alla fine del XVIII secolo subì una distruzione ad opera <strong>dei</strong> Giacobini che abbatterono il leone:<br />
proprio grazie alla volontà di Ugo Da Como, essa fu riportata alla situazione originaria come<br />
emblema dell’appartenenza di Lonato alla Serenissima.<br />
3.2 Municipio<br />
Fabbricato del 1769 su preesistenza del XVI secolo e definitivamente ampliato e ristrutturato<br />
nel 1938, è dotato di vasto atrio e sontuoso scalone. Nella Sala consigliare è conservato il<br />
pregevole dipinto della Peste di Lonato di Andrea Celesti. Ugo Da Como, nella sua qualità<br />
di Assessore prima e poi di Revisore <strong>dei</strong> Conti del Comune, fece costruire a proprie spese<br />
il balcone posto sulla facciata d’onore, ottenendo in cambio di trasferire nella sua Casa del<br />
Podestà lo Stemma comunale.<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
3.3 Monumento ai caduti della I guerra mondiale<br />
Le belle figure in bronzo, che compongono il monumento, realizzate su disegno di Luigi<br />
Contratti sono state ricavate dalla fusione di cannoni donati dal Ministero della Guerra per<br />
interessamento di Ugo Da Como. Fu collocato nella Piazza Martiri della Libertà l’1 ottobre<br />
1924.<br />
164 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 165 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
3.4 Torre dell’orologio<br />
Torre civica del XVI secolo, alta 55 m, inserita nell’antico complesso delle fortificazioni,<br />
appartiene al Comune dal 1826. L’architetto bresciano Antonio Tagliaferri, alla fine del XIX<br />
secolo, la completò con una cella campanaria e un coronamento merlato, sopra il cornicione<br />
marcapiano.<br />
3.5 Rocca o Castello<br />
Riedificata e ampliata nella seconda metà del XIV secolo dal duca Azzone Visconti di Milano,<br />
l’antica fortificazione passò nel 1404 ai Gonzaga di Mantova e nel 1441 a Venezia, che ne<br />
mantenne il possesso per tre secoli circa fino al 1797 (salvo un brevissimo intervallo tra<br />
il 1509 e il 1516). Passò quindi al demanio austriaco che nel 1827 la cedette a privati.<br />
Pur essendo stata abbandonata durante l’Ottocento, nel 1912 fu dichiarata monumento<br />
nazionale. Nel 1920 venne acquistata per 50.000 lire dal Da Como, che si preoccupò di<br />
restaurarla parzialmente. Dalla morte del Senatore fa parte della Fondazione da lui stesso<br />
voluta insieme alla Casa del Podestà.<br />
3.6 Casa del Podestà<br />
Di origine quattrocentesca, sede del Podestà della Serenissima, è situata nel recinto<br />
del castello. Fu acquistata ad un’asta pubblica dall’avvocato Ugo Da Como nel 1906<br />
e restaurata in stile rinascimentale lombardo dall’insigne architetto bresciano Antonio<br />
Tagliaferri.<br />
Oggi è una delle case museo meglio conservate in Italia, accogliendo anche la pregevole e<br />
ricchissima Biblioteca del Senatore.<br />
3.7 Chiesa di S. Antonio Abate<br />
Edificata sulle rovine di una precedente chiesa, l’attuale edificio risale alla fine del XVI<br />
secolo. Deteriorato durante la I guerra mondiale fino a divenire inservibile, dal 1924 passò<br />
in consegna, con regolare rogito notarile, a Ugo Da Como, che si assunse le spese per<br />
il restauro e la costruzione di una cappella dedicata ai Caduti della guerra. La chiesa è<br />
adiacente alla Rocca di proprietà del Senatore e spesso fu per lui luogo privilegiato di<br />
raccoglimento.<br />
3.8 La casa <strong>dei</strong> nonni<br />
Il Palazzo, situato in via Gaspari, fu edificato nel XVII secolo, come si evince dalla data<br />
riportata sulla chiave di volta del portale; fu l’abitazione <strong>dei</strong> nonni di Ugo Da Como, che poi<br />
vendette.<br />
3.9 Villa De Riva Sabelli<br />
Palazzo signorile sito in via Girelli, del XVII secolo, fu ampliato dall’architetto Antonio<br />
Tagliaferri alla fine del XIX secolo, riproponendo l’architettura tipica del Rinascimento<br />
lombardo, proprio come nell’intervento di restauro della Casa del Podestà.<br />
3.10 Palazzo Cerutti<br />
Fu la residenza di Jacopo Cerutti, erudito lonatese vissuto nel XIX secolo, di cui Ugo Da<br />
Como acquisì il fondo di libri antichi, poi collocati in quella che il Senatore stesso chiamò<br />
Sala Cerutti al primo piano della sua residenza.
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
4 - LA CASA DEL PODESTà<br />
4.1 - La casa-museo<br />
Il Senatore Ugo Da Como acquistò l’antica Casa del Podestà veneto nel 1906,<br />
aggiudicandosela ad un’asta pubblica per la cifra di mille lire.<br />
Prima di morire egli lasciò tutto quanto aveva creato a una Fondazione da lui stesso<br />
istituita. Egli così affermò: “Intendo giovare con le mie raccolte d’arte e di storia, coi<br />
libri, gli incunaboli, i codici, i manoscritti, agli studi, svegliando nei giovani l’amore alle<br />
conoscenze […]; intendo che la casa detta del Podestà, le annesse biblioteche, e i<br />
mobili rimangono come ora si trovano senza cambiamenti che ne pregiudichino l’attuale<br />
armonia. L’animo, che creò e raccolse, ebbe questa visione, che spera non sia turbata”.<br />
L’intenzione del Senatore era chiara e riprendeva una tendenza iniziata nella metà<br />
dell’Ottocento: quella di istituire musei cosiddetti “privati”, non dipendenti dallo Stato e da<br />
Enti locali, allo scopo di offrire un contributo prezioso alla conservazione della memoria<br />
storica e allo sviluppo della cultura.<br />
Subito dopo l’acquisto Ugo Da Como aveva affidato il restauro della casa al celebre architetto<br />
bresciano Antonio Tagliaferri, che cercò di mantenersi fedele all’originaria costruzione<br />
intervenendo in stile neo-rinascimentale, secondo il gusto decorativo di quel periodo.<br />
La Casa del Podestà divenne così nel tempo una sorta di locus amoenus, in cui Ugo<br />
Da Como poteva coltivare l’otium dedicandosi alla lettura e alla ricerca, in uno scenario<br />
suggestivo favorito dalla quiete e dal silenzio che vi regnavano.<br />
Infatti, se inizialmente la residenza venne utilizzata dal Senatore e dalla moglie Maria<br />
Glisenti soprattutto durante il periodo estivo, in seguito, a partire cioè dal 1926, essa diverrà<br />
rifugio preferito, fino a diventare dimora stabile, luogo perfetto dove coltivare la passione<br />
per il collezionismo e lo studio storico; frequenti anche gli incontri con gli amici più cari per<br />
dialogare degli interessi comuni che li legavano con affetto sincero. La casa si arricchì negli<br />
anni Venti dell’edificio della Biblioteca, commissionato appositamente all’ingegnere Arnaldo<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
Trebeschi, per contenere l’enorme quantità di libri che andava acquistando.<br />
Ugo Da Como raccolse amorevolmente e con instancabile passione non solo libri, dipinti<br />
e mobili, ma anche numerosi oggetti d’arte applicata. Appare chiaro il desiderio del<br />
collezionista: raccogliere documenti di interesse storico-iconografico, creando le condizioni<br />
per conservarli nel tempo e studiarli.<br />
Così la facciata venne arricchita da suggestivi motivi ornamentali a graffito e decorata da<br />
numerosi frammenti in pietra, marmo, terracotta, oltre che da antichi stemmi nobiliari,<br />
a imitazione <strong>dei</strong> palazzi comunali della Toscana; le stanze del piano terra, destinate al<br />
ricevimento e quella del primo piano, più intime e raccolte, furono ornate con magnifici<br />
camini, soffitti con tavolette lignee cinquecentesche provenienti dalle case della nobiltà<br />
locale, mobili, seggiole, divani, ricercati con cura presso gli antiquari, porcellane, peltri e<br />
albarelli di farmacia; alle pareti furono appesi alcuni quadri della collezione paterna, cui<br />
si aggiunsero quelli che lo stesso Senatore andò nel tempo acquistando con meticolosa<br />
ricerca.<br />
4.2 - Il percorso museale<br />
166 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 167 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
• L’edificio che Ugo Da Como fece costruire all’esterno della Casa del Podestà è<br />
composto da una SALA DI LETTURA, da ambienti per ospitare studiosi e da un<br />
PORTICATO adiacente, nel cui muro di cinta è alloggiata una lastra tombale della<br />
Famiglia Pallavicino (scheda n. 1)<br />
• Nel CORTILE ESTERNO su cui sia affaccia la Casa del Podestà, da cui si ha<br />
l’accesso principale al museo, è collocato un pozzo (scheda n. 2) facente parte del<br />
sistema di approvvigionamento idrico della Cittadella nel Cinquecento<br />
• La GALLERIA, situata al piano terra, è il risultato del tamponamento di un ampio<br />
porticato caratterizzato da tre archi acuti: essa costituisce oggi l’ingresso alla Casa,<br />
assumendo la funzione delle antiche armerie. Alle pareti sono dipinti gli stemmi <strong>dei</strong><br />
Podestà veneti che si sono succeduti alla guida del paese e, sulla parete di fronte<br />
all’ingresso, sono collocati alcuni strappi d’affresco posti su tela raffiguranti Uomini<br />
d’arme, tra i quali il capitano Virginio Orsini (scheda n. 3)<br />
• Lo STUDIO è la stanza in cui il Senatore si dedicava al lavoro sulla scrivania, posta<br />
in prossimità di una trifora con vetri piombati e colorati; alle pareti sono appesi<br />
riconoscimenti e titoli del Senatore, oltre a un importante dipinto, ritenuto per molto<br />
tempo il ritratto di Veronica Gambara, oggi più correttamente pensato come il<br />
ritratto di Cristina di Lorena (scheda n. 4)<br />
• La SALA ROSSA raccoglie numerosi dipinti di origine lombarda e veneta<br />
appartenenti alla ricca quadreria che fu già del padre di Ugo Da Como; tra l’arredo<br />
celebre è il busto marmoreo di Cicerone (scheda n. 5), dono di Giuseppe Zanardelli,<br />
e una bella credenza di manifattura romana (scheda n. 6)<br />
• Il SALOTTINO blu è la stanza di ricevimento di Maria Glisenti, moglie del Senatore;<br />
è un salottino intimo, con ricordi personali e famigliari. Ospita anche il quadro di<br />
Marco Ricci Paesaggio arcadico con armenti (scheda n. 7) e un’incisione con il<br />
medesimo soggetto di Giovanni Volpato (scheda n. 8)<br />
• La SALA ANTICA è la prima delle sale da pranzo, arredata in stile quattrocentesco<br />
con soffitto a cassettoni policromo e abbellita dalla presenza di molti albarelli<br />
da farmacia; sulla parete è appeso un affresco strappato con cornice lignea<br />
raffigurante la Madonna del latte (scheda n. 9)<br />
• La SALA DA PRANZO presenta una serie di maioliche disposte anche sulle pareti<br />
• La SALA DEI PELTRI custodisce moltissimi oggetti in peltro e dipinti alle pareti, tra<br />
cui una formella a bassorilievo raffigurante La Madonna del latte con il Bambin<br />
Gesù e angeli (scheda n.10)<br />
• Il TINELLO si presenta come il luogo più raccolto della casa, arredato con sobrietà;<br />
il tavolo è apparecchiato con stoviglie di Wedgwood e vetri soffiati
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
• Seguono le CUCINE e la scala che sale al primo piano<br />
• La CAMERA DA LETTO del Senatore è ornata dal motto latino recte facti fecisse<br />
merces est (ricompensa di una buona azione è l’averla compiuta) che costituisce<br />
una sorta di chiave di lettura della vita del proprietario; alle pareti sono conservati<br />
molti ricordi personali, in particolare fotografie o ritratti degli amici più intimi come<br />
Giuseppe Zanardelli, Pompeo Molmenti, Giangiacomo Morando<br />
• La CAMERA DEGLI OSPITI è arricchita dal pregevole armadio-libreria contenente i<br />
preziosi incunaboli collezionati dal Senatore (scheda n. 11)<br />
• lo STUDIOLO è un ambiente riservato alla lettura e allo studio, con dipinti pregevoli<br />
opera di pittori per lo più bresciani<br />
• la SALA CERUTTI, oggi destinata ad ufficio, ospita il fondo Cerutti ricco di più di<br />
3000 libri, alcuni recano l’ex libris di Jacopo Cerutti (scheda n.12); sul soffitto si<br />
legge il motto latino libris satiari nequeo. Alle pareti sono appese alcune preziose<br />
xilografie (schede nn.13,14,15)<br />
• Il CORRIDOIO corre lungo tutto il piano, è ornato dalla serie delle acquetinte con Le<br />
vedute del lago di Garda, opera del veronese Domenico Macanzoni. Interessante<br />
è anche la tavoletta lignea con ritratto femminile, proveniente dal soffitto di un<br />
palazzo nobiliare, che ora funge da mensola (scheda n.16)<br />
• L’edificio che accoglie la BIBLIOTECA fu costruito dall'ingegnere bresciano Arnaldo<br />
Trebeschi nel 1923: è il cuore della casa-museo. Comprende a piano terra la SALA<br />
DELLA VITTORIA, in cui è possibile ammirare un bel camino (scheda n.17), oltre ai<br />
numerosissimi libri e a una riproduzione in scala ridotta della celebre Vittoria alata,<br />
e al piano superiore la SALA BRESCIANA, che conserva molte opere di carattere<br />
bresciano e benacense.<br />
• IL GIARDINO privato offre un bel panorama sulla chiesetta di san Antonio e<br />
costituisce un luogo riparato e silenzioso. Sul muro esterno della Biblioteca sono<br />
collocate alcune lastre tombali cinquecentesche di importanti famiglie lonatesi<br />
(schede nn. 18 e 19)<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 1<br />
Oggetto: lastra tombale<br />
Materiale: pietra<br />
Epoca: XVI secolo<br />
Autore: lapicida dell’Italia settentrionale<br />
Dimensioni: 112 x 72 cm<br />
Descrizione: la lastra è incassata<br />
nell’intonaco murario, scolpita a bassorilievo.<br />
La lapide, bipartita orizzontalmente,<br />
presenta nella parte superiore lo stemma<br />
delle famiglia Pallavicino 1 (troncato: il primo<br />
all’aquila ad ali spiegate; il secondo partito: a<br />
sinistra scaccato, a destra un delfino).<br />
Nella parte inferiore della lapide appare la<br />
scritta dedicatoria in latino, posta al centro di<br />
una sorta di cartiglio:<br />
JOSEPH PALLAVICINUS<br />
ET MARCHIONIBUS DA VARRANO<br />
QUISQUE ILLE FUERIT HIC REQUIESCIT.<br />
OBIIT ANNI MDLXXV AETATIS SUA LI.<br />
“Giuseppe Pallavicino chiunque sia stato <strong>dei</strong> marchesi di Varano qui riposa. Morì nell’anno<br />
1575 all’età di 51 anni”.<br />
La lapide celebra la memoria di Giuseppe Pallavicino de’ Melegari, famiglia marchionale<br />
feudataria della città di Varano e residente nella stessa località in un castello, ora divenuto<br />
esempio di architettura militare quattrocentesca. Si sa che nel 1563 giunse a Lonato in<br />
qualità di medico condotto Giuseppe Pallavicino proveniente da Canneto. A lui il Senatore<br />
Ugo Da Como dedicò una parte della sua opera intitolata Umanisti del XVI secolo.<br />
168 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 169 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Collocazione: la lapide ora è situata sotto<br />
Piano terra<br />
il porticato adiacente alla Sala della Lettura<br />
della Casa del Podestà.<br />
Provenienza: originariamente la lastra era<br />
posta nell’atrio della Fabbriceria parrocchiale<br />
di Lonato.<br />
Note:<br />
1 - I Pallavicino o Pallavicini (discendenti<br />
da un marchese Alberto vissuto attorno al 1100) furono una delle maggiori e più antiche<br />
casate feudali dell’Italia settentrionale. Costituirono uno stato nell’area tra Cremona, Parma<br />
e Piacenza, che mantenne la sua unità fino a Orlando il Magnifico che nel 1453 lo divise<br />
tra i suoi numerosi figli, da cui ebbero origine varie linee dinastiche, tra cui quelle di Varano,<br />
Tabiano, Cortemaggiore, Busseto, Polesine e Zibello. Il capostipite <strong>dei</strong> Pallavicino di Varano fu<br />
Nicolò, marchese di Varano de’ Melegari, nell’Appennino parmigiano, il cui castello era stato<br />
costruito dal padre. Si estinsero nel 1782.<br />
Documentazione: s.v. Pallavicino, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol. XII<br />
ed. La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />
Ugo Da Como, Umanisti del secolo XVI. Pier Francesco Zini suoi amici e congiunti nei ricordi<br />
di Lonato sacro ed ameno recesso su la riviera del Benaco, Zanichelli, Bologna 1928.<br />
Studente: Giada Fabbro
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 2<br />
Oggetto: Vera da pozzo<br />
Materiale: marmo rosa di Verona<br />
Epoca: 1564<br />
Autore: lapicida dell’Italia settentrionale<br />
Dimensioni: diametro 130 cm; altezza 218 cm<br />
Descrizione: la vera da pozzo costituisce un importante documento per la storia di Lonato.<br />
È caratterizzata da alcuni elementi scolpiti di non semplice interpretazione, che si cercherà<br />
qui di riassumere.<br />
Sul possibile lato posteriore (per come è disposto oggi l’oggetto), la vera reca un leone di<br />
San Marco in moeca affiancato dalla data 1564: MD (a sinistra) e LXIIII (a destra). Il possibile<br />
lato anteriore presenta al centro lo stemma di Camillo Faita 1 , documentato podestà di Lonato<br />
in tre momenti: dal 1564 al 1565; dal 1569 al 1570; dal 1584 al 1585. Sopra lo stemma<br />
è incisa la data MCLXX 1570), ai lati le lettere capitali CAM [millo] a sinistra FAI [ta] a<br />
destra, mentre sotto lo stemma si legge ET COGNOVISTI ME. Ai due lati dello stemma Faita<br />
compare, ripetuto a destra e a sinistra, uno stemma che lo storiografo lonatese Jacopo Attilio<br />
Cenedella attribuisce al Cardona 2 . Lo stemma in questione reca al centro tre fiori (o frutti?)<br />
disposti due sopra e uno sotto. Un cartiglio sotto lo stemma reca le parole PROBASTI ME.<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
170 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 171 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Ai lati dello stemma le lettere F (a sinistra) e B (a destra). In genere la lettera posta a destra<br />
degli stemmi indica e suggerisce il cognome della famiglia e, quindi, in questo caso, ci<br />
sarebbe un’anomalia difficilmente spiegabile.<br />
<strong>Vie</strong>ne spontaneo ipotizzare che la posizione del Podestà Camillo Faita (probabile committente<br />
della vera da pozzo) sia subordinata rispetto a quella della famiglia cui appartiene lo<br />
stemma ripetuto due volte sulla vera e che quest’ultimo sia particolarmente connesso alla<br />
Serenissima Repubblica di Venezia, da cui la carica di Camillo Faita dipendeva; Venezia<br />
è chiaramente rappresentata dal Leone di San Marco in moeca che quasi “suggella”<br />
ufficialmente il pozzo. Va detto che questa vera da pozzo venne posta in questa nuova<br />
collocazione in occasione <strong>dei</strong> restauri patrocinati da Ugo Da Como all’inizio del Novecento.<br />
A questo punto potremmo immaginare un senso di lettura <strong>dei</strong> simboli presenti sulla vera:<br />
• il Leone di San Marco con la data 1564 potrebbe indicare l’inizio del governo<br />
podestarile di Camillo Faita cosi come emerge dalla consultazione dell’elenco <strong>dei</strong><br />
podestà lonatesi;<br />
• a sinistra e a destra compare uno stemma di una famiglia alla quale Faita sarebbe<br />
stato legato. Questa teoria è dimostrata anche dal fatto che il motto, che si legge<br />
sotto i due stemmi PROBASTI ME, trova completamento in quel ET COGNOVISTI<br />
ME posto sotto lo stemma Faita. <strong>Vie</strong>ne spontaneo immaginare che il ruolo di Faita<br />
sia stato sottoposto al giudizio di un esponente della famiglia rappresentata dai<br />
due stemmi e che sia stato molto gradito. Di questa ufficiale posizione di favore<br />
potrebbe essere testimonianza il pozzo;<br />
• frontalmente, sopra lo stemma Faita è incisa la data 1570 che coincide con la<br />
data di fine del secondo mandato podestarile di Camillo Faita. Appunto questa data<br />
potrebbe costituire un elemento prezioso per la datazione del manufatto.<br />
Le ricerche condotte in occasione di questa schedatura hanno permesso di rintracciare lo<br />
stemma della famiglia Battaglia, che presenta tre cedri, posti esattamente come i “frutti”<br />
scolpiti nei due stemmi, ma elemento determinante è il fatto che il motto della famiglia<br />
Battaglia era proprio PROBASTI ME. Camillo Faita avrebbe quindi proposto una “filiazione”<br />
alla famiglia Battaglia, inserendo il completamento del motto latino sotto il suo stemma,<br />
secondo un progetto iconografico molto raffinato dal punto di vista ideologico.<br />
A questo punto rimane da verificare la posizione della famiglia Battaglia rispetto al paese di<br />
Lonato e ancor di più rispetto a Camillo Faita.<br />
Piano terra<br />
Collocazione: nel cortile di ingresso<br />
della Casa del Podestà. Inizialmente era<br />
collocato in Cittadella; fu poi asportato<br />
e ricontestualizzato nel complesso<br />
neorinascimentale della Casa del Podestà,<br />
secondo il gusto personale del Senatore Ugo<br />
Da Como.<br />
Note:<br />
1 - Teodoro Lechi, in un documento dattiloscritto inviato al Senatore Ugo Da Como così<br />
descrive lo stemma: troncato d’argento, al sole raggiante d’oro e alla mezza luna di rosso; e<br />
di rosso manipolo di spighe d’oro.<br />
Documentazione: 2- Iacopo Attilio Cenedella, Memorie storiche lonatesi, (dattiloscritto<br />
conservato presso la Biblioteca della Fondazione Ugo Da Como dal manoscritto che si<br />
conserva presso la Civica Biblioteca Queriniana di Brescia, datato 1874.<br />
Ugo Da Como, Umanisti del secolo XVI. Pier Francesco Zini suoi amici e congiunti nei ricordi<br />
di Lonato sacro ed ameno recesso su la riviera del Benaco, Zanichelli, Bologna 1928;<br />
fotografie d’epoca.<br />
Studente: Elisa Parolini
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 3<br />
Oggetto: Ritratto di Virginio Orsini 1<br />
Materiale: strappo d’affresco, eseguito da Bernardo Gallizioli nel 1884<br />
Epoca: prima metà del XVI<br />
Autore: già attribuito a F. Ferramola, attualmente si pensa all’ambito di Gerolamo Romanino<br />
Dimensioni: 136 x 130 cm<br />
Descrizione: lo strappo raffigura l’aragonese Virginio Orsini, descritto da Francesco<br />
Sansovino (1565) come un “illustre uomo di guerra”. Lo sguardo, nel volto autoritario posto<br />
di tre quarti, è acuto e penetrante: si fissa nel volto dello spettatore mettendolo quasi in<br />
soggezione. Volto e collo sono massicci e squadrati; caratteristiche enfatizzate dal copricapo<br />
geometrico simile a quello che compare nel ritratto di Federico da Montefeltro di Urbino,<br />
opera di Piero della Francesca. Il colore rosso del copricapo dimostra, mediante la quantità<br />
di luce che assorbe o riflette, le diverse posizioni <strong>dei</strong> piani entro lo spazio; l’abito enfatizza<br />
il ventre prominente. La sottile linea bianca della camicia fa risaltare il volto del condottiero,<br />
ruolo evidenziato anche dall’armatura e dal bastone del comando impugnato nella mano<br />
destra.<br />
Il personaggio si staglia imponente davanti a un vasto paesaggio, sullo sfondo di montagne<br />
verdi azzurre: queste soluzioni formali richiamano le novità del rapporto uomo-paesaggio<br />
della pittura di Giorgione e della scuola veneta in generale.<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
Piano terra<br />
Collocazione: la serie di tre strappi<br />
da affresco è collocata nella Galleria<br />
della Casa sulla parete sud-est; la<br />
contestualizzazione voluta dal Senatore<br />
è legata alla funzione simile a quella di<br />
un’armeria, che in origine veniva attribuita<br />
a questa parte della casa.<br />
Provenienza: l’opera (proveniente da<br />
Palazzo Orsini a Ghedi) fu acquistata da Ugo Da Como attorno al 1920, per evitarne la<br />
dispersione e arredare la casa di Lonato.<br />
Note:<br />
1 - Virginio Orsini (1445 ca.-1497), importante esponente della nobile e potente famiglia<br />
degli Orsini, duca di Bracciano, venne educato alla corte aragonese di Napoli. All’abilità<br />
nell’arte militare unì un’attenzione per gli studi umanistici che lo portarono ad essere una<br />
delle figure preminenti nel panorama rinascimentale italiano. Sansovino lo ricorda infatti per<br />
la sua significativa capacità di conciliare l’attività politica e militare con quella intellettuale<br />
“esaltando la virtus come massima espressione dell’esistenza umana”.<br />
Documentazione: Franco Sansovino, Historia di casa Orsina, Venezia 1565<br />
Ivana Giangualano, Bernardo Gallizioli e gli Uomini d’arme nella Casa del Podestà, in “I<br />
Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, 13/2007<br />
Studente: Filippo Tognoli<br />
SCHEDA N. 4<br />
Oggetto: Ritratto di Cristina di Lorena<br />
Materiale: olio su tela<br />
Epoca: quarto decennio della prima metà<br />
del XVII secolo<br />
Autore: un maestro vicino a Tiberio Titi<br />
(Firenze, 1573-1627).<br />
In seguito ai dettami della Controriforma<br />
Titi divenne il diretto interprete della riforma<br />
pittorica alla corte medicea. Egli viene<br />
considerato l’inventore dello state portrait<br />
di Cristina di Lorena come dimostrano<br />
altri suoi ritratti raffiguranti la stessa,<br />
che presentano il medesimo modulo<br />
compositivo. Le sue tele sono caratterizzate<br />
da evidenti influenze con la ritrattistica<br />
fiamminga che divenne di riferimento per<br />
gli artisti fiorentini, soprattutto dopo l’arrivo<br />
a Firenze di Justus Sustermans.<br />
Dimensioni: 117 x 94 cm<br />
Descrizione: ritratto di gentildonna, vestita con abito vedovile piuttosto complesso composto<br />
da un voluminoso colletto bianco inamidato e da un ampio mantello che le copre la testa. La<br />
corona impreziosita di gemme, riconoscibile nella corona <strong>dei</strong> Granduchi di Toscana, e gli anelli<br />
denotano il suo alto rango. Nella mano destra regge un piccolo libro, forse un breviario a<br />
172 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 173 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
confermare la devozione di Cristina di Lorena alla chiesa cattolica. Il medaglione accanto alla<br />
cintura contiene il ritratto di Ferdinando I Granduca di Toscana, suo marito.<br />
Collocazione: il dipinto è collocato nello<br />
studio di Ugo Da Como, sulla parete dietro Piano terra<br />
alla scrivania. Il Senatore scelse di collocare il<br />
quadro di Cristina di Lorena accanto al ritratto<br />
del figlio Cosimo II de’ Medici e all’icona<br />
della Vergine Annunciata, molto venerata<br />
dai Medici. Questo dimostra che Ugo Da<br />
Como avesse già scoperto la falsa identità<br />
del personaggio del dipinto e che fosse a<br />
conoscenza della vera identità della donna ritratta: non Veronica Gambara, ma Cristina di<br />
Lorena.<br />
Provenienza: Ugo Da Como acquistò questo dipinto per Lire 2600 presso la Bottega di<br />
Arturo Bottarelli, antiquario pavese, come il ritratto della poetessa bresciana Veronica Gambara<br />
(Pralboino, 1485 - Correggio, 1550). E il dipinto fu per molto tempo ritenuto tale.<br />
Studi recenti condotti da Stefano Lusardi dimostrano che nella vedova del quadro si può<br />
riconoscere il ritratto di Cristina di Lorena per i seguenti motivi:<br />
- Veronica Gambara muore nel 1550 e il dipinto è datato intorno al XVII secolo: non è<br />
facilmente spiegabile la riproposizione di un personaggio vissuto nel secolo precedente;<br />
- l’abbigliamento del personaggio non è coerente con la sua epoca; si tratta infatti di un<br />
abito vedovile conforme alla moda secentesca;<br />
- alcuni particolari confermano l’appartenenza alla casata <strong>dei</strong> Medici, come il medaglione<br />
raffigurante il marito Ferdinando e il breviario, segno della sua fede bigotta;<br />
- è riconoscibile la fisionomia di Cristina di Lorena confrontandola con il vasto repertorio<br />
mediceo, come il ritratto di Justus Sustermans e un altro ritratto del Titi<br />
Documentazione: Stefano Lusardi, Sul presunto ritratto di Veronica Gambara, in<br />
“Commentari dell’Ateneo”, Brescia 2000; M. Zambolo, Il ritratto di Cristina di Lorena in<br />
mostra a Correggio. Sull’esposizione di un ritratto “presunto” in “I Quaderni della Fondazione<br />
Ugo Da Como”, 14/2008<br />
Studenti: Francesca Panni e Arianna Faitini<br />
SCHEDA N. 5<br />
Oggetto: Busto di Cicerone<br />
Materiale: viso e collo di marmo bianco, toga di marmo<br />
screziato<br />
Epoca: tra il XVIII e XIX secolo<br />
Autore: ignoto<br />
Dimensioni: 89 x 78 x 38 cm<br />
Descrizione: sul busto togato, il capo, ben eretto e frontale,<br />
conferisce alla scultura un’espressione seria. I lineamenti del volto<br />
sono caratterizzati da rughe di espressione agli angoli della bocca<br />
e fanno pensare a un uomo di mezza età. La bocca si presenta<br />
abbastanza carnosa e sormontata da un naso forte e diritto.<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
La toga ricade con un panneggio ordinato e<br />
composto.<br />
Collocazione: il busto si trova nella Sala<br />
Rossa, sala di rappresentanza della Casa del<br />
Podestà: attraverso la considerazione attribuita<br />
a questo oggetto che raffigura il personaggio<br />
di Cicerone, Ugo Da Como onora la memoria<br />
di Zanardelli 1 , amico carissimo, valente politico<br />
e uomo di legge, cui la scultura apparteneva.<br />
174 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 175 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Provenienza: il busto si trova nella Fondazione grazie alla volontà testamentaria di<br />
Giuseppe Zanardelli, il quale lo donò a Ugo Da Como. In precedenza si trovava nella Sala<br />
d’Onore della villa di Fasano, che l’architetto Antonio Tagliaferri aveva progettato per lo<br />
Statista. Lo stesso architetto bresciano realizzò il progetto di restauro della Casa del Podestà<br />
di Lonato per volere di Ugo Da Como.<br />
Note: 1- Giuseppe Zanardelli (Brescia 1826 - Maderno 1903) fu un importante uomo<br />
politico bresciano, che ricoprì vari incarichi di governo: come Ministro della Giustizia nel<br />
governo Depretis fece approvare nel 1888 il nuovo codice penale dell’Italia unita che aboliva<br />
la pena di morte. Sarà Capo del Governo dal 1901 al 1903.<br />
Documentazione: Guido Bustico, Il sentimento dell’arte e della natura in Giuseppe<br />
Zanardelli, in “Illustrazione bresciana”, 16 luglio 1916<br />
Studente: Paolo Zanetti<br />
SCHEDA N. 6<br />
Oggetto: Credenza<br />
Materiale: legno lastronato in radica<br />
Epoca: prodotto nel XVII secolo, ma soggetto ad alcune modifiche<br />
nel XIX secolo<br />
Autore: probabilmente di fattura romana<br />
Dimensioni: 135 x 150 x 60 cm<br />
Descrizione: la parte esterna del mobile presenta due ante caratterizzate da specchiature<br />
lastronate di radica. La ferramenta del cassetto posto sopra le ante è in bronzo sagomato, mentre<br />
le specchiature verticali delle due ante presentano al centro i segni di una precedente collocazione di<br />
elementi metallici (simili a quello presente sul cassetto), dai quali si evince che originariamente le sei<br />
specchiature delle due ante erano altrettanti fronti di una cassettiera.<br />
Piano terra<br />
Studente: Marco Cantarini<br />
Piano terra<br />
Collocazione: la credenza è situata<br />
ora nella Sala rossa, cioè nel salotto di<br />
rappresentanza della Casa del Podestà<br />
Provenienza: non è stata rintracciata alcuna<br />
documentazione relativa all’acquisto e alla<br />
provenienza del mobile.<br />
Documentazione: notizie raccolte presso la<br />
Fondazione Ugo Da Como
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 7<br />
Oggetto: quadro raffigurante un paesaggio arcadico con armenti<br />
Materiale: olio su tela; cornice in legno modanato<br />
e dorato.<br />
Epoca: la tela è dell’inizio del XVIII secolo<br />
la cornice della fine del XIX secolo<br />
Autore: Marco Ricci (Belluno 1676 - Venezia 1729)<br />
Dimensioni: tela: 62,5 x 74,5 cm<br />
cornice: 81 x 94 cm<br />
Descrizione: la tela raffigura un paesaggio arcadico con figurette e architetture inserite in<br />
un ampio orizzonte. La parte sinistra dell’opera presenta una staccionata, mentre sullo<br />
sfondo si scorgono delle architetture di epoca romana. L’opera è caratterizzata da un<br />
paesaggio sovrastato da un cielo luminoso e trasparente, scandito da delicati passaggi tonali<br />
che conferiscono una studiata profondità spaziale.<br />
Collocazione: la tela è esposta alla parete Piano terra<br />
del salottino di Maria Glisenti a piano terra.<br />
In questo ambiente si allude al gusto del<br />
Settecento veneto, che questa tela ben<br />
rappresenta. L’accostamento del dipinto<br />
all’incisione di Volpato (vedi scheda n. 8)<br />
si può far risalire al fatto che le due opere<br />
sono state donate al Senatore “in coppia”.<br />
Provenienza: la tela, così come l’incisione di Volpato, è giunta al Senatore Ugo Da Como<br />
nel 1928 in seguito al legato testamentario di Pompeo Molmenti, grandissimo amico del<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
Senatore. Molmenti, politico e storico dell’arte, era di origine veneziana, ma risiedeva nella<br />
vicina Moniga.<br />
Documentazione: Stefano Lusardi (a cura di), Il Salottino Glisenti della Casa del Podestà,<br />
Brescia, Grafo, 2001<br />
Studente: Andrea Mattei<br />
SCHEDA N. 8<br />
Oggetto: Incisione Paesaggio con armenti e rovine<br />
Materiale: acquaforte ritagliata; cornice lignea<br />
Epoca: incisione: XVIII secolo; cornice: fine del XIX<br />
secolo<br />
Autore: Giovanni Volpato<br />
(Angarano di Bassano - 1735-1803).<br />
Dimensioni: incisione: 31,5 x 43 cm;<br />
cornice: 38,5 x 50 cm<br />
Descrizione: questa incisione riprende<br />
specularmente la tela di Marco Ricci, rovesciando<br />
però l’immagine “a specchio”. La matrice è incisa<br />
su rame, mentre quella qui rappresentata è una<br />
incisione incollata su cartone.<br />
Piano terra<br />
Collocazione: l’incisione è collocata alla<br />
parete del salottino di Maria Glisenti. In<br />
questo ambiente si allude al gusto del<br />
Settecento veneto, che questa incisione ben<br />
rappresenta. La contiguità tra quest’opera e<br />
la tela di Ricci (vedi scheda n. 7) può essere<br />
dovuta al fatto che le due opere sono giunte<br />
al senatore “in coppia”.<br />
Provenienza: l’incisione, come la tela del Ricci,<br />
è giunta nel 1928 al senatore Ugo Da Como in<br />
seguito al legato testamentario di Pompeo Molmenti,<br />
grandissimo amico del Senatore. Molmenti, politico<br />
e storico dell’arte, era di origine veneziana, ma<br />
risiedeva nella vicina Moniga.<br />
Note: sul lato posteriore dell’incisione compare un<br />
disegno settecentesco a inchiostro nero raffigurante<br />
un profilo di uomo barbuto e un episodio miracoloso<br />
della vita di S. Antonio da Padova; l’autore resta<br />
tutt’oggi sconosciuto.<br />
Documentazione: Stefano Lusardi (a cura di), Il<br />
Salottino Glisenti della Casa del Podestà, Brescia,<br />
Grafo, 2001.<br />
Studente: Andrea Mattei<br />
176 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 177 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 9<br />
Oggetto: dipinto raffigurante la Madonna del Latte<br />
Materiale: affresco (intonaco dipinto) strappato e collocato in una cornice lignea<br />
Epoca: l’opera è databile attorno ai primi anni del XVI secolo<br />
Autore: ignoto maestro lombardo<br />
Dimensioni: 80 x 60 cm<br />
Descrizione: la Madonna è in primo piano, al centro<br />
dell’affresco strappato. Il suo<br />
sguardo è tenero, ma allo stesso tempo velato di<br />
malinconia; ella è leggermente rivolta verso sinistra e si<br />
copre il seno delicatamente mentre allatta il Bambino<br />
Gesù. Sullo sfondo compaiono elementi architettonici,<br />
quali un pilastro e un arco a tutto sesto. I colori sono<br />
vivi, in particolare quelli dell’abito della Vergine: spicca<br />
un rosso acceso sotto il velo blu che unisce le due<br />
figure quasi incorniciandole e staccandole dallo sfondo.<br />
Collocazione: l’opera si trova nella Sala Antica al<br />
pianterreno della Casa del Podestà.<br />
L’affresco, strappato dalla sua collocazione<br />
originaria e donato a Ugo Da Como, ha subito una<br />
decontestualizzazione assumendo una valenza decorativa. La collocazione attuale di<br />
quest’opera fu infatti accuratamente scelta e pensata dal Senatore stesso. Oltre alla valenza<br />
decorativa, questo strappo ci documenta l’attenzione con la quale Ugo Da Como raccoglieva<br />
nella sua Casa opere d’arte e testimonianze legate al paese di Lonato.<br />
Provenienza: precedentemente l’affresco, scoperto attorno al 1920 era collocato su una<br />
parete dell’antico Palazzo del Provveditore in Lonato in Piazza Martiri della Libertà, oggi sede<br />
dell’Istituto scolastico Paola Di Rosa. Piano terra<br />
Note: L’opera ha subito diversi restauri. Il più<br />
recente, attorno al 1990, ha pulito la pellicola<br />
pittorica e ne ha consolidato il pigmento.<br />
Documentazione: fotografie relative al<br />
restauro conservate in Fondazione e notizie<br />
raccolte presso la Fondazione Ugo Da Como<br />
Studente: Elisabetta Delbarba<br />
SCHEDA N. 10<br />
Oggetto: Formella a bassorilievo raffigurante<br />
Madonna del latte, Bambin Gesù e angeli<br />
Materiale: terracotta con tracce di<br />
policromia<br />
Epoca: seconda metà del secolo XV<br />
Autore: officine di Rinaldo de’ Stauli,<br />
Cremona<br />
Dimensioni: 30 x 25 cm, spessore 4 cm<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
178 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 179 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Descrizione: una cornice tripartita digradante in spessore verso l’interno delimita un<br />
bassorilievo raffigurante una Madonna con Bambin Gesù e due angeli, simmetricamente<br />
disposti ai lati del capo, che reggono una corona sul capo della Madonna.<br />
La Madonna, in posizione eretta al centro della formella, sostiene amorevolmente il Bambino<br />
sul braccio sinistro.<br />
Collocazione: Sala <strong>dei</strong> peltri a piano terra Piano terra<br />
della Casa del Podestà<br />
Provenienza: la formella era<br />
originariamente murata sul muro che si<br />
affaccia nel giardino interno della Casa del<br />
Podestà. Venne poi staccata e collocata<br />
all’interno della Sala <strong>dei</strong> Peltri. Sicuramente<br />
l’intento del Senatore fu quello di conservarla<br />
e valorizzarla anche per la delicatezza dell’immagine e per il suo significato religioso.<br />
Documentazione: notizie raccolte presso la Fondazione Ugo Da Como<br />
Studente: Vittoria Sergio<br />
SCHEDA N. 11<br />
Oggetto: Armadio degli incunaboli<br />
Materiale: legno dolce<br />
Epoca: XVII secolo<br />
Autore: le parti scolpite ad alto rilievo sono da avvicinare alla produzione degli scultori<br />
valsabbini Boscaì 1<br />
Dimensioni: altezza 275 cm; lunghezza: 435 cm, profondità 79 cm<br />
Descrizione: l’armadio contiene oggi il fondo degli<br />
incunaboli 2 ed è costruito impiegando elementi<br />
settecenteschi riccamente intagliati con putti,<br />
cherubini e grappoli d’uva. Probabilmente nato<br />
come mobile da sacrestia, è costituito da una parte<br />
inferiore chiusa, con ante in legno, e da una parte<br />
superiore con ante che proteggono le mensole,<br />
regolari per dimensione, spazio e collocazione. Nella<br />
parte centrale un arco a tutto sesto, con funzione<br />
decorativa, separa un comparto chiuso da ante in<br />
legno, da un ulteriore scomparto con ante cieche<br />
che sovrasta l’arco; ai fianchi dell’arco e sugli<br />
spigoli terminali dell’armadio sono presenti lesene<br />
ornamentali con sculture lignee rappresentanti putti<br />
e motivi vegetali.<br />
Collocazione: l’armadio è situato nella Camera<br />
degli Ospiti al primo piano, sulla parete opposta alla<br />
finestra, che dà sul cortile. Questa sua nuova funzione di libreria e la posizione all’interno<br />
della casa del Podestà sono un caso evidente di decontestualizzazione, poiché il mobile era<br />
destinato originariamente a una sagrestia. Ugo Da Como ha completato l’arredo della stanza<br />
con un letto barocco.
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
Primo piano<br />
L’armadio presenta tracce azzurre<br />
sulla superficie del legno, segno di<br />
una probabile colorazione dovuta alla<br />
moda settecentesca, successivamente<br />
modificata. La colorazione fu poi ricoperta<br />
da una decorazione che simula le venature<br />
del legno, armonizzando l’armadio con gli<br />
altri arredi della stanza.<br />
Provenienza: l’armadio fu acquistato dal Senatore nel 1930 dall’antiquario Angelo Albrici<br />
di Brescia per 3.000 lire, come documenta una lettera dello stesso Albrici in cui si parla di<br />
“una libreria del ‘700 con cariatidi e festoni di frutta contenente qualche centinaio di volumi<br />
antichi; la libreria si trova a pochi chilometri da Lonato”.<br />
Note:<br />
1 - i Pialorsi detti Boscaì sono una famiglia di intagliatori bresciani originari della Val Sabbia.<br />
Il capostipite è Francesco Pialorsi detto Boscaino, vissuto nella prima metà del Seicento: si<br />
dedicarono soprattutto al decoro delle chiese, con pulpiti, intagli da sacrestia, cornici, che si<br />
possono ammirare in molte chiese della provincia bresciana. L’attività della bottega artigiana<br />
si conclude nella seconda metà del XVIII secolo.<br />
2 - Gli incunabili sono i primi libri stampati con la tecnica <strong>dei</strong> caratteri mobili tra la metà del<br />
XV sec e il 1500 (detti anche Quattrocentine).<br />
Documentazione: Lettera autografa di Angelo Albrici conservata in Fondazione Ugo Da<br />
Como; Marialisa Cargnoni, Boscaì, Grafo, Brescia 1997; M. Cargnoni, La presenza <strong>dei</strong> Boscaì<br />
nella Casa del Senatore in “I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, 14/2008<br />
Studenti: Andrea Cerqui e Gabriella Fock<br />
SCHEDA N. 12<br />
Oggetto: libro: Ugo Foscolo, Ultime<br />
lettere di Jacopo Ortis, Londra<br />
1814 (ma in realtà Zurigo 1816, ed<br />
Orell Füssli) con ex libris JACOBJ<br />
CERUTTJ 1<br />
Materiale: carta, copertina in<br />
cartoncino verde e decorazioni in oro<br />
Epoca: XIX secolo<br />
Dimensioni: 23,5 x 13 cm<br />
Descrizione: si tratta, come si<br />
evince dalla prima pagina, della<br />
“Edizione XV ed unica fatta sopra la<br />
prima”. In questa stessa pagina è<br />
stampato il titolo e un ritratto di donna in un tondo con la scritta latina Naturae clamat ab<br />
ipso vox tumulo (la voce della natura ci chiama dalla stessa tomba): chiaro il riferimento alla<br />
protagonista delle Lettere, Teresa. Nell’antiporta è ritratto lo stesso Foscolo in un ovale.<br />
Nella pagina II si legge: Ultime lettere di Jacopo Ortis tratte dagli Autografi ristampate ora<br />
sovra il testo della prima edizione; alla pagina III segue una nota dello stampatore in cui si<br />
prega il lettore di non dare credito alle edizioni che differiscono da questa,<br />
poiché essa è l’unica stampata sopra la prima dopo molte indagine volte a restituire la vera lezione<br />
del testo. Inoltre si invita il lettore a leggere gli ERRATA alla fine del libro, dove lo stampatore dice<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
di aver già “supplito alle scorrrezioni che l’arte dello stampatore non può riconoscere fuorché<br />
quando non è più in tempo di poterle scansare”.<br />
Alla pagina IV Lorenzo Alderani (nella finzione narrativa il destinatario delle Lettere di<br />
Foscolo) si rivolge direttamente al lettore dichiarando di “voler erigere un monumento alla<br />
virtù sconosciuta” pubblicando tali lettere.<br />
180 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 181 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Primo piano<br />
Collocazione: Il libro è collocato nel<br />
cosiddetto Fondo Cerutti nella Sala al<br />
primo piano a lui intitolata, che oggi funge<br />
anche da ufficio. La sua segnatura è<br />
2.A.9.243.<br />
Provenienza: l’opera apparteneva alla<br />
ricca Biblioteca (situata nel palazzo Cerutti-<br />
Papa) di Giacomo Antonio Cerutti, che fu<br />
venduta a Ugo Da Como per 700 lire da Lina Bellini, moglie di un figlio del Cerutti.<br />
Iacopo Cerutti, dopo aver trascorso alcuni anni a Parigi e a Padova, si trasferì a Lonato dove<br />
morì nel 1892. La sua ricca biblioteca comprendeva più di 3000 volumi di varia epoca e di<br />
diverso genere, per lo più testi in italiano, francese e latino riguardanti la letteratura classica,<br />
italiana, francese, la storia, la storia dell’arte e la filosofia. I libri presentano l’ex libris Jacobj<br />
Ceruttj come l’esemplare qui considerato.<br />
Note:<br />
1 - l’ex libris è una etichetta, spesso ornata con figure e/o motti, che si applica su un libro<br />
per indicarne il proprietario. L’ex libris di Giacomo Cerutti si presenta come un’etichetta<br />
ottogonale schiacciata con cornicetta blu, come la scritta.<br />
Documentazione: lettere e ricevuta di pagamento dell’acquisto della biblioteca Cerutti, (libri<br />
e mobili) conservate nell’archivio della Fondazione.<br />
Studente: Matteo Bianchini<br />
SCHEDA N. 13<br />
Oggetto: 1 xilografia ritagliata incorniciata<br />
da Hartmanno Schedel Nuremburgens, Liber Chronicarum Registrum huius operis libri<br />
chronicum cum figuris et imaginibus ab initio mundi, Norimberga 1493<br />
Materiale: stampa su carta<br />
Epoca: 1493<br />
Autore: incisore Michael Wolgemut 2<br />
Dimensioni: 15,8 x 12 cm<br />
Descrizione: è rappresentato<br />
un corteo di gente preceduto da<br />
un Vescovo recante l’Eucaristia<br />
accompagnato da un chierichetto.<br />
Il corteo festoso sta attraversando<br />
un ponticello di legno, ma<br />
improvvisamente questo si spezza,<br />
facendo precipitare in acqua molta<br />
gente. Si vedono volti disperati<br />
e gente annaspante, mentre il
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
vescovo raggiunge la riva opposta. Il testo<br />
delle Cronache (Sesta età del mondo 1277,<br />
a.m 6476, folium CCXVII) racconta che il<br />
ponte si ruppe perché la gente non mostrò<br />
alcun rispetto e devozione nei confronti<br />
dell’Eucaristia: morirono circa 200 persone.<br />
Si tratta di un evento straordinario, accaduto<br />
nel 1277 di cui sembra essere protagonista<br />
Guglielmo Durandi Speculator (giureconsulto,<br />
vescovo di Mende in Francia e poi di Ravenna,<br />
morto nel 1296): non è facile individuare il<br />
luogo dove accade tale evento. Forse presso il<br />
monastero di San Cristoforo al ponte a Castel<br />
delle Ripe o Castel Durante (poi Urbania presso<br />
Pesaro) durante l’assedio <strong>dei</strong> ghibellini, quando il<br />
vescovo venne mandato quale legato pontificio ad assistere i guelfi.<br />
Collocazione: la xilografia incorniciata è Primo piano<br />
collocata alle pareti della Sala Cerutti al<br />
primo piano della Casa<br />
Provenienza: la xilografia è ritagliata da<br />
un volume delle cronache Ab initio mundi<br />
e acquistata, insieme ad altre, da Ugo Da<br />
Como che si assicurò anche un volume delle<br />
Cronache, un prezioso incunabolo edito a<br />
Norimberga nel 1493 conservato ora nella Fondazione. Una lettera autografa del 28 agosto 1928<br />
di Leo S. Olschki, antiquario di Ginevra, attesta l’offerta rivolta al senatore Ugo Da Como relativa al<br />
possibile acquisto del dello Schedel: si tratta di un esemplare “di legatura antica, cuoio, qua e là<br />
leggere macchie, il titolo è foderato, … raccomandabile… anche per la buona impressione delle<br />
incisioni. Il prezzo è di Lire 4000”. Olschki precisa che un esemplare perfetto di questo magnifico<br />
libro poteva costare più del doppio. Nella Lettera si ricorda anche la bella biblioteca del Senatore.<br />
Note:<br />
1- La xilografia è la stampa di immagini su carta da una incisione realizzata su una matrice<br />
lignea poi inchiostrata.<br />
2- Michael Wolgemut dirigeva una delle più importanti botteghe di incisione della Germania<br />
quattrocentesca; presso di lui lavorava anche lo stampatore Anton Koberger, padrino di Dürer.<br />
Il Libro delle Cronache Ab initio mundi racconta gli avvenimenti più significanti dalla<br />
creazione del mondo al 1492.<br />
Documentazione: Lettera autografa di Leo S. Olschkj<br />
Annali di Architettura, Centro internazionale di studi di Architettura Andrea Palladio di<br />
Vicenza, 14/2002<br />
Studenti: Laura Fregoni e Tiziana Bellini<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 14<br />
Oggetto: 1 xilografia ritagliata incorniciata<br />
da Hartmanno Schedel Nuremburgens, Registrum huius operis libri<br />
chronicum cum figuris et imaginibus ab initio mundi, Norimberga<br />
1493<br />
Materiale: stampa su carta<br />
Epoca: 1493<br />
Autore: incisore Michael Wolgemut 2<br />
Dimensioni: 9 x 8,5 cm<br />
Descrizione: è rappresentato l’episodio della guarigione dalla<br />
lebbra del generale siriano Naaman da parte del profeta Eliseo.<br />
Si riconoscono in primo piano il profeta sulla porta e il generale a<br />
cavallo con il braccio fasciato e il volto semicoperto; in secondo<br />
piano è disegnato il siriano Naaman immerso nelle acque del fiume Giordano: infatti il<br />
profeta gli aveva ordinato di immergersi nel Giordano per sette volte (cfr. II libri <strong>dei</strong> Re,<br />
cap.5). Nell’incisione si riconoscono i nomi <strong>dei</strong> personaggi scritti in alto: Helise, Naaman,<br />
Syrus<br />
182 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 183 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Primo piano<br />
Collocazione: la xilografia incorniciata è<br />
collocata alle pareti della Sala Cerutti al<br />
primo piano della Casa<br />
Provenienza: la xilografia è ritagliata e<br />
proviene da un volume delle cronache Ab<br />
initio mundi e acquistata, insieme ad altre,<br />
da Ugo Da Como che si assicurò anche<br />
un volume delle Cronache, un prezioso<br />
incunabolo edito a Norimberga nel 1493 conservato ora nella Biblioteca della Fondazione.<br />
Una lettera autografa del 28 agosto 1928 di Leo S. Olschki, antiquario di Ginevra, attesta<br />
l’offerta rivolta al Senatore Ugo Da Como relativa al possibile acquisto del Liber chronicorum<br />
dello Schedel: si tratta di un esemplare “di legatura antica, cuoio, qua e là leggere macchie,<br />
il titolo è foderato, … raccomandabile …anche per la buona impressione delle incisioni. Il<br />
prezzo è di Lire 4000”. Olschki precisa che un esemplare perfetto di questo magnifico libro<br />
poteva costare più del doppio. Nella Lettera si ricorda anche la bella biblioteca del Senatore.<br />
Note:<br />
1 - La xilografia è la stampa di immagini su carta da una incisione realizzata su una matrice<br />
lignea poi inchiostrata.<br />
2 - Michael Wolgemut dirigeva una delle<br />
più importanti botteghe di incisione della<br />
Germania quattrocentesca; presso di<br />
lui lavorava anche lo stampatore Anton<br />
Koberger, padrino di Dürer.<br />
Il Libro delle Cronache Ab initio mundi<br />
racconta gli avvenimenti più significanti dalla<br />
creazione del mondo al 1492<br />
Documentazione: Lettera autografa di Leo<br />
S. Olschkj<br />
Annali di Architettura, Centro internazionale<br />
di studi di Architettura Andrea Palladio di<br />
Vicenza, 14/2002<br />
Studenti: Laura Fregoni e Tiziana Bellini
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 15<br />
Oggetto: xilografia ritagliata incorniciata 1<br />
da Hartmanno Schedel Nuremburgens, Registrum<br />
huius operis libri chronicum cum figuris et imaginibus<br />
ab initio mundi, Norimberga 1493<br />
Materiale: stampa su carta<br />
Epoca: 1493<br />
Autore: incisore Michael Wolgemut 2<br />
Dimensioni: 10 x 8,5 cm<br />
Descrizione: racconta l’evento della caduta di un<br />
meteorite in un campo di grano del peso di 150<br />
Kg. vicino al villaggio alsaziano di Ensisheim il 7<br />
novembre 1492 verso mezzogiorno (16 novembre<br />
secondo il calendario gregoriano). Le cronache del<br />
tempo raccontano che la caduta fu preceduta da un<br />
terribile tuono e accompagnata da fragore udito in tutti i paese circostanti. L’evento fu considerato<br />
meraviglioso e attribuito a volontà divina. Il meteorite fu a lungo conservato nella chiesa locale del<br />
villaggio. Nella incisione è raffigurata a sinistra una città turrita indicata con il nome di Ensishem;<br />
fuori dalle mura nei pressi di un bosco a destra un villaggio con l’indicazione del nome Battenhem.<br />
Nel cielo si addensano nubi da cui sembra uscire un corpo che si abbatterà al suolo segnato da<br />
linee raggianti. In primo piano infatti è riconoscibile il meteorite nel campo.<br />
Collocazione: la xilografia incorniciata è Primo piano<br />
collocata alle pareti della Sala Cerutti al<br />
primo piano della Casa<br />
Provenienza: la xilografia è ritagliata da<br />
un volume delle cronache Ab initio mundi<br />
e acquistata, insieme ad altre, da Ugo da<br />
Como che si assicurò anche un volume<br />
delle Cronache, un prezioso incunabolo<br />
edito a Norimberga nel 1493 conservato ora nella Fondazione.<br />
Una lettera autografa del 28 agosto 1928 di Leo Olschki, antiquario di Ginevra, attesta<br />
l’offerta rivolta al senatore Ugo Da Como relativa al possibile acquisto del Liber chronicarum<br />
dello Schedel: si tratta di un esemplare “di legatura antica, cuoio, qua e là leggere macchie,<br />
il titolo è foderato, … raccomandabile…anche per la buona impressione delle incisioni. Il<br />
prezzo è di Lire 4000”. Olschki precisa che un esemplare perfetto di questo magnifico libro<br />
poteva costare più del doppio. Nella Lettera si ricorda anche la bella biblioteca del Senatore.<br />
Note:<br />
1 - La xilografia è la stampa di immagini su carta<br />
da una incisione realizzata su una matrice lignea poi<br />
inchiostrata.<br />
2 - Michael Wolgemut dirigeva una delle più<br />
importanti botteghe di incisione della Germania<br />
quattrocentesca; presso di lui lavorava anche lo<br />
stampatore Anton Koberger, padrino di Dürer.<br />
Il Libro delle Cronache Ab initio mundi racconta gli<br />
avvenimenti più significanti dalla creazione del mondo<br />
al 1492<br />
Documentazione: Lettera autografa di Leo Olschkj<br />
Studenti: Laura Fregoni e Tiziana Bellini<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
SCHEDA N. 16<br />
Oggetto: tavoletta lignea arcuata<br />
Materiale: tavola lignea da soffitto – tempera su tavola<br />
Epoca: circa XV secolo<br />
Autore: ignoto; probabilmente di ambito cremonese<br />
Dimensioni: 30 x 32 cm<br />
Descrizione: la tavola presenta una forma arcuata, tipica<br />
dell’ambiente cremonese del XV secolo.<br />
L’immagine è prodotta con l’uso della tecnica della tempera su<br />
tavola e vi è raffigurata una donna di profilo, coronata da alcuni<br />
elementi floreali e dallo stemma araldico della famiglia Fodri,<br />
esponente della borghesia mercantile cremonese.<br />
Lo stemma, posto al centro della tavoletta, è di forma ovale<br />
quadripartito: si tratta di uno scudo inquartato con un giglio al centro<br />
di ognuno <strong>dei</strong> riquadri. La presenza di tale stemma è giustificata<br />
dall’uso originariamente genealogico attribuibile a tali opere.<br />
L’immagine presenta linee semplici. L’abito, come consono in quel<br />
tempo, appare ampiamente scollato; anche la capigliatura appare<br />
abbastanza ricercata, anche se i dettagli sono scarsamente indagati<br />
e caratterizzati.<br />
184 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 185 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Primo piano<br />
Collocazione:<br />
corridoio del primo<br />
piano sopra la<br />
porta che si apre<br />
sulla sala Cerutti.<br />
Provenienza: con grande probabilità era<br />
la tavoletta di un soffitto di un Palazzo.<br />
Lo stemma è riconoscibile in quello della<br />
famiglia Fodri di Cremona. Si tratta di un caso del tutto particolare di decontestualizzazione:<br />
la tavoletta apparteneva senz’altro a un soffitto quattrocentesco, del quale faceva serie con<br />
altri elementi di simile fattura. Oggi è stata montata singolarmente ed è divenuta una piccola<br />
mensola che sostiene un busto muliebre in gesso.<br />
Documentazione: R. Aglio, Le tavolette policrome nella Casa del Podestà a Lonato, in<br />
“I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, n. 11, Dicembre 2005<br />
Studente: Giacomo Costanzi<br />
SCHEDA N. 17<br />
Oggetto: camino della Sala della Vittoria<br />
Materiale: pietra<br />
Epoca: XVI secolo<br />
Autore: artigianato lombardo<br />
Dimensioni: 180 x 210 cm<br />
Descrizione: il camino collocato al centro della parete nord della sala principale della<br />
Biblioteca di Ugo Da Como è un massiccia e raffinata architettura in pietra bianca risalente
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
al XVI secolo. Fu collocato qui solo nel 1923, anno in cui fu<br />
costruita la Biblioteca dacomiana ad opera dell’ingegnere<br />
Arnaldo Trebeschi. Le spalle del camino sono ornate da due<br />
paraste scanalate, i cui capitelli sono decorati da motivi vegetali<br />
stilizzati inseriti in un contesto puramente lineare rigorosamente<br />
semplificato in forme squadrate. Le due spalle sorreggono una<br />
trave, al centro della quale è scolpito uno stemma di famiglia<br />
troncato all’aquila con fascia centrale decorata da una stella: ai lati<br />
dello stemma corre la scritta “D. illuminatio mea et salus mea” (Dio<br />
mia luce e mia salvezza) versetto del Salmo 26. Il bordo inferiore<br />
della trave è invece decorato da una cornice con una serie di ovoli<br />
di stile puramente rinascimentale.<br />
La cappa del camino, realizzata in intonaco al momento della<br />
collocazione dello stesso, è dipinta secondo un tema a scacchi<br />
bianchi e neri e al centro di essa è collocato lo stemma in pietra<br />
della città di Venezia (leone di San Marco che sorregge il libro<br />
aperto con la scritta Pax tibi Marce evangelista).<br />
L’interno del camino è ornato con un motivo a rombi bianchi e neri<br />
e al centro di esso è collocata una lapide in cui è scolpito il volto di<br />
un angelo circondato in due coppie di ali.<br />
Collocazione: Primo piano<br />
la collocazione nella Sala della Vittoria della<br />
Biblioteca voluta dal Senatore può far<br />
pensare alla volontà di sottolineare come i<br />
libri contribuiscano a illuminare e ad aprire<br />
la mente e il cuore a valenze superiori<br />
Provenienza: non è stato possibile<br />
identificare lo stemma di famiglia né<br />
rintracciare la provenienza del camino. Tuttavia il motto decorativo della trave rimanda a una<br />
possibile precedente collocazione originaria in un monastero o in un palazzo vescovile.<br />
Documentazione: notizie raccolte presso la Fondazione Ugo Da Como<br />
Studenti: Luca Pezzaioli e Eros Santini<br />
SCHEDA N. 18<br />
Oggetto: lastra tombale<br />
Materiale: pietra<br />
Epoca: 1521<br />
Autore: ignoto<br />
Dimensioni: 115 x 110 cm; il riquadro<br />
centrale misura 80 x 86 cm.<br />
Descrizione: esternamente la lapide è<br />
delimitata da una bordatura e il bassorilievo<br />
del riquadro centrale è composto da uno<br />
stemma e da un cartiglio contenente<br />
un’iscrizione. Lo stemma esibisce una<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
zampa di leone che impugna tre ramoscelli d’ulivo; è probabilmente una variante dello<br />
stemma della famiglia lonatese Patuzzi, che originariamente era così descritto: “troncato,<br />
d’argento e di rosso, nel primo a due branche di leone d’oro, incrociate, nel secondo a una<br />
colomba d’argento, recante nel becco un ramoscello d’ulivo, di verde”. Dalla traduzione<br />
della iscrizione si deduce che la lapide è dedicata a Giovanni Francesco Patuzzi, cittadino<br />
bresciano.<br />
186 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 187 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Collocazione: oggi la lapide è situata sul<br />
muro della Biblioteca che si affaccia sul<br />
giardino interno della Casa del Podestà.<br />
Provenienza: è possibile che la lapide<br />
provenga, insieme al altre, dalla chiesa del<br />
Convento <strong>dei</strong> Frati minori di San Francesco<br />
al Lonatino che, sconsacrata, divenne poi<br />
una fabbrica di fiammiferi all’inizio del XX<br />
secolo.<br />
Note:<br />
si riporta l’iscrizione<br />
IO FRANC Q D REQVILIANI DE PATVTIIS<br />
BRIX CIVI IN VTRAQ2 Primo piano<br />
FORTVNA<br />
VIRO AC FIDE NOMORTVA PRO<br />
HREP SPECTA IO PETRV IV V DO<br />
ET HIER FILII D > P > A ETA MDXXI XMB<br />
Il testo risulta non tutto di facile interpretazione:<br />
“A Giovanni Francesco un tempo di Requiliano della famiglia <strong>dei</strong> Patuzzi<br />
Cittadino bresciano forte nella buona e nella cattiva sorte e di fede imperitura per…<br />
Giovanni Pietro… e Gerolamo figli… posero nell’anno 1521 per buona memoria”.<br />
Fra gli umanisti del XVI secolo, citati da Da Como, partecipi di un circolo letterario insieme<br />
allo Zini, viene citato anche un certo Requiliano Patuzzi amico con Segala e altri del medico<br />
condotto Giuseppe Pallavicino.<br />
Documentazione: s.v. Patuzzi, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana,vol. XV, ed<br />
La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />
Emilio Facchini, Lonato nella geografia e nella storia, Tipografia G. Ferrari, Lonato 1928<br />
G.D.C. Pasqualigo, Lonato e contorni. Monografia storico-medico-statistica, ed. Luigi Bigotti,<br />
Castiglione delle Stiviere 1873<br />
Studenti: Giovanna Zaglio e Arici Davide<br />
Scheda n. 19<br />
Oggetto: lastra tombale<br />
Materiale: pietra.<br />
Epoca: datata 1570<br />
Dimensioni: altezza cm 126,75 - larghezza cm 119,75<br />
Descrizione: la superficie si presenta consunta, essendo in origine<br />
una lastra pavimentale. La lastra è costituita da due rettangoli, uno<br />
interno all’altro. Nel riquadro più esterno troviamo in alto la sigla<br />
D.O.M. (Deo Optimo Maximo), in basso la data ANNO DNI MDLXX
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
(anno Domini 1570). Nel riquadro interno è presente lo stemma della famiglia Segala,<br />
che ha come emblema un mazzo di spighe, e l’iscrizione ben leggibile, ma di non sicura<br />
interpretazione:<br />
SEGALAE FAMILIAE SEPUL: HOC VETUST: CORROSUM<br />
SEPTEM FRATRES A SPECI VIRO PET IAC:<br />
SEGALA GENITORE LEONATI<br />
UNANIMES HIC RECONDI VOL.<br />
Una possibile traduzione è la seguente:<br />
“questo antichissimo e corroso sepolcro della famiglia Segala, sette fratelli (figli di) un uomo<br />
speciale Pietro Giacomo Segala genitore di Lonato vollero unanimi che qui fosse riposta<br />
Sembra di capire che questa lastra, che appartiene a una antica tomba della famiglia Segala,<br />
sia stata “ricollocata” in quel posto (hic) per volere <strong>dei</strong> 7 figli di un certo Pietro Giacomo<br />
Segala di Lonato”.<br />
Collocazione: la lastra è collocata sul Primo piano<br />
muro della Biblioteca, che si affaccia sul<br />
giardino interno della Casa del Podestà. La<br />
collocazione indica la volontà del Senatore<br />
di utilizzare tale oggetto per conservare la<br />
memoria storica locale, riferendosi a una<br />
famiglia importante di Lonato.<br />
Provenienza: la lastra probabilmente<br />
proviene dal pavimento della Chiesa dell’Annunziata annessa al Convento <strong>dei</strong> Frati<br />
francescani minori al Lonatino. Si può ipotizzare che precedentemente fosse altrove e che<br />
sia stata collocata lì per volere di questi sette fratelli<br />
Note: già nel 1928 la Chiesa <strong>dei</strong> Frati era sconsacrata e adibita a fabbrica di fiammiferi.<br />
La famiglia Segala è un’importante famiglia lonatese. Fra gli umanisti del XVI secolo, citati<br />
da Da Como che costituivano un circolo letterario insieme allo Zini, viene citato anche un<br />
membro della famiglia Segala, amico del medico Giuseppe Pallavicino.<br />
Documentazione: s.v. Segala, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana,vol. XVII, ed<br />
La Voce del Popolo, Brescia 2001<br />
Emilio Facchini, Lonato nella geografia e nella storia,Tipografia G. Ferrari, Lonato 1928<br />
Studente: Franco Alberti<br />
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
6. LONATO DEL GARDA: UN PO’ DI STORIA<br />
188 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 189 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />
Posta sulle prime alture dell’anfiteatro morenico del Garda, da dove si dominano il lago e la pianura<br />
bresciana, Lonato è una cittadina la cui storia affonda le radici nella notte <strong>dei</strong> tempi.<br />
E’certa una presenza umana nel suo territorio fin dal Paleolitico e Neolitico, anche se per<br />
trovare prove considerevoli di insediamenti umani bisogna attendere l’età del Bronzo, di cui<br />
abbiamo testimonianze archeologiche in località Polada, che attestano la presenza di popolazioni<br />
caratterizzate da grande abilità tecnica e profonda organizzazione del tessuto sociale.<br />
Queste popolazioni furono integrate poi da popoli Celti provenienti dalla zona situata tra il Reno<br />
e il Danubio. Ai Celti è fatto risalire il nome stesso di Lonato che potrebbe derivare dal termine<br />
Lona che significa laghetto, acquitrino. Ai Celti seguirono i Romani a partire dal I sec. d.C., che<br />
fecero di Lonato un centro strategico sia a difesa delle possibili invasioni da nord, sia per gli<br />
approvvigionamenti.<br />
Nel VI sec. d.C. i Longobardi pongono fine alle invasioni barbariche, che sconvolsero l’impero<br />
romano; la loro dominazione dura fino al 774, quando vengono sconfitti dai Franchi. Il periodo<br />
longobardo è un momento di rinascita economica per Lonato, e ad esso risale la piccola chiesa di<br />
S. Michele a Drugolo.<br />
Tra l’XI e il XII secolo sulle terre di Lonato, per volontà degli imperatori di Germania, esercitano diritti<br />
i vescovi di Verona, i conti di Montichiari e il comune di Brescia Alla fine del 1100 le popolazioni<br />
locali riescono ad acquisire autonomia e a farsi confermare dalla protezione imperiale una serie di<br />
privilegi.<br />
Si susseguono alterne fortune fino a quando nel 1339 viene conquistato dai Visconti, che decretano<br />
che il borgo venga ricostruito e fortificato in zona più salubre e difendibile, proprio là dove ora<br />
sorge il centro storico. Nel 1354 alla morte dell’arcivescovo Giovanni Visconti e in seguito alla<br />
divisione dello stato visconteo tra i suoi tre nipoti, Lonato con Brescia, la Riviera di Salò e le valli,<br />
viene assegnata a Bernabò Visconti. In tal modo la rocca e la borgata rimangono esposti più di altre<br />
località alle continue guerre e scaramucce fra Scaligeri e Visconti. Nel 1384 Beatrice (Regina) della<br />
Scala moglie di Bernabò Visconti, succeduta a Cansignorio morto senza figli, conferma agli abitanti<br />
di Lonato tutti i privilegi ed esenzioni da tributi concessi da Azzone Visconti nel 1339 e da Giovanni<br />
Visconti nel 1348 a sollievo <strong>dei</strong> danni, saccheggi e incendi sofferti dal Comune da parte delle bande<br />
tedesche. Nell’occasione dichiara Lonato “città”.<br />
Nel 1404 divenuto signore di Brescia Pandolfo Malatesta, Caterina Visconti, per tenersi fedeli<br />
i Gonzaga, cede a Francesco Gonzaga per un debito di 60.650 lire imperiali le terre di Lonato,<br />
assieme a Castiglione delle Stiviere, Castelgoffredo e Solferino, serbando ai Visconti la signoria e<br />
salvando il diritto <strong>dei</strong> Visconti di riavere dal Gonzaga quei castelli all’atto in cui fosse restituita la<br />
somma.<br />
Nel 1431 il duca Giovanni Francesco Gonzaga, signore di Lonato anche se a nome <strong>dei</strong> Visconti,<br />
concede al Comune i primi Statuti. Passa poi al servizio di Venezia e ottiene privilegi particolari,<br />
tra i quali quello di poter imporre tributi anche ai “cives” di Brescia. Lonato è progressivamente<br />
trasformato in vera e propria fortezza, difeso dalla Rocca, cinto di forti mura munite di undici torrioni,<br />
in tre <strong>dei</strong> quali si aprono tre porte.<br />
Conclusa la pace tra Venezia e Visconti nell’agosto del 1440, Lonato passa a Venezia e nel 1441 i<br />
Gonzaga rinunciano definitivamente alla cittadina in cambio di Ostiglia.<br />
L’età del governo di Venezia si apre con una comunità irrequieta per l’eccesso di carichi fiscali, ma<br />
Venezia si conquista a poco a poco il favore della popolazione, mostrando equilibrio e saggezza.<br />
Nel 1486 Lonato viene dichiarata “fortezza” e le vengono assegnati un Provveditore, un nobile<br />
veneziano che risiede in un palazzo nella piazza centrale (ora sede dell’istituto scolastico Paola Di<br />
Rosa), e un Podestà, bresciano, che amministra la vita civile e giudiziaria da una dimora sita nella<br />
cittadella del paese.<br />
Da allora si aprono quasi tre secoli, salvo una breve parentesi di dominazione francese e spagnola<br />
nel Cinquecento, in cui il territorio lonatese diviene la più grande provincia veneta in terraferma.<br />
Risalgono al XVI secolo l’edificazione della colonna veneta prospiciente il palazzo comunale e la<br />
Torre civica completata nel 1880 con la merlatura della sommità. Anche la vita religiosa attraversa
progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />
un momento di evidente vivacità, testimoniato da varie costruzioni e dipinti. Si completa nel<br />
Cinquecento anche la chiesa di san Giovanni Battista arricchita da pregevoli dipinti: essa verrà poi<br />
ricostruita con ampliamento nel XVIII secolo ad opera dell’architetto Paolo Sorattini.<br />
Nel 1630 Lonato è colpita dalla peste che riduce la popolazione di 1/3, a conclusione della quale<br />
viene eretto il Santuario della Madonna di San Martino. Nel 1690 è dipinta la grande tela di Andrea<br />
Celesti, sita nella sala del Consiglio comunale, dedicata alla peste.<br />
Sul finire del ‘600 le famiglie benestanti, sia per motivi di sicurezza, sia per ragioni di prestigio,<br />
incominciano a costruire all’interno delle mura; fanno a gara a costruire dimore belle e sontuose,<br />
ricche di stucchi e di affreschi, segnando così il passaggio a una nuova civiltà non più solo<br />
contadina.<br />
La campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte pone fine all’indipendenza di Venezia, ceduta<br />
all’Austria nel 1797dal generale francese. Un primo scontro tra Francesi e Austriaci avviene nel<br />
territorio di Lonato il 28 maggio 1796 e assicura a Napoleone il controllo di centri strategici, che<br />
l’esercito austriaco tenta di riconquistare due mesi dopo, ma il 31 luglio Napoleone sconfigge gli<br />
Austriaci a Lonato, preludio della battaglia di Castiglione delle Stiviere; le operazioni militari vengono<br />
studiate dal Comando generale francese stanziato in casa Resini a Lonato. Tramonta il ricordo di<br />
Venezia, tanto che il 21 marzo 1797 viene tolto e fatto a pezzi il Leone di San Marco posto sulla<br />
sommità della Colonna Veneta.<br />
Nel corso della Seconda guerra d’indipendenza transitano da Lonato personaggi illustri, come<br />
l’imperatore Francesco Giuseppe nel 1857, Napoleone III e il re Vittorio Emanuele, che sceglie il<br />
palazzo Zambelli quale sede del Quartier Generale Sardo alla vigilia della battaglia di San Martino<br />
e Solferino, che nel giugno del 1859 insanguina le terre lonatesi. Importante lo scontro sull’altura<br />
della Madonna della Scoperta, isolato dal conflitto principale che si svolge nella piana di Solferino:<br />
nella giornata del 24 giugno, la prima divisione piemontese del generale Durando combatte<br />
per la conquista, riuscita, del colle che costituiva la cerniera tra gli alleati francesi e i sabaudi,<br />
determinante per la vittoria finale.<br />
Tutta la prima metà del Novecento lonatese è segnato dalla presenza attiva e operosa del Senatore<br />
Ugo Da Como, che nel 1906 acquista l’antica Casa del Podestà, ridonandole vita attraverso un<br />
accurato restauro e dotandola di una vastissima e preziosissima biblioteca. Alla morte del Senatore,<br />
avvenuta nel 1941, il complesso della Casa del Podestà, cui si era aggiunta anche la Rocca,<br />
passò per volontà dell’antico proprietario alla Fondazione che da lui prende il nome, che ne cura la<br />
conservazione e la fruizione.<br />
Bibliografia<br />
Franco Sansovino, Historia di casa Orsina, Venezia 1565<br />
G.D.C. Pasqualigo, Lonato e contorni. Monografia storico-medico-statistica, ed. Luigi Bigotti, Castiglione delle Stiviere 1873<br />
Iacopo Attilio Cenedella, Memorie storiche lonatesi, (dattiloscritto conservato presso la Biblioteca della Fondazione Ugo Da Como dal<br />
manoscritto che si conserva presso la Civica Biblioteca Queriniana di Brescia, datato 1874<br />
Emilio Facchini, Lonato nella geografia e nella storia, Tipografia G. Ferrari, Lonato 1928<br />
Ugo Da Como, Umanisti del secolo XVI. Pier Francesco Zini suoi amici e congiunti nei ricordi di Lonato sacro ed ameno recesso su la<br />
riviera del Benaco, Zanichelli, Bologna 1928.<br />
Guido Bustico, Il sentimento dell’arte e della natura in Giuseppe Zanardelli, in “Illustrazione bresciana”, 16 luglio 1916<br />
Ugo Ughi e Vincenzo Pialorsi, Ugo Da Como. Cenni biografici, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia” per l’anno 1971, Brescia1973<br />
Stefano Lusardi, Sul presunto ritratto di Veronica Gambara, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia”, Brescia 2000<br />
Stefano Lusardi (a cura di), Il Salottino Glisenti della Casa del Podestà, Brescia, Grafo, 2001<br />
AA.VV, “Annali di Architettura”, Centro internazionale di studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza, 14/2002<br />
R. Aglio, Le tavolette policrome nella Casa del Podestà a Lonato, in “I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, n. 11, Dicembre 2005<br />
Ivana Giangualano, Bernardo Gallizioli e gli Uomini d’arme nella Casa del Podestà, in “I quaderni della Fondazione Ugo Da Como”,<br />
13/2007<br />
Marialisa Cargnoni, Boscaì, Grafo, Brescia 1997<br />
M. Cargnoni, La presenza <strong>dei</strong> Boscaì nella Casa del Senatore in “I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, 14/2008<br />
s.v. Patuzzi, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol. XV, ed La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />
s.v. Pallavicino, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol XII ed. La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />
s.v. Segala, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol. XVII, ed La Voce del Popolo, Brescia 2001<br />
M. Zambolo, Il ritratto di Cristina di Lorena in mostra a Correggio. Sull’esposizione di un ritratto “presunto” in “I Quaderni della<br />
Fondazione Ugo Da Como”, 14/2008<br />
Sono stati inoltre consultati manoscritti e lettere dell’Archivio della Fondazione Ugo Da Como.<br />
Alcune delle fotografie sono state concesse dalla Fondazione Ugo Da Como ad esclusivo uso scolastico.<br />
190 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>