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Percorsi didattici Sulle orme… dei collezionisti - Vie dell'Arte

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Musei Civici<br />

d’Arte Storia e Scienze<br />

di Brescia<br />

Fondazione<br />

Il Vittoriale degli Italiani<br />

Fondazione<br />

Ugo Da Como<br />

Le vie dell’arte<br />

<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />

<strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Shin<br />

production


Con il contributo di<br />

regione<br />

usp<br />

comunità bresciana<br />

Regione Lombardia<br />

Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />

Direttori responsabili <strong>dei</strong> musei:<br />

Elena Lucchesi Ragni - Musei Civici di Arte e Storia di Brescia<br />

Giordano Bruno Guerri - Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />

Antonio Spada - Fondazione Ugo Da Como<br />

Coordinatore del progetto “Le vie dell’arte”<br />

Giovanna Ciccarelli<br />

Consulente tecnico<br />

Gianfranco Bondioni<br />

Referenti del progetto per i singoli musei<br />

Mariangela Calubini - Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />

Francesca Morandini - Musei Civici di Arte e Storia di Brescia<br />

Stefano Lusardi con Roberta Valbusa - Casa-museo-biblioteca di Ugo Da Como<br />

Realizzazione editoriale<br />

SHIN production<br />

www.shinart.it<br />

ISBN 88 89005 44 6<br />

Finito di stampare nel maggio 2009<br />

da Color Art, Rodengo Saiano, Brescia<br />

Sommario<br />

5 Presentazioni<br />

Santa Giulia. Museo della Città<br />

15 Progetto 1: Io sono un collezionista...<br />

A cura di: Scuola Primaria “G. Mameli” di Brescia<br />

24 Progetto 2: <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini: un percorso nella Brescia del Settecento<br />

A cura di: Scuola Secondaria di Primo Grado “Lana Fermi” di Brescia<br />

46 Progetto 3: Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

A cura di: Liceo Classico “Arnaldo” di Brescia<br />

Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />

63 Progetto 4: Strano zoo al Vittoriale<br />

A cura di: Scuola Primaria “A. Lozzia” di Gardone Riviera<br />

84 Progetto 5: La memoria, il ricordo, la guerra: percorsi nel parco del Vittoriale<br />

A cura di: Scuola Secondaria di Primo Grado “Giovanni XXIII” di Gardone Riviera<br />

89 Progetto 6: D’Annunzio esteta: gli animali, oggetti da collezione, al Vittoriale<br />

A cura di: Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri “C. Battisti” di Salò<br />

101 Progetto 7: Il Maestro del Fuoco. Il collezionismo “creativo” di Gabriele d’Annunzio<br />

e i suoi principi estetici dalle opere letterarie al Vittoriale<br />

A cura di: Liceo Scientifico “N. Copernico” di Brescia<br />

122 Progetto 8: Misticismo, eroismo e stimmate. D’Annunzio, un Francescano singolare<br />

A cura di: Liceo Scientifico “N. Copernico” di Brescia<br />

Fondazione Ugo Da Como<br />

147 Progetto 9: La sedia in cinque secoli di storia nella Casa-museo di Ugo Da Como a Lonato<br />

A cura di: Scuola Primaria “Don Milani” di Lonato<br />

156 Progetto 10: Ritagliato e incorniciato<br />

A cura di: Scuola Secondaria di Primo Grado “C. Tarello” di Lonato<br />

160 Progetto 11: <strong>Sulle</strong> orme di... Ugo Da Como collezionista<br />

A cura di: Liceo Pedagogico e Linguistico “Paola di Rosa” di Lonato


Il progetto <strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> è nato con l’intento di far conoscere e promuovere il grande patrimonio artistico e<br />

culturale presente nella zona di Brescia e del Garda bresciano utilizzando come punto di partenza le raccolte del Vittoriale<br />

degli Italiani di Gardone Riviera, del Museo di Santa Giulia di Brescia e della Fondazione Ugo Da Como di Lonato. Tali luoghi<br />

contengono infatti importanti collezioni frutto della passione di appassionati <strong>dei</strong> secoli passati e del Novecento. In particolare il<br />

Vittoriale, cittadella di Gabriele d’Annunzio, conserva le opere d’arte e cimeli raccolti dal Poeta-Soldato; il Museo di Santa Giulia<br />

conserva, fra le molte altre opere, la raccolta di reperti romani del Cardinal Querini; la biblioteca della Fondazione Ugo Da Como<br />

conserva una vasta raccolta di manoscritti, incunaboli e cinquecentine nonché opere dedicate a Brescia e provincia.<br />

Il progetto ha abbinato quanto di meglio emerge da due tipologie di lavori svolti dagli enti proponenti (i tre importanti enti<br />

museali che hanno una lunga esperienza di lavoro con le scuole e che nel corso degli a.s. 2004-2005/2005-2006 hanno<br />

realizzato, per le <strong>Vie</strong> dell’Arte, il progetto “<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong> sulla Vittoria”) e dall’esperienza del progetto nazionale del Ministero<br />

della Pubblica Istruzione con <strong>Sulle</strong> orme di…<br />

Il progetto è stato attuato in collaborazione con l’USP di Brescia e con il contributo della Regione Lombardia e dell’IRRE.<br />

Fasi di realizzazione:<br />

1) Individuazione di alcune scuole del territorio di riferimento <strong>dei</strong> tre Musei e di docenti coordinatori per ogni singola scuola.<br />

2) Stipula di una convenzione tra Ente museale ed Istituzione scolastica.<br />

3) Scelta di un tema che potesse accomunare i tre Musei.<br />

4) Progettazione e programmazione in partnerariato Scuole-Museo.<br />

5) Corso di formazione per docenti.<br />

6) Realizzazione di laboratori <strong>didattici</strong> e verifica delle varie fasi di lavoro.<br />

7) Produzione di materiale cartaceo ed informatico.<br />

8) Giornata di presentazione e confronto <strong>dei</strong> lavori realizzati da parte di tutte le scuole.<br />

9) Stampa di un volume unitario.<br />

Alcuni dati significativi:<br />

- Il progetto si è realizzato nel corso di tre anni scolastici 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009.<br />

- Vi hanno partecipato 10 scuole dalle elementari alle superiori.<br />

- Le classi coinvolte sono state 16 con altrettanti insegnanti.<br />

- Complessivamente sono stati interessati nello studio <strong>dei</strong> tre Musei e nella realizzazione del progetto oltre 200 studenti delle<br />

scuole di Brescia e provincia.<br />

Alcuni degli obiettivi prioritari raggiunti:<br />

- Far diventare i Musei, tramite le Scuole, parte viva e integrante della Comunità.<br />

- Sviluppare la cultura di rete sia tra i Musei, sia tra le Scuole, sia fra Musei e Scuole.<br />

- promuovere tra i giovani la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio storico artistico ambientale del proprio territorio.<br />

Ritengo che le esperienze vissute in questi anni scolastici abbiano ottenuto tale riscontro positivo da auspicare che il percorso<br />

didattico comune intrapreso possa proseguire nell’approfondimento di altre tematiche.<br />

5 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

La coordinatrice del progetto Dr.ssa Giovanna Ciccarelli<br />

Consigliere d’Amministrazione del Vittoriale Rappresentante Ministero Istruzione


Regione Lombardia<br />

Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />

Nell’àmbito delle pregevoli iniziative volte a mettere in luce il grandioso patrimonio culturale lombardo, il volume che<br />

qui si presenta, realizzato dai giovani in età scolare con l’indispensabile ausilio <strong>dei</strong> docenti, valorizza indubbiamente<br />

un aspetto della nobile tradizione storico-artistica della nostra regione: il collezionismo.<br />

Si tratta di un’iniziativa significativa che risponde, in primis, alla voglia di sapere e di curiosità <strong>dei</strong> ragazzi e propone<br />

loro – e agli educatori – un affascinante percorso da protagonisti, alla scoperta delle bellezze artistiche di Brescia.<br />

Attraverso una messe assai significativa e organica di dati, la preziosa pubblicazione viene a configurarsi come<br />

un virtuoso strumento di conoscenza, un indispensabile supporto alla miglior comprensione del nostro più antico<br />

sostrato storico.<br />

Lo studio della figura del cardinale Angelo Maria Querini – vescovo a Brescia nella prima metà del Settecento e<br />

illustre esponente dell’Illuminismo europeo – ha offerto agli studenti la possibilità di indagare sempre più la realtà<br />

del territorio cittadino contribuendo, in particolare, alla migliore conoscenza della società e della cultura artistica<br />

bresciana ed europea nel XVIII secolo.<br />

Mi è gradito sottolineare, oltre agli intenti scientifici e alle finalità culturali di questa iniziativa, un aspetto che<br />

mi ha colpito particolarmente: il sensibile e partecipato coinvolgimento della Comunità bresciana nel far sì che<br />

documenti di storia e di arte religiosa, come i complessi architettonici e monumentali della città, non costituiscano<br />

testimonianze statiche e silenti, ma piuttosto, presenze di profonde radici morali e di identità vive e vitali per l’intero<br />

territorio.<br />

Massimo Zanello<br />

Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />

6 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 7 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

È con viva soddisfazione che l’Ufficio Scolastico Provinciale di Brescia presenta questo nuovo volume di ricerca che<br />

fa parte oramai di un ben avviato progetto didattico museale intitolato “Le vie dell’arte,”iniziato nel 2004, e che vede<br />

l’incontro del mondo scolastico, guidato da esperti docenti-ricercatori, coniugato a tre importanti realtà museali<br />

del nostro territorio: La Fondazione del Vittoriale di Gardone Riviera, i Civici Musei di Arte e Storia di Brescia e la<br />

Fondazione Ugo Da Como di Lonato.<br />

Il tema proposto in questa edizione alle scuole in dimensione verticale, dalla primaria alla superiore, è<br />

significatamente intitolato: “<strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>” e l’indagine verte per la città di Brescia sulla figura<br />

emblematica di collezionista costituita dal Cardinal Angelo Maria Querini, mentre per Il Vittoriale e per la Fondazione<br />

Ugo Da Como la ricerca mette in luce la passione per le collezioni più varie di Gabriele d’Annunzio e di Ugo Da<br />

Como.<br />

Le ricerche educative condotte presso i musei hanno permesso agli alunni di osservare, discutere, analizzare<br />

i diversi oggetti delle collezioni e di ripercorrere le orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>, della loro “curiosità” cui segue la<br />

“meraviglia”.<br />

Nei <strong>collezionisti</strong> emerge la preoccupazione di universalità, la volontà di racchiudere l’universo in una stanza. Le<br />

case-museo di d’Annunzio e di Da Como sono spazi perfetti per far comprendere ai giovani l’idea di “museo”<br />

nell’accezione di luogo adibito alla raccolta delle proprie collezioni.<br />

Jules Guiffrey dice che il collezionista si propone di scegliere il meglio del mondo e di riunirlo in una summa di<br />

mirabilia d’arte e di natura che i docenti delle scuole, con il loro versatile impegno, hanno con questa ricerca fatto<br />

scoprire agli alunni, forse anch’essi <strong>collezionisti</strong> in erba.<br />

prof. Giuseppe Colosio<br />

Dirigente dell’USP


comune di Brescia<br />

assessorato alle attività culturali<br />

Da Santa Giulia, ovvero da uno <strong>dei</strong> più bei musei d’Europa, a quell’unicum al mondo che è il Vittoriale degli Italiani, passando<br />

per Lonato dove sono finalmente godibili la singolare dimora e le straordinarie collezioni di Ugo Da Como.<br />

Queste le tre tappe (principali ma, naturalmente, non le uniche) de “Le vie dell’arte. Brescia, il Garda, i Colli”, il percorso<br />

suggerito al turista e all’appassionato d’arte e di storia che sceglierà Brescia e il suo territorio per un fine settimana o per<br />

una vacanza più lunga. Tra l’altro, chi sceglie di godere e di ammirare questo magnifico percorso spenderà meno: tutti e tre<br />

i musei saranno visitabili con un biglietto a prezzo ridotto disponibile in ciascuna struttura.<br />

Santa Giulia è l’affascinante sede del Museo della Città di Brescia, ospitato negli storici ambienti del Monastero Benedettino<br />

femminile di San Salvatore e Santa Giulia, fondato nel 753 dal Duca Desiderio, poi re <strong>dei</strong> Longobardi, e dalla moglie Ansa.<br />

Visitare il complesso architettonico del Museo permette di viaggiare nel tempo, scoprendo le radici romane della città, di cui<br />

magicamente sono visibili mosaici, affreschi e un tratto di strada pubblica, e lo sviluppo del Monastero nelle diverse epoche.<br />

La chiesa di San Salvatore di età longobarda, l’Oratorio romanico di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la Chiesa<br />

di Santa Giulia e i Chiostri di età rinascimentale sono testimonianza tangibile di uno splendore lungo mille anni che trova<br />

coronamento in una grande raccolta di materiali e opere d’arte provenienti dalla città e dal territorio.<br />

Lasciato il Museo della Città, le <strong>Vie</strong> dell’Arte conducono attraverso i colori e i profumi del paesaggio verso il borgo di Lonato,<br />

nell’immediato entroterra gardesano, dove si trova la Fondazione Ugo Da Como, al centro di un complesso monumentale<br />

di grande fascino. L’imponente Rocca viscontea-veneta, eretta attorno al Mille e ricostruita nel secolo XIV dai Visconti, è<br />

uno degli edifici fortificati più estesi della Lombardia, apprezzato anche da Napoleone per la sua struttura imponente; fu il<br />

Senatore bresciano Ugo Da Como (1869-1941) a unificare la Rocca alla cosiddetta casa “del Podestà” con una serie di<br />

mirate acquisizioni, creando un centro culturale che gli potesse sopravvivere.<br />

La casa-museo, eccezionalmente conservata, è la sede ideale entro cui dialogare sull’evoluzione e le trasformazioni del<br />

collezionismo e sull’idea dell’abitare tra l’Ottocento e il Novecento: oltre tremila oggetti arricchiscono i dodici ambienti della dimora,<br />

completamente immersa in un giardino disposto su quattro terrazze.<br />

Lasciato Lonato, il percorso prosegue rivelando il blu del lago lungo il quale si è accompagnati verso Gardone Riviera e il Vittoriale<br />

degli Italiani: la sorprendente casa-museo di Gabriele d’Annunzio è una cittadella cinta da mura che si estende per circa nove ettari<br />

e il cui cuore pulsante è costituito dalla casa del poeta.<br />

Il grande giardino, ricco di fontane, multiformi edifici e viali, è solo il preludio alla visita alla casa dove regna sovrana l’eccentrica<br />

personalità del Vate e il suo “vivere inimitabile”, concretamente visibile nella sterminata collezione di oggetti, opere d’arte e cimeli.<br />

Museo tra i più visitati in Italia, unico al mondo in quanto dimora della memoria, il Vittoriale è una gigantesca dedica di d’Annunzio a<br />

sé stesso e alle sue passioni, prima fra tutte l’ardimento e l’eroismo: in tale contesto celebrativo si collocano il Museo della Guerra,<br />

l’aereo SVA, il motoscafo MAS 96 e la nave Puglia, ma anche i cimeli e le opere d’arte collocati nei giardini.<br />

Le <strong>Vie</strong> dell’Arte è dunque un’occasione per immergersi nella bellezza di un paesaggio tra i più ammirati in Italia e<br />

per scoprirne i tesori artistici, ma anche un modo per conoscere tre personalità preziose per la storia dell’arte e del<br />

collezionismo: Paolo Tosio, Ugo Da Como e Gabriele d’Annunzio, a titolo diverso e con differenti atteggiamenti mecenati<br />

di tesori artistici di cui oggi possiamo godere. Unire i tre musei, con una ideale linea conduttrice e una concreta via<br />

attraverso le meraviglie del territorio bresciano, significa anche sostenere la tesi che questa bellezza sia nata qui, e non<br />

altrove, per una serie di motivi che rimandano non solo ai colori del paesaggio, ma anche al carattere delle genti, al<br />

clima mutevole e alla ricca storia di questo territorio.<br />

Per questo Le <strong>Vie</strong> dell’Arte è un programma che parte da questi luoghi simbolo per accompagnare il visitatore alla scoperta<br />

di una zona ricca di interesse, spesso non dovutamente conosciuta, nella speranza che riesca anch’egli a cogliere quel<br />

fascino che tale paesaggio ha esercitato su tanti insigni personaggi del passato.<br />

Il progetto dà la possibilità, presentandosi alle biglietterie <strong>dei</strong> tre musei con il depliant “Le <strong>Vie</strong> dell’arte”, di usufruire dello<br />

sconto riservato e vuole essere un invito ad una conoscenza più approfondita e un suggerimento a cogliere analogie e<br />

differenze tra i tesori e le bellezze del territorio.<br />

L’assessore alla Cultura<br />

Avv. Andrea Arcai<br />

8 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 9 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Quella di “collezionista”, come qualsiasi altra definizione applicata a Gabriele d’Annunzio, è imprecisa e limitativa.<br />

Non a caso, già nel corso della sua vita, si ricorse a espressioni diverse: Poeta, Vate, Comandante, e forse l’unica<br />

che gli si attaglia in pieno è quella di “genio”.<br />

Il collezionismo di d’Annunzio non fu una raccolta maniacale di oggetti quali che fossero, per qualità e quantità,<br />

purché riguardassero i temi prescelti. Al Vittoriale, come in altre sue dimore, d’Annunzio accettava e voleva soltanto<br />

ciò che gli piaceva, senza altro limite. E poi: “Tutto infatti è qui da me creato e trasfigurato.” Ovvero, qualsiasi oggetto<br />

finiva per cedere la propria identità originaria per diventare, soprattutto, dannunziano.<br />

Tuttavia il tema “<strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>” è didatticamente stimolante, e lo si vede dai risultati raccolti in questo<br />

volume, che sono lieto di trovare già pronto a pochi mesi dalla mia nomina alla presidenza del Vittoriale degli Italiani.<br />

Le <strong>Vie</strong> dell’Arte ha già dimostrato in abbondanza quanto la collaborazione tra musei, scuole e territorio sia produttiva<br />

e ricca di risultati: specialmente per gli studenti, che ne sono parte attiva, anzi protagonisti, dalle elementari alle<br />

superiori. I musei, per il tramite delle scuole, diventano parte viva e vitale della comunità, e le gite scolastiche si<br />

fanno davvero strumenti di arricchimento culturale, di creatività, di organizzazione del lavoro.<br />

Naturalmente tutto ciò non sarebbe possibile senza la competenza e l’entusiasmo <strong>dei</strong> docenti. Il loro lavoro è un<br />

ulteriore incentivo al mio progetto di accrescere l’attività didattica all’interno del Vittoriale, anche con strumenti<br />

tecnologicamente avanzati: come sarebbe piaciuto a Gabriele d’Annunzio.<br />

Giordano Bruno Guerri<br />

Presidente della Fondazione<br />

Il Vittoriale degli Italiani


I progetti <strong>didattici</strong> formulati dalla Fondazione Ugo Da Como per Le <strong>Vie</strong> dell’Arte, costituiscono ormai da qualche anno un<br />

appuntamento atteso.<br />

Anche questa inziativa partecipa al rinvigorimento del rapporto tra la casa-museo, la biblioteca, la rocca e il paese di<br />

Lonato.<br />

Il complesso monumentale costituito dal Senatore Da Como rientra a pieno titolo tra le principali realtà culturali di<br />

questa cittadina bresciana.<br />

Le scuole lonatesi rappresentano una risorsa preziosa per la Fondazione. Centinaia di studenti entrano annualmente sia<br />

nella casa-museo che nella rocca visconteo-veneta e spesso hanno la possibilità di accedere ad itinerari e percorsi di<br />

visita formulati e perfezionati dai colleghi di Lonato che, proprio attraverso i progetti <strong>didattici</strong> concepiti all’interno della<br />

programmazione delle <strong>Vie</strong> dell’Arte, individuano nuovi aspetti legati alla multiforme attività di Ugo Da Como politico,<br />

collezionista, bibliofilo, studioso, filantropo.<br />

Sono quindi molti gli argomenti, anche di rilevante valenza civica, che questo nostro museo è ancora in grado di<br />

comunicare.<br />

Infatti è evidente che non solo ogni singolo oggetto d’arte o ognuno <strong>dei</strong> libri conservati nella casa del podestà sia<br />

meritevole di attenzione, ma è ancora più importante chiedersi come questo incredibile patrimonio sia giunto a noi e sia<br />

tutt’oggi disponibile ad ognuno. Il merito va alla grande liberalità di Ugo Da Como che volle istituire proprio a Lonato la<br />

sua “Cittadella di Cultura”.<br />

Ebbene, gli studenti stanno comprendendo quale rara fortuna abbiano nel poter studiare in un paese dotato di una<br />

simile biblioteca, di un vastissimo archivio, di una casa-museo in cui è ancora così presente la vita, la sensibilità e la<br />

cultura degli ultimi proprietari.<br />

Chi di noi non ha subito, in giovane età, il fascino dell’antico, il mistero di un oggetto prezioso, il fascino di un sigillo o di<br />

uno stemma?<br />

Alcuni fortunati hanno trovato modo di alimentare la curiosità e la conoscenza proprio grazie ai musei e alle persone che<br />

hanno saputo comunicare loro il senso e la bellezza di questi luoghi della conservazione.<br />

I progetti per le scuole servono a questo. Servono a indicare la storia, a seminare l’interesse e ad esortare alla<br />

conoscenza.<br />

Sono quindi particolarmente contento del risultato raggiunto da questa precisa attività delle <strong>Vie</strong> dell’Arte e mi felicito<br />

di quanto anche il Museo bresciano di Santa Giulia e il Vittoriale degli Italiani di Gardone hanno saputo realizzare,<br />

rafforzando con la loro presenza un itinerario culturale che tributa il giusto omaggio anche alla memoria di Ugo Da<br />

Como, Egli volle la Fondazione di Lonato per giovare agli studi svegliando nei giovani l’amore alle conoscenze.<br />

Antonio Spada<br />

Direttore Generale della Fondazione Ugo Da Como<br />

10 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 11 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Le vie dell’arte<br />

<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />

<strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


12 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 13 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Santa Giulia Museo della città<br />

progetto 1 Io sono un collezionista<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini:<br />

un percorso nella Brescia del Settecento<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini<br />

collezionista di antichità


Introduzione Santa Giulia Museo della Città<br />

Seppure i Musei Civici debbano molto al cardinale Querini, la sua figura ci sembrava si prestasse meno di quella di altri<br />

<strong>collezionisti</strong> bresciani quali, ad esempio, il conte Paolo Tosio o Leopardo Martinengo, per un lavoro di ricerca con le scuole, ma,<br />

si potrebbe dire, Le vie dell’Arte sono infinite.<br />

Infatti la scarsa conoscenza <strong>dei</strong> bresciani di questa ecclettica figura e le caratteristiche della sua formazione e<br />

della sua biografia in generale ci hanno indotto a proporre questo argomento anche se il soggetto sembrava ostico,<br />

soprattutto per i più piccoli.<br />

Il cardinale Querini, vescovo di Brescia, dal 1728 fino alla morte avvenuta nel 1755, fondatore della biblioteca, specchio <strong>dei</strong><br />

molteplici interessi, scambi culturali e rapporti con bibliofili poteva apparire una figura di erudito, un collezionista colto ma<br />

distante dagli interessi <strong>dei</strong> giovani di oggi.<br />

Anche in questo caso, però, il lavoro con le scuole non ci ha deluso.<br />

Nonostante i molti anni di esperienza abbiamo ancora la fortuna di poterci stupire per le risorse e la fantasia delle giovani<br />

generazioni, che continuano a insegnarci tanto.<br />

La molla del collezionismo ha garantito il feeling, forte e immediato, tra i più piccoli e l’austero cardinale. Scoprire<br />

che, come loro, anche il Querini cedeva alla debolezza di possedere un libro raro, così come loro oggi fanno per un<br />

Pokemon o un insetto, ha messo in evidenza, in modo cristallino, il senso del “collezionare”, ancora pienamente<br />

valido seppure a trecento anni di distanza.<br />

La lontananza cronologica tra i nostri studenti e il cardinale è stata abbattuta rapidamente anche con la compilazione del<br />

Curriculum vitae nel formato europeo, dove, con modalità oggi molto famigliari a tutti, ma che non ci saremmo mai aspettati<br />

per il Querini, abbiamo in poche righe tutta la sua lunga carriera.<br />

Gli studi approfonditi e specifici sia <strong>dei</strong> ragazzi delle medie, sia di quelli del liceo, ci hanno fatto toccare con mano la curiosità<br />

e l’entusiasmo che in questa indagine sono stati impegnati, lasciandoci capire che le nostre riserve iniziali sono state<br />

puntualmente disattese.<br />

Gli stumenti realizzati dai ragazzi, uno dal sapore ancora antico il gioco dell Oca – l’altro decisamente contemporaneo<br />

l’audioguida in MP3 – sicuramente contribuiranno a trasmettere ad altri la voglia di spingersi sulle orme del cardinale Querini e<br />

di scoprire, guidati dai giovani amici, la sua storia, le sue passioni e anche la nostra città.<br />

A tutti coloro che si sono impegnati a seguirci in questo viaggio a ritroso nel tempo va il nostro più sentito ringraziamento, per<br />

l’entusiasmo, la competenza e, perché no, per il divertimento.<br />

Elena Lucchesi Ragni e Francesca Morandini<br />

Musei Civici d’Arte e Storia di Brescia<br />

Chi e dove Scuola Mameli - XVI Circolo - Brescia<br />

Classi coinvolte Classe V A<br />

Docenti referenti Giancarla Laffranchi<br />

14 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 15 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Testi, interviste e ricerche delle “Bollicine frizzatine” [V A ]<br />

progetto 1 Io sono un collezionista<br />

Scoprire realtà culturali e artistiche nel territorio era il nostro obiettivo iniziale. È stato subito evidente come ciò ci portasse<br />

a valorizzare tale patrimonio, rendendoci consapevoli che esso va tutelato e rispettato. Tanto da stimolare nei bambini<br />

il desiderio di far conoscere ad altri ragazzi il prodotto del proprio lavoro, rendendosi parte attiva e consapevole nella<br />

promozione dell’offerta culturale della città.<br />

I ragazzi coinvolti nel progetto frequentano la quinta classe. Formano un gruppo numeroso e molto vivace che ha lavorato<br />

spesso in attività pratiche e di ricerca e gode di specifici talenti che sanno apprezzare vicendevolmente. Per questo hanno<br />

affrontato l’argomento proposto con molto entusiasmo, sapendo che sarebbero riusciti, insieme, a produrre qualcosa di buono.<br />

La prima fase del lavoro è stata molto piacevole, legata strettamente all’esperienza diretta di ogni bambino: abbiamo<br />

condiviso in classe le nostre piccole collezioni. Tutti ne avevano almeno una e poterla mostrare agli altri è stata<br />

un’occasione vivace e curiosa.<br />

Abbiamo fotografato e documentato le varie raccolte e stabilito quali fossero le vere e proprie collezioni, perché riordinate e<br />

catalogate con cura.


progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />

Tramite la stesura di testi scritti, i ragazzi …Colleziono i Pokemon e so come ci si sente ad avere tra le mani un<br />

hanno potuto documentare le proprie bel modellino lucido e colorato del proprio mostriciattolo preferito!<br />

riflessioni personali e ragionare con Ne ho di tutti i tipi: piccoli, enormi, con piedistallo, di gomma, anche<br />

interesse sul fenomeno del collezionismo portachiavi.<br />

La maggior parte è di plastica dura o resistente, adatta ad essere<br />

maneggiata, ben diversa dal pezzo grosso, il leader, il grande Salamanne, un imponente dragone<br />

rosso e blu, poggiato su una finta roccia con increspature molto realistiche, scolpito dai migliori<br />

operai della Kaiodo, l’azienda giapponese famosa per la produzione di modellini.<br />

… Ne ho altri molto belli, come Lugia, un drago bianco, Groudon, un tartarugone rosso… tutti<br />

sistemati in una bella scatola di alluminio con immagini di gattini leziosi che ben si adattano ai<br />

Pokemon più “coccolosi”come Charmander, un carinissimo lucertolino con una fiammella sulla coda.<br />

Però il mio preferito rimane sempre Rayquaza, un altro drago di cui avrete già sentito parlare.<br />

Mi piace moltissimo prendermene cura, lucidarli, pulirli, sistemarli uno ad uno nella mia<br />

scatola, divisi per tipo e potenza: quelli d’acqua stanno da una parte, i leggendari da un’altra…<br />

semplicemente li adoro!<br />

Di solito si trovano sui mercatini dell’usato, tra i vari pupazzetti in vendita, oppure nelle edicole, nei<br />

supermercati più forniti e in certe macchinette mangia-soldi; ma i più difficili da trovare sono quelli<br />

nei mercatini: o sono lì, in bella mostra sui banconi, ma sono costosissimi, oppure sono dentro a<br />

vecchi scatoloni, sotto ad una moltitudine di cianfrusaglie inutili, impossibili da trovare.<br />

Ma finalmente, dopo tante ricerche, eccoli qui, tutti riuniti, il frutto di tanta fatica, che mi piace<br />

mostrare un po’ a tutti: ai miei amici appassionati di Pokemon, ai miei genitori, ai miei parenti, ma<br />

soprattutto a me stessa! Mi piace parlare della mia collezione fingendo di rivolgermi ad un pubblico,<br />

ma solo quando sono sola, per riuscire ad immaginare come un giorno potrei illustrare i Pokemon<br />

in una conferenza. Quando mostro la mia collezione mi sento come un esperto che parla delle sue<br />

scoperte o delle sue opere. Mi sento orgogliosa delle mie proprietà… (Maria)<br />

A me piace molto collezionare; nella mia vita ho collezionato molte cose: carte di Dragombol, sassi,<br />

conchiglie, libri, bollini, oggetti, formiche…<br />

La collezione che mi è piaciuta di più è stata quella di formiche: ogni giorno andavo al parco con mia<br />

cugina e cercavo di prendere delle formiche nere. In casa avevo preparato la cassetta bucherellando<br />

la vaschetta del sugo e mettendoci un po’ di briciole di pane. Quando ne avevo raccolte parecchie<br />

scrivevo i loro nomi e le osservavo; grazie alla mia preziosa lente di ingrandimento ho scoperto che<br />

hanno occhi e denti aguzzi come quelli di Dracula…<br />

…Certe volte mostro la mia collezione a Giacomo che sviene dalla fifa!<br />

Ora non posso continuare per tre motivi:<br />

1. il mio cane le mangiava<br />

2. qualche volta ci entravano in casa<br />

3. era faticoso prenderle<br />

Mi dispiace non continuare, mi piaceva tanto! Mi piaceva osservare come vivevano, come si<br />

adattavano ad ambienti diversi, mi piaceva prendermene cura e sentirne il possesso. Mi piaceva<br />

analizzarle, prendere appunti sul loro comportamento, per poi spiegare a mia sorella come vivono<br />

queste simpatiche creature e volevo perfino registrarmi su cassetta come nel tg e venderla<br />

diventando una giornalista famosa. (Giulia S.)<br />

Fin da piccola ho incominciato a collezionare gli oggetti. Prima con i miei pupazzetti e pian piano,<br />

crescendo, ho cambiato i miei gusti e ho collezionato nuovi oggetti. Colleziono giochi da quando ero<br />

piccola perché per me dentro c’è un momento della mia vita… (Roberta)<br />

…Una collezione può donare tanta allegria. Quando vado al mare mi diverto molto nel raccogliere<br />

tanti tipi di sassi e di conchiglie; poi, quando torno a casa, dispongo per bene il tutto e lo classifico<br />

per tipo e per colore. Certe volte non trovo niente di bello, perché il mare è stato mosso e a me non<br />

resta altro che un mucchio di sabbia…<br />

16 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 17 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

…collezionare mi piace molto per tantissimi motivi, soprattutto perché mi aiuta a conoscere<br />

l’ambiente ammirando la natura e perché mi piace essere in possesso di quei coloratissimi sassolini<br />

o di quelle magiche conchiglie… (Federica U.)<br />

…Tutti i miei bollini li metto in un’agenda della nonna, dove li incollo catalogandoli per il grado di<br />

bellezza e a seconda di dove li ho presi e da quale frutto. Non faccio molta fatica a raccoglierli perché<br />

le mie nonne prendono solo frutta con i bollini, ma siccome il papà la prende senza, quando vado al<br />

supermercato ne rubo alcuni senza farmi vedere…<br />

…quando trovo un bollino che piace alla mamma o sul quale posso discutere con mio fratello sono<br />

felice, ma soprattutto orgogliosa <strong>dei</strong> miei tondini appiccicosi… (Margherita)<br />

…è bello prendere una conchiglia, osservarla e dire: “Mi ricordo di quel posto!” (Chiara)<br />

Io raccolgo sassi molto belli perché mi piacciono e non voglio che le cose belle vengano abbandonate<br />

e non utilizzate. Quindi io le tengo e vedo cose mai viste, come dell’argento, guardandole penso ai<br />

momenti belli trascorsi in Marocco… (Kamel)<br />

…Al mare ho trovato un sasso a forma di scarpetta di topolino: sotto è nera e sopra è bianca, nel<br />

buchino nera. Le mie conchiglie e i miei sassi li metto in una cestina di vimini e in una scatola a<br />

forma di stella e mi piace tanto sistemarle…<br />

…non mostro a nessuno le mie conchiglie e i miei sassi perché a me piacciono troppo e non voglio<br />

che nessuno me li rompa. (Federica O.)<br />

A me piace collezionare perché così tengo vivo il ricordo di cose passate.<br />

Io colleziono monete che si usavano qualche anno fa e si chiamavano lire…<br />

…quando mostrerò la mia collezione a scuola mi vergognerò perché ho paura che non piaccia,<br />

oppure perché troveranno buffo il mio lavoro. Comunque è bello fare una collezione di oggetti, magari<br />

un po’ curiosi e un po’ strani, l’importante è non collezionare brutti voti! (Giulia T.)<br />

I bambini sono<br />

<strong>collezionisti</strong><br />

innati: raccolgono<br />

tantissimi oggetti…


È stato curioso<br />

scoprire i motivi<br />

della loro ricerca:<br />

progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />

- perché sono oggetti belli<br />

- per conoscere meglio gli oggetti raccolti<br />

- per imitare i compagni<br />

- per prendermi cura di qualcosa<br />

- per sentire il possesso di qualcosa<br />

- per mostrare le mie cose agli altri<br />

- per stupire gli altri<br />

- per non buttare via cose belle<br />

- per giocare<br />

- per crearmi uno spazio tutto mio, che nessuno può invadere<br />

- per tenere vivo il ricordo di cose passate…<br />

È stato interessante scoprire che il Intervista alla zia Elvira<br />

collezionismo affascina anche gli adulti. “Cosa collezioni, zia?”<br />

Ce ne siamo accorti raccogliendo in classe “Colleziono bustine e zollette di zucchero, ne ho tantissime sai, e<br />

numerosissime interviste effettuate in provengono da tutte le parti del mondo!”<br />

famiglia e tra conoscenti.<br />

“Me le descrivi?”<br />

“Ma certo! Le bustine sono di forma rettangolare e contengono zucchero<br />

semolato, mentre le zollette sono formate da zucchero compresso”<br />

“Ora per favore mi puoi descrivere la zolletta più bella?”<br />

“Beh… la mia zolletta più bella l’ ho presa a Parigi, in un bar di lusso.<br />

È incartata in una carta a fiori rosa, gialli e rossi ed è di zucchero di canna.<br />

È bella perché la parte dello zucchero di canna è lo sfondo dell’ immagine della torre Eiffel, che<br />

invece è di zucchero semolato.”<br />

“E la bustina più bella com’ è?”<br />

“ La più bella, che è anche la più strana, ha l’ immagine di un cavallo imbizzarrito sopra ad una<br />

collina. L’ immagine è circondata da una grechina color arancio.<br />

Sotto c’ è una scritta color verde scuro.”<br />

“Perché collezioni?”<br />

“Colleziono zollette perché mi ricordano persone e momenti belli della mia vita mentre colleziono<br />

bustine di zucchero perché mi diverte ordinarle a seconda di dove le ho prese e mi piace farle vedere<br />

a chi mi viene a trovare. Sai, ne ho quasi 650!”<br />

“Complimenti”.<br />

Intervista alla nonna Maurizia<br />

“Cosa collezioni in questo periodo, nonna?”<br />

“Io ho collezionato e colleziono ancora tutt’ oggi piccole scatolette di ogni forma e materiale”.<br />

“Mi descrivi, per favore, la tua collezione?”<br />

“Ne ho alcune di legno e molte di metallo, alcune di madreperla e altre di alabastro”.<br />

“Com’ è la più bella, nonna?”<br />

“La più bella è di madreperla ed ha la lamina talmente leggera che è quasi trasparente. Ha la forma<br />

di un parallelepipedo e gli spigoli sono di un sottile filo metallico dorato.”<br />

“Dove l’ hai comprata, nonna?”<br />

“L’ ho comprata i un negozietto di Volterra per metterci dentro una piccola collanina di perle”.<br />

“Dove la tieni, la tua collezione?”<br />

“La mia collezione la tengo in bellavista su un tavolino di legno, in modo che tutti la possano vedere”.<br />

“Perché collezioni?”<br />

“ Colleziono perché ognuna di loro mi ricorda un viaggio che ho fatto e la città dove le ho comprate”.<br />

Il mio papà colleziona modellini di aerei e navi che costruisce e colora lui e anche piccoli strumenti<br />

musicali provenienti da ogni parte del mondo. Gli aerei sono riprodotti fedelmente anche nei più<br />

piccoli particolari, le navi sono riproduzioni di famosi battelli.<br />

Gli strumenti li sa suonare tutti. (Matteo)<br />

18 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 19 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

È incredibile scoprire quante cose colleziona la gente:<br />

francobolli, soprammobili, animaletti in cristallo, statuette di animali, di angioletti, oggetti africani,<br />

vaschette di schiuma da barba, quadri, monete, banconote, cartoline, bustine di zucchero, scatolette,<br />

ricette, fiori secchi, foto, foto antiche, libri, modellini aerei, presepi, chiavi, macchinette del caffè,<br />

accendini, foulard, strumenti musicali, minerali, fibbie, dischi in vinile, cd di musica classica,<br />

matite, penne stilografiche antiche, portachiavi, fumetti, riviste di moda, di vela…, campanelle,<br />

campanacci, servizi da tè, orologi, orologi da taschino, ghiande, collane, mazzi di carte, diapositive,<br />

candele profumate, spolette di fili colorati, pentole, oggetti tecnologici,lattine colorate, ciucci, selle da<br />

cavallo…<br />

Dalle ricerche <strong>dei</strong> bambini è risultato che:<br />

un inglese possiede 1125 Barbie, un nonnino di 70 anni possiede ben 900<br />

gnomi, un americano 4580 termometri per misurare la febbre, un tedesco<br />

ha raccolto 9450 vasi da notte, un uomo sfortunatissimo in carcere fin dal<br />

1977 ha raccolto 72 mila quadrifogli e c’è chi si è procurato le bacchette da<br />

batterista appartenute a innumerevoli musicisti; c’è chi raccoglie fazzoletti<br />

di carta, bastoncini del ghiacciolo, cerotti e perfino chi colleziona mutande<br />

(pulite)!<br />

COLLEZIONISTI CELEBRI<br />

L’interesse per i <strong>collezionisti</strong> ha condotto i ragazzi a cercare quali fossero i <strong>collezionisti</strong> più celebri<br />

del nostro territorio, scoprendo che essi erano stati importanti per la cultura bresciana: molti di loro<br />

avevano donato gli oggetti raccolti alla cittadinanza.<br />

Uno <strong>dei</strong> più celebri fu d’Annunzio: la sua collezione divenne, per l’insieme e la stravaganza, una vera<br />

e propria opera d’arte, che stupisce per la preziosità dell’invenzione e della forma, non tanto per il<br />

valore del singolo oggetto.<br />

Il personaggio, eccentrico e unico, ha affascinato l’intera classe.<br />

Anche il Conte Tosio, collezionista di quadri <strong>dei</strong> più importanti artisti bresciani, ha interessato i<br />

bambini, che hanno potuto godere di una visita presso la Pinacoteca.<br />

Infine Querini, il Cardinale, Vescovo di Brescia, che, donando la sua eccezionale collezione di libri, ha<br />

fondato la più antica ed illustre biblioteca pubblica della città: la Queriniana.<br />

Le notizie sul suo conto sono riportate solo in enormi e complessi volumi o in articoli giornalistici o su<br />

brani tratti da internet, sempre per adulti. Per questo, dopo aver stabilito insieme che cosa era utile<br />

sapere, abbiamo svolto in classe un attento lavoro di ricerca mirata. Ogni ragazzo ha ricevuto alcuni<br />

brani tratti a caso dai testi. Dopo una prima lettura gli alunni dovevano capire se erano in possesso<br />

della notizia “giusta”, che l’insegnante man mano chiedeva. Il tutto è stato sintetizzato e poi trascritto<br />

in forma semplice e chiara.<br />

Abbiamo valutato attentamente le<br />

motivazioni che spingono gli adulti a<br />

collezionare. Anche se esse sembravano<br />

serissime, i ragazzi pensano che nascondano<br />

comunque una certa voglia di giocare,<br />

proprio come la loro.<br />

Convinti di ciò, hanno cominciato a cercare<br />

quali fossero le più stravaganti collezioni al<br />

mondo, appartenute a personaggi importanti<br />

o rappresentanti veri e propri primati.


progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />

Ecco il prodotto della ricerca:<br />

IL CARDINALE ANGELO MARIA QUERINI<br />

Angelo Maria Querini nacque a Venezia nel 1680 in una<br />

famiglia fortunata: il padre era procuratore e il fratello<br />

maggiore era sicuramente generoso; lo accompagnò<br />

infatti a studiare in varie città d’Italia, tra cui anche la<br />

nostra Brescia, esattamente nel collegio <strong>dei</strong> nobili di S.<br />

Antonio.<br />

Da studente Angelo Maria doveva essere un vero<br />

secchione, infatti era particolarmente interessato alle<br />

lingue classiche, come il latino e il greco, ma studiava<br />

volentieri anche l’italiano e la matematica.<br />

A Pisa si laureò in Diritto Canonico, cioè della Chiesa.<br />

Dopo la laurea intraprese un lungo viaggio, che durò<br />

tre anni, su e giù per l’Europa, come erano soliti fare i<br />

“rampolli benestanti”. Attraversò la Francia, la Germania,<br />

l’Inghilterra, il Belgio e l’Olanda e strinse amicizia con molti studiosi colti, come Voltaire e Federico II di<br />

Prussia, con i quali ebbe per molti anni scambi di lettere.<br />

Da quanto abbiamo capito, per lui il viaggio non fu una lunga vacanza, ma davvero una<br />

continuazione degli studi, perché confrontò il suo sapere con quello di altri “cervelloni” come lui.<br />

Venne chiamato da molte Università europee ad esprimere le proprie opinioni e tenere conferenze,<br />

contribuendo di fatto ad avvicinare la religione Cattolica a quella Protestante, che aveva incontrato in<br />

Germania, dove si era particolarmente diffusa.<br />

Rientrato in Italia venne nominato Abate Generale dell’Ordine Benedettino, di cui studiò le radici storiche.<br />

Si recò poi a Corfù, dove ricevette la cattedra episcopale.<br />

Ma a Corfù, isola della Grecia, probabilmente fu mandato perchè gli fosse impedito di pubblicare notizie<br />

storiche scomode sulla storia del paese di Comacchio. Insomma, tutto il suo sapere cominciava a dare<br />

fastidio a qualcuno…<br />

Nel 1727 fu nominato vescovo di Brescia.<br />

Anche da noi Angelo Maria Querini manifestò un carattere energico, un’intelligenza vivace e coltivò il suo<br />

interesse per la letteratura, la storia, la filosofia e la teologia.<br />

Ma soprattutto si appassionò all’archeologia raccogliendo anche molti reperti e gettando le basi del<br />

nostro Museo di S. Giulia.<br />

Spesso si oppose al Papa per il suo carattere polemico, ad esempio quando voleva conservare alcune<br />

feste di precetto che invece il Papa voleva abolire… avete capito bene? Voleva mantenere più feste<br />

possibile! Simpatico, vero?<br />

Altro motivo per il quale questo intelligentone ci è simpatico: fu un grande collezionista, proprio come noi<br />

bambini. È vero, lui collezionava, si dice, per amore della cultura, ma secondo noi chi colleziona ama un<br />

po’ giocare…<br />

Querini raccolse e catalogò monete, medaglie, oggetti archeologici, copertine particolari, stampe,<br />

incisioni raffinatissime, miniature, stemmi, lettere (circa 7000), che riceveva dai molti uomini colti con i<br />

quali si confrontava e, soprattutto, libri.<br />

Acquistò oggetti preziosi come il Dittico Queriniano.<br />

Si tratta di un raffinatissimo bassorilievo in avorio che<br />

raffigurava scene mitologiche.<br />

Probabilmente all’inizio era il coperchio di un cofanetto<br />

“amatorio”. Che significa? Era una di quelle scatole (o<br />

meglio scrigni) nelle quali le donne conservavano i loro<br />

anellini e gli altri piccoli gioielli, o le lettere degli innamorati;<br />

ma venne poi utilizzato come copertina di un libro.<br />

Il Dittico fu oggetto di contrasto con altri studiosi come<br />

Scipione Maffei, il quale negava che il reperto fosse<br />

20 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 21 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

autentico e prezioso. Tra Querini e Maffei ci fu uno scambio di lettere avvelenate, senza arrivare ad<br />

una soluzione, finché Bartoli, un altro illustre studioso, diede ragione a Querini affermando che il<br />

Dittico era autentico e di inestimabile valore. Ma allora entrambi i contendenti erano già morti e per il<br />

nostro Vescovo era troppo tardi per gioire…<br />

Oggi il Dittico Queriniano è esposto nelle sale del Museo di Santa Giulia, dove potete vedere anche un altro<br />

Dittico posseduto in passato da Querini: è il Dittico <strong>dei</strong> Lampadi, dove si vede un antico console romano<br />

che, su una tribuna, dà l’avvio ai giochi.<br />

Sotto ci sono quadrighe di cavalli che corrono intorno a un obelisco, la loro meta.<br />

Come abbiamo detto, le collezioni di Querini, che secondo noi lo avranno divertito ed appassionato,<br />

avevano uno scopo profondamente culturale di ricerca storica ed artistica, ma dovevano anche servire a<br />

rendere onore alla città di Brescia e a chi aveva contribuito a raccogliere tali oggetti preziosi.<br />

È comprensibile, del resto anche noi siamo orgogliosi delle nostre piccole collezioni!<br />

Ma vediamo cosa fece Querini per la nostra città: innanzitutto si prese cura della costruzione<br />

del Duomo Nuovo, poi del Collegio Vescovile di S. Eustacchio e della chiesa e monastero delle<br />

monache Salesiane di Darfo. Ma soprattutto rese Brescia uno <strong>dei</strong> centri culturali più attivi in<br />

Italia. In quel periodo la città venne chiamata “Repubblica <strong>dei</strong> letterati”. Fu l’unico momento in cui<br />

Brescia fu paragonabile ad una corte.<br />

Querini curò la formazione morale, culturale e intellettuale del clero, così come <strong>dei</strong> cittadini di Brescia.<br />

La sua opera più importante, infatti, fu la Biblioteca Queriniana, inizialmente destinata alla Chiesa,<br />

ma poi donata alla città.<br />

Essa nasceva come un’iniziativa modernissima: doveva essere un<br />

luogo di cultura per tutti i bresciani, la “casa della cultura”, e doveva<br />

essere al tempo stesso una casa e un museo.<br />

Infatti essa divenne un centro culturale, un luogo di incontro, di dibattito<br />

e di confronto.<br />

I primissimi libri raccolti e recuperati da Querini provenivano da una sua<br />

vecchia donazione, poco valorizzata, che aveva fatto al Vaticano. Deve<br />

aver pensato: “Mettete i miei libri in uno sgabuzzino? all’umidità e alla<br />

polvere? Allora me li riprendo, vedrete che i bresciani ne saranno ben<br />

contenti!”… Ve l’avevamo detto che aveva un bel caratterino!<br />

Al ritorno i ragazzi hanno prodotto con facilità<br />

la seguente relazione:<br />

VISITA ALLA QUERINIANA<br />

Il lavoro di ricerca ha avuto una<br />

continuazione molto piacevole: la visita<br />

alla Biblioteca della città, da tutti sentita<br />

nominare, ma da nessuno visitata.<br />

La visita ha avuto una guida d’eccezione,<br />

il signor Ferraglio, il responsabile della<br />

Queriniana, ed è stata documentata da<br />

fotografie e riprese.<br />

L’ingresso attuale della biblioteca Queriniana, in via Mazzini, è una<br />

stretta porticina indegna di un edificio di tale importanza.<br />

Infatti non è altro che l’entrata secondaria del palazzo vescovile.<br />

Un tempo, per accedere alla biblioteca, si passava proprio dalle<br />

sontuose stanze del palazzo. Così aveva voluto il Cardinal Querini<br />

quando donò alla città di Brescia la sua immensa raccolta di libri.<br />

Come abbiamo detto, il cardinale li aveva raccolti non solo per la<br />

sua passione culturale, ma anche per collezione: amava i libri per<br />

come erano fatti, decorati, rilegati, arricchiti.<br />

In essi era raccolta la storia, il pensiero, l’eccellenza preziosa di<br />

un’intera società.<br />

In quel periodo storico, nobili ed<br />

ecclesiastici come Querini presero l’abitudine di far studiare i reperti<br />

delle loro collezioni, far pubblicare dotti cataloghi, perché si rendevano<br />

conto di possedere oggetti preziosissimi, di cui si doveva tramandare<br />

la memoria e il cui possesso aumentava il loro prestigio.


progetto 1 Io sono un collezionista progetto 1 Io sono un collezionista<br />

Gli oggetti di valore entrarono poi nei musei o nelle raccolte private.<br />

Solo nell’epoca moderna il collezionismo diventa un fenomeno alla portata di tutti, e si allarga<br />

anche ad oggetti d’uso comune, che rappresentano il modo di vivere di un’epoca, i gesti e le<br />

cose legate alla vita di tutti i giorni. Allora era una passione solo per chi poteva permettersela!<br />

Nell’atrio della biblioteca, la vita del cardinal Querini ci viene raccontata attraverso alcuni<br />

antichi affreschi che lui stesso volle, realizzati a sue spese da illustri pittori del tempo. Essi<br />

rappresentano la storia ed i progetti del cardinale.<br />

Nella sala principale ci sono circa 10.000 libri.<br />

La maggior parte <strong>dei</strong> testi della Queriniana non sono visibili al pubblico, in particolare i<br />

manoscritti antichi.<br />

Questi libri, molto preziosi, risalenti al 1500, hanno un valore inestimabile e sono conservati in<br />

una camera blindata: soltanto tre persone hanno le chiavi.<br />

Possono essere visionati solo con permessi particolari.<br />

Ogni libro conservato nella biblioteca deve essere rispettato: se un lettore lo rovina deve<br />

sostituirlo con una copia o ripagarlo.<br />

In caso contrario l’incauto lettore viene denunciato all’autorità per danni al patrimonio pubblico.<br />

Nella grande sala talvolta vengono organizzate mostre tematiche di libri antichi, che vengono<br />

esposti in teche di cristallo.<br />

Nella biblioteca ci si sente immersi in un mare di carta rilegata: tutte le pareti sono rivestite da<br />

enormi volumi.<br />

Negli spazi al centro della sala ci sono lunghi tavoli con<br />

lampade per la consultazione.<br />

Guardando verso l’alto ti senti girare la testa e ti auguri che<br />

non ti cada nulla addosso.<br />

Gli scaffali, fino ad altezza d’uomo, hanno davanti una grata<br />

affinché gli utenti non possano prelevare volumi da soli.<br />

Ogni testo ha sul dorso un’etichetta per la catalogazione ed<br />

occupa un posto preciso.<br />

Solo i vocabolari ed i dizionari sono disposti sui tavoli alla<br />

portata di tutti.<br />

Se vi chiedete come sia possibile trovare il libro che cercate,<br />

potete utilizzare i cataloghi o i computers disposti nella sala<br />

dedicata alla ricerca, oppure chiedere l’aiuto del personale<br />

addetto.<br />

L’impresa altrimenti sarebbe impossibile in quel mare di libri!<br />

Pensate che l’uno in fila all’altro formano una catena lunga<br />

67 chilometri!<br />

Le tre sale visitabili sono attigue, con il soffitto affrescato, dal<br />

sapore nobile ed antico.<br />

I testi antichi della Queriniana sono circa 300.000.<br />

Per antichi si intendono i volumi stampati prima del 1830,<br />

così come ha voluto una convenzione mondiale.<br />

Il libro più antico risale alla fine del quinto secolo.<br />

Per conservare questo patrimonio, possono essere prestati solo i libri moderni, stampati dopo il<br />

1850.<br />

Chiunque può riceverli in prestito. Basta richiedere una tessera gratuita che vale sia alla<br />

Queriniana che nelle biblioteche delle Circoscrizioni.<br />

I libri possono essere trattenuti per un mese, ma il prestito si può rinnovare.<br />

I libri non presenti nella Queriniana possono essere rintracciati presso altre biblioteche, con un<br />

prestito interbibliotecario, in quanto tutte le biblioteche della città sono collegate tra loro.<br />

Alcuni libri antichi sono davvero affascinanti: sono grossi volumi dalla copertina in legno, talvolta<br />

22 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 23 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

decorata con borchie o fascette in bronzo che, oltre a rendere<br />

bello e prezioso l’oggetto, avevano la funzione di proteggere il libro<br />

quando veniva appoggiato.<br />

Le pagine sono in pergamena, cioè in pelle di pecora conciata ed<br />

essicata.<br />

Per realizzare un libro venivano utilizzate anche cento pecore: un<br />

gregge intero!<br />

Da ogni animale si ricavavano al massimo sei pagine.<br />

Ogni pagina veniva scritta e decorata a mano da un amanuense<br />

(che nel medioevo era un monaco), con una piuma d’oca o un<br />

bastoncino appuntito intinto nell’inchiostro.<br />

L’inchiostro era ricavato dalla fuliggine, se nero, o da bacche se<br />

colorato.<br />

La penna (così ancor oggi si chiama) veniva spiumata e tagliata<br />

sopra e sotto: in questo modo l’inchiostro entrava nella sua cavità<br />

ed usciva a poco a poco.<br />

Molti monaci trascorrevano tutta la vita a scrivere ed a decorare, chinati su grandi banchi<br />

inclinati di legno, simili a quelli utilizzati nelle vecchie scuole.<br />

Era meglio usare penna e calamaio, sporcandosi d’inchiostro le mani, piuttosto che stare tutto il<br />

giorno ad usare la zappa nei campi!<br />

Oggi la Queriniana è la biblioteca più importante della provincia di Brescia, un luogo carico di<br />

storia e di cultura.<br />

Essa favorì la formazione di uomini dalla cultura diversa e universale, che sapevano di teologia,<br />

storia, geografia, matematica, architettura, arte, medicina, e naturalmente di letteratura e di<br />

diritto.<br />

Il Cardinal Querini, con la sua grande passione per la cultura e per il collezionismo, ha lasciato<br />

un segno indelebile nella nostra città e sicuramente anche per noi, che ci siamo appassionati<br />

studiando la sua biografia e le sue importanti opere.<br />

CONCLUSIONE<br />

Il nostro lavoro si è dimostrato significativo: anche<br />

chi inizialmente non era attratto dal nostro Cardinale<br />

si è lasciato coinvolgere dall’attività di gruppo e si è<br />

mostrato orgoglioso di conoscere le realtà artistiche e<br />

culturali così vicine a noi bresciani.<br />

L’invito della Dottoressa Morandini, curatrice delle<br />

raccolte museali di Santa Giulia, dalla quale avevamo<br />

ricevuto utili informazioni soprattutto sui Dittici di<br />

Querini, era quello di preparare una guida per altri<br />

ragazzi: la proposta è stata accolta con l’entusiasmo che ha<br />

sempre contraddistinto il nostro gruppo.<br />

Così le relazioni prodotte sono diventate un “file audio” da<br />

ascoltare su mp3 direttamente in Queriniana e adatte a ragazzi<br />

di 8/13 anni, in visita scolastica.<br />

È stata prodotta anche una presentazione in “Power point”, con<br />

testi e fotografie, affinché il lavoro venisse usufruito anche da<br />

chi non poteva venire in biblioteca.<br />

Costruire percorsi <strong>didattici</strong> per altri ragazzi è stato un’occasione<br />

utile a responsabilizzare i bambini e a farne cittadini attivi e<br />

consapevoli <strong>dei</strong> beni culturali appartenenti alla propria città.<br />

Ciò basta per poterla giudicare un’esperienza davvero preziosa.


Chi e dove Scuola Secondaria di Primo Grado Lana Fermi - Brescia<br />

Classi coinvolte Classe II E , III E , III N ,<br />

Docenti referenti Iolanda Piantoni e Dora Tartaglia<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini:<br />

un percorso nella Brescia<br />

del Settecento<br />

Parlano gli insegnanti<br />

Abbiamo accettato con interesse di coinvolgere i nostri alunni in un progetto centrato sulla figura del cardinale Angelo Maria<br />

Querini, vescovo a Brescia nella prima metà del Settecento. È un esponente importante dell’Illuminismo europeo, ma poco<br />

familiare agli alunni della Scuola Media.<br />

Contemporaneamente lo studio di questo personaggio ci ha permesso di continuare il lavoro di ricerca sul territorio:<br />

la nostra scuola, infatti, ha da tempo posto l’attenzione sul Patrimonio Culturale come momento importante della<br />

nostra azione educativa.<br />

In un curricolo verticale la scuola media svolge un suo ruolo particolare: se le elementari devono muovere dalla curiosità,<br />

dall’interesse e dalla motivazione, a noi si chiede di focalizzare l’oggetto della ricerca inserendolo nel suo contesto e precisando<br />

la dimensione storica, poichè siamo consapevoli che un lavoro specialistico centrato, per esempio, sull’analisi stilistica del<br />

dittico Queriniano per noi è ambiziosa e sicuramente è più adatta al lavoro della scuola superiore.<br />

Il compito nostro e degli alunni è stato quello di avvicinare un personaggio della storia locale – salvo poi scoprire che era<br />

conosciutissimo in tutta Europa- e farci condurre da lui alla scoperta della società bresciana del Settecento.<br />

Ultima riflessione didattica: quando si lavora ad un progetto che sembra discostarsi dal curricolo tradizionale, si cerca<br />

di ritagliare nell’orario disciplinare uno spazio, quasi si trattasse di compiere una pur interessante deviazione dal nostro<br />

programma scolastico.<br />

Si tratta in realtà di assolvere in modo più puntuale ad un impegno che la nostra scuola ha da tempo assunto nel suo POF,<br />

(Piano dell’Offerta Formativa) da quando ha inserito un’attività definita Metodo di studio. Quale occasione migliore di lavorare<br />

con immagini e documenti di vario tipo, di coniugare il lavoro in classe con le uscite sul territorio, di potenziare la comprensione<br />

del testo insieme alla capacità di osservazione? Perchè cercare in modo talvolta faticoso i famosi collegamenti tra le discipline<br />

quando la Città è di per sè interdisciplinare?<br />

Prima di presentare il prodotto del nostro lavoro, quindi, raccontiamo qui in modo discorsivo il percorso che abbiamo seguito.<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

24 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 25 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Siamo partiti da una tabella che documenta la composizione della popolazione bresciana nell’età<br />

del Cardinale. Era l’anno successivo alla sua morte, è vero, ma rimane uno spaccato non solo della<br />

società dell’epoca, ma anche della sua percezione da parte <strong>dei</strong> contemporanei.<br />

Numerose le attività proponibili agli alunni:<br />

• Collocare le diverse parrocchie sulla pianta della città attuale<br />

• Collocare le parrocchie all’interno delle “quadre” dell’epoca, individuando in quali zone<br />

prevalga l’insediamento artigiano e popolare, in quali invece è rilevante l’insediamento<br />

nobiliare; tentare di spiegare queste caratteristiche con la storia cittadina e i successivi<br />

ampliamenti della città dal vecchio nucleo romano ai successivi ampliamenti medioevali<br />

• Osservare il rapporto abitanti e servi, all’interno <strong>dei</strong> diversi gruppi sociali<br />

• Riflettere sull’importanza <strong>dei</strong> registri parrocchiali e sulla funzione delle visite pastorali <strong>dei</strong><br />

Vescovi, ecc.<br />

Ecco chi abitava Brescia; ma dove vivevano? Abbiamo scelto di utilizzare una pianta della città<br />

dell’epoca, tratta dal volume “Thesaurus antiquitatum et Historiarum Italiae”, stampato a Leida nel<br />

1722.


Piazza della Loggia,<br />

la villa di S.<br />

Eustacchio, il<br />

collegio vescovile,<br />

Piazza del mercato<br />

del Lino nel progetto<br />

queriniano<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Anche qui le attività sono numerose:<br />

• Ritrovare, oltre alle parrocchie elencate nella tabella, le porte e le piazze principali,<br />

soprattutto quelle illustrate dalle incisioni che prenderemo in considerazione più avanti<br />

• Colorare in modo diverso le case a schiera del popolo, i palazzi a corte <strong>dei</strong> nobili, le<br />

proprietà sacre delle chiese e <strong>dei</strong> conventi<br />

• Collegare la loro collocazione sul territorio cittadino con le caratteristiche della sua<br />

evoluzione urbanistica (per esempio, l’alta densità di conventi nell’ultima addizione<br />

medioevale, frutto anche della spianata di borghi e conventi suburbani realizzata da<br />

Venezia per motivi militari)<br />

• Riflettere sull’ampiezza della proprietà fondiaria <strong>dei</strong> Signori laici ed ecclesiastici all’interno<br />

del territorio cittadino,ecc.<br />

Abbiamo sentito poi il bisogno di guardare la città un po’ più da vicino. Come “zoomare” su vie, case<br />

e piazze? Ci è venuta in aiuto un’ incisione di notevoli dimensioni, che sotto una veduta generale<br />

della città allinea immagini di piazze e di luoghi significativi. La dedica, accanto allo stemma, è rivolta<br />

al cardinal Querini dal suo segretario Sambuca ed ha quindi, nella sua contemporaneità al periodo<br />

studiato, un notevole valore documentario.<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

26 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 27 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Osserviamo alcune piazze settecentesche: sono poi così cambiate negli ultimi 250 anni?<br />

Ci siamo così accorti di una cosa: le piazze, con i loro edifici, le loro<br />

fontane,costituiscono la scena, quasi teatrale, in cui si muovono<br />

figurine piccole ma facilmente riconoscibili.<br />

Ecco il nobile elegante... e la dama con la rosa<br />

al posto del ventaglio<br />

ma anche il “portarolo” e la lavandaia<br />

Nelle case a schiera gli “artefici” sono al lavoro.<br />

Chi non può lavorare è autorizzato a questuare, come lo<br />

sciancato che sta attraversando piazza della Loggia. Sarà<br />

davvero un “povero honesto” o sarà piuttosto un “vagabondo”<br />

da allontanare perchè portatore di disordine?


progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Ci ricordano qualcosa? Ma certo: anche chi non ha visitato recentemente la Pinacoteca Tosio-<br />

Martinengo ha visto la riproduzione di un quadro di Ceruti, detto il Pitocchetto. Ci ripromettiamo di<br />

condurre o ricondurre i nostri alunni alla Pinacoteca, per osservare con maggior attenzione questi<br />

personaggi che animavano la vita quotidiana della città tra Seicento e Settecento.<br />

Se per osservare le immagini abbiamo un poco trascurato il testo scritto, il testo saggistico rimane<br />

ancora uno <strong>dei</strong> mezzi più chiari e ricchi di informazioni per rispondere alla domanda: Come vivevano i<br />

Signori? E i Pitocchi?<br />

Per rispondere alla prima domanda abbiamo proposto alla classe un testo di R. Boschi: “Città e<br />

architettura a Brescia nel XVIII secolo”, tratto dagli atti del iv seminario <strong>dei</strong> beni culturali, tenuto a<br />

Brescia nel 1981.<br />

La scelta didattica, seguita sempre in queste attività, prevede che il testo venga proposto ridotto nelle<br />

dimensioni ma non modificato nel linguaggio. Le difficoltà di comprensione vengono superate non<br />

attraverso una parafrasi banalizzante, ma attraverso la strutturazione di domande di comprensione<br />

che portino l’alunno a possedere, accanto a informazioni nuove, anche l’abitudine ad un linguaggio<br />

più appropriato e specialistico.<br />

Ecco quindi che cosa andremo a cercare per ricreare l’ambiente in cui visse il Cardinale: una città<br />

di provincia, ma ricca di piazze, di palazzi con i loro saloni affrescati e portali che aprono su giardini<br />

dall’effetto scenografico, di chiese dalle decorazioni fastose e dagli altari di colorati marmi pregiati.<br />

Accanto ai Signori vivevano, forse meno visibili, i borghesi che seguivano i loro affari, gli artigiani nelle<br />

loro botteghe, l’esercito meno fortunato <strong>dei</strong> lavoratori più umili e di coloro che nella tabella iniziale<br />

erano definiti “poveri”.<br />

In attesa di vederli da vicino nei dipinti del Ceruti, abbiamo cercato di capire chi fossero e come<br />

vivessero.<br />

Ci è stato molto utile far leggere il testo saggistico di R. Navarrini “Poveri e pitocchi: organizzazione<br />

e istituzioni benefico-assistenziali”, sempre ridotto ma non parafrasato, con la guida alla<br />

comprensione fornita da domande opportunamente strutturate.<br />

Accanto alla vita <strong>dei</strong> pitocchi abbiamo trovato le risposte della<br />

città in termini di assistenza, ma anche di repressione e all’interno<br />

della più generica definizione di “Pitocchi” ci siamo imbattuti<br />

nella distinzione tra “Vagabondi” e “poveri honesti”, che potevano<br />

mendicare perchè inabili al lavoro e dietro una certificazione del<br />

medico o del parroco.<br />

Fra i documenti che hanno incuriosito maggiormante gli alunni ci<br />

sono i Menu feriali e festivi della Casa di Dio, una delle principali<br />

istituzioni assistenziali cittadine, ma soprattutto un bando<br />

promulgato per risolvere il sentito problema della microcriminalità,<br />

diremmo con un termine attuale.<br />

Il testo è di facile lettura: minaccia gravi sanzioni e pene, ma la<br />

sua efficacia deve essere ridotta se ne abbiamo trovato altri simili,<br />

ripetuti a distanza di pochi anni.<br />

Eccoci quindi pronti ad affrontare una prima uscita sul territorio. Le<br />

case a schiera <strong>dei</strong> quartieri popolari sono già state osservate come<br />

caratteristica della città comunale, gli spazi commerciali della città<br />

veneta come una caratteristica originale della città rinascimentale.<br />

Occorre ora gettare uno sguardo sulle dimore <strong>dei</strong> Signori, sui palazzi<br />

e in quei “Palazzi <strong>dei</strong> poveri” che sono le chiese.<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

28 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 29 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Prima di uscire alcuni brevi testi hanno permesso di inquadrare il percorso e di fornire un’indicazione<br />

su ciò che andavamo a cercare. Tra questi un testo divulgativo appositamente preparato dagli<br />

insegnanti, riprodotto più avanti.<br />

Ecco dunque un percorso, uno <strong>dei</strong> tanti possibile, che occupa lo spazio di una mattinata di lezione<br />

sul territorio<br />

Al ritorno in classe un’attività di sistematizzazione di quanto visto, di riconoscimento di alcuni luoghi in<br />

immagini fornite dall’insegnante ci ha permesso di fissare il percorso fatto .<br />

Abbiamo collegato le immagini ai luoghi visitati<br />

A) Convento di S. Chiara<br />

B) Palazzo Uggeri, con lo scenografico giardino pensile<br />

1) Chiesa di S. Faustino<br />

2) Convento di S. Chiara,<br />

oggi sede univetsitaria<br />

3) Palazzo Fenaroli<br />

4) Palazzo Terzi-Lana<br />

5) Chiesa delle Grazie<br />

6) Palazzo Bargnani<br />

7) Palazzo Martinengo<br />

della Mottella<br />

8) Palazzo Uggeri<br />

9) Palazzo Ferraroli<br />

10) Palazzo Soncini<br />

11) Palazzo Martinengo<br />

Palatini<br />

12) Biblioteca Queriniana<br />

e Palazzo vescovile<br />

13) Palazzo Beretta<br />

14) palazzo Soardi<br />

15) Palazzo Cigola<br />

A) Piazza del mercato<br />

del Lino<br />

B) Piazzetta del<br />

Gambero<br />

C) Piazza della Loggia<br />

D) Piazza del Duomo<br />

E) Piazzetta Vescovado<br />

F) Piazza Tebaldo<br />

Brusato


progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

C) Chiesa delle Grazie<br />

D) Palazzo Terzi Lana<br />

E) La fontana di Palazzo Fenaroli<br />

F) Palazzo Soncini<br />

G) Il portale di P. Martinengo della Mottella<br />

H) Palazzo Soardi<br />

I) Palazzo Ferraroli<br />

L) Chiesa della Grazie<br />

H) Palazzo Cigola<br />

N) Palazzo Martinengo Palatini<br />

30 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 31 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


Dopo aver riletto<br />

il testo sui palazzi<br />

nobiliari, abbiamo<br />

proposto le<br />

immagini di alcune<br />

parti del palazzo.<br />

Informazioni tratte, tra l’altro, da:<br />

Conferenza di Maurizio Mondini,<br />

dal ciclo Brescia La forma<br />

della città, organizzato dalla IX<br />

circoscrizione;<br />

G.P.Treccani Particolarità<br />

e caratteristiche della<br />

produzione di residenza<br />

nobiliare, dagli Atti del IV<br />

seminario sulla didattica <strong>dei</strong> beni<br />

culturali.<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

I PALAZZI NOBILIARI<br />

Come per le chiese, anche per i palazzi il gusto barocco tardò ad affermarsi in campo architettonico,<br />

per imporsi invece nella ricca decorazione degli interni. Come caratteristiche tipiche del XVII secolo<br />

possiamo notare i portali a bugnato semplice o prospettico, i caratteristici balconi dalle ringhiere<br />

in ferro battuto “inginocchiate” (bombate) ed i mensoloni sottogronda, che rispetto al secolo<br />

precedente acquistano una maggiore rotondità e sono più riccamente ornati. Il Settecento vede un<br />

grande fervore edilizio nell’edificazione o nell’ampliamento ed abbellimento del palazzo; attraverso<br />

la propria abitazione, infatti, la nobiltà intende affermare il prestigio del casato e testimoniare<br />

attraverso l’imponenza e la magnificenza della costruzione l’importanza, la ricchezza, il decoro e<br />

l’autorità raggiunta dalla famiglia.<br />

Il palazzo del Settecento raccorda in sé tre mondi, come ben fa notare Gian Paolo Treccani: il mondo<br />

privato dell’abitazione, il mondo pubblico con i suoi caratteristici ambienti di rappresentanza per le<br />

occasioni mondane ed il mondo naturale del giardino e del paesaggio, così ricco di significati per<br />

la cultura barocca. Una delle caratteristiche delle dimore cittadine sorte in questo secolo è infatti<br />

il desiderio di applicare nell’ambito urbano modalità tipiche della villa di campagna, nonostante la<br />

limitatezza dello spazio disponibile in città. Il giardino è separato talvolta dal cortile da cancellate<br />

e balaustre, è arricchito con fontane e statue, diventa lo sfondo di effetti scenografici che hanno<br />

lo scopo di ingannare l’occhio per dilatare lo spazio, in analogia con gli affreschi degli interni<br />

che abbiamo già osservato in precedenza. Gli spazi verdi, solitamente bea visibili dai portali o<br />

dalle cancellate, si collocano talvolta all’esterno del palazzo, portando nelle strade della città una<br />

nota di originalità, come nei palazzi Scardi in Via Trieste e Ferraroli in Contrada S. Croce. Anche il<br />

palazzo Martinengo di Villagana aveva un giardino esterno, ora scomparso, abbellito da fontane<br />

monumentali.<br />

L’effetto scenografico non si instaurava solo nel rapporto palazzo-giardino, ma anche tra palazzo<br />

e città. Ripensiamo a palazzo Soardi, come appare al passante per Via Trieste: il bellissimo portale<br />

fa da cornice ad una lunga prospettiva, che attraversa l’androne il cortile ed il ricco colonnato per<br />

1) Decorazione “trompe-l’oeil”<br />

2) Salone<br />

3) Scalone<br />

4) Androne<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

32 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 33 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

raggiungere il giardino ricco di specie arboree e di un laghetto. Sul fronte opposto un cono<br />

prospettico di eccezionale effetto prende avvio da Via Cattaneo e attraversa il giardino, il<br />

colonnato, il cortile, l’androne, un tratto di Via Trieste e termina sulla famosa statua del Nettuno,<br />

posta in un giardinetto innanzi all’ingresso principale.<br />

Di grande effetto anche la soluzione di palazzo Uggeri, edificato tra il 1750 ed il 1760<br />

da Antonio Marchetti di fronte alla chiesa della Pace, che sfrutta il terrapieno delle mura<br />

medioevali per la creazione di ambientazioni paesaggistiche all’interno del palazzo stesso.<br />

La pianta <strong>dei</strong> palazzi presenta generalmente tre ali, che formano una U e racchiudono<br />

all’interno cortile e giardino; talvolta la forma è ad L, e solo in pochi casi utilizza lo schema di<br />

pianta tipico dell’hotel francese, in cui la court d’honneur si trova al centro dell’edificio e le due<br />

ali avanzanti, spesso raccordate da una cancellata, costituiscono il fronte strada, e permettono<br />

ai cittadini, attraverso la trasparenza del ricco cancello, di godere lo spettacolo dell’arrivo della<br />

carrozza.<br />

All’ interno si realizzano grandiosi vani di rappresentanza: con maggiori dimensioni<br />

rispetto al secolo precedente, al salone ed alla galleria si aggiunsero lo scalone e l’atrio<br />

porticato, oltre ad una serie di sale e salotti variamente utilizzati, collegati tra loro in modo<br />

diretto, sul modello dell’enfilade del chateau francese. Sempre su modello francese fanno la<br />

loro comparsa nuovi locali, come la salle de concerts, particolarmente diffusa nelle dimore<br />

nobiliari bresciane, insieme alla sontuosità degli arredi ed alla singolare bellezza e ricercatezza<br />

<strong>dei</strong> trompe-l’oeil.<br />

Mentre cosi cresce il numero delle sale per ricevere, per le feste e la rappresentanza,gli spazi<br />

dedicati alla residenza si ritirano progressivamente negli appartamenti più piccoli e comodi<br />

(ed in inverno più caldi), situati nelle ali del palazzo. Diviene consuetudine sempre più diffusa<br />

collocare gli spazi “pubblici “ nella parte dell’edificio che si affaccia sulla strada e la residenza<br />

per la vita “privata” nei corpi di fabbrica interni al palazzo, a più stretto contatto con l’ambiente<br />

naturale del giardino.<br />

5) Trionfo barocco<br />

6) Portico<br />

7) Portale<br />

8) Cancellata barocca


progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Abbiamo quindi lo scenario: è ora di far entrare in campo il protagonista. Si poteva partire<br />

direttamente della mostra in Santa Giulia, abbiamo preferito posticipare la visita e cercare di mettere<br />

a fuoco la figura.<br />

Come? Con un insieme di collage di informazioni tratte da testi e da immagini, con le notizie sulla<br />

vita e le opere intervallate da immagini del cardinale, che viene rappresentato senza economia da<br />

dipinti e incisioni, sculture e monete. Ci è apparso alla fine familiare quel caratteristico sorriso appena<br />

accennato ma così ricorrente, insieme all’abbigliamento caratterizzato in ogni circostanza dalla<br />

mozzetta, che abbiamo scoperto essere la mantella tipica dell’ordine monastico a cui apparteneva il<br />

Cardinale.<br />

Le informazioni sono molte: come sintetizzarle, scegliendo le più significative?<br />

Abbiamo scelto un modo forse inconsueto: la compilazione di un Curriculum vitae, quasi il nostro<br />

dovesse sintetizzare i punti qualificanti della sua vita alla ricerca di un lavoro.<br />

FORMATO EUROPEO PER IL CURRICULUM VITAE<br />

Informazioni personali<br />

Nome Querini Stampalia Gerolamo, detto Angelo Maria<br />

Indirizzo Dal 1728 al 1755 Palazzo vescovile di Brescia<br />

Telefono ---<br />

Fax ---<br />

E-mail Amiamo utilizzare nella comunicazione lo strumento epistolare tradizionale<br />

Nazionalità Veneziana (Serenissima Repubblica di Venezia)<br />

Data di nascita 30 marzo 1680<br />

Esperienza lavorativa<br />

• Date (da – a) e esperienze lavorative<br />

1706 Insegnante di greco presso convento benedettino di Cesena<br />

1721-1723 Abate della Badia benedettina di Firenze<br />

1723-1725 Arcivescovo di Corfù<br />

1727-1755 Vescovo di Brescia<br />

1730-1755 Bibliotecario della Biblioteca Vaticana<br />

Istruzione e formazione<br />

• Date (da – a)<br />

• Nome e tipo di istituto di istruzione o formazione<br />

1687-1695 Collegio <strong>dei</strong> nobili di S. Antonio BRESCIA: studi di Umanità e Rettorica<br />

(lingue classiche latina e greca, scienze esatte, storia e geografia, lingue orientali e moderne)<br />

1696-1698 Badia benedettina FIRENZE: studi religiosi (letteratura, filosofia teologia)<br />

1702 Università PISA: laurea in Teologia e Diritto Canonico<br />

1710-1714 viaggi di studio in Europa<br />

Capacità e competenze personali<br />

Acquisite nel corso della vita e della carriera ma non necessariamente riconosciute da certificati e diplomi ufficiali.<br />

Madrelingua Veneziano e Italiano<br />

Altre lingue LATINO<br />

• Capacità di lettura Ottima<br />

• Capacità di scrittura Ottima<br />

• Capacità di espressione orale Ottima<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

La seconda uscita sul territorio ci ha portato più vicini al cuore della ricerca.<br />

Una visita alla Pinacoteca, la possibilità offertaci dalla proprietaria di<br />

ammirare l’altrimenti chiuso al pubblico scalone di Palazzo Uggeri Fenaroli<br />

con uno <strong>dei</strong> più monumentali scaloni barocchi (l’anno prossimo andremo a<br />

visitare Palazzo Soncini) hanno fatto da introduzione alla visita alla Mostra<br />

in Santa Giulia, seguita da un tragitto nei Luoghi queriniani che, passando<br />

da Piazzetta Vescovado (come è rimasta sostanzialmente simile negli ultimi<br />

trecento anni!) davanti al Palazzo dove abitano i vescovi della diocesi, dopo<br />

un giro d’esplorazione intorno e dentro alla Cattedrale nuova fortemente<br />

“sponsorizzata” da Angelo Maria Querini, si è conclusa alla Biblioteca<br />

Queriniana, con la guida del Direttore della Biblioteca Dottor Ferraglio.<br />

GRECO E LINGUE ORIENTALI<br />

• Capacità di lettura Ottima<br />

• Capacità di scrittura Ottima<br />

• Capacità di espressione orale Ottima<br />

FRANCESE E TEDESCO<br />

• Capacità di lettura Ottima<br />

• Capacità di scrittura Ottima<br />

• Capacità di espressione orale Ottima<br />

34 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 35 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Capacità e competenze relazionali<br />

Vivere e lavorare con altre persone, in ambiente multiculturale, occupando posti in cui la comunicazione è<br />

importante e in situazioni in cui è essenziale lavorare in squadra (ad es. cultura e sport), ecc.<br />

Abbiamo sempre intrattenuto rapporti con uomini di cultura e principi, ricevendo pubbliche lodi e riconoscimenti:<br />

non abbiamo mostrato di discriminare le persone in base alla loro religione, ma ci siamo adoperati per il dialogo<br />

con i protestanti.<br />

Testimonianza della nostra popolarità è l’essere noi il personaggio italiano della sua epoca più citato dopo L. A.<br />

Muratori.<br />

Iniziato in sordina il nostro periodo di episcopato a Brescia, abbiamo conquistato il favore <strong>dei</strong> religiosi, degli<br />

uomini colti e della gente comune, giunta in massa per le nostre esequie.<br />

Abbiamo costruito e dotato una biblioteca pubblica, donata alla città.<br />

Capacità e competenze organizzative<br />

Ad es. coordinamento e amministrazione di persone e progetti; sul posto di lavoro 0ad es. cultura e sport), a<br />

casa, ecc.<br />

Abbiamo mostrato capacità organizzative nel reggere le due diocesi a noi affidate.<br />

In particolare a Brescia abbiamo saputo dare un impulso decisivo per la costruzione della Cattedrale, che si<br />

trascinava da più di un secolo. Abbiamo a questo scopo saputo reperire e gestire le risorse necessarie.<br />

Abbiamo favorito il sorgere o la ristrutturazione di 108 edifici sacri.<br />

Abbiamo riorganizzato e curato la preparazione <strong>dei</strong> futuri sacerdoti, occupandoci del lato dottrinale e delle<br />

esigenze pratiche di chi non poteva permettersi di pagare la permanenza in città di tasca propria.<br />

Abbiamo istituito la tipografia vescovile, favorendo così la stampa e la diffusione delle opere nostre e altrui<br />

Capacità e competenze tecniche<br />

Con computer, attrezzature specifiche, etc.<br />

Pur non possedendo personalmente competenze di tipo tecnico, dati gli studi fatti e il ceto sociale, abbiamo<br />

saputo scegliere validi collaboratori e efficienti lavoratori per le nostre numerosissime iniziative (Costruzione di<br />

edifici sacri, pubblicazione di libri, conio di monete, incisione di “rami “, ecc.).<br />

Capacità e competenze artistiche<br />

Musica, scrittura, disegno ecc.<br />

Abbiamo recitato con grazia e disinvoltura nello spettacolo “La giornata del diporto festeggiata dalle ninfe della<br />

Garza” messo in scena nel teatro del collegio <strong>dei</strong> nobili di S. Antonio a Brescia.<br />

In seguito abbiamo mostrato di eccellere nello scrivere, abilità riconosciutaci dai più illustri uomini di cultura<br />

settecenteschi e testimoniata dagli innumerevoli libri pubblicati.<br />

Angelo Maria Querini, Cardinale di S. Marco


progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Due ore in mezzo ai libri del fondo antico, con gli studi sui dittici in bella mostra, ci hanno<br />

permesso di capire meglio il significato e l’importanza per il Cardinale e per tanti studiosi <strong>dei</strong><br />

Dittici, degli oggetti e <strong>dei</strong> libri che il Vescovo volle, anche contro la volontà del suo successore,<br />

lasciare alla “sua” città e al pubblico di chi volesse studiarli e studiare.<br />

Le sale della biblioteca, mentre il dottor Ferraglio parlava e rispondeva alle domande <strong>dei</strong><br />

ragazzi, si sono animate: uomini colti che consultavano i preziosi volumi, componenti<br />

delle Accademie presenti in città che si riunivano e, tra una dotta discussione e l’altra,<br />

sorbivano cioccolato e caffè, mangiando biscotti gentilmente offerti – e pagati – dalla<br />

pubblica biblioteca. Intanto è stato possibile non solo vederli, ma anche toccarli, questi libri<br />

dall’aspetto, oltre che dal contenuto prezioso e inusuale<br />

Tutte queste attività sono state seguite dagli alunni che prendevano appunti con uno scopo:<br />

come trasmetterle a compagni coetanei e più giovani che non possono ripercorrere tutte le fasi<br />

del lavoro?<br />

Ci siamo posti inoltre un’ altra domanda. Se il lavoro di ricerca sulla società settecentesca e<br />

sulla figura del nostro Cardinale era stato svolto con una classe terza, destinata a lasciare la<br />

nostra scuola alla fine dell’anno scolastico, come non disperdere i frutti, anche se modesti,<br />

del loro impegno?<br />

Abbiamo quindi, nel corso dell’anno, associato nelle uscite sul territorio i ragazzi di una<br />

seconda media, abbiamo trovato spazio per riunioni periodiche comuni, ma soprattutto<br />

abbiamo lavorato tutti insieme per la scelta, la preparazione e la realizzazione delle schede e<br />

<strong>dei</strong> giochi <strong>didattici</strong>, nostro prodotto finale.<br />

Contemporaneamente abbiamo individuato per il prossimo anno alcune nuove classi seconde<br />

desiserose di partecipare e portare avanti il progetto e già quest’anno con una prima media<br />

abbiamo organizzato momenti di studio in classe e uscite sul territorio.<br />

Ecco dunque alcuni nostri prodotti: il primo gioco è centrato sulle collezioni del<br />

Cardinale<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Il secondo utilizza il classico schema del gioco dell’oca, integrato da una serie di<br />

domande a scelta multipla sulla società, la vita e sulle opere e collezioni del cardinal<br />

Querini.<br />

36 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 37 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Rimane ora da portare a termine un altro compito importante: preparare i percorsi e le guide<br />

per gli alunni in visita alla nostra città:<br />

Dato che un percorso esclusivamente settecentesco è proponibile solo ad alunni di seconda<br />

e terza media, è necessario integrare l’offerta con collegamenti che rispondano sia all’età<br />

e alle conoscenze <strong>dei</strong> giovani visitatori, sia alle attese di chi viene – forse per la prima volta<br />

– nella nostra città.<br />

<strong>Vie</strong>ne proposta per gli alunni delle elementari e della prima media “La stagione romana”.<br />

Non solo appartengono a questo periodo i Dittici donati dal Cardinale alla città, ma è<br />

indubbio il suo interesse per le testimonianze del passato che lo portò a donare il suo<br />

contributo al museo lapidario romano voluto da S. Maffei. Il percorso integrato città-museo<br />

partirà da S. Giulia con il laboratorio “Lo scavo archeologico”, la visita alle Domus e alle<br />

varie sezioni romane e proseguirà in città con un itinerario che può essere personalizzato e<br />

che porterà a sviluppare i concetti di stratificazione archeologica, reimpiego <strong>dei</strong> materiali e<br />

musealizzazione.<br />

Le domande sono<br />

riprodotte alla fine.


progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Anche per questo percorso è stata approntato quest’anno, con gli alunni della classe 1 a L un<br />

gioco dell’oca su Brescia romana, con domande sulla storia, sulla città e sul museo.<br />

Per gli alunni di seconda media, che partiranno nella loro visita sempre dal nostro cardinal<br />

Querini, è stato individuato un collegamento con “la stagione veneta: Brescia, città d’arte e,<br />

d’armi (senza dimenticare i commerci)”. Per questo percorso è stato prevista una visita sia al<br />

Museo di S.Giulia che alla Pinacoteca, come pure la partecipazione al laboratorio di tecniche<br />

pittoriche.<br />

Anche per questo percorso è utilizzabile un gioco dell’oca che ha per protagonista il Castello<br />

di Brescia, con la sua storia da Roma ai giorni nostri.<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

Parlano gli alunni<br />

Le nuove conoscenze<br />

Il Cardinale è una figura complessa: per<br />

organizzare una semplice presentazione<br />

della sua personalità e del suo ruolo nella<br />

vita del Settecento italiano (e non solo)<br />

abbiamo scelto di osservarlo da tre punti<br />

di vista diversi.<br />

38 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 39 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ANGELO MARIA QUERINI, PATRIZIO VENETO<br />

Gerolamo nasce dalla nobile famiglia veneziana <strong>dei</strong> Querini, ramo Stampalia: la sua famiglia è una delle<br />

più importanti della Repubblica Anche se non ha dato alla Serenissima nessun doge, può vantare numerosi<br />

Procuratori di S. Marco, capitani della flotta, vescovi, ambasciatori, rettori di varie città.<br />

Studia nel collegio <strong>dei</strong> nobili di Brescia, retto dai Gesuiti, all’epoca gli educatori delle classi dirigenti: forse per<br />

questo i familiari non vedono di buon occhio la scelta del giovane Querini di non farsi gesuita, ma di entrare<br />

nell’ordine benedettino.<br />

Prima di iniziare la sua vita adulta, come i nobili della sua epoca, compie un ampio e lungo “Grand Tour” in<br />

Europa. Entra in contatto con personalità culturali e religiose grazie ai suoi studi e<br />

alla sua cultura, ma i contatti con tanti uomini illustri non sarebbero possibili per chi<br />

non appartiene al mondo <strong>dei</strong> Signori. Durante gli studi in Toscana frequenta la corte<br />

<strong>dei</strong> Medici, per tutta la vita intrattiene relazioni con intellettuali e principi, affronta<br />

delicate questioni diplomatiche (come la contesa tra Venezia e gli Asburgo per il<br />

patriarcato di Aquileia) agendo per incarico di Venezia a fianco degli ambasciatori<br />

ufficiali. Nella discussione con Ludovico Antonio Muratori sulla diminuzione delle<br />

feste di precetto, mostra di essere un difensore delle ragioni spirituali e teologiche<br />

(difende a spada tratta i 120 giorni festivi all’anno) mostrando forse di non<br />

comprendere appieno i problemi economici e sociali degli strati più umili della<br />

popolazione. Un altro episodio significativo può essere ritenuto l’invito rivolto,<br />

oltre alle autorità, ai soli nobili per presenziare ad una prima inaugurazione della<br />

Cattedrale, con una messa pontificale solenne e con musica: la preoccupazione è<br />

che i nobili possano trovare posto ed essere “alquanto agiati” nel presenziare alla<br />

fastosa cerimonia, e forse non prevede il desiderio del popolo di essere presente, a<br />

costo di far pressione sulle guardie che presidiano l’ingresso.<br />

Non c’è dubbio che il Cardinale sia sollecito in opere di carità verso i più poveri,<br />

ma non dimentica mai il suo rango anche quando si reca in visita pastorale alle<br />

parrocchie della diocesi. È sempre accompagnato da una piccola corte: il segretario<br />

personale ed il cancelliere vescovile, ma anche il cerimoniere, camerieri, cocchieri<br />

ed altre persone di servizio.<br />

Del patrizio ha le doti migliori, la liberalità ed il mecenatismo, ma anche l’attenzione<br />

alla sua immagine pubblica, tramandata da numerosi ritratti e sculture, incisioni e<br />

monete.<br />

L’imponente catafalco del<br />

Cardinale eretto nella “sua”<br />

Cattedrale<br />

Alla sua morte il testamento distribuisce cospicui beni, tra cui 500.000 zecchini: lasciti generosi vanno<br />

alla Congrega della Carità apostolica, la sua argenteria alla Fabbrica della Cattedrale nuova, libri e codici<br />

numerosissimi e preziosi alla Biblioteca.<br />

Il catafalco eretto per il funerale rispecchia la sua posizione di nobile e di principe della chiesa. Le esequie , per<br />

ordine delle autorità bresciane, sono per pubblico decreto organizzate con grande pompa e l’elogio funebre viene<br />

tenuto dal conte Durante Duranti, cavaliere <strong>dei</strong> santi Maurizio e Lazzaro, rivestito delle insegne del suo grado.


ANGELO MARIA QUERINI, MONACO BENEDETTINO<br />

Se l’ufficialità <strong>dei</strong> ritratti e <strong>dei</strong> quadri, <strong>dei</strong> busti di marmo e delle incisioni ci hanno rivelato un religioso molto consapevole<br />

del suo ruolo di principe della Chiesa, sarebbe però sbagliato attribuire<br />

al cardinal Querini un carattere superbo e un atteggiamento mondano che non gli sono propri.<br />

Già a sedici anni ha le idee chiare: nonostante i contrasti con la famiglia, vuole entrare nell’ordine benedettino e non<br />

diventare gesuita. La scelta del nome, che associa alla vergine madre di Gesù quella di un “puro spirito”, secondo la<br />

dottrina cattolica, indica una scelta di vita improntata alla purezza. In ogni ritratto o immagine, d’altra parte, A. M. Querini<br />

si fa ritrarre con l’abito del monaco benedettino.<br />

In tutta la sua vita prevalgono sicuramente gli interessi religiosi rispetto a quelli diplomatici e mondani: la sua amicizia con<br />

il re di Prussia ha come scopo sempre perseguito quello della conversione <strong>dei</strong> Protestanti alla vera religione; nella sua<br />

lunga permanenza a Brescia come vescovo è costante la preoccupazione pastorale di favorire una preparazione adeguata<br />

del clero che vive a contatto con la gente. Vuole assicurarsi che, accanto ad una sincera vocazione, i futuri sacerdoti<br />

abbiano la cultura necessaria e la possibilità economica di procurarsela. In una delle numerose incisioni che celebrano<br />

le opere del Cardinale, occupa il primo posto la villa di S. Eustacchio, che doveva essere trasformata in Collegio vescovile<br />

per ospitare seminaristi e garantire al clero una formazione permanente. Con il suo incoraggiamento sorgono seminari<br />

minori periferici a Lovere, Montichiari e Salò e per suo diretto intervento i Camaldolesi della Vangadizza aprono un piccolo<br />

seminario per accogliere i chierici delle tredici parrocchie da loro dipendenti.<br />

La figura cui il vescovo si ispira è S. Carlo Borromeo, che ha saputo porre accanto alla nobiltà di nascita la nobiltà di<br />

un’azione tutta volta alla cura del popolo cristiano.<br />

La sua opposizione alla riduzione delle 120 feste di precetto può essere vista come mancanza di sensibilità verso le<br />

esigenze economiche <strong>dei</strong> più umili: L. A. Muratori ricorda che troppi giorni di riposo obbligato rende scarso il pasto<br />

sulle mense <strong>dei</strong> poveri. La posizione del Cardinale, però, non è frutto di insensibilità, ma della convinzione, come diceva<br />

S. Bernardo, che la solennità religiosa è mezzo di educazione cristiana per il popolo e dalla preoccupazione che non<br />

vengano cancellate soprattutto feste di radicata tradizione popolare.<br />

Personalmente A. M. Querini viveva in modo frugale: dormiva su un giaciglio duro, mangiava pane raffermo, faceva<br />

penitenza e non si circondava di agi e lussi.<br />

Alla sua morte buona parte delle sue ricchezze vengono lasciate alla Congrega apostolica, che si occupa di opere di carità<br />

verso i più bisognosi.<br />

Parlano gli alunni<br />

I NOSTRI COMMENTI…<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

“Siccome la storia non è fatta solo di teoria, dopo varie ricerche sui libri, abbiamo deciso di effettuare qualche uscita; così,<br />

gironzolando per Brescia e rovistando tra i libri della Biblioteca Queriniana, ci siamo fatti un’idea dello stile di vita del Cardinale<br />

Querini, ma soprattutto della società in cui è inserito.” BEATRICE BELLAVIA Classe III N<br />

“Ciò che mi ha interessato di più è stata la pittura del Pitocchetto, perché è riuscito a farmi capire come viveva la gente del<br />

popolo, dai bambini agli adulti, contrapponendovi i lussuosi ritratti nobiliari.” SARA CASCONE Classe III N<br />

“Nei ritratti il Cardinale era raffigurato soprattutto con il suo classico sorriso, che si può definire di benevolenza. Questo sorriso<br />

mi è rimasto impresso, perché mi comunica voglia di fare, di aiutare gli altri.” MARCO PALAZZOLO Classe III E<br />

“Ogni posto visitato è stato molto interessante, ma quello che mi ha particolarmente colpito è stata la Biblioteca Queriniana,<br />

perché lì ci hanno spiegato un sacco di cose sul 1700: in questi locali le persone si riunivano, leggevano ad alta voce e<br />

potevano bere il cioccolato e il caffè, che erano le bevande specifiche di quel secolo.” VIRGINIA BULAT Classe II E<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

40 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 41 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ANGELO MARIA QUERINI, MECENATE E COLLEZIONISTA<br />

Così viene ricordato il Cardinale: uomo di grande cultura, generoso mecenate e sensibile collezionista.<br />

Non abbiamo fatto fatica a ritrovare le opere che lui “sponsorizza”, poichè sono effigiate in numerose incisioni<br />

e ricordate dal conio di monete celebrative: la Cattedrale nuova e la Biblioteca Queriniana, il convento delle<br />

salesiane di Darfo e il seminario, la cattedrale di S. Edvige a Berlino e la tipografia vescovile...<br />

Meno facile è rispondere alle domande: Che collezionista era Querini? Che cosa collezionava?<br />

Non c’è dubbio che il principale oggetto delle sue cure di collezionista fossero i libri. Mentre è vescovo di Corfù<br />

cerca ed acquista codici rari e libri antichi che riporta a Roma come “prezioso fardello”. Lo stesso fa nei suoi<br />

lunghi ed ampi viaggi in Europa, che hanno uno scopo culturale e non certo di svago turistico. Questi testi<br />

costituiscono la base del “fondo antico” nella biblioteca che porta il suo nome. Il Cardinale scrive e pubblica<br />

personalmente, sollecita a scrivere. In Europa è conosciuto con il nomignolo (o, meglio, l’epiteto) di biblioteca<br />

ambulante, con riferimento alla sua ampia erudizione, ma anche per il suo amore per i libri.<br />

Nella sezione dedicata al suo collezionismo, accanto a elaborate incisioni ed alle già citate monete celebrative,<br />

occupano il posto centrale due dittici romani d’avorio. Proprio questi oggetti, studiati con competenza dai nostri<br />

compagni del liceo Arnaldo, ci indicano la ragione e lo scopo per i quali il Cardinale li ha acquistati. Non certo<br />

per investire bene il suo denaro e neppure per un desiderio di possesso o, principalmente, per l’ammirazione<br />

estetica verso queste pregiate opere artistiche. Desidera possedere il Dittico Queriniano soprattutto perchè<br />

era appartenuto a Pietro Barbo, grande umanista poi divenuto papa Paolo II, che il Cardinale ammirava e a<br />

cui si sentiva vicino per spirito ed interessi. Una volta acquistato, però, il manufatto non viene conservato “in<br />

cassaforte”, ma è collocato nella Biblioteca, oggetto di osservazione, di ricchi studi e di pubblicazioni da parte di<br />

numerosi studiosi: l’abbiamo visto infatti riprodotto e commentato in numerosi libri, durante la nostra visita alla<br />

Queriniana.<br />

La Biblioteca ci si è presentata, secondo le intenzioni del Cardinale, non solo come raccolta di libri, ma come<br />

centro di studi e come luogo di conservazione di oggetti preziosi con destinazione non privata ma pubblica: la<br />

Biblioteca come uno degli antenati del Museo della Città.<br />

“Mi ha colpito molto la biblioteca per i suoi ambienti caratteristici e antichi, anche l’atrio dai soffitti affrescati e decorato alle<br />

pareti con affreschi minuziosi che descrivevano la vita di Querini.” SARA BIANCHI Classe III E<br />

“È stato bello, in Biblioteca, toccare gli antichi scritti degli eruditi, ma soprattutto ricostruire l’identikit di un importante<br />

personaggio storico”. SIMONE MALGARI Classe III N<br />

“È importante far lavorare noi di seconda insieme agli alunni di terza media, che conoscono più cose sul Cardinale, perchè<br />

l’anno prossimo dobbiamo prendere il loro posto e trasmettere le conoscenze ai ragazzi più giovani di noi, come in una catena”.<br />

ELIA MANZITTO Classe II E<br />

“Mi ha stupito scoprire che il cardinal Querini, personaggio nobile e molto importante, conduceva una vita molto semplice,<br />

mangiava pane secco, ignorava i divertimenti e passava il suo tempo libero dagli impegni sempre a studiare e a scrivere”.<br />

MILVA DA ROCHA Classe II E


Alleghiamo le domande per il gioco dell’oca sul<br />

cardinal Querini<br />

LA VITA<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

8) Dove nasce il futuro cardinale?<br />

• A Brescia,dove il padre è Podestà della<br />

Repubblica veneta<br />

• A Venezia dalla nobile famiglia Querini-Stampalia<br />

• A Roma.Dove il padre è ambasciatore della<br />

Repubblica veneta<br />

10) Dove il giovane Girolamo Querini compie il<br />

primo ciclo di studi?<br />

• Presso il monastero benedettino di<br />

Montecassino<br />

• Presso il collegio <strong>dei</strong> nobili in S. Antonio a<br />

Brescia, retto dai Gesuiti<br />

• Presso i Gesuiti nella città di Padova,sede di<br />

una famosa università<br />

17) Dove completa la sua formazione scolastica e<br />

religiosa?<br />

• Alla Badia di Firenze, nell’Ordine Benedettino<br />

e presso l’università di Pisa, dove si laurea in<br />

teologia e diritto canonico<br />

• Presso l’Università di Padova,dove affianca alla<br />

filosofia e teologia studi storici e letterari<br />

• Presso la facoltà di teologia a Roma<br />

21) Che cosa fa Angelo Maria Querini, ormai<br />

monaco benedettino, prima prima di entrare<br />

definitivamente nella vita pubblica con incarichi di<br />

primo piano?<br />

• Si ritira in preghiera e meditazione presso<br />

l’eremo di Camaldoli<br />

• Trascorre un periodo con la famiglia nel palazzo<br />

avito di Venezia<br />

• Intraprende con il fratello Francesco una lunga<br />

serie di viaggi in Europa e viene in contatto con<br />

letterati e teologi, cardinali e principi, storici e<br />

scienziati<br />

32) Perchè è scelto dal Papa come arcivescovo di<br />

Corfù?<br />

• Perchè l’isola fa parte <strong>dei</strong> domini veneziani<br />

ed avrebbe accettato solo un nativo della città<br />

lagunare<br />

• Perchè il pontefice vuole allontanarlo da Roma,<br />

dove si è fatto alcuni nemici tra i nobili locali<br />

• Perchè A. M. Querini parla e scrive bene il greco,<br />

lingua ufficiale dell’isola<br />

37) Prima di giungere a Brescia come vescovo, A.<br />

M.Querini riceve una nomina prestigiosa: quale?<br />

• Diviene abate della Badia benedettina di Firenze<br />

• È nominato Cardinale di S. Marco<br />

• È nominato ambasciatore onorario della<br />

repubblica veneta e può risiedere a palazzo<br />

Venezia<br />

50) Il Cardinale non riserva le sue preoccupazioni<br />

pastorali esclusivamente alle diocesi nelle quali<br />

è vescovo. Qual è la speranza da lui sempre<br />

coltivata?<br />

• Il riscatto sociale delle classi più umili della<br />

popolazione<br />

• Una pace politica e religiosa duratura tra<br />

Europa cristiana ed Islam<br />

• La conversione <strong>dei</strong> protestanti alla Chiesa di<br />

Roma<br />

59) Il cardinale intrattiene frequenti e cordiali<br />

rapporti con un sovrano europeo: quale?<br />

• Con il re protestante Federico II di Prussia, che<br />

spera addirittura di convertire al Cattolicesimo<br />

• Con il re di Spagna,nazione cattolicissima<br />

• Con il cattolico re di Francia<br />

64) Quale giudizio dà del Cardinal Querini il famoso<br />

filosofo Voltaire?<br />

• Lo giudica bigotto e superstizioso<br />

• Lo stima a tal punto da dedicare “all’amico<br />

Querini” la sua tragedia Semiramide<br />

• Di fredda indifferenza,poichè appartengono a<br />

due mondi troppo lontani<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

73) Il Cardinale gode di abbondanti rendite<br />

ecclesiastiche e di beni personali: come vengono<br />

da lui utilizzati?<br />

• Tutto il denaro viene speso per la Biblioteca<br />

Queriniana<br />

• Sono divisi tra opere a vantaggio <strong>dei</strong> poveri, per<br />

la costruzione di edifici religiosi e per esaltare<br />

la Chiesa e il proprio ruolo<br />

• Furono utilizzate soprattutto per pagarsi i<br />

numerosi viaggi e i contatti con sovrani ed<br />

eruditi dell’epoca<br />

79) Come vive, in generale, la sua vita di monaco e<br />

di cardinale?<br />

• Come molti signori dell’epoca,trascorrendo la<br />

vita nel lusso e tra gli onori<br />

• Conduce una vita personale frugale e di<br />

penitenza<br />

• Trascorre le sue giornate in solitaria preghiera,<br />

evitando la vita sociale e le distrazioni<br />

84) Come muore, nel gennaio del 1755?<br />

• Improvvisamente, come conseguenza del freddo<br />

intenso, dopo una passeggiata in Castello<br />

• Travolto da un cavallo imbizzarrito,nel breve<br />

tragitto tra Vescovado e la Cattedrale<br />

• Dopo una lunga malattia,sopportata con<br />

cristiana rassegnazione<br />

87) Nel testamento del Cardinale, chi sono i<br />

principali eredi di beni, argenteria e libri?<br />

• La Congrega, la Fabbrica della Cattedrale e la<br />

biblioteca<br />

• I suoi parenti veneziani,in particolare il fratello<br />

Francesco<br />

• L’abbazia benedettina presso la quale aveva<br />

preso i voti<br />

42 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 43 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

LA SOCIETA’ E LA CITTA’<br />

2) Come è chiamata, da un cronista, Brescia agli<br />

inizi del Settecento?<br />

• Leonesse d’Italia<br />

• Sposa di Venezia (forse anche per il denaro che<br />

portava in dote)<br />

• Perla di San Marco<br />

27) Chi sono, in quest’epoca, i Signori?<br />

• Le persone il cui reddito annuo supera le mille<br />

lire di Francia<br />

• Coloro che appartengono al Primo o al Secondo<br />

Stato, cioe il Clero e la Nobiltà<br />

• Coloro che vivono in un palazzo e posseggono<br />

almeno una carrozza e quattro servitori<br />

5) Sul soffitto di un salone in Palazzo Ducale, a<br />

Venezia, è rappresentata Brescia: come?<br />

• Una fanciulla rivestita di fiori<br />

• Una donna che reca una cornucopia piena di<br />

spighe e di monete d’oro, in riferimento alle<br />

ricche tasse pagate<br />

• Una donna circondata da armi, per la fabbrica<br />

delle quali la città era famosa<br />

28) Chi sono, in quest’epoca, i Pitocchi?<br />

• Monetine di rame di poco valore,usate dal<br />

popolo per le spese quotidiane<br />

• Insetti molesti,parassiti diffusa tra i poveri per la<br />

scarsa igiene dell’epoca<br />

• I poveri, mendicanti e vagabondi e, in senso lato,<br />

lo strato più umile della popolazione<br />

16) Quale sorte ebbe il convento <strong>dei</strong> Gesuiti, presso<br />

il quale studiò il giovane Querini?<br />

• Abbattuto, lasciò il posto alla Cavallerizza, oggi<br />

sala-studio<br />

• Si è conservato fino ad oggi,diventando<br />

l’Istituto Arici<br />

• Espropriato da Napoleone,è sede del Consolato<br />

francese


progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

42) Perchè molti ecclesiastici “mugugnano”<br />

o persino protestano con il Cardinal Querini,<br />

vescovo di Brescia?<br />

• Perchè, per sostenere la Fabbrica del<br />

Duomo nuovo ed i lavori per altre chiese,<br />

impone tasse sui redditi <strong>dei</strong> benefici<br />

ecclesiastici<br />

• Perchè non trova il tempo per la visita<br />

pastorale alle parrocchie della provincia<br />

• Perchè vive tra i lussi e gli sprechi come i<br />

Signori della sua epoca<br />

53) Quali spese si trovano a bilancio nella gestione<br />

della Biblioteca Queriniana?<br />

• Spese per la rilegatura di testi danneggiati da<br />

vandali<br />

• Spese per biscotti, caffè e cioccolata, bevande<br />

diffuse nei salotti del Settecento<br />

• Spese per coperte di pelliccia (le alte sale erano<br />

fredde in inverno<br />

70) Quali caratteristice devono avere, per A. M.<br />

Querini, gli aspiranti al sacerdozio?<br />

• Avere una sincera vocazione ed essere ben<br />

preparati<br />

• Appartenere a famiglie agiate,che potessero<br />

pagar loro i lunghi studi nei convitti cittadini<br />

• Avere genitori molto religiosi e dalla vita<br />

irreprensibile<br />

LE OPERE E LE COLLEZIONI<br />

33) Durante la sua permanenza nell’isola come<br />

arcivescovo di Corfù, che cosa raccoglie e riporta a<br />

Roma, come “prezioso fardello”?<br />

• Preziose icone bizantine<br />

• Numerosi codici rari, che dona al pontefice<br />

• Reperti archeologici della civiltà greca antica<br />

46) Chi può assistere, nella Pasqua del 1737, ad<br />

una prima inaugurazione del Duomocon una<br />

solenne messa pontificale con musica?<br />

• Tutto il popolo bresciano<br />

• I sacerdoti ed i seminaristi di tutta la diocesi<br />

• Solo le autorità cittadine ed i nobili, perchè gli<br />

invitati possano “star alquanto agiati”<br />

38) Appena giunto a Brescia nel 1728 come<br />

vescovo, il cardinal Querini affronta il problema <strong>dei</strong><br />

lavori interrotti della Cattedrale: da quanto tempo<br />

era in funzione la Fabbrica del Duomo Nuovo?<br />

• Dagli inizi del Settecento<br />

• Da circa 70 anni<br />

• Dalla demolizione della cattedrale estiva di S.<br />

Pier de Dom, avvenuta agli inizi del Seicento<br />

52) Che cosa caratterizza la Biblioteca Queriniana,<br />

fatta costruire nel 1747, in area di proprietà<br />

vescovile?<br />

• Il fatto di essere pubblica e donata alla città di<br />

Brescia<br />

• Il fatto di essere aperta ai soli studiosi di testi<br />

sacri<br />

• Il fatto di essere la più ricca di volumi,dopo la<br />

Biblioteca Vaticana<br />

41) La costruzione della Cattedrale è onerosa: dove<br />

viene trovato da A. M. Querini il denaro necessario<br />

per riprendere i lavori?<br />

• Vengono imposte tasse straordinarie alla città<br />

• Dalle rendite vescovili, dalle entrate spettanti al<br />

Cardinale di S. Marco, dal patrimonio personale,<br />

oltre che dalle offerte <strong>dei</strong> fedeli<br />

• Riceve un grande contributo dal Papa<br />

Benedetto XIII<br />

progetto 2 <strong>Sulle</strong> orme del Cardinal Querini<br />

56) Quali volumi costituiscono la dotazione iniziale<br />

della Biblioteca Queriniana?<br />

• Testi acquistati appositamente dal Cardinale in<br />

molti paesi europei<br />

• Testi donati ed inviati a Brescia dai numerosi<br />

amici, filosofi e letterati, del cardinal Querini<br />

• Il fondo di libri già donati alla Biblioteca Vaticana<br />

e riscattati dal Cardinale con mille ducati<br />

60) Con la speranza di contribuire alla conversione<br />

<strong>dei</strong> protestanti, a quale opera il cardinale dedica<br />

tempo e denaro personale?<br />

• Alla costruzione di seminari cattolici nella<br />

Germania protestante<br />

• All’edificazione della cattedrale Cattolica di<br />

Berlino, dedicata a S. Edvige<br />

• All’invio ed al mantenimento di predicatori nella<br />

Germania protestante<br />

74) Quanti edifici sacri sono costruiti o rinnovati<br />

durante l’episcopato queriniano?<br />

• Pochi,perchè gli sforzi sono concentrati sul<br />

completamento del Duomo nuovo<br />

• Più di cento tra chiese parrocchiali, santuari e<br />

oratori<br />

• Sei chiese prestigiose,trale quali la Cattedrale e<br />

la Chiesa della Pace<br />

68) Nel 1749 Gian Battista Marchetti riceve<br />

l’incarico di ampliare la villa vescovile di S.<br />

Eustacchio: a quale scopo?<br />

• Come collegio ecclesiastico per i futuri sacerdoti<br />

e come centro di formazione permanente per il<br />

clero<br />

• Come villa estiva del Cardinale,data la sua<br />

collocazione in prossimità della città<br />

• Come centro di ritiri spirituali e meditazione per il<br />

clero cittadino<br />

44 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 45 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

77) Fra i preziosi cimeli donati alla Biblioteca ed<br />

alla città c’è la valva di un dittico d’avorio, detto<br />

<strong>dei</strong> Lampadi, ora conservato nel Museo della Città.<br />

Che cosa raffigura?<br />

• Scene di caccia e pesca<br />

• Il famoso filosofo Seneca,molto ammirato dal<br />

Cardinale<br />

• Una gara di quadrighe nel circo<br />

71) A chi è dedicata la nuova Cattedrale?<br />

• A San Pietro,come la cattedrale estiva demolita<br />

agli inizi del Seicento<br />

• A S.Apollonio,che convertì Faustino e Giovita,<br />

santi protettori della città<br />

• A Maria Assunta, la cui statua è posta sulla<br />

chiesa in posizione centrale<br />

83) Dove puoi trovare nella Biblioteca le immagini<br />

che illustrano la vita del cardinal Querini?<br />

• Nelle sale della Biblioteca stessa,affrescate sulle<br />

pareti<br />

• Solo nei libri sulla vita del Cardinale,conservati<br />

nel fondo antico<br />

• Sui muri all’ingresso attuale della Biblioteca,<br />

dove giunge lo scalone<br />

82) A causa di un altro dittico, quello detto<br />

Queriniano, acquistato e donato alla città dal<br />

Cardinale, si rompe la lunga amicizia con l’erudito<br />

Scipione Maffei: perchè?<br />

• Maffei voleva acquistarlo per il Museo lapidario<br />

di Verona<br />

• Maffei mette in dubbio la collocazione in età<br />

romana del dittico<br />

• Maffei si aspettava di riceverlo in dono dal<br />

Cardinale


Chi e dove Liceo classico Arnaldo - Brescia<br />

Classi coinvolte V ginnasio, corso E<br />

Docenti referenti Pierfabio Panazza<br />

Bettinelli Chiara, Cinquini Ketryn, Comini Beatrice, Conforti Francesca, Di Giacomo Sara, Dominici Maria Paola, Faccin Enrico, Feltri Ester, Gelonesi Laura,<br />

Giffoni Enzo, Granziero Silvia, Guerini Anna, Losio Andrea Giorgia, Maggini Emanuele, Masserdotti Anna, Mondini Valentina, Monzitta Elisa,<br />

Mordenti Silvia, Pancheri Vittoria, Petteni Davide, Piana Giulia, Rizzini Daniela, Spiazzi Anna, Stefani Elisa, Zani Paolo<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini<br />

collezionista di antichità<br />

PREMESSA<br />

La classe ha lavorato per gruppi omogenei, prendendo in considerazione la figura e<br />

l’opera del cardinale Angelo Maria Querini. L’approfondimento si è concentrato, da un lato,<br />

sull’interesse dell’alto prelato nei confronti della cultura letteraria e sulle sue raccolte librarie<br />

e, dall’altro, sulla collezione soprattutto di preziosi oggetti in avorio.<br />

Il testo che segue, frutto del lavoro in classe e di alcune visite effettuate presso il Museo<br />

della città in Santa Giulia, è derivato dall’ipertesto presentato con successo il 23 maggio<br />

2008 presso l’auditorium di Santa Giulia in occasione della esibizione in pubblico di tutti i<br />

lavori delle scuole che hanno aderito al progetto. Dalla presentazione in PowerPoint mostrata<br />

in quell’occasione sono stati estrapolati i testi e alcune delle immagini di accompagnamento:<br />

l’operazione, pur senza aggiungere e togliere nulla dall’impaginato elettronico, ha<br />

inevitabilmente ridotto l’impatto visivo e quello legato all’immediatezza informativa dovuta ad<br />

una nutrita serie di link che il supporto cartaceo non garantisce.<br />

Pagina iniziale<br />

dell’ipertesto prodotto<br />

dalla classe<br />

46 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 47 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

LA VITA<br />

Angelo Maria Querini nasce a Venezia il 20 marzo 1680 da<br />

Paolo Querini Stampalia e Cecilia Giustiniani; la sua è una delle<br />

famiglie più potenti del patriziato veneziano. Fin da giovanissimo<br />

il Querini manifesta una viva intelligenza, un carattere energico<br />

ed una spiccata inclinazione allo studio, in particolare nelle lingue<br />

classiche e nella matematica. Entra nel 1696 come alunno alla<br />

Badia di Firenze; nel 1702 si laurea in diritto canonico presso<br />

l’Università di Pisa e inizia un’intensa attività di ricercatore<br />

che lo porta a pronunciare, nel 1706 a Cesena, la dottissima<br />

dissertazione De Mosaicae historiae praestantia, che riscuote<br />

l’ammirazione ed il consenso non solo <strong>dei</strong> confratelli benedettini.<br />

Nel 1710 intraprende con il fratello Giovanni, un lungo viaggio per<br />

l’Europa. Ciò che lo spinge non è tanto il desiderio di compiere<br />

il “grand tour”, obbligatorio per i nobili dell’epoca, quanto la<br />

profonda sete di conoscenza ed il desiderio di confrontarsi con i<br />

letterati e gli eruditi europei. Il viaggio dura più di tre anni: Francia,<br />

Inghilterra, Belgio, Olanda. Rientrato in Italia ha l’incarico di<br />

riordinare i codici orientali della Biblioteca Vaticana.<br />

Nel frattempo inizia a studiare con attenzione la storia dell’Ordine<br />

Benedettino, con l’intenzione di pubblicare una grande opera<br />

di carattere storico. Il progetto si ferma alla sola dissertazione iniziale, stampata a Roma<br />

nel 1717, e non prosegue a causa della censura del S. Uffizio. In quello stesso anno viene<br />

nominato Consultore della Congregazione per l’esame <strong>dei</strong> libri liturgici greci e orientali.<br />

Nel 1721 l’elezione ad Abate Generale dell’Ordine Benedettino.<br />

Due anni più tardi giunge inaspettata la nomina alla cattedra episcopale di Corfù dove<br />

rimane fino al 1727. Nell’isola greca non tarda ad istituire ottimi rapporti con la comunità<br />

locale e gli Ortodossi, senza abbandonare gli studi. Con la nomina a cardinale, due nuovi<br />

incarichi: Consultore del Santo Uffizio e vescovo di Brescia. Il solenne ingresso nella diocesi<br />

lombarda avviene il 19 marzo 1728.<br />

Il presule inizia, fin dai primi giorni, ad attuare un programma pastorale intenso: incentiva<br />

la fabbrica del Duomo nuovo e di numerose chiese della diocesi, sostiene i conventi e le<br />

parrocchie, cura con grande attenzione la formazione morale ed intellettuale del clero.<br />

A Roma, tuttavia, non si vedevano di buon occhio i suoi rapporti con i Protestanti, filosofi ed<br />

eruditi. Fra i tanti: Federico II di Prussia, Voltaire, Reimar, Raverdy, Hundertmark, Mencken. Il<br />

mondo culturale tedesco aveva accolto il Querini con onore e lo aveva chiamato a far parte<br />

di numerose Accademie, fra le quali le più significative erano certamente quelle di Berlino, di<br />

<strong>Vie</strong>nna e di Olmütz.<br />

Nel 1723 ebbe anche la nomina di prefetto della Biblioteca Vaticana, alla quale fece dono di<br />

un ingente numero di volumi.<br />

Durante il suo episcopato Brescia diventa un centro culturale di incontro e di dibattito. Nel<br />

1731 è Prefetto della Biblioteca Vaticana fino alla morte avvenuta nel 1755. Quello che per<br />

i bresciani rappresenta il provvido pastore, per la Curia pontificia si rivela ben presto una<br />

spina nel fianco.<br />

Il carattere energico, spesso polemico, unito ad una volontà politica fuori dal comune, lo<br />

portato, in taluni casi, a porsi in contrasto con le direttive pontificie.<br />

QUERINI E BRESCIA<br />

Tra la seconda metà del ‘600 e la fine del ‘700, sull’onda illuministica di rinnovamento<br />

culturale, molte città italiane istituirono proprie biblioteche, fondandole ex novo o sviluppando<br />

nuclei preesistenti. I governi locali infatti erano inclini all’apertura di biblioteche nei centri<br />

urbani e attivi sul piano culturale per favorire l’accesso a una più ampia schiera di studiosi<br />

e non più quindi limitandolo agli specialisti. I centri della formazione intellettuale non sono<br />

Ritratto del card. Querini<br />

conservato nella Biblioteca<br />

Queriniana (prima del 1747)


Ritratto del card. Querini<br />

come bibliotecario conservato<br />

presso la Pinacoteca Tosio<br />

Martinengo (1740-45 ca.)<br />

La facciata verso il giardino<br />

della Biblioteca Queriniana<br />

con le sculture di Alessandro<br />

Callegari (1749)<br />

Salone di lettura della<br />

Biblioteca Queriniana con<br />

la volta dipinta da Antonio<br />

Tegazzi (1746)<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

tanto le università quanto le biblioteche e le Accademie.A Brescia<br />

erano presenti già tre biblioteche religiose, che fornivano il proprio<br />

materiale con qualche limitazione: la biblioteca del Collegio <strong>dei</strong><br />

Gesuiti di S.Antonio 1 , quella del Convento di S.Faustino e quella del<br />

Seminario Vescovile 3 . Il cardinale Angelo Maria Querini, anni prima<br />

di fondare la biblioteca che porta il suo nome, si era adoperato<br />

nell’evangelizzazione dell’Asia, intervenendo nell’apertura di una<br />

biblioteca nel Collegio Ecclesiastico di San Paolo a Goa 4 nelle Indie e<br />

nell’organizzazione di una fonderia specializzata in caratteri orientali<br />

e di una stamperia, strumenti indispensabili per la diffusione della<br />

cultura europea e per l’evangelizzazione missionaria in Oriente.<br />

L’idea di fondare una biblioteca a Brescia nacque quando il cardinale<br />

Querini divenne vescovo della città e prese forma man mano che<br />

egli riceveva in dono o acquistava volumi dai suoi sostenitori in Italia<br />

o all’estero (circa 1500 volumi facenti parte dalla sua collezione<br />

privata). Aveva infatti rapporti con gli eruditi italiani ed europei perché,<br />

oltre ad essere uomo di cultura, divenne l’esponente di spicco della<br />

“ragione” nel clero cattolico, dato che mirava al dialogo per avvicinare<br />

al cattolicesimo gli eretici (nei quali disse di trovare “un buon fondo<br />

che non saprei come chiamare, se sola umanità, oppure equità, ingenuità, docilità”) e i protestati.<br />

Il suo sogno era quello di convertire Federico II di Prussia. Tuttavia il papa Benedetto XIV 5 vietò<br />

a Querini di recarsi di persona a Berlino. A questo contrasto con la<br />

massima autorità della chiesa cattolica si aggiunse poi la nota disputa<br />

epistolare che ebbe con il cardinale Passionei 6 per la carica di Cardinale<br />

Bibliotecario della Biblioteca Vaticana 7 , che il Querini stesso ricopriva dal<br />

1730 con l’incarico di riordinare i codici orientali.<br />

Investito di questo ruolo il Querini frequentava dunque bibliofili e studiosi,<br />

tra cui i fondatori delle biblioteche di Firenze e Bergamo, e numerosi<br />

funzionari e personaggi di spicco di molte biblioteche tra cui l’Ambrosiana 8<br />

(al cui fondatore Federico Borromeo il vescovo di Brescia fu spesso<br />

paragonato), la Parmense 9 , l’Estense 10 e della Sapienza di Roma 11 . Fu lui<br />

stesso membro onorario di varie accademie linguistiche europee, oltre a<br />

quella della Crusca di Firenze 12 . I carteggi <strong>dei</strong> suoi corrispondenti mettono<br />

in luce una figura di uomo di cultura attivo e illuminato, ma soprattutto un<br />

pastore colto e attento allo sviluppo morale e intellettuale del suo clero e<br />

del popolo bresciano. Un carattere così energico e polemico, unito ad una<br />

volontà politica fuori dal comune, spinsero il cardinale a porsi spesso su<br />

posizioni di aperto contrasto con le direttive del resto del clero.<br />

Ostinata perseveranza caratterizzò le sue opere in fatto di culto,<br />

cultura e beneficenza: fu egli infatti a portare a termine il Duomo<br />

nuovo di Brescia (fatta eccezione per la cupola), la cui costruzione<br />

era stata interrotta un secolo prima; fece costruire la villa vescovile<br />

di S.Eustacchio che sarebbe diventata seminario di perfezionamento del clero bresciano,<br />

e dotò la Valle Camonica del Monastero delle Salesiane di Darfo, per l’educazione della<br />

gioventù femminile della zona; lasciò inoltre la Congrega Apostolica erede del suo patrimonio<br />

a beneficio <strong>dei</strong> poveri.<br />

Il cardinale intervenne anche nella costruzione di numerose chiese, avvalendosi dell’aiuto di<br />

quattro sacerdoti architetti, tra cui l’abate bergamasco Giambattista Marchetti, incaricato anche<br />

della progettazione della Biblioteca Queriniana. Il cardinale aveva ricevuto inoltre, attraverso<br />

l’istituto giuridico della commenda, il controllo amministrativo delle badie benedettine di<br />

Vangadizza nel Polesine 13 (1728) e di quella di Leno 14 nella pianura bresciana che tenne fino alla<br />

morte. Le forti rendite di queste due ricche Badie davano al cardinale munifico altri copiosi mezzi<br />

finanziari per continuare le innumerevoli imprese edilizie e culturali che il suo largo mecenatismo<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

48 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 49 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

andava ideando e promovendo, senza dimenticare le località e gli istituti dai quali traeva le rendite<br />

medesime. Il dicembre 1745, Querini scrisse la lettera pastorale in cui riassumeva i motivi della<br />

fondazione della Biblioteca, istituita sul modello di quella Vaticana. La lettera circolò in Italia e in<br />

Europa, e tutti gli altri prelati e uomini di cultura che la lessero lodarono Querini vedendolo come<br />

un uomo di cultura attivo e illuminato e pastore attento allo sviluppo culturale e morale del popolo.<br />

La Queriniana era infatti aperta a tutti e vi lavoravano, al fianco degli attenti bibliotecari, i più<br />

illustri rappresentanti di Brescia in ambito culturale. Per questi motivi l’istituzione della Biblioteca<br />

Quieriniana proiettava la città di Brescia su di una posizione privilegiata nell’ambito della cultura<br />

europea del Settecento.<br />

Querini si era preoccupato dell’originalità e dell’unicità delle opere della sua biblioteca,<br />

acquistando in blocco il fondo di Bibbie e l’intera biblioteca Ottoboniana e di codici medievali<br />

di biblioteche di altri cardinali. Col tempo il Comune di Brescia diede fiducia al suo progetto<br />

e ampliò la sede con nuovi locali. Per celebrare l’istituzione della Queriniana venne fatta<br />

una sorta di campagna pubblicitaria sui giornali e vennero diffuse stampe delle incisioni<br />

raffiguranti la facciata dell’edificio, la pianta e gli spaccati dell’interno, realizzate, fra gli<br />

altri, da Francesco Zucchi 15 , l’incisore preferito da Querini; furono anche coniate medaglie<br />

d’argento celebrative, realizzate in Germania. E proprio in Germania la notizia dell’apertura<br />

della Biblioteca Queriniana fu accolta con particolare entusiasmo, così come in Francia,<br />

dove fu diffusa nel 1748 dalla stampa periodica. L’eco della notizia giunse anche in Polonia,<br />

da dove il conte Zaluski fece sapere che avrebbe seguito l’esempio di Querini 16 . Con un<br />

atto autografo il 3 marzo 1747 delegò suoi commissari i Settemviri della città (la Giunta<br />

comunale) per investire il suo capitale a favore della biblioteca in modo sicuro e fruttifero. Il<br />

documento esalta la munificenza e la liberalità del cardinale verso Brescia.<br />

La Biblioteca Queriniana, di gusto sobrio ed elegante, è situata in un’ala del palazzo<br />

vescovile tra i cortile dell’episcopato, su cui si trova la facciata più sontuosa, e la strada<br />

pubblica (oggi via Mazzini). Il complesso presenta gli schemi tipologici rielaborati in chiave<br />

classicista, composto dallo spazio continuo della manica lunga, con una successione<br />

di cinque vani sul modello del biblioteche <strong>dei</strong> monasteri benedettini. Il salone centrale,<br />

enfatizzato per rappresentare lo “scrigno” della cultura, è a due ordini ed è sopraelevato<br />

da un attico, mentre si apre in un portico a tre archi al piano terreno, dove in origine erano<br />

situati i locali di rappresentanza. Questa sala di lettura è ornata da Antonio Tegazzi 17 e Pietro<br />

Gatti 18 con le opere a fresco di Enrico Albricci 19 . La Queriniana è ricca di codici medievali, di<br />

liturgia, di patristica 20 , di letteratura classica, di storia, specialmente locale, ha una cospicua<br />

raccolta di autografi, di incunaboli 21 , di pergamene, di edizioni rare.<br />

Atrio di accesso alla<br />

Biblioteca Queriniana adorna<br />

delle Imprese queriniane<br />

dipinte dal bergamasco<br />

Bartolomeo Scotti (1752-<br />

53) entro una elegante<br />

corniciatura a stucco


Miniatura a piena pagina<br />

raffigurante l’evangelista<br />

Luca nel manoscritto della<br />

metà del XII secolo con il<br />

testo in greco <strong>dei</strong> Vangeli<br />

appartenuto al card. Querini<br />

Ritratto del card. Querini<br />

inciso da Carlo Orsolini ad<br />

illustrazione <strong>dei</strong> Commentarii<br />

Historici de rebus pertinenti<br />

bus ad Angelum Mariam<br />

Quirinum (1749)<br />

La tavola II <strong>dei</strong> Commentarii<br />

Historici incisa da Francesco<br />

Zucchi e utilizzata come<br />

mappa di navigazione<br />

nell’ipertesto ideato dalla<br />

classe<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

ANGELO MARIA QUERINI E GLI STUDI DI ANTICHITà<br />

A partire dal XVIII secolo, con il perfezionarsi delle tecniche<br />

archeologiche, in Europa andò intensificandosi l’attività di ricerca e<br />

si moltiplicarono le forme di collezionismo di manufatti risalenti al<br />

periodo classico.<br />

Si trattò di un’attività d’elite, che coinvolse pochi privilegiati e spesso<br />

diede luogo ad accesi dibattiti ed intensi carteggi fra studiosi italiani e<br />

stranieri.<br />

Lo stesso fenomeno si diffuse anche in Italia, principalmente fra gli<br />

esponenti del clero appartenenti alla ricca e raffinata aristocrazia<br />

locale, cui appartiene appunto anche il cardinale Angelo Maria<br />

Querini.<br />

Egli infatti fu un uomo di molteplici interessi, bibliofilo, numismatico,<br />

storico e si inserì ben presto nella vita cittadina e nei dibattiti culturali,<br />

sia a Venezia, sia a Roma, sia a Brescia e negli altri luoghi dove ebbe<br />

occasione di esercitare i suoi uffici ecclesiastici e diplomatici.<br />

Il cardinal Querini durante i suoi numerosi viaggi ebbe modo non solo<br />

di raccogliere codici e libri rari o di entrare in possesso di preziosi<br />

oggetti d’arte, ma venne a contatto con personalità di spicco della<br />

cultura europea dell’epoca che certo contribuirono ad affinare la sua<br />

già straordinaria sensibilità. Tra i contemporanei con i quali si poté<br />

confrontare si ricordano, ad esempio, Jean Mabillon 22 , Isaac Newton 23 , Voltaire 24 , Federico II<br />

di Prussia 25 , Montesquieu 26 , Ludovico Antonio Muratori 27 .<br />

L’erudizione e la vasta cultura non solo gli hanno consentito di dare vita ad una ricca<br />

produzione letteraria, storica, filologica e teologica, ma in forza di quelle egli promosse in<br />

tutta Europa il restauro di importanti monumenti e la fondazione di biblioteche e di istituti<br />

culturali e religiosi.<br />

Esemplare è il caso della Biblioteca Queriniana, aperta al pubblico nel 1750, che fu<br />

particolarmente curata dal suo fondatore, il quale ne costituì il nucleo iniziale facendosi<br />

restituire dalla Vaticana i codici che a suo tempo aveva donati e la arricchì successivamente<br />

con altri volumi.<br />

Un ulteriore campo in cui si esplicò l’interesse del Cardinale fu quello del collezionismo<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

50 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 51 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

archeologico e antiquario, in un’epoca che ormai si stava avviando verso la trasformazione<br />

dell’antichistica in vera e propria scienza dell’antichità grazie agli importanti tentativi di<br />

catalogazione e sistematizzazione storica <strong>dei</strong> materiali, a partire dall’opera del padre<br />

benedettino Bernard de Montfaucon 28 , sino alle più moderne intuizioni del tedesco Johann<br />

Joachim Winckelmann 29 .<br />

Il Querini fu in stretto rapporto con il dotto monaco francese, il quale gli propose addirittura<br />

di effettuare ricerche archeologiche sulle sponde del fiume Alfeo, nel tentativo di trovare i<br />

resti delle costruzioni sacre a Zeus ad Olimpia. La proposta non ebbe buon esito, ma servì a<br />

destare l’interesse di altri ricercatori.<br />

Nel più circoscritto ambiente bresciano l’interesse per le antichità classiche e la storia antica<br />

della città avevano determinato già nel 1693 la ristampa delle Memorie Bresciane di Ottavio<br />

Rossi e nel 1700 la pubblicazione del volume di Giulio Antonio Averoldi Le scelte pitture di<br />

Brescia additate al forestiere, in cui erano riprodotti il sarcofago con la battaglia di Maratona<br />

(ora al Museo della città in santa Giulia) ed alcune iscrizioni inedite.<br />

A testimonianza dell’interesse del Querini per l’antico ci rimane la collezione di piccoli oggetti<br />

ornamentali e i famosi dittici.<br />

LA COLLEZIONE<br />

Fra gli oggetti d’arte che erano conservati presso la Biblioteca Queriniana spiccano due<br />

ritratti di origine antica che con tutta probabilità dovettero far parte delle collezioni di<br />

antichità classi che del cardinale Querini, anche se la loro pertinenza alle raccolte del<br />

presule bresciano non è comprovata da nessun documento. Tuttavia la cura con cui i due<br />

volti, pertinenti sicuramente a ritratti di epoca romana, uno maschile e ad uno femminile,<br />

sono stati innestati su busti antichi rilavorati posteriormente sembra ragionevolmente<br />

suffragare l’ipotesi che entrambe le sculture siano appartenute ad un cultore di antiquaria.<br />

Le particolarità <strong>dei</strong> volti, le tecniche utilizzate nella lavorazione <strong>dei</strong> materiali nobili e pregiati,<br />

fanno inoltre ipotizzare che l’origine delle sculture possa essere stata proprio Roma o un<br />

grande centro romanizzato del mondo antico. Appare più difficile ipotizzare che le figure<br />

marmoree provengano dal contesto bresciano o comunque locale e pertanto si è portati ad<br />

accogliere l’idea che esse siano state acquisite dal Cardinale o durante la sua permanenza a<br />

Roma o durante uno <strong>dei</strong> suoi importanti viaggi diplomatici.<br />

Ritratto maschile Testa maschile in marmo bianco di Carrara<br />

innestata su un busto non pertinente in breccia olitica e in marmo<br />

proconnesio per la porzione nuda del petto. Il volto, dai tratti regolari<br />

con il naso diritto e la labbra carnose, è leggermente inclinato<br />

e l’espressione è sottolineata dallo sguardo rivolto verso l’alto,<br />

trasognante e ispirato, ma con le sopracciglia leggermente corrugate.<br />

La leggera barba a ciocche regolari potrebbe essere di epoca adrianea,<br />

mentre l’incisione delle pupille pare denotare un tipo di lavorazione che<br />

compare solo in età costantiniana. Anche i fori profondi, ottenuti con<br />

il trapano, che segnano il chiaroscuro e danno maggiore consistenza<br />

alla massa <strong>dei</strong> capelli denotano segni di ritocco intervenuti in epoca<br />

posteriore.<br />

La datazione, pertanto, risulta incerta e non si esclude una lavorazione<br />

in epoca moderna per l’intero ritratto.<br />

Ritratto femminile Testa femminile in marmo bianco innestata<br />

su busto non pertinente in marmo grigio venato. Il volto è<br />

privo di rughe o segni particolari con gli zigomi abbastanza<br />

pronunciati, il naso diritto anche se è in parte danneggiato e le<br />

labbra ben definite e serrate. A differenza del ritratto maschile le<br />

Ritratto maschile di epoca<br />

imperiale romana conservato<br />

presso la biblioteca<br />

Queriniana


Ritratto femminile di età<br />

romana conservato presso<br />

la biblioteca Queriniana (I-II<br />

sec.d.C.)<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

pupille non sono incise e la superficie dell’occhio è liscia; la donna<br />

guarda davanti a sé ma in modo austero e volitivo; l’espressione è<br />

controllata. L’acconciatura semplice potrebbe essere di età giulioclaudia<br />

o antonina: i capelli ondulati ad andamento regolare lasciano<br />

la fronte libera e si raccolgono sulla nuca.<br />

La datazione potrebbe fissarsi al I-II secolo d.C., ma anche in questo<br />

caso non si esclude una lavorazione successiva del viso.<br />

LA RITRATTISTICA ROMANA<br />

Il ritratto rappresenta, con il rilievo storico, uno <strong>dei</strong> temi più tipici e<br />

caratteristici della scultura e dell’arte di età. Possiamo distinguere<br />

due fondamentali tipologie di ritratto: da un lato quello tipologico<br />

o idealizzante di origine greco-ellenistica e, dall’altro, il ritratto<br />

fisiognomico, espressione della società medio-italica fortemente<br />

moderna dal punto di vista urbano, caratterizzata da una classe<br />

dirigente che trova la sua forza nella tradizione e nella disponibilità<br />

di mezzi. Di questa seconda categoria di immagini esistono notevoli<br />

precedenti per esempio nella testa di Giunio Bruto e nella plastica<br />

etrusca seppur non prima del IV secolo a.C.Il ritratto realistico, tipico<br />

della tradizione romana, si rifà invece al culto familiare piuttosto che alla sfera onoraria e<br />

funeraria, collegato alla tradizione patrizia dello ius imaginum. Per questo la sua nascita si<br />

connette all’età sillana: nel corso della prima metà del I secolo a.C., durante la quale a Roma<br />

si affermano gli ideali politici e culturali della classe aristocratica, che nasce il tipico ritratto<br />

romano di gusto realistico che fu apprezzato fino al secondo triumvirato (43 - 33 a.C.). Il<br />

ritratto è condotto con un realismo minuzioso ed a volte esasperato, che ama descrivere le<br />

pieghe della pelle e le rughe con una minuziosità analitica talvolta impietosa. All’origine di<br />

tutto ciò sta la celebrazione di austerità della vecchia stirpe di contadini (forse in realtà mai<br />

esistita) e il senso di fierezza della propria stirpe.<br />

Con l’ascesa al principato di Augusto e durante l’epoca giulio-claudia (31 a.C. - 68 d.C.)<br />

le nuove richieste della classe dirigente si orientano verso una ripresa <strong>dei</strong> modelli colti di<br />

origine greca, mentre le soluzioni più aderenti alla verosimiglianza fisiognomica godono di<br />

maggiore successo fra le classi medie ed emergenti (tanto da indurre Ranuccio Bianchi<br />

Bandinelli ad identificare tale corrente con il termine di arte plebea). Per tutta l’età flavia<br />

il ritratto, specialmente quello imperiale, diviene elemento celebrativo essenziale nella<br />

propaganda di consenso attuata dai membri della dinastia. Costoro si servono delle soluzioni<br />

raffinate e preziose offerte dalla tradizione greca per farsi rappresentare nelle manifestazioni<br />

ufficiali, legate alla celebrazione del proprio ruolo istituzionale, mentre per la sfera celebrativa<br />

legata ad una dimensione più privata si affidano alle formule della scultura di tipo più<br />

realistico. Data la rilevanza della ritrattistica imperiale si assiste in modo sempre più evidente<br />

al diffondersi delle soluzioni figurative e stilistiche utilizzate per quelle immagini, ma anche<br />

all’affermarsi presso i ceti sociali più ricchi e le classi dirigenti <strong>dei</strong> territori romanizzati<br />

delle mode e delle fogge di abiti e acconciature che identificano i membri della dinastia.<br />

Al proliferare dell’immagine imperiale non è naturalmente estranea l’azione svolta dalla<br />

capillare diffusione della moneta romana, sul cui dritto compare sempre il ritratto ufficiale<br />

della massima autorità dello stato.<br />

Con l’età di Adriano si assiste ad un recupero <strong>dei</strong> valori formali della tradizione greca, ma<br />

contemporaneamente al progressivo abbandono delle soluzioni naturalistiche e realistiche si<br />

osserva anche il lento progressivo irrigidirsi dell’espressione, che diviene sempre più fissa e<br />

distaccata. La verisimiglianza viene subordinata all’idea e all’immagine stereotipa del potere<br />

imperiale. La figura si irrigidisce e si distacca sempre più dalle coordinate dello spazio e del<br />

tempo contingenti; senza essere un ideale è idealizzata e fatta divenire eterna come l’istituzione<br />

di cui lo stesso imperatore è a capo. Tra la fine del II e l’inizio del III secolo d.C. i mutamenti<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

52 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 53 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

politici ed economico-sociali che avviano la crisi dell’impero romano, in concomitanza con<br />

profonde novità legate soprattutto all’ambiente spirituale, hanno determinato anche il<br />

sorgere le nuove forme artistiche. Nella ritrattistica in particolare si registra l’affermazione<br />

di alcuni caratteri di origine orientale, come ad esempio l’accentuato irrigidimento frontale<br />

accompagnato da una sempre più vistosa trascuratezza della struttura organica delle figure<br />

umane. Se durante la Tetrarchia la tendenza plebea dell’arte romana si afferma anche grazie<br />

all’introduzione di tecniche innovative nella lavorazione <strong>dei</strong> materiali (per esempio l’uso del<br />

trapano, grazie al quale si ottenevano lunghi e profondi solchi così da accentuare il chiaroscuro<br />

delle superfici), con l’età di Costantino e dopo la consacrazione di Costantinopoli a nuova<br />

capitale dell’impero nei ritratti si riconoscono i riflessi di un classicismo sempre più aulico,<br />

solenne e ieratico.<br />

I DITTICI<br />

Il dittico (dal greco dìptychos , “piegato in due, a doppia valva”) è fra gli oggetti più tipici della<br />

tarda antichità.<br />

Si tratta di un elemento d’uso comune da secoli: una coppia di tavolette incardinate fra loro<br />

e in origine spalmate di cera, usate come supporto per la scrittura.<br />

Nella seconda metà del IV secolo d.C. il dittico assume particolare importanza politica e<br />

sociale.<br />

Nel corso dell’età imperiale diviene consuetudine che i consoli, supremi magistrati di Roma,<br />

al momento dell’entrata in carica offrano ai personaggi di maggior riguardo finissimi dittici in<br />

avorio intagliato.<br />

I dittici erano molto costosi, poiché l’avorio era estremamente raro e difficile da lavorare.<br />

La funzione <strong>dei</strong> dittici è essenzialmente ideologica e propagandistica: essi sono lo status<br />

symbol di una ristrettissima èlite aristocratica, formidabili strumenti di autorappresentazione<br />

<strong>dei</strong> personaggi più ricchi e potenti, che se ne servono per diffondere immagini legate alle<br />

proprie tradizioni familiari o, in qualche caso, per difendere i rituali e i simboli <strong>dei</strong> culti pagani<br />

minacciati dai provvedimenti restrittivi di Teodosio.<br />

I dittici in uso nel mondo romano erano due tavolette d’osso o di legno, che mediante una<br />

cerniera si piegavano l’una sull’altra.<br />

La faccia interna leggermente scavata era coperta di cera sulla quale si scrivevano note<br />

o lettere. Ornati esternamente con rifiniture preziosissime in oro e argento, presentavano<br />

scene figurate con soggetti di varia interpretazione, ma che si presuppone si possano<br />

mettere in relazione con la funzione principale <strong>dei</strong> dittici, che dovevano essere soprattutto<br />

oggetti da regalo.<br />

Se ne conoscono di vari tipi:<br />

-consolari, donati dai consoli ai personaggi illustri come propaganda politica;<br />

-ecclesiastici<br />

-privati, dovuti alle famiglie senatorie romane interessate alla diffusione <strong>dei</strong> culti pagani;<br />

-nunziali<br />

-amatorii.<br />

Nel IV secolo d.C. i più lussuosi erano policromi e dorati.<br />

Principali centri di produzione: Roma, Milano, Ravenna, Costantinopoli.<br />

Questa classe di raffinatissimi oggetti, preziosi per il tipo di materiale utilizzato e per<br />

l’eleganza delle decorazioni scolpite, continua ad avere fortuna ben oltre al limite cronologico<br />

rappresentato dalla Tarda Antichità, come confermano i dittici prodotti in piena età<br />

medioevale (XII-XIII secolo).<br />

IL DITTICO QUERINIANO<br />

Il dittico più importante fra quelli collezionati dal Cardinale è il “dittico Queriniano”; questo<br />

era stato di proprietà di papa Paolo II 30 , grande collezionista del Quattrocento, e il Querini lo<br />

acquistò dopo il 1730.<br />

L’acquisto di un pezzo così raro diede il via a numerosi studi e a scambi epistolari tra studiosi


Acquaforte riproducente<br />

le due valve del “dittico<br />

Queriniano” (1757)<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

di varie parti d’Europa, con discordanti tentativi di esegesi e datazione: per alcuni si trattava<br />

di un reperto originale, per altri di un falso.<br />

Proprio su questo punto si sviluppò un’accesa polemica tra il cardinale e il marchese Scipione<br />

Maffei 31 , una delle personalità più illustri nell’ambito archeologico.<br />

Sollecitato dal Querini a esprimere un parere sul dittico, il marchese ebbe un atteggiamento vago,<br />

esprimendo apprezzamento per l’opera, ma affermando che avrebbe dato un giudizio preciso solo<br />

dopo aver analizzato il pezzo.<br />

Dopo tale verifica, il Maffei fece stampare un opuscolo in cui contraddiceva l’antichità del reperto.<br />

Il cardinale pubblicò subito una lettera in cui difendeva l’autenticità del suo cimelio.<br />

Il Querini morì sei mesi dopo, il 6 gennaio 1755.<br />

A chiudere in qualche modo la questione usciva nel 1575 a Parma un’opera a favore<br />

dell’autenticità del dittico e che forniva un’interpretazione del contenuto mitologico, in netto<br />

contrasto con le tesi di Maffei.<br />

VALVA A<br />

Ippolito, appoggiato ad un lancia, legge ad una giovane velata, forse Fedra, una lettera<br />

d’amore. In alto, un erote tiene nella mano sinistra un arco e nella destra una fiaccola, in<br />

basso un levriero pare seguire attentamente la scena.<br />

Le figure sono trattate in modo tozzo, appiattito. I panneggi, persa ogni vitalità, sono ridotti a<br />

pure linee schematiche.<br />

Autore: Vicino allo spirito del modesto ceto locale, sembra ormai legato ad un nuovo filone<br />

artistico che, perso ogni contatto con la tradizione classicistica, fa affiorare la visione<br />

disorganica, il gusto lineare <strong>dei</strong> panneggi, le tendenze decorative che segnano il trapasso<br />

alla cultura medievale.<br />

VALVA B<br />

Sulla destra una figura, Diana (o Selene), si appoggia con la mano sinistra ad una colonna,<br />

mentre con la destra stringe il labbro inferiore del compagno Endemione (o Virbio). Il<br />

personaggio maschile è colto in atteggiamento di riposo con le gambe incrociate, mentre<br />

tiene nella destra la lancia e poggia la sinistra sullo scudo. Indossa una toga succinta,<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

54 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 55 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

porta sulla testa un berretto frigio. La dea veste un himation ed ha un nastro nei capelli che<br />

scendono a boccoli sulle spalle. In alto un amorino sta per porre sulle teste di entrambi una<br />

corona di alloro.<br />

L’atmosfera richiama, molto da vicino, gli elementi del gusto ellenistico: la luce indugia in<br />

giochi chiaroscurali, il ritmo delle figure è molle, sinuoso, perfino sensuale.<br />

È legato alla sopravvivente aristocrazia paganeggiante che tende a nobilitarsi con un tono<br />

classicheggiante misto ad influssi orientali ed ama ancora cantare temi mitologici come il<br />

contemporaneo Claudiano, il poeta classicista del circolo intellettuale <strong>dei</strong> Simmaci.<br />

LA CUSTODIA<br />

Entrambe le valve sono racchiuse in una custodia di rame dorato di forma rettangolare, fatta<br />

eseguire tra il 1451 ed il 1459 dal Cardinale Pietro Barbo (futuro papa Paolo II). Sul diritto,<br />

fra l’arco e la riquadratura rettangolare, il Cardinale fece apporre il proprio stemma niellato<br />

entro ghirlande con quattro nastri svolazzanti, pure in rame dorato.<br />

Lo stesso Querini fece incidere sul retro della custodia, forse perché priva di decorazione,<br />

un motivo molto simile a quello dell’altro dittico, ma con effetto complessivo diverso. Nel<br />

riquadro centrale, adorno dello stemma araldico queriniano, si legge:<br />

ILLE EGO QUI PLATINAM / COMPRESSI, DENTE MALIGNO / CARPENTEM MORES / PAULE<br />

SECUNDE / TUOS / LAUDAVIQUE TUUM STU = / DIUM PERMULTA PARANDI / QUAE TIBI<br />

PRAECLARAE / SISTERET ARTIS OPUS / HIC MODO COMPOSUI / SIGNA HAEC PROPRIO<br />

/AERE COEMPTA / CONGRUA QUOD LIBRO / TEGMINA VISA MEO 32 .<br />

Rispetto al disegno dell’altra custodia il motivo vegetale che incornicia il testo scritto si<br />

presenta più rigido ed appesantito a causa soprattutto della tecnica a punzone qui utilizzata.<br />

Sul retro, racchiusa da un largo bordo con cespo e girali d’acanto si legge l’iscrizione a bei<br />

caratteri romani e punti divisori romboidali in niello, con la quale il Barbo testimonia il proprio<br />

possesso dell’avorio: PETRVS. H/ ERVS MEVS/ EST. VENET/ IS. GENEROS/ VS. ALVMNV/<br />

S BARBVS C/ ARDO SACER/ . TVVS . ET. V/ INCENTIA. PR/ AESVL. HORV / M. OPERVM. I /<br />

NGENIIS. MI / RO. OBLECT / ATVS. AMOR / E 33 .<br />

La ricca cornice che circonda lo specchio epigrafico è stata ottenuta sbalzando sul fondo<br />

zigrinato gli elementi vegetali e costituisce un pregevole lavoro di oreficeria veneta della<br />

metà del quindicesimo secolo.<br />

Valva A del “dittico<br />

Queriniano” con la<br />

raffigurazione di Ippolito e<br />

Fedra (V sec. d.C.)<br />

Valva B del “dittico<br />

Queriniano” con la<br />

raffigurazione di Diana o<br />

Selene e di Endimione o<br />

Virbio (V sec. d.C.)<br />

Custodia in rame dorato<br />

della valva A del “dittico<br />

Queriniano” fatta eseguire<br />

dal card. Pietro Barbo, poi<br />

papa Pio II (1451-59)<br />

Custodia in rame dorato<br />

della valva B del “dittico<br />

Queriniano” fatta eseguire ad<br />

imitazione dell’altra dal card.<br />

Querini


Acquaforte riproducente la<br />

valva del dittico <strong>dei</strong> Lampadii<br />

(1759)<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

DITTICO DEI LAMPADII<br />

Di ben altro tenore è invece l’episodio sottostante, il cui il movimento rotatorio, la vivacità<br />

ed il ritmo incalzante della scena risaltano in modo accentuato. La gara delle quadrighe<br />

che sono lanciate in una corsa dirompente intorno alla spina obliqua dell’ippodromo<br />

è rappresentata con impressionante senso dinamico ed efficace sensibilità spaziale.<br />

Lo scultore è riuscito a ricreare in uno spazio decisamente limitato la concitazione che<br />

caratterizzava le memorabili gare che si<br />

svolgevano nello stadio di Costantinopoli,<br />

alle cui caratteristiche sembrano ispirarsi<br />

direttamente la spina, sulla quale si erge<br />

con un’alta base un obelisco con geroglifici<br />

egiziani, le mete laterali a forma di tre<br />

lunghi coni ed anche il tribunal della scena<br />

soprastante. Degna di nota è anche la<br />

minuziosa ed attenta cura con cui sono<br />

descritti i singoli particolari: i pettorali e gli<br />

schinieri degli aurighi ritratti con sferze e<br />

spirculae, i cavalli con le zampe fasciate<br />

da fettucce ed i marchi sulla sommità<br />

della coscia distinguenti le fazioni, i primi<br />

quasi fieri per la meta appena toccata, gli<br />

altri ancora tesi nello sforzo della cosa.<br />

Quattro figurine, contrapposte a due a<br />

due a <strong>dei</strong> trofei, stanno sedute ai lati dello<br />

stadio in attesa dell’imminente premiazione<br />

del vincitore. I difficili problemi della<br />

identificazione del luogo di produzione e<br />

della datazione dell’opera sono stati di<br />

recente affrontati da alcuni studiosi che<br />

hanno proposto di considerare il dittico<br />

come il prodotto di una scuola dell’Italia<br />

settentrionale o della Gallia del sud. A<br />

tale conclusione rimandano anche le<br />

caratteristiche stilistiche della ricercatezza<br />

e finezza del modellato, la struttura<br />

salda e tornita delle figure, la presenza<br />

contemporanea della scena aulica (parte<br />

superiore) e della scena realistica (parte<br />

inferiore). La datazione può essere attribuita<br />

alla fine del IV od agli inizi del V secolo d.C.<br />

anche se ciò potrebbe portare a rinunciare<br />

ad identificare nel personaggio principale<br />

Postumio o Flavio Lampadio, console nel<br />

530. Affascinante sarebbe l’ipotesi di chi<br />

vorrebbe attribuire al pezzo il significato<br />

cosmologico ed eterno della corsa delle<br />

quattro stagioni attorno all’obelisco solare:<br />

chiara illusione questa ad una religiosità<br />

non prettamente cristiana, ad una strenua<br />

volontà di perpetuare i vecchi culti, a cui<br />

le famiglie senatorie della fine dell’Impero<br />

erano ancora legate e che per loro quasi si<br />

identificavano con il desiderio di difendere<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

la loro vecchia nobiltà a di rimandare il<br />

momento in cui avrebbero dovuto porre fine<br />

al loro potere ormai in declino.<br />

56 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 57 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Ben conservata, ma frammentaria lungo<br />

entrambi i margini superiori e lungo quello<br />

inferiore destro. Il lato scolpito e figurato è<br />

interamente scorniciato da una fitta serie di<br />

modanature e mostra un’unica scena che,<br />

tuttavia, si svolge su due registri ben distinti.<br />

In basso si osserva una scena di giochi<br />

circensi realizzata con un notevole senso<br />

realistico, anche se molti particolari sono<br />

stati resi in modo stilizzato. Tutta la parte<br />

superiore è occupata da una imponente<br />

tribuna (il tribunal), sormontato dall’iscrizione<br />

in lettere capitali [L]AMPADIORVM e chiusa<br />

da monumentali transenne scandite da<br />

pilastrini su cui, quasi in forma di erma, sono<br />

modellate quattro teste. L’intera struttura è<br />

inquadrata da tre colonne con fusto liscio ed<br />

i capitelli corinzi sorreggono un arco serliano,<br />

decorato da un motivo ad ovuli continui, dal quale pendono <strong>dei</strong> velaria. Alla ripartizione<br />

architettonica fa riferimento la distribuzione <strong>dei</strong> personaggi: al centro, in trono, siede la figura<br />

più imponente e maestosa, avvolta in una ricchissima stoffa panneggiata, mentre ai suoi lati<br />

assistono allo spettacolo due altri personaggi maschili vestiti più semplicemente con la toga.<br />

Date le proporzioni gerarchicamente sottolineate, l’attenzione con cui sono resi i più minuti<br />

particolari della fisionomia e dell’abbigliamento, l’impassibile fissità e la ieratica solennità<br />

della figura principale non è difficile concludere che qui sia stato raffigurato il presidente <strong>dei</strong><br />

giochi, forse addirittura lo stesso imperatore che tiene nella mano sinistra lo scettro e nella<br />

destra impugna la mappa con la quale ha appena dato inizio alla gara. Le due figure laterali<br />

sono sicuramente persone di rango inferiore, sia per le proporzioni più piccole, sia per il loro<br />

abbigliamento meno ricco e sfarzoso, ma contribuiscono ugualmente a sottolineare la nobiltà<br />

aulica di una scena solenne e ormai fissata per sempre nel preziosissimo avorio.<br />

Note<br />

1 Collegio <strong>dei</strong> Gesuiti di S.Antonio, in<br />

contrada San Nazaro, tra via Cairoli e via<br />

Pace; l’antica dedicata al Santo di Padova,<br />

annessa fin dal 1560 nell’ex ospedale della<br />

comunità gesuitica, nel 1845 fu trasformata<br />

dall’architetto Luigi Donegani in cavallerizza.<br />

Attualmente l’ex sede della Cavallerizza è<br />

utilizzata come pubblica sala di lettura del<br />

Comune di Brescia.<br />

2 Convento di S.Faustino, fondato nel IX<br />

secolo dal vescovo Ramperto, venne retto<br />

dai monaci benedettini fino alla soppressione<br />

di epoca napoleonica, rappresentando per<br />

secoli uno <strong>dei</strong> poli spirituali e culturali più<br />

importanti della città. Attualmente nei suoi<br />

spazi, prospicienti via san Faustino, ha sede la<br />

Facoltà di Economia dell’Università di Brescia.<br />

3 Seminario Vescovile, nato per volontà<br />

del vescovo Bollani nel 1563 aveva sede<br />

negli ampi spazi annessi al convento di<br />

san Gaetano, lungo via Callegari nell’area<br />

poi occupata dall’ospedale militare e dalla<br />

sede del Distretto. Nella seconda metà del<br />

secolo XIX venne trasferito nel vicino palazzo<br />

Gambara Santangelo (oggi Centro Paolo<br />

VI), mentre l’attuale moderna sede è in via<br />

Domenico Bollani, nella zona settentrionale<br />

della città, verso Mompiano.<br />

4 Goa, città lungo la costa occidentale<br />

dell’India; all’apogeo nel XVI secolo, era<br />

una grande e splendida città commerciale,<br />

capitale delle colonie orientali portoghesi.<br />

Oggi é rinomata meta turistica e la regione<br />

omonima dal 1987 è divenuta 25° stato della<br />

Repubblica Indiana con capitale Panaji.<br />

5 Benedetto XIV, cardinale Prospero Lorenzo<br />

Lambertini (Bologna, 31 marzo 1675<br />

- Roma, 3 maggio 1758), fu eletto papa nel<br />

1740 dopo un conclave durato sei mesi.<br />

Certamente fu il più erudito e il più colto<br />

Valva in avorio intagliato del<br />

dittico <strong>dei</strong> Lampadii (fine IV<br />

– inizi V sec. d.C.)<br />

<strong>dei</strong> papi del suo secolo, appoggiò il sapere<br />

scientifico, istituì le cattedre di fisica, chimica<br />

e matematica presso l’Università di Roma,<br />

diede nuovo impulso all’attività accademica<br />

bolognese, attivando una moderna scuola di<br />

Chirurgia. Amante delle lettere e delle arti,<br />

Benedetto XIV acquisì preziosi volumi per la<br />

Biblioteca Vaticana e fece tradurre in italiano<br />

le opere più significative della letteratura<br />

inglese e francese. Tenne corrispondenza<br />

con Caterina di Russia, con Federico II, con<br />

Voltaire; fu stimato anche dai protestanti,<br />

specie quelli d’Inghilterra. Fu archeologo e<br />

collezionista di antichità; tra le sue raccolte<br />

assai importante è quella di 1500 monete, di<br />

cui 1340 imperiali e 160 di zecche greche<br />

e italiane in argento, con alcuni esemplari di<br />

eccezionale conservazione donate al Museo<br />

Archeologico bolognese.<br />

6 Domenico Passionei (Fossombrone, 2<br />

dicembre 1682 - Roma, 5 luglio 1761) di


nobile famiglia, dopo essere stato ordinato<br />

sacerdote, nel 1706 fu inviato a Parigi come<br />

legato pontificio e rimase per due anni; in<br />

questa occasione conobbe molti intellettuali<br />

dell’epoca, alcuni <strong>dei</strong> quali illuministi.Fu<br />

nominato arcivescovo di Efeso il 16 luglio<br />

1721 e dopo aver molto viaggiato, rivestendo<br />

incarichi assi importanti presso le principali<br />

capitali europee, venne nominato cardinale<br />

presbitero nel 1738. Nel 1741 fu nominato<br />

vice-bibliotecario della biblioteca Vaticana<br />

sotto il cardinale Angelo Maria Querini<br />

al quale succedette nel 1755. Durante<br />

questo incarico si dedicò al recupero e alla<br />

restaurazione di molte opere librarie. Acquisì<br />

anche una notevole raccolta privata che<br />

conteneva, oltre ad antichi volumi, anche altre<br />

opere d’arte, tra cui statue, quadri e monete.<br />

Una parte di questo patrimonio si conserva<br />

oggi nel museo della sua città natale, il resto<br />

è andato perso.<br />

7 Biblioteca Apostolica Vaticana, è la biblioteca<br />

che la Santa Sede ha organizzato e curato<br />

in Vaticano; possiede una delle raccolte<br />

di testi antichi e libri rari più importanti<br />

del mondo. Dopo alterne vicende durate<br />

tutta l’epoca medioevale, il papa umanista<br />

Niccolò V (1447-1455), nel XV secolo, fu il<br />

primo a concepirne l’idea, e a costituire una<br />

consistente raccolta di codici che sarebbe<br />

stata il primo nucleo della futura biblioteca.<br />

La fondazione è invece del papa Sisto IV<br />

nel giugno 1475, con la bolla Ad decorem<br />

militantis Ecclesiae, del 15 giugno. Subito<br />

dopo, il 18 giugno, ebbe inizio l’attività del<br />

suo primo gubernator et custos, che fu il<br />

mantovano Bartolomeo Sacchi, detto il Plàtina,<br />

riferendosi al quale la Biblioteca Apostolica<br />

Vaticana è detta anche “Biblioteca Palatina”.<br />

8 Biblioteca Ambrosiana, è una storica<br />

biblioteca milanese fondata nel 1607 dal<br />

cardinale Federico Borromeo. È ospitata<br />

all’interno del Palazzo dell’Ambrosiana<br />

nel quale si trova anche la Pinacoteca<br />

Ambrosiana, anch’essa fondata da Federico.<br />

Fu la seconda biblioteca aperta al pubblico<br />

(dal 1609), preceduta dalla Biblioteca<br />

Bodleiana a Oxford sorta nel 1602.<br />

9 Biblioteca Parmense, già Reale Biblioteca<br />

Parmense, fu fondata nel 1761 dai duchi<br />

Filippo e Ferdinando di Borbone. L’opera<br />

di organizzazione fu affidata a Paolo Maria<br />

Paciaudi che, primo in Italia, utilizzò il catalogo<br />

per autori a schede mobili. La biblioteca fu<br />

inaugurata nel maggio del 1769 nei locali<br />

adattati da Ennemond Alexandre Petitot nel<br />

Palazzo della Pilotta, che già aveva ospitato<br />

la Biblioteca Farnesiana, spostata a Napoli<br />

da Carlo III nel 1734. Sotto il regno di Maria<br />

Luigia la biblioteca crebbe e la sovrana fece<br />

realizzare nel 1834 da Niccolò Bettoli una<br />

nuova ala a sud del palazzo: il Salone Maria<br />

Luigia. Dall’Unità d’Italia è una biblioteca<br />

statale. Nel 1889 fu istituita la sezione<br />

musicale.<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

10 Il nucleo più prezioso risale alla biblioteca<br />

ducale di Ferrara, formatasi alla fine del XIV<br />

secolo, arricchitasi sotto Nicolò III, Lionello,<br />

Borso ed Ercole I, e incrementata nel secondo<br />

Cinquecento da Alfonso II. Trasferita a<br />

Modena ebbe dapprima sede nel castello e<br />

nel Palazzo Ducale. Aperta al pubblico nel<br />

1760 per illuminata decisione di Francesco<br />

III, nell’ordinamento del gesuita Francesco<br />

Antonio Zaccaria, ebbe come bibliotecari<br />

Lodovico Antonio Muratori e Girolamo<br />

Tiraboschi. Depauperata dai Francesi nel<br />

1796, nel 1859, a seguito della partenza<br />

<strong>dei</strong> duchi da Modena, fu reintegrata per<br />

gran parte del suo patrimonio tramite una<br />

convenzione tra lo Stato italiano e Francesco<br />

V d’Austria, con la quale egli la donava alla<br />

città di Modena.<br />

11 Sapienza Università di Roma, è l’università<br />

più grande d’Europa e tra le prime al mondo<br />

per numero di studenti. Sorse a Roma il 20<br />

aprile 1303 per volontà di papa Bonifacio VIII.<br />

Oggi conta ventuno facoltà, oltre centotrenta<br />

dipartimenti e istituti, centoventisette scuole<br />

di specializzazione, ventuno musei e più di<br />

centocinquanta biblioteche.<br />

12 Accademia della Crusca, è un’istituzione<br />

che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica<br />

e filologia italiana e, fra quelle esistenti, è la<br />

più antica accademia italiana. Sorta a Firenze<br />

nel 1583, si è sempre distinta per il suo<br />

strenuo impegno a mantenere “pura” la lingua<br />

italiana originale, pubblicando già nel 1612<br />

la prima edizione del Vocabolario della lingua<br />

italiana, che servì da esempio lessicografico<br />

anche per le lingue francese, spagnola,<br />

tedesca ed inglese.<br />

13 Abbazia di Vangadizza, sorse nel IX secolo<br />

quando i benedettini si insediarono in un<br />

territorio nei pressi della sponda destra<br />

dell’Adige in provincia di Rovigo e, sulle rovine<br />

di un tempio pagano, costruirono una chiesa<br />

dedicata alla Beata Vergine. Ben presto alla<br />

chiesa venne affiancato un monastero adatto<br />

anche al controllo di un vasto territorio.<br />

Aderendo alla riforma camaldolese di San<br />

Romualdo, l’Abbazia acquisì ancora più<br />

potere, che mantenne anche nei successivi<br />

passaggi di proprietà dalla Diocesi di Adria e<br />

di Padova. Napoleone soppresse l’Abbazia nel<br />

1810 e i monaci trovarono rifugio a Murano.<br />

14 Abbazia di Leno, fondato nel 758 dal re<br />

longobardo Desiderio, che vi pose come primo<br />

abate il monaco cassinese Ermolao, il cenobio<br />

svolse un ruolo importante nel processo di<br />

riorganizzazione del territorio e nel controllo<br />

strategico delle principali vie di comunicazione<br />

(terrestri e fluviali) fra Brescia e Cremona.<br />

Anche in età carolingia ed ottoniana godette<br />

di grande prestigio, fu in rapporto con il<br />

monastero bresciano di San Salvatore-S.Giulia<br />

e con altri importanti monasteri europei e<br />

venne più volte beneficiato dagli imperatori<br />

del Sacro Romano Impero. Con il XIII secolo<br />

inizia un lento processo di decadenza, che<br />

aumenterà nei secoli seguenti, fino alla<br />

definitiva soppressione del monastero e<br />

l’integrale demolizione delle strutture volute<br />

dalla Repubblica di Venezia (1783).<br />

15 Zucchi Francesco, (Venezia 1692 - 1764)<br />

incisore veneziano che, con il fratello Andrea<br />

(Venezia 1679 - Dresda 1740), fu capostipite<br />

di una nota famiglia di pittori e incisori.<br />

16 Biblioteca Zaluski, è stato costruita a<br />

Varsavia fra il 1747 e il 1795 da Józef Andrzej<br />

Zaluski e da suo fratello Andrzej Stanislaw<br />

Zaluski, entrambi vescovi cattolici. Essa venne<br />

aperta al pubblico e fu la biblioteca pubblica<br />

più grande della Polonia ed una delle maggiori<br />

del mondo. E’ stata distrutta dai nazisti<br />

durante la Rivolta de Varsavia di 1944.<br />

17 Antonio Tegazzi, pittore specializzato nella<br />

pittura illusionistica <strong>dei</strong> soffitti (detta anche<br />

quadratura) nella quale il trompe l’oeil, la<br />

prospettiva e altri effetti spaziali vengono<br />

impiegati per creare l’illusione di uno spazio<br />

tridimensionale dal punto di vista dello<br />

spettatore, su una superficie piatta, semicurva<br />

o curva.<br />

18 Pietro Gatti, pittore bresciano del secolo<br />

XVIII, scolaro e imitatore di Francesco Monti;<br />

ha affrescato con altri la chiesa <strong>dei</strong> santi<br />

Cosma e Damiano (1747).<br />

19 Enrico Albricci (Vilminore in Val di Scalve,<br />

19 novembre 1714 - Bergamo, 20 luglio<br />

1775), pittore e decoratore specializzato<br />

soprattutto nella tecnica dell’ affresco che gli<br />

ha consentito di distinguersi nella decorazione<br />

di molte chiese soprattutto in provincia di<br />

Bergamo e in Val Camonica.<br />

20 Patristica, filosofia cristiana <strong>dei</strong> primi<br />

secoli elaborata dai Padri della Chiesa e<br />

dagli scrittori ecclesiastici. Essa consiste<br />

nell’elaborazione dottrinale delle verità di fede<br />

del Cristianesimo e nella loro difesa contro gli<br />

attacchi <strong>dei</strong> “pagani” e contro le eresie.<br />

21 Incunaboli, con questo termine si<br />

definiscono convenzionalmente i documenti<br />

stampati con la tecnologia <strong>dei</strong> caratteri<br />

mobili e realizzati tra la metà del XV secolo e<br />

l’anno 1500 incluso. A volte sono detti anche<br />

quattrocentine.<br />

22 Jean Mabillon (Saint-Pierremont, 23<br />

novembre 1632 - Saint-Germain-des-<br />

Prés, 27 dicembre 1707) è stato un monaco<br />

francese della congregazione benedettina di<br />

San Mauro; si dedicò agli studi storici e di<br />

erudizione ed è considerato il fondatore della<br />

paleografia e della diplomatica.<br />

23 Isaac Newton nacque a Woolsthorpe, in<br />

Inghilterra, nel 1643. Fu astronomo, fisico e<br />

matematico, con le sue rilevanti scoperte nel<br />

campo della fisica non poté non influenzare<br />

la stessa filosofia, in particolare Newton fu<br />

l’ordinatore di tutta una serie di concetti<br />

relativi alla dinamica <strong>dei</strong> corpi che trovarono<br />

la loro suprema sintesi nella teoria della<br />

gravitazione universale, legge che sarà alla<br />

base di tutta la cosmologia successiva e verrà<br />

messa in discussione e perfezionata soltanto<br />

progetto 3 Il Cardinale Angelo Maria Querini collezionista di antichità<br />

dalla teoria della relatività di Einstein.<br />

24 Voltaire, pseudonimo di François-Marie<br />

Arouet (Parigi, 21 novembre 1694 - Parigi, 30<br />

maggio 1778), è stato un filosofo, scrittore,<br />

drammaturgo e poeta francese. Il suo nome<br />

è indissolubilmente legato al movimento<br />

culturale dell’Illuminismo, di cui fu uno degli<br />

animatori e degli esponenti principali.<br />

25 Federico II di Hohenzollern, detto Federico<br />

il Grande, (Berlino, 24 gennaio 1712 -<br />

Potsdam, 17 agosto 1786), fu re di Prussia<br />

dal 1740 alla sua morte. Seppe far crescere<br />

il proprio regno da piccolo stato a potenza<br />

europea. Egli fu uno <strong>dei</strong> personaggi più<br />

influenti e rappresentativi del suo tempo,<br />

rappresentando la tipica figura settecentesca<br />

del monarca illuminato. La sua azione toccò<br />

sia il piano politico e militare, sia quello<br />

dell’economia e dell’amministrazione statale,<br />

sia lo sviluppo delle scienze e delle arti.<br />

26 Charles-Louis de Secondat, barone de<br />

La Brède e de Montesquieu (La Brède, 18<br />

gennaio 1689 - Parigi, 10 febbraio 1755), è<br />

stato un filosofo, enciclopedista e pensatore<br />

politico francese. È considerato il fondatore<br />

della teoria politica della separazione <strong>dei</strong><br />

poteri.<br />

27 Ludovico Antonio Muratori (Vignola, 21<br />

ottobre 1672 - Modena, 23 gennaio 1750)<br />

è stato uno storico, scrittore, erudito<br />

ed ecclesiastico italiano. Benché meno<br />

noto rispetto ai suoi contemporanei, fu<br />

personaggio di primo piano nella costellazione<br />

dell’intellettualità settecentesca italiana.<br />

58 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 59 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Profuse il suo impegno in quasi tutti i<br />

campi della conoscenza, applicandosi ed<br />

esprimendosi sempre con impegno, vigore e<br />

responsabilità. <strong>Vie</strong>ne ad oggi considerato il<br />

padre della storiografia italiana.<br />

28 Bernard de Montfaucon (Aube, 13 gennaio<br />

1655 - 21 dicembre, 1741) fu un monaco<br />

benedettino ed erudito francese. Pubblicò<br />

L’antiquité expliquée et représentée en figures<br />

tra il 1719 e il 1724, che contiene splendide<br />

tavole tratte da incisioni in rame degli oggetti<br />

delle antichità classiche ivi descritti. E’<br />

considerato uno <strong>dei</strong> fondatori della moderna<br />

archeologia.<br />

29 Johann Joachim Winckelmann (Stendal, 9<br />

dicembre 1717 – Trieste, 8 giugno 1768)<br />

è stato un archeologo e storico dell’arte<br />

tedesco. Fu il il primo ad adottare, nella storia<br />

dell’arte, il criterio dell’evoluzione degli stili<br />

cronologicamente distinguibili l’uno dall’altro.<br />

30 Paolo II, cardinale Pietro Barbo, di antica<br />

e nobile famiglia patrizia, nacque a Venezia<br />

nel 1418 e nel 1459 fu nominato vescovo<br />

di Padova. Divenne papa nel 1464 e con la<br />

sua azione politica tentò di mettere pace tra<br />

i rissosi stati italiani. Amante della pompa,<br />

della magnificenza esteriore e dell’arte, istituì<br />

giochi e feste, e organizzò numerose corse di<br />

cavalli e di asini. Concesse nuove prerogative<br />

ai cardinali e i Romani dissero che, per<br />

i numerosi lavori intrapresi, aveva fatto<br />

cambiare la faccia a Roma. Scomunicò il re<br />

di Boemia indicendogli contro una crociata e<br />

fece guerra ai Turchi. Morì nel 1471, a soli 53<br />

anni d’età, a quanto pare per una indigestione<br />

di melone.<br />

31 Scipione Maffei (Verona, 1 giugno 1675<br />

– Verona, 11 febbraio 1755) è stato uno<br />

storico, drammaturgo ed erudito italiano.<br />

Formatosi presso i collegi gesuiti di Parma<br />

e di Roma, abbracciò da giovane la carriera<br />

delle armi, divenendo ufficiale nell’esercito<br />

bavarese. Tornato in Italia iniziò a scrivere,<br />

lasciandoci trattati su vari argomenti e<br />

rilanciando il teatro italiano della prima metà<br />

del settecento. Dopo le prime prove poetiche,<br />

si orientò verso gli studi eruditi dimostrando<br />

versatilità e acutezza d’ingegno, oltre a<br />

notevoli capacità innovative sia sul piano della<br />

metodologia della ricerca sia su quello della<br />

progettualità culturale e letteraria.<br />

32 Io, quello che feci incidere la tavoletta,<br />

che imita con punzone poco abile, o Paolo<br />

Secondo, il tuo stile e che lodai il tuo ardore<br />

nel preparare moltissime cose che l’opera<br />

d’arte famosissima ti consacrasse, qui<br />

sistemai questi ornamenti acquistati con il mio<br />

denaro in modo che apparissero rilegature<br />

degne per il mio libro.<br />

33 Il mio signore è il Cardinale Pietro Barbo,<br />

educatore magnanimo <strong>dei</strong> Veneti, tuo<br />

sacerdote e vescovo, o Vicenza, animato<br />

da un mirabile amore verso queste opere<br />

ingegnosamente costruite.<br />

Bibliografia<br />

Miscellanea Queriniana a ricordo del II centenario della morte del Cardinale Angelo Maria Querini, Brescia, Geroldi, 1961.<br />

Società e cultura nella Brescia del Settecento. 1. Iconografia e immagini queriniane, catalogo della mostra, Brescia, Grafo 1980.<br />

Cultura, religione e politica nell’ età di Angelo Maria Querini, atti del convegno di studi promosso dal Comune di Brescia in collaborazione con la Fondazione<br />

Giorgio Cini di Venezia (Venezia, Brescia, 2-5 dicembre 1980) a cura di Gino Benzoni e Maurizio Pegrari, Brescia, Morcelliana, 1982.<br />

Ennio Ferraglio, Protagonisti del carteggio con il cardinale Angelo Maria Querini, in Commentari dell’ Ateneo di Brescia per l’anno 1997, Brescia 2000, pp. 78-98.<br />

Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana, catalogo della Mostra tenuta a Roma nel 2000-2001, a cura di Serena Ensoli ed Eugenio La Rocca, Roma,<br />

L’Erma di Bretschneider, 2000.<br />

Biblioteca Queriniana, Brescia, a cura di Aldo Pirola, (Grandi biblioteche d’Italia), Nardini, 2000.<br />

Angelo Maria Querini a Corfù. Mondo greco e latino al tramonto dell’ antico regime, atti del convegno (Brescia, 11 marzo 2005) a cura di Ennio Ferraglio e di<br />

Daniele Montanari, Brescia, Grafo, 2006.<br />

Eburnea diptycha. I dittici d’avorio tra Antichità e Medioevo, a cura di Massimiliano David, Bari, Edipuglia, 2007.<br />

Roma e i barbari. La nascita di un nuovo mondo, catalogo della mostra (Venezia, Palazzo Grassi, 26 gennaio-20 luglio 2008) a cura di Jean-Jacques Aillagon;<br />

con il coordinamento scientifico di Umberto Roberto e Yann Riviere, Milano, Skira, 2008.


60 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 61 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Fondazione Il Vittoriale degli Italiani<br />

progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />

progetto 6 D’Annunzio esteta<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate


Introduzione Il Vittoriale degli Italiani<br />

Il tema del collezionismo trova nel Vittoriale degli Italiani, ideato da Gabriele d’Annunzio tra il 1921 e il 1938, un<br />

luogo straordinario ricco di oggetti d’arte decorativa che unitamente alle reliquie di guerra, alle sculture, ai dipinti,<br />

agli Archivi e alle Biblioteche, configurano un complesso mondo <strong>collezionisti</strong>co di estremo interesse per il mondo<br />

della cultura. Nessuno meglio di d’Annunzio stesso può indicare la sua volontà di collezionista:<br />

Non soltanto ogni mia casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente composta, ma ogni oggetto da<br />

me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita fu sempre per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo<br />

di rivelazione spirituale, come un de’ miei poemi, come un de’ miei drami, come un qualunque mio atto politico o militare,<br />

come una qualunque mia testimonianza di diritta e invitta fede.<br />

Per ciò m’ardisco io d’offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane, e tutto quel che da oggi sia per acquistare e per<br />

aumentare col mio aumentato lavoro: non pingue retaggio di ricchezza inerte ma nudo retaggio di immortale spirito...Tutto<br />

infatti è qui da me creato e trasfigurato.<br />

Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel senso che io voglio dare al mio stile. ...<br />

È proprio in continuità con la volontà espressa da d’Annunzio che la realizzazione <strong>dei</strong> laboratori <strong>didattici</strong> evidenzia<br />

risultati di particolare interesse storico, artistico, letterario, linguistico; si tratta di ricerche indubbiamente stimolanti<br />

per l’accrescimento culturale <strong>dei</strong> giovani ai vari livelli di apprendimento.<br />

Giovanna Ciccarelli<br />

Chi e dove Scuola Primaria A. Lozzia - Gardone Riviera<br />

Classi coinvolte Classe IV e V<br />

Docenti referenti Udilla Saletti e Maria Grazia Boschetti<br />

progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

62 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 63 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Il “luogo di collezione” scelto per sviluppare il progetto è stato il “nostro Vittoriale”.<br />

Abbiamo proposto l’attività agli alunni delle classi quarta e quinta che frequentano le ore pomeridiane di attività<br />

opzionali, un gruppo di 21 bambini. Ecco come gli alunni “ raccontano” le attività proposte.<br />

Lo strano zoo del Vittoriale<br />

Non sappiamo proprio come raccontare la nostra avventura nel collezionismo! Vediamo: tutto è cominciato all’inizio<br />

dell’anno scolastico, con il cartone animato della “Sirenetta”. Lì abbiamo scoperto che lei faceva collezione di oggetti<br />

(quelli usati dagli umani) e anche che ognuno di noi, in qualche modo, è un piccolo collezionista di… carte…di<br />

punte di matita…di sassi e di tanti altri oggetti.<br />

Restare a scuola il mercoledì pomeriggio, quest’anno, è stato molto bello, perché siamo andati quasi sempre a<br />

“spasso”. Altro che noiose ore in classe, seduti ad ascoltare o a scrivere! Siamo andati a vedere la collezione di Gesù<br />

Bambini al Museo del Divino Infante, le collezioni di Ugo Da Como nella sua casa di Lonato e, non sappiamo più<br />

nemmeno quante volte, il “nostro” Vittoriale.<br />

Sì, il Vittoriale, perché abbiamo scoperto che anche d’Annunzio era un accanito collezionista.<br />

Siamo andati prima nei giardini privati e poi nella Prioria, ma è nei giardini che abbiamo fatto degli incontri<br />

inaspettati. Durante un’ emozionante caccia al tesoro abbiamo scoperto tutti gli animali che Gabriele aveva<br />

radunato lì: leoni, arieti, serpenti, lupi, aquile… Non veri, per carità! Finti, di pietra, altrimenti… non saremmo qui a<br />

raccontarvelo!<br />

Eh sì, D’Annunzio era un tipo davvero molto bizzarro! Ha collezionato, tra mille altre cose, animali di pietra, di bronzo,<br />

di ceramica, di vetro, proprio di tutti i tipi: davvero uno strano zoo.


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

Il lavoro che ci è stato proposto, all’inizio ci è sembrato un po’ ambizioso nel contenuto e di<br />

difficile approccio per bambini della scuola primaria, perciò abbiamo pensato di sviluppare<br />

il tema del collezionismo, facendolo diventare un’occasione di ricerca e di osservazione,<br />

puntando soprattutto sulla scoperta, la curiosità, il gioco ed il divertimento.<br />

DICO COLLEZIONE E… PENSO…<br />

Attraverso l’attività di brain storming e di mappe concettuali, è stato svolto il seguente<br />

percorso<br />

COS’È UNA COLLEZIONE?<br />

Un insieme di oggetti con un valore e un significato per chi le raccoglie<br />

64 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 65 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

PERCHÈ SI FA?<br />

Per la bellezza, la preziosità e il valore di un oggetto o anche semplicemente perché piace e<br />

diverte<br />

Vedi altri che la fanno e ti appassioni<br />

Perché gli altri le ammirino<br />

Per guadagnare<br />

Per fare scambi<br />

Per curiosità<br />

COME SI FA?<br />

Si ricercano degli oggetti, si scelgono e si acquistano anche all’asta<br />

CHI FA COLLEZIONI?<br />

I <strong>collezionisti</strong><br />

DOVE SI METTONO LE COLLEZIONI?<br />

In magazzini, solai, vetrine, album, raccoglitori<br />

COSA SI PUò COLLEZIONARE?<br />

ADULTI ADULTI E BAMBINI BAMBINI<br />

libri modellini carte yu-gi-oh<br />

auto moto giornalini punte di matite<br />

gioielli antichi francobolli conchiglie<br />

pietre preziose minerali sassi<br />

quadri cartoline adesivi<br />

monete tappi<br />

armi linguette lattine<br />

medaglie antiche biglie<br />

reperti archeologici carte telefoniche<br />

farfalle<br />

bicchierini<br />

vini liquori<br />

bambole di porcellana<br />

barbie<br />

oggetti d’epoca<br />

souvenirs<br />

orologi<br />

carillons


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

NOI COLLEZIONIAMO…<br />

carte gomme di forma diversa foglie<br />

palline rimbalzina adesivi carte telefoniche<br />

punte di matita giornalini biglie<br />

tappi sassi sorpresine<br />

“cuccioli cerca amici” conchiglie<br />

MEGLIO NON COLLEZIONARE…<br />

Partendo dalle conoscenze <strong>dei</strong> bambini nell’ambito delle collezioni e dalle loro raccolte di<br />

oggetti, abbiamo preso in esame due diverse collezioni presenti sul territorio, visitando la<br />

Casa del Podestà di Lonato e il Museo del Divino Infante di Gardone Riviera.<br />

Al Museo del Divino Infante, gli alunni hanno potuto ammirare i 204 Bambin Gesù, di cera,<br />

di legno, di cartapesta, di terracotta, esposti nelle varie teche e sono rimasti incantati<br />

di fronte al grande presepe napoletano, composto da 200 statue, ma soprattutto hanno<br />

potuto ascoltare la preziosa testimonianza della persona che ha realizzato la collezione, in<br />

circa 35 anni di appassionato lavoro. La signora Mayr, chiamando con affetto “bambini” le<br />

sue preziose statue, ha testimoniato il suo percorso di collezionista, dal primo esemplare<br />

scoperto per caso abbandonato in un angolo di una bottega, alle notti insonni dedicate al<br />

restauro, al bellissimo museo da lei creato a Gardone Riviera.<br />

Gli alunni sono stati colpiti dalle sue parole, semplici e tanto efficaci, come “collezionare è<br />

sviluppare l’amore per certe cose e non lasciarlo mai”, oppure “ogni volta che si aggiunge<br />

un pezzo nuovo alla propria collezione si prova una grande gioia” e ancora “per realizzare<br />

questa mia collezione sono stati necessari molto denaro e molto tempo, ma soprattutto tanta<br />

passione e tanto affetto e rispetto”.<br />

Nell’abitazione di Ugo Da Como, gli alunni si sono aggirati con stupore nelle diverse stanze<br />

dell’edificio, ammirando arredi ed oggetti, ma ciò che li ha maggiormente colpiti è stata<br />

la biblioteca, con i suoi 52000 libri antichi, custoditi in scaffali e cassapanche, e in modo<br />

particolare un “librone” di fine Quattrocento ed il “libricino” più piccolo del mondo.<br />

L’ambiente di questa biblioteca, nello stesso tempo ricco ed austero, ha ulteriormente<br />

rafforzato l’idea di collezionismo acquisita dai bambini.<br />

ABBIAMO GIà VISTO COLLEZIONI A…<br />

Museo Mazzucchelli Museo di Gavardo Museo del Divino Infante<br />

E… (abbiamo posto la domanda) al Vittoriale potrebbero esserci collezioni?<br />

D’ANNUNZIO ERA UN COLLEZIONISTA?, DI COSA?…<br />

Alcuni alunni che conoscevano il museo hanno subito risposto che secondo loro nel Vittoriale<br />

c’erano molti oggetti: vasi, modellini di barche, libri, oggetti di guerra, soprammobili, massi,<br />

pili, vittorie alate, statue, stemmi, cestini di frutta, fotografie, lettere… che avrebbero potuto<br />

costituire una specie di collezione.<br />

66 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 67 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

A questo punto era necessario guidarli nella scoperta di d’Annunzio “collezionista”.<br />

Individuare all’interno del Vittoriale una collezione specifica è stato difficile, poiché il Vittoriale<br />

stesso “è una collezione”, perciò abbiamo pensato ad un modo giocoso di scoprirne una in<br />

particolare, ideando una “Caccia alle collezioni”.<br />

Abbiamo fatto visitare i Giardini Privati, scoprendo insieme la dislocazione e la<br />

denominazione <strong>dei</strong> diversi spazi; abbiamo poi fornito ad ogni bambino una piantina, sulla<br />

quale individuare insieme gli elementi principali <strong>dei</strong> giardini, seguendo delle coordinate; in<br />

seguito abbiamo diviso gli alunni in due squadre per una speciale caccia al tesoro.<br />

Si allegano sia la mappa <strong>dei</strong> giardini che le istruzioni per la “caccia alle collezioni”, che<br />

potrebbero essere utilizzate da altre scolaresche inserite in un percorso di visita al Museo.<br />

MAPPA DEI GIARDINI PRIVATI<br />

B1. Ingresso Fontana<br />

circolare<br />

C3. D3. LimonaIa<br />

C1. Portico del Parente Arco<br />

con scritta in latino<br />

D3. D4. Terrazza dell’oca<br />

A2. Pilo della Reggenza<br />

A4. Cimitero <strong>dei</strong> cani<br />

B2. Statua di San Francesco<br />

B4. Tomba di Renata<br />

B2. C2. Massi del Piave<br />

C4. D4. Giardino all’italiana<br />

D2. Arengo<br />

B5. C5. D5. Frutteto<br />

A3. Porta ad arco Serra<br />

B6. C6. D6. Frutteto<br />

B3. Colonna Marciana


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

A CACCIA DI COLLEZIONI<br />

SQUADRA N°1<br />

In giro per il giardino<br />

Vi vogliam mandare<br />

Leggete il bigliettino<br />

E andate a cercare<br />

1. Alla fontana circolare<br />

un putto potrai trovare<br />

che tra le braccia<br />

non ha una foca<br />

bensì un’… (oca)<br />

Scrivi il nome di ogni oggetto. Nella colonna di sinistra comparirà il nome del<br />

posto in cui cercare<br />

Qui dovrai cercare 11 guardiani di pietra (aquile)<br />

Qui nel giardino c’è un altro pilo,<br />

vai lì vicino, ma fa attenzione!<br />

Avvelenato può avere il dente!<br />

È un… (serpente)<br />

SEGUI QUESTE INDICAZIONI:<br />

Passa sotto l’arco<br />

Gira attorno ai massi<br />

Supera la colonna Marciana<br />

Vicino alla tomba guardati intorno<br />

… e trovi su un tondo uno stormo di…( rondini )<br />

5. Risolvi il cruciverba. Nella colonna evidenziata comparirà cosa devi cercare<br />

<strong>Vie</strong>ne dopo ieri<br />

Azione da non fare a ricreazione<br />

A scuola non passano mai<br />

Vorremmo sempre farlo<br />

Si usa per cucire<br />

È l’ultima parola del film (gregge)<br />

Percorri il portico accanto al Parente.<br />

In fondo potrai trovare…..<br />

(È un nome formato da queste lettere)<br />

E N L O E V C C A O A C I C A T O (leone accovacciato)<br />

Sopra l’arco del Parente<br />

cerca un bimbetto paffutello<br />

e vedi cosa ha tra le braccia<br />

- - - - - (pesce)<br />

A sinistra dell’arco con la scritta in latino<br />

Cerca, cerca… L’ACCRESCITIVO DI CAPRE! (caprone)<br />

Nel luogo dove i cipressi sono in semicerchio,<br />

al centro trova chi IN RTI ESC<br />

(le sillabe hanno le lettere scambiate) (cavallo rampante)<br />

Dove c’è un pilo siediti,<br />

il panorama potrai ammirare<br />

ma… attento!<br />

c’è chi ti può sbranare!! (leoni)<br />

68 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 69 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

A CACCIA DI COLLEZIONI<br />

SQUADRA N° 2<br />

In giro per il giardino<br />

vi vogliam mandare!<br />

Leggete il bigliettino<br />

e andate a cercare<br />

Ai piedi della statua<br />

che aperte ha le braccia<br />

troverai un branco di - - - -<br />

abili nella caccia (lupi)<br />

2. Scrivi il nome di ogni oggetto. Nella colonna di sinistra comparirà il nome del<br />

posto in cui cercare<br />

Qui dovrai cercare una mamma con il suo piccolo (leonessa con cucciolo)<br />

3. Alla fontana circolare<br />

cerca, cerca….<br />

È leggera e piccolina<br />

è una bella _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ (farfallina)<br />

4. Segui queste indicazioni:<br />

Percorri il Belvedere<br />

Attraversa la terrazza dell’oca<br />

Arriva ai giardini all’italiana<br />

Guarda il frutteto e trova<br />

Su due vasi 4 teste di _ _ _ _ _ _ _ (caproni)<br />

5. Le parole del messaggio sono state separate in modo sbagliato.<br />

Dividile nel modo giusto e saprai cosa fare<br />

A CCA NTOAS ANFR AN CE SCOC E’QUA LCO SACO NLEA LI<br />

(Leone alato)<br />

6. Risolvi il cruciverba. Nella colonna evidenziata saprai cosa cercare<br />

Rimbalza<br />

Articolo determinativo<br />

Lettera a forma di serpente<br />

Solido geometrico<br />

Sono di fuga<br />

7. Il posto dove devi andare<br />

è formato da queste lettere:<br />

R G A N E O<br />

E dovrai trovare ben<br />

4 E N O L I (leoni)<br />

8. Alla fontana circolare<br />

cerca un bimbo paffutello<br />

e vedi cosa ha tra le braccia<br />

(manca un pezzo) (pesce)<br />

9. Dividi esattamente le lettere:<br />

A LLCE NTRODE LLAL IMON AIAT ROVIU NV IG ILELE ONE<br />

(leone)<br />

10. Alla tomba di Renata osserva a sinistra una porta ad arco<br />

Lì trovi chi fa la……. URO AT<br />

(le sillabe hanno le lettere scambiate) (pavoni)<br />

11. Dove c’è il pilo guardati intorno<br />

Un po’ scrostato<br />

vedrai un L EO NEAL A TO (leone alato)<br />

Individuati tutti gli animali presenti nei giardini, gli alunni hanno realizzato delle<br />

schede di catalogazione.<br />

70 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 71 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

SCHEDE ANIMALI DEI GIARDINI PRIVATI<br />

ANIMALE: pecore<br />

LUOGO: ai massi del Grappa<br />

COLLOCAZIONE. ai piedi della statua di San<br />

Francesco<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: bronzo verde<br />

DESCRIZIONE: è un gregge formato da<br />

parecchie pecore che stanno brucando l’erba<br />

(Katarina Giulia)<br />

ANIMALE: oca<br />

LUOGO: fontana circolare all’ingresso <strong>dei</strong><br />

giardini<br />

COLLOCAZIONE: vicino alla fontana<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: ha le zampe appoggiate ad<br />

un vaso e il corpo è grasso. Il collo è lungo e<br />

robusto. Il putto la stringe per il collo tirando<br />

la testa verso di lui. Si vede solo un’ala un<br />

po’ coperta dal muschio<br />

(Francesca Deborah)<br />

ANIMALE: pesce<br />

LUOGO: sopra l’arco d’ingresso al Portico del<br />

Parente<br />

COLLOCAZIONE: tra le braccia di un putto<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: marmo<br />

DESCRIZIONE: il pesce ha la forma<br />

allungata, sembra quasi un serpente; non si<br />

distinguono le parti del corpo. Le mani del<br />

putto ne afferrano la testa e la coda<br />

(Andrea Gianluca)<br />

ANIMALE: farfallina<br />

LUOGO: fontana circolare<br />

COLLOCAZIONE: incisa su un vaso<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: marmo<br />

DESCRIZIONE: piccola, bianca, è raffigurata<br />

in volo ed ha le ali aperte (Andrea Gianluca)<br />

ANIMALE: leonessa con cucciolo<br />

LUOGO: di fronte alla limonaia<br />

COLLOCAZIONE: su un muretto<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: è accovacciato sulle zampe<br />

posteriori e sta allattando un cucciolo: ha un<br />

atteggiamento protettivo. È senza le orecchie<br />

e gli occhi non sono visibili; è incrostata dal<br />

muschio (Giulia, Katarina)<br />

ANIMALE: leone<br />

LUOGO: in parte alla statua di San Francesco<br />

COLLOCAZIONE: su una base di pietra<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: marmo<br />

DESCRIZIONE: è accovacciato e tra le zampe<br />

anteriori ha il Vangelo. È alato e sulla testa ha<br />

una corona decorata. È coperto di muschio<br />

(Deborah, Francesca)<br />

72 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 73 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ANIMALE: serpente a sonagli<br />

LUOGO: al pilo della Reggenza<br />

COLLOCAZIONE: sulla base del pilo<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: bassorilievo di pietra grigia<br />

DESCRIZIONE: serpente a sonagli<br />

attorcigliato che cerca di mordersi la coda; in<br />

mezzo ad esso c’è la costellazione dell’Orsa<br />

minore e si notano bene le scaglie del corpo<br />

(Alessio Filippo)<br />

ANIMALE: leone<br />

LUOGO: alla fine del corridoio che dal portico<br />

del Parente conduce all’Arengo<br />

COLLOCAZIONE: su un muretto<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: È accovacciato e sembra un<br />

guardiano; ha un’espressione seria, quasi<br />

triste. Ha le zampe anteriori che sbordano<br />

un po’ dal muretto, ha una criniera possente<br />

che sembra, addirittura, la capigliatura di un<br />

uomo. (Alessandra, Sharon)<br />

ANIMALE: ariete<br />

LUOGO: nel corridoio sotto il portico del<br />

Parente<br />

COLLOCAZIONE: su un vaso di pietra


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

DESCRIZIONE: è una testa d’ariete con gli<br />

occhi aperti rivolti in basso; il muso allungato<br />

è circondato da una folta barba; il vello copre<br />

la testa; ha corna ricurve. È in buono stato.<br />

Le corna forse fungono da manici per il vaso<br />

(Alice, Marta)<br />

ANIMALE: cavallo rampante<br />

LUOGO: sulla colonna Marciana<br />

COLLOCAZIONE: a metà della colonna<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: su uno stemma c’è un cavallo<br />

rampante, cioè su due zampe. Al centro c’è<br />

una striscia con un decoro: sembrano stelle<br />

(Stefano, Giorgio)<br />

ANIMALE: leoni<br />

LUOGO: vicino all’Arengo<br />

COLLOCAZIONE: sulla panchina<br />

FUNZIONE: braccioli della panchina<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: sembra che abbiano il muso<br />

imbronciato e che si riposino sulla panchina.<br />

Sono in buono stato. (Carlotta, Clara)<br />

ANIMALE: lupi<br />

LUOGO: vicino ai massi del Grappa<br />

COLLOCAZIONE: ai piedi di San Francesco<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: bronzo<br />

DESCRIZIONE: sono tre lupi in bronzo, due<br />

hanno la bocca aperta, digrignano i denti ed<br />

hanno il pelo arruffato, sembra che stiano<br />

cacciando o che stiano riprendendo una<br />

cosa. (Carlotta, Clara)<br />

ANIMALE: caproni<br />

LUOGO: sulla scaletta che porta al frutteto<br />

COLLOCAZIONE: sui vasi<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: sono teste di caprone con il<br />

muso un po’ allungato, le corna all’indietro,<br />

le orecchie abbassate; sembrano guardarsi<br />

intorno sospettosi. Sono in buono stato,<br />

tranne qualche parte un po’ “sgrappata”<br />

(Claudia, Anna)<br />

ANIMALE: rondini<br />

LUOGO: su un muro tra la tomba di Renata e<br />

le serre<br />

COLLOCAZIONE: in alto su un muro<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: ceramica, maiolica<br />

DESCRIZIONE: sono dipinte 15 rondini di<br />

colore blu tra varie decorazioni, tra cui 15<br />

grappoli d’uva color oro e tralci blu. Questo<br />

piatto è in buone condizioni tranne il<br />

bordo che è semicoperto da muschio.<br />

(Claudia, Anna)<br />

74 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 75 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ANIMALE: aquile<br />

LUOGO: nel frutteto<br />

COLLOCAZIONE: sui muri ad archi che<br />

circondano il frutteto<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: sono 11 aquile ritte sulle<br />

zampe.<br />

Si notano molto bene le penne e le piume<br />

sia del corpo che delle ali. Sono imponenti,<br />

impettite, pronte a spiccare il volo. Hanno<br />

l’aspetto molto fiero con la testa rivolta in<br />

alto come se stessero guardando il nemico<br />

negli occhi e siano pronte a sfidarlo. Forse<br />

sono state messe lì per spaventare i passeri.<br />

(Alessio, Filippo)<br />

ANIMALE: leone<br />

LUOGO: al pilo della Reggenza<br />

COLLOCAZIONE: è un bassorilievo su una<br />

parete dietro il pilo<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCIZIONE: è un leone alato molto grande<br />

e rovinato. Non si distinguono i lineamenti,<br />

ma dalla posizione sembra che abbia avuto<br />

un’aria fiera. (Vincenzo)


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

ANIMALE: pesce<br />

LUOGO: vicino alla colonna Marciana<br />

COLLOCAZIONE: pietra<br />

FUNZIONE: sostiene il sedile<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: sono due pesci appoggiati<br />

l’uno contro l’altro con la coda rivolta verso<br />

l’alto; il muso è in basso, appoggiato a terra.<br />

Hanno labbra molto grandi, gli occhi attenti e<br />

spalancati. Le scaglie sembrano, piuttosto un<br />

misto tra piume e foglie. (Stefano, Giorgio)<br />

ANIMALE: leone<br />

LUOGO: vicino al pilo della Reggenza<br />

COLLOCAZIONE: ai lati di una panchina<br />

FUNZIONE: sostiene il sedile<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: è un leone alato con una folta<br />

criniera, il muso allungato e gli occhi non<br />

visibili; nonostante ciò, appare fiero e sembra<br />

fare la guardia. È stato consumato dagli<br />

agenti atmosferici e dal muschio.<br />

(Alice, Marta)<br />

ANIMALE: pavoni<br />

LUOGO: tra la tomba di Renata e il cimitero<br />

<strong>dei</strong> cani<br />

COLLOCAZIONE: sopra una porta ad arco<br />

FUNZIONE: bassorilievo decorativo<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: sono due pavoni. Sembra che<br />

stiano beccando in un cesto appoggiato su<br />

una colonna. Sono uno di fronte all’altro, i<br />

loro becchi combaciano, le loro zampe sono<br />

a terra e la coda è bassa. (Andrea, Renith)<br />

ANIMALE: leone<br />

LUOGO: limonaia<br />

COLLOCAZIONE: su un muretto che divide le<br />

terrazze<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: è snello, una criniera lunga<br />

e liscia, il muso rivolto verso l’alto, la coda<br />

ripiegata sul dorso. Ha un’aria seria, è fiero<br />

di sé, semra fare la guardia alla leonessa<br />

con il cucciolo che è sul muretto sottostante.<br />

(Alessandra, Sharon)<br />

ANIMALE: pesce<br />

LUOGO: fontana circolare<br />

COLLOCAZIONE: sopra una bassa colonna<br />

FUNZIONE: decorativa<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: il pesce è senza testa: si<br />

capisce che è un pesce solo dalle squame. È<br />

tra le braccia di un putto che sembra tenerlo<br />

stretto perché non gli sfugga. Sia il pesce<br />

che il putto sono molto scrostati.<br />

(Andrea, Renith)<br />

76 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 77 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ANIMALE: leone<br />

LUOGO: fontana circolare<br />

COLLOCAZIONE: panchina<br />

FUNZIONE: sostegno alla panchina<br />

MATERIALE: pietra<br />

DESCRIZIONE: è alato, piuttosto piccolo; ha<br />

un’aria fiera e attenta. Ha il capo in parte<br />

ricoperto di muschio.


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

Alla fine di questo lavoro i bambini avevano molte curiosità da soddisfare…<br />

Come mai al Vittoriale sono rappresentati tanti animali? Forse d’Annunzio li amava molto, ma<br />

nella sua casa c’erano anche animali veri?<br />

Così abbiamo avuto un incontro con la responsabile dell’archivio del Museo, che ha risposto<br />

alle domande degli alunni e ci ha raccontato tutto sulla passione del poeta per gli animali in<br />

genere.<br />

I bambini hanno così scoperto che:<br />

Quando viveva in Francia D’Annunzio possedeva <strong>dei</strong> cavalli e aveva un allevamento di cani da<br />

corsa, levrieri; in quello stesso periodo partecipò anche a gare di corsa di cani in Inghilterra.<br />

Anche al Vittoriale il poeta teneva con sé <strong>dei</strong> levrieri, come Zan Zan e Krissa, che ora sono<br />

sepolti nei suoi giardini privati nel “cimitero <strong>dei</strong> cani”; aveva anche <strong>dei</strong> mastini con <strong>dei</strong> nomi<br />

molto particolari, Danchi, Dangero, Danzetta e Dannaggio, tutti inizianti con “Dan”, per i quali<br />

aveva fatto fare <strong>dei</strong> collari in cuoio ed argento, con nastri rossi e blu (colori dello stemma di<br />

Montenevoso, di cui era il Principe ). Per questi cani di razze delicate Gabriele faceva preparare<br />

diete molto rigide ed era molto severo anche con le persone che si prendevano cura di essi.<br />

Il carapace della tartaruga in bronzo, la cheli, appoggiata sul tavolo della sala da pranzo,<br />

apparteneva ad una vera enorme tartaruga, regalata al poeta nel 1924 e proveniente da un<br />

circo di Budapest: morì per indigestione di tuberose e fu messa in tavola per ammonire gli<br />

ospiti ingordi.<br />

Al Vittoriale vissero per un certo periodo anche <strong>dei</strong> caprioli che avevano una casetta (fatta<br />

costruire apposta a Milano) vicino al Laghetto delle Danze; dopo l’uccisione a cornate della<br />

femmina da parte del maschio, d’Annunzio decise di non ospitare più questo tipo di animali.<br />

Gabriele chiamava lo scultore – orafo Renato Brozzi, specializzato in animali, “il mio<br />

animaliere”: fu lui a creare il corpo in bronzo della tartaruga e a realizzare altre sculture di<br />

animali sparse per il Vittoriale. Aveva anche realizzato per d’Annunzio un anello con la testa di<br />

un’aquila che teneva tra il becco un rubino.<br />

I diversi animali in pietra che abbiamo visto nei giardini privati e sulla facciata della Prioria<br />

provengono da altri giardini e da altre ville importanti.<br />

Alla fine del percorso gli alunni hanno espresso il desiderio di inventare una storia<br />

relativa alla presenza degli animali nei giardini. Hanno lavorato in piccoli gruppi e,<br />

dalla condivisione delle diverse storie, è stato steso il seguente testo teatrale<br />

STRANO ZOO AL VITTORIALE<br />

Testo teatrale elaborato dagli alunni<br />

(Alcuni bambini, in gita scolastica al Vittoriale, entrano con la maestra nei giardini<br />

privati di D’Annunzio; tra gli alberi, i fiori e i diversi arredi, attorno a loro, immobili,<br />

tanti animali in pietra)<br />

78 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 79 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Maestra Bambini, bambini, entriamo qui! Ora visitiamo i giardini privati del<br />

Vittoriale.<br />

Alunno Ma perchè? Finora quelli che abbiamo visto non erano giardini.<br />

Maestra Sì, erano giardini anche quelli, ma questo è un luogo particolare.<br />

Pensate che era riservato solo a d’Annunzio ed ai suoi ospiti speciali<br />

Alunno È grande!<br />

Alunno È bello!<br />

Alunno Guarda c’è una statua con le braccia aperte!<br />

Maestra È San Francesco<br />

Alunno Ma qui c’è una scritta!<br />

Maestra Prova a leggerla<br />

Alunno Rosam cape, spinam cave… Cosa vuol dire?<br />

Maestra È in latino. Prendi la rosa ed evita le spine.<br />

Alunno E qui cosa c’è scritto? Portico del parente…<br />

Quale parente? Cugino? Nonno? Parente di d’Annunzio?<br />

Maestra Michelangelo. Dovete sapere che d’Annunzio era molto vanitoso<br />

e per essere ancora più importante raccontava di essere parente<br />

addirittura del grande Michelangelo.<br />

Alunno E guardate cosa c’è qui, ai piedi di san Francesco. Sono lupi?<br />

C’è anche un gregge! Sembrano lupi!<br />

Alunno Guardate invece laggiù… Ci sono delle aquile!<br />

Alunno Andiamo a vedere…<br />

Alunno Ma quanti animali ci sono in questo giardino?<br />

Pecora Psss pssss…<br />

Alunno Cosa vuoi? Perché mi chiami?<br />

Alunno Ma cosa dici? Non ho detto niente!<br />

Pecora Psss psss…<br />

Alunno Smettila!<br />

Alunno Non sono io.<br />

Pecora Sono io… Girati.<br />

Alunno Guarda! È la pecora che parla.<br />

Pecora Eh, sì sono proprio io!<br />

Alunno Non ho mai visto un animale che parla! Non credo alle mie orecchie.<br />

Pecora Invece dovrai proprio crederci. Non solo io, ma tutti gli animali in pietra<br />

che sono qui parlano!<br />

Lupo Sì, anch’io!<br />

Serpente Anch’io!<br />

Alunno Ma caspita, quanti siete!<br />

Pecora Io mi chiamo Fiorangela e parlo a nome del mio gruppo.<br />

Sono la prima di un gregge di pecore.<br />

Tanto tempo fa vivevo sulle Alpi Graie. Che bellezza!!!<br />

Un’aria fresca e dolce e tanta, tanta erba fresca da mangiare.<br />

Tutti i giorni io ed il mio gregge andavamo a pascolare ed il nostro pastore<br />

ci guidava sempre più in alto.<br />

Adesso mi trovo qui, ferma, sotto ad una statua che ha le braccia aperte<br />

ed una veste lunga, lunga. La chiamano San Francesco.


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

Leone Io sono il leone, il più importante di tutti.<br />

Una volta vivevo nella savana, facevo parte di un grande branco di leoni.<br />

Ero felicissimo, potevo fare tutto quello che volevo, quando volevo.<br />

Avevo un fratello più piccolo di me che adesso… chissà dove sarà.<br />

Mi mancano tante cose: correre con i miei compagni tra le erbe alte,<br />

cacciare le gazzelle e le zebre…<br />

Com’era bella la vita nella savana!<br />

Vivevo sotto un’enorme rupe, mi alzavo all’alba, vedevo il sole che sorgeva<br />

e gli struzzi che si stiracchiavano le ali. Avevo un bella criniera,<br />

color rosso fuoco, che adesso, ahimè, mi hanno tagliato.<br />

Oca Vivevo in un limpido stagno. Ero un’oca tranquilla e beata<br />

e galleggiavo sull’acqua per tutto il giorno.<br />

A volte non riuscivo a dormire, perché i pesci mi facevano il solletico,<br />

a volte invece andavo a sbattere contro qualche ninfea. Sono bianca<br />

e un po’ panciuta, mi sta strozzando un putto ed ho paura di cadere<br />

nella fontana rotonda davanti a me.<br />

Non so perché questo putto tutto nudo ce l’abbia con me,<br />

io non gli ho fatto niente… Forse vuole strozzarmi per cucinarmi per cena!!!<br />

Alunno Ma che storie tristi! E tu, chi sei?<br />

Farfalla Io sono una farfalla molto speciale. Una volta vivevo in un luogo<br />

molto lontano da qui, un posto ormai abbandonato da tutti e da tutto,<br />

ma accidenti… non mi ricordo proprio dove!!!<br />

Ah, mi stavo per dimenticare, io mi chiamo Brillantina e le mie ali<br />

ed il mio corpo erano di color argento, ornate da brillantini.<br />

Quando ero bambina, nel luogo in cui abitavo, c’erano tante altre farfalle<br />

come me, leggere e colorate. Ed ora… Eccomi qui, da sola, su questo vaso.<br />

E i miei colori? Dove sono?<br />

Non posso però lamentarmi, sono vicina ad una bellissima fontana, insieme<br />

ad altri animali, nell’immenso Vittoriale di Gabriele d’Annunzio.<br />

Leone Alato Ciao, sono un leone, un leone alato.<br />

Ora vivo in questi giardini, ma prima vivevo nel paradiso degli animali,<br />

per questo ho le ali.<br />

Ero un leone molto buono, non per niente ero in paradiso! Ero anche un tipo<br />

scherzoso e facevo sempre molti scherzi ai miei compagni angeli.<br />

Un giorno venne da me un uccellino con una pergamena sulla quale c’era<br />

scritto che ero invitato sulla Terra, per una festa nella foresta. Andai alla<br />

festa e raccontai tante barzellette e fui così divertente, che a mezzanotte fui<br />

eletto re della festa e mi furono dati in premio questa corona, che ora porto<br />

sulla testa, e questo librone, in cui scrivo le mie barzellette.<br />

Alunno Potresti raccontarcene una.<br />

Alunno Ma no, ascoltiamo anche gli altri, anzi, è meglio che ci sediamo qui!<br />

Serpente Sono il serpente. Vivevo in montagna e lì amavo strisciare nell’erba alta e<br />

fresca, da mattino a sera.<br />

Rubavo le uova degli altri animali in quantità esagerate:<br />

ero un supermangione!<br />

Mi piaceva restare immobile sui sassi ad abbronzarmi,<br />

mentre guardavo il ruscello correre giù per i monti: era molto rilassante.<br />

La natura è la cosa più bella del mondo per me,<br />

e credo lo sia anche per voi!<br />

E guarda adesso… sono qui in mezzo alla natura di questo bel giardino, ma<br />

appiccicato sul Pilo della Reggenza, tutto attorcigliato, che mordo la mia coda!!!<br />

Alunno Povero te!!<br />

80 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 81 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Ariete Sono un ariete e vi racconto la mia storia.<br />

Vivevo in campagna dov’ero libero nei pascoli e mi sentivo molto felice. I miei<br />

padroni mi trattavano come un re: mangiavo erba fresca di prato, bevevo acqua<br />

pura di ruscello, pascolavo libero e tranquillo nei prati, limandomi e affilandomi<br />

le corna sulle rocce.<br />

Ed ora, guardate come sono ridotto… non sono più lo stesso! Sono dentro<br />

un vaso, mi spunta fuori solo la testa, giusto per respirare. E le mie corna…<br />

fungono da manici! Mi usano come decorazione!!!<br />

Cavallo Sono un cavallo che una volta viveva in una prateria estesa, proprio immensa,<br />

anzi sterminata, con erbe fresche e profumate e con tanti fiori gialli, blu,<br />

arancioni… di tutti i tipi.<br />

Ma adesso ritorniamo a noi. La mia famiglia era composta da sette cavallini. Io<br />

con loro correvo come un pazzo dalla mattina alla sera, saltavo gli ostacoli e mi<br />

rotolavo nell’erba fresca che mi faceva solletico.<br />

Ero velocissimo e abilissimo: il mio padrone mi faceva partecipare a delle gare<br />

ed io vincevo sempre.<br />

Che bei tempi erano quelli!!!<br />

Adesso mi vedete qui, grigio, tutto brutto e stretto, incementato sulla Colonna<br />

Marciana, ma pensate a com’ero bello là, nella mia prateria.<br />

Lupo Io sono un lupo. Mi ricordo come era bella la libertà.<br />

Vivevo in un bosco di alta montagna, in un branco molto numeroso. Avevo anche<br />

una famiglia: mia moglie era una bella lupa ed i miei figli due cuccioli molto<br />

vivaci e curiosi.<br />

Mi piaceva insegnare ai miei lupacchiotti la caccia. E com’era bello il mio<br />

bosco, con tutti quei fiori colorati, con il muschio morbido e profumato.<br />

Rondine Io mi ricordo quando vivevo libera e volavo leggera nell’aria. Andavo in giro a<br />

cercare cibo per i miei rondinini e andavo nel bosco a cercare rametti di pino,<br />

per costruire un nido grande e accogliente.<br />

I colori della natura mi mancano molto! Era così bello ammirare a primavera il<br />

verde del prato e l’azzurro del cielo e in autunno tutte le sfumature del giallo e<br />

del marrone delle foglie! Dei profumi, poi, non ne parliamo… erano così tanti e<br />

così buoni. Non sapete quanto mi mancano!<br />

Guarda qui dove sono finita: appiccicata su di un piatto, insieme ad altre 15<br />

rondini.<br />

I giardini sono belli… ma che tristezza stare qui!!!<br />

Alunno Per fortuna ti sono state vicine le tue amiche!<br />

Aquila Sono l’aquila. Vivevo sulle solitarie rupi del Parco Alto Garda.<br />

Facevo lunghi voli che duravano circa un’ora. Infatti avevo ali larghissime, con<br />

un’apertura di oltre due metri, e planavo sulle vallate.<br />

Ero ghiotta di topini e coniglietti ed il mio spuntino serale era un bel serpentello<br />

con contorno di bacche.<br />

La vita libera era proprio bella, non come adesso che sono qui, inchiodata su di<br />

una colonna!<br />

L’unica consolazione è che mi fanno compagnia altre dieci aquile con le quali<br />

posso fare quattro chiacchiere.<br />

Pesci Siamo due pesci e stiamo ai piedi di una panchina. Mamma mia che fatica<br />

con tutto questo peso sulla schiena… e non vi dico quando qualcuno si siede<br />

sopra!!!<br />

Ah, non è più come una volta, quando sguazzavamo nell’acqua, ridevamo,<br />

scherzavamo e rubavamo il cibo agli altri pesci. Ci piaceva molto restare<br />

intrappolati tra le alghe e riuscire a liberarci. Ci mancano le onde, le alghe e tutti<br />

gli amici del lago.<br />

Pavone Io sono un pavone. Mi chiamo Rudy e vivevo nella giungla del Ceylon.


progetto 4 Strano zoo al Vittoriale progetto 4 Strano zoo al Vittoriale<br />

Il mio corpo misurava 70 cm. e la mia coda era lunga un metro e 30 cm. Era<br />

davvero una splendida coda!<br />

Quando la aprivo, era come se spuntasse l’arcobaleno e si formava un enorme<br />

ventaglio, che faceva aria a tutti quelli che mi stavano intorno.<br />

Ed ora… eccomi qui, imprigionato sopra questo portone, vicino a mio fratello.<br />

Facciamo i guardiani a questo ingresso e non sappiamo neppure dove porta.<br />

Alunno Poveri voi… Ma caspita, quanti siete?<br />

Oca Non siamo solo noi, ce ne sono molti altri<br />

Alunno Dove sono? Io non ne vedo altri.<br />

Leone alato Non avete visto prima di entrare qui? Sulla facciata della Prioria ci sono un<br />

sacco di nostri compagni<br />

Pesce C’è una papera!<br />

Ariete Un levriero!<br />

Aquila Un gallo!<br />

Farfalla Un’aquila con due teste<br />

Leone Un coniglio e tanti altri…<br />

Pecora Anche il Portico del Parente è affollato di animali<br />

Rondine Ci sono fenicotteri e grifoni<br />

Pavone C’è una scimmia, una pecora<br />

Cavallo E nella Prioria siete già entrati?<br />

Maestra No, non ancora. Non direte che anche lì ci sono animali?<br />

Lupo Altroché! Ce ne sono tantissimi: elefanti, rinoceronti, pappagalli, granchi,<br />

pesci…<br />

Serpente Enormi teste di cavallo…<br />

Ariete E perfino una tartaruga sul tavolo da pranzo!<br />

Alunno Non ci posso credere! Ma quel Gabriele era davvero fissato con gli animali!!!<br />

Leone al. Aveva una vera e propria passione: levrieri, cavalli, caprioli…<br />

Ariete Già, dovete sapere che prima di trasferirsi qui aveva avuto anche allevamenti di<br />

cani da corsa, con i quali aveva partecipato a delle gare in Inghilterra<br />

Aquila E qui , proprio nei giardini privati ci sono ancora le tombe <strong>dei</strong> suoi cani preferiti,<br />

Zan e Krissa<br />

Farfalla Non parliamo poi <strong>dei</strong> suoi alani: Danchi, Dangero… Danzetta e Dannaggio…<br />

Come potete notare tutti iniziano con… DAN… come…<br />

Alunni D’Annunzio!!!<br />

Rondine E qui al Vittoriale, per un certo periodo vissero anche <strong>dei</strong> caprioli che avevano<br />

una casetta vicino al Laghetto delle danze.<br />

Alunno Ma toglietemi una curiosità: come mai voi siete tutti qui e perché siete diventati<br />

di pietra?<br />

Lupo Allora… È una storia un po’ lunga… d’ Annunzio aveva avuto case dappertutto<br />

e in ogni casa aveva degli animali. Ad un certo punto (non riusciva più a pagare<br />

l’affitto di tutte!) decise di tenere solo una casa e di trasferirci qui tutti…<br />

Alunno Deve essere stata una vera e propria impresa!!<br />

Leone Eh, sì! Ma lui era veramente molto affezionato a tutti noi e qui vivevamo felici.<br />

Ariete Aveva sempre molte amiche che ospitava volentieri… musiciste, cantanti,<br />

attrici… e pretendeva che esse si prendessero cura di noi. Quante ne abbiamo<br />

viste arrivare e ripartire! Ma, tra tutte loro, ce ne fu una molto particolare…<br />

(Gli animali ricordano)<br />

(Entrano in scena d’Annunzio e la sua ospite, Carla)<br />

D’Annunzio Chissà se sono pronti i nuovi collari di cuoio e d’argento che ho ordinato per i<br />

miei mastini. Ah, devo anche scrivere una nuova dieta per loro, se voglio che<br />

siano nella forma migliore per le prossime gare. E i caprioli? Bisogna che dica<br />

a Maroni di progettare una casetta anche per loro, là, vicino al Laghetto delle<br />

danze.<br />

82 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 83 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Carla Guarda te, se è una cosa possibile!<br />

Gabriele mi invita qui al Vittoriale a fare una vacanza con lui e invece?<br />

Beata chi riesce a vederlo.<br />

È sempre chiuso nel suo studio ed il poco tempo libero che ha lo dedica<br />

ai suo animali.<br />

Ma guarda un po’!<br />

D’Annunzio Devo proprio dire a Carla di controllare la zampa dell’ariete. Stamattina mi è<br />

sembrato che zoppicasse un poco.<br />

Anche la ruota del pavone non era proprio in ordine… Le dirò di pettinare bene<br />

tutte le sue piume.<br />

Carla Eh, no! Prima la zampa dell’ariete, poi la coda del pavone… Non se ne può<br />

davvero più!<br />

(si avvicina agli animali)<br />

Fammi vedere la tua bella zampina. “Gliela taglierei volentieri…”<br />

Che belle piume che hai. “Te le strapperei tutte, una ad una…”<br />

Che stupida! E io che credevo di venire a fare una bella vacanza: passeggiate,<br />

pranzi, concerti, feste eleganti… e invece eccomi qui… sono come la<br />

guardiana <strong>dei</strong> porci!<br />

D’Annunzio Che peccato! È morta la tartaruga, La mia cara tartaruga… Quell’ingorda ha<br />

mangiato tante di quelle tuberose che ha fatto indigestione. Pensare che mi era<br />

stata regalata da un circo di Budapest.<br />

Carla Ogni giorno ce n’è una nuova! Adesso è di cattivo umore per quell’inutile<br />

tartaruga.<br />

Così niente giro in battello, come mi aveva promesso.<br />

È ora di finirla… ci penserò IO ai suoi cari animali!!!<br />

Pecora Quella donna in realtà era una strega e odiava TUTTI gli animali. Una notte, con<br />

una pozione, ci ha pietrificati. Fu poi cacciata da qua, ma ormai per noi non<br />

c’era più niente da fare…<br />

Pavone Il “nostro Gabriele” ha provato di tutto, ma… purtroppo, siamo rimasti così!<br />

Rondine Ed eccoci qui! Per fortuna che ogni tanto qualcuno… qualche bambino come<br />

voi, che crede ancora nelle magie, riesce a sentire le nostre voci.<br />

Leone alato Attenzione, però… questo è un segreto… non ditelo a nessuno. D’accordo?<br />

Alunno State tranquilli… non lo saprà nessuno, non diremo a nessuno che nella<br />

nostra gita, tra tante cose originali e strane, come il sommergibile e la nave…<br />

abbiamo potuto vedere anche lo strano zoo del Vittoriale!!!


Chi e dove Scuola Secondaria di Primo grado Giovanni XXIII - Gardone Riviera<br />

Classi coinvolte Classe III A<br />

Docenti referenti Enrico Fava<br />

progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />

(percorsi nel parco del Vittoriale)<br />

PROGETTO<br />

“Le <strong>Vie</strong> dell’Arte: sulle orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>”<br />

Materie:<br />

• Arte ed Immagine;<br />

• Storia;<br />

Classi:<br />

• III<br />

Schema generale:<br />

progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />

Obbiettivo:<br />

• La nozione di “Monumento” inteso come “Documento”<br />

PASSIONE<br />

In classe: a partire da delle “nozioni” sensuali sul concetto di<br />

ricordo e memoria, arrivare all’idea di “elemento”, monumento<br />

e quindi di testimonianza = monumento, da qui partire per<br />

una serie di “refoli”= storie che si dipanino attorno all’asse<br />

comune che è, inevitabilmente, la vita di d’Annunzio, il quale<br />

sarà visto come misura e limite dello SPAZIO reale, sensibile,<br />

architettonico e immaginifico che è il Vittoriale.<br />

84 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 85 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Al Vittoriale: Il Luogo come luogo principe delle esperienze. Passeggiate alla scoperta <strong>dei</strong> suoni,<br />

rumori, “energie”, sensazioni.<br />

Rilievo degli elementi sensibili, i ricordi, i cimeli e da questi risalire alla loro storia e attraverso questi<br />

alle storie che da esse partono. Ogni luogo sarà raccontato e narrato da diversi, molteplici e cangianti<br />

punti di vista, poiché non potendo avere una visione simultanea del TUTTO, sarà il particolare a<br />

essere disvelatore del TUTTO.<br />

Organizzazione del lavoro; i ragazzi hanno operato a gruppi secondo le modalità proposte dal<br />

docente.<br />

Fase 1 conoscenza del contesto Attraverso una serie di uscite preparatorie, “farepropri” i<br />

luoghi del Vittoriale: posti, luoghi, enti, natura, cose….<br />

Fase 2 ascolto del contesto Dopo aver osservato, “sentire” i luoghi: i fatti attraverso i cimeli<br />

esposti, i monumenti, le targhe, la disposizione del giardino…<br />

Fase 3 ricerca Dopo aver accumulato dati, esperienze, sensazioni all’interno <strong>dei</strong> giardini del<br />

Vittoriale, si è avviata una fase di ricerca per puntualizzare e circostanziare le prime ipotesi di<br />

percorso.<br />

Fase 4 redazione <strong>dei</strong> percorsi Ogni gruppo, a seconda della tematica proposta, ha redatto<br />

un percorso di visita all’interno del Vittoriale in più tappe. Ogni tappa è riportata sulla guida e<br />

illustrata nella maniera più dettagliata possibile.<br />

I tre percorsi proposti sono:<br />

• Il Ricordo<br />

• La Memoria<br />

• La Guerra


progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />

LA MEMORIA<br />

Quest’anno il professor Fava, ci ha fatto partecipare a questo<br />

progetto, in cui dovevamo seguire un percorso tematico all’interno<br />

del Vittoriale degli italiani.<br />

Abbiamo iniziato, seguendo il sentimento della memoria, perchè<br />

volevamo ricordare quello che d’Annunzio ha fatto. Poi, durante delle<br />

lezioni, ci ha portato all’interno del Vittoriale, per farci studiare quello<br />

che rientrava nel nostro percorso.<br />

Abbiamo compreso nel percorso:<br />

1. l’arengo: fu il luogo in cui d’Annunzio leggeva le sue poesie ai suoi spettatori e dove si<br />

ritirava per celebrare <strong>dei</strong> riti religiosi.<br />

2. la tomba della figlia Renata.<br />

3. il Mausoleo: le tombe dove riposano le sue<br />

spoglie, quelle dell’architetto Maroni e <strong>dei</strong> suoi<br />

fedelissimi amici.<br />

4. l’aereo: si colloca all’interno dell’auditorium,<br />

e ricorda il volo su <strong>Vie</strong>nna<br />

5. il volante: si trova nella Prioria, e ricorda la<br />

morte dell’amico Henry Segrave il quale aveva<br />

partecipato ad una gara di motoscafi. Era stato<br />

convinto da d’Annunzio ad intraprendere questa<br />

sfida.<br />

6. il cimitero <strong>dei</strong> cani: ricorda l’amore di<br />

d’Annunzio verso i cani… dopo la loro morte li<br />

volle seppellire nel suo giardino privato per non<br />

dimenticarli.<br />

Si chiamavano: Krissa; Zan Zan.<br />

IL RICORDO<br />

Il tema che abbiamo affrontato è quello del RICORDO, per rivivere attraverso luoghi e oggetti<br />

gli aspetti più significati della vita del Vate. Le tappe che proponiamo sono 5:<br />

1. Pilo del Piave: percorrendo il viale d’ingresso si raggiunge il Pilo del Piave, realizzato nel<br />

1935, che simboleggia l’arcata spezzata di un ponte di Piave lungo il quale l’esercito<br />

italiano rimase bloccato per dodici mesi. In quel periodo la vittoria rimase con i piedi<br />

incatenati ed è rappresentata dalla statua che sovrasta il pilo.<br />

2. Piazzetta Dalmata: prende il nome dal pilo di pietra con antenna sulla quale c’è la<br />

statua in legno della vergine. Lo zoccolo è formato da due pietre sovrapposte di una<br />

macina dell’antico frantoio che si trovava nella proprietà. Tale frantoio è ornato da otto<br />

mascheroni. In memoria della terra dalmata conquistata a seguito della Prima Guerra<br />

Mondiale.<br />

3. Prioria: è la casa in cui abitò D’Annunzio e arredata dal poeta stesso con il suo stile<br />

personalissimo. La casa è stata aperta al pubblico nel 1975. La casa del Vate ci ricorda<br />

la sua vita, le sue opere e tutto ciò che di meraviglioso è riuscito a realizzare.<br />

- Stanza della Cheli: La sala da pranzo prende il nome dalla grande tartaruga di bronzo<br />

collocata sul tavolo a monito per gli ospiti, il guscio infatti appartiene a una tartaruga<br />

vissuta nel Vittoriale e morta per indigestione di tuberose. I colori dominanti nelle pareti<br />

e nel soffitto, sono il rosso, il blu, l’oro e il nero.<br />

86 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 87 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

- Reliquie: ci sono ricordi di ogni genere: idoli, statue di tutte le religioni. Su un altare è<br />

posto il volante spezzato del motoscafo sul quale è morto un caro amico del poeta.<br />

Nella stanza ci sono anche cuscini tappeti e calchi. Le pareti sono tappezzate con stoffe<br />

damascate e su una trave è inciso “cinque le dita cinque le peccata”.<br />

- Officina: studio del Poeta dalla porta bassa che costringeva ad inchinarsi in omaggio<br />

all’arte. In essa si conservano manoscritti, documenti, dizionari, volumi e il gesso del<br />

volto di Eleonora Duse, “testimone velata”, della sua opera.<br />

4. Giardini privati: vennero organizzati dall’architetto G. Maroni nel 1922, e per abbellirli<br />

vennero portate piante molto amate da D’Annunzio: magnolie, palme, rose e faggi rossi.<br />

- Arengo luogo mistico dove d’Annunzio amava trascorrere il suo tempo con gli amici più<br />

cari, ricordando il passato. Dietro il trono c’è una foresta di colonne, a ricordo di tutte<br />

le vittorie della Grande Guerra. Tra di esse infine se ne distingue una più scura che<br />

sorregge un’urna con la terra del Carso.<br />

- Cimitero <strong>dei</strong> Cani: luogo molto malinconico in si trovano le tombe <strong>dei</strong> due levrieri<br />

prediletti del Vate, Krissa e Zan Zan.<br />

- Massi sacri: provengono dalle zone più aspre della prima Guerra mondiale, indicata con<br />

il carminio rosso simbolo del sangue versato.<br />

5. Nave Puglia: fu donata al poeta dalla Marina Militare nel 1923, e incastonata su un<br />

promontorio con la prua rivolta all’Adriatico. Le pareti posteriori furono realizzate in<br />

pietra e collegate alle architetture <strong>dei</strong> viali.<br />

LA GUERRA<br />

Il nostro percorso consiste nello spiegare le imprese di guerra di<br />

d’Annunzio,analizzando le tappe più importanti che Gabriele riporta in questo luogo<br />

suggestivo, il Vittoriale degli Italiani.<br />

Il nostro itinerario di guerra presenta sei tappe principali, il Pilo del Piave, del dare in<br />

brocca, il M.A.S nel quale ricordiamo la famosa e coraggiosa impresa dell’intrepido<br />

d’Annunzio, la beffa di Buccari, il volo su <strong>Vie</strong>nna e infine la nave Puglia.<br />

Abbiamo scelto questo percorso di guerra per commemorare le molteplici imprese<br />

di d’Annunzio.<br />

Iniziamo a descrivere il nostro percorso in modo più dettagliato e particolareggiato<br />

partendo dal Pilo del Piave. Questa struttura venne eretta tra il 1934 e il 1935<br />

e rappresenta l’arcata di un ponte a ridosso del fiume Piave. Sulla sommità<br />

è collocata la vittoria del Piave, con le ali frementi, ma incatenata ai piedi; è il simbolo<br />

dell’esercito italiano dopo la sofferente sconfitta di Caporetto, durante la Prima guerra<br />

mondiale. Altro pilo, situato pochi passi dopo è, quello del “dare in brocca”, ossia colpire<br />

nel segno, come è evidente nel bassorilievo che rappresenta delle frecce che colpiscono il<br />

centro del bersaglio.<br />

Un mezzo di grande rilievo nella vita di d’Annunzio è il MAS 96, con il quale compì la<br />

celeberrima impresa della beffa di Buccari. Dopo 14 ore di durissima navigazione, nella<br />

notte del 10 febbraio 1918 iniziò il trasferimento verso la costa istriana, nei pressi della baia<br />

di Buccari, dove secondo le informazioni raccolte dal servizio dell’Esercito<br />

Italiano, sostavano unità austriache, sia mercantili che militari.<br />

Il MAS 96 riuscì ad intrufolarsi per oltre ottanta miglia tra le difese costiere<br />

nemiche e raggiunse la baia di Buccari, dove lanciò siluri contro alcuni navi<br />

avversarie.<br />

Le unità italiane riuscirono a riguadagnare il largo tra le incredulità degli<br />

austriaci che non credevano possibile che fosse stato in grado di entrare<br />

fino in porto, e quindi non reagirono con le armi.<br />

L’impresa di Buccari ebbe una grande risonanza in una guerra in cui gli


progetto 5 La memoria, il ricordo, la guerra<br />

aspetti psicologici rivestivano grande importanza.<br />

Dopo l’impresa il mas fu portato al Vittoriale degli Italiani,<br />

situato nei pressi della fontana del Delfino.<br />

All’esterno della struttura ospitante il mas si trova il motto<br />

ideato da d’Annunzio “Memento Audere Semper”, ricordati<br />

di osare sempre.<br />

Proseguendo il nostro percorso giungiamo alla nave Puglia,<br />

a mezza costa fra il Mausoleo e il lago, il monumento più<br />

curioso, la prua della Nave Puglia rivolta verso l’Adriatico,<br />

donata dalla Marina Militare a d’Annunzio, smontata,<br />

trasportata con decine di vagoni ferroviari e poi ricostruita<br />

con una difficile opera di ingegneria; la parte posteriore è<br />

realizzata in pietra.<br />

Un altro momento avventuroso della vita di Gabriele è il celebre volo su <strong>Vie</strong>nna del 1918.<br />

Questa impresa era stata progettata dallo stesso D’Annunzio, più di un anno prima, ma<br />

difficoltà tecniche, legate soprattutto al problema dell’autonomia degli apparecchi per un<br />

volo di mille chilometri, avevano indotto il Comando Supremo dapprima a negare il consenso<br />

e poi a ordinare delle prove di collaudo. Il 4 settembre del 1917 d’Annunzio aveva compiuto<br />

un volo di dieci ore senza particolari problemi, così l’autorizzazione necessaria all’impresa<br />

arrivò sotto forma di un bizzarro messaggio.<br />

La missione riscosse un grande successo e l’ aereo è ancora oggi conservato nell’<br />

auditorium del Vittoriale degli Italiani.<br />

Chi e dove Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri Cesare Battisti - Salò<br />

Classi coinvolte Classe IV A Turistico<br />

Docenti referenti Amalia Bigi e Margherita Lazzarone<br />

88 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 89 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali,<br />

oggetti da collezione, al Vittoriale<br />

Premessa<br />

Il progetto <strong>Sulle</strong> orme <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>: G. d’Annunzio, i cui Enti proponenti sono il Vittoriale<br />

degli Italiani e il Ministero della Pubblica Istruzione, è stato subito accolto con favore dalle<br />

insegnanti di inglese e di italiano, che l’hanno illustrato alla propria classe, verificando,<br />

insieme agli studenti, se si poteva realizzare un itinerario di lavoro avvincente, molto<br />

interessante, ma anche impegnativo, che andava ad aggiungersi a quello curricolare.<br />

Gli allievi, sebbene consapevoli che tale iniziativa avrebbe costituito un ulteriore impegno,<br />

hanno risposto positivamente dimostrando un particolare interesse per il progetto, che,<br />

mirato a sviluppare come percorso di lavoro “Gli animali – oggetti da collezione, all’interno<br />

del Vittoriale”, li avrebbe guidati a realizzare un approccio inconsueto e non convenzionale<br />

con il mondo e il pensiero del grande poeta G. D’Annunzio.<br />

L’impegno e l’entusiasmo del gruppo classe, già evidenziatosi nella visita alla Prioria, dove gli<br />

allievi hanno potuto vedere gli animali-oggetti da collezione del Poeta, si è particolarmente<br />

manifestato nelle fasi operative dell’attività che ha visto coinvolti, anche se in ruoli e compiti<br />

diversi, tutti gli studenti.<br />

L’esperienza è stata condotta con gli studenti della classe IV A Turistico dell’“Istituto<br />

Tecnico Statale Commerciale e per Geometri “Cesare Battisti” di Salò nella fase di studio<br />

e ricerca e nella prima parte della fase operativa, svoltasi nell’anno scolastico 2007/2008,<br />

e sarà ripresa e completata, nella seconda parte della fase operativa, nell’anno scolastico<br />

2008/2009, quando gli allievi frequenteranno la classe V.<br />

Il numero esiguo degli studenti della classe, composta da dodici allievi, ha agevolato la<br />

realizzazione del progetto, permettendo ai docenti sia di individualizzare ogni attività, sia di<br />

renderla partecipata contemporaneamente da tutti i ragazzi.<br />

CARATTERI DEL PROGETTO<br />

Obiettivi <strong>didattici</strong><br />

Obiettivi formativi:<br />

- Padroneggiare le emozioni.<br />

- Consolidamento delle capacità di autocontrollo ed autostima.<br />

- Capacità di collaborare tra studenti, suddividendosi compiti e funzioni al fine di<br />

un’organicità e di un’efficienza operativa.


progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />

Obiettivi cognitivi:<br />

- Capacità di attingere direttamente alle fonti storiche e letterarie, attraverso la<br />

consultazione di documenti d’archivio e museali.<br />

- Capacità di raccogliere, di selezionare dati e informazioni e di ordinarli ed<br />

organizzarli al fine di produrre un lavoro mirato.<br />

- Individuare le informazioni indispensabili per far emergere la personalità di G.<br />

D’Annunzio e la sua poetica.<br />

- Approfondire la conoscenza del periodo storico 1914/1921 e oltre.<br />

- Esercitarsi nelle lingue straniere studiate.<br />

- Mettere in relazione e collegare tutte le conoscenze acquisite nelle materie<br />

interessate (Italiano/Storia/Inglese/Tedesco/Spagnolo).<br />

Obiettivi professionali:<br />

- Acquisire padronanza e sicurezza nel ruolo di guida turistica.<br />

- Esporre le informazioni acquisite con efficacia mantenendo desta l’attenzione<br />

dell’uditorio.<br />

- Valorizzare quanto viene fatto a scuola proponendolo all’esterno attraverso<br />

un’attività di drammatizzazione, consistente nella libera rappresentazione scenica di<br />

testi poetici scritti dai ragazzi.<br />

- Indirizzare gli studenti verso una possibile attività professionale.<br />

Finalità fondamentale del progetto: la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione del<br />

patrimonio artistico locale, in particolare del “Vittoriale degli Italiani” e della dimora del poeta<br />

Gabriele d’Annunzio.<br />

Contenuti – <strong>Percorsi</strong> – Modalità – Tempi<br />

Anno scolastico: 2007/2008<br />

Fase di studio e ricerca:<br />

- Approccio conoscitivo alla biografia, alle opere, al periodo storico in cui visse il<br />

poeta G. d’Annunzio, alla sua personalità ed alla sua poetica. (Decadentismo.<br />

Simbolismo).<br />

- Approccio conoscitivo alla dimora di G. d’Annunzio, al “Vittoriale”, tramite visita<br />

degli studenti, per vedere direttamente le collezioni del poeta, con particolare<br />

riguardo agli animali.<br />

- Consultazione di bibliografia specifica, documenti d’archivio e museali per<br />

individuare la chiave di lettura ed i caratteri del collezionismo dannunziano, con<br />

particolare riguardo agli animali.<br />

- Selezione informazioni e dati raccolti.<br />

- Scelta di alcuni animali ritenuti per le loro caratteristiche simboliche e apotropaiche,<br />

particolarmente significativi in un itinerario di lettura inedito ed originale della<br />

personalità e della visione del mondo di G. d’Annunzio.<br />

- Scelta di testi poetici di G. d’Annunzio, simbolici ed evocativi, che, per il loro<br />

contenuto, la loro musicalità, la forma metrica ed estetica, il lirismo, siano tali da<br />

poter rappresentare, naturalmente in modo essenziale e parziale, l’uomo ed il poeta<br />

G. d’Annunzio e la trasfigurazione del suo mondo, che prende significato, vita ed<br />

“anima” anche negli oggetti-animali della sua collezione.<br />

Gli allievi hanno ritenuto particolarmente espressiva ed intensamente evocativa la<br />

lirica “La pioggia nel pineto”, tratta da Alcyone, il terzo libro delle Laudi, e l’hanno<br />

eletta, quindi, per simboleggiare e significare lo spirito contemplativo del Vate, il suo<br />

genio artistico e la sua metamorfica e panica sensibilità.<br />

- Schede di animali. Per ogni animale scelto dagli allievi è stata realizzata una<br />

90 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 91 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

scheda su cui è stato scritto un monologo poetico dedicato all’animale stesso, che<br />

verrà drammatizzato durante il percorso di visita all’area museale del “Vittoriale<br />

degli Italiani”. Ogni scheda, inoltre, è stata corredata da note esplicative riguardanti<br />

il significato simbolico dell’oggetto, l’interpretazione naturalistica e/o mitica<br />

dell’oggetto-animale e curiosità e/o aneddoti legati alla biografia stessa del poeta.<br />

Fotografie degli oggetti-animali e degli studenti, che in maschera li rappresentano,<br />

completano la realizzazione delle schede descrivendole iconicamente.<br />

Fase operativa (prima parte):<br />

- Realizzazione delle maschere.<br />

Ogni allievo della classe ha realizzato la maschera che gli è servita per la drammatizzazione<br />

<strong>dei</strong> caratteri naturalistici e simbolici dell’animale scelto. Gli studenti sono apparsi<br />

intensamente coinvolti, entusiasti ed impegnati in questo percorso operativo dell’attività.<br />

- Drammatizzazione.<br />

I ragazzi hanno rappresentato l’animale-oggetto della collezione dannunziana, da loro scelto,<br />

indossando la maschera, che ne riprende l’aspetto, e ne hanno mimato e/o drammatizzato,<br />

attraverso i monologhi poetici da loro composti, i caratteri. Alcuni allievi si sono proposti<br />

come “dicitori” spiegando il significato simbolico degli animali; altri studenti, alternandosi,<br />

hanno recitato versi tratti dalla poesia “La pioggia nel pineto” (Alcione; III Libro delle Laudi)<br />

di G. d’Annunzio per rendere partecipe di questa rappresentazione scenica anche lo spirito<br />

artistico del Poeta e il suo genio creativo.<br />

Anno Scolastico: 2008/2009<br />

All’inizio dell’anno scolastico è prevista l’attività di traduzione, integrale o parziale, delle<br />

schede degli animali nelle seguenti lingue straniere: Inglese, Tedesco, Spagnolo, in modo<br />

da poter spiegare il significato simbolico degli oggetti-animali anche in lingue diverse<br />

dall’Italiano, offrendo così un servizio di guida turistica più completo ed adeguato anche alle<br />

necessità di un possibile turismo scolastico straniero.<br />

Fase operativa (seconda parte): guida a gruppi di scolaresche presso il “Vittoriale degli<br />

Italiani”. (Stage professionale)<br />

La rappresentazione scenica, precedentemente descritta, sarà rappresentata alle<br />

scolaresche durante la visita alla dimora del Vate presso il “Vittoriale”.<br />

IL COLLEZIONISMO DANNUNZIANO: ESPERIENZA SIMBOLICO-ESTETICA.<br />

Nuova visione del superuomo.<br />

Entrare nella dimora di Gabriele d’Annunzio, il Vittoriale, è come sfogliare un libro: ogni<br />

oggetto è una parola di un poema complesso che può essere letto solo ponendo il singolo<br />

oggetto all’interno della vasta collezione da d’Annunzio creata.<br />

Il poeta, tramite la scelta oculata e consapevole di ogni oggetto, ci trasmette qualcosa della<br />

sua personalità:<br />

“Non soltanto ogni mia casa da me arredata, non soltanto ogni stanza da me studiosamente<br />

composta, ma ogni oggetto da me scelto e raccolto nelle diverse età della mia vita fu sempre<br />

per me un modo di espressione, fu sempre per me un modo di rivelazione spirituale, come<br />

un de’ miei poemi, come un de’ miei drami, come un qualunque mio atto politico o militare<br />

[…]” (Dall’ Atto notarile di donazione del Vittoriale all’Italia del 1930).<br />

Il collezionare è, quindi, una forma d’arte e d’espressione. L’arte, inoltre, così come la<br />

bellezza, assume un valore salvifico.<br />

Gabriele d’Annunzio vive da anticonformista ogni momento della sua esistenza, ogni sua<br />

azione è studiata in modo da essere trasformata in arte. È una vita consapevolmente


progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />

simbolizzata e volutamente sublimata, in cui ogni oggetto assume per il Poeta rilevanza<br />

allegorica ed è scelto come le parole, musicali ed evocative, della sua scrittura. D’Annunzio<br />

stesso ci suggerisce questa interpretazione, quando scrive: “[…] Tutto… è qui (nel Vittoriale<br />

degli Italiani) da me creato e trasfigurato. Tutto qui mostra le impronte del mio stile nel<br />

senso che io voglio dare al mio stile. […] Tutto è qui dunque una forma della mia mente, un<br />

aspetto della mia anima, una prova del mio fervore. […]. (Dall’Atto notarile di donazione del<br />

Vittoriale all’Italia del 1930).<br />

Il Vate è, anche, “addobbatore”, un artista – arredatore, infatti riconduce ogni sua acquisizione<br />

di oggetti non solo ad esclusivi criteri simbolici, ma anche di bellezza, talvolta puramente<br />

estetici, artistici e formali, nonchè storico – culturali, sebbene il valore evocativo – simbolico<br />

e materiale di ogni oggetto prevalga su quello stilistico – formale. Nelle stanze della Prioria,<br />

d’Annunzio, come sostiene Valerio Terraroli nel suo saggio “d’Annunzio e la Cina”. Il fascino<br />

di due culture, non dimostra di essere un collezionista nel vero senso della parola, ma<br />

sembra esibirsi come artista che liberamente crea con oggetti, decorazioni e mobili, forme<br />

nuove, singolari accostamenti cromatici, inusuali ed inusitati abbinamenti, originali ed inediti<br />

collegamenti simbolici; tale impressione ci viene confermata dal Poeta stesso che, nel Libro<br />

segreto (1935), ci confida: “[…] Certo l’arte sovrana m’inspira, il gusto della forma e del<br />

colore mi conduce nella scelta e nella composizione, una ingegnosissima scaltrità mi illumina<br />

nel modo di regolare gli intervalli e le altezze, per sollevare una figura più che un’altra una<br />

scatola di maiolica mi serve da base, uno straccio di tessuto d’oro m’è buono a dissimulare il<br />

cubo provvisorio, una maniera lesta di soppesare il bronzo mi rassicura della resistenza della<br />

sottostante fragile materia invetriata, ma, in questa abilità e versatilità di tecnico dico che il<br />

cuore mi trema […] mi muovo in una selva di figure e di simboli […]”.<br />

Fra tutti gli oggetti d’arte, certamente, quelli a forma di animale, rappresentato in modo<br />

naturalistico o come mitico e leggendario mostro, attraggono ed appassionano di più il<br />

Poeta per la loro intrinseca connotazione evocativa, simbolica ed anche apotropaica, ed il<br />

Vate li ricerca con fervore appassionato, quindi li raccoglie numerosi nella propria dimora,<br />

nella Prioria, dal 1921, anno in cui Gabriele d’Annunzio si ritira definitivamente nella tenuta<br />

di Cargnacco a Gardone sul lago di Garda, al 1938, anno della morte. L’interesse e l’amore<br />

che il Poeta nutre per gli oggetti-animali, per questo mondo prodigioso della natura e della<br />

fantasia, è tale che egli stesso prova stupore per questa sua passione ed attrazione e lo<br />

accenna nel Libro segreto: “Tralascio la penna affannato dal ritrovamento di un’altra arte.<br />

[…] Perché tanto m’attrae fra tutte le arti l’arte del grande animaliere?”<br />

I pezzi, porcellane, ceramiche, bronzi, sculture lignee, ecc., provenienti dal mercato<br />

antiquario o di alto artigianato europeo o orientale, cinese, giapponese, indiano, persiano,<br />

abbinati, con raffinato gusto eclettico ed esotico, creano inusuali, quanto coinvolgenti effetti<br />

d’insieme. Nelle stanze della Prioria si respira un’atmosfera particolare, decadente, ora<br />

malinconica, triste, talvolta lugubre, ma anche dolce e seducente, che attrae e respinge<br />

allo stesso tempo. Ed è proprio la commistione degli oggetti di arte e cultura occidentale<br />

e orientale, appartenenti a diverse epoche, che, coinvolgendo, a livello sensoriale, il<br />

visitatore in un percorso sinestesico di grande impatto ed effetto, palesa, come è già stato<br />

detto precedentemente, che G. d’Annunzio non fu un “collezionista” perché non fu mai<br />

interessato, se non in modo marginale e generico, al valore di un singolo pezzo, quanto alle<br />

emozioni che l’insieme degli oggetti, di diversa foggia, colore, significato, ecc., ambientato<br />

scenograficamente in modo artificioso e spettacolare, poteva indurre.<br />

Ciò che G. d’Annunzio raccoglie testimonia la sua storia individuale che si proietta come<br />

storia della Nazione, diventando, quindi, collettiva. Egli dona, infatti, il Vittoriale all’Italia,<br />

agli Italiani e sottolinea questo concetto facendo incidere nel portale d’accesso la legenda<br />

araldica “Io ho quel che ho donato”. Questa scritta illustra l’accorta ed economicamente<br />

vantaggiosa copertura della donazione che permette a G. d’Annunzio di giustificare i<br />

finanziamenti ricevuti dallo Stato italiano, perché quanti più aiuti economici gli sarebbero<br />

stati donati, tanto più lo Stato Italiano avrebbe ricevuto in dono.<br />

Gli oggetti della collezione dannunziana diventano, anche, forme d’arte estetica e soggetti<br />

92 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 93 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

poetici, sicuramente degli strumenti per avvicinarsi alla verità, al profondo mistero<br />

dell’esistenza, anch’essi, infatti, come la poesia, non spiegano, ma fanno intuire, attraverso<br />

<strong>dei</strong> simboli, quanto la ragione non riesce a comprendere.<br />

Il Vittoriale e, in particolare, la Prioria, con le sue stanze ricche di oggetti metamorfosati e di<br />

numerosi animali trasformati in simboli, diventano un luogo dello spirito, di meditazione, non<br />

fisico ma metafisico, in cui il Poeta vive il suo disagio verso se stesso e la società, chiudendosi<br />

orgogliosamente in un solitario individualismo che, talvolta, assume <strong>dei</strong> toni superomistici.<br />

Il Vittoriale vuole essere una sorta di d’Annunzio immortale, percepibile sempre attraverso<br />

i secoli, che il Poeta stesso ha eretto ad estrema rivelazione di sé, curandone i minimi<br />

particolari.<br />

Il Vittoriale è, quindi, da considerare, e non è azzardato ritenerlo, come un’opera letteraria<br />

anche per la sensibilità che presiede al suo arredamento che è un tutt’uno con quella che<br />

regola la scrittura.<br />

Collage di impressioni e riflessioni individuali degli studenti della classe.<br />

METAMORFOSI DI ANIMALI IN PENSIERI<br />

Dal Libro segreto (c. 94 bis)<br />

AQUILA<br />

Ed io son l’aquila:<br />

d’aspetto sempre maestoso,<br />

mi son giustamente guadagnata<br />

presso di voi, uomini,<br />

il titolo di reale ed imperiale.<br />

Sono forte, rapace, bramosa<br />

di prede, pronta a ghermire<br />

con il mio becco adunco<br />

e i miei robusti artigli.<br />

Spesso sosto su un’alta guglia,<br />

o in volo, ad ali spiegate,


progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />

solco l’aria con i misurati<br />

ed eleganti battiti delle mie ali,<br />

da lassù scorgendo,<br />

con vista acutissima, la preda.<br />

Da tutti sono ammirata<br />

per il sicuro mio volo planato,<br />

per la potente picchiata fulminea<br />

che si tramuta in micidiale,<br />

improvviso volo radente, fatale.<br />

L’aquila è da sempre ritenuta, fin dagli antichi, in ogni epoca e civiltà, uccello solare, simbolo<br />

della luce e dell’aria, contrapposta alle tenebre. Essa racchiude in sé il concetto cosmico<br />

della vita contro la morte, del bene contro il male e, sotto tale interpretazione, divenne<br />

simbolo di grandezza, forza, potenza, vittoria, trionfo.<br />

CANE DI FO<br />

(DRAGO GUARDIANO / CANE – LEONE)<br />

Non temere! Non arrestare, allibito<br />

e terreo in volto, il tuo passo!<br />

Sono il cane-leone,<br />

guardiano orientale,<br />

mitico mostro dragone.<br />

Sporgenti ho gli occhi<br />

e lunghi i barbigli,<br />

il corpo dal pelo leonino crestato,<br />

di riccioli folti coperto,<br />

la fiammeggiante coda frangiata<br />

di drago. Le chiuse, spalancate fauci<br />

la lingua, le zanne ti mostran.<br />

Sulla fronte, un corno ricurvo,<br />

non sempre, mi sporge.<br />

Robuste, di artigli dotate,<br />

le zampe mi sorreggon, lieve inarcato,<br />

nel mio manifesto dominio.<br />

Non temere! Non arretrare, allibito<br />

e terreo in volto, il tuo passo!<br />

Demoni spavento e scaccio<br />

malvagi, e non uomini.<br />

Confonditi nel cosmico ritmo<br />

della mia tumultuosa danza:<br />

primigenia forza vitale infondo,<br />

fortuna, prosperità.<br />

Il Cane di Fo, assimilato, per certi aspetti, all’immagine del Drago guardiano e al Cane-<br />

Leone, è un animale mitico e favoloso. Il Dragone nella cosmologia cinese rappresenta la<br />

forza primigenia attiva e per questo viene identificato con la fertilità e con la riproduzione<br />

assumendo spesso funzioni apotropaiche. È, quindi, considerato simbolo di forza vitale,<br />

procreazione, perseveranza, prosperità, forza, coraggio, fortuna. È stato anche interpretato<br />

come potenza del male, per la sua capacità di atterrire, per virtù quasi soprannaturale, gli<br />

avversari.<br />

Comunque il Drago guardiano fu immaginato come potenza benefica, invocato come genio<br />

94 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 95 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

protettore con il potere di scacciare gli spiriti malvagi, i demoni.<br />

Queste creature mitologiche, presenti sempre in coppia come guardiani, si possono trovare,<br />

in particolare in Giappone, Cina e Corea, a guardia di altari, templi, rappresentati uno con le<br />

fauci spalancate e uno con quelle chiuse.<br />

La bocca aperta e chiusa fa riferimento all’emissione della sillaba “AH” (bocca aperta) la<br />

prima lettera dell’alfabeto sanscrito, e all’emissione della sillaba “UN” (bocca chiusa), l’ultima<br />

lettera.<br />

Questa combinazione simbolicamente rappresenta la nascita e la morte, l’alfa e l’omega<br />

di tutto l’universo; qualcuno poi sostiene che l’apertura della bocca spaventa i demoni e la<br />

chiusura conserva gli spiriti buoni.<br />

CAVALLO<br />

Eccomi, sono il cavallo.<br />

Ho testa grossa e lunga,<br />

sovrastato da criniera il diritto collo,<br />

coda corta a lunghi crini.<br />

Sono di statura alto e basso,<br />

anche snello mi puoi vedere e grosso,<br />

ho corte e diritte orecchie,<br />

zampe con un sol dito<br />

da zoccolo coperto.<br />

In stalla o in scuderia,<br />

di poca biada o fieno,<br />

o erba in prateria,<br />

mi cibo e son sereno.<br />

Baio, sauro, morello,<br />

bigio, bianco e nero<br />

è il mio mantello.<br />

Sono vivace, ardente e brioso,<br />

spesso anche bizzarro e focoso,<br />

ma sono, invero, docile e mansueto,<br />

domato, infatti, sono stato<br />

da selvaggio e ramingo che ero,<br />

ed anche ammaestrato.<br />

Elegante e sicuro nel trotto,<br />

veloce e deciso nel galoppo,<br />

dell’uom son sempre stato fedele amico,<br />

sebbene imbrigliato, spronato<br />

e, spesso, anche frustato.<br />

Sia da sella, da corsa che da tiro,<br />

anche da battaglia utilizzato.<br />

Scalpitando con la mia falcata,<br />

io ti saluto, infin,<br />

con un nitrito e un’impennata.<br />

Il cavallo è stato un animale molto amato da G. d’Annunzio, nella Prioria se ne trovano<br />

diverse riproduzioni, realizzate in vari materiali. Esso è stato da sempre considerato simbolo<br />

di fedeltà, amicizia, sicurezza, forza e ubbidienza.


progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />

CONIGLIO<br />

Schivo, selvatico e pauroso,<br />

riservato sono, però grazioso.<br />

Mi chiamano coniglio:<br />

un roditore pavido ma domestico,<br />

un timido ad attitudini sociali.<br />

Di vista, udito e olfatto<br />

acutissimi dotato,<br />

sono veloce ed agile,<br />

ma anche a nascondermi<br />

alquanto pronto ed abile.<br />

Nera, bianca o argentata<br />

la mia pelliccia è ricercata.<br />

Ho coda breve, orecchie lunghe,<br />

forti zampe posteriori,<br />

sono il più simpatico tra i saltatori.<br />

Il coniglio è da sempre considerato simbolo di timidezza e riservatezza<br />

ELEFANTE<br />

In diverse fogge<br />

qui mi puoi vedere.<br />

Sono mastodontico, maestoso ed imperiale,<br />

ma anche docile, mansueto e diffidente.<br />

Ho eburnee, ricurve zanne e grandi orecchie,<br />

colonniformi arti mi sorreggono.<br />

Abito ondulati terreni di foreste<br />

e vaste praterie folte di alte erbe.<br />

Lento mi muovo, impacciato e goffo,<br />

spesso in alto lanciando<br />

la testa e la proboscide,<br />

in segno d’allegrezza e buon augurio.<br />

Chi sono, ormai,<br />

tu riconosciuto avrai:<br />

ma l’elefante<br />

che barrendo ti saluta!<br />

L’elefante è simbolo di forza e sapienza, di grande e duratura fortuna.<br />

LEONE<br />

Maestoso e grande, forte e ardimentoso:<br />

sono tra i selvaggi felini il più feroce.<br />

Le fauci spesso spalancate<br />

di potente dentatura munite,<br />

il sonoro ruggito, profondo e prolungato<br />

ed il pelame raso color fulvo,<br />

nonché la tozza testa di folta criniera adorna<br />

e le robuste zampe di ricurvi artigli dotate<br />

fan di me degli animali il fiero re:<br />

sono il guerriero e temibile leone.<br />

Durante la giornata, nel punto ombroso<br />

della savana riposo:<br />

di sera, l’agguato mortal tendo<br />

alle prede che al fiume vanno<br />

ad abbeverarsi indifese.<br />

Spesso in posizione rampante,<br />

sdraiato o pronto a spiccare un balzo<br />

della dimora sono guardiano sicuro,<br />

vigoroso, coraggioso e fiero.<br />

Il leone è assunto tradizionalmente come simbolo di forza, fierezza e coraggio.<br />

PAPPAGALLO<br />

Mi presento: sono il pappagallo.<br />

Sono garrulo e brioso,<br />

anche se, talvolta, un po’ scontroso.<br />

Dal becco adunco e dal piumaggio smagliante;<br />

son loquace, amabile, sebbene petulante.<br />

Chiacchierare, imitare<br />

e ripetere le parole<br />

sono tra le mie arti le sole.<br />

Il pappagallo simboleggia la piacevole circostanza e situazione del conversare e<br />

chiacchierare amabilmente: una socievolezza divertita e fine a se stessa.<br />

96 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 97 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

PAVONE<br />

Dicono che mi pavoneggi,<br />

che sia superbo e vanitoso.<br />

Ma chi uguaglia me nell’elegante<br />

livrea dai colori smaglianti<br />

del mio piumaggio?<br />

Magnifiche son le mie penne,<br />

che posso alzare ed allargare a ruota,<br />

come imponente e multicolore<br />

è il mio strascico piumato.<br />

Metallici verdi e blu brillanti,<br />

rame e grigio bruni colori<br />

mi coprono con riflessi cangianti,<br />

alzandomi a regali onori.<br />

Sul capo di piume<br />

una corona fa di me


progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />

tra i volatili il re.<br />

Maestoso, orgoglioso e fiero,<br />

sono pavone.<br />

Il pavone è simbolo di maestosità, magnificenza e prodigalità, ma anche superbia e vanità.<br />

SERPENTE<br />

Sì, sono il serpente,<br />

tra gli animali il più temuto,<br />

ma non prender paura,<br />

qui son posto a difesa<br />

e tutela anche tua.<br />

Col cilindrico mio corpo,<br />

privo di zampe, procedo<br />

tortuosamente strisciando<br />

tra gli anfratti del terreno.<br />

Per la fatale forza del veleno<br />

e la mia presunta astuzia,<br />

presso i popoli esaltato<br />

son da sempre anche adorato.<br />

Abito la terra, sibilando entro caverne,<br />

sinuoso scivolo nel mare,<br />

cambio pelle e son creduto immortale.<br />

Disteso ed annodato,<br />

piegato in doppio, anche linguato<br />

sono qui rappresentato;<br />

presso lignee porte o su esotico altare<br />

sentinella, guardiano e nume tutelare.<br />

Nella tradizione cristiana, il serpente, animale della terra e delle tenebre, rappresenta il buio,<br />

l’ombra, la morte, il male. In altre culture, in particolare asiatiche, le peculiarità naturali<br />

del serpente impressionano l’immaginazione concretandosi in diversi simboli e concezioni<br />

religiose: ad esempio la forza del micidiale veleno lo trasforma in un temibile guardiano;<br />

invece la possibilità di cambiar pelle lo fa considerare simbolo di immortalità, eterna<br />

giovinezza e, quindi, fecondità. In Oriente, il serpente, creduto immortale, è identificato<br />

con gli spiriti <strong>dei</strong> defunti, onorati come eroi o antenati, quindi è ritenuto il nume tutelare<br />

domestico o familiare.<br />

Nella dimora di G. D’Annunzio, il serpente è simbolo di protezione della casa ed è posto<br />

anche a difesa e tutela <strong>dei</strong> suoi abitanti.<br />

TARTARUGA<br />

Ed io sono la tartaruga:<br />

un rettile antico e preistorico,<br />

ma una creatura simpatica.<br />

Terrestre, ma anche acquatica,<br />

ho il corpo in un robusto<br />

scudo corneo racchiuso,<br />

da cui il capo sporge,<br />

insieme a zampe e coda.<br />

Con fare timido e schivo,<br />

sulla terra goffa appiattita<br />

molto lenta cammino.<br />

Semplice son di modi ed umile,<br />

ma vorace e mai sazia di cibo,<br />

saggia, comunque, longeva mi stimo.<br />

Qui bronzea, con grande carapace,<br />

a capo tavola mi puoi vedere,<br />

per indigeste tuberose morta,<br />

di frugalità agli ospiti<br />

ricordo e monito.<br />

98 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 99 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Nella più antica simbologia cristiana la tartaruga, per il tellurismo, ( come suggerisce l’etimo<br />

stesso della parola che deriva forse dal greco tardo “tartorouchos”, propriamente “abitatore”,<br />

da “échein”– abitare, del Tartaro ), rappresentava lo spirito del male. Ma, in genere, questo<br />

animale è la celebrazione dell’umiltà, e, poiché vive a lungo, anche della longevità che porta<br />

con sé saggezza, vecchiezza e vetustà. La tartaruga è considerata anche simbolo di eternità<br />

e dell’ordine immutabile del cosmo.<br />

La tartaruga, cui si accenna nel testo poetico, si trova nella sala da pranzo, detta della<br />

Cheli, ( dal greco “chelys” – testuggine ). Essa è una scultura di bronzo di Renato Brozzi,<br />

incastonata nel carapace di una vera tartaruga, che era morta nei giardini del Vittoriale per<br />

indigestione di tuberose. D’Annunzio l’aveva messa lì per ricordare ai suoi ospiti di essere<br />

frugali, perché avrebbero potuto fare la fine della tartaruga. L’animale, posto a capo tavola,<br />

fa parte di una composizione simbolica formata da altre tartarughe e pavoni realizzati con<br />

materiali preziosi.<br />

I significati di tale scultura sono diversi:<br />

- può alludere a d’Annunzio stesso isolato e recluso nella sua città – dimora del Vittoriale, se<br />

si tiene conto dell’iscrizione “Intra me maneo” (Resto dentro di me);<br />

- può anche riferirsi alla Poesia, alla missione di d’Annunzio come poeta - Vate, poiché<br />

Apollo costruì la sua cetra utilizzando il carapace di una tartaruga;<br />

- può, infine, ricordare agli ospiti che è necessario essere frugali e sobri, se si vuol essere<br />

longevi nel corpo, ma soprattutto nello spirito.<br />

Proposte didattiche<br />

Tale esperienza di lavoro può offrire ai colleghi, sia della scuola elementare, sia della scuola<br />

media di primo e secondo grado, degli interessanti e motivanti percorsi <strong>didattici</strong>, differenziati<br />

per tipologia, a seconda del grado di scuola di riferimento.<br />

Scuola Elementare e Scuola Media di I grado.<br />

Le “schede animali” si possono utilizzare a completamento di un modulo di studio sul poeta<br />

G. D’Annunzio:<br />

- per ampliare il patrimonio lessicale degli allievi svolgendo uno studio sul significato<br />

<strong>dei</strong> vocaboli utilizzati;<br />

- per far acquisire e/o consolidare e/o potenziare le capacità di scrittura nell’ambito<br />

del testo descrittivo e/o poetico, elaborando descrizioni naturalistiche di animali;<br />

- per far acquisire e/o consolidare il valore semantico di simbolo, in particolare il<br />

significato simbolico degli animali, riferito, anche e soprattutto, agli animali-oggetti<br />

da collezione, appartenenti al mondo della natura o del mito e della fantasia, posti<br />

all’interno della dimora del poeta G. D’Annunzio presso il “Vittoriale degli Italiani”;


progetto 6 D’Annunzio esteta: gli animali, gli oggetti da collezione<br />

- per far acquisire e/o consolidare capacità grafiche e pittoriche disegnando, con<br />

diverse tecniche espressive, gli animali-oggetti della collezione di G. D’Annunzio,<br />

oppure, per gli allievi <strong>dei</strong> primi anni della scuola elementare, colorando le schede<br />

iconografiche riproducenti gli animali;<br />

- per far acquisire, consolidare, potenziare le capacità di drammatizzare, realizzando<br />

delle rappresentazioni sceniche, mimate e/o dialogate, con l’utilizzo di maschere,<br />

confezionate dagli allievi stessi, che raffigurano gli animali-oggetti della collezione<br />

di G. D’Annunzio.<br />

Scuola Media di II grado<br />

Un’attività didattica come questa può essere utilizzata anche per ampliare e/o approfondire<br />

l’analisi del pensiero e della poetica di G. D’Annunzio, commentandone, attraverso una<br />

prospettiva inconsueta, l’opera. Un approccio conoscitivo al significato del “collezionismo”<br />

dannunziano può offrire, infatti, agli studenti una chiave di lettura inusuale ed originale sia<br />

per comprendere la poetica, di ispirazione e gusto decadente e di sensibilità simbolista,<br />

del Poeta, sia per capire quanto fosse assoluta e totalizzante la dimensione dell’estetismo<br />

dannunziano e del superomismo.<br />

Il significato ed il valore del “collezionismo” dannunziano può anche costituire un argomento<br />

di studio, un ambito e una tematica di ricerca per un’eventuale tesina da svolgere per<br />

l’Esame di Stato. Gli studenti interessati potrebbero prendere degli spunti di riflessione da<br />

tale lavoro per poi sviluppare ed elaborare la loro tesi.<br />

Bibliografia e fonti utilizzate<br />

Andreoli A., Il Vittoriale come dimora d’arte totale, in Il Vittoriale: un museo per la storia, Atti del Convegno Nazionale di studi 15<br />

novembre 2002, a cura di Conti E., Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia, 2003, pp. 29-40.<br />

Mavilla A., (a cura di), Carteggio Brozzi-d’Annunzio 1920-1938,Traversetolo, 1994.<br />

Terraroli V., D’Annunzio e la Cina. Il fascino di due culture, catalogo della mostra, Edizioni del Vittoriale, Gardone Riviera, Brescia, 1994.<br />

Terraroli V., Il Vittoriale. <strong>Percorsi</strong> simbolici e collezioni d’arte di Gabriele d’Annunzio, Skira editore, Milano, 2001.<br />

D’Annunzio G., Libro segreto, a cura di P. Gibellini, A. Mondadori Editore, Milano, 1995.<br />

Antologie scolastiche per il materiale letterario.<br />

Appunti sulle relazioni seguite durante il corso di formazione previsto dal progetto.<br />

Materiale fotografico fornitoci dal “Vittoriale degli Italiani”, in CD-R., grazie all’intervento della signora Calubini.<br />

Siti Internet per disegni animali e storia e significato del cane-leone guardiano.<br />

Grande Enciclopedia Curcio di Cultura Universale, Armando Curcio Editore, Roma.<br />

Notizie raccolte dagli studenti durante la visita alla Prioria, forniteci dalla signora Calubini della “Fondazione del Vittoriale”, che<br />

ringraziamo per la competente consulenza offertaci.<br />

Chi e dove Liceo Scientifico N. Copernico - Brescia<br />

Classi coinvolte Classe II B<br />

Docenti referenti Rossana Cerretti<br />

100 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 101 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco.<br />

Il collezionismo “creativo” di Gabriele d’Annunzio<br />

e i suoi principi estetici dalle opere letterarie<br />

al Vittoriale<br />

«Profeta e divinatore quasi infallibile, egli accoglieva tutte le anime in cui il suo sguardo<br />

profondo scoprisse una forza, ed in ciascuna sviluppava ed esaltava quella forza nativa;<br />

cosicché tutte, investite dalla sua fiamma, si rivelavano nella loro diversità possenti» così<br />

Claudio Cantelmo nel romanzo Le vergini delle rocce introduce, attraverso l’immagine<br />

di Socrate, le virtù della propria arte, capace di concentrare in sé ogni energia vitale per<br />

operare poi la trasmutazione degli elementi come in un procedimento alchemico: l’arte non<br />

deve essere mimetica, non deve riprodurre la natura, ma seguire i processi della natura<br />

stessa, esserne la prosecuzione e il compimento, seguirne i ritmi e i mutamenti. Tipicamente<br />

dannunziano appare il concetto di creare l’immagine artistica artificiale con un procedimento<br />

che si ritiene simile a quello della natura per sovrapposizione e metamorfosi degli elementi<br />

preesistenti, personificando e dando vita anche agli oggetti inanimati.<br />

La nostra ricerca mira a ricostruire i diversi aspetti della sensibilità estetica dannunziana,<br />

lavorando sulla percezione formale degli oggetti e degli ambienti e sugli archetipi iconografici<br />

ricorrenti nonché sulle tipiche installazioni presenti nel Vittoriale, basate su diverse forme di<br />

contaminazione costituite, in genere, da oggetti d’arte, memorie private della giovinezza e<br />

cimeli di guerra.<br />

Attraverso la lettura di diversi romanzi «programmatici» come Il fuoco, Le vergini delle rocce<br />

e Il piacere – senza dimenticare continui riferimenti ad altre opere quali gli scritti delle<br />

Faville del maglio, il romanzo Forse che sì forse che no, Il libro segreto, Il libro ascetico della<br />

giovane Italia, Il notturno – è risultata chiara, innanzitutto, la sensibilità formale del poeta<br />

che valutava ogni oggetto in termini di volumi puri, linee e chiaroscuri, campiture di colore e<br />

riflessi. La potenza dell’immagine artistica è infatti legata alla forma per mezzo della quale<br />

si compie la magia «sciamanica» dell’arte dannunziana ovvero l’evocazione del passato e<br />

la possibilità di riviverlo in un luogo straordinario e incantato. L’ambiente e gli oggetti sono<br />

quindi potenti «catalizzatori» di immagini e devono essere rivissuti, modificati, assemblati,<br />

in modi sempre diversi per creare nuove combinazioni di forme e di effetti. Essi si caricano<br />

di maggiore energia quanto più si trovano «al limitare della morte» cioè nella condizione<br />

di perdita o di presentimento della fine. Non c’è niente di più poetico per d’Annunzio della<br />

bellezza che vive nel presentimento del suo sfiorire, come niente di più vicino allo spirito<br />

universale – «per non dormire per non morire» – delle «reliquie» frutto di un’esperienza<br />

di martirio e di morte conseguente ad una azione estrema sia essa di guerra o legata ad<br />

un’impresa sportiva.


progetto 7 Il Maestro del fuoco progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

Si tratta di trovare un oggetto dalla valenza sacrale sul quale «l’imaginazione umana poggi<br />

a una qualche ideale altezza» (Il Piacere) come un luogo da cui spiccare il volo per nuove<br />

creazioni. Il rapporto con l’oggetto ricco di questo potere, che d’Annunzio non esita a definire<br />

«soprannaturale», appare legato ad un piacere anche fisico a causa della sua «virtualità<br />

afrodisiaca latente» che in alcuni momenti sente sprigionarsi e palpitare intorno a lui. Così<br />

si spiega l’uso, come oggetti d’arte, anche di elementi che ricordano performance e azioni<br />

eroiche come il volante di Henry Segrave, l’elica dell’idrovolante di De Pinedo, le mitragliatrici<br />

della prima Guerra mondiale.<br />

La scelta e l’assemblaggio degli oggetti e <strong>dei</strong> simboli dannunziani nelle composizioni sono<br />

realizzati secondo procedimenti retorici cioè per sineddoche, ridondanza, ossimoro, metonimia,<br />

personificazione: il poeta, infatti, tende ad inserire solo frammenti, piccole parti che per metonimia<br />

ricordano l’insieme al quale alludono, come nel caso <strong>dei</strong> massi sacri oppure procede per effetti<br />

di ridondanza, nei quali lo stesso concetto viene ampliato ed esemplificato più volte attraverso<br />

vari simboli fino a coinvolgere lo spettatore in un gorgo emotivo, in genere legato alla morte;<br />

la ridondanza segna anche l’idea del martirio, come, per esempio, l’immagine delle spine nel<br />

percorso tra il sacrario <strong>dei</strong> massi e l’arengo. Tipici dell’arte dannunziana sono anche l’ossimoro o<br />

l’antitesi: in tal caso la composizione si basa sul contrasto di opposti, realizzato a livello formale,<br />

ma anche simbolico; altre volte sono gli elementi inanimati a esprimenrsi personificandosi,<br />

creando il classico «oggetto parlante». Molto spesso il poeta segue i metodi tipici dell’impresa<br />

rinascimentale nei quali l’oggetto o l’immagine sono associati ad una iscrizione e i due elementi<br />

si completano a vicenda, non di rado complicando però il significato generale del messaggio. Un<br />

siffatto uso della scrittura, quindi, pone d’Annunzio come un antesignano dell’arte concettuale,<br />

così come sembra alludere a forme del dadaismo l’utilizzo di oggetti d’uso come oggetti d’arte. Il<br />

ricorso a elementi funzionali di recupero, soprattutto tratti da armi o da macchine suggerisce, poi,<br />

la presenza della «decima musa» <strong>dei</strong> futuristi, ovvero Euplete Eurètria Energèia, legata all’epica<br />

della tecnica moderna (e quindi, tra l’altro, anche al cinema).<br />

Tra i diversi procedimenti dannunziani per la creazione del simbolo è da notare la<br />

trasposizione di ciò che è naturale in elemento artificiale e viceversa. «Per ciò, continuando<br />

l’opera della divina Madre, la loro mente si trasmuta in una similitudine di mente divina, come<br />

dice Leonardo» spiega, Stelio Effrena nel Fuoco. L’artista, infatti, è prometeico e gareggia<br />

con la natura, la sua abilità sta, a seconda degli ambienti, nella fusione con essa, come<br />

nell’arengo e nel superamento della stessa, creando una natura di oggetti artificiali (per<br />

esempio gli animali e le piante nella casa e nel parco) o oggetti super-naturali come la<br />

«land-art» <strong>dei</strong> massi sacri. Interessante è anche la metodologia di inserimento: l’opera in<br />

calco o di recupero viene elevata e isolata, «contraffatta» e dorata.<br />

Alcune forme sono poi archetipi della sua arte come l’alternanza dilatato-snello, l’arco<br />

teso e lo scatto del corpo, le forme flessuose e “musicali” e altre a guglia o appuntite; o<br />

ancora, concave che portano ricchezza di suono e di colore, per giungere al pieno circolare,<br />

immagine dell’«orbe» che può essere richiamato tanto dai frutti quanto dal recinto sacro<br />

che convoglia in sé le energie universali. In particolare d’Annunzio era affascinato da quella<br />

che chiamava la «Linea circonferenziale di che si genera la bellezza umana», riprendendo<br />

un pensiero leonardesco e sempre basandosi sulle affermazioni di Leonardo nel Trattato<br />

della pittura egli sottolinea il valore del vuoto, del concavo chiaroscurato, importante<br />

quanto il pieno, perché nelle ombre si addensa il mistero della forma: «Adunque tu pittore<br />

farai l’ombra più scura appresso alla sua cagione, ed il fine che si converta in luce, cioè<br />

che paia senza fine». Per questo molte delle sue creazioni sono immerse in un ambiente<br />

di luce artificiale che quindi può essere direzionata in modo teatrale, oppure un luogo è<br />

reso volutamente ombroso come l’Arengo dalla presenza delle grandi magnolie. Nel caso<br />

specifico gli elementi musicali della natura come il canto degli uccelli si fondono con quelli<br />

della armonia delle forme e della «musica della guerra» che sempre accompagna i suoi<br />

cimeli.<br />

Dopo la prima fase del progetto volta alla ricostruzione della percezione estetica<br />

dannunziana, sono stati individuati tre percorsi nella casa e nel parco relativi all’uso del<br />

102 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 103 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ready made, ai riferimenti rinascimentali, e alla statua legata al teatro. Ogni ambiente è stato<br />

commentato dagli alunni con iscrizioni in latino di loro invenzione, ispirate all’uso <strong>dei</strong> motti<br />

dannunziani, e con citazioni tratte dalle opere del Vate volte ad approfondirne i molteplici<br />

significati. In quest’ambito proponiamo un percorso esterno che presenta l’ingresso della<br />

Cittadella e i luoghi del parco dove si celebrano i «riti della patria».<br />

Rossana Cerretti<br />

LA FORTEZZA DEI RITI DELLA PATRIA<br />

Il percorso si articola partendo dall’ingresso del Vittoriale per giungere alla facciata della<br />

villa che già ci introduce al rapporto di d’Annunzio con il Rinascimento e il tardo Medioevo<br />

attraverso gli stemmi delle antiche città e famiglie italiche fino all’evocazione di san<br />

Francesco; approda poi, al Sacrario <strong>dei</strong> massi dove sono rievocate le principali battaglie della<br />

prima guerra mondiale attraverso una installazione simbolica. Da qui si passa all’Arengo<br />

luogo <strong>dei</strong> legionari fiumani e tempio del martirio per la patria dove sono issate come reliquie<br />

grandi ogive di proiettili. Così l’eroe Tommaso Gulli è celebrato dalla prua della sua stessa<br />

nave confitta sulla collina nell’atto di navigare verso la Dalmazia. Ma eroica è anche la<br />

fedeltà <strong>dei</strong> levrieri, simboli di bellezza, valore ed eroismo ineguagliabili nel mondo animale,<br />

celebrati qui dalle sepolture vegliate solennemente da un boschetto di cipressi. Il percorso<br />

culmina con l’immagine dell’hortus conclusus della Canefora nel quale lo spirito umano degli<br />

eroi potrà morire e rinascere.


La fortezza <strong>dei</strong> riti<br />

della Patria<br />

I Propilei del Piave<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

L’ingresso al Vittoriale<br />

Si tutus has portas vis transire memento<br />

hic imperium victoriae et regnum patriae<br />

«Lassù, in sommo della mia collina magnanima, lassù, in vetta del<br />

Mastio, sopra l’arca del primo fra’ miei undici eroi traslatato, l’aria<br />

esprime dalla sua inanità qualcosa d’inconsolabile. Coeli insolabile<br />

numen sono le tre parole dolenti e rilucenti che comprendevano,<br />

dianzi, nel mio volo inerme, aria e ala, anima e aria.»<br />

L’ingresso è costituito da un acciottolato ai lati del quale sono<br />

presenti due strutture adibite oggi ad autorimessa delle preziose<br />

auto di d’Annunzio il quale aveva un’autentica passione per la<br />

velocità sotto tutte le forme: automobili, motoscafi, aerei. Fra queste<br />

vi è la mitica Fiat 4 con la quale si era recato a Fiume per la famosa<br />

impresa.<br />

Con la scena di una frenetica corsa in auto che rischia di<br />

trasformarsi in una tragica sfida alla morte, si apre il romanzo<br />

Forse che sì forse che no, titolo tratto da un motto di Vincenzo Gonzaga. Già da questo<br />

particolare, intuiamo il gusto di d’Annunzio per le antichità rinascimentali unite, però, alle<br />

innovazioni tecniche frutto della società industriale, per le quali il poeta si entusiasmava, pur<br />

respingendo l’idea di sacrificare l’ideale di bellezza al denaro del capitalismo più sfrenato.<br />

Il portale d’ingresso della Cittadella è formato da due arcate che conducono, a sinistra verso<br />

la Prioria della quale parleremo in seguito, e, a destra verso il teatro e il parco.<br />

Fra i due archi c’è una fontana a tre getti d’acqua potabile, ancora in uso sulla quale è inciso<br />

un passo del Libro Segreto: «Dentro da<br />

questa triplice cerchia di mura, ove tradotto<br />

è in pietre vive quel libro religioso ch’io<br />

mi pensai preposto ai riti della patria e dai<br />

vincitori latini chiamato Il Vittoriale».<br />

Nella zona dedicata alla vittoria sul Piave<br />

la costruzione è fortemente scenografica e<br />

ricorda l’architettura imperiale romana con<br />

archi trionfali e colonnati simili ad un foro,<br />

ma asimmetrica come una rovina antica<br />

o un dipinto metafisico. La statua della<br />

Vittoria che si libra nel cielo, opera di Arrigo<br />

Minerbi (1935), ci ricorda nell’ambientazione<br />

un’immagine del Forse che sì forse che no,<br />

(anche se in quel caso era dedicata alla<br />

Vittoria di Brescia) soprattutto per la posizione analoga su una colonna altissima, padrona<br />

dell’aria: «Imposta al capitello corinzio involto di acanti corrosi, ora viveva nel cielo». In questo<br />

caso però la Vittoria appare «afflitta», avvolta e chiusa nelle sue stesse ali intenta piuttosto<br />

a scendere e a proteggersi che a spiccare il volo, simbolo ovviamente, del successo finale<br />

riportato nella Prima guerra mondiale, costato un enorme sacrificio in vite umane e, infine,<br />

parzialmente ridimensionato dai trattati successivi.<br />

Tutto il complesso è, perciò, cinto da alte mura e porte a guisa di un luogo fortificato,<br />

manifestando il desiderio del poeta di mantenere un certo distacco dal mondo esterno. In<br />

questo luogo si celebrano i riti dell’arte e della patria, destinati a tutti gli italiani, ma dai<br />

quali devono essere esclusi gli indesiderati o gli indegni. Il percorso è realizzato in modo<br />

che dall’ingresso non si possa scorgere la facciata della Prioria, sottolineando così l’iter<br />

iniziatico che il poeta propone ai visitatori. Infine, sull’arco trionfale al di sotto della loggia di<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

104 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 105 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

collegamento con gli Archivi, campeggiano<br />

le insegne principesche di Monte Nevoso<br />

con il motto Immotus nec iners (fermo ma<br />

non inerte). Il titolo di principe fu conferito<br />

dal re a d’Annunzio nel 1924 in occasione<br />

della celebrazione dell’annessione di<br />

Fiume all’Italia. Lo stemma è composto da<br />

uno scudo sannitico ornato dal cordone<br />

francescano con il Monte Nevoso, un gladio<br />

e la costellazione dell’Orsa, sovrastati da un<br />

elmo e da una corona principesca. Il cordone<br />

e le stelle dell’Orsa ricordano lo stendardo<br />

dell’impresa di Fiume, visibile nella sala delle<br />

Reliquie.<br />

Oltre l’arco, entriamo nella piazzetta Dalmata,<br />

situata davanti alla Prioria, la residenza del<br />

poeta. In alto sul pennone sopra il pilo si erge la Vergine dello scettro di Dalmazia, esempio<br />

tipico di elaborazione dannunziana: risalente al XV secolo, è in rame sbalzato su un’anima in<br />

legno, ma la figura è stata profondamente rilavorata<br />

negli anni 1924-25. Nel pilo dalmata sono inserite<br />

otto grandi protomi barbute, originariamente chiavi<br />

di volta di stile sansoviniano, le quali dovrebbero<br />

ricordare gli schiavi della Slavonia. L’iscrizione sul<br />

pilo, infatti, recita: «Laudata sia nell’eccelso / La<br />

serenissima Vergine dello scettro di Dalmazia / Che<br />

per li otto venti della rosa italiana / Come per questi<br />

otto teschi / Risoggioghi la barbarie schiava / Dal<br />

primo vallo di Roma nel monte Adrante / Insino agli<br />

altari di Marco sanguinosi nel labirinto del Cattaro<br />

/ E dal crudo sasso quivi imminente / Insino al<br />

sommo degli Acroceraunii / Non impari nell’amore<br />

del fato e del fulmine. / Nono anniversario della<br />

guerra bandita. Settimo della Pentecoste sul Timavo.<br />

XXIV Maggio MCMXV MCMXXIV / XXVII Maggio<br />

MCMXVII MCMXXIV / et ultra».<br />

Volgendoci poi verso la residenza del poeta, non<br />

ci troviamo di fronte ad una reggia né ad un castello, ma piuttosto alla casa di campagna<br />

di un nobile toscano del Rinascimento, forse ultimo discendente di qualche antica famiglia<br />

dell’epoca comunale. Ci appare chiaro, perciò, fin dal principio, il rapporto di d’Annunzio<br />

con la storia del passato e la sua volontà di conferire alle architetture e agli arredi molteplici<br />

valori simbolici, passando attraverso tutte le principali fasi della storia d’Italia dalla classicità<br />

fino alle innovazioni tecniche dell’età industriale.<br />

La Facciata della Prioria<br />

Nella facciata si notano le numerose modifiche tese a «stodeschizzare» l’aspetto della villa<br />

che in precedenza apparteneva allo storico dell’arte tedesco Thode.<br />

«Per la facciata, desidero seguire il disegno che già ti esposi dandoti ad esempio la facciata<br />

del palazzotto aretino del Podestà. Bisogna limitarsi a collocare stemmi, senza altre pitture<br />

o ornamenti ambiziosi. Bisogna lasciare la misera facciata com’è; ma tempestarla di pietre<br />

senza ordine simmetrico» scriveva a proposito della sistemazione della facciata all’architetto<br />

Gian Carlo Maroni.<br />

L’arco trionfale di<br />

Montenevoso<br />

Il pilo dalmata<br />

La villa di un nobile<br />

rinascimentale<br />

La facciata del<br />

palazzo del Podestà


Né più fermo né più<br />

fedele<br />

Il mito di Venezia, di<br />

Firenze, di Genova<br />

San Francesco e<br />

il Cantico delle<br />

creature<br />

La Fama<br />

sansoviniana<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

Ci sono, infatti, decine di stemmi regalati da famiglie e città italiane<br />

fra i quali si possono riconoscere quello di Firenze e <strong>dei</strong> Savoia. Il<br />

levriero dello stemma centrale, con l’iscrizione «né più fermo né<br />

più fedele» (frase che si ispira al motto di Gian Vincenzo Vitelli),<br />

appartenente probabilmente alla città di Campi Bisenzio presso<br />

Firenze, intende sottolineare la fedeltà di d’Annunzio alla patria<br />

nonostante i torti subiti ed è interessante per l’amore che il poeta<br />

nutriva per questi cani da caccia celebrati in molte sue opere e<br />

con i quali spesso si identificava. Nel Libro segreto, ad esempio,<br />

ricorda con toni entusiastici una corsa di suoi levrieri, mentre nel<br />

Fuoco a proposito della loro fedeltà narra come uno di essi fosse<br />

rimasto menomato per sempre perché con le gambe spezzate<br />

aveva seguito ugualmente il cavallo del suo padrone lanciato al<br />

galoppo (vedi Tomba <strong>dei</strong> levrieri).<br />

Sulla facciata notiamo anche un leone di San Marco, simbolo<br />

della Repubblica di Venezia alla quale un tempo appartenevano<br />

i territori dalmati tanto cari al poeta; ci sono, infatti, molte statue<br />

e rilievi raffiguranti leoni sparsi per la casa e per tutto il giardino,<br />

come quello con le lettere del libro ripassate in color rosso sangue<br />

presso il Sacrario <strong>dei</strong> massi. Sulla destra, invece, troviamo l’Aquila<br />

di San Giovanni, simbolo per il poeta della profezia e del volo, ma<br />

con una possibile allusione anche alla simbologia classica, essendo un animale sacro a<br />

Zeus. Tra i diversi stemmi è riconoscibile anche quello di San Giorgio, probabilmente relativo<br />

alla Repubblica di Genova, città molto cara al poeta<br />

per il suo rapporto con le crociate, con il mito del<br />

Graal e, in tempi più recenti, con la partenza <strong>dei</strong> Mille<br />

dallo scoglio di Quarto. Lo stemma a destra rispetto<br />

a quello della famiglia Medici, sostenuto da putti<br />

con un leone rampante ascendente è probabilmente<br />

quello della città di Norcia, ma molto simile è anche<br />

quello della terra di Meldola, mentre nella parte<br />

destra della facciata un toro rampante ricorda la città<br />

di Torino e più sopra uno stemma con tre fiamme<br />

guizzanti rappresenta la municipalità di Foggia.<br />

Infine, la grande aquila ad ali aperte appartiene al<br />

primo stemma di casa Savoia e più oltre scorgiamo<br />

dalla parte opposta il giglio fiorentino.<br />

Sulla sinistra è inserito un bassorilievo bronzeo<br />

raffigurante san Francesco che presenta la regola<br />

al papa e la morte del Santo; sopra troviamo il<br />

classico motto spesso utilizzato da d’Annunzio «Pax et bonum» e «Malum et pax», che<br />

indica la perfetta letizia nel bene e nel male, accompagnando, infatti, i due momenti distinti<br />

della vita del Santo, della gioia per il riconoscimento papale e del dolore della morte. Sotto<br />

corre la scritta: «Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra madre terra la quale ne sustenta et<br />

governa et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba. Laudato si’ mi’ Signore per sora<br />

nostra morte corporale da la quale nullo vivente po’ skappare» e il poeta aggiunge: «E beati<br />

quelli che morranno a buona guerra», alludendo subito al sincretismo tra eroismo religioso e<br />

guerriero.<br />

Sopra il portone di ingresso ci sono due allegorie della Fama (o Vittorie)<br />

tardocinquetentesche di scuola sansoviniana simbolo anch’esse delle numerose battaglie<br />

e azioni militari da cui il poeta era uscito vittorioso. Esse ricordano, comunque, anche due<br />

analoghi rilievi del Cellini, artista rinascimentale molto amato dal poeta, per la sua istrionica<br />

figura di artefice. Nell’arco è scritto: «Sia pace a questa casa: spirito di Vittoria dia pace<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

106 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 107 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

a questa casa d’uomo prode». Anche qui la citazione biblica ed evangelica si unisce al<br />

concetto profano di Vittoria ed eroismo. Nell’intradosso dell’arco: «Clausura finché s’apra.<br />

Silentium finché parli». Iscrizione che ci suggerisce un’altra caratteristica dello stile <strong>dei</strong> motti<br />

dannunziani ovvero la tendenza ad esprimersi per ossimori paradossali, costruiti con la<br />

parola associata alle arti visive. Sul battente è affissa una vittoria alata mutila delle braccia,<br />

opera di Guido Marussig, a ricordo della «vittoria mutilata» della prima Guerra mondiale,<br />

perché priva delle terre dalmate ancora irredente.<br />

L’ingresso della Prioria<br />

L’ingresso è molto scuro e stretto con sette gradini preceduti da un cancello dorato a doppia anta.<br />

Ci può ricordare la frase evangelica «sforzatevi di passare per la porta stretta», considerando che<br />

il poeta usava spesso espressioni di carattere biblico e religioso a proposito della sua personalità e<br />

della sua opera, in un tentativo di «divinizzare» se stesso e la propria arte.<br />

Accanto al cancello sulla sinistra è posto un pastorale, mentre al sommo dell’anta è inserita una<br />

foglia di lauro, sottolineando così l’aspetto religioso e sacrale tanto dell’arte quanto dell’eroismo.<br />

Fra il cancello e gli scalini per terra ci sono due piccole statue di leoni, sempre a<br />

rappresentare la Serenissima, ma probabilmente anche a guardia di un ambiente religioso,<br />

come se si intendesse suggerire in miniatura il portale di una chiesa medievale.<br />

I dossali delle pareti sono parte di un coro seicentesco ornato in alto da molte statue lignee<br />

di angeli addossati al muro e adibiti a portalampada<br />

e da brocche e vasi in maiolica di ispirazione<br />

rinascimentale che indicano la presenza di acqua<br />

lustrale, simbolo della necessaria purificazione prima<br />

di entrare nella casa. Anche il soffitto sottolinea<br />

la sacralità del luogo essendo in legno scuro, a<br />

cassettoni con rosette dorate, ispirato alle basiliche<br />

paleocristiane, ma in versione déco.<br />

Alle pareti troviamo anche dipinti con rappresentazioni<br />

religiose, come, per esempio, una piccola Madonna<br />

con Bambino e un trittico in smalto su rame di Giuseppe Guidi raffigurante la Madonna con<br />

Bambino e i santi Francesco e Antonio da Padova, e l’icona con l’Annunciazione.<br />

Oltre gli scalini c’è una «colonna francescana» in pietra d’Assisi regalata, dal Comune umbro, dove<br />

sul plinto di base sono scolpiti tre chiodi dorati inseriti in una corona la quale, oltre che l’alloro,<br />

potrebbe richiamare idealmente il serpente che si morde la<br />

coda o la corda simboli fiumani, mentre in cima al capitello<br />

è posto un cesto di melograni. Sulla base del fusto è scritto<br />

“Victoriae est”. Lungo la colonna sale un tralcio di edera<br />

parzialmente dorata, ad indicare la vitalità di essa che,<br />

come anche per i piedritti dell’arengo, tende a confondere il<br />

proprio fusto con quello di un albero.<br />

Del resto l’edera è un simbolo di protezione<br />

perché nata per riparare Dioniso dalle fiamme che<br />

incenerirono la madre Semele; inoltre rappresenta<br />

la forza magica del dio, poiché, secondo il mito,<br />

essa neutralizzò e imprigionò le navi <strong>dei</strong> pirati che lo<br />

avevano rapito. Infine, essendo considerata un antidoto<br />

all’ebbrezza, simboleggia la palingenesi in quanto<br />

ricresce se drasticamente recisa È quindi il simbolo<br />

delle stagioni che si perpetuano e della primavera<br />

che torna, mentre nella religione cristiana l’edera<br />

rappresenta l’immortalità dell’anima dopo la morte<br />

Clausura finché<br />

s’apra<br />

L’eremo vegliato<br />

dagli angeli<br />

La colonna<br />

francescana


Tenace come l’edera<br />

dionisiaca<br />

Il melograno figlio di<br />

Dioniso e simbolo di<br />

Cristo<br />

Il ricordo della Duse<br />

La guardia <strong>dei</strong><br />

fratelli alati<br />

La bella ferita<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

corporale; tutte simbologie molto care al poeta che amava la commistione tra elementi sacri<br />

e profani legati al ciclo della natura.<br />

Sulla cornice del capitello corre l’iscrizione: Defendit amantem in aeternum innixa. Sursum si<br />

vivet. Vivam «Stabilita in eterno difende l’amante. Se vivrà in alto. Io vivrò».<br />

Le dimensioni della colonna sarebbero ispirate, secondo Valerio Terraroli, alla Mensura<br />

Christi cioè la colonna alla quale Cristo sarebbe stato flagellato, conservata in San Giovanni<br />

in Laterano.<br />

I melograni all’interno del Vittoriale sono una costante: ci sono numerose piante, per<br />

esempio, nel piccolo hortus conclusus intorno alla statua della Canefora del Martinuzzi<br />

all’interno del parco e il frutto essiccato si trova in molte stanze dall’Officina alla Veranda<br />

dell’Apollino; inoltre spesso è anche dipinto o scolpito e a tale frutto il poeta ha dedicato<br />

alcuni suoi romanzi. Poiché, secondo i misteri orfici sarebbe nato dal sangue di Dioniso<br />

bambino sbranato dai Titani, il melograno rappresenta il martirio anche per i chicchi rossi<br />

che ricordano gocce, tanto che nel periodo rinascimentale alludeva alla Passione di Cristo.<br />

Era il frutto preferito da d’Annunzio tanto che da esso si sentiva rappresentato, come<br />

apprendiamo dal protagonista Stelio Effrena nel romanzo Il Fuoco.<br />

Nell’ingresso, sempre a proposito del melograno, troviamo le iscrizioni: «Feros lenio in aurea<br />

cistula fructus» «Raddolcisco in una cesta d’oro i frutti aspri» «Et rigidi saxo mitescunt» «E nel<br />

rigido sasso si raddolciscono».<br />

Sopra la doppia porta è scritto: «Te hospitio agresti accipiemus» «Ti accoglieremo nella<br />

dimora agreste».<br />

Ai lati della parete di fondo vi sono due calchi di protomi femminili, opera<br />

di J. R. Carriere, rivolte verso l’alto le quali ricordano nell’atteggiamento il<br />

viso di Eleonora Duse che, come apprendiamo nel Fuoco, assumeva spesso<br />

questa posa plastica particolarmente amata dal poeta perché, a suo parere,<br />

fortemente evocativa. Così, infatti, volle che fosse ritratta da Arrigo Minerbi<br />

nella scultura presente nell’Officina.<br />

Al centro troviamo una protome alata che segna la divisione dell’ingresso<br />

dell’ospite desiderato da quello dell’indesiderato. Ai lati sulle porte sono dipinti<br />

i ritratti di Santa Chiara e San Francesco (opera del salodiano Angelo Landi),<br />

che rendono l’ambiente chiaramente riferibile all’ingresso di un monastero di<br />

clausura.<br />

<strong>Sulle</strong> ante della porta che immette all’Oratorio dalmata sta scritto «Nihil coinquinatum»<br />

(niente di impuro). Altri elementi che segnalano l’accesso in un luogo sacro e solenne<br />

sono il soffitto a cassettoni scuri con rosette dorate in rilievo, e le molte statue in legno<br />

dipinto di santi e angeli del sec. XVII- XVIII. Sugli angoli del coro sono però posti <strong>dei</strong> corni<br />

di rinoceronte con funzione apotropaica, l’uso di corna animali con questa funzione si può<br />

trovare nel Vittoriale anche in altri luoghi. Ci accoglie la lunga schiera <strong>dei</strong> «fratelli alati»<br />

dell’arcangelo Gabriele, l’annunciatore, omonimo del poeta, mentre all’entrata è posta una<br />

statuetta lignea di san Gerolamo in abito cardinalizio, introducendo, quindi, già dall’ingresso,<br />

uno <strong>dei</strong> motivi dominanti della casa cioè la sacralità dell’ambiente, il sacrificio e il ritiro in un<br />

ideale «deserto» dedicato alla meditazione.<br />

Il Sacrario <strong>dei</strong> massi – La Guerra in miniatura<br />

Religio iuvenum in bello inest<br />

«Nel giardino sotto il faggio di porpora, fra il macigno del Grappa e il macigno del Sabotino,<br />

fra il Leone veneto di Sebènico e la mitragliatrice austriaca di Asiago, è un lembo di prato...<br />

Ecco abbatto la mia statura d’uomo, mi adeguo alla terra, mi spiombo nell’erba che cede al<br />

mio peso...» (Libro segreto)<br />

Per giungere al sacrario si deve oltrepassare un’architrave in pietra, sorretta da due colonne,<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

108 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 109 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

con la scritta rossa «Rosam cape, spinam cave» (prendi la rosa, sta’ attento alla spina). Su<br />

di essa è posta una piccola riproduzione della Venere Landolina del Museo archeologico<br />

di Siracusa. A proposito della Venere guerriera scrive, infatti, il poeta: «La nostra Bellezza<br />

sia dunque nel tempo medesimo la Venere adorata da Platone e quella di cui Cesare diede<br />

il nome per la parola d’ordine a’ suoi legionarii sul campo di Farsaglia: VENUS VICTRIX»<br />

(Libro ascetico della Giovane Italia - La parola di Farsaglia). Nel retro dell’architrave è scritto:<br />

«Omnia florebunt prospiciente deo» (tutte le cose fioriranno davanti allo sguardo di Dio)<br />

ad indicare la funzione del martirio come atto di creazione, nel quale si dispiega la realtà<br />

dell’assoluto e dove l’essere si mostra nella sua vera natura fuori delle leggi del tempo.<br />

Il sacrario <strong>dei</strong> massi è un importante esempio di arte concettuale e, precisamente, di land<br />

art, posto nei giardini del Vittoriale; infatti l’assemblaggio e l’intervento artistico del poeta<br />

vengono realizzati su elementi che non hanno alcun valore estetico in sé ma che assumono<br />

importanza solo attraverso la scrittura e il<br />

loro luogo di origine.<br />

Hanno cioè una funzione metonimica, poiché<br />

una piccola parte evoca il tutto. I massi,<br />

infatti, provengono dai monti delle Dolomiti<br />

e del Carso che sono stati scenario di molte<br />

battaglie della Prima Guerra Mondiale e su<br />

di essi è scritto in rosso il nome del luogo da<br />

cui sono stati prelevati. Il colore è stato scelto<br />

per simboleggiare il sangue versato durante<br />

questi cruenti attacchi e la scrittura dichiara<br />

la funzione fortemente simbolica dell’oggetto.<br />

I massi diventano così <strong>dei</strong> correlativi oggettivi di ciò che rappresentano e degli uomini che ne<br />

sono stati protagonisti. VELIKI, GLENO, KRIBA, ERMANDA, SABOTINO, PASUBIO, L’ORTIGARA,<br />

CRODA ROSSA, MONTE GRAPPA sono i nomi «sacri» che ancora grondano del sangue <strong>dei</strong><br />

tanti eroi anonimi. Per rafforzare la sacralità del luogo d’Annunzio ha fatto piantare una croce<br />

sulla pietra più in alto, quella della Croda rossa sostenuta a sua volta dall’altra dedicata al<br />

monte Grappa. Del Veliki scrive. «Veliki; una battaglia d’oro, la più bionda battaglia del nostro<br />

Oriente! [...] I fanti mordevano l’azzurro. [...] La forza rimbalzava dalla morte. La morte era<br />

trascinata in su, dall’ardore e dal clamore».<br />

A proposito del Carso in generale scrive: «C’è una volontà sotterranea, come nel Carso<br />

ci sono fiumi nascosti e forse per sempre vermigli. Intendi? [...] Il Carso è la rivelazione<br />

sovrumana del contadino. Il Carso è la creazione ideale del contadino. L’uomo della gleba è<br />

strappato alla gleba e connesso alla pietra. [...] In ognuno di questi macigni c’è una statua<br />

italiana da sbozzare. E nella punta di ogni baionetta c’è il taglio dello scalpello.» (Comento<br />

meditato a un discorso improvviso)<br />

La sineddoche <strong>dei</strong><br />

massi<br />

Un obice da<br />

performance


progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

Il leone dalmata Appoggiata ad uno <strong>dei</strong> massi c’è la<br />

A rendere ancora più sacro e mistico l’ambiente troviamo una statua in bronzo di San<br />

canna di un obice per metà aperto e<br />

Francesco, opera dell’artista Giacinto Bardetti. In questo contesto il santo è visto come<br />

che mostra la rigatura interna, con<br />

asceta, cioè magrissimo e consunto poiché è colui che ha dato tutto per perseguire la<br />

un’attenzione tipicamente dannunziana<br />

propria causa. Anche il Vate, infatti, si sente un martire immolato per la patria e per l’arte, al<br />

per le forme dinamiche di elementi<br />

fine di elevare l’Italia e d’altra parte dal suo punto di vista tra arte ed eroismo in guerra non<br />

della tecnica non direttamente artistici,<br />

ci dovrebbe essere alcuna differenza. Questa statua, così come la croce, conferisce un senso<br />

ma che esprimono particolare energia<br />

di sacralità a tutto l’assemblaggio di oggetti. I riferimenti francescani sono presenti in quasi<br />

lineare. Il fatto che sia fracassata sta<br />

probabilmente ad indicare la sconfitta<br />

tutte le stanze della Prioria: all’ingresso della<br />

sala del Lebbroso, riprendendo la tematica<br />

Le pecore d’Abruzzo<br />

degli invasori d’oltralpe oppure l’enorme<br />

presente qui, ci sono immagini del santo<br />

«forza del fuoco» che, alla fine, l’avrebbe<br />

con pecore e lupi proprio come in questo<br />

lacerata.<br />

contesto, in cui è visto come un pastore.<br />

A destra <strong>dei</strong> massi sacri troviamo un<br />

Sulla sinistra troviamo, infatti, un gregge<br />

leone (che nella frase citata D’Annunzio<br />

di pecore che rappresenta l’infanzia e la<br />

dice essere quello di Sebenico)<br />

giovinezza di d’Annunzio: l’Abruzzo è una<br />

recante la scritta «Victoria tibi Marce evangelista meus» come quello della porta a mare di<br />

terra di pastori e di greggi ai quali il poeta ha<br />

Rovigno, riprodotto in un quadro oggi posto nella sala delle Reliquie e che si trovava dietro<br />

dedicato una sua famosa lirica, ricordando<br />

la scrivania del Comandante nel palazzo del governo di Fiume. A sinistra è posta invece una<br />

la transumanza lungo i tratturi. È probabile,<br />

grande urna cineraria, con evidente allusione funebre, come troviamo anche all’ingresso<br />

perciò, che abbia voluto dedicare in questo<br />

dell’orto della Canefora e davanti alla statua di Antinoo nella sala della Cheli. Accanto al<br />

sacrario uno spazio alle sue origini, secondo<br />

masso dedicato al Veliki è posta una base di colonna recante la scritta sitientibus (agli<br />

assetati) riferita agli assetati di giustizia (contro i nemici della patria), ma anche con una<br />

un suo procedimento tipico nell’allestimento<br />

delle sue installazioni, dove gli elementi<br />

Balilla lancia<br />

l’attacco<br />

San Francesco probabile allusione ad un episodio di guerra nel quale d’Annunzio poiché le riserve d’acqua<br />

artistici e patriottici si uniscono ad altri legati<br />

asceta della patria scarseggiavano anche lui aveva voluto soffrire la sete insieme ai suoi soldati.<br />

alla sua storia personale.<br />

Sempre seguendo sottili corrispondenze<br />

mistico - patriottiche, troviamo alla base<br />

della statua del Bardetti un piccolo bronzetto<br />

raffigurante un lanciatore di sasso con<br />

accanto tre lupi. È probabilmente ispirato<br />

alla statua di Gianbattista Perasso detto<br />

Balilla già presente a Genova nella zona di<br />

Portoria, dove oggi si apre via XX Settembre.<br />

Personaggio che, come è noto, si ribellò agli<br />

austriaci occupanti nel 1746 al grido di «Che<br />

l’inse?» (“La comincio?”) e che rappresenta,<br />

secondo la retorica risorgimentale, la<br />

ribellione degli italiani contro gli invasori<br />

stranieri anche a mani nude.<br />

Tale citazione è unita alla rappresentazione in<br />

miniatura del monumento al 78° reggimento<br />

Lupi di Toscana, impiegato nel Carso nella<br />

Prima Guerra Mondiale, di cui il Vate faceva<br />

parte. Il 6 agosto 1916, quale ufficiale di<br />

collegamento della 45° Divisione, seguì le<br />

fasi dell’assalto per la conquista di Sabotino,<br />

celebrandola poi in un proclama. Il 2<br />

novembre 1916, sul Carso all’espugnazione del Veliki (di cui abbiamo già parlato) e del Faiti,<br />

egli era ancora con il suo reggimento. In tutti i suoi ricordi di guerra e nelle più significative<br />

esaltazioni di eroismo egli stesso amava definirsi «Povero Frate Lupo».<br />

Scrive il poeta nel Libro segreto: «Le caverne del Carso han conosciuto e protetto il meglio<br />

della mia vita mentale, i pensieri senza numero nati da una imagine sola, le musiche ricche<br />

generate dalla monotonia del mio motore volante».<br />

Povero Frate Lupo<br />

110 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 111 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


Il recinto sacro<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

L’arengo e i “crociati” di Fiume<br />

In silva columnas fortium invenies<br />

“Il lago è oggi simile al braccio reciso d’un vasto fiume regale. Dove andava? a qual foce? a<br />

quale oceano?<br />

Un velo copre il Garda, un velo il Baldo. Tutto è molle, e immemore. Cilestrino è il primo<br />

cerchio, il secondo è rosato, e il restante cielo è tutto uguale di perla. Nel folto dell’arengo,<br />

alle colonne e ai tronchi gli uccelli ripetono il coro del mattino. Rinnovellano alla luce labile<br />

il commiato eternale di Antigone. Fuso è il canto, negli alberi di magnolia, come se le voci<br />

e le frondi si compenetrassero. Le campane sembran quelle di una cattedrale sommersa.<br />

I pensieri sembran fluire dalle tempie col sangue delle arterie incise.”(Prefazione al Libro<br />

ascetico della Giovane Italia, 5 maggio 1926)<br />

L’Arengo è il luogo più sacro <strong>dei</strong> Giardini del Vittoriale. È delimitato da un cerchio di magnolie<br />

sempreverdi ed è raggiungibile tramite un portale di pietra che immette nel cenacolo concepito<br />

come un coro medievale intorno ad un ideale presbiterio dove sono raccolte le reliquie del<br />

martirio e della vittoria, dalla Prima guerra mondiale all’impresa di Fiume.<br />

Per entrare si passa attraverso due colonne antiche e due soglie che recano i motti<br />

«Ingressus at non regressus» (avanzando ma non tornando indietro) «Strepitu sine ullo»<br />

(senza un grido) «Sordida pellit» (scaccia ciò che è sordido).<br />

Le ventisette colonne, rappresentano le diverse vittorie e gesta gloriose: ad esempio,<br />

la più scura sorregge un’urna sigillata con all’interno la terra del Carso e rappresenta<br />

simbolicamente Caporetto: una disfatta che però il Vate considerò come una vittoria morale<br />

dell’Italia (creando una pseudo etimologia secondo un procedimento simile a quello usato<br />

nel Medioevo, cioè Caporetto = capo eretto) dato che diede impulso al risorgere dell’esercito<br />

italiano.<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

112 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 113 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Dall’Arengo si scorge, inoltre, la rocca di Manerba nel cui profilo d’Annunzio riconosceva<br />

«l’effigie petrosa di quel Dante che disdegna i languori della vita crepuscolare» rivolta verso<br />

Oriente. Allora anche la colonna orizzontale di fuoco roseo del sole che sorge all’orizzonte<br />

può ricordare la vittoria abbattuta, ma può anche indicare una nuova impresa: «Abbattuta è<br />

quivi dunque la colonna di fuoco indicatrice? non segna più, non indica più?<br />

Ma forse interpreta, o compagni fedeli, il mio gesto: quel d’allora e quel di ora. Forse è<br />

orientata verso quell’oriente a cui son fiso dalla prua d’una esule nave che serba il rombo<br />

del suo mare, del mio mare»<br />

«In questo Vittoriale dove, tra tante colonne scolpite e incise, i miei morti sono le mie colonne<br />

invisibili» (Commiato al patto marinaro, La fiamma intelligente) d’Annunzio riuniva i fedeli<br />

fiumani per celebrare con essi i riti della Patria, vale a dire quelli iniziatici dell’esperienza di<br />

guerra e quelli commemorativi, gli anniversari gloriosi o tragici delle loro imprese militari. Tra<br />

i diversi seggi si distingue un trono sui gradini del quale è scritto: «Non nisi grandia canto -<br />

Regimen hinc animi» («Non celebro se non le grandi gesta – Da qui è il regno del coraggio») .<br />

Anche qui, come in altri ambienti del Vittoriale, la collezione di colonne, di diverse epoche dal<br />

XIV al XVII secolo, rappresenta il rapporto con il passato italico, ma soprattutto con il concetto<br />

che esprime, cioè la rinascita dell’eroismo del popolo latino, come simulacro delle gesta<br />

degli audaci. Ad essa poi si aggiungono, elementi patriottici che si presentano sotto forma<br />

di interventi artistici, come i proiettili posti sui capitelli o l’inserimento di rilievi nel fusto delle<br />

colonne stesse, iscrizioni e leggii o altri oggetti in bronzo. In esso si realizza l’idea dannunziana<br />

di fusione tra architettura e natura, convivenza dell’inventiva umana e naturale, dove anche i<br />

suoni agresti uniti alla voce si caricano di vicendevoli energie, in una sorta di superiore armonia,<br />

riprendendo, probabilmente, anche le immagini carducciane del Comune rustico.<br />

Del resto d’Annunzio non ha mai fatto mistero di sentirsi un «uomo di fazione» sempre<br />

animato dall’ambizione dell’azione guerresca e della violenta contrapposizione. Nell’Arengo<br />

si forgia la mente degli ascoltatori, come spesso constatiamo nei suoi romanzi a proposito<br />

<strong>dei</strong> discorsi in pubblico:<br />

«Come il fonditore che getta il bronzo infiammato nell’impronta cava donde uscirà la statua<br />

perfetta, così m’appare ansioso il capitano consapevole d’esser per compiere un’opera<br />

bella come la fiamma di quelle anime ebre» (Libro ascetico della Giovane Italia - Laude<br />

dell’illaudato).<br />

<strong>Vie</strong>ne suggerita l’idea del cesellatore e del forno fusorio, come per la creazione del Perseo<br />

del Cellini. Egli evoca spesso l’immagine del famoso scultore fiorentino intento, come<br />

racconta nelle sue Memorie, nello spasmodico tentativo di mantenere sempre alto il fuoco,<br />

cercando, nello stesso tempo, nuovo bronzo per portare a termine l’opera. «“Patria mia<br />

dolce!” parlava in me quel maestro di stile inimitabile com’è il mio stile. [...]” È bisogna fare<br />

molto maggiore la fornace...”[...] La mia furia lirica s’attendeva, con Benvenuto, che”una<br />

saetta si fussi creata quivi alla presenza nostra”.» (Libro ascetico della Giovane Italia - Il<br />

sasso contro l’eroe)<br />

L’immagine del rapporto con il pubblico come un lavoro di fusione e di incudine temprando<br />

e forgiando è reso evidente nel romanzo Il Fuoco a proposito della dissertazione tenuta<br />

da Stelio Effrena in Palazzo Ducale a Venezia (inserito nell’Allegoria dell’Autunno ed<br />

effettivamente pronunciata da D’Annunzio) e, ancora, riguardo al discorso interventista<br />

pronunciato in Campidoglio a Roma e ricordato nel Notturno. La folla trasmette attraverso i<br />

suoi mille occhi di mostro, simile all’immagine della Fama virgiliana, una fortissima energia<br />

che passa dall’oratore agli ascoltatori e viene restituita in una sorta di accrescimento<br />

esponenziale, fino all’esplosione e alla «palingenesi» delle menti italiche in vista della<br />

creazione del nuovo popolo latino. Come spiegano, ad esempio, sia Claudio Cantelmo sia<br />

Stelio Effrena, tra un cenacolo di artisti e un cenacolo di patrioti non ci deve essere quasi<br />

differenza perché entrambi sono complementari: l’artista non può essere solo un’asceta, ma<br />

deve battersi per la cultura italica e la patria.<br />

A fianco, delle ventisette colonne vi è, infine, un minuscolo rivo d’acqua il quale evoca il<br />

Rubicone, confermando perciò l’idea già espressa dall’iscrizione citata, dell’ingresso dal<br />

Il profilo di Dante e<br />

la colonna abbattuta<br />

La foresta<br />

pietrificata<br />

Forgiature di anime<br />

Le colonne parlanti


L’Arengo-teatro<br />

La Vittoria crocifissa<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

quale non si torna indietro. Il seggio del Comandante è posto di fronte alla Colonna del<br />

Giuramento, sormontata da un capitello d’epoca longobarda, fregiata da un Cristo crocefisso,<br />

leggii e torciere in ferro battuto, e recante il motto: “Iuro ego” (Io giuro) e dall’altra parte.”Me<br />

sodalibus credo” (Mi affido ai compagni). «Tutti i nostri martiri<br />

si levano gridando: ”Credo”» scrive il poeta in un passo delle<br />

Primavere sacre dell’Italia alata, nel Libro ascetico della Giovane<br />

Italia. Altro motto qui inciso è una variante di quello scolpito nello<br />

stemma araldico del levriero, posto sulla facciata della Prioria,<br />

Undique fidus, undique firmus.<br />

Sul fusto di una colonna mozzata è inserito poi uno scudo<br />

crociato probabilmente a ricordo del mito degli antichi cavalieri<br />

templari, ma forse anche del famoso discorso interventista di<br />

Quarto a Genova. Elementi simbolici che potrebbero indicare la<br />

vittoria mutilata o la persecuzione <strong>dei</strong> cavalieri del Tempio. Su un<br />

altro piedritto troviamo invece una placca bronzea con aquila in<br />

rilievo su cui è scritto Gloria tibi soli (Gloria a te solo).<br />

La struttura <strong>dei</strong> seggi ricorda forme orientaleggianti molto simili, per esempio, ai sedili<br />

presenti nei teatri delle città greche dell’Asia Minore (come quelli della poedria nel teatro<br />

di Priene). Nella parte interna della spalliera <strong>dei</strong> seggi a destra del trono centrale è inciso<br />

un gruppo di menadi danzanti, secondo i tipici atteggiamenti delle statuette e <strong>dei</strong> rilievi di<br />

Tanagra, a ricordo della funzione «teatrale» e legata alla tragedia antica dell’Arengo. Nella<br />

parte esterna <strong>dei</strong> braccioli sono invece incisi mostri marini con la lunga coda attorta. Ai lati<br />

dello scranno del Comandante sono posti due leoni <strong>dei</strong> quali il resto del corpo, dotato di ali, è<br />

inciso nella parte interna <strong>dei</strong> braccioli e nella spalliera; essi rappresentano i leoni alati di San<br />

Marco a ricordo delle vittorie in Dalmazia.<br />

Sempre alla destra del trono è posta un’acquasantiera sorretta da una colonna recante<br />

la scritta: «Mutuo amore crescunt» (nell’amore vicendevole si accrescono) per ricordare il<br />

sodalizio <strong>dei</strong> legionari.<br />

L’idea di inserire l’Arengo all’aperto non è casuale perché ricorda l’uso dannunziano di<br />

tenere i propri discorsi in una situazione analoga anche a Fiume, come egli stesso ricorda:<br />

«ieri sera, come nei più bei giorni della nostra resistenza, fu fatto parlamento all’aria aperta.<br />

Anche una volta fu ripreso il costume dell’antico arengo.» Poi d’Annunzio si affaccia alla<br />

ringhiera e parla alla gente «Voi rispondeste col più generoso <strong>dei</strong> vostri gridi. E l’ora di<br />

iersera fu per l’anima <strong>dei</strong> Fiumani la più alta, dopo quella della “santa entrata”.»<br />

L’Arengo è il luogo dove l’«animatore» d’Annunzio suscita gli entusiasmi e le lacrime, dove<br />

ricorda il sacrificio, l’olocausto tradito:<br />

«Quando fui tratto alla ringhiera, non c’era più manto, non c’era più velo, non c’era<br />

più alcuno schermo. Con un’angoscia stupefatta sentivo la piazza piangere, la strada<br />

singhiozzare. Le lacrime si adeguavano all’elemento, non più stille ma flutto. Il dolore<br />

infaticato del mare giungeva alle ciglia degli uomini, traboccava dagli orli <strong>dei</strong> poveri occhi.»<br />

(Deplorazione del popolo che giungeva dall’Italia stessa attraverso le isole rifatte schiave)<br />

Inoltre questo luogo gli ricorda anche il già citato discorso interventista di Quarto, tenuto<br />

nell’anniversario della partenza <strong>dei</strong> Mille il 5 maggio 1915, subito dopo il suo rientro in Italia<br />

dalla Francia. Anche in quel caso fu tenuto all’aperto, ed egli lo rievoca nel 1926, quando già<br />

si trova nella villa di Cargnacco.<br />

La colonna accanto al seggio di d’Annunzio regge una Vittoria alata bronzea (1921),<br />

coronata di spine che sta ad indicare la vittoria della Grande Guerra conquistata con il<br />

martirio e il sangue, è nuda e ammantata da una pelle di serpente (come il simbolo della<br />

Reggenza del Carnaro) dai caratteri orientaleggianti ad indicare il rinnovamento continuo e<br />

l’eternità del sacrificio per la patria. I suoi piedi poggiano su una testa di leone sporgente a<br />

guisa di rostro di nave, richiamando quindi, la polena della nave Puglia. Le ali della Vittoria<br />

sono diritte, puntate verso il cielo, e non suggeriscono l’idea del movimento o del volo, così<br />

come le braccia appaiono sollevate e sembrano ispirarsi alla posizione di un crocifisso o di<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

114 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 115 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

un orante; regge in una mano una corona mentre l’altra è chiusa a pugno. È l’unica statua<br />

presente nell’Arengo, opera di Napoleone Martinuzzi, con la dicitura: Et haec spinas amat<br />

Victoria (anche questa Vittoria ama le spine).<br />

«La mia [corona] fu di spine; e non mi dolsi nella prima ora e non mi dolsi nell’ultima. E non<br />

me ne dolsi mai.» Scrive il poeta nei Sette documenti d’amore del Libro ascetico a proposito<br />

della «città di vita» cioè Fiume, ora perduta.<br />

Martinuzzi fu uno scultore e maestro vetraio e nei primissimi anni Venti cominciò ad entrare<br />

nell’orbita dannunziana. Tra i suoi pezzi più noti si ricorda il vaso ad anse dorate in vetro<br />

pulegoso, collocato nella Zambracca. Chiamato confidenzialmente «Fra’ apè» dal poeta,<br />

Martinuzzi, realizza per il Vittoriale anche la Canefora, ora sistemata nel giardino <strong>dei</strong> melograni.<br />

Un tempo su una delle colonne del boschetto delle magnolie era posta anche la protome della<br />

Vittoria angolare opera di Renato Brozzi, oggi conservata nella Sala della Musica.<br />

A guardia dell’ingresso all’Arengo e ai lati del seggio del Comandante, sono poste sui<br />

capitelli di due colonne delle ogive di proiettili di artiglieria, creando un vero e proprio ready<br />

made, in cui un elemento funzionale e non artistico diventa oggetto estetico nel momento<br />

in cui è elevato e isolato su un ideale piedistallo. Un’installazione simile troviamo anche<br />

nel «Ponte delle teste di ferro» soprannome dato ai legionari stessi del poeta nella valletta<br />

dell’Acqua Pazza, dove i proiettili sono un dono del generale Armando Diaz. Assume, quindi,<br />

funzione estetica e simbolica: estetica come ideale continuazione metallica della colonna in<br />

pietra e suo coronamento; simbolica perché è la riproposizione moderna dell’antico valore<br />

degli uomini di fazione dalle cui città sono state prelevate le colonne, a testimonianza della<br />

virtù italica che risorge. Accanto, su un altro sostegno è posto un cratere o acquasantiera<br />

(come troviamo anche nella Sala della Musica) che richiama probabilmente il Graal, come<br />

possiamo arguire dalla Canzone del Sangue dedicata a Genova e nella quale si parla della<br />

coppa del Graal portata dal crociato Guglielmo Embriaco e conservata nella cattedrale di san<br />

Lorenzo (simboli ripresi anche nella Sala del Lebbroso). C’è poi un’altra acquasantiera in stile<br />

barocco posta esternamente all’Arengo vero e proprio.<br />

Sul lato orientale è presente poi la colonna del «Patto marino» nella quale sono riportati i<br />

nomi di alcuni di coloro che parteciparono alle imprese dannunziane e lo sottoscrissero:<br />

«Costanzo Ciano di Cortellazzo, Stefano Benni e Emanuele Parodi, Giuseppe Giulietti,<br />

Domenico Brunelli e l’uomo senza nome, servus servorum patriae a questo sempreverde<br />

sacrario delle vittorie segnarono con l’avvenire il novo patto marino rinnovellando per<br />

l’avvenire preghiera della stirpe eletta: fa di tutti gli oceani il mare nostro. Amen<br />

<strong>Vie</strong>ni a veder la gente quanto s’ama antipurgatorio balzo secondo.»<br />

Il verso «Fa di tutti gli oceani il Mare nostro» è tratto dalla preghiera, All’Adriatico, nell’opera<br />

teatrale La Nave:<br />

«Ma dissi: O Iddio che vagli e rinnovelli<br />

nel Mar le stirpi, o Iddio che le cancelli,<br />

i viventi i viventi saran quelli<br />

che sopra il Mare<br />

ti magnificheranno, sopra il Mare<br />

ti glorificheranno sopra il Mare<br />

t’offriran mirra e sangue dall’altare<br />

che porta rostro.<br />

Fa di tutti gli Oceani il Mare Nostro!<br />

Amen»<br />

Nel rilievo sotto l’iscrizione, inserita in una rituale «mandorla» gotica è una figura di san<br />

Francesco orante che richiama nell’iconografia il momento in cui il santo avrebbe ricevuto le<br />

stimmate.<br />

Su un’altra delle ventisette colonne – che sostiene un capitello – acquasantiera – rivolta<br />

verso l’ingresso dell’Arengo, e accanto a quella con lo scudo <strong>dei</strong> templari si legge: bonum<br />

Il ready made delle<br />

armi<br />

La colonna del Patto<br />

Marino<br />

San Francesco


D’Annunzio il buon<br />

samaritano<br />

D’Annunzio l’Ecce<br />

homo<br />

Doppio ardor mi<br />

consuma<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

omen dominus mihi adiutor intacta triumpho nec fulmen metuo nec hyemen sic nutrior atque<br />

quiesco durabo (Il Signore è mio aiuto, manterrò il buon presagio nel trionfo intatta, non<br />

temo né il fulmine né il freddo, così io sono nutrita e riposo). Scrive il poeta in un passo del<br />

Comento meditato a un discorso improvviso nel Libro ascetico della Giovane Italia: «Portate<br />

qui l’incudine, e incoroniamola segno di costanza. Durabo». Si tratta di un classico esempio<br />

di oggetto parlante dannunziano che si avvicina, all’idea dell’«impresa» rinascimentale<br />

Nella sua opera poi, l’arengo appare come un sodalizio tra poveri, come luogo della<br />

compassione e solidarietà popolare. <strong>Vie</strong>ne rievocata a riguardo anche un’immagine<br />

dell’infanzia, perché, come spesso accade nell’opera dannunziana, al centro c’è una<br />

performance infantile che torna a ispirare gli atteggiamenti dell’uomo nella maturità:<br />

«Io parlo ai miei operai nel mio giardino. Li faccio sedere. Io rimango in piedi. Mi conoscono.<br />

Sanno, per testimonianze certe, che [...] sempre i famigli di qualunque sorta hanno mangiato<br />

il mio medesimo pasto e che questa “eguaglianza”, [...] non fu mai negletta né diminuita.<br />

Sanno che il mio primo amico, l’amico della mia prima infanzia, fu un poverello che si<br />

chiamava Cincinnato, [...] e che gli davo ogni giorno la mia merenda; e che quando mia<br />

madre una volta lo seppe e volle rinnovarmela, io non la presi perché mi pareva di sentir<br />

menomato il piacere dell’offerta; e che questo, di me, piacque a mia madre e che questo, di<br />

me, piace anche a me.»<br />

Ne La prima voce dell’arengo, discorso pronunciato a Fiume 12 settembre 1919 d’Annunzio<br />

si presenta come Cristo: «Ecco l’uomo; che tutto ha abbandonato di sé e tutto ha<br />

dimenticato di sé per esser libero e nuovo al servigio della Causa bella, della Causa vostra:<br />

la più bella nel mondo, e l’eccelsa, per un combattente che in tanta bassezza e in tanta<br />

tristezza cerchi ancora una ragione per vivere e di credere, di donarsi e di morire.»<br />

Più oltre, verso l’agrumeto e il frutteto, troviamo il pilo della Reggenza e la colonna Marciana,<br />

con la più alta antenna del Vittoriale, sulla quale veniva issato il gonfalone di San Marco che<br />

sventolava fra i cipressi di Aquileia, dono <strong>dei</strong> combattenti all’eroe di guerra.<br />

La Nave «Puglia» - il sacro rottame<br />

Verto oculos orienti soli ut vulnerem iterum<br />

«Ardisco offrire al popolo italiano tutto quel che mi rimane, e tutto quel che da oggi io sia per<br />

acquistare e per aumentare col mio rinnovato lavoro, non pingue retaggio di ricchezza inerte<br />

ma nudo retaggio di immortale spirito [...] Tutto, infatti, è qui da me creato o trasfigurato[...]<br />

Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio<br />

presentimento della Patria futura si manifestano qui in ogni ricerca di linea, in ogni accordo<br />

o disaccordo di colori [...] Ogni rottame aspro è qui incastonato come una gemma rara.<br />

La grande prora tragica della nave”Puglia” è posta in onore e in luce sul poggio, come<br />

nell’oratorio il brandello sanguigno del capo di fanti ucciso...». (Per l’inviolabile integrità del<br />

Vittoriale interamente donato)<br />

Era il 1923 quando l’ammiraglio Paolo Emilio Thaon di Ravel donò a Gabriele d’Annunzio<br />

il Regio Ariete Torpediniere «Puglia». Era stata varata a Taranto il 22 settembre 1898 e,<br />

divenuta la prima nave da guerra della flotta militare italiana, venne impiegata inizialmente<br />

nella Prima Guerra Mondiale. Tra il dicembre 1915 e il febbraio 1916 aveva protetto insieme<br />

ad altre navi, la ritirata dell’esercito serbo incalzato dalle armate imperiali austriache. L’undici<br />

luglio 1920 a Spalato, in Dalmazia, fu poi al centro di un grave fatto di sangue che la rese<br />

testimone dell’atto di coraggio del motorista Aldo Rossi e del capitano Tommaso Gulli, uccisi<br />

durante una rivolta antitaliana degli slavi. Il comandante, benché ferito a morte, nascose<br />

la gravità del suo stato, mantenendo l’ordine ed evitando che i marinai attuassero una<br />

rappresaglia contro la popolazione della città. Con il suo martirio dimostrò così il suo amore<br />

per le terre e le genti italiane al di qua e al di là del mare Adriatico.<br />

116 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 117 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

La motivazione della medaglia d’oro assegnatagli spiega:<br />

«Ascoltando l’impulso generoso della sua anima fiera di<br />

soldato italiano, era accorso inerme, sapendo in pericolo<br />

quasi mortale ed inermi essi pure i suoi marinai in mezzo alla<br />

steppa selvaggia e sfrenata di Spalato; moriva serenamente,<br />

come gli antichi eroi della stirpe, il marinaio generoso,<br />

consacrando del suo sangue gentile anche una volta questa,<br />

zolla sacrata da tanto secolare martirio, e rinsaldava di tutto<br />

lo spasimo del nostro tormento, di tutta la grandezza del suo<br />

sacrificio, il patto d’amore indissolubile, inviolabile, da fratelli<br />

a fratelli, fra le due sponde congiunte e non mai divise del<br />

mare ch’è nostro ».<br />

L’atteggiamento che più affascinò d’Annunzio fu l’estremo<br />

atto di coraggio di cui il Gulli fu protagonista in ospedale,<br />

quando, ormai agonizzante, nonostante il pericolo di morire<br />

dissanguato, volle strapparsi le bende per vedere le ferite.<br />

Così doveva fare l’Italia - disse il poeta - non nascondere,<br />

ma guardare le proprie ferite.<br />

La nave, destinata a essere demolita nel 1923, fu accettata<br />

di buon grado da d’Annunzio che immediatamente ne<br />

predispose il montaggio e la messa a nuovo: la prua rimase<br />

quella originale mentre la poppa, aggiunta nel 1933, fu<br />

riedificata in muratura; venne poi posizionato l’albero di<br />

poppa. La sua posizione verso est doveva accompagnare<br />

nell’immaginario del poeta il profilo”grifagno” di Manerba nel quale egli si figurava da<br />

sempre l’effigie di Dante irato e ammonitore per le terre d’Italia ancora irredente al di là del<br />

“mare nostro”, cioè l’Adriatico.<br />

Infine, sulla prua, come polena, fu posta la Vittoria angolare, scultura bronzea realizzata da<br />

Renato Brozzi.<br />

Questa statua, simbolo delle numerose ed eroiche vittorie, regge un serto di foglie e poggia<br />

su un fascio di frecce dorate, che simulano la presenza di un rostro, accompagnata dal<br />

motto «Così ferisco», presente anche nel soffitto della Stanza del Lebbroso. Tale frase fa<br />

riferimento alla funzione della nave Puglia, nave da guerra con cui il Vate aveva attaccato e<br />

“ferito” i nemici occupanti della Dalmazia. Altro evidente riferimento alle terre dalmate, è la<br />

direzione della prua, che punta verso le coste dell’Adriatico, come se fosse sempre pronta a<br />

salpare verso nuove battaglie per la rivendicazione delle terre irredente.<br />

Il concetto di «partenza» non è legato solamente a eventi militari, ma ha anche significato<br />

religioso: più precisamente fa riferimento al culto vichingo. Alla morte di un capo infatti, le<br />

sue spoglie, poste su una nave da guerra, si allontanavano seguendo le correnti dell’oceano;<br />

anche il Vate era un comandante e come tale avrebbe solcato le impetuose acque nella<br />

sua ultima impresa, nell’ultimo viaggio verso l’eterno sonno. Del resto questa metafora è<br />

presente anche nella Sala <strong>dei</strong> Calchi dove il soffitto è simile a quello delle navi passeggeri<br />

dell’epoca. Inoltre a rimarcare il significato sacrale e funerario, la nave Puglia è circondata<br />

da cipressi, alberi che hanno assunto fin dall’antichità una funzione legata ai riti della morte.<br />

Il nome, infatti, deriva dalla triste leggenda del giovane Ciparisso, che per sbaglio uccise un<br />

cerbiatto che aveva allevato amorosamente. Per il dolore si tolse la vita e Apollo, commosso<br />

per la sua tragica fine, lo trasformò nell’albero di cipresso.<br />

L’intera opera, la nave, la sua collocazione, ogni dettaglio in questo ambiente è un esempio<br />

di ready-made: ogni oggetto se estraniato dal proprio contesto e posto su un “piedistallo”<br />

viene valorizzato, ne sono esaltati la bellezza, ma, soprattutto, il significato che viene<br />

sacralizzato, diventa un frammento di storia, un ricordo, un reperto. Così la nave Puglia<br />

non è in mare, ma nel mezzo di un bosco che è pelagus immaginario della vita. Navigatrice<br />

dell’aria, è sollevata sul promontorio «La Fida», si libra tra il cielo e le lontane acque del lago,<br />

La vittoria polena<br />

La traghettatrice di<br />

anime d’eroi<br />

La nave volante


progetto 7 Il maestro del fuoco<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

118 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 119 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

pronta a spiccare il folle volo verso le terre di Dalmazia. A guidarla sulla prua è la Vittoria<br />

guerriera dai molti dardi.<br />

Scrive d’Annunzio al Maroni: «Per la dipintura della ‘Puglia’, desidero riflettere [...]. È<br />

probabile che non vorrò il colore ‘adottato dalla Marina’. La ‘Puglia’ [...] si deve vedere da<br />

lontano, ed essere rilevato sul colore della campagna. Studierò.»<br />

Come il volante di sir Henry Segrave e l’elica di De Pinedo, la nave è simbolo di eroismo, è<br />

performance, un’azione estrema nata dalla commistione di passione, tenacia, sofferenza e<br />

morte; quanto più un oggetto porta in sé i simboli della prova, della morte, tanto più è sacro.<br />

Nel secondo albero, si trova il tempietto dedicato ai «Morti del mare»; sul bronzo è inciso un<br />

brano della già citata preghiera All’Adriatica della tragedia La nave con il motto «Fa di tutti gli<br />

oceani il mare nostro», presente anche sulla colonna del «Patto marino» nell’Arengo. Nella<br />

stiva sono raccolti cimeli di guerra, anche questi a ricordo e monito delle esperienze eroiche<br />

passate. Molto cara a D’Annunzio fu questa nave, che fece spesso rivivere, come se mai<br />

si fosse fermata: a volte, infatti, secondo quanto affermato da testimoni dell’epoca, faceva<br />

caricare i cannoni del ponte e dava ordine che sparassero.<br />

La Tomba <strong>dei</strong> levrieri e l’arco del Bios<br />

Rosa simul florivit et statim periit<br />

In una parte del giardino del Vittoriale, tra l’orto <strong>dei</strong> melograni e la tomba della figlia di<br />

d’Annunzio, si trova il cimitero <strong>dei</strong> cani, caratterizzato da un’atmosfera particolarmente<br />

austera e sacrale suggerita dagli alti cipressi che lo contraddistinguono.<br />

Il levriero, come vediamo nella facciata della Prioria, è l’emblema per il poeta della fedeltà<br />

assoluta, quasi folle e la spiegazione ci viene fornita da un passo del romanzo Il fuoco: qui<br />

Effrena racconta che Gog, un levriero regalatogli da lady Myrta, è divenuto storpio perché ha<br />

continuato a correre sulla spiaggia dietro il suo cavallo anche con una zampa rotta.<br />

Le tombe <strong>dei</strong> levrieri sono sparse in una parte del giardino come se questi animali si<br />

stessero ancora muovendo o stessero giocando nascosti tra gli alberi. Essi rappresentano la<br />

caccia, il desiderio irrefrenabile della preda, la brama di possedere e poi distruggere tipica<br />

del poeta, mentre il loro corpo agile e flessuoso è sempre paragonato a quello femminile,<br />

così come il loro forte istinto. È curioso, quindi, che essi rappresentino per aspetti diversi<br />

entrambi i sessi e in un certo senso appaiono perciò animali «androgini».<br />

Inoltre, su alcune lapidi delle tombe d’Annunzio ha scritto in rosso (il colore del sangue e<br />

dell’eroismo) i nomi <strong>dei</strong> suoi levrieri preferiti, cioè Krissa e Zan Zan, mentre sulla terza lapide<br />

il nome non è più leggibile.<br />

La sistemazione di questa parte del giardino ricorda un passo del Libro segreto nel quale<br />

d’Annunzio fa riferimento alla sepoltura di un altro levriero a Fiume, tra i cipressi e questo<br />

pensiero è messo in associazione alle sepolture <strong>dei</strong> fanti. Ciò conferma la solennità associata<br />

a questo animale, che è usato anche con valore simbolico nella Sala del Lebbroso<br />

Questi cani erano i preferiti del poeta, legati alla sua passione per la velocità come anche i<br />

cavalli, le automobili, gli aerei e i motoscafi.<br />

Il corpo stesso di questi animali rappresentava secondo d’Annunzio l’insieme di tutte le virtù<br />

che un animale potesse avere.<br />

Egli era affascinato dalla perfezione <strong>dei</strong> loro corpi <strong>dei</strong> quali nel Fuoco ci fornisce una mirabile<br />

descrizione a proposito di Donovan «Non v’è una macchina più precisa e più possente per la<br />

sua destinazione nella natura. Il muso è aguzzo per fendere l’aria, è lungo perché le mascelle<br />

possano fiaccare la preda al primo colpo. Il cranio è largo tra le due orecchie, per contenere<br />

il più gran coraggio e la più gran perizia. [...] Ma osservate ora le parti più importanti: la<br />

larghezza e la profondità del petto per la lunga lena, l’obliquità delle spalle proporzionata alla<br />

Il sacro rottame<br />

Il sacrario del fedele<br />

levriero<br />

Donec capiam<br />

La perfetta<br />

«macchina» da<br />

caccia


La nostalgia della<br />

savana<br />

La lepre vittima<br />

adorata<br />

Le gare di corsa<br />

I levrieri del Bios e<br />

del Nulla<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

lunghezza delle gambe, la formidabile massa muscolare nelle cosce, i garetti corti, la spina<br />

dorsale cava tra due fasci di muscoli solidi... E che eleganza nelle costole disposte in forma<br />

d’una bella carena e in questa linea rientrante verso il ventre interamente nascosto!»<br />

Sempre nel Fuoco, i levrieri di Lady Myrta hanno nomi evocativi, orientaleggianti e<br />

rinascimentali: «Ali-Nour! Crissa! Nerissa! Clarissa! Altair! Helion! Hardicanute! Veronese!<br />

Hierro!» poiché ricordano a Stelio Effrena i paesi d’Oriente da cui lo sloughi, il levriero arabo<br />

proviene. Dice di Ali-nur: «Terribile è in lui il desiderio d’uccidere, tutto il suo corpo è pronto<br />

a scattare come un arco; ed egli trema! Non di paura, non d’incertezza; trema di quel<br />

desiderio. [Stelio] prese fra le sue mani la testa serpentina dell’uccisor di gazelle, lo guardò<br />

in fondo alle pupille ove ondeggiava la nostalgia <strong>dei</strong> paesi torridi e silenziosi, delle tende<br />

spiegate dopo il viaggio illuso dalle meteore, <strong>dei</strong> fuochi accesi pel pasto della sera sotto le<br />

larghe stelle che sembrano vivere nella palpitazione del vento su la cima delle palme.»<br />

Il poeta, poi, è affascinato dalla meravigliosa tragicità della caccia, dove la lepre, animale<br />

a sua volta mirabile sarà la vittima sacrificale: «Ah, ogni volta che vedevo la lepre rompersi<br />

sotto i denti del cane, un lampo di rammarico passava nella mia gioia, per quei grandi<br />

occhi umidi che si spegnevano! Più grandi <strong>dei</strong> tuoi, Ali-Nour, e anche <strong>dei</strong> tuoi, Donovan, e<br />

risplendenti come gli stagni nelle sere d’estate con le loro selve di giunchi che vi si bagnano<br />

e con tutto il cielo che vi si specchia dentro e vi si muta.»<br />

Un altro aspetto entusiasmante per il poeta erano le gare di corsa <strong>dei</strong> sui cani: «Ecco una<br />

lode ellenica della mia levriera diletta: ‘niuna lancia è mandata più veloce di lei, né la pietra<br />

scagliata dalla frombola.»<br />

E nel Libro segreto celebra poi la vittoria della sua levriera Dilwin: «Dilwin! Token!<br />

sguinzagliati i campioni partono con una velocità di novanta chilometri all’ora, accertata<br />

dai cronometri. ho il fiato mozzo. non v’è imagine pindarica che possa contendere con<br />

quello scocco animale. addio, armi da lancio. Token! Dilwin! i due nomi si avvicendano nella<br />

raucedine degli scommettitori. resistente è la lepre ungara. ma un grido breve mi fende il<br />

cuore partigiano. ‘red!’ la fulva Dilwin ha vinto.»<br />

D’Annunzio scrisse anche una poesia destinata ad essere l’epigrafe di questa tomba:<br />

Qui giacciono<br />

gli inutili miei cani,<br />

stupidi et impudichi,<br />

novi et sempre antichi,<br />

fedeli et infedeli<br />

all’Ozio lor signore,<br />

non a me uom da nulla.<br />

Rosicchiano sotterra<br />

nel buio senza fine<br />

rodon gli ossi i lor ossi,<br />

non cessano di rodere i lor ossi,<br />

vuotati di medulla<br />

et io potrei farne<br />

la fistola di Pan<br />

come di sette canne<br />

i’ potrei senza cera e senza lino<br />

farne il flauto di Pan<br />

se Pan è tutto e<br />

se la morte è il Tutto.<br />

Ogni uomo nella culla<br />

succia e sbava il suo dito.<br />

Ogni uomo seppellito<br />

È il cane del suo nulla.<br />

31. X. 1935<br />

progetto 7 Il Maestro del fuoco<br />

L’Hortus conclusus di Persefone<br />

Proserpina ferens poma ab horto occulto Dionysii<br />

120 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 121 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Il nostro percorso si conclude in un ideale «giardino dell’oltretomba» dove spicca<br />

nuovamente l’immagine del melograno celebrando così la fertilità del martirio e l’eterno<br />

ritorno dello spirito <strong>dei</strong> forti.<br />

Il frutteto <strong>dei</strong> melograni è vegliato dalle grandi aquile e dai gigli che indicano il coraggio<br />

e la purezza. D’Annunzio li volle simili a quelli che<br />

aveva molti anni indietro ammirato nei giardini di Villa<br />

d’Este, a Tivoli. Ad essi aveva dedicato alcuni bei versi<br />

giovanili:<br />

«Parlar, fra le non tocche verzure, le cento fontane;<br />

parlar soavi e piane, come feminee bocche /<br />

mentre su’ lor fastigi, che il Sole di porpora veste /,<br />

splendono (oh gloria d’Este!) l’Aquile e i Fíordiligi».<br />

I giardini dominano alcuni romanzi dannunziani come<br />

Le vergini delle rocce e Forse che sì forse che no.<br />

Spesso essi sono divisi in più ambienti di cui uno<br />

dà accesso all’altro senza soluzione di continuità. In<br />

questo caso le aquile di villa d’Este ci introducono nel<br />

Giardino di Persefone, come ci annunziano nella scala<br />

di accesso, le urne ornate dai festoni con bucrani. Al<br />

centro è posta la Canefora di Napoleone Martinuzzi,<br />

collocata su un’alta colonna, recante un cesto di<br />

melograni, considerati dal poeta come simboli del suo spirito di artefice, frutto del sangue<br />

di Dioniso, ma nel Fuoco anche legati al<br />

mito della dea della fertilità Coré, la quale<br />

avrebbe mangiato i semi di melograno<br />

nell’oltretomba e sarebbe rimasta così<br />

per sempre imprigionata da Ade (vedi a<br />

riguardo l’ingresso della Prioria). Persefone,<br />

tra l’altro, sarebbe dovuto essere il titolo di<br />

un’opera di Stelio Effrena, poi effettivamente<br />

mai scritta da d’Annunzio. Eleonora Duse,<br />

come viene ricordato ancora nel Fuoco,<br />

possedeva a Venezia un piccolo giardino<br />

segreto dove amava ingioiellare tali alberi<br />

in onore del poeta. <strong>Vie</strong>ne richiamata perciò<br />

l’idea dell’hortus conclusus, sede nascosta<br />

agli sguardi profani di una vita spirituale<br />

e simbolica, proprio attraverso lo spazio<br />

accuratamente delimitato da ogni lato.<br />

La Canefora in bronzo, con le braccia<br />

sollevate che reggono un canestro ricolmo<br />

<strong>dei</strong> simbolici frutti dionisiaci, indica la fertilità<br />

del martirio, e il luogo dell’eterno ritorno,<br />

della morte e della rinascita, sulle orme di<br />

Persefone e del suo ciclico viaggio dall’Ade<br />

sulla terra e viceversa; un recinto sacro al<br />

quale potranno accedere solo coloro che<br />

avranno seguito fino in fondo la via del<br />

sacrificio e del martirio.<br />

Aquile e gigli di Villa<br />

d’Este<br />

Il giardino di<br />

Persefone<br />

La Canefora della<br />

rinascita


Chi e dove Liceo Scientifico N. Copernico - Brescia<br />

Classi coinvolte Classe IV M, V L<br />

Docenti referenti Elisabetta Ronchi<br />

progetto 8 Misticisno, eroismo e stimmate.<br />

D’Annunzio, un Francescano irregolare<br />

Una visita anche frettolosa al Vittoriale accoglie il visitatore, come già gli amici di un tempo, con<br />

una stupefacente disseminazione di tracce francescane (testimonianza di un viaggio più che di un<br />

naufragio...)<br />

Questo il particolare “collezionismo” che ci ha dapprima incuriosito, poi coinvolto e sfidato.<br />

Setacciando giardini, Schifamondo e Prioria, ci siamo posti una domanda: in quanti modi e in<br />

quali forme il poeta ha voluto accanto a sé, nell’ultimo alloggio, il Santo leggendario?<br />

Partendo dalla lettura di un saggio di Arnaldo Fortini (“compagno d’armi e fratello in San<br />

Francesco”, secondo una definizione dannunziana del ’18), abbiamo seguito il suo itinerario tra i<br />

meandri della devozione particolarissima del Nostro. Ci siamo subito resi conto della difficoltà di<br />

rintracciare nelle complesse vicende della vita e dell’arte qualche linea-guida, qualche possibile<br />

percorso... Lì, tra le pagine e nelle stanze, nei motti esibiti pubblicamente o negli oggetti riservati<br />

al contatto e alla visione personale, ci è però sembrato di individuare una sostanziale triplicazione<br />

della figura di Francesco agli occhi dello scrittore. E ci siamo distribuiti il lavoro, rintracciando<br />

le diverse manifestazioni di un rapporto privilegiato, elaborato dal poeta attraverso la consueta<br />

appropriazione-deformazione di un personaggio leggendario,<br />

La connotazione, per così dire, “mistica”degli anni giovanili, quando il poeta cercava in “sorella<br />

acqua” e nei “casti ulivi” una purificazione dall’arsura sensuale e dall’inquietudine esistenziale.<br />

La rivisitazione delle imprese di Francesco e di Luigi IX in Terrasanta sullo sfondo della Libia, del<br />

conflitto mondiale e di Fiume (“francescanesimo eroico”). L’approdo alla figura del lebbroso <strong>dei</strong><br />

Fioretti, portata in sé negli anni ed infine ambiguamente manifesta nella stanza dello svelamento<br />

definitivo...<br />

Concentrando poi l’attenzione su ciò che di evidente resta a Gardone, abbiamo “mappato” il luogo<br />

in cui egli volle infine compresenti tutti questi aspetti, momenti di formazione del proprio destino, a<br />

grandi linee rintracciabili nei tre siti da noi visitati. In questa fase del lavoro sono stati fondamentali,<br />

oltre al contatto diretto con gli ambienti e gli oggetti, il volume di Arnaldo Fortini (D’Annunzio e il<br />

francescanesimo), non meno che Il Vittoriale, l’opera preziosa del prof. Terraroli, e le sollecitazioni<br />

<strong>dei</strong> precedenti progetti promossi dai Musei Civici e dalla Fondazione di Gardone (Museo amico e<br />

Le vie dell’arte).<br />

Un percorso che il curioso, ma anche l’appassionato, potrà compiere lasciandosi guidare, sulle<br />

orme di Fortini (che racchiude le proprie visite al Vittoriale nelle ultime pagine della sua amichevole<br />

biografia)… e sulle nostre.<br />

Sarà forse possibile intravvedere tra gli alberi e gli arredi, tra i cimeli e le creazioni su commissione<br />

le tracce di quel mistico, di quell’eroe, di quell’ umiliato e offeso che fu per d’Annunzio il<br />

francescano Gabriele, alla ricerca della salvazione. Singolare forma di collezionismo, davvero!<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

GIARDINI PRIVATI<br />

FRANCESCANESIMO MISTICO<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Timpano déco, sormontato da Venere<br />

Landolina, con iscrizione (RECTO)<br />

Statua bronzea di Frate Sole, di G. Bardetti<br />

(1924),<br />

Bozzetto di Frate Sole, di G.<br />

Bardetti (1924)<br />

Iscrizione su base di colonna in prossimità<br />

del Frate Sole<br />

Ruscelletto Rivotorto e Valletta dell’Acqua<br />

Pazza<br />

Arengo, undici stalli per mendicanti (1924)<br />

Villa pseudo liberty detta San Damiano<br />

122 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 123 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Attributi della statua: Anadyomene o<br />

Callipige. Testo iscrizione: “Rosam cape,<br />

spinam cave”<br />

San Francesco orante, collocata nel 1925<br />

sotto un faggio rosso con braccia aperte<br />

verso la finestra della Zambracca<br />

Dopo il 1929, saldato su un elefante bronzeo<br />

e spostato nella Stanza delle Reliquie.<br />

Attualmente nel Museo della Guerra<br />

(Schifamondo)<br />

Testo: “Sitientibus”<br />

Tescio, serpeggiante torrente (rivo-torto)<br />

vicino al tugurio presso Assisi dove<br />

Francesco visse (dal 1209)<br />

Ad essi il poeta offriva il pranzo (refettoriale)<br />

ogni sabato<br />

Foresteria per artisti ospiti (1922-25), poi<br />

Mirabella (dal 1927), residenza della moglie<br />

Maria Hardouin di Gallese<br />

Probabilmente per il poeta, che allestì questo spazio simbolico a partire dal 1923, poterono<br />

convivere infine due situazioni collegate al Santo, che egli dovette sperimentare in diversi<br />

periodi della propria vita, che sostanziarono alcune sue opere letterarie e che volle visibili e<br />

dialetticamente intrecciate nella residenza finale e riassuntiva.<br />

In particolare spicca il “motivo della rosa e della spina”, che consente una duplice lettura, a<br />

seconda che lo si associ alla tentazione erotica (generatrice di inquietudine fisica e spirituale) o<br />

alla trafittura – stimmata, segno di martirio ma anche di elezione...<br />

Ma andiamo con ordine.<br />

Entrambi gli aspetti del “collezionismo francescano” presenti nei Giardini (quello, diciamo così,<br />

mistico e quello eroico) furono colti dall’amico Fortini, in visita al Vittoriale nel novembre 1923<br />

(per proporre al poeta la composizione di un proclama per l’anno francescano), e il 4 ottobre<br />

1924, festa di S. Francesco e ricorrenza del Cattaro. Soprattutto a proposito del primo incontro<br />

l’amico si dichiarò perplesso: «Ebbi l’impressione di trovarmi di fronte un uomo scontento,<br />

irrequieto, tormentato. Lo agitava il pensiero che altri lo considerasse un vinto o, peggio ancora,<br />

un superato» (A. Fortini, D’Annunzio e il francescanesimo. Ed. Assisi, 1963, p.180).


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

È legittimo pensare che nei Giardini si trovino anzitutto le tracce di quelle esperienze biografiche<br />

e delle rivisitazioni letterarie legate al francescanesimo nel suo senso più noto e più essenziale<br />

(della natura-sorella, della pace, del silenzio rigenerante).<br />

E in parte sicuramente è così: d’Annunzio volle ricreare in qualche modo, aiutato<br />

dall’incantevole scenario di Gardone, l’atmosfera libera, esaltante nella sua semplicità, respirata<br />

negli anni giovanili, durante i primi contatti con luoghi francescani .<br />

«Adesso, nella pace senza pace di quel rustico cenobio fra il lago e la collina, ritornava col<br />

pensiero nostalgico al suo antico ritiro di Francavilla, dove affermava di avere trascorso le ore<br />

più belle della sua vita.» (Cfr. Arnaldo Fortini, D’Annunzio e il francescanesimo, Assisi, Ed. Assisi,<br />

1963, p. 168-Il convento sul lago, a commento della prima visita al Vittoriale, nel 1923).<br />

Oltre a Francavilla, naturalmente, Assisi, visitata a più riprese, in particolare nel 1897,<br />

nel 1898 (con la Duse) e nel 1908 (con la Mancini), replicando con ritualità pressoché<br />

identica (la lettura <strong>dei</strong> Fioretti, le visite ai luoghi santi) un’esperienza mistica fatta di<br />

una «sensualità tanto più accesa quanto più circonfusa da un pio profumo di pace e di<br />

silenzio.» (cfr. idem, p. 89).<br />

Lo stato d’animo, che il poeta avrebbe voluto recuperare a tanti anni di distanza e che ancora<br />

accoglie il visitatore del Vittoriale, era forse proprio quello, fatte le debite proporzioni, scaturito<br />

dalla visione di Assisi, dal davanzale dell’albergo 85 Subasio, in compagnia della Duse e<br />

dell’amico Angelo Conti, riportata nel I tomo delle Faville del maglio (in data 13 settembre<br />

1897): «Diceva dianzi Illuminata che in nessun paese del mondo la Natura è tanto vicina a noi<br />

quanto nella campagna francescana. V’è sparso per il paese verde quasi un sentimento<br />

di familiarità affettuosa. L’orizzonte ci guarda, ha la bontà consapevole di una pupilla cilestra.<br />

E non soltanto l’orizzonte guarda e vede, ma una specie di veggenza è in tutte le cose naturali.»<br />

(Scrivi che quivi è perfecta letitia, in G.D’Annunzio. Prose di ricerca... a c. di A. Andreoli, G.<br />

Zanetti, Milano, Mondadori, 2005, Vol.II: Il venturiero senza ventura, p. 1096.).<br />

Alla variante “mistica” del francescanesimo (con potente effetto di sintesi di suggestioni e<br />

luoghi diversi: Assisi e Francavilla) si può ricollegare anche la scelta di nominare San Damiano<br />

la palazzina ora detta Mirabella. San Damiano, infatti, oltre ad essere il monastero fondato da<br />

Santa Chiara (e perciò evocatore, dopo tanto tempo,delle “sororali” compagne di Assisi...),<br />

secondo la tradizione fu anche il luogo dove Francesco compose il suo Cantico.<br />

La palazzina fu destinata fino al 1927 ad ospitare artisti in visita, forse anche in ricordo<br />

dell’amico di Francavilla, Michetti, presso il cui “convento” d’Annunzio scrisse in gran parte,<br />

tra il 1888 e il 1895, i primi quattro romanzi.(cfr. A. Fortini, D’Annunzio..., cit., pp. 14-18, 29):<br />

un nome quanto mai opportuno, quindi, per designare un ricovero di personaggi in cerca di<br />

ispirazione...<br />

Quando poi la palazzina divenne residenza della moglie Maria Hardouin di Gallese, non avrebbe<br />

potuto esserci migliore luogo, pur con cambio di nome, per ospitare quella donna che Fortini,<br />

nel suo resoconto del 4 ottobre 1924, descriveva così al suo arrivo a cena: «Rimasi stupito<br />

della sua presenza e, più ancora, della cortesia premurosa e affettuosa con la quale tutti e due<br />

si parlavano. Sembravano due sposi che non avessero mai cessato di amarsi per tutta la vita.<br />

Pensai che, stanco ormai di amori avventurosi, egli aspirasse alla pace familiare, alla quiete<br />

della casa. » (A. Fortini, D’Annunzio..., cit., pp. 188).<br />

Il racconto ci proietta in un’atmosfera rarefatta che, seppure più apparente che reale, è<br />

facilmente associabile alla fraterna sollecitudine che proverbialmente legava Francesco e<br />

Chiara, ben raccontata nel famoso Fioretto XV, dedicato all’umile e serena condivisione della<br />

mensa.<br />

Sicuramente il momento biografico doveva concedere al poeta, in quel momento, ben<br />

pochi momenti di serenità interiore. Eppure egli non cessava di desiderarla. E talvolta,<br />

eccezionalmente, di raggiungerla, come estatico abbandono alla bellezza della natura, in questo<br />

senso pienamente “francescano”.<br />

L’anno precedente, accomiatandosi dall’amico, Fortini così descriveva il repentino passaggio<br />

di d’Annunzio da uno stato di cupezza e irritazione ad una “nuova, misteriosa felicità”: «Si<br />

avvicinava il tramonto. Una nuvola soffice, bianca, che veleggiava nel cielo di cobalto, stava<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

124 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 125 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

sospesa sulla cima del colle, con le orlature che si accendevano, sempre più intensamente, di<br />

porpora. Ed egli la contemplava, rapito. – Guarda quella nuvola – disse. Era tornato veramente,<br />

sinceramente, poeta. E io pensai e sperai che la poesia, grazie al prodigio e alla santità di<br />

Francesco d’Assisi, avesse potuto ricondurlo alla vita, alla vera vita. » (A. Fortini, D’Annunzio...,<br />

cit., pp.187).<br />

È lo stesso poeta, d’altronde, a suggerirci la particolare sfumatura di alcune zone all’aperto:<br />

«Nel giardino, sotto il faggio di porpora, [...] è un lembo di prato, quasi frammento di vasta<br />

prateria: ché l’erba v’è folta e vivida e libera come nelle piane solitudini. Tra queste pietre di<br />

memoria [...] è uno spazio angusto ove il vento nel piegar l’erba sembra recare l’alito di una<br />

vastità remota, di una smisurata libertà. Mi vince la subita voglia di stendermi, di affondarmi, di<br />

abbandonarmi al sonno senza compagna...<br />

Nel riadagiare il capo sul mio braccio sinistro piegato come quel del Prigione di Michelangelo,<br />

intravedo per entro il verde fitto pochi fiori lievi.» (Cento e cento e cento pagine del libro segreto<br />

di Gabriele d’Annunzio tentato di morire, a c. di P. Gibellini, Mi, 1995, p. 210.)<br />

Questa la forte connotazione del settore del giardino già prima della sistemazione del<br />

’25, quando d’Annunzio volle collocare sotto il faggio la statua del Santo, potenziandone<br />

ulteriormente la valenza.<br />

Ma tale pace aveva preteso in passato, e pretendeva ancora, il prezzo di una lotta interiore:<br />

il poeta dopo tanti anni tornava a rivivere, forse, anche la sera di quel lontano pomeriggio del<br />

1897, quando i due innamorati si erano recati al Roseto di S. Maria degli Angeli, e un fraticello<br />

aveva ricordato loro la tentazione fisica vinta dal Santo: «Per domare il malvagio desiderio, il<br />

figlio di Pietro Bernardone si getta ignudo nel roseto, si rotola sui duri aculei, li insanguina di<br />

sé. Le rose devastate lo blandiscono, quand’egli le preme [...] Come la candela accesa scorre<br />

lungo la grata, scorgiamo al limite del roseto certi grandi e pesanti fiori rossi che contrastano<br />

per la lor sensualità vistosa con que’ tenui gambi senza spine.»<br />

Terminata la visita, i due erano tornati alla campagna notturna, con un’eco di inquietudine: «La<br />

valle si colma di lento sonno; lavato dalla pioggia, il cielo si sgombra. Ma ancora biancheggia<br />

il letto del Tescio tortuoso; che è l’imagine dell’implacabile desiderio, dell’inestinguibile sete,<br />

a contrasto con le linee consolatrici della terra francescana. Questo fiumicello serpeggiante,<br />

disseccato, taciturno, tutto di selci bianche e lisce, attrae di continuo il mio sguardo e il mio<br />

spirito. È un aspetto di tormento, è il segno dell’anima agitata e avida [...].<br />

Non v’è forse corrispondenza tra il perfido ardore di questo fiume e il turbamento che traeva<br />

Francesco a castigare il suo corpo su le spine del roseto? Anche Francesco aveva in sé il suo<br />

Tescio, come questa campagna placida, felice e pia». (“Scrivi che quivi è perfecta letitia”, cit.,<br />

pp. 1097-1099).<br />

Nel ricordo di quella stagione giovanile di ardore e turbamento, durante la sistemazione del<br />

giardino, d’Annunzio volle dunque riproporre a se stesso, probabilmente, la prima complessa<br />

immagine “mistica” di Francesco: colui che poteva concedere temporanea innocenza e<br />

contemplazione, avendo vissuto e vinto nella propria carne, oltre che nell’anima, le stesse<br />

tentazioni di Gabriele.<br />

Rileggiamo ancora una volta, quindi, e tentiamo di organizzare alla luce di queste<br />

considerazioni, i diversi segnali presenti nel giardino: allusione erotica contenuta nella Venere<br />

Anadyomene e nel motto sul RECTO dell’’iscrizione; statua di Francesco (orante, ma anche<br />

“buon pastore” salvifico, replicato, in origine, da una statuetta in scala, a duplice protezione del<br />

gruppo di pecore ancora visibile); collocazione originaria della statua sotto un faggio rosso e a<br />

brevissima distanza dal ruscelletto (Rivotorto) che si getta nella Valletta dell’Acqua Pazza...<br />

Non possiamo non sentire riaffiorare nel giardino, fresco e vitale, solitario e amico, la prima<br />

stagione della “devozione”dannunziana, i giorni di desiderata pace, il ricordo del giovanile<br />

bisogno (vero o presunto tale...) di uno stato d’animo rasserenato, in fuga da una’arsura<br />

e da un’ansia principalmente sensuali. “Dare da bere agli assetati” l’opera di misericordia<br />

con cui Francesco, con sollecitudine, viene in soccorso al poeta, evocato esplicitamente dal<br />

“Sitientibus” posto ai piedi del Santo, sul masso.


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

FRANCESCANESIMO EROICO<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Timpano déco, sormontato da Venere<br />

Landolina, con iscrizione (VERSO)<br />

Colonna “francescana”, con nomi di eroi<br />

del Patto Marino (1923)<br />

Iscrizione su base di colonna<br />

Seggio del Comandante, colonna del<br />

Giuramento con Cristo crocifisso, circolo di<br />

sedili in pietra per “sodales”.<br />

Colonna con Vittoria alata bronzea di N.<br />

Martinuzzi (1921), e iscrizione<br />

Villa pseudo liberty detta San Damiano<br />

Gruppo in bronzo Cacciatore con branco di<br />

lupi (lab. Bourdelle, 1928-1930)<br />

Attributo della statua: guerriera. Testo<br />

iscrizione: “Omnia florebunt prospiciente<br />

Deo”.<br />

Il testo del Patto marino è del 1923. Una<br />

copia fu donata a Arnaldo Fortini con una<br />

dedica, in termini “francescani”, allusiva agli<br />

avversari politici che osteggiarono il patto.<br />

Testo: “Sitientibus” /, accanto al masso della<br />

battaglia di Veliki<br />

In via di sistemazione dal 1923.<br />

“Et haec spinas amat Victoria”<br />

Come la colonna con la terra del Carso,<br />

allude a Caporetto, una disfatta considerata<br />

da d’Annunzio inizio della riscossa patria.<br />

A San Damiano, Santa Chiara visse per 42<br />

anni e vi morì. Respinse coraggiosamente<br />

i Saraceni all’epoca di Federico II nel<br />

settembre 1240<br />

Con iscrizione dedicatoria <strong>dei</strong> “Lupi di<br />

Toscana”. Nel 1929 sostituisce in giardino il<br />

bozzetto di Frate Sole<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

126 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 127 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

D’altra parte, se ci addentriamo nell’Arengo, allestito negli stessi anni per i riti della Patria, per le<br />

celebrazioni gloriose o tragiche della Grande Guerra, per gli incontri con i legionari fiumani, diventano<br />

evidenti suggestioni francescane di altro segno.<br />

Nel ricordo dell’”eroico” passato, si ripropongono la rosa e le spine sul VERSO dell’architrave<br />

all’entrata <strong>dei</strong> giardini, in un motto che allude alla ricompensa futura, demandata alla giustizia divina,<br />

delle ardite imprese passate. “Tutte le cose fioriranno di fronte allo sguardo di Dio” Alludendo al<br />

passaggio all’eternità attraverso il martirio che compie e determina la vera realtà dell’essere nella<br />

sua ultima forma. La Venere Landolina riprende l’immagine della Venus Victrix delle insegne di Giulio<br />

Cesare nella battaglia di Farsalo (La parola di Farsaglia – Libro ascetico della giovane Italia), dove<br />

diventano evidenti le connotazioni guerriere della dea.<br />

Rose e spine saranno con naturalezza associate più tardi (1928), alla Vittoria coronata di spine di<br />

Martinuzzi, l’iscrizione alla base della quale rimanda allusivamente, oltre che al ricordo della Grande<br />

Guerra, a un destino condiviso, di patimento e gloria, tra Comandante e “sodali”<br />

La colonna francescana del ’23 “parla”, nel segno di un desiderato rinnovamento patrio («Quegli<br />

uomini sinceri che sentirono il dovere di combattere, oggi sentono il dovere di costruire.», recita il


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

testo del Patto sine nomine); il seggio del Comandante è posto di fronte alla Colonna del Giuramento<br />

e al Cristo crocifisso, nel circolo <strong>dei</strong> sedili in pietra destinati ai “sodales”.<br />

Nel ricordo <strong>dei</strong> gloriosi giorni della Grande Guerra e di Fiume, si ripropongono le spine in un motto,<br />

ma associabili alla corona del supplizio e della Vittoria (le stimmate di Francesco, la croce di Cristo...).<br />

Torna in questa chiave combattiva anche l’allusione a S. Damiano, con l’eroica resistenza delle<br />

Clarisse, che, nel medesimo periodo di sistemazione del Vittoriale (1924) divenne argomento di una<br />

progettata lauda drammatica (La Vergine e la Città), di cui ci parla, con dovizia di particolari, Fortini.<br />

(cfr. D’Annunzio..., cit., pp. 38-45.)<br />

L’opera letteraria-musicale non fu mai realizzata; restano però dichiarazioni dell’autore sui toni della<br />

sua ispirazione: Il 23 giugno 1925, giorno successivo alla commemorazione annuale dell’impresa<br />

leggendaria, così d’Annunzio telegrafava all’amico: «[...] io sono nella verità, considerando Francesco<br />

quale altissimo eroe generato da un popolo eroico. L’Ostia animosa di Santa Chiara splenda in<br />

perpetuo contro tutti i barbari di Oriente e d’Occidente, di Austro e di Borea [...].» (idem, p.44).<br />

Non si realizzò neppure un successivo progetto (che doveva portare lo stesso titolo) di poema corale e<br />

sinfonico dedicato a S.Caterina da Siena, anch’essa in atto di donare la propria vita per la liberazione<br />

della sua gente: nel 1932 avvenne l’incontro con Respighi al Vittoriale, per il disegno destinato a<br />

restare incompiuto per la morte del musicista. Ma se gli scritti restarono allo stato di abbozzo, la<br />

palazzina in pietra testimonia la fedeltà a quell’ispirazione.<br />

Era sentito come necessario riproporre, in bella evidenza anche agli eventuali visitatori del Giardino,<br />

il motivo del Francescanesimo Eroico, fervido soprattutto dal 1911 al 1920 (dalla Libia a Fiume) e<br />

ancora vivo nel nuovo progetto del Patto marino, alle soglie di una svolta drammatica per la storia<br />

italiana, che stavolta escluderà d’Annunzio in quanto scomodo spirito libero.<br />

Per altro verso, l’autocelebrazione sembrava vacillare nel momento stesso della spettacolare messa<br />

in scena: nella dedica della copia del nuovo Patto marino donata a Fortini, già nel novembre 1923<br />

l’autore definiva gli avversari politici “piccoli uomini men docili del lupo d’Agobbio, ma che il grande<br />

Serafico approva e benedice”, quasi affidando al Santo la risoluzione di un nodo destinato a non<br />

sciogliersi affatto. (cfr. A. Fortini).<br />

Poco prima lo stesso d’Annunzio aveva chiarito all’amico il motivo di tale stato d’animo: «Il Poeta si<br />

diffuse a narrare gli ostacoli che gli armatori ponevano all’approvazione del Patto marino. Ma egli<br />

sarebbe giunto a superare tutte le difficoltà. San Francesco aveva ammansito il lupo. Egli avrebbe<br />

fatto altrettanto.» (idem, p.178) Per il momento, comunque, il lupo evocato restò sulla carta, nella<br />

dedica all’amico e in un’illustrazione <strong>dei</strong> Fioretti, mostrata a suo dire agli irriducibili armatori (cfr.<br />

ibidem). Nel ’24, abbiamo visto, l’atmosfera si fece più triste, più meditativa e delusa, anche se<br />

l’Arengo continuò a testimoniare lo spirito battagliero dell’uomo.<br />

Dopo pochi anni (1929), acuitasi sempre più polemicamente la frattura con i politici, un energico<br />

Cacciatore con branco di lupi venne a sostituire il piccolo Frate Sole di Bardetti. Si trattò forse di un<br />

redivivo sussulto di orgoglio, che portava ad abbandonare più miti consigli in nome di un ritrovato<br />

“eroismo”: evidente, in tal senso, il riferimento ai compagni di lotta sul Veliki, i leggendari Lupi di<br />

Toscana...<br />

Ma ciò che appare più interessante è la nuova ambientazione della statuetta, nella Stanza delle<br />

Reliquie, con valenze più meditative e spirituali, a coronamento della tavola francescana. (cfr. V.<br />

Terraroli, Il Vittoriale, Mi, 2001, pp. 170-171).<br />

Già nel ’23 d’Annunzio aveva confidato all’amico l’intuizione che S. Francesco fosse l’espressione<br />

«più completa e più perfetta del sentimento religioso in tutti i popoli e in tutti i paesi.», anticipando<br />

nelle intenzioni il trasferimento effettivo dell’oggetto e la successiva considerazione di una valenza più<br />

“gratificante” e insieme più “umanamente universale” del Poverello di Cristo (cfr. D’Annunzio..., cit., p.<br />

177)<br />

Era nel frattempo giunto a maturazione il passaggio pressochè definitivo alla terza “maschera”<br />

francescana: il Santo delle stimmate e del Calvario, che conforta il lebbroso come lui piagato e lo<br />

trasfigura nel proprio patimento. Questa forma di francescanesimo troverà piena espressione in<br />

alcune stanze della Prioria, culminando nell’allestimento della stanza del Lebbroso.<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

PRIORIA<br />

FRANCESCANESIMO “MISTICO”<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Facciata Prioria [Sistemazione 1925-‘26]<br />

(muro centr., a sin. sopra bassorilievo), motto<br />

Facciata Prioria<br />

(muro centr., a sin.), iscrizione<br />

su cornice in pietra di Botticino<br />

Muro perimetrale della Prioria Finestre<br />

con grate imitanti il cordiglio francescano<br />

(dal 1929)<br />

Vestibolo Porta di S. Francesco: lunetta con<br />

S. Francesco di A. Landi (1925) e porta con<br />

rami d’alloro su fondo nero, occhio alato e<br />

motti<br />

Vestibolo Porta di S. Chiara: lunetta con S.<br />

Chiara di A. Landi (1923-‘24) e porta con<br />

rami d’alloro su fondo nero, occhio alato e<br />

motti<br />

Oratorio Dalmata Fonte d’acqua, coronata<br />

con lampada votiva in ricordo della madre e<br />

con iscrizione<br />

Oratorio Dalmata Caminetto in broccatello<br />

di Verona di G. C. Maroni (1925-1927) , con<br />

iscrizione<br />

Oratorio Dalmata Ampolla in maiolica<br />

bianca e azzurra: S. Francesco<br />

Vestibolo In prossimità della Scala di<br />

Giobbe, tavole in legno dipinto: alloro, occhio<br />

del veggente e motto<br />

128 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 129 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

“Pax et bonum...” (saluto francescano)<br />

“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra<br />

matre terra, / la quale ne sustenta et governa<br />

/ et produce diversi fructi con coloriti flori et<br />

herba”<br />

Santo “serafico”, ma colori scuri e scarsa<br />

illuminazione ambientale.<br />

Occhio alato simbolo del poeta veggente.<br />

Recto: “Nihil coinquinatum” / verso: “Pax et<br />

bonum”<br />

“Laudato sia mio Signore per suor Aqua la<br />

quale è molto utile et humele et preciosa et<br />

casta”<br />

“Lodato sia mio Signore per frate fuocho per<br />

lo quale tu alumini la nocte et ello è bello et<br />

iocundo et robustissimo et forte”<br />

Atmosfera “lieta”, nonostante le stimmate<br />

(Francesco nella natura, colori chiari)<br />

Testo iscrizione: “Ego sum Gabriel qui asto<br />

ante deos, alitibus de fratribus unus, oculeus<br />

Postvortae alumnus, arcani divini minister,<br />

humanae dementiae sequester, volucer<br />

demissus ab alto, princeps et praeco.”


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

Officina Cartella con autografi, con ex libris<br />

della Squadriglia di S. Marco e litografia con<br />

S. Francesco<br />

Cenacolo, poi Sala del Contrappunto, poi<br />

Stanza delle Reliquie (dal 1929)<br />

S. Francesco benedicente circondato<br />

da dodici riquadri con episodi della sua<br />

vita; smalti su rame a colori pastello<br />

particolarmente delicati (prevalenza di<br />

azzurri, verdi e gialli), di G. Guidi<br />

Cenacolo Statua lignea di S. Antonio<br />

Stanza della Leda Tavolinetti in ferro<br />

battuto e marmo, con cordigli francescani,<br />

su disegno di d’Annunzio (1924-26)<br />

Stanza della Musica Sul soffitto cordoni<br />

dorati simili a cordigli francescani, tesi su un<br />

tessuto “belluato” e fermati da piccole cetre<br />

Stanza della Musica Postergali monastici<br />

in noce, con motti in cartigli<br />

Testo iscrizione: “Ego sum Gabriel qui asto<br />

ante Deum” Sullo sfondo della litografia :<br />

panorama di Assisi in un tripudio di raggi<br />

solari<br />

Sotto il Santo incipit delle Laudi: “Altissimo<br />

Onnipotente Bon Signore, tue son le laudi,<br />

la gloria e ogni benedizione” (Probabile<br />

modello: S. Francesco e venti storie della<br />

sua vita (anon. XIII sec.), Firenze, S. Croce,<br />

Cappella Bardi). Smalti<br />

In prossimità: due Cristi deposti<br />

“Vigilia et labor” “Pax et quies”<br />

«La facciata della Prioria ha subito notevoli mutazioni fino almeno al 1930-31, quando ha assunto<br />

l’assetto attuale: il messaggio inviato al pubblico raccolto davanti all’entrata del mitico eremo è [...]<br />

di trovarsi innanzi a un palazzo antico, di origine medievale e carico di storia, divenuto residenza<br />

principesca, la quale attenua la prosopopea aristocratica con gli evidenti segnali francescani<br />

dell’umiltà e del silenzio; tuttavia l’ambiguità del messaggio è palese poiché umiltà e silenzio sono<br />

il risultato di una scelta individuale, aristocratica, di un sovrano che per sua scelta si è rinchiuso nel<br />

proprio guscio prezioso». (V. Terraroli, Il Vittoriale, Milano, Skira, 2001, p.114)<br />

Il motivo del francescanesimo “mistico” nella Prioria assume connotazioni soprattutto “cenobiali”<br />

(condivisione di momenti affettuosi, memori e aristocratici con amici selezionati, accolti nella dimoraconvento<br />

dalle celle preziose, cariche di ricordi e prospettive...)<br />

In questa chiave vanno letti il saluto “Pax et bonum”, le citazioni dalla Laus Creaturarum (Terra sulla<br />

facciata, Acqua e Fuoco nell’Oratorio Dalmata), la bottiglia di Cerasella, le ore di industrioso labor<br />

nell’Officina, per condividerne i frutti con gli amici (tra i quali il “nostro” Fortini) : come dice il poeta:<br />

Ego sum Gabriel qui asto ante deos, alitibus de fratribus unus....<br />

L’Oratorio Dalmata, in particolare, si evidenzia come una «mistica foresteria conventuale». in cui<br />

«il tema dominante è quello del raccoglimento religioso e meditativo, già suggerito dalla scala<br />

d’ingresso, in attesa dell’incontro con il Vate, tema che viene sottolineato dalla presenza di preziose<br />

edizioni di esercizi spirituali, messali e libri di preghiere, candelabri sacri, incensieri, aspersori, calici,<br />

navicelle e turiboli in lamina d’argento del Sei e del Settecento, ma soprattutto di immagini sacre, che<br />

non compaiono in una raccolta così cospicua nel resto dell’abitazione […]». (V. Terraroli, Il Vittoriale,<br />

cit., pp.118-119).<br />

Il particolare tipo di “religione” qui espressa si carica fortemente di autocelebrazione di imprese<br />

memorabili, e si presta a sfumare nella variante “eroica”.<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

FRANCESCANESIMO EROICO<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Facciata Prioria (muro centr., a sin.),<br />

bassorilievo<br />

Facciata Prioria (muro centr., a sin sopra<br />

bassorilievo), motto<br />

Facciata Prioria (muro centr., a sin.),<br />

iscrizione su cornice in pietra di Botticino<br />

Muro perimetrale della Prioria Finestre<br />

con grate imitanti il cordiglio francescano<br />

(dal 1929)<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria Colonna<br />

del martirio di Cristo (Mensura Christi), copia<br />

della reliquia in S. Giovanni in Laterano<br />

a Roma con i tre chiodi del Terz’Ordine<br />

francescano incastonati alla base.<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria (parete<br />

est). Bassorilievo su legno: Vittoria alata<br />

in bronzo fuso e dorato, di G. Marussig<br />

(1926-’27)<br />

Cenacolo, poi Sala del Contrappunto, poi<br />

Stanza delle Reliquie (dal 1929) Gonfalone<br />

della Reggenza del Carnaro sospeso al<br />

soffitto sopra un reticolo di cordami in lamé<br />

dorato<br />

Cenacolo Teca in vetro soffiato con matassa<br />

di fili di seta, su disegno di L. Martinuzzi<br />

(posta sul ciborio cinquecentesco in legno<br />

dorato)<br />

Sala di Cheli Sottopiatti in argento sbalzato<br />

con cordigli francescani, motivi di spine,<br />

rose selvatiche, ali di pellicano, trofei di<br />

lauro, orifiamma, spighe disposti variamente,<br />

alternati a motti<br />

130 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 131 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Approvazione della Regola francescana dal<br />

Pontefice.<br />

“…Malum et pax”<br />

“Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra<br />

morte corporale / da la quale nullo homo<br />

vivente po’skappare / E beati quelli ke<br />

morranno a buona guerra”<br />

L’antico stemma del Terz’Ordine si trovava<br />

sopra la porta della Casa <strong>dei</strong> Terziari ad<br />

Assisi. Dono di E. Illuminati ad A. Fortini, e da<br />

questo a d’Annunzio nel 1924.<br />

La posizione <strong>dei</strong> tre chiodi ripropone in<br />

chiave sacra l’emblema dannunziano del<br />

“Dare in brocca” (tre frecce che attraversano<br />

un cerchio), associato all’impresa di Fiume.<br />

Vittoria con peplo classico e cordiglio<br />

francescano. Presenza di una croce,<br />

evidenziata da ali stilizzate; manca delle<br />

braccia. Iscrizione: “Settimo anniversario<br />

della marcia di Ronchi, 1919-1926”)<br />

Rimando simbolico: sartiami delle navi, ma<br />

anche cordiglio francescano, motivo ripreso<br />

sulle tende e sulla tappezzeria della Sala, con<br />

rose e melagrane<br />

Secondo Terraroli “esplicita allusione alla<br />

chioma di S. Chiara tagliata con l’ingresso<br />

nella clausura e ancora conservata dalle<br />

clarisse di Assisi.”<br />

1) Laetitia tristitia 2) Non mihi Domine<br />

3) Satis est 4) Immortale quod opto<br />

5) Paulatim 6) Uni salus, alteri pernicies<br />

7) Transimus per ignem 8 ) Meliora<br />

supersunt 9) Ut prosit 10) Tribulatio ditat<br />

11) Ex copia inops


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

ORA a Schifamondo Guanti portati durante<br />

il volo del Cattaro, con scritta rossa<br />

ORA a Schifamondo Bozzetto di Frate Sole,<br />

di G. Bardetti, saldato su un elefante, bronzo<br />

Scritta sul guanto: “4 ottobre 1917”<br />

(ricorrenza di S.Francesco)<br />

Allusione al Francesco “egiziano”, “crociato”.<br />

Dopo il 1929 spostato dai Giardini privati alla<br />

Stanza delle Reliquie.<br />

Che dire del sentimento tra esaltato e religioso con cui d’Annunzio si lancia nelle imprese della<br />

guerra? L’immagine del santo ispirato da sentimenti superiori al valor militare è facilmente<br />

assimilabile all’immaginario dannunziano, e si associa al sentimento d’ammirazione-emulazione<br />

che lega il poeta a figure storiche di illustri Terziari, come S. Luigi IX o Giovanni di Brienne (cfr.<br />

Fortini, pp.93-103 e 196-200). Anche Santa Chiara, e San Francesco, rivestiti di eroismo guerriero,<br />

divengono inesauribili fonti d’ispirazione per l’aspirante eroe-mistico d’Annunzio.<br />

L’8 settembre 1920 d’Annunzio aveva istituito la Reggenza Italiana del Carnaro, dotandola di una<br />

Costituzione (la Carta del Carnaro, scritta dal capo di gabinetto Alceste De Ambris, ma rimaneggiata<br />

personalmente dal Vate); allo stesso tempo si era posto a capo del nuovo governo, proclamandosi<br />

Duce.<br />

La posizione <strong>dei</strong> tre chiodi sulla Mensura Christi ripropone in chiave sacra l’emblema dannunziano<br />

del “dare in brocca” (tre frecce che attraversano un cerchio), associato all’impresa di Fiume. La lapide<br />

incastonata ai piedi della colonna, antico stemma <strong>dei</strong> Terziari di Assisi (Confraternita delle Stimmate),<br />

fu un dono a d’Annunzio dello stesso Fortini e conduce direttamente ai Templari che, secondo una<br />

leggenda, incontrarono il Santo in occasione della V Crociata (1218-19) (cfr. Arcangelo Papi, San<br />

Francesco, le stimmate e la Sindone: una possibile antistoria del cristianesimo, in Episteme, Physis e<br />

Sophia nel III millennio, n. 7-21 dicembre 2003, p. 14).<br />

È al passato fiumano, che fa tutt’uno per lui con le imprese gloriose della Grande Guerra, che<br />

d’Annunzio pensa allestendo dal 1924 il Cenacolo, futura stanza delle Reliquie, in cui fa bella mostra<br />

di se’ sul soffitto, trattenuto da cordigli francescani annodati, il Gonfalone della Reggenza. Più tardi, il<br />

15 marzo ’24, celebrandosi l’annessione di Fiume all’Italia, il re conferì al combattente di un tempo il<br />

titolo di Principe di Montenevoso.<br />

Tra i numerosi simboli, intorno allo scudo risalta il cordiglio francescano con i tre nodi. Fortini ricorda<br />

una confidenza fattagli dall’amico a proposito del proprio “francescanesimo eroico”: «Io conosco il<br />

terzo luogo che anche San Francesco conosceva. Il primo luogo è quello della vita con le sue bellezze<br />

e i suoi dolori. Il secondo è quello della Morte, per alcuni principio di letizia e di godimento, per altri<br />

soglia dell’orribile silenzio. Il terzo è quel senso indefinito che guida e conduce verso il destino con<br />

sicurezza piena che l’evento si compia».<br />

Anche oggetti poco appariscenti hanno una profonda valenza allusiva: nella Stanza delle Reliquie, ad<br />

esempio, è riproposta (se vogliamo dare credito a Terraroli) la venerazione per una S. Chiara “eroica”,<br />

la cui capigliatura impietosamente sacrificata all’atto della clausura sembra palpitare nella matassa<br />

di fili di seta ricavati dai bozzoli allevati a Monfalcone durante la Prima Guerra mondiale, eternata<br />

da foglie di alloro essicate (per il valore sacro attribuito dal poeta a questa “reliquia”, si veda Fortini,<br />

p.192 : L’allevamento <strong>dei</strong> bachi da seta sotto il fuoco delle mitragliatrici, sintesi di una conversazione<br />

con d’Annunzio al Vittoriale).<br />

Una connotazione “eroica” ritroviamo anche in alcuni sottopiatti d’argento, che attraverso la<br />

simbologia e i motti sembrano rimandare alla predicazione e alle peripezie di un Francesco<br />

“crociato”: i nn. 1, 2, 7 (con l’orifiamma, simbolo prediletto da Luigi IX), 9,11.<br />

E ancora (non certo ultimi per importanza), nella Stanza delle Ospiti furono trovati i guanti indossati<br />

durante il volo su Cattaro il 4 ottobre 1917, episodio narrato animatamente, nella notte del settimo<br />

anniversario, al Vittoriale, dallo stesso poeta a Fortini. Il miracolo di San Francesco fu questo, secondo<br />

la conclusione del racconto: «Il Santo di Assisi, quella notte, pose il suo cappuccio, legato al cordiglio,<br />

sulla fusoliera, e così ci trasse a salvamento». (cfr. Fortini, cit., pp.149-151)<br />

Tuttavia il francescanesimo “eroico” non è associabile soltanto alle imprese guerresche passate di<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

132 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 133 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

cui d’Annunzio fu protagonista. Un’interpretazione corretta del motto “Malum et pax” ci conduce dalla<br />

facciata della Prioria alle soglie alla Stanza del Lebbroso, segnalando un passaggio successivo della<br />

concezione di “eroismo” nel Nostro.<br />

Si tratta di una disposizione battagliera nell’apparente assurdo: opporre “Silentium” e “Clausura” a<br />

chi ha offeso, a chi ha misconosciuto, ai possibili sodali di una nuova “eroica impresa” trasformati in<br />

oppositori e traditori, a chi ha risposto con il malum alla pax, ai tentativi di riconciliazione alla vigilia<br />

della guerra civile.<br />

Il progetto del Patto marino (destinato nei desideri di d’Annunzio a ripresentare all’Italia un se stesso<br />

politicamente propopositivo dopo il fallimento del sogno fiumano) si arenò per l’opposizione degli<br />

stessi possibili alleati, tra l’agosto del ’22 (tragicamente segnato dal “volo dell’arcangelo “ dalla<br />

finestra della Stanza della Musica) e il settembre del ’23.<br />

Gli armatori della Federazione Italiana <strong>dei</strong> Lavoratori del mare non vollero riconoscere d’Annunzio<br />

come “alto capo spirituale”, come stabilito da un accordo firmato con Mussolini e il capitano Giulietti,<br />

e l’autoproclamazione del poeta in qualità di unica guida della Federazione non ottenne altro che<br />

l’opposizione decisa di Ciano e Mussolini, e il fallimento del Patto stesso.<br />

Fortini, commentando lo stato d’animo dell’amico durante la sua visita al Vittoriale del 1923, ricorda<br />

una lettera di d’Annunzio a Mussolini del 1° dicembre 1922, in cui il possibile accordo era da lui<br />

definito “il nostro primo patto di fraterna pacificazione”.<br />

Osserva Fortini: “Dopo Fiume la minaccia della guerra civile che incombeva sull’Italia lo aveva indotto<br />

a svolgere un’azione di riconciliazione tra le forze avverse, in nome della bontà che avrebbe dovuto<br />

regolare la vita di ognuno e di tutti. Il 3 agosto di quello stesso anno, dopo l’occupazione di Palazzo<br />

Marino a Milano, da parte <strong>dei</strong> fascisti, d’Annunzio venne chiamato a parlare al balcone, Queste le<br />

parole rivolte alla folla: “Mentre la passione di parte tuttavia arde, mentre tuttavia fumano le arsioni<br />

e sanguinano le ferite, mentre il volto della Patria è tuttavia velatoinvochiamo la pace e onoriamo<br />

la bontà” (Fortini, cit, p.173). La chiara contrapposizione tra il bene comune e le ragioni di parte si<br />

accompagna al concetto di forza della pace, ribadendone le prospettive energetiche e rivoluzionarie:<br />

“Non sono undici i portatori della Parola / Sono legioni. Sono miriadi. La bontà ha le sue faviiamo<br />

invocazioni alla pace e alla bontà, e tutte le faville secondano la fiamma grande. Vedo in voi sfavillare<br />

la bontà efficace e militante, la bontà affermatrice e creatrice, la bontà <strong>dei</strong> lottatori e <strong>dei</strong> costruttori: la<br />

bontà vittoriosa” (G.d’A. Il libro ascetico della giovane Italia, 1926).<br />

Proporre la conciliazione delle parti, fondere in una sola fiamma tutte le fedi e tutte le energie: questo<br />

leggeva in Francesco, in quei frangenti, l’ardito di Fiume, identificandosi con l’impavido crociato che<br />

discute con il Soldano un’alternativa all’infruttuosa guerra di Damietta. È il Francesco-templare che<br />

d’Annunzio rintracciava nel Paradiso dantesco, insieme a quello mistico e allo stimmatizzato (cfr. D.<br />

Alighieri, Par. XI, in part. vv.100-102)


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

FRANCESCANESIMO MARTIRE E REDENTORE<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Facciata Prioria (muro centr., a sin.),<br />

bassorilievo<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria. Mensura<br />

Christi (Colonna del martirio di Cristo)<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria (Mensura<br />

Christi). Cesto con melagrane in pietra, di G.<br />

Marussig (prob. 1924-26)<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria. (Mensura<br />

Christi). Cesto con melagrane<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria (parete est).<br />

Bassorilievo su legno: Vittoria alata in bronzo<br />

fuso e dorato, di G. Marussig (1926-’27)<br />

Atrio e scala d’accesso Prioria (parete<br />

est) Trittico-altarolo portatile in legno e<br />

pastiglia policroma (inizi XX sec.)<br />

Compianto funebre per S. Francesco<br />

Alla base della Colonna tre chiodi inscritti<br />

da corona d’alloro (gloria imperitura, vittoria<br />

sulla morte) / serpe che si morde la coda<br />

(eternità). Sulla colonna bagnata del sangue<br />

di Cristo tralcio d’edera (vittoria della vita<br />

sulla morte)<br />

Sulla sommità della colonna cesto dorato con<br />

melagrane (sangue <strong>dei</strong> martiri versato per la<br />

fede e la vittoria / simbolo di abbondanza e<br />

rinascita)<br />

Sulla cornice del capitello iscrizione “Defendit<br />

Amantem in Aeternum / Innixa.Sursum / Si<br />

vivet. Vivam”<br />

Vittoria con peplo classico e cordiglio<br />

francescano. Presenza di una croce,<br />

evidenziata da ali stilizzate; manca delle<br />

braccia. Iscrizione: “Settimo anniversario<br />

della marcia di Ronchi, 1919-1926)<br />

Mani mozzate con croce nel timpano; a<br />

destra S.Antonio da Padova<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

Cenacolo, poi Stanza delle Reliquie<br />

Maschera egizia in legno di sicomoro<br />

montata a croce con 4 pannelli di smalto e<br />

rame di G. Guidi (1800 a.C.-1928/30). In<br />

alto, nel triangolo di sostegno, iscrizione<br />

Stanza della Leda Tavolinetto in ferro<br />

battuto con doppio piano di marmo rosso,<br />

cordigli dorati e sovracoperta inferiore in<br />

velluto rosso<br />

Officina Bozzetto a tempera per le stimmate<br />

di S. Francesco, di G. Cadorin (1924)<br />

134 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 135 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Maschera funeraria egizia della XVIII-XIX<br />

dinastia, al centro della composizione<br />

dannunziana con tessuto di rasatello d’oro.<br />

Ai lati, da sin. In senso orario: Crocifissione,<br />

Condanna del Cristo, Deposizione, Ultima<br />

Cena. Si riconosce, tra gli apostoli presso la<br />

croce, Francesco.Testo iscrizione:“ULTERIUS/<br />

TENTARE / VETO”<br />

In prossimità dell’oggetto: due Cristi deposti<br />

In primo piano due cadaveri (il Santo?)<br />

circondati da frati piangenti e oranti. In alto<br />

S. Francesco si invola ricevendo le stimmate<br />

Come abbiamo appena visto, fin dall’ingresso nella Prioria si rende quindi visibile un nuovo discorso<br />

legato al tema guerresco e alle memorie eroiche, sempre più dolorose col passare degli anni, ma<br />

insieme sempre più spesso riproposte sotto una luce diversa e consolatoria. Ad esempio, sul plinto della<br />

Mensura Christi Terraroli individua una stilizzata corona di foglie d’alloro, simbolo di gloria imperitura (p.<br />

114), tanto più se riconosciamo nella figura del cerchio anche l’effige del serpente, (ornamento della<br />

base marmorea del Pilo della Reggenza del Carnaro e simbolo di eternità) (cfr. Terraroli, p. 90; si veda<br />

inoltre la stessa pagina del volume per la definizone <strong>dei</strong> diversi simboli associati alla Mensura Christi.)<br />

Anche alcuni <strong>dei</strong> sottopiatti d’argento, soprattutto attraverso la simbologia del pellicano e <strong>dei</strong> trofei<br />

di lauro, rinviano esplicitamente al motivo del sacrificio redentore e della vita eterna, della sofferenza<br />

solitaria ripagata dal compiacimento delle proprie difficili scelte (cfr. piatti nn. 3, 4, 8, 10).<br />

Ancora in chiave di sofferta autocelebrazione postuma e di attuale volontà di separazione dal “mondo”<br />

sono da intendere altri significativi oggetti, espliciti nella loro ricca polisemia: il bassorilievo con il<br />

compianto funebre del Santo, i cesti di melagrane, la Vittoria mutilata e crocifissa, la maschera egizia<br />

circondata da scene della Passione... ed altri oggetti, che ricevono la loro traslitterazione nell’apoteosi di<br />

Francesco, pianto dai confratelli e assunto in cielo (Officina) ricevendo le stimmate (sic!)


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

STANZA DEL LEBBROSO<br />

FRANCESCANESIMO MISTICO<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Corridoio Via Crucis Cancello claustrale<br />

con orifiamma (dal sett.1925)<br />

Corridoio Via Crucis Stoffa “vaiata”<br />

francescana di Lisio, come nell’Officina, con<br />

motti<br />

Stanza del Lebbroso Pelli di leopardo ai<br />

piedi del letto<br />

Stanza del Lebbroso Coperta del cataletto,<br />

in pelle scamosciata con sole raggiante<br />

(orifiamma) al centro e motto<br />

Stanza del Lebbroso Vetrata “solare” di<br />

Cadorin / Chiesa (1925), collocata tra le ante<br />

dell’armadio a muro a ds. dell’alcova, uno<br />

con motto<br />

Protegge la clausura della parte più interna<br />

della Prioria<br />

“Pax et bonum”<br />

Allusione all’istinto sensuale domato,<br />

richiamo morale e spirituale<br />

Sostituì un precedente drappo nero.<br />

“Dona e non inscema”<br />

La vetrata, secondo le intenzioni del poeta,<br />

avrebbe dovuto inondare di luce aurorale il<br />

suo corpo senza vita (morte = opera d’arte<br />

estrema prima del nulla)<br />

Stelle del cielo benedite il Signore.<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

Stanza del Lebbroso Vetrate “francescane”<br />

di Cadorin / Chiesa (1925), con motti<br />

Stanza del Lebbroso Lacunari sopra il<br />

letto, con motti<br />

Stanza del Lebbroso Tondo: S. Francesco,<br />

in piedi e volto a sinistra, prega sulla riva di<br />

un lago, smalto su rame di G. Guidi (1924)<br />

Stanza del Lebbroso motti sull’armadio di<br />

Cadorin (a nove ante e otto riquadri), allusivi<br />

a Fuoco/Sole/Verità.<br />

Stanza del Lebbroso Ante con Arcangeli<br />

ed elementi naturali ai lati dell’alcova<br />

Stanza del Lebbroso Soffitto a pannelli<br />

lignei con cinque Sante: Sibilla di Fiandra,<br />

Elisabetta d’Ungheria, Odilla d’Alsazia,<br />

Giuditta di Polonia, Caterina da Siena<br />

Stanza del Lebbroso Vaso in maiolica<br />

bianca e azzurra (It. Centr., primo ventennio<br />

XX sec.) con figura di S. Francesco<br />

Stanza del Lebbroso Cristo benedice e<br />

assolve Maddalena nella casa del fariseo, di<br />

Guido Cadorin<br />

136 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 137 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

A ds.: “Rivi e fonti benedite il Signore / Fiori<br />

e foglie benedite il Signore”; a sin.: “Insetti<br />

e lor larve, benedite il Signore / Augelli del<br />

cielo benedite il Signore”<br />

1) Prigione io canto 2) Così vivo così ferisco<br />

3) E solitario e solo 4) Da ruggine sicuro 5)<br />

Ardendo m’inalzo 6) Pur che altamente 7)<br />

Foco ho meco eterno<br />

Opera con colori tenui (prevalenza di azzurri,<br />

verdi e gialli)<br />

1) Numquam dissonis 2) Solus fortes<br />

terret ignis, non me 3) Morsu praestantior<br />

4) Lucem sub nubila iactat 5) Non sufficit<br />

orbis 6) Fert diem et horam 7) Semper non<br />

semper 8) Donec copiam<br />

A sinistra Michael / Aria - Gabriel / Acqua;<br />

a destra Ariel / Fuoco - Raphael / Terra.<br />

Le “Clarisse al limitare della morte” di cui<br />

d’Annunzio scrive ne Il secondo amante di<br />

Lucrezia Buti (2° vol. de Le faville del maglio),<br />

ricordando una visita a Ferrara nel 1898<br />

(prob. monastero delle Clarisse intitolato al<br />

Corpus Domini e vicina casa Romei.)<br />

Contiene “Gospel according to St. Mattew” e<br />

sfera di Giada verde.<br />

La Maddalena , peccatrice redenta e fervida<br />

predicatrice della Verità (rimando possibile:<br />

Fioretto XXIV)<br />

Il S. Francesco “mistico”, nella Stanza del Lebbroso e nei locali adiacenti lo diviene alla<br />

massima potenza, trasformando le connotazioni presenti nei Giardini privati e negli altri<br />

locali della Prioria in una vera e propria “Via di Verità e di Vita” (trasfigurazione della vicenda<br />

umana in eternità, con il viatico del Santo, Figura Christi). Pace interiore e letizia, bellezza<br />

e stupore si associano ad iniziatica Rivelazione, fruita individualmente (Vangelo secondo<br />

Matteo: racconto della Passione, morte e resurrezione di Cristo; sfera di giada verde, con<br />

possibile rinvio al Graal ) oppure condivisa in spirito con poche figure femminili, reali o<br />

simboliche...<br />

Scrive Terraroli: «Si tratta dunque di espliciti riferimenti cristologici e di richiami a<br />

un’identificazione con il sole splendente in contrapposizione alla prigionia forzosa e<br />

all’inevitabile solitudine dell’ultima fase della vita, ma anche una celebrazione del tema della


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

rinascita e del sacro rinnovellarsi della vita spirituale» (V. Terraroli, Il Vittoriale..., cit., p. 221).<br />

Memorabile a tal proposito un appunto di Fortini, che si sofferma su un particolare<br />

estremamente simbolico, nella sua semplicità: “In un primo tempo, [d’Annunzio] mi disse<br />

questa specie di bara era ricoperta da un drappo nero; ma siccome ciò sembrava troppo<br />

macabro alle donne di casa, che scappavano atterrite, lo sostituì con una coperta nella<br />

quale si vedeva splendere un grande sole d’oro” (A. Fortini, op. cit., pp. 103-104). Ammesso<br />

che le “donne di casa” abbiano costituito il motivo occasionale dell’intervento, ciò andava<br />

esattamente nella direzione voluta dal poeta…!<br />

Gli Arcangeli e le Sante clarisse, associando una preziosa simbologia ai quattro elementi<br />

naturali e al cammino di ricerca biografica del poeta, ne sublimano la valenza in una risposta<br />

enigmatica ed evidente insieme. Dei doni nominati nel brano de Il secondo amante... restano<br />

raffigurati sui pannelli lignei il vaso stagnato di Giuditta, il gran rinfrescatoio di Caterina, e<br />

una delle asce che, collocata su un ceppo recante il giorno della morte della madre, chiude<br />

simbolicamente il cerchio della morte e rinascita (la culla bara nel segno del mito materno)<br />

Quanto al dipinto con la Maddalena, vedremo poi la testimonianza della modella qui<br />

raffigurata (Ines Pradella), a sostegno di un’identificazione esplicita tra d’Annunzio e il Cristoredentore.<br />

Tuttavia il poeta è anche la Maddalena, per un possibile collegamento (interessante per il<br />

nostro studio, perché direttamente riferibile a S.Francesco) con un Fioretto, il XXIV: Come<br />

santo Francesco convertì alla fede il Soldano di Babilonia e la meretrice che lo richiese di<br />

peccato. Insieme a Fortini, ricordiamo che in questo testo, la cui lettura aveva affascinato il<br />

Vate, si narra di una donna “bellissima del corpo ma sozza dell’anima” la quale, curata dalla<br />

propria lebbra spirituale dal Poverello, “si convertì perfettamente alla fede di Cristo, e diventò<br />

di tanta santità, che per lei molte anime si salvarono”. Una variante, quindi, della Maddalena,<br />

con Francesco al posto di Cristo, una situazione che colpì talmente il poeta da ispirargli<br />

alcune raffigurazioni femminili presenti in opere e abbozzi e realizzati tra il 1912 e il 1913<br />

(La crociata degli innocenti, la Parisina o, ancora, La Pisanelle)<br />

Fortini, nella sezione centrale del suo libro (cap. IV, pp.107-127), evidenzia come in queste<br />

opere emerga chiaro lo svilupparsi, all’interno dell’immaginario del poeta, del tema della<br />

peccatrice redenta, figura in cui d’Annunzio stesso finirà per riconoscersi, appunto nella<br />

Stanza del Lebbroso. Questa strana forma di misticismo si associa ad un altro tema<br />

sempre più caro al poeta: l’immagine del fuoco divino, vampa purificatrice, in grado di<br />

rigenerare e sanare tutto quello che il malvagio fuoco delle passioni ha intaccato. In una<br />

scena dell’abbozzo La Crociata degli Innocenti Vanna la Vampa, tentata seduttrice del<br />

Poverello, riceve da lui l’invito a gettarsi nel fuoco che arde e non brucia, chiaro simbolo<br />

di rigenerazione mistica, che egli attraversa incolume. (cfr. Fortini, cit., p. 111) Questa è la<br />

singolare interpretazione del Fioretto XXIV ad opera di d’Annunzio!<br />

Il fuoco mistico è anche un chiaro riferimento a un episodio della vita di San Francesco e<br />

Santa Chiara (cfr. Fioretto XV): come non collegare infatti il fuoco divino della produzione<br />

dannunziana con il fuoco mistico che circondò i due santi durante il loro incontro a cena a S.<br />

Maria degli Angeli?<br />

Anche la Maddalena risulta essere quindi una proiezione del poeta, poiché negli ultimi anni<br />

lo stesso Gabriele aveva cambiato (o dichiarava di averlo fatto...) il proprio modo di vivere,<br />

ostentando volontà di isolamento e disprezzo del mondo, percepita come fondamentale per<br />

la sua ascesa intima e spirituale.<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

FRANCESCANESIMO EROICO<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Corridoio Via Crucis Stoffa “vaiata” di Lisio,<br />

con motti francescani<br />

Ingresso Lebbroso Riproduzione di<br />

xilografia S. Francesco e il lupo di Gubbio, di<br />

D. Cambellotti<br />

Stanza del Lebbroso Pelli di leopardo ai<br />

piedi del letto e scrigni in metallo smaltato,<br />

contenenti bandiere e polvere delle terre<br />

irredente<br />

Stanza del Lebbroso Vaso in maiolica<br />

bianca e azzurra (It. Centr., primo ventennio<br />

XX sec.) con figura di S. Francesco<br />

138 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 139 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

“Malum et pax”<br />

Atteggiamento quasi desolato del Santo; in<br />

primo piano rovi spinosi<br />

Rimandano alle cerimonie funebri orientali, ai<br />

riti offerti ai capi tribù.<br />

Simbolo del T (in uso presso Francescani e<br />

Templari)<br />

Nel saggio di A. Papi, San Francesco..., cit., p. 4, leggiamo: «Il Tau, tracciato da San<br />

Francesco sulla chartula consegnata a fra’ Leone, è chiaramente un simbolo biblico, ma<br />

allo tempo stesso un segno adottato dai Templari, come del resto, il lacero ‘saio marrone’<br />

<strong>dei</strong> suoi poverissimi ‘frati’ volutamente ripercorreva la forma stessa della croce commissa<br />

e, come sembra altrettanto plausibile ed evidente, intendendo alludere al ‘primo abito’ del<br />

converso templare, che era proprio di colore marrone prima dell’assunzione dell’abito bianco<br />

<strong>dei</strong> cavalieri. In altre parole, si dovrebbe ipotizzare una sorta di affinità nascosta tra i due<br />

Ordini, quello francescano e quello templare, secondo la loro ben distinta natura e vocazione.<br />

L’ordine francescano ribaltò letteralmente la vocazione militare e guerriera di quello<br />

templare, col motto di “pace e bene” ed un esempio perfettamente pacifico di preclare virtù<br />

evangeliche. Ma questo totale rovesciamento di prospettive non depone affatto in contrario.<br />

Anzi rafforza l’idea della similarità ‘in apicibus’. »<br />

Nel Corridoio della Via Crucis, l’alternanza del motto “Malum et pax” rispetto al classico<br />

“Bonum et pax” francescano propone, come già sulla facciata centrale della Prioria, la<br />

volontà di rispondere con l’autosegregazione al tradimento <strong>dei</strong> falsi amici, avendo ricevuto<br />

male per bene. Si tratta di una disposizione battagliera del tutto particolare, facilmente<br />

disponibile a traslarsi nell’ultima maschera, quella del lebbroso (martire eletto).


progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

FRANCESCANESIMO MARTIRE E REDENTORE<br />

Ambienti/oggetti Elementi notevoli<br />

Corridoio Via Crucis Piagnone, Calco<br />

dipinto (1925) di una statua della tomba di<br />

Philippe Pot al Louvre<br />

Corridoio Via Crucis 14 pannelli della Via<br />

Crucis, in smalto e rame, di G. Guidi (1924,<br />

al Vittoriale dal ’25)<br />

Corridoio Via Crucis Deposizione in smalto<br />

e rame, di G. Guidi (1924, al Vittoriale dal<br />

’25)<br />

Stanza del Lebbroso Quadretto in rame e<br />

smalto: Crocefissione, di G. Guidi (1924/25)<br />

Stanza del Lebbroso Dipinto su rame: S.<br />

Francesco abbraccia d’Annunzio ignudo e<br />

monocolo, di Cadorin (1924).<br />

Stanza del Lebbroso Corona di spine al<br />

centro del soffitto sopra il letto, con motti<br />

Stanza del Lebbroso lampada appesa al<br />

soffitto, ispirata all’immagine della corona<br />

di spine<br />

Stanza del Lebbroso Cristo benedice e<br />

assolve Maddalena nella casa del fariseo,di<br />

Guido Cadorin<br />

Stanza del Lebbroso Vaso in maiolica<br />

bianca e azzurra (It. Centr., primo ventennio<br />

XX sec.) con figura di S. Francesco .<br />

Sormontato da un fascio di allori: vita eterna<br />

dopo la morte<br />

In alcune scene si individuano figure con<br />

saio francescano, tra cui, forse, lo stesso<br />

d’Annunzio<br />

(croce con tre Marie, S. Giovanni e un frate)<br />

Comes et vitae mortis[que] (compagno sia<br />

della vita sia della morte), Levius vestio (mi<br />

vesto con maggiore leggerezza)<br />

tipica del periodo quaresimale<br />

D’A. a Ines Pradella (modella) «Tu sei Maria di<br />

Magdala, Elisabetta d’Ungheria, e non so<br />

quale altra santa in assistenza di lebbrosi. Io<br />

sono lebbroso e quasi santo»<br />

Contiene “Gospel according to St. Mattew” e<br />

sfera di Giada verde.<br />

progetto 8 Misticismo, eroismo e stimmate<br />

Secondo una testimonianza di Ines Pradella riportata da Romano M. Levante, nel dipinto<br />

Cristo benedice la Maddalena sarebbe da ravvisarsi un’identificazione di d’Annunzio<br />

con Cristo stesso, visto come «lebbroso» , evitato ed umiliato dai potenti della sua epoca<br />

e, in occasione dell’omaggio di Maria di Magdala, rimproverato addirittura dal fariseo e<br />

dai presenti, in particolare da Giuda, secondo il racconto di Marco, Matteo e Giovanni<br />

(cfr. VANGELO Lu, 7, 36-50; Mc, 14, 3-11; Mt, 26, 6-16; Gv, 12, 1-10). Si tratta di una<br />

lettura del dipinto alternativa e complementare rispetto a quella proposta sopra, attraverso<br />

l’identificazione tra d’Annunzio e la Maddalena (cfr. Francescanesimo “mistico”).<br />

In un biglietto di invito rivolto ad Ines, il poeta autorizza tale interpretazione, scrivendo: «Tu<br />

sei Maria di Magdala, Elisabetta d’Ungheria, e non so quale altra santa in assistenza di<br />

lebbrosi. Io sono lebbroso e quasi santo».<br />

Nel rimando alla vicenda di Cristo, tuttavia, la ferita subita in vari modi dal poeta (delusioni,<br />

malattia, lutto...) è resa sacra dal dolore.<br />

Ma se Francesco è “figura Christi”, la stanza del Lebbroso, in questo senso, rappresenta<br />

anche il punto d’arrivo del rapporto tra il Vate e il Poverello d’Assisi. I due, in un rapporto<br />

perfettamente simbiotico, sembrano ormai fondersi e scambiarsi i ruoli nella comune cifra<br />

del dolore...<br />

Commenta Fortini, parlando del dipinto S. Francesco abbraccia d’Annunzio ignudo e<br />

monocolo del medesimo Cadorin: “Il lebbroso era lui, d’Annunzio, e aveva il suo viso,<br />

a significare che, quantunque passato attraverso infinite<br />

contaminazioni, egli sperava che, nell’istante del supremo<br />

trapasso, il Santo che cantò la lauda della sorella Morte avrebbe<br />

avuto pietà di lui” (Fortini, cit., p. 103). E’ qui evidente il riferimento<br />

ad un altro Fioretto, il XXV, in cui un malato giunge a miracolosa<br />

salvazione dalla lebbra corporale e spirituale per opera del<br />

poverello, e gli appare in sogno, dopo la morte, per ringraziarlo,<br />

divenuto anima beata, lui prima terribile peccatore..<br />

Se si trasla l’identificazione con il Cristo suddetta anche sul dipinto<br />

con S. Francesco e d’Annunzio, risulta evidente la sovrapposizione<br />

tra le figure del lebbroso redento e del santo redentore, poiché il<br />

poeta stesso si sentiva tanto uno quanto l’altro (“lebbroso e quasi<br />

santo”): i dardi lo hanno colpito senza intaccarne lo spirito, così<br />

come le piaghe del lebbroso e le stimmate del Santo temprano<br />

nella sofferenza la superiorità morale.<br />

È un percorso per d’Annunzio, una Via Crucis esplicitata anche<br />

dall’opera in quattorici pannelli dell’omonimo corridoio, il cui<br />

tragitto, non a caso, ha come ultima ed estrema tappa proprio la<br />

stanza del Lebbroso (o «Cella <strong>dei</strong> puri sonni o delle pure immagini»<br />

o ancora «Zambra del Misello»), nella quale la sublimazione dello<br />

spirito avviene attraverso la sofferenza, la solitudine e il sacrificio.<br />

140 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 141 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


142 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 143 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Fondazione Ugo Da Como<br />

progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia<br />

progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista


Introduzione Fondazione Ugo Da Como<br />

I progetti intrapresi quest’anno dalle scuole lonatesi per Le <strong>Vie</strong> dell’Arte hanno riguardato il collezionismo.<br />

La casa-museo di Ugo Da Como è divenuta così meta di numerosi incontri e visite per verificare il rapporto tra<br />

l’oggetto e il nuovo contesto che ad esso attribuisce il collezionista.<br />

Gli alunni della scuola primaria, secondaria e del liceo Paola di Rosa hanno potuto rendersi conto di come,<br />

nell’universo del collezionista, gli oggetti assumano spesso un valore aggiunto che va al di là di un mero valore<br />

economico. Si tratta di valori affettivi, valori d’uso, estetici.<br />

Progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia<br />

Il lavoro svolto con la Scuola primaria di Lonato ha costituito una esperienza molto positiva perché, oltre ad<br />

avvicinare i bambini al museo, è servita anche a chi proprio nel museo opera per considerare ulteriormente alcuni<br />

<strong>dei</strong> mobili che arredano la casa di Ugo Da Como.<br />

Nel progetto “La sedia in cinque secoli di storia” sono stati presi in considerazione i “mobili per sedersi” ed è stato<br />

formulato un ideale itinerario di natura tipologica: la panca, lo sgabello, la sedie, il seggiolone, la poltrona e il divano.<br />

Nella casa di Ugo Da Como è possibile rendersi conto dell’evoluzione <strong>dei</strong> modi per sedersi dal Quattrocento al<br />

Novecento.<br />

La varietà delle raccolte lonatesi permette inoltre di confrontare mobili in legno di grande pregio, spesso riccamente<br />

decorati, con esemplari di uso quotidiano, più semplici e funzionali.<br />

Il percorso proposto ha considerato anche alcuni mobili “in stile”. La maggior parte sono otto e novecenteschi,<br />

costruiti per arredare con maggior prestigio gli ambienti della neoquattrocentesca Casa del Podestà veneto. Si tratta<br />

di una testimonianza significativa di come a partire dall’800 l’antico sia stato considerato modello a cui ispirarsi. A<br />

quelle date il museo era concepito come luogo di apprendimento non solo per i semplici visitatori, ma anche per gli<br />

artigiani che lavoravano per la classe dirigente italiana di cui il bresciano Ugo Da Como faceva parte.<br />

Questo percorso didattico ha permesso ai bambini di entrare nel museo per cercare una precisa tipologia d’arredo,<br />

interrogarsi sul suo utilizzo, osservarla da vicino e disegnarla.<br />

Alla fine <strong>dei</strong> numerosi incontri, in classe, nel museo, con l’artigiano-restauratore Andrea Baldrati, i bambini hanno<br />

potuto rendersi conto che nella casa-museo di Ugo Da Como i mobili rispondevano a una duplice funzione: erano<br />

considerati oggetti belli e preziosi, ma anche oggetti d’uso da utilizzare quotidianamente.<br />

Quando Ugo Da Como (1869-1941) volle restaurare l’edificio di Lonato in cui ebbero sede i podestà veneti sino alla<br />

fine del Settecento, aveva in mente un progetto che andava molto al di là di un risanamento architettonico.<br />

Secondo una consuetudine molto diffusa in Lombardia tra la seconda metà del XIX e l’inizio del Novecento,<br />

egli mirava a riportare alla luce una particolare atmosfera in cui poter vivere a stretto contatto con l’antico,<br />

quotidianamente. Per raggiungere questo obbiettivo non poteva quindi limitarsi alla struttura dell’edificio, ma<br />

anche l’arredamento delle molte stanze fu pensato con grande attenzione. Un ruolo determinate per attuare questa<br />

generale ricostruzione è quello svolto dai mobili, raccolti nel tempo da Ugo Da Como e dalla moglie Maria Glisenti.<br />

Le stanze della Casa del Podestà avevano tutte una funzione precisa: un grande atrio d’ingresso, uno studio, due<br />

salotti per conversazione, tre capienti sale da pranzo, le cucine, le camere da letto, uno studiolo al piano superiore<br />

e la grande biblioteca. In ognuno di questi ambienti sono presenti diverse tipologie di mobili: tavoli, armadi,<br />

credenze, comò, ma una tipologia di mobile ricorre in tutte le stanze. In ogni ambiente, anche nei locali di passaggio,<br />

incontriamo una sedia, una poltrona, un divano, una panca. Per questa ragione abbiamo voluto puntare l’attenzione<br />

Introduzione Fondazione Ugo Da Como<br />

144 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 145 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

sui diversi modi di sedersi e sui manufatti realizzati per questo scopo. Ugo Da Como scelse per la sua casa di<br />

Lonato mobili antichi o di particolare fattura, ispirata all’antico; sono pochi gli esemplari contemporanei o dalla linea<br />

“moderna”.<br />

Un altro aspetto curioso è quello relativo alle superfici <strong>dei</strong> mobili. In molti casi vennero patinati con vernici o tinte<br />

coprenti per rendere più evidente la nobile vetustà dell’oggetto, non per convincere a tutti i costi dell’autenticità, ma<br />

semmai per favorire un più armonioso inserimento del mobile in una casa in cui tutto doveva partecipare a ricreare<br />

l’atmosfera dell’antica dimora veneta podestarile, in cui il passato costituiva un elemento sempre presente e più<br />

vicino di quanto in realtà non potesse essere.<br />

Ugo Da Como acquistò questi mobili dagli antiquari della zona, si tratta per la maggior parte di esemplari lombardi o<br />

veneti.<br />

Progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />

Anche con gli alunni della scuola secondaria “Camillo Tarello” di Lonato, si sono osservati gli oggetti presenti nella<br />

casa di Ugo Da Como. In particolare si sono considerati i piccoli quadretti, costituiti da incisioni ritagliate dai libri e<br />

incorniciate.<br />

Con l’insegnante Marina Casari è stato possibile mostrare le differenti tipologie di incisioni, xilografie soprattutto,<br />

presenti tra le raccolte artistiche e librarie di Lonato. Gli alunni stessi ne hanno realizzata alcune, traendo ispirazione<br />

da modelli antichi, oppure disegnando en plein air alcuni scorci della Casa del Podestà.<br />

È stato possibile considerare come, sin dall’antichità, l’opera d’arte fosse oggetto di attenzioni da parte <strong>dei</strong><br />

<strong>collezionisti</strong>. Gli antiquari e i commercianti avevano spesso poco scrupolo nei confronti degli oggetti che<br />

trasformavano, secondo le esigenze <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> loro clienti, desiderosi si arredare e decorare nella maniera<br />

ritenuta più conveniente, le stanze delle loro dimore. Alla fine dell’800 poteva accadere che interi codici miniati<br />

fossero ritagliati; i frammenti venivano così dotati di cornice e appesi sulle pareti.<br />

È il caso della bellissima miniatura rinascimentale eseguita da Giovan Pietro da Birago, facente parte di un<br />

importante codice di cui costituiva il capolettera “I”. Questa miniatura proviene dalle raccolte del padre del Senatore,<br />

Giuseppe Da Como.<br />

Simile sorte è toccata ad alcune illustrazioni xilografiche provenienti dal bellissimo incunabolo Liber Chronicarum,<br />

stampato a Norimberga nel 1493. In questo caso gli studenti hanno potuto vedere sia il quadretto con la xilografia<br />

incorniciata che l’esemplare dell’incunabolo intonso, comprendendo così la sorte <strong>dei</strong> libri e la diversa considerazione<br />

che di essi si aveva nel passato.<br />

Progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

Il progetto proposto all’Istituto Paola di Rosa ha considerato, in maniera ancora più approfondita, il rapporto tra<br />

l’oggetto d’arte e il contesto in cui si trova.<br />

L’opera d’arte non è sempre collocata nello spazio per il quale è stata creata: in alcuni casi essa è conservata in un<br />

museo, in altri ancora è nella casa di un collezionista.<br />

Gli oggetti d’arte o d’artigianato che il collezionista sceglie vengono acquisiti e introdotti in un nuovo contesto,<br />

secondo un disegno personale.


Introduzione Fondazione Ugo Da Como<br />

All’interno delle case <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> abbiamo l’occasione di capire meglio questo progetto: è possibile comprendere le<br />

relazioni che il collezionista crea ed esibisce collocando gli oggetti – l’uno accanto all’altro – nello spazio in cui vive.<br />

Per il collezionista l’oggetto è portatore di un valore aggiunto particolarissimo, l’oggetto non ha più solamente un<br />

valore intrinseco o di mercato.<br />

Quando l’oggetto lascia la casa di un collezionista per entrare in un museo si spoglia <strong>dei</strong> significati che gli ha<br />

attribuito il precedente proprietario e ne assume altri.<br />

Gli oggetti, nel corso della loro esistenza, nel corso della storia, cambiano: si danneggiano per il trascorrere del<br />

tempo, subiscono manipolazioni per essere adeguati alle richieste del mercato, vengono distrutti.<br />

In alcuni casi il collezionista interviene sull’oggetto per adattarlo al contesto nel quale lo vuole collocare.<br />

In occasione delle visite didattiche con gli studenti dell’Istituto Paola di Rosa, la casa-museo di Ugo Da Como<br />

è divenuta il Luogo deputato alla verifica di queste considerazioni. È stato indagato il particolare progetto del<br />

collezionista e abbiamo cercato di comprendere le sue scelte.<br />

L’atteggiamento di Ugo Da Como è stato confrontato con quello di Angelo Maria Querini e di Gabriele d’Annunzio,<br />

sottolineando il rapporto che lega questi personaggi.<br />

Abbiamo così realizzato una serie di schede dedicate ad alcune testimonianze del collezionismo di Ugo Da Como,<br />

scelte dagli studenti. Ne è sortito un lavoro condotto con grande serietà che ha coinvolto tutti nella ricerca sul<br />

campo, nel tentativo di comprendere non solamente la natura dell’oggetto oggi presente a Lonato, ma anche il<br />

significato che ad esso attribuiva Ugo Da Como, oltre che rintracciarne il percorso che dal luogo di origine lo ha<br />

portato nella Casa del Podestà.<br />

Il progetto si è avvalso della collaborazione di specialisti e, soprattutto, di visite sul campo concordate con i docenti<br />

per rendere il più comprensibile possibile questo argomento. Ricordo in particolar modo la visita alla Pinacoteca<br />

di Brera, a Milano, con Letizia Lodi e Francesca Debolini; l’incontro-intervista a Brescia con Luigi e Piero Lechi; la<br />

lezione tenuta da Cecilia Cavalca all’Istituto Paola di Rosa.<br />

Un grazie inoltre a Luca e Alberto Borelli; Alberto e Luisa Fontanini; Monia Baratti.<br />

Stefano Lusardi e Roberta Valbusa<br />

Casa-museo-biblioteca di Ugo Da Como, Lonato<br />

146 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 147 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Chi e dove Scuola primaria Don Milani - Lonato<br />

Classi coinvolte Classe III A,B,C,D,E<br />

Docenti referenti Graziella Zullo in collaborazione con Chiara Assolari, Silvia Baresi, Laura Coticchio,<br />

Vania Gobetto, Renata Lorenzini, Emanuela Pluda, Giusy Sbrofatti<br />

progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia<br />

nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

a Lonato<br />

Quando ci è stato proposto questo progetto abbiamo accettato la scommessa di un impegno<br />

nuovo e da definire strada facendo, essenzialmente per due motivi. Perché crediamo<br />

nell’apertura della scuola sul territorio e nelle attività laboratoriali, poi perché coincideva<br />

perfettamente con un percorso già avviato dal nostro Istituto: un progetto triennale chiamato<br />

“progetto ambiente” che in questo anno scolastico chiedeva a tutte le scuole lonatesi di<br />

studiare un “bene” del patrimonio culturale – artistico della nostra cittadina.<br />

Unire le forze di insegnanti, esperti, enti locali, musei e provincia ci è parsa l’occasione di<br />

realizzare una collaborazione efficace dalla quale tutti potessero uscire vittoriosi: in particolar<br />

modo i nostri allievi.<br />

Le maestre


progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

Classi impegnate: tutte e cinque le classi terze della scuola primaria Don Lorenzo Milani<br />

per un totale di oltre 110 alunni.<br />

Insegnanti coinvolti: i docenti tutor (area linguistica ed antropologica) e docenti di<br />

matematica delle cinque classi: Assolari Chiara – Baresi Silvia – Coticchio Laura – Gobbetto<br />

Vania - Lorenzini Renata – Pluda Emanuela – Sbrofatti Giusy – Zullo Graziella.<br />

Esperti coinvolti: Lusardi Stefano – conservatore delle raccolte artistiche della casa-museo<br />

di Ugo Da Como; Andrea Baldrati - falegname restauratore della Scuola di restauro Bandera<br />

di Salò<br />

Contenuto dello studio: La casa del Podestà - casa-museo di Ugo Da Como a Lonato<br />

Durata delle attività: l’intero anno scolastico da settembre a maggio.<br />

ATTIVITà SVOLTE:<br />

• Visite alla Casa del Podestà<br />

• Lezioni e ricerche in classe<br />

• Lezioni nel museo tenute dall’esperto<br />

• Lezione / dimostrazione nel museo tenuta da un falegname/restauratore Andrea<br />

Baldrati<br />

• Riproduzioni grafiche – pittoriche sia sul posto sia in classe<br />

• Rielaborazioni scritte riassuntive/esplicative<br />

• Produzione di 17 pagine come relazione/presentazione di tutto il percorso, che<br />

andranno raccolte in un libro dedicato al Progetto Ambiente pubblicato per conto<br />

dell’Istituto Comprensivo di Lonato del Garda<br />

• Realizzazione di otto cartelloni riassuntivi/esplicativi, esibiti in una mostra finale<br />

presso la sede del Municipio cittadino (in occasione della giornata <strong>dei</strong> ciceroni)<br />

• Realizzazione di una giornata conclusiva del percorso, nella quale alcuni alunni di<br />

ogni classe coinvolta divenivano “ciceroni” all’interno del museo<br />

• Predisposizione di lucidi e immagini, raccolta di notizie tecniche- storiche finalizzate<br />

alla realizzazione di un “catalogo” che presenti tutti gli oggetti del nostro studio<br />

• Visita alla casa-museo di Gabriele d’Annunzio e al museo di Santa Giulia, Brescia<br />

IL LAVORO SVOLTO, RACCONTATO DAI BAMBINI<br />

“Siamo gli alunni di 5 classi terze della scuola primaria Don Milani di Lonato: più di 110<br />

bambini che hanno lavorato nel percorso proposto.<br />

Il nostro collezionista è Ugo Da Como e con lui la sua bellissima casa ai piedi della rocca<br />

viscontea.<br />

Innanzi tutto abbiamo raccolto informazioni e dati relativi alla persona e alle attività di Ugo Da<br />

Como, scoprendolo personaggio molto attivo, amante dell’arte e della cultura, ma non solo.<br />

Ci ha colpiti con piacere, scoprire in lui l’aspetto di umanità e generosità nel suo desiderio di<br />

lasciare la sua casa aperta al pubblico, come museo, perché<br />

tutti potessero gustare le bellezze che vi aveva raccolto…<br />

tra cui i suoi innumerevoli e preziosi libri, che lui ha voluto<br />

potessero essere letti e consultati da studenti e studiosi.<br />

Abbiamo poi ragionato insieme sul concetto e sulle<br />

caratteristiche di “collezione e collezionismo”. Ci siamo<br />

accorti che questo è un interesse spontaneo e molto<br />

forte: noi stessi, bambini e ragazzi, sentiamo l’istinto di<br />

conservare, raccogliere oggetti che consideriamo “speciali”:<br />

perché sono belli, preziosi, o semplicemente sono importanti<br />

perché rappresentano un ricordo, un momento particolare,<br />

un’emozione.<br />

Anche noi vogliamo condividere con altri le nostre collezioni:<br />

le mostriamo… vogliamo suscitare la stessa meraviglia, la<br />

progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

stessa soddisfazione che proviamo noi nel guardare ciò che possediamo e lo sfoggiamo con<br />

orgoglio e felicità.<br />

Abbiamo pensato che anche Ugo Da Como, spinto forse da tutte queste intenzioni ha<br />

raccolto nella sua casa numerose collezioni e le ha lasciate a noi… sperando che ne<br />

fossimo felici, ammirati, orgogliosi.<br />

148 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 149 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

La nostra guida Stefano, ci ha accompagnati ad una prima visita della casa del Senatore,<br />

dopo che ne avevamo brevemente ricostruito la storia, ci ha fatto conoscere per quale<br />

motivo si chiama “Casa del Podestà”.<br />

Ci siamo subito emozionati perché ci è stato permesso di toccare e prendere fra le mani<br />

alcuni oggetti appartenuti ad Ugo Da Como, che sono nel corredo della sua casa.<br />

Questo non capita mai quando andiamo in un museo!<br />

La prima e tutte le successive visite alla casa sono state piacevoli e coinvolgenti.<br />

Alla fine di tutto il lavoro noi abbiamo definito la casa-museo con tre aggettivi, che ci sembra<br />

la descrivano bene e possano far capire anche a voi quanto ci è piaciuta.<br />

I tre aggettivi sono: accogliente, interessante, curiosa.<br />

ACCOGLIENTE perché<br />

• È bella<br />

• È spaziosa, colorata, ben arredata<br />

• Possiede un giardino curato con un bel panorama<br />

• Gli argomenti e le spiegazioni sono comprensibili e adatti a tutte le età<br />

INTERESSANTE perché<br />

• È ricca di cultura e di informazioni anche grazie agli innumerevoli libri antichi<br />

raccolti in essa<br />

• Racconta la vita di tempi antichi attraverso documenti, oggetti, collezioni<br />

• Contiene storie di oggetti nella loro evoluzione e trasformazione<br />

• Ricostruisce una parte di storia lonatese<br />

CURIOSA perché<br />

• È originale e speciale nella sua presentazione di casa molto diversa dall’esposizione<br />

in vetrine, teche, pannelli che troviamo in altri musei<br />

• Mostra oggetti molto particolari


progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

• Gli oggetti si presentano nella loro<br />

collocazione quotidiana secondo<br />

l’uso e la funzione<br />

• Gli oggetti sono stati scelti con<br />

cura e disposti nelle stanze da<br />

Ugo Da Como e sua moglie Maria<br />

Glisenti in persona<br />

A questo punto dovevamo scegliere un<br />

“oggetto” particolare su cui lavorare: che<br />

potesse essere approfondito da cinque<br />

classi diverse, senza creare ripetizioni.<br />

Insieme all’esperto l’oggetto individuato è stato: “la sedia e i diversi tipi di seduta”.<br />

Ci è piaciuto subito perché si tratta di oggetti facili da capire e da descrivere, molto vicino<br />

alla nostra esperienza di tutti i giorni, attuale e antico e che si fa notare all’interno della casa.<br />

Ognuna delle 5 classi ha ricevuto in consegna una tipologia specifica di seduta:<br />

• Sgabelli<br />

• Panche e panchetti<br />

• Seggiole<br />

• Seggioloni<br />

• Poltrone e divani<br />

Siamo ritornati più volte nella casa per osservare,<br />

misurare, descrivere, disegnare i nostri oggetti.<br />

Abbiamo incontrato un falegname restauratore che<br />

ci ha mostrato molti attrezzi che si adoperavano nei<br />

secoli scorsi per costruire a mano tutte le sedute e<br />

che ancora oggi vengono usati per il restauro e per<br />

le lavorazioni artigianali.<br />

Ci ha parlato del legno: <strong>dei</strong> suoi colori e <strong>dei</strong> suoi nemici: i tarli, delle principali lavorazioni che<br />

venivano praticate per realizzare seggiole e mobili e delle parti che le costituiscono: intaglio,<br />

intarsio, lavorazione a rocchetto, cartelle, traverse…<br />

progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

150 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 151 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Ci ha perfino permesso di provare noi stessi ad adoperare alcuni attrezzi: ci siamo davvero<br />

divertiti!<br />

In classe, partendo da foto abbiamo ricavato <strong>dei</strong> lucidi. Ricalcando le figure ci siamo resi<br />

conto che questi mobili, che guardiamo e giudichiamo a volte con semplicità, sono delle vere<br />

e proprie opere d’arte ricche di lavorazioni e di rifiniture, curate nei dettagli e nei tessuti.<br />

Alcune classi hanno anche potuto ampliare il discorso del collezionismo e del museo<br />

andando a visitare il Vittoriale degli italiani a Gardone e il museo di Santa Giulia a Brescia.<br />

Queste attività e le informazioni che abbiamo ricevuto ci hanno spinto a riflettere su argomenti<br />

importanti: il valore del lavoro artigianale, i mestieri antichi, la storia e la vita quotidiana ai tempi di<br />

nonni e bisnonni…<br />

Ci ha fatto immaginare la vita del Senatore nella sua bella casa.<br />

Questa iniziativa ci è piaciuta molto perché ci ha permesso di avvicinarci al patrimonio<br />

artistico del nostro territorio e di studiarlo in modo molto più attivo e divertente rispetto alle<br />

lezioni in classe”.<br />

PRIMA PAGINA DEL LIBRO DELLA SCUOLA:<br />

L’impegno di quest’anno è consistito nello<br />

“scoprire” la dimora di Ugo Da Como: casamuseo<br />

che sorge ai piedi della Rocca lonatese,<br />

andando poi ad individuare uno specifico<br />

oggetto di approfondimento.<br />

SULLE ORME…<br />

DEI COLLEZIONISTI<br />

Tutti gli alunni delle classi terze della scuola Don Milani di Lonato, hanno partecipato a<br />

questo progetto che ha come scopo quello di valorizzare i beni culturali del territorio facendo<br />

incontrare gli alunni con le opere d’arte.<br />

Il percorso è iniziato nel mese di ottobre ed è proseguito fino a maggio comprendendo visite<br />

guidate, incontri con esperti e attività “laboratoriali”.


progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

Alcuni <strong>dei</strong> disegni per il libro della scuola<br />

progetto 9 La sedia in cinque secoli di storia nella casa-museo di Ugo Da Como<br />

152 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 153 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


BAMBINI AL LAVORO sotto la guida del falegname – restauratore Andrea Baldrati<br />

La locandina per la giornata <strong>dei</strong> “piccoli ciceroni”<br />

I cartelloni per la mostra:<br />

Alcuni <strong>dei</strong> lucidi realizzati<br />

Grazie della bella opportunità offerta.<br />

Abbiamo lavorato veramente molto<br />

Abbiamo faticato, ma ne siamo usciti più ricchi e soddisfatti.<br />

L’ins. Referente Graziella Zullo<br />

154 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 155 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


Chi e dove Scuola secondaria di primo grado C.Tarello - Lonato<br />

Classi coinvolte Sei alunni delle classi II<br />

Docenti referenti Maria Casari<br />

progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />

Il progetto si è svolto come previsto da ottobre a febbraio, alle date indicate si sono aggiunti<br />

due incontri nel mese di febbraio, per concludere il lavoro grafico avviato.<br />

Il progetto è stato proposto a tutti gli alunni delle classi seconde, vi hanno aderito 12 alunni<br />

partecipato in modo continuo sei alunni.<br />

Hanno coordinato il progetto l’insegnante Marina Casari di arte immagine della S. M. Tarello<br />

di Lonato e Stefano Lusardi conservatore delle raccolte artistiche della casa-museo di Ugo<br />

Da Como.<br />

Gli incontri si sono svolti presso la casa museo del Podestà Ugo Da Como.<br />

Nelle visite alla casa gli alunni hanno compreso il valore degli oggetti collezionati da Ugo Da<br />

Como, il perché si trovino collocati in un determinato ambiente ed hanno avuto la possibilità<br />

di osservarli da vicino apprezzandone le caratteristiche tecniche e stilistiche.<br />

Il percorso operativo svolto all’interno del museo ha avuto come finalità lo sviluppo delle<br />

capacità di osservare, leggere comprendere un’opera d’arte, condizione necessaria per<br />

creare un atteggiamento di curiosità nei confronti <strong>dei</strong> beni culturali.<br />

progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />

LA STAMPA<br />

Stampare significa lasciare un’orma, un segno. La stampa<br />

è, dunque, un insieme di procedure per riprodurre, in<br />

copie, testi e immagini su una superficie, generalmente<br />

su un foglio di carta. La riproduzione avviene attraverso la<br />

copiatura <strong>dei</strong> segni contenuti sopra un originale, il quale<br />

può essere un piano di metallo o di legno, chiamato<br />

matrice. Più recentemente, l’insieme <strong>dei</strong> dati contenuti<br />

nel disco elettronico di un computer e redatti secondo le<br />

possibilità offerte da un certo programma.<br />

Nel primo caso ci possono essere molteplici tipi<br />

di processi meccanici, che sono diversi fra loro a<br />

seconda <strong>dei</strong> materiali e <strong>dei</strong> modi nei quali sono state<br />

preparate le matrici. Generalmente questi diversi<br />

processi avvengono nelle stamperie.<br />

Nel secondo caso invece, si hanno processi<br />

elettronico-digitali: la stampa avviene collegando una macchina stampante, digitale o a<br />

inchiostro, al computer dentro il quale è collocato il disco con inseriti i segni che si vogliono<br />

riprodurre in una o più copie.<br />

156 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 157 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Gli alunni guidati nel percorso, hanno apprezzato non solo gli oggetti ma anche l’ambiente<br />

stesso nel quale sono collocati e il piacere di poter operare, fermandosi a disegnare in un<br />

luogo particolare e bello come il giardino o lo studio della casa.<br />

Attraverso l’esperienza si è sperimentato un modo nuovo di leggere gli oggetti presenti nel<br />

museo confrontando e apprendendo nuove tecniche, in particolare sulla stampa, osservando<br />

i testi della biblioteca del museo.<br />

Hanno poi concretamente inciso su lastrine di zinco un’acquaforte, compreso la differenza<br />

fra la stampa a rilievo (xilografia) e stampa in cavo (acquaforte).<br />

Hanno dipinto con pigmenti e gomma arabica un capolettera, come quelli osservati sui<br />

manoscritti.<br />

Gli alunni hanno apprezzato l’attività svolta, ci auguriamo possano essere adulti<br />

maggiormente sensibili e attenti alla tutela e salvaguardia del patrimonio artistico.<br />

Marina Casari


progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />

L’invenzione <strong>dei</strong> caratteri mobili<br />

Nella prima metà del XV secolo, un orefice della<br />

città tedesca di Magonza chiamato Johann<br />

Gesfleisch von Gutemberg (1398 circa-1468),<br />

grazie alle sue abilità nel maneggiare metalli,<br />

riuscì a migliorare decisamente lo “scrivere<br />

artificiosamente”, cioè il realizzare libri con testi<br />

non scritti a mano e ricopiati.<br />

Fino a quel momento i libri si facevano<br />

incidendo in un unico blocco le parole delle<br />

singole pagine. Il metallo era perciò utilizzabile<br />

solo per stampare la pagina per la quale era<br />

stato preparato.<br />

Gutemberg ideò i caratteri mobili, cioè fuse<br />

in piombo le singole lettere dell’alfabeto. Ciascuna fu prodotta<br />

in gran numero e in dimensioni molto piccole. L’invenzione<br />

<strong>dei</strong> caratteri mobili consentì agli stampatori di trasformarsi<br />

in tipografi di riprodurre cioè un testo dopo aver disposto<br />

opportunamente i caratteri l’uno accanto all’altro per formare<br />

le parole e le frasi desiderate. In questo modo, dopo la stampa<br />

i caratteri potevano essere riutilizzati per formare altre pagine o<br />

altri libri.<br />

Dopo il 1450 Gutemberg dette alle stampe con questo sistema<br />

un’edizione della Bibbia latina che rimasta famosa anche per le<br />

sue bellissime miniature. È stata chiamata “dalle 36 linee”, dal<br />

numero delle righe stampate in ogni pagina.<br />

La diffusione della stampa a caratteri mobili fu clamorosa e<br />

rapida. Circa trenta anni dopo in Europa erano attive 380<br />

tipografie: nel mezzo secolo successivo vennero stampati<br />

più libri che nei mille anni precedenti. I prezzi <strong>dei</strong> libri si<br />

abbassarono e si aprì una nuova era nella diffusione delle idee<br />

e del sapere.<br />

Dopo l’invenzione <strong>dei</strong> caratteri mobili, con l’Età Moderna, grazie ai<br />

progressi tecnologici e alla richiesta di opere d’arte da parte di un<br />

numero crescente di compratori, si diffuse l’uso di riprodurre figure e scene. Si svilupparono così<br />

alcune tecniche per la riproduzione di immagini, copie preziose<br />

e rare perché stampate in presenza e<br />

sotto il diretto controllo dell’artista, che è<br />

l’autore dell’esemplare da cui discende la<br />

riproduzione.<br />

progetto 10 Ritagliato e incorniciato<br />

Le tecniche di stampa<br />

riguardanti la figurazione<br />

artistica si possono ridurre a<br />

tre tipi, che corrispondono a diversi materiali usati per<br />

predisporre la matrice.<br />

- Il primo procedimento è quello della stampa in<br />

rilievo: in questo la matrice è incisa in rilievo; è<br />

di legno e da questo materiale prende il nome<br />

xilografia.<br />

- Il secondo è la stampa in cavo e prevede<br />

l’incisione in cavo della matrice che è di metallo, in prevalenza rame o zinco ed è chiamata<br />

calcografia.<br />

- Il terzo procedimento è quello della stampa in piano ed è praticato sulla lastra in pietra, da<br />

cui prende il nome litografia.<br />

Xilografie e calcografie sono chiamate incisioni perché le matrici sono preparate incidendovi<br />

sopra l’immagine. Le incisioni possono essere dirette o indirette. Quella diretta si ottiene<br />

scavando punti o tratti sulla superficie di una lastra con strumenti dotati di punta metallica<br />

(sgorbie, bulini o punte metalliche). Indiretta si ottiene per mezzo di acidi, la cui azione<br />

corrosiva determina i solchi sulla lastra metallica.<br />

Nel nostro laboratorio abbiamo sperimentato la stampa in rilievo, incidendo matrici di<br />

linoleum e la stampa in cavo per la realizzazione piccole acqueforti con matrice in zinco.<br />

158 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 159 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


Chi e dove Liceo pedagogico e linguistico Paola di Rosa - Lonato<br />

Classi coinvolte IV<br />

Docenti referenti Stefania Pozzi e Maria Gioia Casagrande<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como<br />

collezionista<br />

L’opera d’arte e il Museo: un nuovo contesto a.s. 2007/2008<br />

musei coinvolti: Lonato, casa-museo del Podestà<br />

Gardone, Casa-Museo di Gabriele d’Annunzio<br />

Brescia, Museo di Santa Giulia<br />

incontri nella classe; incontri nel museo; incontri con i protagonisti<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

Il progetto si è avvalso di incontri con specialisti e, soprattutto,<br />

di visite sul campo concordate con i docenti per rendere il più<br />

comprensibile possibile questo argomento.<br />

I fase a carattere propedeutico:<br />

I contesti<br />

Martedì 30 ottobre<br />

Le opere d’arte e il loro contesto<br />

Incontro a carattere introduttivo nella classe dell’Istituto Paola di Rosa;<br />

Venerdì 16 novembre<br />

Le opere d’arte e la Storia<br />

Visita a Lonato nella Chiesa Parrocchiale di San Giovanni Battista<br />

(pala di Pietro Liberi e trittico di Bernardino Licinio);<br />

Venerdì 30 novembre<br />

Le opere d’arte e la geografia<br />

a) Visita a Milano, Pinacoteca di Brera e commento guidato dello Sposalizio di<br />

Raffaello Sanzio;<br />

b) Incontro con Letizia Lodi e Francesca Debolini, funzionari della<br />

Soprintendenza di Brera.<br />

Venerdì 14 dicembre<br />

La diaspora delle opere d’arte: ITALIA-USA solo andata<br />

Dialogo aperto con Cecilia Cavalca<br />

Venerdì 8 Febbraio<br />

I perché della collezione<br />

Dialogo con Luigi e Piero Lechi<br />

160 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 161 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Martedì 19 Febbraio<br />

Professione antiquario<br />

Visita nella Bottega Antiquaria di Alberto e Luca Borelli<br />

Martedì 19 Febbraio<br />

Professione restauratore<br />

Visita al Laboratorio di Restauro Marchetti e Fontanini di Brescia<br />

II fase a carattere operativo:<br />

La Casa del Podestà a Lonato<br />

Marzo 2008<br />

Dalla biblioteca al museo: Angelo Maria Querini<br />

Visita bresciana ai luoghi queriniani<br />

La casa di un poeta<br />

Visita a Gardone nella casa di Gabriele d’Annunzio<br />

La casa di Ugo Da Como<br />

- visita guidata alla Casa del Podestà<br />

- visita guidata alla Biblioteca di Ugo Da Como<br />

L’altare: al salotto = il libro: alla cornice [l’altare sta al salotto come il libro sta<br />

alla cornice un’equazione possibile]<br />

- osservazioni ed analisi di alcuni oggetti significativi (dipinti ritagliati, incisioni<br />

ritagliate, frammenti ricontestualizzati)<br />

- realizzazione di una guida a schede con commenti ad alcune opere scelte<br />

per il progetto.


Indice<br />

1. Collezionare perché?<br />

2. Ugo Da Como: l’uomo e il collezionista<br />

3. I luoghi dacomiani a Lonato<br />

4. La casa del Podestà<br />

4.1 La casa-museo<br />

4.2 Il percorso museale<br />

5. Schedatura degli oggetti<br />

6. Lonato: un po’ di storia<br />

7. Bibliografia<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

1 - COLLEZIONARE PERCHÉ?<br />

A chi non è mai capitato di sentirsi un collezionista? Il collezionismo non ha tempo e non ha<br />

età; che si tratti di figurine, francobolli, monete, mobili o opere figurative, l’arte di collezionare<br />

è impegnativa, richiede passione e una paziente ricerca. Talvolta collezionare è un semplice<br />

passatempo, altre volte questa attività assume un’importanza fondamentale per chi dedica ad<br />

essa parte della sua vita, come nel caso di grandi <strong>collezionisti</strong> che hanno segnato la storia del<br />

nostro territorio, quali Gabriele d’Annunzio, Ugo Da Como, Luciano<br />

Sorlini, Piero e Luigi Lechi.<br />

Collezionare è un movimento interiore, una spinta istintiva verso<br />

qualcosa che attira e che si vuole a tutti i costi; può diventare una<br />

passione sfrenata a cui non si può dire di no, si fanno pazzie, morali<br />

ed economiche, per poter avere proprio quell’oggetto, che nella sua<br />

semplicità o nella sua magnificenza è portavoce di una singolare<br />

bellezza o di una complicata storia che attraversa i secoli.<br />

Ammirando la casa del Podestà a Lonato, residenza del<br />

Senatore Ugo Da Como, è facile notare la singolarità e la cura<br />

dell’arredamento; non è altrettanto immediato rendersi conto<br />

del fatto che la scelta <strong>dei</strong> mobili e la sistemazione <strong>dei</strong> singoli oggetti non siano casuali o<br />

semplicemente dettati dal buon gusto, ma volute, studiate e ricercate dal collezionista. Egli<br />

infatti crea attorno a sé un contesto particolare, ama circondarsi di opere che lo affascinano,<br />

consapevole che ogni oggetto, ogni mobile, ogni opera d’arte ha una sua vita e una sua<br />

storia. Le opere collezionate subiscono allora, proprio per volontà del collezionista stesso, un<br />

processo di decontestualizzazione e ricontestualizzazione, che merita di essere conosciuto:<br />

l’uso, la collocazione può addirittura trasformare l’oggetto, modificarne la storia.<br />

Anche nel centro storico di Lonato è possibile ammirare i segni della presenza del<br />

collezionista, che sapientemente seppe far rivivere monumenti o ridisegnare spazi, allo scopo<br />

principale di conservare la memoria di un passato illustre della cittadina gardesana.<br />

2 - UGO DA COMO: L’UOMO E IL COLLEZIONISTA<br />

Prima di ritirarsi definitivamente nella Casa del Podestà a Lonato nel 1926, Ugo Da Como<br />

ebbe una vita intensa, come avvocato impegnato in politica e membro illustre dell’Ateneo<br />

bresciano fin dall’età di 23 anni.<br />

Era stato lo stesso padre Giuseppe, insigne matematico e socio dell’Accademia a introdurlo nel<br />

mondo del sapere, avviandolo a stringere le prime relazioni con letterati e politici. Sicuramente<br />

la passione, che il Senatore matura negli anni per il collezionismo, trova un terreno fertile<br />

proprio nei contatti che egli ebbe modo di coltivare fin da giovane con uomini di cultura, aperti<br />

e sensibili alle suggestioni dell’arte: il suo collezionare è infatti dettato non certo esclusivamente<br />

da valori estetici o dal desiderio di circondarsi di cose belle, quanto piuttosto da motivi<br />

celebrativi e conservativi della memoria storica, oltre che dalla volontà di lasciare un ingente<br />

patrimonio fruibile in futuro dagli studiosi e soprattutto dai giovani. Lo stesso Senatore espresse<br />

il desiderio di fare della casa di Lonato una sorta di ”cittadella della cultura” aperta al pubblico<br />

e alla costruzione di essa si dedicò con intensità negli anni del ritiro dalla attività politica.<br />

Nato nel 1869 a Brescia (morto a Lonato nel 1941), Ugo Da Como, dopo gli studi classici<br />

e la laurea in Giurisprudenza conseguita a soli 22 anni all’Università di Roma, entra in<br />

contatto con il politico e giurista Giuseppe Zanardelli, espressione della corrente liberale<br />

democratica, presso il cui studio inizia la sua carriera di avvocato. A Zanardelli si lega con<br />

un vincolo di sincera amicizia e da lui è avviato all’impegno politico, che porterà il giovane<br />

Da Como da assessore al Municipio a Deputato eletto per il Collegio di Lonato nel 1904, a<br />

sottosegretario alle Finanze nel 1912 e al Tesoro nel 1914, a Ministro all’Assistenza militare<br />

e alle Pensioni nel 1919, a Senatore nel 1920. I numerosi ruoli politici che riveste lo portano<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

162 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 163 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

ad avvicinarsi sempre più ai ceti meno abbienti, secondo una sensibilità legata al pensiero<br />

liberal-democratico di Zanardelli: è ideatore delle pensioni ai mutilati e agli invalidi di guerra,<br />

fonda l’Associazione “L’Amico del popolo”, destinata all’assistenza legale <strong>dei</strong> più poveri, il<br />

Consorzio operaio, la Casa di cultura popolare per il tempo libero degli operai e si impegna<br />

per la creazione di una Cassa Nazionale per le assicurazioni sociali, divenuta poi Istituto di<br />

previdenza sociale, di cui sarà primo Presidente.<br />

L’attività politica romana non lo distoglie affatto dagli studi né dall’ambiente bresciano: sarà<br />

Presidente dell’Ateneo più volte (dal 1908 al 1912, dal 1916 al 1920 e successivamente dal<br />

1924 al 1926). Dopo il ritiro a Lonato continuerà ad esserne Presidente onorario.<br />

L’acquisto della casa lonatese avviene nel 1906 e si connota subito di un significato<br />

particolare: essa diventa dimora congeniale per coltivare la passione per lo studio e le<br />

lettere, ma anche luogo privilegiato per collezionare oggetti e arredi antichi. Entrambe le<br />

passioni del Senatore rispondono al medesimo desiderio di conservare la memoria del<br />

passato, sia quello storico (in particolare le pagine dimenticate della storia bresciana di età<br />

napoleonica e risorgimentale), sia quello artistico, attraverso la ricerca accurata di oggetti<br />

preziosi da collocare con gusto sapiente e raffinato in un luogo preciso.<br />

La ricerca storica come la collezione non sono fine a se stessi, ma sono tesi a consegnare alle<br />

giovani generazioni un patrimonio di cultura e di arte, che non deve essere dimenticato. Così, dopo<br />

l’acquisto, il Senatore sempre più appassionatamente si dedica a fare della Casa del Podestà<br />

una casa-museo da donare a Lonato. Egli la fa restaurare in stile rinascimentale dall’architetto<br />

bresciano Antonio Tagliaferri. Segue personalmente il restauro, avendo cura di riportare l’edificio<br />

il più possibile alle sue condizioni originarie; la scelta minuziosa dell’arredamento (mobili, oggetti,<br />

quadri) si inserisce in un percorso che il senatore compie attraverso varie epoche, con attenzione<br />

particolare al territorio bresciano. Condivide con gli amici carissimi Conte Morando (bresciano,<br />

deputato zanardelliano) e Pompeo Molmenti (senatore, risedeva a Moniga del Garda) la passione<br />

per il collezionismo e da loro è consigliato e sostenuto.<br />

Ma il collezionismo di Da Como si esprime anche e soprattutto attraverso la ricerca insaziabile<br />

di libri: il cuore della casa è infatti senz’altro la ricchissima Biblioteca, fatta costruire nel 1923<br />

nel giardino privato della dimora per custodire la preziosa raccolta. Il progetto della costruzione<br />

è affidato all’ingegnere bresciano Arnaldo Trebeschi, che erige un edificio in stile con la<br />

casa. La Biblioteca si arricchisce di giorno in giorno di opere preziose: il Senatore acquisisce<br />

importanti fondi, come i fondi Seneca e Cerutti, giungendo a raccogliere oltre 32.000<br />

volumi, tra i quali manoscritti, cinquecentine, codici miniati, libri rari, che spaziano dall’arte<br />

alla letteratura, dall’antiquariato alla filosofia, dal diritto alla storia. Preziosissimi appaiono i<br />

397 incunaboli conservati (molti <strong>dei</strong> quali stampati a Brescia o da tipografi bresciani), 500<br />

manoscritti, tra essi alcuni codici medievali e un migliaio di altri documenti che giungono fino<br />

al XX secolo, molti di interesse bresciano, il libro più piccolo del mondo (15x9mm) stampato<br />

nel 1897 con il metodo <strong>dei</strong> caratteri mobili (contenente una lettera di Galileo Galilei a Maria<br />

Cristina di Lorena), 48 lettere che Ugo Foscolo scrisse alla contessa Marzia Martinengo, una<br />

copia <strong>dei</strong> Sepolcri nella prima edizione del tipografo bresciano Bettoni, e una dell’Esperimento<br />

di traduzione dell’Iliade, entrambe con dedica autografa dell’autore alla contessa.<br />

In tutta la casa sono sparse emblematiche sentenze in latino, che richiamano la passione del<br />

Senatore e descrivono ciò che i libri rappresentano per lui: Tantum cum libris, cum istis usque<br />

loquar (solo con i libri, solo con questi io sempre parlerò: cartiglio posto sulla porta d’ingresso<br />

della Biblioteca); libris satiari nequeo (non posso saziarmi di libri: motto che si legge sul soffitto<br />

della Sala Cerutti); e ancora si hortum cum bibliotheca habes nihil deerit e hic mortui vivunt<br />

pandunt oracula muti (il primo è un’espressione ciceroniana che significa: se hai un giardino<br />

con una biblioteca non ti mancherà nulla; il secondo recita: qui i morti vivono e muti svelano<br />

oracoli) scritti ai lati del camino che adorna la sala centrale della Biblioteca.<br />

La Biblioteca nell’intenzione del Senatore non è solo per lui, ma è destinata ad essere<br />

condivisa. Scrive infatti nel 1939 nella dedica per lo studio I delegati bresciani a Lione:<br />

“Importa lasciare qualche cosa che giovi, che educhi, che induca a meditare e a<br />

comprendere ciò che non è fra i mortali, mortale”.


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

3 - I LUOGHI DACOMOMIANI A LONATO<br />

Come la casa-museo rappresenta il “luogo” per eccellenza in cui si concretizzano i forti<br />

legami affettivi tra Ugo Da Como e il singolo oggetto collezionato, testimone di una storia<br />

precedente, così anche il centro storico di Lonato è custode di segni importanti di una vita<br />

precedente della città, voluti o ricontestualizzati grazie alla volontà del Senatore.<br />

Così ci è sembrato doveroso un percorso attraverso Lonato per riscoprire anche questo suo<br />

legame con la civitas e la sua memoria storica, partendo dalla Colonna veneta per arrivare<br />

alla Casa del Podestà.<br />

A Lonato Ugo Da Como fu legato fin da bambino, dato che il padre vi possedeva <strong>dei</strong> campi e<br />

una casa ereditata dai nonni; qui trascorreva piacevoli vacanze estive, che maturarono in lui<br />

l’amore per questi luoghi, che poi elesse come sua residenza abituale.<br />

3.1 Colonna veneta<br />

Situata nella piazza principale davanti al Municipio e sormontata dal leone di San Marco,<br />

testimonia l’appartenenza di Lonato alla Repubblica Veneta.<br />

Alla fine del XVIII secolo subì una distruzione ad opera <strong>dei</strong> Giacobini che abbatterono il leone:<br />

proprio grazie alla volontà di Ugo Da Como, essa fu riportata alla situazione originaria come<br />

emblema dell’appartenenza di Lonato alla Serenissima.<br />

3.2 Municipio<br />

Fabbricato del 1769 su preesistenza del XVI secolo e definitivamente ampliato e ristrutturato<br />

nel 1938, è dotato di vasto atrio e sontuoso scalone. Nella Sala consigliare è conservato il<br />

pregevole dipinto della Peste di Lonato di Andrea Celesti. Ugo Da Como, nella sua qualità<br />

di Assessore prima e poi di Revisore <strong>dei</strong> Conti del Comune, fece costruire a proprie spese<br />

il balcone posto sulla facciata d’onore, ottenendo in cambio di trasferire nella sua Casa del<br />

Podestà lo Stemma comunale.<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

3.3 Monumento ai caduti della I guerra mondiale<br />

Le belle figure in bronzo, che compongono il monumento, realizzate su disegno di Luigi<br />

Contratti sono state ricavate dalla fusione di cannoni donati dal Ministero della Guerra per<br />

interessamento di Ugo Da Como. Fu collocato nella Piazza Martiri della Libertà l’1 ottobre<br />

1924.<br />

164 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 165 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

3.4 Torre dell’orologio<br />

Torre civica del XVI secolo, alta 55 m, inserita nell’antico complesso delle fortificazioni,<br />

appartiene al Comune dal 1826. L’architetto bresciano Antonio Tagliaferri, alla fine del XIX<br />

secolo, la completò con una cella campanaria e un coronamento merlato, sopra il cornicione<br />

marcapiano.<br />

3.5 Rocca o Castello<br />

Riedificata e ampliata nella seconda metà del XIV secolo dal duca Azzone Visconti di Milano,<br />

l’antica fortificazione passò nel 1404 ai Gonzaga di Mantova e nel 1441 a Venezia, che ne<br />

mantenne il possesso per tre secoli circa fino al 1797 (salvo un brevissimo intervallo tra<br />

il 1509 e il 1516). Passò quindi al demanio austriaco che nel 1827 la cedette a privati.<br />

Pur essendo stata abbandonata durante l’Ottocento, nel 1912 fu dichiarata monumento<br />

nazionale. Nel 1920 venne acquistata per 50.000 lire dal Da Como, che si preoccupò di<br />

restaurarla parzialmente. Dalla morte del Senatore fa parte della Fondazione da lui stesso<br />

voluta insieme alla Casa del Podestà.<br />

3.6 Casa del Podestà<br />

Di origine quattrocentesca, sede del Podestà della Serenissima, è situata nel recinto<br />

del castello. Fu acquistata ad un’asta pubblica dall’avvocato Ugo Da Como nel 1906<br />

e restaurata in stile rinascimentale lombardo dall’insigne architetto bresciano Antonio<br />

Tagliaferri.<br />

Oggi è una delle case museo meglio conservate in Italia, accogliendo anche la pregevole e<br />

ricchissima Biblioteca del Senatore.<br />

3.7 Chiesa di S. Antonio Abate<br />

Edificata sulle rovine di una precedente chiesa, l’attuale edificio risale alla fine del XVI<br />

secolo. Deteriorato durante la I guerra mondiale fino a divenire inservibile, dal 1924 passò<br />

in consegna, con regolare rogito notarile, a Ugo Da Como, che si assunse le spese per<br />

il restauro e la costruzione di una cappella dedicata ai Caduti della guerra. La chiesa è<br />

adiacente alla Rocca di proprietà del Senatore e spesso fu per lui luogo privilegiato di<br />

raccoglimento.<br />

3.8 La casa <strong>dei</strong> nonni<br />

Il Palazzo, situato in via Gaspari, fu edificato nel XVII secolo, come si evince dalla data<br />

riportata sulla chiave di volta del portale; fu l’abitazione <strong>dei</strong> nonni di Ugo Da Como, che poi<br />

vendette.<br />

3.9 Villa De Riva Sabelli<br />

Palazzo signorile sito in via Girelli, del XVII secolo, fu ampliato dall’architetto Antonio<br />

Tagliaferri alla fine del XIX secolo, riproponendo l’architettura tipica del Rinascimento<br />

lombardo, proprio come nell’intervento di restauro della Casa del Podestà.<br />

3.10 Palazzo Cerutti<br />

Fu la residenza di Jacopo Cerutti, erudito lonatese vissuto nel XIX secolo, di cui Ugo Da<br />

Como acquisì il fondo di libri antichi, poi collocati in quella che il Senatore stesso chiamò<br />

Sala Cerutti al primo piano della sua residenza.


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

4 - LA CASA DEL PODESTà<br />

4.1 - La casa-museo<br />

Il Senatore Ugo Da Como acquistò l’antica Casa del Podestà veneto nel 1906,<br />

aggiudicandosela ad un’asta pubblica per la cifra di mille lire.<br />

Prima di morire egli lasciò tutto quanto aveva creato a una Fondazione da lui stesso<br />

istituita. Egli così affermò: “Intendo giovare con le mie raccolte d’arte e di storia, coi<br />

libri, gli incunaboli, i codici, i manoscritti, agli studi, svegliando nei giovani l’amore alle<br />

conoscenze […]; intendo che la casa detta del Podestà, le annesse biblioteche, e i<br />

mobili rimangono come ora si trovano senza cambiamenti che ne pregiudichino l’attuale<br />

armonia. L’animo, che creò e raccolse, ebbe questa visione, che spera non sia turbata”.<br />

L’intenzione del Senatore era chiara e riprendeva una tendenza iniziata nella metà<br />

dell’Ottocento: quella di istituire musei cosiddetti “privati”, non dipendenti dallo Stato e da<br />

Enti locali, allo scopo di offrire un contributo prezioso alla conservazione della memoria<br />

storica e allo sviluppo della cultura.<br />

Subito dopo l’acquisto Ugo Da Como aveva affidato il restauro della casa al celebre architetto<br />

bresciano Antonio Tagliaferri, che cercò di mantenersi fedele all’originaria costruzione<br />

intervenendo in stile neo-rinascimentale, secondo il gusto decorativo di quel periodo.<br />

La Casa del Podestà divenne così nel tempo una sorta di locus amoenus, in cui Ugo<br />

Da Como poteva coltivare l’otium dedicandosi alla lettura e alla ricerca, in uno scenario<br />

suggestivo favorito dalla quiete e dal silenzio che vi regnavano.<br />

Infatti, se inizialmente la residenza venne utilizzata dal Senatore e dalla moglie Maria<br />

Glisenti soprattutto durante il periodo estivo, in seguito, a partire cioè dal 1926, essa diverrà<br />

rifugio preferito, fino a diventare dimora stabile, luogo perfetto dove coltivare la passione<br />

per il collezionismo e lo studio storico; frequenti anche gli incontri con gli amici più cari per<br />

dialogare degli interessi comuni che li legavano con affetto sincero. La casa si arricchì negli<br />

anni Venti dell’edificio della Biblioteca, commissionato appositamente all’ingegnere Arnaldo<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

Trebeschi, per contenere l’enorme quantità di libri che andava acquistando.<br />

Ugo Da Como raccolse amorevolmente e con instancabile passione non solo libri, dipinti<br />

e mobili, ma anche numerosi oggetti d’arte applicata. Appare chiaro il desiderio del<br />

collezionista: raccogliere documenti di interesse storico-iconografico, creando le condizioni<br />

per conservarli nel tempo e studiarli.<br />

Così la facciata venne arricchita da suggestivi motivi ornamentali a graffito e decorata da<br />

numerosi frammenti in pietra, marmo, terracotta, oltre che da antichi stemmi nobiliari,<br />

a imitazione <strong>dei</strong> palazzi comunali della Toscana; le stanze del piano terra, destinate al<br />

ricevimento e quella del primo piano, più intime e raccolte, furono ornate con magnifici<br />

camini, soffitti con tavolette lignee cinquecentesche provenienti dalle case della nobiltà<br />

locale, mobili, seggiole, divani, ricercati con cura presso gli antiquari, porcellane, peltri e<br />

albarelli di farmacia; alle pareti furono appesi alcuni quadri della collezione paterna, cui<br />

si aggiunsero quelli che lo stesso Senatore andò nel tempo acquistando con meticolosa<br />

ricerca.<br />

4.2 - Il percorso museale<br />

166 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 167 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

• L’edificio che Ugo Da Como fece costruire all’esterno della Casa del Podestà è<br />

composto da una SALA DI LETTURA, da ambienti per ospitare studiosi e da un<br />

PORTICATO adiacente, nel cui muro di cinta è alloggiata una lastra tombale della<br />

Famiglia Pallavicino (scheda n. 1)<br />

• Nel CORTILE ESTERNO su cui sia affaccia la Casa del Podestà, da cui si ha<br />

l’accesso principale al museo, è collocato un pozzo (scheda n. 2) facente parte del<br />

sistema di approvvigionamento idrico della Cittadella nel Cinquecento<br />

• La GALLERIA, situata al piano terra, è il risultato del tamponamento di un ampio<br />

porticato caratterizzato da tre archi acuti: essa costituisce oggi l’ingresso alla Casa,<br />

assumendo la funzione delle antiche armerie. Alle pareti sono dipinti gli stemmi <strong>dei</strong><br />

Podestà veneti che si sono succeduti alla guida del paese e, sulla parete di fronte<br />

all’ingresso, sono collocati alcuni strappi d’affresco posti su tela raffiguranti Uomini<br />

d’arme, tra i quali il capitano Virginio Orsini (scheda n. 3)<br />

• Lo STUDIO è la stanza in cui il Senatore si dedicava al lavoro sulla scrivania, posta<br />

in prossimità di una trifora con vetri piombati e colorati; alle pareti sono appesi<br />

riconoscimenti e titoli del Senatore, oltre a un importante dipinto, ritenuto per molto<br />

tempo il ritratto di Veronica Gambara, oggi più correttamente pensato come il<br />

ritratto di Cristina di Lorena (scheda n. 4)<br />

• La SALA ROSSA raccoglie numerosi dipinti di origine lombarda e veneta<br />

appartenenti alla ricca quadreria che fu già del padre di Ugo Da Como; tra l’arredo<br />

celebre è il busto marmoreo di Cicerone (scheda n. 5), dono di Giuseppe Zanardelli,<br />

e una bella credenza di manifattura romana (scheda n. 6)<br />

• Il SALOTTINO blu è la stanza di ricevimento di Maria Glisenti, moglie del Senatore;<br />

è un salottino intimo, con ricordi personali e famigliari. Ospita anche il quadro di<br />

Marco Ricci Paesaggio arcadico con armenti (scheda n. 7) e un’incisione con il<br />

medesimo soggetto di Giovanni Volpato (scheda n. 8)<br />

• La SALA ANTICA è la prima delle sale da pranzo, arredata in stile quattrocentesco<br />

con soffitto a cassettoni policromo e abbellita dalla presenza di molti albarelli<br />

da farmacia; sulla parete è appeso un affresco strappato con cornice lignea<br />

raffigurante la Madonna del latte (scheda n. 9)<br />

• La SALA DA PRANZO presenta una serie di maioliche disposte anche sulle pareti<br />

• La SALA DEI PELTRI custodisce moltissimi oggetti in peltro e dipinti alle pareti, tra<br />

cui una formella a bassorilievo raffigurante La Madonna del latte con il Bambin<br />

Gesù e angeli (scheda n.10)<br />

• Il TINELLO si presenta come il luogo più raccolto della casa, arredato con sobrietà;<br />

il tavolo è apparecchiato con stoviglie di Wedgwood e vetri soffiati


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

• Seguono le CUCINE e la scala che sale al primo piano<br />

• La CAMERA DA LETTO del Senatore è ornata dal motto latino recte facti fecisse<br />

merces est (ricompensa di una buona azione è l’averla compiuta) che costituisce<br />

una sorta di chiave di lettura della vita del proprietario; alle pareti sono conservati<br />

molti ricordi personali, in particolare fotografie o ritratti degli amici più intimi come<br />

Giuseppe Zanardelli, Pompeo Molmenti, Giangiacomo Morando<br />

• La CAMERA DEGLI OSPITI è arricchita dal pregevole armadio-libreria contenente i<br />

preziosi incunaboli collezionati dal Senatore (scheda n. 11)<br />

• lo STUDIOLO è un ambiente riservato alla lettura e allo studio, con dipinti pregevoli<br />

opera di pittori per lo più bresciani<br />

• la SALA CERUTTI, oggi destinata ad ufficio, ospita il fondo Cerutti ricco di più di<br />

3000 libri, alcuni recano l’ex libris di Jacopo Cerutti (scheda n.12); sul soffitto si<br />

legge il motto latino libris satiari nequeo. Alle pareti sono appese alcune preziose<br />

xilografie (schede nn.13,14,15)<br />

• Il CORRIDOIO corre lungo tutto il piano, è ornato dalla serie delle acquetinte con Le<br />

vedute del lago di Garda, opera del veronese Domenico Macanzoni. Interessante<br />

è anche la tavoletta lignea con ritratto femminile, proveniente dal soffitto di un<br />

palazzo nobiliare, che ora funge da mensola (scheda n.16)<br />

• L’edificio che accoglie la BIBLIOTECA fu costruito dall'ingegnere bresciano Arnaldo<br />

Trebeschi nel 1923: è il cuore della casa-museo. Comprende a piano terra la SALA<br />

DELLA VITTORIA, in cui è possibile ammirare un bel camino (scheda n.17), oltre ai<br />

numerosissimi libri e a una riproduzione in scala ridotta della celebre Vittoria alata,<br />

e al piano superiore la SALA BRESCIANA, che conserva molte opere di carattere<br />

bresciano e benacense.<br />

• IL GIARDINO privato offre un bel panorama sulla chiesetta di san Antonio e<br />

costituisce un luogo riparato e silenzioso. Sul muro esterno della Biblioteca sono<br />

collocate alcune lastre tombali cinquecentesche di importanti famiglie lonatesi<br />

(schede nn. 18 e 19)<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 1<br />

Oggetto: lastra tombale<br />

Materiale: pietra<br />

Epoca: XVI secolo<br />

Autore: lapicida dell’Italia settentrionale<br />

Dimensioni: 112 x 72 cm<br />

Descrizione: la lastra è incassata<br />

nell’intonaco murario, scolpita a bassorilievo.<br />

La lapide, bipartita orizzontalmente,<br />

presenta nella parte superiore lo stemma<br />

delle famiglia Pallavicino 1 (troncato: il primo<br />

all’aquila ad ali spiegate; il secondo partito: a<br />

sinistra scaccato, a destra un delfino).<br />

Nella parte inferiore della lapide appare la<br />

scritta dedicatoria in latino, posta al centro di<br />

una sorta di cartiglio:<br />

JOSEPH PALLAVICINUS<br />

ET MARCHIONIBUS DA VARRANO<br />

QUISQUE ILLE FUERIT HIC REQUIESCIT.<br />

OBIIT ANNI MDLXXV AETATIS SUA LI.<br />

“Giuseppe Pallavicino chiunque sia stato <strong>dei</strong> marchesi di Varano qui riposa. Morì nell’anno<br />

1575 all’età di 51 anni”.<br />

La lapide celebra la memoria di Giuseppe Pallavicino de’ Melegari, famiglia marchionale<br />

feudataria della città di Varano e residente nella stessa località in un castello, ora divenuto<br />

esempio di architettura militare quattrocentesca. Si sa che nel 1563 giunse a Lonato in<br />

qualità di medico condotto Giuseppe Pallavicino proveniente da Canneto. A lui il Senatore<br />

Ugo Da Como dedicò una parte della sua opera intitolata Umanisti del XVI secolo.<br />

168 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 169 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Collocazione: la lapide ora è situata sotto<br />

Piano terra<br />

il porticato adiacente alla Sala della Lettura<br />

della Casa del Podestà.<br />

Provenienza: originariamente la lastra era<br />

posta nell’atrio della Fabbriceria parrocchiale<br />

di Lonato.<br />

Note:<br />

1 - I Pallavicino o Pallavicini (discendenti<br />

da un marchese Alberto vissuto attorno al 1100) furono una delle maggiori e più antiche<br />

casate feudali dell’Italia settentrionale. Costituirono uno stato nell’area tra Cremona, Parma<br />

e Piacenza, che mantenne la sua unità fino a Orlando il Magnifico che nel 1453 lo divise<br />

tra i suoi numerosi figli, da cui ebbero origine varie linee dinastiche, tra cui quelle di Varano,<br />

Tabiano, Cortemaggiore, Busseto, Polesine e Zibello. Il capostipite <strong>dei</strong> Pallavicino di Varano fu<br />

Nicolò, marchese di Varano de’ Melegari, nell’Appennino parmigiano, il cui castello era stato<br />

costruito dal padre. Si estinsero nel 1782.<br />

Documentazione: s.v. Pallavicino, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol. XII<br />

ed. La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />

Ugo Da Como, Umanisti del secolo XVI. Pier Francesco Zini suoi amici e congiunti nei ricordi<br />

di Lonato sacro ed ameno recesso su la riviera del Benaco, Zanichelli, Bologna 1928.<br />

Studente: Giada Fabbro


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 2<br />

Oggetto: Vera da pozzo<br />

Materiale: marmo rosa di Verona<br />

Epoca: 1564<br />

Autore: lapicida dell’Italia settentrionale<br />

Dimensioni: diametro 130 cm; altezza 218 cm<br />

Descrizione: la vera da pozzo costituisce un importante documento per la storia di Lonato.<br />

È caratterizzata da alcuni elementi scolpiti di non semplice interpretazione, che si cercherà<br />

qui di riassumere.<br />

Sul possibile lato posteriore (per come è disposto oggi l’oggetto), la vera reca un leone di<br />

San Marco in moeca affiancato dalla data 1564: MD (a sinistra) e LXIIII (a destra). Il possibile<br />

lato anteriore presenta al centro lo stemma di Camillo Faita 1 , documentato podestà di Lonato<br />

in tre momenti: dal 1564 al 1565; dal 1569 al 1570; dal 1584 al 1585. Sopra lo stemma<br />

è incisa la data MCLXX 1570), ai lati le lettere capitali CAM [millo] a sinistra FAI [ta] a<br />

destra, mentre sotto lo stemma si legge ET COGNOVISTI ME. Ai due lati dello stemma Faita<br />

compare, ripetuto a destra e a sinistra, uno stemma che lo storiografo lonatese Jacopo Attilio<br />

Cenedella attribuisce al Cardona 2 . Lo stemma in questione reca al centro tre fiori (o frutti?)<br />

disposti due sopra e uno sotto. Un cartiglio sotto lo stemma reca le parole PROBASTI ME.<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

170 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 171 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Ai lati dello stemma le lettere F (a sinistra) e B (a destra). In genere la lettera posta a destra<br />

degli stemmi indica e suggerisce il cognome della famiglia e, quindi, in questo caso, ci<br />

sarebbe un’anomalia difficilmente spiegabile.<br />

<strong>Vie</strong>ne spontaneo ipotizzare che la posizione del Podestà Camillo Faita (probabile committente<br />

della vera da pozzo) sia subordinata rispetto a quella della famiglia cui appartiene lo<br />

stemma ripetuto due volte sulla vera e che quest’ultimo sia particolarmente connesso alla<br />

Serenissima Repubblica di Venezia, da cui la carica di Camillo Faita dipendeva; Venezia<br />

è chiaramente rappresentata dal Leone di San Marco in moeca che quasi “suggella”<br />

ufficialmente il pozzo. Va detto che questa vera da pozzo venne posta in questa nuova<br />

collocazione in occasione <strong>dei</strong> restauri patrocinati da Ugo Da Como all’inizio del Novecento.<br />

A questo punto potremmo immaginare un senso di lettura <strong>dei</strong> simboli presenti sulla vera:<br />

• il Leone di San Marco con la data 1564 potrebbe indicare l’inizio del governo<br />

podestarile di Camillo Faita cosi come emerge dalla consultazione dell’elenco <strong>dei</strong><br />

podestà lonatesi;<br />

• a sinistra e a destra compare uno stemma di una famiglia alla quale Faita sarebbe<br />

stato legato. Questa teoria è dimostrata anche dal fatto che il motto, che si legge<br />

sotto i due stemmi PROBASTI ME, trova completamento in quel ET COGNOVISTI<br />

ME posto sotto lo stemma Faita. <strong>Vie</strong>ne spontaneo immaginare che il ruolo di Faita<br />

sia stato sottoposto al giudizio di un esponente della famiglia rappresentata dai<br />

due stemmi e che sia stato molto gradito. Di questa ufficiale posizione di favore<br />

potrebbe essere testimonianza il pozzo;<br />

• frontalmente, sopra lo stemma Faita è incisa la data 1570 che coincide con la<br />

data di fine del secondo mandato podestarile di Camillo Faita. Appunto questa data<br />

potrebbe costituire un elemento prezioso per la datazione del manufatto.<br />

Le ricerche condotte in occasione di questa schedatura hanno permesso di rintracciare lo<br />

stemma della famiglia Battaglia, che presenta tre cedri, posti esattamente come i “frutti”<br />

scolpiti nei due stemmi, ma elemento determinante è il fatto che il motto della famiglia<br />

Battaglia era proprio PROBASTI ME. Camillo Faita avrebbe quindi proposto una “filiazione”<br />

alla famiglia Battaglia, inserendo il completamento del motto latino sotto il suo stemma,<br />

secondo un progetto iconografico molto raffinato dal punto di vista ideologico.<br />

A questo punto rimane da verificare la posizione della famiglia Battaglia rispetto al paese di<br />

Lonato e ancor di più rispetto a Camillo Faita.<br />

Piano terra<br />

Collocazione: nel cortile di ingresso<br />

della Casa del Podestà. Inizialmente era<br />

collocato in Cittadella; fu poi asportato<br />

e ricontestualizzato nel complesso<br />

neorinascimentale della Casa del Podestà,<br />

secondo il gusto personale del Senatore Ugo<br />

Da Como.<br />

Note:<br />

1 - Teodoro Lechi, in un documento dattiloscritto inviato al Senatore Ugo Da Como così<br />

descrive lo stemma: troncato d’argento, al sole raggiante d’oro e alla mezza luna di rosso; e<br />

di rosso manipolo di spighe d’oro.<br />

Documentazione: 2- Iacopo Attilio Cenedella, Memorie storiche lonatesi, (dattiloscritto<br />

conservato presso la Biblioteca della Fondazione Ugo Da Como dal manoscritto che si<br />

conserva presso la Civica Biblioteca Queriniana di Brescia, datato 1874.<br />

Ugo Da Como, Umanisti del secolo XVI. Pier Francesco Zini suoi amici e congiunti nei ricordi<br />

di Lonato sacro ed ameno recesso su la riviera del Benaco, Zanichelli, Bologna 1928;<br />

fotografie d’epoca.<br />

Studente: Elisa Parolini


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 3<br />

Oggetto: Ritratto di Virginio Orsini 1<br />

Materiale: strappo d’affresco, eseguito da Bernardo Gallizioli nel 1884<br />

Epoca: prima metà del XVI<br />

Autore: già attribuito a F. Ferramola, attualmente si pensa all’ambito di Gerolamo Romanino<br />

Dimensioni: 136 x 130 cm<br />

Descrizione: lo strappo raffigura l’aragonese Virginio Orsini, descritto da Francesco<br />

Sansovino (1565) come un “illustre uomo di guerra”. Lo sguardo, nel volto autoritario posto<br />

di tre quarti, è acuto e penetrante: si fissa nel volto dello spettatore mettendolo quasi in<br />

soggezione. Volto e collo sono massicci e squadrati; caratteristiche enfatizzate dal copricapo<br />

geometrico simile a quello che compare nel ritratto di Federico da Montefeltro di Urbino,<br />

opera di Piero della Francesca. Il colore rosso del copricapo dimostra, mediante la quantità<br />

di luce che assorbe o riflette, le diverse posizioni <strong>dei</strong> piani entro lo spazio; l’abito enfatizza<br />

il ventre prominente. La sottile linea bianca della camicia fa risaltare il volto del condottiero,<br />

ruolo evidenziato anche dall’armatura e dal bastone del comando impugnato nella mano<br />

destra.<br />

Il personaggio si staglia imponente davanti a un vasto paesaggio, sullo sfondo di montagne<br />

verdi azzurre: queste soluzioni formali richiamano le novità del rapporto uomo-paesaggio<br />

della pittura di Giorgione e della scuola veneta in generale.<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

Piano terra<br />

Collocazione: la serie di tre strappi<br />

da affresco è collocata nella Galleria<br />

della Casa sulla parete sud-est; la<br />

contestualizzazione voluta dal Senatore<br />

è legata alla funzione simile a quella di<br />

un’armeria, che in origine veniva attribuita<br />

a questa parte della casa.<br />

Provenienza: l’opera (proveniente da<br />

Palazzo Orsini a Ghedi) fu acquistata da Ugo Da Como attorno al 1920, per evitarne la<br />

dispersione e arredare la casa di Lonato.<br />

Note:<br />

1 - Virginio Orsini (1445 ca.-1497), importante esponente della nobile e potente famiglia<br />

degli Orsini, duca di Bracciano, venne educato alla corte aragonese di Napoli. All’abilità<br />

nell’arte militare unì un’attenzione per gli studi umanistici che lo portarono ad essere una<br />

delle figure preminenti nel panorama rinascimentale italiano. Sansovino lo ricorda infatti per<br />

la sua significativa capacità di conciliare l’attività politica e militare con quella intellettuale<br />

“esaltando la virtus come massima espressione dell’esistenza umana”.<br />

Documentazione: Franco Sansovino, Historia di casa Orsina, Venezia 1565<br />

Ivana Giangualano, Bernardo Gallizioli e gli Uomini d’arme nella Casa del Podestà, in “I<br />

Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, 13/2007<br />

Studente: Filippo Tognoli<br />

SCHEDA N. 4<br />

Oggetto: Ritratto di Cristina di Lorena<br />

Materiale: olio su tela<br />

Epoca: quarto decennio della prima metà<br />

del XVII secolo<br />

Autore: un maestro vicino a Tiberio Titi<br />

(Firenze, 1573-1627).<br />

In seguito ai dettami della Controriforma<br />

Titi divenne il diretto interprete della riforma<br />

pittorica alla corte medicea. Egli viene<br />

considerato l’inventore dello state portrait<br />

di Cristina di Lorena come dimostrano<br />

altri suoi ritratti raffiguranti la stessa,<br />

che presentano il medesimo modulo<br />

compositivo. Le sue tele sono caratterizzate<br />

da evidenti influenze con la ritrattistica<br />

fiamminga che divenne di riferimento per<br />

gli artisti fiorentini, soprattutto dopo l’arrivo<br />

a Firenze di Justus Sustermans.<br />

Dimensioni: 117 x 94 cm<br />

Descrizione: ritratto di gentildonna, vestita con abito vedovile piuttosto complesso composto<br />

da un voluminoso colletto bianco inamidato e da un ampio mantello che le copre la testa. La<br />

corona impreziosita di gemme, riconoscibile nella corona <strong>dei</strong> Granduchi di Toscana, e gli anelli<br />

denotano il suo alto rango. Nella mano destra regge un piccolo libro, forse un breviario a<br />

172 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 173 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

confermare la devozione di Cristina di Lorena alla chiesa cattolica. Il medaglione accanto alla<br />

cintura contiene il ritratto di Ferdinando I Granduca di Toscana, suo marito.<br />

Collocazione: il dipinto è collocato nello<br />

studio di Ugo Da Como, sulla parete dietro Piano terra<br />

alla scrivania. Il Senatore scelse di collocare il<br />

quadro di Cristina di Lorena accanto al ritratto<br />

del figlio Cosimo II de’ Medici e all’icona<br />

della Vergine Annunciata, molto venerata<br />

dai Medici. Questo dimostra che Ugo Da<br />

Como avesse già scoperto la falsa identità<br />

del personaggio del dipinto e che fosse a<br />

conoscenza della vera identità della donna ritratta: non Veronica Gambara, ma Cristina di<br />

Lorena.<br />

Provenienza: Ugo Da Como acquistò questo dipinto per Lire 2600 presso la Bottega di<br />

Arturo Bottarelli, antiquario pavese, come il ritratto della poetessa bresciana Veronica Gambara<br />

(Pralboino, 1485 - Correggio, 1550). E il dipinto fu per molto tempo ritenuto tale.<br />

Studi recenti condotti da Stefano Lusardi dimostrano che nella vedova del quadro si può<br />

riconoscere il ritratto di Cristina di Lorena per i seguenti motivi:<br />

- Veronica Gambara muore nel 1550 e il dipinto è datato intorno al XVII secolo: non è<br />

facilmente spiegabile la riproposizione di un personaggio vissuto nel secolo precedente;<br />

- l’abbigliamento del personaggio non è coerente con la sua epoca; si tratta infatti di un<br />

abito vedovile conforme alla moda secentesca;<br />

- alcuni particolari confermano l’appartenenza alla casata <strong>dei</strong> Medici, come il medaglione<br />

raffigurante il marito Ferdinando e il breviario, segno della sua fede bigotta;<br />

- è riconoscibile la fisionomia di Cristina di Lorena confrontandola con il vasto repertorio<br />

mediceo, come il ritratto di Justus Sustermans e un altro ritratto del Titi<br />

Documentazione: Stefano Lusardi, Sul presunto ritratto di Veronica Gambara, in<br />

“Commentari dell’Ateneo”, Brescia 2000; M. Zambolo, Il ritratto di Cristina di Lorena in<br />

mostra a Correggio. Sull’esposizione di un ritratto “presunto” in “I Quaderni della Fondazione<br />

Ugo Da Como”, 14/2008<br />

Studenti: Francesca Panni e Arianna Faitini<br />

SCHEDA N. 5<br />

Oggetto: Busto di Cicerone<br />

Materiale: viso e collo di marmo bianco, toga di marmo<br />

screziato<br />

Epoca: tra il XVIII e XIX secolo<br />

Autore: ignoto<br />

Dimensioni: 89 x 78 x 38 cm<br />

Descrizione: sul busto togato, il capo, ben eretto e frontale,<br />

conferisce alla scultura un’espressione seria. I lineamenti del volto<br />

sono caratterizzati da rughe di espressione agli angoli della bocca<br />

e fanno pensare a un uomo di mezza età. La bocca si presenta<br />

abbastanza carnosa e sormontata da un naso forte e diritto.<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

La toga ricade con un panneggio ordinato e<br />

composto.<br />

Collocazione: il busto si trova nella Sala<br />

Rossa, sala di rappresentanza della Casa del<br />

Podestà: attraverso la considerazione attribuita<br />

a questo oggetto che raffigura il personaggio<br />

di Cicerone, Ugo Da Como onora la memoria<br />

di Zanardelli 1 , amico carissimo, valente politico<br />

e uomo di legge, cui la scultura apparteneva.<br />

174 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 175 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Provenienza: il busto si trova nella Fondazione grazie alla volontà testamentaria di<br />

Giuseppe Zanardelli, il quale lo donò a Ugo Da Como. In precedenza si trovava nella Sala<br />

d’Onore della villa di Fasano, che l’architetto Antonio Tagliaferri aveva progettato per lo<br />

Statista. Lo stesso architetto bresciano realizzò il progetto di restauro della Casa del Podestà<br />

di Lonato per volere di Ugo Da Como.<br />

Note: 1- Giuseppe Zanardelli (Brescia 1826 - Maderno 1903) fu un importante uomo<br />

politico bresciano, che ricoprì vari incarichi di governo: come Ministro della Giustizia nel<br />

governo Depretis fece approvare nel 1888 il nuovo codice penale dell’Italia unita che aboliva<br />

la pena di morte. Sarà Capo del Governo dal 1901 al 1903.<br />

Documentazione: Guido Bustico, Il sentimento dell’arte e della natura in Giuseppe<br />

Zanardelli, in “Illustrazione bresciana”, 16 luglio 1916<br />

Studente: Paolo Zanetti<br />

SCHEDA N. 6<br />

Oggetto: Credenza<br />

Materiale: legno lastronato in radica<br />

Epoca: prodotto nel XVII secolo, ma soggetto ad alcune modifiche<br />

nel XIX secolo<br />

Autore: probabilmente di fattura romana<br />

Dimensioni: 135 x 150 x 60 cm<br />

Descrizione: la parte esterna del mobile presenta due ante caratterizzate da specchiature<br />

lastronate di radica. La ferramenta del cassetto posto sopra le ante è in bronzo sagomato, mentre<br />

le specchiature verticali delle due ante presentano al centro i segni di una precedente collocazione di<br />

elementi metallici (simili a quello presente sul cassetto), dai quali si evince che originariamente le sei<br />

specchiature delle due ante erano altrettanti fronti di una cassettiera.<br />

Piano terra<br />

Studente: Marco Cantarini<br />

Piano terra<br />

Collocazione: la credenza è situata<br />

ora nella Sala rossa, cioè nel salotto di<br />

rappresentanza della Casa del Podestà<br />

Provenienza: non è stata rintracciata alcuna<br />

documentazione relativa all’acquisto e alla<br />

provenienza del mobile.<br />

Documentazione: notizie raccolte presso la<br />

Fondazione Ugo Da Como


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 7<br />

Oggetto: quadro raffigurante un paesaggio arcadico con armenti<br />

Materiale: olio su tela; cornice in legno modanato<br />

e dorato.<br />

Epoca: la tela è dell’inizio del XVIII secolo<br />

la cornice della fine del XIX secolo<br />

Autore: Marco Ricci (Belluno 1676 - Venezia 1729)<br />

Dimensioni: tela: 62,5 x 74,5 cm<br />

cornice: 81 x 94 cm<br />

Descrizione: la tela raffigura un paesaggio arcadico con figurette e architetture inserite in<br />

un ampio orizzonte. La parte sinistra dell’opera presenta una staccionata, mentre sullo<br />

sfondo si scorgono delle architetture di epoca romana. L’opera è caratterizzata da un<br />

paesaggio sovrastato da un cielo luminoso e trasparente, scandito da delicati passaggi tonali<br />

che conferiscono una studiata profondità spaziale.<br />

Collocazione: la tela è esposta alla parete Piano terra<br />

del salottino di Maria Glisenti a piano terra.<br />

In questo ambiente si allude al gusto del<br />

Settecento veneto, che questa tela ben<br />

rappresenta. L’accostamento del dipinto<br />

all’incisione di Volpato (vedi scheda n. 8)<br />

si può far risalire al fatto che le due opere<br />

sono state donate al Senatore “in coppia”.<br />

Provenienza: la tela, così come l’incisione di Volpato, è giunta al Senatore Ugo Da Como<br />

nel 1928 in seguito al legato testamentario di Pompeo Molmenti, grandissimo amico del<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

Senatore. Molmenti, politico e storico dell’arte, era di origine veneziana, ma risiedeva nella<br />

vicina Moniga.<br />

Documentazione: Stefano Lusardi (a cura di), Il Salottino Glisenti della Casa del Podestà,<br />

Brescia, Grafo, 2001<br />

Studente: Andrea Mattei<br />

SCHEDA N. 8<br />

Oggetto: Incisione Paesaggio con armenti e rovine<br />

Materiale: acquaforte ritagliata; cornice lignea<br />

Epoca: incisione: XVIII secolo; cornice: fine del XIX<br />

secolo<br />

Autore: Giovanni Volpato<br />

(Angarano di Bassano - 1735-1803).<br />

Dimensioni: incisione: 31,5 x 43 cm;<br />

cornice: 38,5 x 50 cm<br />

Descrizione: questa incisione riprende<br />

specularmente la tela di Marco Ricci, rovesciando<br />

però l’immagine “a specchio”. La matrice è incisa<br />

su rame, mentre quella qui rappresentata è una<br />

incisione incollata su cartone.<br />

Piano terra<br />

Collocazione: l’incisione è collocata alla<br />

parete del salottino di Maria Glisenti. In<br />

questo ambiente si allude al gusto del<br />

Settecento veneto, che questa incisione ben<br />

rappresenta. La contiguità tra quest’opera e<br />

la tela di Ricci (vedi scheda n. 7) può essere<br />

dovuta al fatto che le due opere sono giunte<br />

al senatore “in coppia”.<br />

Provenienza: l’incisione, come la tela del Ricci,<br />

è giunta nel 1928 al senatore Ugo Da Como in<br />

seguito al legato testamentario di Pompeo Molmenti,<br />

grandissimo amico del Senatore. Molmenti, politico<br />

e storico dell’arte, era di origine veneziana, ma<br />

risiedeva nella vicina Moniga.<br />

Note: sul lato posteriore dell’incisione compare un<br />

disegno settecentesco a inchiostro nero raffigurante<br />

un profilo di uomo barbuto e un episodio miracoloso<br />

della vita di S. Antonio da Padova; l’autore resta<br />

tutt’oggi sconosciuto.<br />

Documentazione: Stefano Lusardi (a cura di), Il<br />

Salottino Glisenti della Casa del Podestà, Brescia,<br />

Grafo, 2001.<br />

Studente: Andrea Mattei<br />

176 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 177 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 9<br />

Oggetto: dipinto raffigurante la Madonna del Latte<br />

Materiale: affresco (intonaco dipinto) strappato e collocato in una cornice lignea<br />

Epoca: l’opera è databile attorno ai primi anni del XVI secolo<br />

Autore: ignoto maestro lombardo<br />

Dimensioni: 80 x 60 cm<br />

Descrizione: la Madonna è in primo piano, al centro<br />

dell’affresco strappato. Il suo<br />

sguardo è tenero, ma allo stesso tempo velato di<br />

malinconia; ella è leggermente rivolta verso sinistra e si<br />

copre il seno delicatamente mentre allatta il Bambino<br />

Gesù. Sullo sfondo compaiono elementi architettonici,<br />

quali un pilastro e un arco a tutto sesto. I colori sono<br />

vivi, in particolare quelli dell’abito della Vergine: spicca<br />

un rosso acceso sotto il velo blu che unisce le due<br />

figure quasi incorniciandole e staccandole dallo sfondo.<br />

Collocazione: l’opera si trova nella Sala Antica al<br />

pianterreno della Casa del Podestà.<br />

L’affresco, strappato dalla sua collocazione<br />

originaria e donato a Ugo Da Como, ha subito una<br />

decontestualizzazione assumendo una valenza decorativa. La collocazione attuale di<br />

quest’opera fu infatti accuratamente scelta e pensata dal Senatore stesso. Oltre alla valenza<br />

decorativa, questo strappo ci documenta l’attenzione con la quale Ugo Da Como raccoglieva<br />

nella sua Casa opere d’arte e testimonianze legate al paese di Lonato.<br />

Provenienza: precedentemente l’affresco, scoperto attorno al 1920 era collocato su una<br />

parete dell’antico Palazzo del Provveditore in Lonato in Piazza Martiri della Libertà, oggi sede<br />

dell’Istituto scolastico Paola Di Rosa. Piano terra<br />

Note: L’opera ha subito diversi restauri. Il più<br />

recente, attorno al 1990, ha pulito la pellicola<br />

pittorica e ne ha consolidato il pigmento.<br />

Documentazione: fotografie relative al<br />

restauro conservate in Fondazione e notizie<br />

raccolte presso la Fondazione Ugo Da Como<br />

Studente: Elisabetta Delbarba<br />

SCHEDA N. 10<br />

Oggetto: Formella a bassorilievo raffigurante<br />

Madonna del latte, Bambin Gesù e angeli<br />

Materiale: terracotta con tracce di<br />

policromia<br />

Epoca: seconda metà del secolo XV<br />

Autore: officine di Rinaldo de’ Stauli,<br />

Cremona<br />

Dimensioni: 30 x 25 cm, spessore 4 cm<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

178 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 179 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Descrizione: una cornice tripartita digradante in spessore verso l’interno delimita un<br />

bassorilievo raffigurante una Madonna con Bambin Gesù e due angeli, simmetricamente<br />

disposti ai lati del capo, che reggono una corona sul capo della Madonna.<br />

La Madonna, in posizione eretta al centro della formella, sostiene amorevolmente il Bambino<br />

sul braccio sinistro.<br />

Collocazione: Sala <strong>dei</strong> peltri a piano terra Piano terra<br />

della Casa del Podestà<br />

Provenienza: la formella era<br />

originariamente murata sul muro che si<br />

affaccia nel giardino interno della Casa del<br />

Podestà. Venne poi staccata e collocata<br />

all’interno della Sala <strong>dei</strong> Peltri. Sicuramente<br />

l’intento del Senatore fu quello di conservarla<br />

e valorizzarla anche per la delicatezza dell’immagine e per il suo significato religioso.<br />

Documentazione: notizie raccolte presso la Fondazione Ugo Da Como<br />

Studente: Vittoria Sergio<br />

SCHEDA N. 11<br />

Oggetto: Armadio degli incunaboli<br />

Materiale: legno dolce<br />

Epoca: XVII secolo<br />

Autore: le parti scolpite ad alto rilievo sono da avvicinare alla produzione degli scultori<br />

valsabbini Boscaì 1<br />

Dimensioni: altezza 275 cm; lunghezza: 435 cm, profondità 79 cm<br />

Descrizione: l’armadio contiene oggi il fondo degli<br />

incunaboli 2 ed è costruito impiegando elementi<br />

settecenteschi riccamente intagliati con putti,<br />

cherubini e grappoli d’uva. Probabilmente nato<br />

come mobile da sacrestia, è costituito da una parte<br />

inferiore chiusa, con ante in legno, e da una parte<br />

superiore con ante che proteggono le mensole,<br />

regolari per dimensione, spazio e collocazione. Nella<br />

parte centrale un arco a tutto sesto, con funzione<br />

decorativa, separa un comparto chiuso da ante in<br />

legno, da un ulteriore scomparto con ante cieche<br />

che sovrasta l’arco; ai fianchi dell’arco e sugli<br />

spigoli terminali dell’armadio sono presenti lesene<br />

ornamentali con sculture lignee rappresentanti putti<br />

e motivi vegetali.<br />

Collocazione: l’armadio è situato nella Camera<br />

degli Ospiti al primo piano, sulla parete opposta alla<br />

finestra, che dà sul cortile. Questa sua nuova funzione di libreria e la posizione all’interno<br />

della casa del Podestà sono un caso evidente di decontestualizzazione, poiché il mobile era<br />

destinato originariamente a una sagrestia. Ugo Da Como ha completato l’arredo della stanza<br />

con un letto barocco.


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

Primo piano<br />

L’armadio presenta tracce azzurre<br />

sulla superficie del legno, segno di<br />

una probabile colorazione dovuta alla<br />

moda settecentesca, successivamente<br />

modificata. La colorazione fu poi ricoperta<br />

da una decorazione che simula le venature<br />

del legno, armonizzando l’armadio con gli<br />

altri arredi della stanza.<br />

Provenienza: l’armadio fu acquistato dal Senatore nel 1930 dall’antiquario Angelo Albrici<br />

di Brescia per 3.000 lire, come documenta una lettera dello stesso Albrici in cui si parla di<br />

“una libreria del ‘700 con cariatidi e festoni di frutta contenente qualche centinaio di volumi<br />

antichi; la libreria si trova a pochi chilometri da Lonato”.<br />

Note:<br />

1 - i Pialorsi detti Boscaì sono una famiglia di intagliatori bresciani originari della Val Sabbia.<br />

Il capostipite è Francesco Pialorsi detto Boscaino, vissuto nella prima metà del Seicento: si<br />

dedicarono soprattutto al decoro delle chiese, con pulpiti, intagli da sacrestia, cornici, che si<br />

possono ammirare in molte chiese della provincia bresciana. L’attività della bottega artigiana<br />

si conclude nella seconda metà del XVIII secolo.<br />

2 - Gli incunabili sono i primi libri stampati con la tecnica <strong>dei</strong> caratteri mobili tra la metà del<br />

XV sec e il 1500 (detti anche Quattrocentine).<br />

Documentazione: Lettera autografa di Angelo Albrici conservata in Fondazione Ugo Da<br />

Como; Marialisa Cargnoni, Boscaì, Grafo, Brescia 1997; M. Cargnoni, La presenza <strong>dei</strong> Boscaì<br />

nella Casa del Senatore in “I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, 14/2008<br />

Studenti: Andrea Cerqui e Gabriella Fock<br />

SCHEDA N. 12<br />

Oggetto: libro: Ugo Foscolo, Ultime<br />

lettere di Jacopo Ortis, Londra<br />

1814 (ma in realtà Zurigo 1816, ed<br />

Orell Füssli) con ex libris JACOBJ<br />

CERUTTJ 1<br />

Materiale: carta, copertina in<br />

cartoncino verde e decorazioni in oro<br />

Epoca: XIX secolo<br />

Dimensioni: 23,5 x 13 cm<br />

Descrizione: si tratta, come si<br />

evince dalla prima pagina, della<br />

“Edizione XV ed unica fatta sopra la<br />

prima”. In questa stessa pagina è<br />

stampato il titolo e un ritratto di donna in un tondo con la scritta latina Naturae clamat ab<br />

ipso vox tumulo (la voce della natura ci chiama dalla stessa tomba): chiaro il riferimento alla<br />

protagonista delle Lettere, Teresa. Nell’antiporta è ritratto lo stesso Foscolo in un ovale.<br />

Nella pagina II si legge: Ultime lettere di Jacopo Ortis tratte dagli Autografi ristampate ora<br />

sovra il testo della prima edizione; alla pagina III segue una nota dello stampatore in cui si<br />

prega il lettore di non dare credito alle edizioni che differiscono da questa,<br />

poiché essa è l’unica stampata sopra la prima dopo molte indagine volte a restituire la vera lezione<br />

del testo. Inoltre si invita il lettore a leggere gli ERRATA alla fine del libro, dove lo stampatore dice<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

di aver già “supplito alle scorrrezioni che l’arte dello stampatore non può riconoscere fuorché<br />

quando non è più in tempo di poterle scansare”.<br />

Alla pagina IV Lorenzo Alderani (nella finzione narrativa il destinatario delle Lettere di<br />

Foscolo) si rivolge direttamente al lettore dichiarando di “voler erigere un monumento alla<br />

virtù sconosciuta” pubblicando tali lettere.<br />

180 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 181 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Primo piano<br />

Collocazione: Il libro è collocato nel<br />

cosiddetto Fondo Cerutti nella Sala al<br />

primo piano a lui intitolata, che oggi funge<br />

anche da ufficio. La sua segnatura è<br />

2.A.9.243.<br />

Provenienza: l’opera apparteneva alla<br />

ricca Biblioteca (situata nel palazzo Cerutti-<br />

Papa) di Giacomo Antonio Cerutti, che fu<br />

venduta a Ugo Da Como per 700 lire da Lina Bellini, moglie di un figlio del Cerutti.<br />

Iacopo Cerutti, dopo aver trascorso alcuni anni a Parigi e a Padova, si trasferì a Lonato dove<br />

morì nel 1892. La sua ricca biblioteca comprendeva più di 3000 volumi di varia epoca e di<br />

diverso genere, per lo più testi in italiano, francese e latino riguardanti la letteratura classica,<br />

italiana, francese, la storia, la storia dell’arte e la filosofia. I libri presentano l’ex libris Jacobj<br />

Ceruttj come l’esemplare qui considerato.<br />

Note:<br />

1 - l’ex libris è una etichetta, spesso ornata con figure e/o motti, che si applica su un libro<br />

per indicarne il proprietario. L’ex libris di Giacomo Cerutti si presenta come un’etichetta<br />

ottogonale schiacciata con cornicetta blu, come la scritta.<br />

Documentazione: lettere e ricevuta di pagamento dell’acquisto della biblioteca Cerutti, (libri<br />

e mobili) conservate nell’archivio della Fondazione.<br />

Studente: Matteo Bianchini<br />

SCHEDA N. 13<br />

Oggetto: 1 xilografia ritagliata incorniciata<br />

da Hartmanno Schedel Nuremburgens, Liber Chronicarum Registrum huius operis libri<br />

chronicum cum figuris et imaginibus ab initio mundi, Norimberga 1493<br />

Materiale: stampa su carta<br />

Epoca: 1493<br />

Autore: incisore Michael Wolgemut 2<br />

Dimensioni: 15,8 x 12 cm<br />

Descrizione: è rappresentato<br />

un corteo di gente preceduto da<br />

un Vescovo recante l’Eucaristia<br />

accompagnato da un chierichetto.<br />

Il corteo festoso sta attraversando<br />

un ponticello di legno, ma<br />

improvvisamente questo si spezza,<br />

facendo precipitare in acqua molta<br />

gente. Si vedono volti disperati<br />

e gente annaspante, mentre il


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

vescovo raggiunge la riva opposta. Il testo<br />

delle Cronache (Sesta età del mondo 1277,<br />

a.m 6476, folium CCXVII) racconta che il<br />

ponte si ruppe perché la gente non mostrò<br />

alcun rispetto e devozione nei confronti<br />

dell’Eucaristia: morirono circa 200 persone.<br />

Si tratta di un evento straordinario, accaduto<br />

nel 1277 di cui sembra essere protagonista<br />

Guglielmo Durandi Speculator (giureconsulto,<br />

vescovo di Mende in Francia e poi di Ravenna,<br />

morto nel 1296): non è facile individuare il<br />

luogo dove accade tale evento. Forse presso il<br />

monastero di San Cristoforo al ponte a Castel<br />

delle Ripe o Castel Durante (poi Urbania presso<br />

Pesaro) durante l’assedio <strong>dei</strong> ghibellini, quando il<br />

vescovo venne mandato quale legato pontificio ad assistere i guelfi.<br />

Collocazione: la xilografia incorniciata è Primo piano<br />

collocata alle pareti della Sala Cerutti al<br />

primo piano della Casa<br />

Provenienza: la xilografia è ritagliata da<br />

un volume delle cronache Ab initio mundi<br />

e acquistata, insieme ad altre, da Ugo Da<br />

Como che si assicurò anche un volume delle<br />

Cronache, un prezioso incunabolo edito a<br />

Norimberga nel 1493 conservato ora nella Fondazione. Una lettera autografa del 28 agosto 1928<br />

di Leo S. Olschki, antiquario di Ginevra, attesta l’offerta rivolta al senatore Ugo Da Como relativa al<br />

possibile acquisto del dello Schedel: si tratta di un esemplare “di legatura antica, cuoio, qua e là<br />

leggere macchie, il titolo è foderato, … raccomandabile… anche per la buona impressione delle<br />

incisioni. Il prezzo è di Lire 4000”. Olschki precisa che un esemplare perfetto di questo magnifico<br />

libro poteva costare più del doppio. Nella Lettera si ricorda anche la bella biblioteca del Senatore.<br />

Note:<br />

1- La xilografia è la stampa di immagini su carta da una incisione realizzata su una matrice<br />

lignea poi inchiostrata.<br />

2- Michael Wolgemut dirigeva una delle più importanti botteghe di incisione della Germania<br />

quattrocentesca; presso di lui lavorava anche lo stampatore Anton Koberger, padrino di Dürer.<br />

Il Libro delle Cronache Ab initio mundi racconta gli avvenimenti più significanti dalla<br />

creazione del mondo al 1492.<br />

Documentazione: Lettera autografa di Leo S. Olschkj<br />

Annali di Architettura, Centro internazionale di studi di Architettura Andrea Palladio di<br />

Vicenza, 14/2002<br />

Studenti: Laura Fregoni e Tiziana Bellini<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 14<br />

Oggetto: 1 xilografia ritagliata incorniciata<br />

da Hartmanno Schedel Nuremburgens, Registrum huius operis libri<br />

chronicum cum figuris et imaginibus ab initio mundi, Norimberga<br />

1493<br />

Materiale: stampa su carta<br />

Epoca: 1493<br />

Autore: incisore Michael Wolgemut 2<br />

Dimensioni: 9 x 8,5 cm<br />

Descrizione: è rappresentato l’episodio della guarigione dalla<br />

lebbra del generale siriano Naaman da parte del profeta Eliseo.<br />

Si riconoscono in primo piano il profeta sulla porta e il generale a<br />

cavallo con il braccio fasciato e il volto semicoperto; in secondo<br />

piano è disegnato il siriano Naaman immerso nelle acque del fiume Giordano: infatti il<br />

profeta gli aveva ordinato di immergersi nel Giordano per sette volte (cfr. II libri <strong>dei</strong> Re,<br />

cap.5). Nell’incisione si riconoscono i nomi <strong>dei</strong> personaggi scritti in alto: Helise, Naaman,<br />

Syrus<br />

182 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 183 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Primo piano<br />

Collocazione: la xilografia incorniciata è<br />

collocata alle pareti della Sala Cerutti al<br />

primo piano della Casa<br />

Provenienza: la xilografia è ritagliata e<br />

proviene da un volume delle cronache Ab<br />

initio mundi e acquistata, insieme ad altre,<br />

da Ugo Da Como che si assicurò anche<br />

un volume delle Cronache, un prezioso<br />

incunabolo edito a Norimberga nel 1493 conservato ora nella Biblioteca della Fondazione.<br />

Una lettera autografa del 28 agosto 1928 di Leo S. Olschki, antiquario di Ginevra, attesta<br />

l’offerta rivolta al Senatore Ugo Da Como relativa al possibile acquisto del Liber chronicorum<br />

dello Schedel: si tratta di un esemplare “di legatura antica, cuoio, qua e là leggere macchie,<br />

il titolo è foderato, … raccomandabile …anche per la buona impressione delle incisioni. Il<br />

prezzo è di Lire 4000”. Olschki precisa che un esemplare perfetto di questo magnifico libro<br />

poteva costare più del doppio. Nella Lettera si ricorda anche la bella biblioteca del Senatore.<br />

Note:<br />

1 - La xilografia è la stampa di immagini su carta da una incisione realizzata su una matrice<br />

lignea poi inchiostrata.<br />

2 - Michael Wolgemut dirigeva una delle<br />

più importanti botteghe di incisione della<br />

Germania quattrocentesca; presso di<br />

lui lavorava anche lo stampatore Anton<br />

Koberger, padrino di Dürer.<br />

Il Libro delle Cronache Ab initio mundi<br />

racconta gli avvenimenti più significanti dalla<br />

creazione del mondo al 1492<br />

Documentazione: Lettera autografa di Leo<br />

S. Olschkj<br />

Annali di Architettura, Centro internazionale<br />

di studi di Architettura Andrea Palladio di<br />

Vicenza, 14/2002<br />

Studenti: Laura Fregoni e Tiziana Bellini


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 15<br />

Oggetto: xilografia ritagliata incorniciata 1<br />

da Hartmanno Schedel Nuremburgens, Registrum<br />

huius operis libri chronicum cum figuris et imaginibus<br />

ab initio mundi, Norimberga 1493<br />

Materiale: stampa su carta<br />

Epoca: 1493<br />

Autore: incisore Michael Wolgemut 2<br />

Dimensioni: 10 x 8,5 cm<br />

Descrizione: racconta l’evento della caduta di un<br />

meteorite in un campo di grano del peso di 150<br />

Kg. vicino al villaggio alsaziano di Ensisheim il 7<br />

novembre 1492 verso mezzogiorno (16 novembre<br />

secondo il calendario gregoriano). Le cronache del<br />

tempo raccontano che la caduta fu preceduta da un<br />

terribile tuono e accompagnata da fragore udito in tutti i paese circostanti. L’evento fu considerato<br />

meraviglioso e attribuito a volontà divina. Il meteorite fu a lungo conservato nella chiesa locale del<br />

villaggio. Nella incisione è raffigurata a sinistra una città turrita indicata con il nome di Ensishem;<br />

fuori dalle mura nei pressi di un bosco a destra un villaggio con l’indicazione del nome Battenhem.<br />

Nel cielo si addensano nubi da cui sembra uscire un corpo che si abbatterà al suolo segnato da<br />

linee raggianti. In primo piano infatti è riconoscibile il meteorite nel campo.<br />

Collocazione: la xilografia incorniciata è Primo piano<br />

collocata alle pareti della Sala Cerutti al<br />

primo piano della Casa<br />

Provenienza: la xilografia è ritagliata da<br />

un volume delle cronache Ab initio mundi<br />

e acquistata, insieme ad altre, da Ugo da<br />

Como che si assicurò anche un volume<br />

delle Cronache, un prezioso incunabolo<br />

edito a Norimberga nel 1493 conservato ora nella Fondazione.<br />

Una lettera autografa del 28 agosto 1928 di Leo Olschki, antiquario di Ginevra, attesta<br />

l’offerta rivolta al senatore Ugo Da Como relativa al possibile acquisto del Liber chronicarum<br />

dello Schedel: si tratta di un esemplare “di legatura antica, cuoio, qua e là leggere macchie,<br />

il titolo è foderato, … raccomandabile…anche per la buona impressione delle incisioni. Il<br />

prezzo è di Lire 4000”. Olschki precisa che un esemplare perfetto di questo magnifico libro<br />

poteva costare più del doppio. Nella Lettera si ricorda anche la bella biblioteca del Senatore.<br />

Note:<br />

1 - La xilografia è la stampa di immagini su carta<br />

da una incisione realizzata su una matrice lignea poi<br />

inchiostrata.<br />

2 - Michael Wolgemut dirigeva una delle più<br />

importanti botteghe di incisione della Germania<br />

quattrocentesca; presso di lui lavorava anche lo<br />

stampatore Anton Koberger, padrino di Dürer.<br />

Il Libro delle Cronache Ab initio mundi racconta gli<br />

avvenimenti più significanti dalla creazione del mondo<br />

al 1492<br />

Documentazione: Lettera autografa di Leo Olschkj<br />

Studenti: Laura Fregoni e Tiziana Bellini<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

SCHEDA N. 16<br />

Oggetto: tavoletta lignea arcuata<br />

Materiale: tavola lignea da soffitto – tempera su tavola<br />

Epoca: circa XV secolo<br />

Autore: ignoto; probabilmente di ambito cremonese<br />

Dimensioni: 30 x 32 cm<br />

Descrizione: la tavola presenta una forma arcuata, tipica<br />

dell’ambiente cremonese del XV secolo.<br />

L’immagine è prodotta con l’uso della tecnica della tempera su<br />

tavola e vi è raffigurata una donna di profilo, coronata da alcuni<br />

elementi floreali e dallo stemma araldico della famiglia Fodri,<br />

esponente della borghesia mercantile cremonese.<br />

Lo stemma, posto al centro della tavoletta, è di forma ovale<br />

quadripartito: si tratta di uno scudo inquartato con un giglio al centro<br />

di ognuno <strong>dei</strong> riquadri. La presenza di tale stemma è giustificata<br />

dall’uso originariamente genealogico attribuibile a tali opere.<br />

L’immagine presenta linee semplici. L’abito, come consono in quel<br />

tempo, appare ampiamente scollato; anche la capigliatura appare<br />

abbastanza ricercata, anche se i dettagli sono scarsamente indagati<br />

e caratterizzati.<br />

184 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 185 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Primo piano<br />

Collocazione:<br />

corridoio del primo<br />

piano sopra la<br />

porta che si apre<br />

sulla sala Cerutti.<br />

Provenienza: con grande probabilità era<br />

la tavoletta di un soffitto di un Palazzo.<br />

Lo stemma è riconoscibile in quello della<br />

famiglia Fodri di Cremona. Si tratta di un caso del tutto particolare di decontestualizzazione:<br />

la tavoletta apparteneva senz’altro a un soffitto quattrocentesco, del quale faceva serie con<br />

altri elementi di simile fattura. Oggi è stata montata singolarmente ed è divenuta una piccola<br />

mensola che sostiene un busto muliebre in gesso.<br />

Documentazione: R. Aglio, Le tavolette policrome nella Casa del Podestà a Lonato, in<br />

“I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, n. 11, Dicembre 2005<br />

Studente: Giacomo Costanzi<br />

SCHEDA N. 17<br />

Oggetto: camino della Sala della Vittoria<br />

Materiale: pietra<br />

Epoca: XVI secolo<br />

Autore: artigianato lombardo<br />

Dimensioni: 180 x 210 cm<br />

Descrizione: il camino collocato al centro della parete nord della sala principale della<br />

Biblioteca di Ugo Da Como è un massiccia e raffinata architettura in pietra bianca risalente


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

al XVI secolo. Fu collocato qui solo nel 1923, anno in cui fu<br />

costruita la Biblioteca dacomiana ad opera dell’ingegnere<br />

Arnaldo Trebeschi. Le spalle del camino sono ornate da due<br />

paraste scanalate, i cui capitelli sono decorati da motivi vegetali<br />

stilizzati inseriti in un contesto puramente lineare rigorosamente<br />

semplificato in forme squadrate. Le due spalle sorreggono una<br />

trave, al centro della quale è scolpito uno stemma di famiglia<br />

troncato all’aquila con fascia centrale decorata da una stella: ai lati<br />

dello stemma corre la scritta “D. illuminatio mea et salus mea” (Dio<br />

mia luce e mia salvezza) versetto del Salmo 26. Il bordo inferiore<br />

della trave è invece decorato da una cornice con una serie di ovoli<br />

di stile puramente rinascimentale.<br />

La cappa del camino, realizzata in intonaco al momento della<br />

collocazione dello stesso, è dipinta secondo un tema a scacchi<br />

bianchi e neri e al centro di essa è collocato lo stemma in pietra<br />

della città di Venezia (leone di San Marco che sorregge il libro<br />

aperto con la scritta Pax tibi Marce evangelista).<br />

L’interno del camino è ornato con un motivo a rombi bianchi e neri<br />

e al centro di esso è collocata una lapide in cui è scolpito il volto di<br />

un angelo circondato in due coppie di ali.<br />

Collocazione: Primo piano<br />

la collocazione nella Sala della Vittoria della<br />

Biblioteca voluta dal Senatore può far<br />

pensare alla volontà di sottolineare come i<br />

libri contribuiscano a illuminare e ad aprire<br />

la mente e il cuore a valenze superiori<br />

Provenienza: non è stato possibile<br />

identificare lo stemma di famiglia né<br />

rintracciare la provenienza del camino. Tuttavia il motto decorativo della trave rimanda a una<br />

possibile precedente collocazione originaria in un monastero o in un palazzo vescovile.<br />

Documentazione: notizie raccolte presso la Fondazione Ugo Da Como<br />

Studenti: Luca Pezzaioli e Eros Santini<br />

SCHEDA N. 18<br />

Oggetto: lastra tombale<br />

Materiale: pietra<br />

Epoca: 1521<br />

Autore: ignoto<br />

Dimensioni: 115 x 110 cm; il riquadro<br />

centrale misura 80 x 86 cm.<br />

Descrizione: esternamente la lapide è<br />

delimitata da una bordatura e il bassorilievo<br />

del riquadro centrale è composto da uno<br />

stemma e da un cartiglio contenente<br />

un’iscrizione. Lo stemma esibisce una<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

zampa di leone che impugna tre ramoscelli d’ulivo; è probabilmente una variante dello<br />

stemma della famiglia lonatese Patuzzi, che originariamente era così descritto: “troncato,<br />

d’argento e di rosso, nel primo a due branche di leone d’oro, incrociate, nel secondo a una<br />

colomba d’argento, recante nel becco un ramoscello d’ulivo, di verde”. Dalla traduzione<br />

della iscrizione si deduce che la lapide è dedicata a Giovanni Francesco Patuzzi, cittadino<br />

bresciano.<br />

186 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 187 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Collocazione: oggi la lapide è situata sul<br />

muro della Biblioteca che si affaccia sul<br />

giardino interno della Casa del Podestà.<br />

Provenienza: è possibile che la lapide<br />

provenga, insieme al altre, dalla chiesa del<br />

Convento <strong>dei</strong> Frati minori di San Francesco<br />

al Lonatino che, sconsacrata, divenne poi<br />

una fabbrica di fiammiferi all’inizio del XX<br />

secolo.<br />

Note:<br />

si riporta l’iscrizione<br />

IO FRANC Q D REQVILIANI DE PATVTIIS<br />

BRIX CIVI IN VTRAQ2 Primo piano<br />

FORTVNA<br />

VIRO AC FIDE NOMORTVA PRO<br />

HREP SPECTA IO PETRV IV V DO<br />

ET HIER FILII D > P > A ETA MDXXI XMB<br />

Il testo risulta non tutto di facile interpretazione:<br />

“A Giovanni Francesco un tempo di Requiliano della famiglia <strong>dei</strong> Patuzzi<br />

Cittadino bresciano forte nella buona e nella cattiva sorte e di fede imperitura per…<br />

Giovanni Pietro… e Gerolamo figli… posero nell’anno 1521 per buona memoria”.<br />

Fra gli umanisti del XVI secolo, citati da Da Como, partecipi di un circolo letterario insieme<br />

allo Zini, viene citato anche un certo Requiliano Patuzzi amico con Segala e altri del medico<br />

condotto Giuseppe Pallavicino.<br />

Documentazione: s.v. Patuzzi, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana,vol. XV, ed<br />

La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />

Emilio Facchini, Lonato nella geografia e nella storia, Tipografia G. Ferrari, Lonato 1928<br />

G.D.C. Pasqualigo, Lonato e contorni. Monografia storico-medico-statistica, ed. Luigi Bigotti,<br />

Castiglione delle Stiviere 1873<br />

Studenti: Giovanna Zaglio e Arici Davide<br />

Scheda n. 19<br />

Oggetto: lastra tombale<br />

Materiale: pietra.<br />

Epoca: datata 1570<br />

Dimensioni: altezza cm 126,75 - larghezza cm 119,75<br />

Descrizione: la superficie si presenta consunta, essendo in origine<br />

una lastra pavimentale. La lastra è costituita da due rettangoli, uno<br />

interno all’altro. Nel riquadro più esterno troviamo in alto la sigla<br />

D.O.M. (Deo Optimo Maximo), in basso la data ANNO DNI MDLXX


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

(anno Domini 1570). Nel riquadro interno è presente lo stemma della famiglia Segala,<br />

che ha come emblema un mazzo di spighe, e l’iscrizione ben leggibile, ma di non sicura<br />

interpretazione:<br />

SEGALAE FAMILIAE SEPUL: HOC VETUST: CORROSUM<br />

SEPTEM FRATRES A SPECI VIRO PET IAC:<br />

SEGALA GENITORE LEONATI<br />

UNANIMES HIC RECONDI VOL.<br />

Una possibile traduzione è la seguente:<br />

“questo antichissimo e corroso sepolcro della famiglia Segala, sette fratelli (figli di) un uomo<br />

speciale Pietro Giacomo Segala genitore di Lonato vollero unanimi che qui fosse riposta<br />

Sembra di capire che questa lastra, che appartiene a una antica tomba della famiglia Segala,<br />

sia stata “ricollocata” in quel posto (hic) per volere <strong>dei</strong> 7 figli di un certo Pietro Giacomo<br />

Segala di Lonato”.<br />

Collocazione: la lastra è collocata sul Primo piano<br />

muro della Biblioteca, che si affaccia sul<br />

giardino interno della Casa del Podestà. La<br />

collocazione indica la volontà del Senatore<br />

di utilizzare tale oggetto per conservare la<br />

memoria storica locale, riferendosi a una<br />

famiglia importante di Lonato.<br />

Provenienza: la lastra probabilmente<br />

proviene dal pavimento della Chiesa dell’Annunziata annessa al Convento <strong>dei</strong> Frati<br />

francescani minori al Lonatino. Si può ipotizzare che precedentemente fosse altrove e che<br />

sia stata collocata lì per volere di questi sette fratelli<br />

Note: già nel 1928 la Chiesa <strong>dei</strong> Frati era sconsacrata e adibita a fabbrica di fiammiferi.<br />

La famiglia Segala è un’importante famiglia lonatese. Fra gli umanisti del XVI secolo, citati<br />

da Da Como che costituivano un circolo letterario insieme allo Zini, viene citato anche un<br />

membro della famiglia Segala, amico del medico Giuseppe Pallavicino.<br />

Documentazione: s.v. Segala, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana,vol. XVII, ed<br />

La Voce del Popolo, Brescia 2001<br />

Emilio Facchini, Lonato nella geografia e nella storia,Tipografia G. Ferrari, Lonato 1928<br />

Studente: Franco Alberti<br />

progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

6. LONATO DEL GARDA: UN PO’ DI STORIA<br />

188 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong> 189 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong><br />

Posta sulle prime alture dell’anfiteatro morenico del Garda, da dove si dominano il lago e la pianura<br />

bresciana, Lonato è una cittadina la cui storia affonda le radici nella notte <strong>dei</strong> tempi.<br />

E’certa una presenza umana nel suo territorio fin dal Paleolitico e Neolitico, anche se per<br />

trovare prove considerevoli di insediamenti umani bisogna attendere l’età del Bronzo, di cui<br />

abbiamo testimonianze archeologiche in località Polada, che attestano la presenza di popolazioni<br />

caratterizzate da grande abilità tecnica e profonda organizzazione del tessuto sociale.<br />

Queste popolazioni furono integrate poi da popoli Celti provenienti dalla zona situata tra il Reno<br />

e il Danubio. Ai Celti è fatto risalire il nome stesso di Lonato che potrebbe derivare dal termine<br />

Lona che significa laghetto, acquitrino. Ai Celti seguirono i Romani a partire dal I sec. d.C., che<br />

fecero di Lonato un centro strategico sia a difesa delle possibili invasioni da nord, sia per gli<br />

approvvigionamenti.<br />

Nel VI sec. d.C. i Longobardi pongono fine alle invasioni barbariche, che sconvolsero l’impero<br />

romano; la loro dominazione dura fino al 774, quando vengono sconfitti dai Franchi. Il periodo<br />

longobardo è un momento di rinascita economica per Lonato, e ad esso risale la piccola chiesa di<br />

S. Michele a Drugolo.<br />

Tra l’XI e il XII secolo sulle terre di Lonato, per volontà degli imperatori di Germania, esercitano diritti<br />

i vescovi di Verona, i conti di Montichiari e il comune di Brescia Alla fine del 1100 le popolazioni<br />

locali riescono ad acquisire autonomia e a farsi confermare dalla protezione imperiale una serie di<br />

privilegi.<br />

Si susseguono alterne fortune fino a quando nel 1339 viene conquistato dai Visconti, che decretano<br />

che il borgo venga ricostruito e fortificato in zona più salubre e difendibile, proprio là dove ora<br />

sorge il centro storico. Nel 1354 alla morte dell’arcivescovo Giovanni Visconti e in seguito alla<br />

divisione dello stato visconteo tra i suoi tre nipoti, Lonato con Brescia, la Riviera di Salò e le valli,<br />

viene assegnata a Bernabò Visconti. In tal modo la rocca e la borgata rimangono esposti più di altre<br />

località alle continue guerre e scaramucce fra Scaligeri e Visconti. Nel 1384 Beatrice (Regina) della<br />

Scala moglie di Bernabò Visconti, succeduta a Cansignorio morto senza figli, conferma agli abitanti<br />

di Lonato tutti i privilegi ed esenzioni da tributi concessi da Azzone Visconti nel 1339 e da Giovanni<br />

Visconti nel 1348 a sollievo <strong>dei</strong> danni, saccheggi e incendi sofferti dal Comune da parte delle bande<br />

tedesche. Nell’occasione dichiara Lonato “città”.<br />

Nel 1404 divenuto signore di Brescia Pandolfo Malatesta, Caterina Visconti, per tenersi fedeli<br />

i Gonzaga, cede a Francesco Gonzaga per un debito di 60.650 lire imperiali le terre di Lonato,<br />

assieme a Castiglione delle Stiviere, Castelgoffredo e Solferino, serbando ai Visconti la signoria e<br />

salvando il diritto <strong>dei</strong> Visconti di riavere dal Gonzaga quei castelli all’atto in cui fosse restituita la<br />

somma.<br />

Nel 1431 il duca Giovanni Francesco Gonzaga, signore di Lonato anche se a nome <strong>dei</strong> Visconti,<br />

concede al Comune i primi Statuti. Passa poi al servizio di Venezia e ottiene privilegi particolari,<br />

tra i quali quello di poter imporre tributi anche ai “cives” di Brescia. Lonato è progressivamente<br />

trasformato in vera e propria fortezza, difeso dalla Rocca, cinto di forti mura munite di undici torrioni,<br />

in tre <strong>dei</strong> quali si aprono tre porte.<br />

Conclusa la pace tra Venezia e Visconti nell’agosto del 1440, Lonato passa a Venezia e nel 1441 i<br />

Gonzaga rinunciano definitivamente alla cittadina in cambio di Ostiglia.<br />

L’età del governo di Venezia si apre con una comunità irrequieta per l’eccesso di carichi fiscali, ma<br />

Venezia si conquista a poco a poco il favore della popolazione, mostrando equilibrio e saggezza.<br />

Nel 1486 Lonato viene dichiarata “fortezza” e le vengono assegnati un Provveditore, un nobile<br />

veneziano che risiede in un palazzo nella piazza centrale (ora sede dell’istituto scolastico Paola Di<br />

Rosa), e un Podestà, bresciano, che amministra la vita civile e giudiziaria da una dimora sita nella<br />

cittadella del paese.<br />

Da allora si aprono quasi tre secoli, salvo una breve parentesi di dominazione francese e spagnola<br />

nel Cinquecento, in cui il territorio lonatese diviene la più grande provincia veneta in terraferma.<br />

Risalgono al XVI secolo l’edificazione della colonna veneta prospiciente il palazzo comunale e la<br />

Torre civica completata nel 1880 con la merlatura della sommità. Anche la vita religiosa attraversa


progetto 11 <strong>Sulle</strong> orme di… Ugo Da Como collezionista<br />

un momento di evidente vivacità, testimoniato da varie costruzioni e dipinti. Si completa nel<br />

Cinquecento anche la chiesa di san Giovanni Battista arricchita da pregevoli dipinti: essa verrà poi<br />

ricostruita con ampliamento nel XVIII secolo ad opera dell’architetto Paolo Sorattini.<br />

Nel 1630 Lonato è colpita dalla peste che riduce la popolazione di 1/3, a conclusione della quale<br />

viene eretto il Santuario della Madonna di San Martino. Nel 1690 è dipinta la grande tela di Andrea<br />

Celesti, sita nella sala del Consiglio comunale, dedicata alla peste.<br />

Sul finire del ‘600 le famiglie benestanti, sia per motivi di sicurezza, sia per ragioni di prestigio,<br />

incominciano a costruire all’interno delle mura; fanno a gara a costruire dimore belle e sontuose,<br />

ricche di stucchi e di affreschi, segnando così il passaggio a una nuova civiltà non più solo<br />

contadina.<br />

La campagna d’Italia di Napoleone Bonaparte pone fine all’indipendenza di Venezia, ceduta<br />

all’Austria nel 1797dal generale francese. Un primo scontro tra Francesi e Austriaci avviene nel<br />

territorio di Lonato il 28 maggio 1796 e assicura a Napoleone il controllo di centri strategici, che<br />

l’esercito austriaco tenta di riconquistare due mesi dopo, ma il 31 luglio Napoleone sconfigge gli<br />

Austriaci a Lonato, preludio della battaglia di Castiglione delle Stiviere; le operazioni militari vengono<br />

studiate dal Comando generale francese stanziato in casa Resini a Lonato. Tramonta il ricordo di<br />

Venezia, tanto che il 21 marzo 1797 viene tolto e fatto a pezzi il Leone di San Marco posto sulla<br />

sommità della Colonna Veneta.<br />

Nel corso della Seconda guerra d’indipendenza transitano da Lonato personaggi illustri, come<br />

l’imperatore Francesco Giuseppe nel 1857, Napoleone III e il re Vittorio Emanuele, che sceglie il<br />

palazzo Zambelli quale sede del Quartier Generale Sardo alla vigilia della battaglia di San Martino<br />

e Solferino, che nel giugno del 1859 insanguina le terre lonatesi. Importante lo scontro sull’altura<br />

della Madonna della Scoperta, isolato dal conflitto principale che si svolge nella piana di Solferino:<br />

nella giornata del 24 giugno, la prima divisione piemontese del generale Durando combatte<br />

per la conquista, riuscita, del colle che costituiva la cerniera tra gli alleati francesi e i sabaudi,<br />

determinante per la vittoria finale.<br />

Tutta la prima metà del Novecento lonatese è segnato dalla presenza attiva e operosa del Senatore<br />

Ugo Da Como, che nel 1906 acquista l’antica Casa del Podestà, ridonandole vita attraverso un<br />

accurato restauro e dotandola di una vastissima e preziosissima biblioteca. Alla morte del Senatore,<br />

avvenuta nel 1941, il complesso della Casa del Podestà, cui si era aggiunta anche la Rocca,<br />

passò per volontà dell’antico proprietario alla Fondazione che da lui prende il nome, che ne cura la<br />

conservazione e la fruizione.<br />

Bibliografia<br />

Franco Sansovino, Historia di casa Orsina, Venezia 1565<br />

G.D.C. Pasqualigo, Lonato e contorni. Monografia storico-medico-statistica, ed. Luigi Bigotti, Castiglione delle Stiviere 1873<br />

Iacopo Attilio Cenedella, Memorie storiche lonatesi, (dattiloscritto conservato presso la Biblioteca della Fondazione Ugo Da Como dal<br />

manoscritto che si conserva presso la Civica Biblioteca Queriniana di Brescia, datato 1874<br />

Emilio Facchini, Lonato nella geografia e nella storia, Tipografia G. Ferrari, Lonato 1928<br />

Ugo Da Como, Umanisti del secolo XVI. Pier Francesco Zini suoi amici e congiunti nei ricordi di Lonato sacro ed ameno recesso su la<br />

riviera del Benaco, Zanichelli, Bologna 1928.<br />

Guido Bustico, Il sentimento dell’arte e della natura in Giuseppe Zanardelli, in “Illustrazione bresciana”, 16 luglio 1916<br />

Ugo Ughi e Vincenzo Pialorsi, Ugo Da Como. Cenni biografici, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia” per l’anno 1971, Brescia1973<br />

Stefano Lusardi, Sul presunto ritratto di Veronica Gambara, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia”, Brescia 2000<br />

Stefano Lusardi (a cura di), Il Salottino Glisenti della Casa del Podestà, Brescia, Grafo, 2001<br />

AA.VV, “Annali di Architettura”, Centro internazionale di studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza, 14/2002<br />

R. Aglio, Le tavolette policrome nella Casa del Podestà a Lonato, in “I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, n. 11, Dicembre 2005<br />

Ivana Giangualano, Bernardo Gallizioli e gli Uomini d’arme nella Casa del Podestà, in “I quaderni della Fondazione Ugo Da Como”,<br />

13/2007<br />

Marialisa Cargnoni, Boscaì, Grafo, Brescia 1997<br />

M. Cargnoni, La presenza <strong>dei</strong> Boscaì nella Casa del Senatore in “I Quaderni della Fondazione Ugo Da Como”, 14/2008<br />

s.v. Patuzzi, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol. XV, ed La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />

s.v. Pallavicino, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol XII ed. La Voce del Popolo, Brescia 1996<br />

s.v. Segala, in A. Fappani (a cura di), Enciclopedia Bresciana, vol. XVII, ed La Voce del Popolo, Brescia 2001<br />

M. Zambolo, Il ritratto di Cristina di Lorena in mostra a Correggio. Sull’esposizione di un ritratto “presunto” in “I Quaderni della<br />

Fondazione Ugo Da Como”, 14/2008<br />

Sono stati inoltre consultati manoscritti e lettere dell’Archivio della Fondazione Ugo Da Como.<br />

Alcune delle fotografie sono state concesse dalla Fondazione Ugo Da Como ad esclusivo uso scolastico.<br />

190 Le vie dell’arte <strong>Sulle</strong> <strong>orme…</strong> <strong>dei</strong> <strong>collezionisti</strong>

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