Percorsi didattici Il Futurismo nel territorio bresciano ... - Vie dell'Arte
Percorsi didattici Il Futurismo nel territorio bresciano ... - Vie dell'Arte
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Fondazione<br />
<strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani<br />
Gardone Riviera<br />
Musei Civici<br />
d’Arte Storia e Scienze<br />
di Brescia<br />
Fondazione<br />
Ugo Da Como<br />
Lonato<br />
Le vie dell’arte<br />
<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>:<br />
simbolo, astrazione, modernità
Con il contributo di<br />
regione<br />
usp<br />
comunità bresciana<br />
Regione Lombardia<br />
Culture, Identità e Autonomie della Lombardia<br />
Rappresentanti istituzioni museali:<br />
Giordano Bruno Guerri - Fondazione <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani<br />
Elena Lucchesi Ragni - Musei Civici di Arte e Storia di Brescia<br />
Antonio Spada - Fondazione Ugo Da Como<br />
Coordinatore del progetto “Le vie dell’arte”<br />
Giovanna Ciccarelli - Consigliere d’Amministrazione <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani<br />
Coordinatore tecnico<br />
Elena Zanini - Didattica museale: <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani<br />
Referenti del progetto per i singoli musei<br />
Elena Zanini - <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani<br />
Angela Bersotti - Musei Civici di Arte e Storia di Brescia<br />
Stefano Lusardi con Roberta Valbusa - Casa-museo-biblioteca di Ugo Da Como<br />
Referente del progetto per l’USP di Brescia<br />
Elisabetta Conti<br />
Realizzazione editoriale<br />
Marco Serra Tarantola editore<br />
isbn 978-88-95839-85-1<br />
www.tarantola.it<br />
editore@tarantola.it<br />
Finito di stampare <strong>nel</strong> maggio 2010<br />
da Color Art, Rodengo Saiano, Brescia<br />
Sommario<br />
5 Presentazioni istituzionali<br />
14 Relazioni degli esperti<br />
ai corsi di aggiornamento<br />
Giordano Bruno Guerri<br />
D’Annunzio e Marinetti. L’arte al potere<br />
Valerio Terraroli<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
Ennio Ferraglio<br />
L’editoria in epoca futurista<br />
Melania Gazzotti<br />
Grafica e libro in epoca futurista<br />
Elena Lucchesi Ragni<br />
Romolo Romani e i futuristi<br />
<strong>nel</strong>le collezioni bresciane<br />
Angela Bersotti<br />
Attività didattiche correlate alla mostra<br />
sul <strong>Futurismo</strong><br />
<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />
Fondazione <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani”<br />
57 Progetto 1: Fragori e acrobazie<br />
Scuola Primaria “A. Lozzia” - Gardone Riviera<br />
75 Progetto 2: Meglio convien credere<br />
al corpo che all’anima<br />
Scuola Secondaria di I grado “Giovanni XXIII”<br />
- Gardone Riviera<br />
85 Progetto 3: <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “La Velocità”<br />
Istituto Tecnico commerciale e per Geometri<br />
“Battisti” - Salò<br />
97 Progetto 4: D’Annunzio e Marinetti<br />
andata e Ritorno<br />
Liceo Scientifico “Copernico” - Brescia<br />
121 Progetto 5: L’uomo del novecento e l’orizzonte<br />
tecnologico: il destino dell’uomo macchina<br />
Liceo Scientifico “Fermi” - Salò<br />
Santa Giulia, Museo della Città<br />
140 Progetto 6: E lasciateci divertire!<br />
Scuola primaria “G. Mameli” - Brescia<br />
155 Progetto 7: Alla ricerca dei futuristi<br />
Scuola Secondaria di I grado “Lana Fermi”<br />
- Brescia<br />
177 Progetto 8: <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica:<br />
un approccio storico e artistico<br />
Liceo Classico “Arnaldo” - Brescia<br />
Fondazione Ugo da Como<br />
196 Progetto 9: <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>.<br />
“Composizioni dinamiche”<br />
Scuola Secondaria di I grado “Tarello” - Lonato<br />
204 Progetto 10: Uccidiamo il chiaro di luna<br />
Liceo Pedagogico e Linguistico “Paola di Rosa”<br />
- Lonato
<strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: simbolo astrazione modernità<br />
Progetto di un percorso didattico de Le vie dell’arte<br />
<strong>Il</strong> progetto <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: simbolo astrazione modernità è nato con l’intento di far conoscere il<br />
grande patrimonio artistico e culturale presente <strong>nel</strong>la zona di Brescia e del Garda <strong>bresciano</strong> utilizzando come punto<br />
di partenza le raccolte del Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera, del Museo di Santa Giulia di Brescia e della<br />
Fondazione Ugo Da Como di Lonato, enti museali uniti dal protocollo d’intesa “Le vie dell’arte” per una valorizzazione<br />
e promozione comune delle proprie particolari articolate realtà.<br />
<strong>Il</strong> progetto fonda le sue basi su lavori già svolti dai tre musei attraverso una lunga esperienza di collaborazione con<br />
le scuole <strong>nel</strong> corso degli a.s. 2004-2008. Sono stati infatti realizzati in tale periodo, per le <strong>Vie</strong> dell’Arte, i progetti<br />
<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong> sulla Vittoria e Sulle orme dei collezionisti quest’ultimo proposto dal Ministero dell’Istruzione.<br />
Le <strong>Vie</strong> dell’Arte attivano, anche in questa occasione, la collaborazione fra le tre istituzioni museali ed il mondo della<br />
scuola, di conseguenza anche il progetto <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: simbolo astrazione modernità, come<br />
i precedenti, gode del patrocinio e della supervisione dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Brescia e del contributo<br />
della Regione Lombardia e della Fondazione della Comunità Bresciana.<br />
È un progetto biennale – anni scolastici 2008/2009 e 2009/2010 – che ha individuato appunto <strong>nel</strong> <strong>Futurismo</strong> il<br />
tema del nuovo percorso didattico, in considerazione del centenario della pubblicazione del Manifesto Futurista di<br />
Filippo Tommaso Marinetti che anche Brescia ha voluto commemorare con una serie di manifestazioni.<br />
Nella prima fase (a.s. 2008/2009) sono stati realizzati corsi di approfondimento tenuti <strong>nel</strong>l’Auditorium di Santa Giulia<br />
da autorevoli relatori di cui vengono pubblicati gli interventi in questo volume, interventi che hanno analizzato il<br />
<strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> contesto generale storico-artistico dell’epoca e <strong>nel</strong> rapporto con gli artisti bresciani<br />
I corsi hanno visto la partecipazione di numeroso pubblico di appassionati e di insegnanti di scuole di ogni ordine<br />
e grado. È stato inoltre organizzato, inizio anno scolastico 2009/2010, un ulteriore corso di approfondimento per<br />
docenti sulla conoscenza dei linguaggi espressivi del <strong>Futurismo</strong>, con l’allestimento di una mostra – selezione di<br />
15 dipinti – opere di Romolo Romani e di artisti del “Secondo <strong>Futurismo</strong>”, di proprietà dei Musei Civici di Brescia:<br />
obiettivo quello di promuovere una collezione mai precedentemente fruita dalle scuole.<br />
Nella seconda fase i protagonisti sono stati soprattutto gli studenti delle varie scuole di Brescia e del <strong>territorio</strong><br />
Gardesano – n. 11 Istituti dalle Primarie alle Superiori – che <strong>nel</strong> corso dell’anno scolastico si sono impegnati nei<br />
laboratori <strong>didattici</strong> interdisciplinari su vari aspetti specifici di uno o più musei delle <strong>Vie</strong> dell’Arte.<br />
Studenti ed insegnanti sono quindi i veri protagonisti di questa proposta che unisce la ricerca storica a momenti<br />
pratici di riscoperta di un <strong>Futurismo</strong> poco noto <strong>nel</strong> mondo scolastico.<br />
Da “d’Annunzio a Marinetti”, dalla “Velocità” al “Destino dell’uomo macchina”, dalle “Composizioni dinamiche” alla<br />
“Ricerca dei futuristi”, fino ad “Uccidere il chiaro di luna” con “Fragori ed acrobazie”, solo alcuni tra i tanti argomenti<br />
futuristi trattati con spirito d’inventiva dalle scuole coinvolte in questa “avventura” da cui traspare l’entusiasmo dei<br />
ragazzi che vi hanno partecipato.<br />
Questo volume, che raccoglie quindi i <strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong> sul <strong>Futurismo</strong>, potrà essere strumento metodologico per altre<br />
scuole che intendono individuare e realizzare itinerari orientati alla conoscenza dei musei e del loro <strong>territorio</strong>.<br />
5 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
dott.ssa Giovanna Ciccarelli<br />
Consigliere d’amministrazione del Vittoriale<br />
Coordinatrice del progetto
L’Ufficio Scolastico Provinciale di Brescia anche quest’anno patrocina con convinzione l’importante progetto Le <strong>Vie</strong><br />
dell’Arte, ritenendolo tra le attività più significative realizzate per mettere in contatto il mondo della scuola con le realtà<br />
territoriali museali, per suscitare nei giovani il desiderio di avvicinarsi sempre più ai luoghi di raccolta di collezioni<br />
importanti, per costruire occasioni di conoscenza diretta e di studio del nostro patrimonio artistico e culturale e momenti<br />
di confronto ed approfondimento interdisciplinare.<br />
Si è parlato molto di <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong>l’anno scolastico 2009-2010, in tutta Italia, in occasione del centenario della nascita<br />
del movimento, avvenuta <strong>nel</strong> 1909 con la pubblicazione del Manifesto di Marinetti, pubblicato su Le Figaro e prima<br />
ancora presentato a Milano.<br />
Ma anche di norma <strong>nel</strong> curricolo scolastico si studiano, dal punto di vista letterario, autori quali Marinetti, Govoni,<br />
Palazzeschi e, dal punto di vista artistico, Balla, Boccioni e Romolo Romani, che forse è meno conosciuto ma fortemente<br />
presente <strong>nel</strong> nostro museo cittadino.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> potrebbe apparire movimento da affrontare con attenzione ed interesse proprio oggi, in una società che<br />
sembra riproporre diversi fermenti e sensibilità che sembrerebbero ripresentare il fenomeno <strong>Futurismo</strong> di nuovo vicino,<br />
di nuovo un grido.<br />
Marinetti diceva che bisogna distruggere la sintassi, togliere l’aggettivo, togliere il verbo, togliere la punteggiatura ed<br />
arrivare ad un maximum di disordine. Per più aspetti a questo sembrano a<strong>nel</strong>are oggi molti ragazzi, <strong>nel</strong> comportamento<br />
e <strong>nel</strong>l’uso dei linguaggi.<br />
E tuttavia, ad evitare superficialità e confusioni indebite, non si può e non si deve tralasciare di inquadrare correttamente<br />
il <strong>Futurismo</strong> in un periodo storico ben definito, il primo Novecento, con i necessari collegamenti ad una Scapigliatura<br />
milanese, che già lanciava qualche messaggio in questa direzione, ed al clima sociale, artistico e culturale in cui maturò<br />
e si espresse.<br />
<strong>Il</strong> corso di formazione organizzato per gli insegnanti ed aperto alla città ha sicuramente permesso di approfondire i temi<br />
propri del <strong>Futurismo</strong> ed i lavori che ne sono scaturiti, realizzati e presentati dalle scuole, sono di significativo spessore<br />
culturale ed interessanti per gli aspetti metodologici, atti a rendere il movimento comprensibile ai ragazzi attraverso<br />
la lettura delle opere conservate nei tre musei, i cui Enti, promotori del progetto, apprezziamo e ringraziamo per<br />
l’attenzione formativa espressa e la proficua sinergia realizzata <strong>nel</strong>l’azione.<br />
Maria Rosa Raimondi<br />
Dirigente USP<br />
Sulle vie della ricerca, della conoscenza e del bello<br />
6 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 7 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
<strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani e Le vie dell’Arte hanno una lunga e fruttuosa esperienza di scambio e di lavoro con le<br />
scuole. Scambio e lavoro, dico, perché non si tratta di una pedissequa esercitazione scolastica, ma di un’esperienza<br />
vivificante per tutti i soggetti coinvolti.<br />
Lo dimostra il lavoro compiuto negli ultimi due anni con il tema – attualissimo eppure di solito trascurato – del<br />
futurismo. I corsi di approfondimento, tenuti da specialisti, hanno coinvolto docenti e allievi, studiosi e pubblico. I<br />
laboratori <strong>didattici</strong> interdisciplinari, svolti da undici Istituti, hanno visto gli studenti del Bresciano e del Gardesano<br />
sviluppare autonomamente i temi proposti: con applicazione, creatività e passione, come si vede dai lavori presenti<br />
in questo volume.<br />
Sono particolarmente lieto che sia stato così ben elaborato il tema da me proposto, “D’Annunzio e Marinetti”,<br />
segno che è stato colto uno degli aspetti meno studiati e conosciuti del futurismo: ovvero i legami intellettuali,<br />
profondamente innovativi, che unirono due uomini per altri versi tanto diversi e lontani.<br />
È la prova, ce ne fosse ancora bisogno, che il Vittoriale è un organismo vivo, capace di stimolare ragazzi e adulti<br />
sulla via della ricerca, della conoscenza e del bello: sulle <strong>Vie</strong> dell’Arte.<br />
Giordano Bruno Guerri<br />
Presidente del Vittoriale degli Italiani
COMUNE DI BRESCIA<br />
Assessorato alle Attività Culturali<br />
Con la sua infrazione clamorosa delle regole, la contestazione programmatica al passatismo, le straordinarie<br />
invenzioni – tutte deflagranti creatività – il <strong>Futurismo</strong>, proto-movimento della modernità e avanguardia italiana alla<br />
quale tutto il mondo dell’arte rinnovata attinse, ha polarizzato l’attenzione di numerosi studenti coinvolti <strong>nel</strong> progetto<br />
“Le vie dell’arte”. <strong>Il</strong> movimento, del quale è stato recentemente celebrato il centenario, è stato inserito come tappa<br />
dell’anno di questa meritoria iniziativa, che unisce tre istituzioni di grande vaglia, situate <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: <strong>Il</strong><br />
Vittoriale, Santa Giulia e La Fondazione da Como.<br />
E proprio percorrendo queste vie, i ragazzi si sono trovati al cospetto di proposte estremamente coinvolgenti,<br />
modulate attorno al patrimonio conservato nei nostri musei e attraverso convegni, lezioni e mostre. Ottimi sono<br />
stati i risultati, come dimostra il livello qualitativo e contenutistico di questa pubblicazione, curata da Giovanna<br />
Ciccarelli, consigliere d’amministrazione del Vittoriale e coordinatrice del progetto. Le proposte hanno fatto leva<br />
sul coinvolgimento emotivo dei ragazzi per giungere rapidamente a un livello di conoscenza, di approfondimento,<br />
nonché di diretta di manipolazione di materiali-tipo di origine futurista.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>, del resto, dimostra di parlare ai ragazzi con un’efficacia dirompente, per quanto siano trascorsi<br />
ormai più di cent’anni dalla pubblicazione del manifesto marinettiano, utilizzando un linguaggio di contestazione<br />
d’ogni modello assestato che finisce per essere, sotto il profilo della psicologia dei ragazzi, un esercizio destruens<br />
fondamentale: la cancellazione temporanea del passato, la contestazione dell’universo degli adulti è un modello<br />
cruciale – per quanto rimanga compreso, civilmente, entro termini che non esiteremmo a definire fisiologici – un<br />
passaggio fondamentale per crescere. <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>, a differenza di altri movimenti che pure ebbero una straordinaria<br />
vitalità e una grande importanza <strong>nel</strong>l’ambito dello sviluppo dell’avanguardia novecentesca giunsero più ad una<br />
distruzione assoluta, una cancellazione del palinsesto, lasciando alle generazioni successive il compito di completare<br />
l’opera, mentre il movimento marinettiano riuscì, dopo aver cancellato, a ricostruire.<br />
<strong>Il</strong> percorso si è mosso comunque <strong>nel</strong>l’ambito di una corretta storicizzazione del fenomeno. Con gli insegnanti, i<br />
ragazzi sono stati in grado di cogliere quanto il giovanilismo portato alle estreme conseguenze, senza che esso si<br />
confronti con la tradizione, produca elementi negativi per la società. <strong>Il</strong> sogno di far coincidere il nuovo mondo quasi<br />
esclusivamente con il progresso tecnologico portò – e non solo per le suggestioni futuriste, ma per la logica del<br />
mercato – ad un mutamento profondo sotto il profilo antropologico e ambientale; quanto il controllo dei mezzi di<br />
produzione risulta, di fatto, uno degli elementi che contribuirono alla nascita delle dittature e del comunismo e alla<br />
Seconda guerra mondiale.<br />
Non si è voluto pertanto compiere, in questo ambito, un lettura apologetica di un movimento. Ma si è giunti a<br />
collocarlo, grazie ai materiali offerti dai musei e agli incontri con gli specialisti, in una giusta dimensione che ha<br />
sottolineato l’andamento ciclico della storia: costruzione, minaccia di distruzione, sintesi di assestamento.<br />
Leggere a tanta distanza un movimento che appare ancora a noi emotivamente così vicino ha contribuito a porre le<br />
basi per una comprensione più vasta del fenomeno novecentesco e delle contraddizioni delle quali, in parte, siamo<br />
ancora prigionieri.<br />
Andrea Arcai<br />
Assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione<br />
del Comune di Brescia<br />
8 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 9 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Anche quest’anno la casa-museo del Senatore Ugo Da Como ha ospitato una serie di incontri riservati alle scuole.<br />
Doverosamente l’argomento prescelto da Le <strong>Vie</strong> dell’Arte, a cent’anni dalla pubblicazione del Manifesto di Filippo<br />
Tommaso Marinetti, è stato il <strong>Futurismo</strong>: movimento culturale che esalta la modernità, la tecnologia, il dinamismo in<br />
senso ampio.<br />
Valutare la figura di Ugo Da Como e la sua opera in rapporto al tempo in cui visse ha costituito per gli alunni delle<br />
scuole lonatesi una ragione in più per interrogarsi sul rapporto tra presente e passato.<br />
Credo che il pregio dei progetti formulati da Le <strong>Vie</strong> dell’Arte sia quello di istituire un confronto tra i musei che vi<br />
fanno parte, sollecitando un dibattito critico anche tra i giovanissimi studenti.<br />
Quando si prende atto che Ugo Da Como (1869-1941) fu esattamente contemporaneo di Gabriele D’Annunzio<br />
(1863-1938), balza immediatamente all’occhio la differenza che evidenzia quanto peso ebbe la tradizione – e<br />
il passato – per la maggior parte dei rappresentanti della classe politica dirigente italiana di cui Ugo Da Como<br />
senz’altro è un esponente molto significativo. D’Annunzio cavalcò perfettamente la propria contemporaneità,<br />
riuscendo in qualche caso a precorrere i tempi. Entrambi però compresero l’importanza della memoria e<br />
desiderarono lasciare una testimonianza tangibile della loro vita. Nelle loro case rivive quindi l’atmosfera di un’epoca<br />
singolarmente in bilico tra passatismo e modernismo.<br />
Questi sono i tempi che hanno caratterizzato le riflessioni e i lavori della terza classe della Scuola Statale Secondaria<br />
di Primo Grado “Camillo Tarello” e della quarta classe del Liceo Paritario “Paola di Rosa” di Lonato, dando vita ad<br />
una serie di elaborati che dimostrano quando sia servito lo stimolo delle <strong>Vie</strong> dell’Arte, anche quest’anno.<br />
Sfogliare il resoconto dell’attività didattica di un intero anno scolastico dedicato al <strong>Futurismo</strong> conforta e invita a<br />
proseguire verso altri progetti comuni, <strong>nel</strong>la certezza che la presa di coscienza dell’eredità lasciata da menti elette,<br />
<strong>nel</strong> passato, pensando soprattutto alle giovani generazioni, costituisce la garanzia per un futuro migliore.<br />
Antonio Spada<br />
Direttore Generale della Fondazione Ugo Da Como
<strong>Il</strong> Corso di approfondimento “<strong>Il</strong> futurismo <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: simbolo, astrazione, modernità” è risultato un<br />
percorso ampio, ricco e variegato intorno al tema futurista.<br />
Esiste peraltro una bibliografia sterminata relativa al <strong>Futurismo</strong> perché è stato, a detta di Terraroli, l’ultimo grande<br />
fenomeno di cultura italiana che ha influenzato la cultura europea e non solo ed ha avuto vita lunga rispetto ad altri<br />
episodi di avanguardia.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> si esterna <strong>nel</strong> 1909 quando Marinetti pubblica il suo Manifesto sul giornale francese “Le Figaro”.<br />
<strong>Il</strong> primo <strong>Futurismo</strong>, soggiunge Terraroli, ha un affermarsi veloce, violento e rivoluzionario, mentre il secondo<br />
<strong>Futurismo</strong> si avvicina con maggiore capillarità alla coscienza comune ed alla vita politica quotidiana.<br />
<strong>Il</strong> tratto violento dell’operazione artistica, la matericità è tutta futurista, come pure l’interesse per la luce che vediamo<br />
in Boccioni e Balla. Quest’ultimo per rendere il senso del movimento <strong>nel</strong>la pittura inserisce anche le nuove tecniche<br />
del linguaggio del cinema.<br />
Nel suo Manifesto Marinetti incita al movimento e alla velocità, punti di approdo della nuova arte, moderna<br />
in contrapposizione con il passato che è immobile e dall’esempio della “Città che sale” di Boccioni si trae la<br />
contrapposizione tra la fissità dell’antico, la campagna, divorata, <strong>nel</strong>la periferia di Milano, dai cantieri e dalle nuove<br />
industrie. D’altra parte anche l’automobile, da poco inventata, e la motocicletta divengono i novelli simboli della<br />
velocità e della modernità.<br />
Marinetti crea anche un nuovo sistema di comunicazione e diviene subito uno dei primi grandi comunicatori dell’età<br />
moderna.<br />
<strong>Il</strong> Manifesto della pittura futurista viene pubblicato su Le Figaro <strong>nel</strong> 1910 ed è firmato da Boccioni, Carrà, Severini e<br />
anche da Romolo Romani, <strong>bresciano</strong>.<br />
La Prima mostra internazionale dei futuristi si presenta a Parigi <strong>nel</strong> 1912.<br />
Fortunato Depero è, a giudizio di Terraroli, il miglior esempio del secondo <strong>Futurismo</strong> perché riesce ad unire suono,<br />
recitazione, racconto, scrittura e anche grafica in una compiuta opera d’arte.<br />
L’aereo diviene per il secondo <strong>Futurismo</strong> il modo migliore per guardare il mondo dall’alto, in una dimensione<br />
planetaria tutta nuova che porta <strong>nel</strong> 1915, poco prima dell’inizio della Prima Guerra Mondiale, alla pubblicazione del<br />
Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo, sottoscritto da Balla e Depero, significativa azione ricostruttiva<br />
dopo il grido marinettiano “vogliamo cambiare il mondo”, ma in modo totalizzante.<br />
Ma d’altronde sappiamo che i futuristi andavano in cerca della provocazione, per innovare. Secondo Giordano Bruno<br />
Guerri cercavano i fischi, il lancio di verdura da parte del pubblico, presente ai loro spettacoli, per spezzare gli<br />
schemi borghesi della cultura dell’epoca e trovare nuove vie.<br />
Marinetti dedica tutta la sua vita al movimento futurista ed è un grande modernizzatore, un genio rivoluzionario, che<br />
cambia radicalmente la cultura <strong>nel</strong>la quale è cresciuto.<br />
Marinetti è stato ignorato per il suo legame con il Fascismo, ma è anacronistico giudicare un uomo vissuto 100 anni<br />
fa, in una tanto diversa realtà storica. Sostanzialmente, per Guerri, è stato un anarchico, impegnato contro le Leggi<br />
Razziali e deciso <strong>nel</strong> far liberare tanti antifascisti dal carcere o dal confino.<br />
<strong>Vie</strong>ne anche chiarito da Guerri l’equivoco per cui Marinetti, <strong>nel</strong> Manifesto, si dice indichi con disprezzo la donna.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> in realtà è stato il primo movimento artistico ad accogliere molte donne scrittrici, pittrici, scultrici,<br />
ballerine e la stessa moglie di Marinetti, Benedetta Cappa, era un’ottima pittrice e scrittrice futurista.<br />
Marinetti, contrariamente all’accusa, presenta una donna nuova, libera, che abbia parità politica e salariale con<br />
l’uomo.<br />
Del rapporto Marinetti e d’Annunzio Guerri mette in luce i punti di contatto tra i due: entrambi interventisti, grandi<br />
comunicatori di massa, uniti anche <strong>nel</strong> momento della conquista di Fiume, <strong>nel</strong> 1919, quando d’Annunzio compie<br />
questa grande impresa e Marinetti accorre a Fiume per condividere la vittoria<br />
Guerri ricorda, poi, che al Vittoriale esiste una scultura di Marinetti, donata a D’Annunzio il 10 febbraio del 1938 in<br />
10 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 11 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
occasione di una visita al Vate: si tratta di un’opera che rappresenta due leve di un bimotore Caproni, in significanza<br />
del fatto che loro due erano i motori della nuova Italia.<br />
Sono forse stati i due personaggi che più hanno influenzato, almeno <strong>nel</strong>la prima metà del secolo, la loro epoca, la<br />
conoscenza dell’Italia <strong>nel</strong> mondo e che hanno in qualche modo portato l’arte al potere.<br />
Elena Lucchesi Ragni ci parla proprio di arte futurista attraversando le opere e i disegni del futurista <strong>bresciano</strong><br />
Romolo Romani, presenti nei Civici Musei d’Arte e Storia di Brescia.<br />
Romani firma il primo Manifesto dei pittori futuristi insieme ad altri, però si ritira subito dopo.<br />
Ragni ricorda che proprio Marinetti lo apprezza da subito e gli chiede di partecipare, di essere il grafico, insieme ad<br />
altri, della rivista “Poesia” da lui diretta.<br />
Romani declina la propria arte sempre analizzando il volto e le emozioni, e questi due centri di interesse rimarranno<br />
essenziali durante tutto il suo viaggio pittorico che si muove all’interno di due ben definite correnti, una più astratta<br />
ed una più vicina all’interesse psicoanalitico delle figure.<br />
<strong>Il</strong> pittore muore <strong>nel</strong> 1916 a Brescia, muore in uno stato depressivo. La sua arte rivela ancora oggi la continua<br />
attenzione all’anima profonda delle cose.<br />
Ennio Ferraglio tratta il grande tema relativo all’editoria futurista spiegando come il libro sia lo specchio prediletto<br />
della cultura di una società e quindi dando ragione dell’interessantissimo censimento bibliografico fatto di tutto ciò<br />
che di futurista c’è <strong>nel</strong>la Biblioteca Civica di Brescia.<br />
Marinetti risulta essere un autore molto presente <strong>nel</strong>l’ambito della critica letteraria, scrive per molte riviste e tale<br />
scelta di produzione, in gran parte di carattere periodico, è fatta per rivolgersi ad un pubblico vasto e veicolare così,<br />
con articoli e manifesti, la cultura futurista.<br />
Nei giornali, quotidiani o riviste mensili locali si accenna anche alle serate futuriste, al Teatro Sociale, dove si<br />
assiste allo “Smarrimento del pubblico”, che non è altro che il titolo eloquente di un articolo di Marinetti della “Fiera<br />
letteraria”.<br />
La produzione editoriale futurista nei diversi ambiti della poesia, della musica, del teatro, della narrativa opera scelte<br />
stilistiche, lessicali, morfologiche innovative e scelte grafiche che divengono piacere visivo ed intellettuale.<br />
Quanto la grafica sia importante all’interno dei libri futuristi ce lo suggerisce Melania Gazzotti e in tal modo la<br />
scrittura diventa un forte e persuasivo strumento di comunicazione.<br />
Marinetti vuole una rivoluzione anche dal punto di vista tipografico attraverso la tecnica del colore e dei diversi<br />
caratteri (alternanza di lettere maiuscole e minuscole, grassetti e corsivi). Molti pittori iniziano a lavorare per la<br />
grafica o lo studio di copertine di romanzi e opere futuriste: uno per tutti Bruno Munari.<br />
Angela Bersotti, allieva di Munari, propone infine alle scuole dei percorsi laboratoriali di ispirazione futurista di<br />
scomposizione del colore, di studio dell’opera di Depero e giochi grafici di ricomposizione e accostamento di parole.<br />
Tutti i testi che seguono sono la trascrizione delle registrazioni effettuate <strong>nel</strong> corso di aggiornamento per gli<br />
insegnanti.<br />
Elisabetta Conti
Relazioni degli esperti<br />
ai corsi di aggiornamento<br />
Le vie dell’arte<br />
Tutti i testi delle relazioni provengono dalla trascrizione delle registrazioni effettuate durante il corso.
Giordano Bruno Guerri<br />
D’Annunzio e Marinetti. L’arte al potere<br />
Marinetti è stato un grande e straordinario modernizzatore: un vero rivoluzionario che è riuscito<br />
<strong>nel</strong>l’intento di “strappare” la cultura del suo tempo come si strappa un ciuffo d’erba per sventolarne<br />
le radici al sole, per affermare che tutto deve cambiare.<br />
Marinetti ha fatto ciò e, incredibilmente, lo ha fatto da solo: il <strong>Futurismo</strong> nasce e vive prima<br />
interamente <strong>nel</strong>la sua testa per diventare poi un movimento d’avanguardia conosciuto in tutto il<br />
mondo. Quando il 20 febbraio 1909 pubblica il famoso Manifesto su Le Figaro e afferma che i<br />
futuristi sono l’avanguardia del mondo, in quel momento, esiste un solo futurista, lui e nessun altro.<br />
Prima di Le Figaro il Manifesto era stato pubblicato su alcune testate giornalistiche italiane – La<br />
Gazzetta dell’Emilia, <strong>Il</strong> Giorno di Roma, <strong>Il</strong> Giornale di Napoli – senza suscitare alcuna reazione <strong>nel</strong><br />
nostro Paese. A quell’epoca la cultura italiana era molto provinciale e questo è un altro dei grandi<br />
meriti attribuibile a Marinetti: averla sprovincializzata e averla portata d’improvviso dal ghetto <strong>nel</strong><br />
quale si trovava alla ribalta mondiale, all’avanguardia.<br />
È giusto affermare che il <strong>Futurismo</strong> è stato, dopo il Rinascimento, il più importante movimento<br />
culturale italiano. Nel lasso di tempo tra il Rinascimento e il <strong>Futurismo</strong> l’Italia ha, infatti, prodotto<br />
grandi geni isolati in tutte la arti, ma non un movimento capace di influenzare il resto del mondo: tutti<br />
i grandi movimenti moderni come l’<strong>Il</strong>luminismo, il Romanticismo ecc. hanno avuto origini al fuori di<br />
nostri confini.<br />
Nel giro di due anni il movimento portò alla ribalta grandissimi pittori che, vivendo isolati e privi di un<br />
inquadramento e un orientamento ideale e artistico, Marinetti condusse <strong>nel</strong>l’alveo del movimento<br />
attraverso i suoi manifesti e le sue idee: così nacque il grande Boccioni che tutti conoscono,<br />
arrivarono Balla, Carrà e dietro di loro verranno i Sant’Elia, i Palazzeschi e decine e decine di altri<br />
artisti. Marinetti dedicò al <strong>Futurismo</strong> tutta la vita e tutte le sue risorse fino a morire poverissimo<br />
lasciando però in eredità alla sua famiglia una collezione d’arte di grandissima importanza e valore.<br />
Perché ancora oggi non viene riconosciuta la grandezza di questo personaggio? Perché <strong>nel</strong>l’anno del<br />
centenario le molte mostre futuriste, i vari pranzi futuristi, gli spettacoli futuristi, le musiche futuriste<br />
hanno cercato di ignorare Filippo Tommaso Marinetti?<br />
Marinetti viene ancora oggi ignorato per il suo legame con il Fascismo anche se non si può negare in<br />
quel momento c’erano motivazioni e ideali per aderirvi: fra questi l’amore patrio, di cui il Fascismo era<br />
promotore e difensore, e non da ultimo il tentativo tutto marinettiano di rendere il Fascismo futurista<br />
mentre la storia ci insegna che avvenne il contrario.<br />
Altresì non è più possibile oggi – ed è profondamente ingiusto – giudicare un uomo vissuto cento<br />
anni fa con gli odierni metri di valutazione: tra l’inizio del Novecento e i giorni nostri c’è un enorme<br />
salto culturale che mette in condizioni tutti noi di giudicare in modo diverso. Oggi si rimprovera<br />
a Marinetti la celebre frase del Manifesto “la guerra sola igiene del mondo”, ma è necessario<br />
considerare che cento anni fa non si era vissuta l’esperienza delle due guerre mondiali che hanno<br />
segnato crudelmente e indelebilmente Novecento, che l’hanno straziato di morte, di lutti, di dolori,<br />
di conseguenze di cui ancora oggi si pagano gli effetti. Analogamente il problema razziale: oggi si<br />
sa cosa è stato l’olocausto, i sei milioni di morti, le camere a gas, i campi di concentramento e si<br />
ha giustamente orrore per ogni ipotesi anche vaga di distinzione razziale, di razzismo; com’è stato<br />
possibile che gli italiani – un popolo umano, caldo, per nulla fanatico, generoso, abituato a mescolarsi<br />
– abbiano accettato le leggi razziali così facilmente? Proprio perché non c’era la coscienza di quello<br />
che sarebbe potuto accadere: giudicare quindi gli italiani del ’38 che accettarono senza ribellarsi le<br />
leggi razziali, significa compiere un falso storico, un errore di prospettiva perché loro non potevano<br />
giudicare con i nostri stessi strumenti e con la nostra stessa sensibilità.<br />
D’Annunzio e Marinetti. L’arte al potere<br />
Marinetti, persona eccezionale, fu uno dei pochissimi intellettuali italiani, e certamente il più<br />
importante tra i fascisti, che si batté contro le leggi razziali; lo fece apertamente, in un modo<br />
coraggioso e nobile e questo gli deve essere riconosciuto. Marinetti, sostanzialmente anarchico, fece<br />
anche liberare dal carcere e dal confino decine di antifascisti. Si batté perché in Italia non avvenisse<br />
quello che era già avvenuto <strong>nel</strong> ’37 in Germania, quando Hitler si scagliò contro l’arte degenerata.<br />
Degenerata era, secondo i nazisti, tutta quell’arte che non era riconducibile al realismo e cioè il<br />
<strong>Futurismo</strong>, il Cubismo, il Surrealismo, il Dadaismo, l’Astrattismo, in altre parole tutta l’arte moderna<br />
che noi amiamo. Marinetti si oppose con tutte le sue forze, con tutta la sua organizzazione, con tutti<br />
i suoi uomini a questa campagna denigratoria, che senza il suo intervento sicuramente si sarebbe<br />
affermata anche in Italia; riuscì a fermarla e lo fece con quella straordinaria generosità che gli era<br />
tipica: prese a dichiarare futuristi, ponendoli sotto le sue ali protettive, tutti gli artisti, architetti, scrittori,<br />
che futuristi non erano, ma che sarebbero stati considerati nemici dal realismo permettendo loro di<br />
continuare a lavorare, a produrre bellezza nuova.<br />
Tornando alla guerra, non deve scandalizzare se Marinetti <strong>nel</strong> 1909 dichiara che la guerra è la sola<br />
igiene del mondo. Al tempo era un filone di pensiero irrazionalista che percorreva tutta l’Europa:<br />
all’epoca in Italia vivevano grandi intellettuali – Prezzolini, Papini, i vociani, Soffici, i nazionalisti,<br />
D’Annunzio stesso – favorevoli alla guerra, così come in Europa favorevoli alla guerra c’erano intere<br />
correnti di pensiero e intellettuali, anche insospettabili, come Thomas Mann.<br />
All’epoca il mondo, e l’Europa in particolare, ormai era arrivato a un groviglio politico, militare e<br />
economico che non poteva non sfociare in un conflitto mondiale. La guerra non fu provocata dagli<br />
intellettuali favorevoli alla guerra, la guerra non sarebbe scoppiata nemmeno se tutti i Marinetti del<br />
mondo avessero gridato “vogliamo la guerra”: furono gli Stati, i politici, i militari a volerla, mentre gli<br />
intellettuali si limitarono a sostenerla. Per Marinetti, per D’Annunzio, per molti intellettuali e per gli<br />
italiani in genere quella fu e doveva essere la quarta guerra d’indipendenza, non la prima guerra<br />
mondiale. Doveva essere la guerra che permetteva di completare l’unità d’Italia, di riprendersi Trento<br />
e Trieste, di fare la grande Italia unita. Viste in questa prospettiva molte cose cambiano: come noi<br />
giudichiamo necessario il Risorgimento anche se comportò guerre e morti, allo stesso modo la<br />
guerra del 1915-18 è servita a completare la tanto sospirata, necessaria e giusta unità d’Italia.<br />
Quando <strong>nel</strong> 1918 Marinetti pubblicò il Manifesto politico futurista, manifesto di una modernità<br />
straordinaria, propose addirittura lo scioglimento dell’esercito di leva a vantaggio di un esercito di<br />
professionisti s<strong>nel</strong>lo e incaricato unicamente della difesa dei confini. Marinetti <strong>nel</strong> 1918 prospettava<br />
un mondo di pace, di tolleranza, di ricchezza, di benessere per tutti.<br />
La figura di Marinetti dunque è complessa, sfaccettata, non la si può inchiodare a uno stereotipo,<br />
come spesso è stato fatto.<br />
L’altro grande equivoco da sciogliere su Marinetti è quello relativo al presunto disprezzo della donna<br />
contenuto <strong>nel</strong> Manifesto. <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> fu il primo movimento artistico a accogliere decine di donne:<br />
scrittrici, pittrici, scultrici, ballerine. Fu dunque un movimento al femminile oltre che femminista; la<br />
stessa moglie di Marinetti, Benedetta Cappa, era un’ottima pittrice e una scrittrice futurista. Marinetti<br />
<strong>nel</strong> Manifesto disprezza la donna ritratta da Fogazzaro, la donna angelo del focolare, dedita alla<br />
cura dei bambini, del marito e alle sole faccende domestiche. La donna disprezzata da Marinetti è<br />
anche la donna degli svenimenti, dei profumi, dei languori, dei tradimenti, descritta nei romanzi di<br />
D’Annunzio.<br />
Marinetti, al contrario, vuole una donna libera: questa è la sua grande scoperta, la sua grande<br />
conquista, la sua grande offerta. Per la donna Marinetti vuole non solo la parità politica, cioè il diritto<br />
di eleggere e di essere eletti (con oltre trent’anni di anticipo sull’effettivo voto alle donne), vuole<br />
la parità salariale (peraltro non ancora raggiunta); e vuole soprattutto che la donna possa essere<br />
intimamente, socialmente, personalmente libera di agire, di comportarsi al di fuori degli schemi che<br />
racchiudevano e che racchiudono ancora oggi il mondo femminile per cui dalla donna si pretendono<br />
comportamenti necessariamente diversi da quelli di un maschio. Ecco, in questo senso fu ancora una<br />
volta un anticipatore e un grande rivoluzionario.<br />
D’Annunzio e Marinetti sono due personaggi estremamente vicini.<br />
Al Vittoriale è esposta una scultura che Marinetti fece e donò a D’Annunzio il 10 febbraio del 1938,<br />
cioè venti giorni prima della morte del poeta, in occasione di una delle ultime visite. La scultura è un<br />
14 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 15 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Giordano Bruno Guerri<br />
doppio comando di un bimotore Caproni il cui significato è molto chiaro: rappresenta simbolicamente<br />
Marinetti e d’Annunzio, i due motori di un’Italia intellettualmente nuova, un’Italia che aveva in loro gli<br />
innovatori del rapporto arte-politica, arte-società, arte-vita.<br />
D’Annunzio, il primo a utilizzare la parola “intellettuale” <strong>nel</strong> senso in cui oggi lo si intende: l’intellettuale<br />
di intervento, l’intellettuale che si occupa di politica, che scrive libri, che scrive sui giornali, che va in<br />
televisione, che si occupa di tutto, che non sta sempre chiuso <strong>nel</strong> suo studio a produrre i propri lavori<br />
ma interviene continuamente <strong>nel</strong>la vita sociale e politica.<br />
Marinetti portò all’ennesima potenza questa caratterista tracciata da D’Annunzio; Marinetti intervenne<br />
su tutto: c’è persino un manifesto sulla matematica futurista. L’unica materia di cui non si occupò fu<br />
la storia perché la storia doveva essere dimenticata. Si trattava naturalmente di una sua provocazione<br />
come quella sui musei; Marinetti non voleva infatti distruggere i musei, ma diceva “andiamoci una<br />
volta all’anno come si fa il giorno dei morti nei cimiteri”.<br />
D’Annunzio e Marinetti erano destinati a diventare amici; l’inizio non poteva essere che di<br />
contrasto e di ostilità: prima di tutto perché il più giovane Marinetti, doveva attaccare il mito del<br />
Poeta-Vate, l’uomo più illustre delle lettere in Italia. E Marinetti condusse questo attacco con una<br />
violenza tremenda: due dei primi libri che scrisse, erano contro D’Annunzio; lo attaccava perché<br />
rappresentava il passato, ma capendo benissimo che D’Annunzio era un innovatore; a vent’anni<br />
Marinetti partì da Milano per andare in Abruzzo e assistere alla campagna elettorale di D’Annunzio<br />
candidato al Parlamento. Da quell’esperienza Marinetti imparò molto sulla tecnica oratoria<br />
dannunziana, anche se non riuscì mai a raggiungerne i vertici a causa del suo vocabolario di<br />
maggiore rottura rispetto a quello più classico e aulico di D’Annunzio, che così riusciva a fascinare le<br />
folle.<br />
Quando <strong>nel</strong> 1920 D’Annunzio pubblicò il Notturno, Marinetti ebbe la soddisfazione di riconoscere<br />
in questa opera tratti di paroliberismo, cosa che in effetti lo stesso D’Annunzio in alcune lettere<br />
ammise; il fatto che il grande letterato che aveva fatto della forma il suo modello accettasse alcune<br />
rotture della sintassi del linguaggio proposte da Marinetti, fu una vittoria magnifica per l’ideatore del<br />
<strong>Futurismo</strong>.<br />
Non bisogna inoltre dimenticare la grande influenza che Marinetti ebbe su tutta la poesia successiva:<br />
si può non amare o trovare semplicemente divertenti componimenti come Zang Tumb Tumb, ma<br />
senza quel tipo di poesia, senza quella rottura del linguaggio, non sarebbe stata possibile la poesia di<br />
Ungaretti e di tutto l’ermetismo.<br />
D’Annunzio e Marinetti entrambi interventisti, entrambi volontari partecipano alla Prima Guerra<br />
Mondiale: ma mentre all’“arcaico” D’Annunzio toccò una guerra spettacolare e modernissima fatta<br />
con siluri, aerei, proclami, azioni mirabolanti nei cieli di <strong>Vie</strong>nna, al futurista Marinetti spettò una bieca<br />
guerra in trincea, fatta con strumenti ormai superati quali le bombarde. Entrambi, però, trovarono il<br />
modo di distinguersi e di coprirsi di gloria, per essere pronti, una volta firmata la pace a conquistare<br />
il potere. Qui però dovettero misurarsi con un uomo politico enormemente più abile di loro, Benito<br />
Mussolini.<br />
Benito Mussolini in seguito affermerà che il Fascismo non sarebbe esistito senza il <strong>Futurismo</strong>, e che il<br />
dannunzianesimo e Fiume furono la spinta senza la quale il Fascismo non si sarebbe mai affermato:<br />
mentiva sapendo di mentire. <strong>Il</strong> Fascismo sarebbe comunque nato e si sarebbe imposto anche senza<br />
dannunzianesimo e senza <strong>Futurismo</strong>. <strong>Il</strong> Fascismo nacque, infatti, e si impose per tutta una serie di<br />
concause: innanzitutto la guerra con i problemi dei reduci, i problemi sollevati dalla rivoluzione russa<br />
con le ricadute sul movimento operaio di tutto il mondo, la reazione degli agrari, la debolezza e gli<br />
errori della classe dirigente liberale. Non da ultimo il Fascismo nacque e si impose grazie all’abilità<br />
politica di Mussolini.<br />
È dunque assolutamente sbagliato cercare le radici del Fascismo in D’Annunzio e Marinetti;<br />
il Fascismo, e Mussolini in particolare, adottarono questa cosiddetta “falsa primogenitura”<br />
semplicemente perché il movimento fascista non aveva radici culturali, non aveva una matrice<br />
culturale. Prese quindi a prestito le sue radici dove le trovava, per attestarsi poi <strong>nel</strong>la posizione<br />
più classica dell’idealismo gentiliano. Mussolini si guardò bene dal fare un Fascismo futurista o<br />
un Fascismo dannunziano, fece un Fascismo concreto basato sul culto dello stato che è proprio<br />
dell’idealismo gentiliano.<br />
D’Annunzio e Marinetti. L’arte al potere<br />
Tornando a D’Annunzio e Marinetti, <strong>nel</strong> 1919 il poeta abruzzese compì la straordinaria impresa che<br />
sgomentò tutto il mondo: la conquista di Fiume. Alla testa di poche migliaia di uomini, con un colpo<br />
di mano, ma senza sparare un colpo d’armi, conquistò una città che i trattati di pace non volevano<br />
assegnare all’Italia e che invece lui e molti altri consideravano a tutti gli effetti italiana. Sin dall’inizio si<br />
capì che D’Annunzio avrebbe fatto di Fiume quella che lui chiamò una “città di vita”, un esperimento<br />
rivoluzionario.<br />
Fiume rappresenta un nodo della storia non solo d’Italia ma del Novecento: da un lato, infatti, è la<br />
tentazione della guerra continua, la guerra permanente, la sfida alle Società delle Nazioni di allora,<br />
allo Stato italiano di allora, ma dall’altro è una città che aspira a una pace universale. D’Annunzio<br />
<strong>nel</strong>la città adriatica fondò un movimento, la Lega di Fiume, il cui scopo era riunire i rappresentanti<br />
di tutti i popoli oppressi. D’Annunzio inoltre donò a Fiume una costituzione, la Carta del Carnaro,<br />
che era una delle più moderne e avanzate costituzioni scritte fino a quel momento, e anche bella<br />
sotto l’aspetto estetico e letterario. D’Annunzio fece di Fiume una città dove praticamente tutto era<br />
permesso: i costumi sessuali, l’uso di droghe di cui allora probabilmente non si conoscevano i danni<br />
(la cocaina non fu proibita in Italia se non dal 1928). D’Annunzio fece di Fiume la città in cui l’arte e la<br />
fantasia erano al potere, la città dove un poeta era al comando. Lo si vide da molti fatti: per sostenere<br />
la città accerchiata da un embargo D’Annunzio inventò un ufficio falsi che forniva documenti ai suoi<br />
“pirati” il cui compito era dirottare navi cariche di grano, di armi, di materiali preziosi per portarli<br />
in città. E tutto questo era condotto con un estro e una fantasia tipici del letterato, del letterato<br />
avventuriero come era D’Annunzio e in fondo com’era anche Marinetti.<br />
Infatti, Marinetti è tra i primi a accorrere a Fiume per condividere questa vittoria e se possibile<br />
condizionarla. È anche vero che i due non avrebbero potuto convivere <strong>nel</strong>la stessa città, né tanto<br />
meno condividerne il potere, sia per la personalità di entrambi ma anche per un motivo più<br />
concretamente politico: Marinetti era antimonarchico, D’Annunzio era monarchico, tanto è vero che<br />
chiamò il governo di Fiume non Repubblica di Fiume ma Reggenza, a significare la sua sostanziale<br />
apertura verso la monarchia. Marinetti fu quindi invitato a allontanarsi da Fiume insieme ai suoi<br />
uomini, ma il legame tra i due rimase intatto e si rafforzò <strong>nel</strong> corso degli anni: lo testimoniano i<br />
moltissimi telegrammi, anche affettuosi, che si scambiarono e che ancora oggi sono conservati al<br />
Vittoriale, fino a quella ultima visita del 1938.<br />
Per concludere, D’Annunzio e Marinetti sono i più clamorosi e fra i più importanti intellettuali del<br />
Novecento italiano, quelli che hanno maggiormente influenzato – almeno <strong>nel</strong>la prima metà del secolo<br />
– la loro epoca, e di conseguenza anche la nostra.<br />
16 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 17 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
L’argomento che trattiamo è un argomento molto complesso e inoltre, quest’anno, anno del<br />
centenario, si discute e si dibatte ancora di più sul problema <strong>Futurismo</strong>, cosa sia stato, cosa avrebbe<br />
potuto essere, che caratteristiche ha avuto, chi era Marinetti, se non ci fosse stato Marinetti e così via.<br />
In effetti noi avremo quest’anno un surplus di discorsi e di iniziative dedicati al <strong>Futurismo</strong>, uno di quei<br />
movimenti che gode di una bibliografia sterminata: si è detto di tutto e il contrario di tutto, e ancora<br />
oggi gli studiosi sono divisi sull’interpretazione del fenomeno.<br />
Non entro <strong>nel</strong> merito delle questioni strettamente filologiche, ma volevo anticipare qual è uno dei<br />
problemi di fondo che caratterizza la questione <strong>Futurismo</strong>. Ed è questa: il <strong>Futurismo</strong> è stato l’ultimo<br />
grande fenomeno di cultura italiana che abbia avuto un’influenza fondamentale sulla cultura europea<br />
e non solo europea. Dopo il <strong>Futurismo</strong> questa forte presenza della cultura italiana è venuta meno<br />
anche perché l’asse dello sviluppo della cultura artistica si è spostato prima a Parigi e poi negli Stati<br />
Uniti.<br />
Questo fenomeno non nasce casualmente e anche alcuni studiosi che si sono specializzati su questo<br />
argomento, cito per tutti Ester Coen, hanno chiarito che in realtà il <strong>Futurismo</strong> è il prodotto chiaro ed<br />
evidente di una situazione culturale molto più ampia che prende le proprie mosse ben prima della<br />
nascita e dello sviluppo del <strong>Futurismo</strong> stesso, e cioè intorno agli anni novanta dell’Ottocento. Si tratta<br />
del problema di cosa sia stato il modernismo internazionale da cui partirò per tentare di definire delle<br />
linee di sviluppo del problema.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>, in realtà, ha avuto una vita lunga rispetto agli altri fenomeni dell’avanguardia, ad<br />
esempio rispetto ai Fauves che sono durati pochi mesi, o il Cubismo che è durato un po’ più a lungo,<br />
gli espressionisti certo di più, i dadaisti hanno costituito un evento temporalmente circoscritto, i<br />
futuristi hanno avuto una vita più lunga, ma lunga in che senso?<br />
In effetti c’è tutto un gruppo di studiosi, numeroso e folto, che sostiene che il <strong>Futurismo</strong> sia da<br />
considerare in un segmento temporale molto breve, dal 1909, data della pubblicazione del Manifesto<br />
in Le Figaro in Francia da parte di Marinetti, al 1915, cioè con l’entrata in guerra dell’Italia e con la<br />
morte di Boccioni e Sant’Elia.<br />
C’è un altro segmento della critica, che quest’anno ha preso più respiro perché quasi tutte le<br />
mostre considerano proprio questa parte, che considera il cosiddetto secondo <strong>Futurismo</strong> come un<br />
proseguimento del fenomeno fino alla fine della seconda guerra mondiale.<br />
Certo si tratta di un <strong>Futurismo</strong> diverso, senza dubbio alcuni personaggi sono quelli degli inizi, altri<br />
sono delle new entry. Certamente esso si pone altri obiettivi rispetto al Manifesto marinettiano perché<br />
va detto che quel tipo di meccanismo che portò Marinetti a stilare i punti famosi del Manifesto, in<br />
realtà sono, ancora negli anni Venti e negli anni Trenta, il supporto fondamentale del ragionamento.<br />
Qual è la discrepanza, la diversità rispetto all’esordio?<br />
<strong>Il</strong> primo <strong>Futurismo</strong> non si pose il problema del rapporto con la quotidianità, con la vita reale, con la<br />
diffusione del linguaggio futurista <strong>nel</strong>la collettività.<br />
Fu un’esplosione veloce, violenta, <strong>nel</strong>lo stesso Manifesto le dichiarazioni tendevano più che<br />
a costruire a distruggere, proprio per rompere un meccanismo che ormai era considerato<br />
insopportabile: la stratificazione secolare della cultura dell’arte, dei meccanismi di comportamento e<br />
quant’altro.<br />
<strong>Il</strong> secondo <strong>Futurismo</strong> si pose invece il problema di entrare capillarmente all’interno della quotidianità,<br />
<strong>nel</strong>la coscienza comune, ed entrò in rapporti stretti anche con le situazioni politiche in cui viveva; da<br />
qui nasce il problema del rapporto con il Fascismo, rapporto ampiamente dibattuto e la questione è<br />
ancora aperta e andrebbe ulteriormente approfondita.<br />
Molti punti sono ancora oscuri del rapporto tra il Fascismo degli anni Venti e la figura di Marinetti,<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
tra il Fascismo degli anni Trenta e la figura ad esempio di Fillia, di Tato, di Prampolini, di quei futuristi<br />
della seconda generazione che in realtà intesero piegare il linguaggio futurista a valori ideologici, a<br />
valori di messaggio legati alla fenomenologia politica.<br />
Quello che resta del <strong>Futurismo</strong> è in realtà un’eredità importante che ha influenzato fenomeni culturali<br />
ed artistici in tutta Europa e che in qualche modo riemerge per certi aspetti anche <strong>nel</strong>l’arte europea e<br />
non solo europea degli anni Cinquanta e Sessanta; questa è la motivazione per la quale chi visiterà la<br />
mostra a Milano troverà l’inizio dedicato agli scapigliati, cioè all’esordio del <strong>Futurismo</strong>, e alla fine Burri<br />
e Fontana.<br />
Perché ci sono Burri e Fontana? Perché in qualche modo (a parte che Burri ebbe consuetudine<br />
con i futuristi che ormai erano anziani, ad esempio con Balla) l’idea della polimatericità, della<br />
gestualità, l’idea della violenza <strong>nel</strong>l’operazione artistica, l’idea dello straniamento dello spettatore<br />
rispetto all’oggetto che guarda, è una eredità futurista. E allora in questo senso possiamo dire che il<br />
<strong>Futurismo</strong> ha una sua attualità oggi, al di là della sua attualità storica e culturale, proprio per queste<br />
valenze che vengono messe il evidenza, che passano il testimone al futuro.<br />
Dicevo poi che l’altra questione è dove nasca o come possa nascere il problema <strong>Futurismo</strong>;<br />
certamente diciamo che il punto di partenza è il discorso modernista e proprio per darvi un esempio<br />
di questo problema vi propongo un’immagine che è in realtà un fotomontaggio del 1931 di uno dei<br />
1200 futuristi italiani, perché in realtà i sei futuristi dell’inizio erano un manipolo ristretto, anzi all’inizio<br />
era solo Marinetti il futurista, ma con la pubblicazione del Manifesto <strong>nel</strong> 1909, poi quello della pittura<br />
del 1910 e quello della scultura del 1911, ci fu un proliferare in Italia di artisti che si dichiararono<br />
futuristi e che sottoscrissero i manifesti e tra questi anche vari fotografi. L’autore dell’immagine è un<br />
fotografo torinese, Gramaglia, che <strong>nel</strong> 1931 propone questo fotomontaggio interessante e spiritoso,<br />
che da l’idea di come lo spirito futurista venga vissuto negli anni Trenta.<br />
Quello che vedete è in realtà <strong>nel</strong>la parte centrale una cronofotografia, un fotogramma ripetuto<br />
che rappresenta un operaio in una fabbrica alla catena di montaggio mentre <strong>nel</strong>la parte inferiore<br />
compare palazzo Madama, che è quanto di più stratificato storicamente a Torino si possa vedere.<br />
Quindi questo operaio che si muove diventa una specie di missile che come una bomba attraversa<br />
palazzo Madama e lo rompe, lo frantuma. Quale immagine più significativa poteva esserci del nuovo<br />
che distrugge il vecchio? Quindi con una scelta non di continuità con il passato, ma di cesura con il<br />
passato.<br />
Questo è importante perché tante volte si tende, soprattutto quando si parla di arte contemporanea, a<br />
cercare di creare delle continuità con l’arte antica, ma uno dei caratteri dell’arte contemporanea, che<br />
è anche la sua ragion d’essere, sta <strong>nel</strong>la frattura definitiva del rapporto verso il passato. Questo non<br />
vuol dire che non ne tenga conto, perché certamente la cultura, le conoscenze, la stratificazione di<br />
generazioni è un portato che ognuno ha dentro di sé, ma non c’è una continuità in senso darwiniano,<br />
c’è una frattura di cui bisogna sempre tenere conto e credo che sia importante farlo capire anche<br />
alle giovani generazioni proprio perché il Novecento segna per tanti aspetti, non solo per l’arte, questa<br />
separazione rispetto ai secoli precedenti.<br />
Notate che il titolo del fotomontaggio non è <strong>Futurismo</strong> ma Modernismo; questo vuol dire che anche<br />
un artista futurista ritiene che la parola che può dare il senso reale di questa immagine non sia<br />
l’abusato termine <strong>Futurismo</strong> (siamo <strong>nel</strong> 1931 e quindi era già stato usato troppe volte), ma il termine<br />
modernità.<br />
La modernità è la capacità di leggere il contemporaneo, l’operaio che lavora, l’operaio della fabbrica<br />
che distrugge il passato e quindi tutto quello che è una stratificazione considerata obsoleta.<br />
Certo che questo tipo di operazione è un’operazione violenta che si giustifica con le parole di<br />
Marinetti del Manifesto del 1909.<br />
Ma come è nato quel movimento?<br />
Esso prendeva le mosse da un fenomeno artistico squisitamente italiano, ma con radici<br />
esplicitamente europee, che è il movimento del Divisionismo.<br />
In realtà anche il Divisionismo è un frutto di un albero molto più ampio, con radici profonde, con<br />
ramificazioni europee che è il grande albero del Simbolismo, della cultura simbolista che ha<br />
caratterizzato l’Europa e l’Italia <strong>nel</strong>l’ultimo ventennio del 1800 e di cui D’Annunzio era uno dei grandi<br />
alfieri.<br />
18 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 19 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
Cosa proponeva il Simbolismo? Una lettura alternativa alla cultura positivista, alla cultura del realismo<br />
che l’Ottocento aveva portato con sè e che apre la strada a dei mondi che non sono quelli della<br />
realtà fenomenica, ma dell’onirico, dell’incubo, della fantasia, del sogno, cioè tutto quello che non<br />
appartiene al nostro quotidiano razionale, ma che compete al mondo dell’irrazionale che si stava<br />
scoprendo proprio in quei decenni: e ovviamente la mente va agli studi di Sigmund Freud.<br />
All’interno di questo schema più generale, dentro la grande temperie che è il Simbolismo, ci sono<br />
delle ramificazioni diverse. Penso a Munch da un lato e Van Gogh dall’altro, tanto per fare dei nomi di<br />
riferimento e di facile memorizzazione. Artisti che esprimono il senso dell’incubo, il valore esistenziale,<br />
lo straniamento, ma in essi c’è anche il vigore della pittura come valore di espressione, la violenza<br />
del gesto; allora tutto questo va inserito in un fenomeno, che è un fenomeno di più ampio spettro dal<br />
punto di vista non soltanto culturale, ma diciamo tecnologico, anche urbanistico, che è quello del<br />
Modernismo Internazionale che prende l’avvio proprio negli anni ottanta dell’Ottocento. Pensate a<br />
cosa è stata l’Exposition Universelle di Parigi del 1889, quella della Tour Eiffel, dove in qualche modo<br />
si ponevano le basi del mondo moderno.<br />
Torniamo ai divisionisti. Quello che vedete è la parte centrale di un trittico di Gaetano Previati dei primi<br />
anni del Novecento che rappresenta il Carro del sole. Noi cosa vediamo? In questo dipinto vediamo<br />
un tema classico, cioè un tema mitologico che ha avuto enorme fortuna iconografica <strong>nel</strong> passato<br />
e che viene rappresentato però in un modo totalmente diverso dalla tradizione. È vero che c’è il<br />
carro, vediamo ovviamente la figura dell’auriga, dei cavalli solari che si muovono <strong>nel</strong>l’aria, ma tutta la<br />
composizione è come vista attraverso una deformazione fatta di linee ondulate, di un ritmo pittorico<br />
che conferisce più importanza al valore della materia e della luce che non al valore descrittivo del<br />
tema. In altre parole il pittore illustra un tema tradizionale, ma attraverso una modalità del tutto nuova<br />
e del tutto moderna.<br />
D’altra parte questo tipo di interesse per il movimento ritmico, per la luce, guarda caso entra<br />
prepotentemente <strong>nel</strong>la formazione dei pittori che poi chiameremo futuristi, per tutti Umberto Boccioni.<br />
Boccioni è il maestro in assoluto del <strong>Futurismo</strong>, insieme ovviamente a Giacomo Balla.<br />
Boccioni però ha una formazione di carattere divisionista; le sue armi le tempera in quella cultura<br />
dei primi anni del Novecento e un esempio abbastanza significativo di questo punto di vista è questa<br />
opera del 1909, Tre donne, che è praticamente uno studio del pittore della madre, la signora di<br />
sinistra, della sorella e di quella che all’epoca era la sua fidanzata che vengono messe in posa.<br />
La scelta del numero e la disposizione delle figure è legata all’iconografia accademica: sono tre<br />
le Parche, quindi una tradizione iconografica antica. Addirittura gli abiti che indossano queste<br />
donne non sono abiti moderni, ma è come se fossero vestite di clamidi antiche. Quindi non c’è<br />
apparentemente alcun aggiornamento al contemporaneo però che cosa succede, che ciò che risulta<br />
importante per Boccioni non è la rappresentazione simbolica delle figure o del loro valore allegorico,<br />
ma è lo studio della luce, di come essa entrando e penetrando <strong>nel</strong> colore della superficie pittorica,<br />
smangi la superficie e produca una visione <strong>nel</strong>lo spettatore, quindi una percezione del colore e della<br />
luce, assolutamente diversa dalla tradizione naturalistica. Basti pensare a questo elemento centrale;<br />
vedete questa specie di cascata di righe oblique, in realtà è un materializzarsi visivo dei raggi di luce<br />
che penetrano dalla finestra e che, vedete, incidono secondo una regola accademica sulla figura di<br />
fondo, mettendo in ombra la parte retrostante, materializzandosi però in una forma quasi astratta. In<br />
pratica siamo davanti al passaggio da una pittura che ancora tiene conto delle regole dello spazio,<br />
delle regole della descrizione naturalistica, ad una forma più astrattizzante cioè che tende, attraverso<br />
l’uso della luce, a svelare i movimenti e le compenetrazioni dei corpi.<br />
D’altra parte lo studio della luce è dominante: questo è un dipinto di Luigi Russolo, sempre del 1909<br />
(tutto si gioca in quegli anni, tra il 1909 e il 1912 come vedrete), che rappresenta un temporale,<br />
quindi in realtà un tema tradizionalmente ottocentesco, che si svolge in questo caso in un paesaggio<br />
urbano, ma poteva essere anche la campagna. Vorrei far notare che lo skyline della città non è quello<br />
della città antica, ma della città moderna che è fatta dagli opifici, dalle fabbriche, dalle ciminiere,<br />
dalle luci a gas che illuminano le strade, in questo caso si tratta di Milano, dove però in qualche<br />
modo la luce artificiale, la presenza umana si attenua dando invece uno spazio gigantesco a una<br />
forza della natura che è il lampo che esplode e che <strong>nel</strong> suo esplicitarsi trasforma tutto quello che ha<br />
intorno, quindi l’acqua, le nubi ecc, in frammenti di pittura che piovono sulla città. Quindi, in qualche<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
modo, anche la nuvola, anche la città sembrano smangiarsi, sembrano perdersi per dar vita a una<br />
lettura di superficie estremamente vivace, estremamente sensibile. Questa sensibilità si lega al tema<br />
fondamentale della cultura futurista e cioè il tema del movimento.<br />
Ricordo che una delle frasi che aprono il Manifesto stilato da Marinetti è proprio l’incitare alla velocità<br />
e al movimento come valore fondamentale dell’arte moderna, dell’arte nuova. Perché velocità e<br />
movimento?<br />
Perché naturalmente il passato è immobile, perché il passato è stratificato e quindi se noi vogliamo<br />
fare i moderni inevitabilmente dobbiamo scegliere l’alternativa alla staticità che è appunto la velocità.<br />
Cosa c’è di più veloce ai tempi di Marinetti?<br />
La macchina, l’automobile che è stata da poco inventata, la motocicletta, e l’automobile da corsa, la<br />
mitica frase “la bellezza di un’automobile da corsa che corre sulla linea della mitraglia” cioè la velocità<br />
e il rumore di un colpo di mitragliatore, non è esaltazione della macchina da corsa come esaltazione<br />
di uno status symbol sociale, ma è proprio l’idea che la macchina, che è un prodotto dell’uomo, un<br />
prodotto meccanico, assuma <strong>nel</strong> suo movimento attraverso lo spazio il compito di essere vessillifera<br />
della modernità, tanto quanto la Nike di Samotracia era vessillifera dei valori classici. È per quello<br />
che egli afferma perentopriamente che la macchina da corsa in velocità è più bella della Vittoria<br />
di Samotracia. Badate bene che Marinetti non è uno sciocco, non è un ignorante e apprezzava<br />
moltissimo l’arte classica, quindi non è il disprezzo di un ignorante, è il disprezzo di un intellettuale<br />
che dice che è ora di finirla di credere che la bellezza sia commisurabile ai valori della classicità<br />
perché noi non siamo più la classicità. Noi siamo un’altra cosa, volenti o nolenti, possiamo anche non<br />
essere felici di essere così, ma certamente noi non siamo il modo antico ed è quindi inutile che ci<br />
crogioliamo <strong>nel</strong>la bellezza dell’antichità perché non è la nostra arte. La nostra arte è la macchina, è<br />
l’industria, la velocità, la guerra, la violenza ecc.<br />
Proprio sulla scorta di questa dichiarazione volevo anche indicare un altro elemento: Marinetti<br />
inventa un sistema di comunicazione, che poi è quello che usiamo oggi fondamentalmente; lui è<br />
stato uno dei primi grandi comunicatori dell’età moderna e in questo senso anche il rapporto con<br />
D’Annunzio è interessante, perché Marinetti scrisse questo Manifesto tra l’ottobre e il dicembre<br />
del 1908 in lingua italiana.<br />
Egli era nato ad Alessandria d’Egitto, la lingua francese era praticamente la sua lingua madre,<br />
nonostante la sua famiglia fosse italiana, aveva vissuto a Parigi e viveva tra Parigi e Milano quindi in<br />
realtà aveva una vita internazionale, aveva una visione internazionale, ma lui a Milano scrive questo<br />
Manifesto in lingua italiana e lo manda tra la metà e la fine di gennaio del 1909 a quasi tutte le<br />
redazioni dei giornali locali italiani perché i nazionali naturalmente non gli davano credito. In realtà<br />
i giornali non pubblicarono il manifesto, tranne uno, La Gazzetta dell’Emilia che il 5 febbraio 1909<br />
pubblica sulla prima pagina il Manifesto in italiano. Poi altri giornali danno dei trafiletti brevissimi, di<br />
tre righe, dicendo che era arrivata quella cosa in redazione, ma non gli davano credito.<br />
La pubblicazione del 5 gennaio è passata <strong>nel</strong> dimenticatoio e Marinetti capisce che in Italia la sua<br />
posizione, la sua proposta, non funziona e quindi decide di tradurla in francese e di proporla a Le<br />
Figaro; era molto amico, attraverso rapporti famigliari, del direttore de Le Figaro il quale gli da lo<br />
spazio domenicale e il 20 febbraio viene pubblicato il Manifesto.<br />
Pubblicare a Parigi significa dare un credito e un’importanza a questa dichiarazione di guerra<br />
dell’arte italiana assolutamente meravigliosa, eccezionale, e questo tipo di impatto si riversa poi sulla<br />
cultura italiana.<br />
Infatti, subito a ridosso della pubblicazione, alcuni artisti che si muovevano intorno a Marinetti si<br />
riuniscono a casa sua, in via Senato, ed è divertente pensare che Marinetti riceva Boccioni, riceva<br />
Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla che era stato maestro di Boccioni, in un salottino turco,<br />
di gusto quindi totalmente antifuturista, dove praticamente si avviano delle serate, degli incontri<br />
di discussione durante i quali questi pittori cercano di trasferire il messaggio e i valori fondanti del<br />
Manifesto del <strong>Futurismo</strong> marinettiano all’interno della produzione artistica. È li che nasce, in questo<br />
salotto e sotto l’egida di Marinetti, il Manifesto della pittura futurista che vede la luce <strong>nel</strong> 1910,<br />
che viene pubblicato in Le Figaro, divenuto ormai la tribuna di riferimento, firmato da Boccioni,<br />
da Russolo, da Carrà da Severini e anche da Romolo Romani che era un <strong>bresciano</strong>, che viveva e<br />
lavorava a Milano, e da Aroldo Bonzagni che era di ambito bolognese.<br />
20 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 21 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
La reazione al Manifesto della pittura futurista è cosi violenta e così pesante che subito dopo la<br />
pubblicazione Romolo Romani e Aroldo Bonzagni ritirano le loro firme. Romolo Romani abbandona<br />
Milano e torna a Brescia a vivere e non fa il futurista, ma si impegna in una pittura tradizionale,<br />
perché quello era ciò che la nostra città in qualche modo voleva, ed è così impaurito di essere legato<br />
ai futuristi che non ne vuole più sapere. Ciò è interessante perché in realtà Romani aveva realizzato<br />
delle invenzioni pittoriche tra il 1904 e il 1907 che sono davvero pre-futuriste. Questo spiegherebbe<br />
come mai egli abbia apposto la propria firma al manifesto della pittura, ma poi le reazioni del mondo,<br />
dell’establishment furono così violente che egli si ritirò.<br />
Subito a seguire, <strong>nel</strong> 1911, segue il Manifesto della scultura futurista di Boccioni e potrei continuare<br />
così fino agli anni Trenta.<br />
Perché i manifesti sono così importanti? Perché il manifesto è una dichiarazione di intenti<br />
e l’intelligenza di Marinetti fu proprio di capire che l’unico modo per incidere <strong>nel</strong>la realtà<br />
contemporanea, per far parlare di sè, per avere l’audience di un pubblico vastissimo attraverso<br />
i giornali, attraverso le riviste, attraverso anche le notizie spicciole, anedottiche come quello che<br />
succedeva <strong>nel</strong>le serate futuriste che finivano di solito a botte con i futuristi che insultavano il pubblico,<br />
il pubblico che tirava le sedie, pomodori, ortaggi, serviva tutto questo a far parlare dei futuristi, a tal<br />
punto che, verso il 1912-1913, l’Italia si sente futurista, almeno Marinetti afferma questo.<br />
Quindi in qualche modo l’idea marinettiana è proprio quella che ciò che conta è la dichiarazione<br />
di intenti, i principi di base, ai quali naturalmente ci si aggrega scegliendo di iscriversi al<br />
<strong>Futurismo</strong> e questo dimostra il perché noi possiamo contare circa 1200 nomi di artisti futuristi,<br />
di diversi livelli qualitativi naturalmente, cosa che non succede per nessun altro movimento<br />
d’avanguardia del Novecento.<br />
Ritornando di nuovo alle origini cosa succede tra il 1909 e il 1911?<br />
Boccioni è il punto nevralgico di questo fenomeno. Questo vuol dire anche una cosa importante<br />
dal punto di vista dei contenuti del <strong>Futurismo</strong>: La città che sale di Boccioni è considerato in<br />
qualche modo il dipinto emblematico di quella situazione. Rappresenta un cantiere edile della<br />
città di Milano, <strong>nel</strong>la periferia dove si stanno costruendo le case operaie, gli opifici, cioè la<br />
città che si allarga, che mangia la campagna, il moderno che distrugge l’antico, l’industria<br />
che distrugge la tradizione contadina, dove si vede un carro con due cavalli da traino che si<br />
imbizzarriscono. Quello che rappresenta il pittore non è l’episodio aneddotico dei cavalli che<br />
si imbizzarriscono <strong>nel</strong> cantiere,ma la rappresentazione della compenetrazione dei corpi cioè<br />
la violenza del movimento rappresentata dalla macchia al centro che indica il movimento del<br />
cavallo che entra in conflitto con l’aria che attraversa, in conflitto con la forza degli operai che<br />
cercano di tenere ferme le briglie perché il cavallo è imbizzarrito e rovescia il carro, con le<br />
impalcature che salgono sul fondo, la città, i fumi degli opifici. Tutto questo viene liberato dalla<br />
descrittività del disegno e diventa invece filamento di colore che si compenetra. Quindi il quadro<br />
non rappresenta l’episodio che ho descritto, ma rappresenta il movimento e l’attraversamento<br />
dello spazio di un corpo in un segmento temporale molto breve.<br />
È esattamente questo che Boccioni vuole evidenziare, ovvero l’idea che la materia in tutti i suoi<br />
aspetti, cioè la materia in senso fisico, ma anche la materia come la luce, la materia colore, sia<br />
pura energia. Questo è un concetto sul quale Einstein costruisce la teoria della relatività ed è un<br />
concetto che è patrimonio della cultura europea proprio dall’inizio del Novecento. Non sto dicendo<br />
che Boccioni poteva fare quello che ha fatto Einstein, sto dicendo che sia Boccioni sia Einstein<br />
appartengono allo stesso segmento culturale, appartengono allo stesso sentire, appartengono alla<br />
stessa modalità di coscienza e di cultura che è quella appunto che veniva dal Modernismo.<br />
Ora l’idea del <strong>Futurismo</strong> di Boccioni è un’idea purista cioè per Boccioni l’arte futurista è, o può<br />
essere, l’arte della parola, ed è ciò che diceva Marinetti, ma <strong>nel</strong> campo delle arti figurative, il<br />
<strong>Futurismo</strong> poteva essere solo pittura o scultura. Sulla pittura abbiamo detto, La città che sale ne è<br />
un’esemplificazione e poi <strong>nel</strong> 1911 c’è il famosissimo trittico Stati d’animo che oggi voi potreste<br />
vedere in due sedi perché a Milano sono esposti i bozzetti del 1910 e a Roma, alle scuderie del<br />
Quirinale, la redazione finale che è normalmente esposta al Museum of Modern Art di New York.<br />
È un trittico, quindi è l’idea di un racconto, si intitola Stati d’animo, un titolo tipicamente simbolista,<br />
legato all’idea che l’arte va proprio a scavare <strong>nel</strong>la sensorialità e nei sentimenti degli esseri umani, ed<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
è diviso in tre parti ed hanno dei titoli: Quelli che partono, Gli addii che è la parte centrale, Quelli che<br />
restano.<br />
Ciò che si vede in queste tre tele è qualcosa di assolutamente non descrittivo, è ovvio, ma è una<br />
rappresentazione che articola il racconto attraverso delle linee modulari; per cui Quelli che partono<br />
sono rappresentati da linee oblique, in movimento <strong>nel</strong>lo spazio, Gli addii dalla compenetrazione di<br />
una locomotiva che entra <strong>nel</strong>la stazione di Milano, sbuffando, e che sembra attraversare, diciamo,<br />
la gente che si sta salutando sul binario, Quelli che restano sono rappresentati da linee verticali che<br />
simboleggiano la stabilità, la staticità di coloro che sono rimasti.<br />
Questa idea che il racconto dei sentimenti, dei rapporti umani, dei rapporti esistenziali, passi<br />
attraverso una forma che ha delle valenze astratte toglie dal campo un problema e Boccioni lo<br />
sosteneva: il <strong>Futurismo</strong> non può scendere a patti con la quotidianità, in un rapporto diretto con un<br />
pubblico comune. È un linguaggio intellettuale, è un linguaggio poetico, che non può davvero avere a<br />
che fare con la larga massa della società.<br />
Questa posizione lo mette in conflitto con Marinetti, perché Marinetti, da intellettuale, ma soprattutto<br />
da comunicatore, sapeva benissimo che la fortuna del movimento poteva essere solo il largo<br />
pubblico, non il ristretto circolo di intellettuali, per cui tra i due avviene uno scontro su quale direzione<br />
deve prendere il <strong>Futurismo</strong>. Però scoppia la guerra, Boccioni è arruolato, come è noto durante una<br />
licenza rientra in Italia, cade da cavallo e muore, ma in realtà con lo scoppio della guerra e l’addio<br />
di Boccioni a Marinetti, la linea del <strong>Futurismo</strong> marinettiano si sposta su Giacomo Balla, cioè Milano<br />
perde il ruolo di capitale del <strong>Futurismo</strong> a favore di Roma.<br />
Tornando alla redazione finale degli Stati d’animo, Quelli che partono, <strong>nel</strong>la prima delle tre tele del<br />
1911, i volti degli individui perdono ovviamente di qualsiasi connotazione naturalistica, non solo, ma<br />
si smontano come delle maschere e qui c’è anche un rapporto, che diventerà più evidente <strong>nel</strong> 1912,<br />
con il Cubismo francese. Va ricordato che Boccioni è andato a Parigi già dal 1909 insieme a Severini,<br />
poi Severini a Parigi si è fermato per lunghi anni, Boccioni è tornato in Italia, ma il contatto con Parigi<br />
ha certamente determinato delle sinergie che qui sono evidenti. Boccioni però non accetta l’idea, in<br />
qualche modo statica, del Cubismo picassiano, cioè non gli interessa ricostruire razionalmente sulla<br />
tela diversi punti di visione di un corpo, ma gli interessa rappresentare la quarta dimensione, cioè<br />
la dimensione temporale. Quindi i corpi si smontano, i volti si frantumano, penetrano <strong>nel</strong>lo spazio<br />
e ,l’aria non è un vuoto, come era sempre stato <strong>nel</strong>la pittura, ma diventa un pieno che modifica<br />
l’aspetto dei corpi che la attraversano creando queste linee andamentali che sono le linee oblique<br />
che danno il senso del movimento. Quindi in realtà il dipinto, che per definizione è statico perché non<br />
si muove, da allo spettatore la percezione di un movimento ritmico: è la quarta dimensione che viene<br />
messa in evidenza.<br />
Questo concetto è ancora più esplicito in Gli addii: il gruppo di numeri, che è il numero di serie della<br />
locomotiva in realtà non si vede perché qui c’è l’idea della macchina, vista però lateralmente, le due<br />
ciminiere, i vapori del fumo perché la locomotiva sta entrando sferragliando <strong>nel</strong>la stazione, vedete<br />
per esempio queste figure verdi che si muovono come delle onde sono le persone che stanno sui<br />
binari; cosa succede, non c’è più la distinzione di piani, la distinzione di profondità, ma tutto viene<br />
portato sul primo piano, la locomotiva entra <strong>nel</strong>le persone e le persone <strong>nel</strong>la locomotiva, il vapore<br />
<strong>nel</strong>la stazione, i binari non corrispondono alla locomotiva perché ciò che conta non è la descrizione<br />
dell’evento e soprattutto la pittura non deve illudere di una verità naturale, ma deve raccontare e in<br />
qualche modo restituire il senso del reale attraverso sensazioni visive e percezioni, compenetrazioni di<br />
spazio e di tempo, materia e energia. Questa è la forza della pittura di Boccioni perché altrimenti non<br />
la capiremmo mai.<br />
Questi sono Quelli che restano, vedete le figure che si muovono <strong>nel</strong>lo spazio, di schiena, si<br />
allontanano dalla stazione e vedete che l’aria che attraversano produce linee di verticalità che<br />
rappresentano una forma di immobilismo rispetto alle energie scatenate dal treno che arriva, in Gli<br />
addii, e in Quelli che partono.<br />
Ma ancor di più La città entra <strong>nel</strong>la casa, è uno dei capolavori boccioniani proprio <strong>nel</strong>l’idea di<br />
compenetrazione dello spazio e del tempo.<br />
In realtà l’episodio raccontato è la madre, soggetto favorito di Boccioni nei suoi dipinti, utilizzata<br />
come termine di paragone spazio/temporale. La madre è affacciata alla ringhiera della casa<br />
22 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 23 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
dove abitavano, si affaccia sulla piazza che è una piazza popolare della periferia di Milano, con<br />
le impalcature delle case in costruzione, le case operaie, i carri che passano. Tutto questo, che<br />
è una visione banalmente ottocentesca, diventa in questo dipinto una esplicitazione del concetto<br />
che la città <strong>nel</strong> suo insieme, cioè persone, case, edifici, trasporti, movimenti, entrano <strong>nel</strong>la casa di<br />
Boccioni ovvero la casa e la madre di Boccioni entrano <strong>nel</strong>la città. E allora ecco che le case della<br />
visione sono tutte sghembe e sembrano collassare verso la piazza oppure vedete addirittura che<br />
il carro del mercato entra <strong>nel</strong>la balausta del balcone di casa. Ma ancora di più, in questo senso,<br />
ecco la strada: la madre, la figura in primo piano, ha la testa attraversata da un tram. Non è una<br />
follia boccioniana, non è un desiderio di omicidio nei confronti della madre, è l’idea che <strong>nel</strong>lo<br />
spazio/tempo di quell’attimo di quella visione, il tram entra <strong>nel</strong>la madre e la madre come vedete si<br />
specchia <strong>nel</strong>la città, il suo volto è la città e non c’è più distinzione di ruoli, di spazi, di tempi. Proprio<br />
ciò che Marinetti aveva teorizzato con il suo Manifesto.<br />
La risata è uno dei capolavori ultimi di Boccioni, 1912, lui stesso ne parla, è un quadro che fece<br />
molto discutere perché fu esposto <strong>nel</strong>la Prima mostra internazionale dei futuristi del 1912 a<br />
Parigi. Quindi scelsero per la prima uscita pubblica collettiva non Milano, non Roma, ma Parigi e<br />
in quella mostra del 1912 non c’erano solo loro, ma c’erano anche Picasso, Braque, Archipenko,<br />
Brancusi cioè tutta quella parte di cultura parigina internazionale che dava vita ai diversi fenomeni<br />
dell’avanguardia e infatti la mostra che da poco ha chiuso al Beaubourg e che oggi si è spostata a<br />
Roma è dedicata proprio a quella mostra del 1912.<br />
La risata rappresenta una serata tra amici in cui Boccioni ricostruisce mentalmente, <strong>nel</strong> ricordo,<br />
singole parti di quell’avvenimento, quindi avete la bombetta di un amico appoggiata sul tavolo,<br />
dei bicchieri pieni di vino, delle corbeilles di fiori, le luci del bar-cabaret, soprattutto il ricordo di<br />
una donna, di un’amica, che davanti a una battuta tira indietro la testa e si mette a ridere e la sua<br />
risata crea delle onde sonore che attraversano tutta la visione. Quindi ciò che egli ricostruisce,<br />
e che da il titolo al dipinto, non è una ricostruzione naturalistica di un avvenimento, ma è la<br />
ricostruzione direi simbolica di quell’avvenimento, fatta per segmenti di memoria e i segmenti<br />
di memoria sono legati alle teorie bergsoniane che sono esattamente legate a quel sistema di<br />
pensiero di cui i futuristi fanno parte.<br />
Romolo Romani è l’autore di questo disegno che fa parte delle collezioni dei Civici Musei di Brescia e<br />
si intitola Lussuria. È chiaramente un’immagine di carattere simbolista e la lussuria è rappresentata<br />
da un’immagine astratta che vagamente ricorda un volto femminile dalla lunga capigliatura che in<br />
realtà simula un groviglio di serpenti. <strong>Il</strong> tema della lussuria è legato alla figura di Eva ovviamente e<br />
del serpente, così come gli occhi a fessura, la linea del naso, la bocca rimandano al sesso femminile,<br />
con le linee che portano tutte verso questo centro di attenzione. Dunque l’idea di Romolo Romani, ma<br />
questo è un disegno del 1906 quindi pre-futurista, già rivela un’idea di movimento, compenetrazione,<br />
schematizzazione astratta che troverà ragione <strong>nel</strong> <strong>Futurismo</strong> vero e proprio. Ripeto, Romani firmerà<br />
il manifesto, ma sceglierà poi la strada di rinuncia per motivi personali e guardate quanto quell’idea<br />
della lussuria personificata da una maschera ritorni in Boccioni in questo dipinto del 1912 che si<br />
intitola Idolo moderno. L’idolo moderno è ovviamente la donna simbolista, la donna vampiro, la donna<br />
che personifica la lussuria, il piacere, ma anche il divertimento e guardate quanto la figura, il volto<br />
come una maschera, gli occhi dilatati, abbiano strettissime affinità con la cultura secessionista, penso<br />
immediatamente a Gustav Klimt per esempio, ma soprattutto a Franz Von Stuck e alla Secessione di<br />
Monaco e a Edvard Munch. Quindi vedete che c’è veramente una condivisione di situazioni culturali<br />
di cui Boccioni è un punto di arrivo.<br />
Dicevo prima che con il 1914, in realtà già con la mostra del 1912, l’unità dei futuristi si è frantumata<br />
e già le polemiche tra Boccioni e Marinetti si sono fatte vivaci, Balla prende il sopravvento, ma non<br />
a discapito di Boccioni, in realtà Boccioni si allontana sponte propria e fa quindi una sua scelta<br />
di isolamento intellettualistico, mentre Balla entra prepotentemente <strong>nel</strong>l’entourage marinettiano<br />
prendendo tutto lo spazio possibile.<br />
Balla è quello che fra tutti i futuristi si occupa dell’idea della rappresentazione, passatemi il termine,<br />
cinematografica dell’immagine, ma questo per una ragione molto semplice; Balla lavorava a Roma,<br />
era di origine torinese, ma poi si era trasferito a Roma dove aveva dato i primi rudimenti della pittura<br />
a Boccioni che dalla Calabria saliva verso Milano. Balla era legatissimo ad Anton Giulio Bragaglia<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
e alla Casa d’arte Bragaglia. I Bragaglia sono i primi in Italia ad applicare le tecnologie dei fratelli<br />
Lumière cioè a produrre prima le cronofotografie, cioè fotomontaggi con fotografie che danno l’idea<br />
del movimento, tipo i cartoni animati, e poi i primi cortometraggi su pellicola.<br />
Proprio sull’esperienza della cinematografia, Balla cerca di portare <strong>nel</strong>la pittura la novità del<br />
linguaggio cinematografico, cioè rendere il senso del movimento. Boccioni l’aveva fatto con l’idea<br />
del colore e delle linee che si compenetravano, Balla lo fa attraverso la ripetizione degli elementi<br />
costitutivi dell’immagine, fissandosi sui dettagli.<br />
È famosissima la ragazza, la bambina, che poi è la figlia di Balla, che corre sul balcone perché<br />
insegue una palla, gioca con una palla e cosa si vede: più sagome, nove sagome di una figura<br />
tutta smontata che ha naturalmente diciotto piedi che si muovono e che compenetra il suo corpo<br />
con la balaustra del ballatoio. In realtà se noi potessimo avere nove cartoni che rappresentano le<br />
nove sagome e li facessimo andare alla velocità di 1/30 di secondo vedremmo una bambina che<br />
corre così come per la signora col cagnolino: vediamo i piedi della signora e le zampe del cagnolino,<br />
vedremmo un cagnolino che sgambetta e scodinzola.<br />
Questo accade esattamente in uno dei capolavori di Balla di questi anni, 1911 inizi del 1912, che<br />
è il Movimento dell’archetto o Mano del violinista, che fra l’altro è realizzato in una tela triangolare<br />
che già smonta l’idea del quadro tradizionale quadrato o rettangolare e punta l’attenzione, la lente<br />
di ingrandimento, sul movimento della mano sinistra del violinista, cioè quella che si muove sulle<br />
corde del violino, e poi l’archetto. <strong>Il</strong> tutto è reso attraverso un moltiplicarsi del disegno, attraverso<br />
quindi una pittura tutta segmentata, che veniva dai divisionisti. e che ho mostrato all’inizio del<br />
discorso, e che restituisce allo spettatore l’immagine del movimento e anche il suono, perché<br />
l’idea futurista è l’idea che veniva dalla tradizione modernista di un’opera d’arte totale cioè lo<br />
spettatore non usa soltanto gli occhi, <strong>nel</strong>la sua mente la percezione data dal movimento deve<br />
restituire anche suoni, effetti tattili, cioè tutti i nostri sensi dovrebbero essere portati a ricostruire la<br />
lettura dell’opera d’arte più completa possibile.<br />
Boccioni risponde a Balla, <strong>nel</strong>lo stesso anno, con la tela Elasticità, che in realtà è un cavaliere a<br />
cavallo che corre <strong>nel</strong>la città. Qui vedete quanto la lezione picassiana sia importante per Boccioni:<br />
il cavallo in realtà è una costruzione che sembra prefigurare Guernica, cioè l’animale sembra tutto<br />
costituito di volumi geometrici, accorpati, tridimensionali, in cui il cavaliere si inserisce, si incastra, così<br />
come il paesaggio e la città restituiscono un movimento plastico. Mentre Balla intende la plasticità<br />
dinamica come più grafica e sonora, Boccioni restituisce pittoricamente un movimento plastico e<br />
tridimensionale.<br />
È da questo ragionamento che nasce il Manifesto della scultura futurista firmato da Boccioni<br />
<strong>nel</strong> 1911.<br />
Sviluppo di una bottiglia <strong>nel</strong>lo spazio è una bottiglia che viene analizzata con l’occhio di Picasso, cioè<br />
la bottiglia come volume geometrico, alla quale si aggiunge come plusvalore la lezione futurista del<br />
tempo cioè del movimento, dell’energia. La bottiglia davanti ai nostri occhi si apre e si dipana <strong>nel</strong>lo<br />
spazio e si ricongiunge continuamente.<br />
Questa idea di una scultura dinamica, che sembra una contraddizione perché la scultura, forse ancor<br />
più della pittura, è qualcosa di stabile, ha anch’essa una ragion d’essere <strong>nel</strong> passato, <strong>nel</strong> passato<br />
recente della tradizione di poco precedente, ovvero in Medardo Rosso. Medardo Rosso è stato<br />
un grande scultore italiano del periodo della cultura simbolista che si era trasferito a Parigi, aveva<br />
lavorato a lungo assieme a Rodin e propone una scultura che rifiuta l’idea della statuaria, ma inventa<br />
una scultura che è sensibile ai passaggi luminosi, ai passaggi di materia. Ad esempio in questa<br />
fusione di bronzo dal titolo Bookmaker, cioè lo scommettitore delle corse, voi vedete che in realtà la<br />
figura dell’uomo non è descritta per quello che è, ciò che conta è la massa del bronzo che sembra<br />
muoversi e smontarsi colpita dalla luce.<br />
Questo movimento, guarda caso, trova ragione e unità in questo che è il capolavoro assoluto<br />
della scultura boccioniana il cui titolo è Forme uniche della continuità <strong>nel</strong>lo spazio. <strong>Il</strong> titolo spiega<br />
esattamente che cosa è: forme uniche della continuità vuol dire che il corpo è un’unità, però viene<br />
usato il plurale, forme uniche, non forma unica, vuol dire che Boccioni ci sta suggerendo che il corpo,<br />
cioè l’oggetto, può essere il corpo umano, un bicchiere, questo orologio, può essere una pianta,<br />
non è una forma data una volta per tutte, ma in realtà si modifica continuamente <strong>nel</strong> tempo e <strong>nel</strong>lo<br />
24 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 25 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
spazio. Le sue sono però forme uniche di continuità all’interno dello spazio, quindi quest’uomo che<br />
cammina, che sembra fendere un vento che lo sospinge all’indietro, il cui corpo, le cui cellule si<br />
smontano e si rimontano velocemente <strong>nel</strong>la compenetrazione con lo spazio e con il tempo. L’artista<br />
ha dato vita alla quarta dimensione anche <strong>nel</strong>la scultura.<br />
È chiaro che con questo, così come aveva fatto con la pittura, Boccioni ha ucciso l’idea delle<br />
tre dimensioni dell’arte antica sia <strong>nel</strong>la scultura sia <strong>nel</strong>la pittura ed ha aperto la strada all’arte<br />
contemporanea cioè a quella delle installazioni, della performance, quella della body art.<br />
Non solo lui naturalmente perché i futuristi sono stati veramente una squadra d’assalto pur <strong>nel</strong>la loro<br />
individualità.<br />
Balla ha fatto le cose che vi dicevo, Boccioni muore all’inizio della guerra, e in quegli anni si affaccia,<br />
giovanissimo, Fortunato Depero che sarà l’alfiere del cosiddetto secondo <strong>Futurismo</strong>.<br />
Di origine trentina, era nato a Rovereto, aveva però studiato anche a Milano, si è spostato a Roma, si<br />
è poi recato a Parigi e a New York. Sulla scorta del rapporto con Marinetti e con Balla a che cosa dá<br />
vita Depero? Depero dá vita ad una idea dell’arte futurista diffusa e non elitaria, come l’aveva pensata<br />
Boccioni, ma diffusa in tutti gli aspetti della creatività artistica. Quindi non solo pittura o scultura, ma<br />
anche per esempio grafica, pubblicità, oggetti, mobili, tappeti, tessuti e poi parole.<br />
Queste sono le cosiddette Parolibere del 1914, che cosa è? È la trascrizione del teatro onomatopeico<br />
ovvero la poesia, la parola moderna non è la parola dantesca, la poesia dantesca, ma è la stessa<br />
questione della macchina e della Vittoria di Samotracia. Non è che Depero non apprezzi Dante o non<br />
apprezzi Petrarca: siamo sicuri che la contemporaneità, le parole, la poesia della contemporaneità<br />
siano “chiare, fresche, dolci acque” e non invece il rumore dei campa<strong>nel</strong>li del tram che passa, del<br />
rumore del treno, della fabbrica, della sirena? I suoni del contemporaneo diventano anche visivi, non<br />
soltanto uditivi, noi sentiamo e leggiamo contemporaneamente. È l’idea appunto del teatro parolibero,<br />
cioè dove si mettono insieme suono, recitazione, racconto e scrittura e anche estetica grafica:<br />
un’opera d’arte totale, appunto.<br />
Volete che a questo punto il <strong>Futurismo</strong> non entri anche <strong>nel</strong>l’idea di città e di architettura? In realtà ci è<br />
entrato poco agli inizi, perché l’unico che l’ha fatto, Antonio Sant’Elia che è l’autore di questi progetti,<br />
questo per un edificio abitativo e questo per una centrale elettrica, muore in trincea proprio <strong>nel</strong> primo<br />
anno di guerra, quindi in realtà non potrà mai veder realizzati questi suoi progetti. Guardate però<br />
quanto questi progetti del 1914 abbiano dentro tutto quello che succederà negli anni Trenta e negli<br />
anni Cinquanta, il Razionalismo, il Funzionalismo, l’architettura industriale, quanto il film Metropolis di<br />
Fritz Lang debba a questi progetti. <strong>Il</strong> futurismo era la trasformazione della vita, della città, era un’altra<br />
cosa rispetto a come era partito dal punto di vista di Boccioni naturalmente, non di Marinetti.<br />
Dopo la guerra le carte sul tavolo sono cambiate totalmente, tutta l’Europa è modificata e<br />
cambiata, il pubblico è cambiato, la sensibilità è mutata, anche i futuristi cambiano e il perno<br />
diventa Depero.<br />
Nel 1920 Depero realizza questo dipinto dedicato al suo laboratorio, quello che lui chiama “La casa<br />
del mago” che si trova a Rovereto, e che è stato riaperto pochi mesi fa dopo un lunghissimo restauro,<br />
ed è il laboratorio moderno delle arti applicate, cioè dove il <strong>Futurismo</strong> è il linguaggio che modifica la<br />
vita di tutti i giorni.<br />
Non è più, ripeto, la parola rivoluzionaria di Marinetti, il lavoro elitario, energetico, materico di Boccioni,<br />
il movimento cinematografico di Balla, è qualcosa di più capillare, di più profondo; entra <strong>nel</strong>le case di<br />
tutti, il <strong>Futurismo</strong> modifica o deve modificare la vita di tutti.<br />
Infatti vedete che <strong>nel</strong> laboratorio di Depero, dove lavorava sua moglie, lavoravano degli aiutanti, non ci<br />
sono uomini e donne, ci sono dei robot, ci sono delle macchine, è quel macchinismo che caratterizza<br />
anche il Cubismo degli anni Venti, e cito per tutti Fernand Léger, che prende il linguaggio di Picasso<br />
e lo trasfigura <strong>nel</strong> linguaggio degli ingranaggi della macchina. È l’esaltazione della civiltà industriale<br />
post bellica. Tenete conto che siamo in piena ricostruzione in Italia dove si esalta l’industria come<br />
unica possibilità per far entrare <strong>nel</strong> nostro paese la modernità dopo i disastri della guerra.<br />
Qui rientra anche l’idea tipicamente deperiana del gioco che è una delle componenti fondamentali<br />
del secondo <strong>Futurismo</strong>, l’ironia, il gioco sarcastico, la violenza, se volete.<br />
La costruzione del lampo, il titolo di questo dipinto di Depero del 1926 quindi in pieni anni Venti, in<br />
piena Art Dèco, dá un’idea fumettistica della realtà, spiritosa, divertente, di cartolina per bambini che<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
dá del <strong>Futurismo</strong> quindi un aspetto giocoso, divertente, che è la caratteristica proprio degli anni Venti,<br />
molto diversa dalla seriosità da manifesto dell’inizio, degli esordi.<br />
Tanto è che Depero dedica al padre padrone del <strong>Futurismo</strong>, Filippo Tommaso Marinetti, questo<br />
ritratto ideale patriottico del 1916 dove Marinetti è rappresentato come un manichino, ma non è<br />
una polemica nei confronti di Marinetti ma è per dire che la forza dell’uomo moderno è la forza<br />
meccanica, di questa energia che va a 6000 volt, come diceva Marinetti, e guardate che la sua<br />
energia è data dal fatto che la testa è piena di lampi che esplodono.<br />
Poi c’è proprio l’esaltazione assoluta dell’oggetto meccanico che a questo punto, a queste date, cioè<br />
1926-27-28, non è più solo la macchina ma è per esempio il motoscafo. Questo è un dipinto di<br />
Benedetta, la moglie di Marinetti; per quanto Marinetti avesse scritto <strong>nel</strong> manifesto che era nemico<br />
delle donne ed era contro il femminismo, in realtà <strong>nel</strong> <strong>Futurismo</strong> italiano e <strong>nel</strong> Cubofuturismo russo<br />
per la prima volta le donne artiste ebbero delle posizioni paritarie agli uomini artisti. Quindi in effetti le<br />
avanguardie avevano spezzato anche una lancia importante per la crescita della posizione femminile<br />
all’interno del mondo dell’arte.<br />
Benedetta, che è stata parte importante del secondo <strong>Futurismo</strong>, presenta qui La scia del<br />
motoscafo, il motoscafo è l’oggetto che corre in lontananza ma ciò che viene rappresentato<br />
non è l’oggetto in sè, cioè il motoscafo, ma l’effetto che l’oggetto in sé fa fendendo l’aria e<br />
fendendo le onde con questi movimenti triangolari ritmici che hanno molto a che fare con<br />
l’astrattismo olandese di questi anni.<br />
L’aereo certamente per il secondo <strong>Futurismo</strong> è l’oggetto di passione, la rappresentazione vera e più<br />
profonda di questa nuova stagione della contemporaneità futurista.<br />
Questa è un’opera di Depero del 1928, un ritratto ideale del pilota Zari, ma volevo soprattutto<br />
mostrarvi il tipo di aereo, questo biplano fatto di cartone, un po’ come il biplano che ha usato<br />
D’Annunzio per il volo su <strong>Vie</strong>nna.<br />
Ecco che nasce l’Aeropittura che è la versione moderna del secondo <strong>Futurismo</strong> della pittura<br />
futurista, ha anch’essa un manifesto che viene stilato <strong>nel</strong> 1929, inizio 1930, e che propone una<br />
visione del mondo totalmente inedita rispetto ad ogni situazione del passato: questi artisti della<br />
seconda generazione del <strong>Futurismo</strong> si propongono di suggerire, di guardare il mondo dall’alto, cioè<br />
una visione planetaria del mondo, una visione addirittura siderale del mondo, dell’universo, dove le<br />
energie dell’universo e del movimento rotatorio della terra rendono gli oggetti che abbiamo sempre<br />
considerato monumenti, grandiosità, punti di riferimento, delle cosa da nulla.<br />
Ad esempio questa è un’opera di Tato della metà degli anni Trenta, è un volo a spirale con il biplano<br />
sul Colosseo. Che cosa ci dice? Innanzitutto che l’aereo compie un movimento a spirale come<br />
l’edificio del Colosseo ma facendo questo movimento il Colosseo diventa un oggetto della Lego, non<br />
è più l’antichità, non è più la grandiosità, non è più l’oggetto della città, ma è un incidente <strong>nel</strong>lo spazio<br />
infinito del movimento contemporaneo.<br />
Oppure questo di Prampolini dal titolo Prima che si apra il paracadute; è come se noi fotografassimo<br />
il paracadutista che si è buttato dall’aereo, in mezzo alle nuvole con il movimento dell’elica;<br />
intravedete sul fondo la campagna lontanissima e il corpo dell’uomo che si compenetra <strong>nel</strong>l’aria, ma<br />
vedete che la compenetrazione non è più tutta sfilacciata come quella di Boccioni, non è più ritmica<br />
come quella di Balla, ma è un corpo solido che entra <strong>nel</strong>lo spazio con un punto di vista totalmente<br />
lontano dalla linea dell’orizzonte e cioè veramente aprendosi ad una visione assolutamente inedita del<br />
mondo.<br />
Del resto Gerardo Dottori che è uno dei primi firmatari del Manifesto dell’Aeropittura, si immagina<br />
che dall’universo, vedete qui evidenti le lune, i pianeti che circondano la Terra, il sole, mandino delle<br />
energie fisicamente percepibili come dei coni di energia sulle montagne, sulle Alpi, sull’Italia, sul lago<br />
di Garda, producendo una relazione simbolica, energetica, mistica, dinamica, tra terra, mondo, realtà<br />
e infinito dei pianeti.<br />
Questo invece mi interessava mostralo perché è un punto di vista interessante molto vicino a certi<br />
episodi della contemporaneità: opera di Prampolini del 1939 dal titolo Puntando verso la città. Cosa<br />
è? Noi siamo il secondo pilota di un aereo bombardiere, pensate all’11 settembre, notate come la<br />
visione del mondo cambi, il bombardiere entra <strong>nel</strong>la città moderna. Quella che vedete sotto di voi<br />
che sembra una città fatta di costruzioni da bambino, della Lego appunto, in realtà è New York, è la<br />
26 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 27 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
città moderna, la città dei grattacieli, la città in movimento. In questo corpo in movimento penetra la<br />
violenza dell’aereo con il movimento dell’elica e con questa visione esplosiva.<br />
Movimento dell’elica che trovate in un oggetto di questo tipo: questo è un oggetto emerso<br />
recentissimamente agli studi, è un oggetto abbastanza particolare, si tratta di una scultura che ha<br />
anche una funzione di illuminazione, è un lampadario, che probabilmente è stato disegnato da Balla,<br />
realizzato in Emilia da dei fabbri ferrai che avevano una lunga tradizione tra l’altro liberty e dèco, e<br />
che rappresenta l’elica di un aereo; se voi lo guardate da sotto, gli elementi in vetro sono gli elementi<br />
in legno dell’elica che punta verso il basso mentre l’elemento di sostegno sono le saette che escono<br />
dal motore, quelle in ferro, sostenute da una struttura in alluminio, materiali contemporanei, un<br />
oggetto di uso domestico che rappresenta però il movimento dell’aereo.<br />
Quindi è questa l’idea dell’unione tra quotidiano e <strong>Futurismo</strong> che Boccioni rifiutava e che invece<br />
diventa parte integrante del secondo <strong>Futurismo</strong>. In effetti, proprio negli anni Venti, il <strong>Futurismo</strong> va<br />
a toccare tutta una serie di esperienze, che danno vita a una serie di manifesti, proprio legate agli<br />
oggetti, ad esempio la ceramica. Cosa c’è di più tradizionale della ceramica che dall’età più antica<br />
dell’uomo ha accompagnato lo sviluppo delle civiltà, con la ceramica si fanno gli oggetti d’uso, dal<br />
pentolame, piatti, bicchieri, tazze, tazzine.<br />
I futuristi, tra tutti Giacomo Balla, si pone il problema di come mettere in relazione le idee futuriste<br />
con l’oggetto quotidiano e lo fa sulla scorta di un manifesto. È il manifesto che ha sancito la rottura<br />
definitiva tra primo e secondo futurismo, è il manifesto del 1915, cioè proprio allo scoppio della prima<br />
guerra mondiale, firmato congiuntamente da “Balla e Depero artisti futuristi”, così si firmano, e si<br />
intitola Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> si pone quindi l’obbiettivo non solo di fare la rivoluzione, ma di cambiare tutto l’universo,<br />
non solo l’universo in senso fisico, di fare la guerra ecc., ma l’universo del quotidiano, del vivere.<br />
Questo giustifica il fatto che le dinamiche futuriste entrino negli oggetti.<br />
Questo è un vaso da fiori con una forma assolutamente inusitata perché è praticamente un bipede<br />
decorato da forme geometriche e da un aereo, un idrovolante.<br />
Questo è un piatto decorativo da appendere in cucina o <strong>nel</strong>le sale da pranzo e come il dipinto<br />
di Prampolini di prima si vede una città che i squaderna, questi elementi gialli sono i grattacieli<br />
rappresentati in senso grafico, i portici di una piazza, le antenne di una radio, vedete le linee elettriche<br />
e poi qui c’è un piccolo aeroplanino che vola.<br />
Oppure ancora vedete che l’oggetto banalmente domestico, come questa caraffa da vino, diventa<br />
<strong>nel</strong>le mani di un grande futurista come Tullio di Albisola, che è un artista futurista ceramista, quella<br />
che lui definisce “brocca antimitativa”: è una brocca, ci potete mettere l’acqua, il vino, quello che<br />
volete, un liquido, però la sua forma e il suo decoro non imitano niente, è antimitativa.<br />
È fatta da una forma continua, vedete che l’impugnatura è legata al piede, cioè la sua funzione<br />
la mantiene, ma diventa una linea unitaria, la decorazione esterna è fatta di forme geometriche<br />
e poi si intravede però qual è il soggetto, una figura che fuma e quello che esce dalla sigaretta<br />
sono questi a<strong>nel</strong>li di fumo che la delimitano. Ci sono delle parole, come le parole libertà, amore,<br />
fumo, amori, rumori cioè tutto ciò che è legato alla convivialità, alla funzione che la brocca ha<br />
nei rapporti tra le persone.<br />
Per esempio pensate anche ad un oggetto banalmente decorativo, il vaso porta fiori; questo è<br />
un vaso monofiore per una rosa, per un lillà, per quello che volete voi. Tullio di Albisola come lo<br />
trasforma? Ovviamente il vaso deve essere un vaso, ci deve stare dentro l’acqua e un fiore, quindi<br />
c’è un cono che tiene l’acqua però il cono ha la forma di una ciminiera dell’industria e poi la<br />
decorazione puramente astratta quindi proprio legata alla cultura dell’astrazione internazionale<br />
degli anni Venti. In più come decorazione ci mette un punto di domanda e infatti si chiama Vaso<br />
punto di domanda che vuol dire che vi state chiedendo cosa è questo oggetto, a cosa serve, serve<br />
per provocare <strong>nel</strong>la vostra vita di tutti i giorni uno straniamento, qualcosa che non vi aspettate e<br />
che vi pone quindi delle domande.<br />
Ad esempio questi vasi sono i vasi motorati, cioè le cinghie che legano il vaso sono come i pistoni dei<br />
motori però sono fatti di ceramica.<br />
Oppure guardate questa scultura di Fillia che tutto può sembrare, un robot, un marchingegno, ma<br />
è in realtà un vaso da fiori in ceramica. È fatto di cilindri, in questo cilindro si mette l’acqua e poi c’è<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> come arte d’avanguardia<br />
una sfera infilata in mezzo. È una struttura plastica <strong>nel</strong>lo spazio e quindi questo vi fa capire quanto<br />
il secondo futurismo sia collegato ad esempio con il grande fenomeno del Bauhaus che è il luogo<br />
d’invenzione del design moderno e della contemporaneità.<br />
Volevo mostrarvi questi due piccoli oggetti che sono di Bruno Munari, il grande designer degli anni<br />
Cinquanta, inventore di forme, di giochi per i bambini, di creatività, ha cominciato come futurista, era<br />
un futurista anche lui, come ceramista, lavora ad Albisola, e <strong>nel</strong> 1935 realizza questi due oggetti che<br />
sono due animali soprammobile.<br />
<strong>Il</strong> primo è un dromedario (siamo in piena età delle colonie) ma la cosa divertente è che il corpo<br />
dell’animale è fatto da cilindri, quindi da forme diciamo cubiste, e le gobbe sono le piramidi d’Egitto,<br />
il colore è quello del deserto quindi in realtà l’animale è il deserto con le piramidi egizie e il suo corpo<br />
è un corpo geometrizzato. <strong>Il</strong> secondo è un cane bulldog, un cane assolutamente virtuale, fatto di<br />
forme geometriche, la coda fatta come una maniglia, voi potete prendere il cane e spostarlo, tipo<br />
valigia, ed è questo il divertimento, l’ironia che mette in campo la cultura del secondo <strong>Futurismo</strong> fra<br />
Depero, Munari, Tullio di Albisola. Depero inventa la moderna pubblicità, a lui si devono moltissime<br />
invenzioni pubblicitarie che hanno naturalmente come ragion d’essere di nuovo Marinetti, il grande<br />
comunicatore, che aveva teorizzato il binomio parola e immagine come forza della comunicazione,<br />
così come la pubblicità vive della capacità di trovare una formula verbale icastica, la parola, lo slogan<br />
pubblicitario, e un’immagine che sia altrettanto icastica, che si fonde con la parola, si fissa <strong>nel</strong>la<br />
mente del pubblico che diventa il compratore. La pubblicità ha questa forza, se non fa questa cosa<br />
non è la pubblicità. E allora pensate, oltre al Bitter Campari, di cui Depero ha inventato la bottiglia che<br />
usiamo ancora oggi, alla Magnesia San Pellegrino che era, come noto, un purgante; <strong>nel</strong> manifesto<br />
diventa un omino, che è naturalmente un robot il cui corpo è la scatola della magnesia. Per cui voi<br />
associate la forma dell’omino con l’oggetto che andate a comprare, ma lui che cosa fa, fa l’idraulico<br />
perché stura le tubature otturate esattamente come l’intestino e quindi diventa l’idraulico della<br />
pancia delle persone. Quindi l’immagine pubblicitaria futurista mette insieme ironia, gioco, icasticità<br />
dell’immagine, parola.<br />
Balla è l’autore di questi bozzetti per piastrelle e questa è la piastrella realizzata da un ceramista su<br />
disegno di Balla. Anche le piastrelle che rivestono i nostri bagni, le nostre cucine, dovevano essere<br />
futuriste, la casa doveva essere futurista, e naturalmente il disegno cosa è, è un disegno geometrico,<br />
non è un disegno figurativo, perché la modernità è questo, è la geometria dinamica, è il cambiare i<br />
punti di vista.<br />
Arriviamo agli ultimi esempi che volevo mostrarvi, questo che è l’a<strong>nel</strong>lo di congiunzione tra <strong>Futurismo</strong><br />
italiano ed Europa, è un oggetto disegnato da Nicolaj Diulgheroff, che è un artista come dice il<br />
cognome di origine bulgara, che ha studiato a <strong>Vie</strong>nna (Secessione), è andato a lavorare a Weimar<br />
<strong>nel</strong>la prima versione del Bauhaus e quando il Bauhaus si sposta a Dessau lui si trasferisce a<br />
Torino dove ci sono già molti futuristi, ad esempio Fillia, e va a lavorare ad Albisola dove ci sono le<br />
ceramiche futuriste e lì modella degli oggetti di uso quotidiano. Questa è un’alzata da centro tavola<br />
per la frutta. In questo oggetto non soltanto il decoro è futurista (come <strong>nel</strong> caso della brocca il cui<br />
decoro è futurista, ma aveva però ancora la forma di brocca), ma qui l’oggetto è diverso anche<br />
fisicamente perché il cerchio che tiene la frutta si apre come la bottiglia di Boccioni, vedete le due ali<br />
laterali, nera e rossa come se si aprisse, e così il suo piede è un elemento dinamico, la forma plastica<br />
è collegata alla forma pittorica, l’oggetto entra prepotentemente <strong>nel</strong>la nostra quotidianità portandovi le<br />
dinamiche futuriste.<br />
Guardate anche questo vaso, in realtà è un portaombrelli e portabastoni, caratterizzato da questi<br />
grandi a<strong>nel</strong>li da motore, le due anse sono l’idea dell’ampliamento del vaso <strong>nel</strong>lo spazio.<br />
Ma anche i vestiti vengono coinvolti dalla riprogettazione futurista: già Balla aveva scritto e pubblicato<br />
in francese il Manifesto dell’abito futurista maschile, dove gli abiti dovevano essere tagliati tutti<br />
sghembi, un po’ come quei disegni che avete visto <strong>nel</strong>le piastrelle, perché così anche l’uomo futurista<br />
<strong>nel</strong>la strada avrebbe creato movimento.<br />
Per quanto riguarda il rapporto del secondo <strong>Futurismo</strong> con Bauhaus, De Stijl, quindi astrazione<br />
olandese, astrazione mitteleuropea, vediamo ad esempio Tullio Crali, che dá vita a questi figurini di<br />
moda del 1932, e li chiama Abiti costruttivisiti, cioè il termine che noi usiamo per definire l’arte russa<br />
della rivoluzione. L’abito costruttivista è un abito insieme architettonico e plastico.<br />
28 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 29 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Valerio Terraroli<br />
E poi si arriva al polimaterico; è uno degli ultimi esiti della cultura del secondo <strong>Futurismo</strong>. Questa<br />
è un’opera di Prampolini del 1936 ed è un bozzetto per la decorazione della sala d’attesa di un<br />
aeroporto; il visitatore si sarebbe trovato sulla testa questa composizione che in realtà non è scultura,<br />
non è pittura, non è mosaico, non è vetrata, è appunto polimaterica perché fatta di legno di sughero,<br />
filo elettrico, sagoma di legno, sagoma di acciaio, fili, ed è praticamente il movimento di un aereo che<br />
si compenetra con la terra in forme astratte. Questa polimatericità, cioè l’andare a prendere l’oggetto<br />
o il materiale del quotidiano e farlo diventare oggetto d’arte, l’aveva inventato Marcel Duchamp e<br />
quindi di nuovo vedete quanto i futuristi siano immersi <strong>nel</strong>la circolarità della cultura europea.<br />
Per finire vi mostro questo oggetto che è diciamo il punto nodale, secondo me, del discorso<br />
futurista cioè l’idea, il grande sogno dell’opera d’arte totale che era il grande obiettivo della<br />
cultura del Modernismo internazionale, la grande utopia di fine Ottocento, inizi Novecento. Si era<br />
convinti che con la tecnologia, con la scienza, con la crescita esponenziale positiva dell’umanità, si<br />
sarebbe arrivati a un’umanità perfetta. Poi questo non è successo per le infinite contraddizioni del<br />
nostro mondo, dell’economia, della politica, anche della cultura, due guerre mondiali, l’olocausto,<br />
il terrorismo contemporaneo ha cambiato il secolo. Ma il grande sogno è rimasto, i futuristi<br />
l’avevano sposato in pieno, anche loro, e già il manifesto di Marinetti lo diceva con parole violente<br />
“vogliamo cambiare il mondo”, il mondo deve essere diverso, il mondo deve essere totalizzante,<br />
l’arte deve essere totalizzante.<br />
E infatti <strong>nel</strong> 1914 Balla aveva progettato, poi non fu mai realizzato perché allora era tecnologicamente<br />
irrealizzabile è sarà realizzato solo negli anni Novanta sui progetti dell’artista, una scenografia teatrale<br />
visibile oggi in esposizione a palazzo Reale a Milano, legata a una musica di Stravinskij intitolata<br />
Fuochi d’artificio. Era un’esperienza totalizzante perché lo spettatore, dentro questo piccolo teatro,<br />
percepisce suoni, musica, ritmi, vede luci che si accendono e si spengono, che modificano le forme<br />
di un paesaggio assolutamente onirico e geometrizzante, in un ritmo cadenzato che dura circa 20<br />
minuti. È una esperienza totalizzante. In altre parole è come se, secondo le teorie wagneriane prese<br />
di peso dall’Ottocento, cioè le teorie del coinvolgimento del pubblico dentro l’opera d’arte totale,<br />
Balla avesse dato vita a questo sogno. E quale poteva essere il titolo più adatto a un futurista: Fuochi<br />
d’artificio, cioè qualcosa di assolutamente esplosivo, inaspettato, che crea stupore e crea bellezza.<br />
Ennio Ferraglio<br />
L’editoria periodica futurista ed uno sguardo alla realtà bresciana<br />
La storia del <strong>Futurismo</strong> <strong>bresciano</strong> si articola in gran parte attorno alla figura di Filippo<br />
Tommaso Marinetti e alle sue “apparizioni” in città più che attorno ad autori che abbiano<br />
interpretato genuinamente, <strong>nel</strong> contesto locale, le istanze propugnate, lungo buona parte<br />
dell’arco della prima metà del XX secolo, dai fautori della modernità e dello svecchiamento<br />
della tradizione culturale. Marinetti, dopo aver saggiato le reazioni del pubblico (con un<br />
occhio, però, anche a quel che dicevano i giornali) all’indomani di una delle non frequenti<br />
“serate futuriste” bresciane della prima metà del secolo, aveva potuto individuare, <strong>nel</strong><br />
contesto culturale cittadino una qualche inclinazione latente verso il rinnovamento delle<br />
istanze culturali. Già il fatto stesso che le serate fossero costruite attorno alla figura di<br />
Marinetti, alla sua i<strong>nel</strong>udibile presenza – costituita al tempo stesso da fisicità dirompente,<br />
energia vitale e una sorta di misticismo della velocità e della macchina – e ai riferimenti<br />
culturali “filtrati” in un’ottica tutto sommato estranea al tessuto culturale locale, lasciano<br />
ben intendere quali fossero le difficoltà per gli esponenti del movimento ad affermarsi<br />
stabilmente. Specchio più o meno fedele di questa realtà sono le cronache riportate sui<br />
giornali, <strong>nel</strong>le quali vengono raccontate le serate futuriste, ma anche la produzione di articoli<br />
e recensioni di opere, edizioni, mostre connesse più o meno strettamente con il <strong>Futurismo</strong><br />
italiano.<br />
Se si concentra l’attenzione sull’editoria italiana <strong>nel</strong> periodo futurista – con un limite<br />
cronologico convenzionale coincidente con la fine della seconda guerra mondiale – gli<br />
spunti di ricerca sono molteplici e di grande interesse. Per quanto riguarda la produzione<br />
periodica di giornali e riviste, va detto che al di fuori del normale binario rappresentato<br />
dalle vere e proprie riviste futuriste, cioè nate come espressione di un movimento editoriale<br />
genuinamente futurista, troviamo una produzione ricchissima, vasta per nomi e per interventi<br />
che fanno riferimento a questo movimento. Si tratta di una produzione che sceglie un<br />
metodo espressivo tradizionale e “normale” per spiegare un fenomeno che le persone<br />
vivevano come un momento di rottura, di vera rivoluzione copernicana della visione culturale<br />
della realtà, facendo però ricorso a strumenti, tecniche e parole ormai consolidate <strong>nel</strong>la<br />
tradizione della critica letteraria, della saggistica e del giornalismo.<br />
All’interno di testi di critica letteraria non futurista è possibile rinvenire aspetti legati, ad<br />
esempio, alle manifestazioni artistiche di arti visive o sceniche, sia testi a commento di opere<br />
di poesia, di musica o di narrativa di autori futuristi. Molti interventi si trovano, per esempio,<br />
<strong>nel</strong>le pagine della Fiera letteraria, che ospitò fra l’altro l’edizione delle lettere di guerra di<br />
Boccioni; su L’Italia letteraria comparvero articoli di Azari sulla “vita simultanea futurista” e<br />
molto altro.<br />
<strong>Il</strong> caso <strong>bresciano</strong> è singolare. Anche se non propriamente futurista, Brescia non fu città<br />
inerte e insensibile al fenomeno. Del resto, molti elementi paralleli contribuivano a costituire<br />
una sorta di substrato, di humus culturale ed ideologico, di tessuto fertile per la diffusione<br />
del verbo futurista. Brescia è da sempre una città a forte vocazione industriale, con una<br />
dimestichezza secolare nei confronti delle macchine, del metallo e del fuoco, del rombo dei<br />
motori e delle fabbriche. È anche la città del primo circuito aereo della storia dell’aviazione<br />
italiana: a Montichiari, dall’8 al 20 settembre 1909, si ritrovarono, fra molti appassionati<br />
e temerari pionieri dell’aviazione, anche Kafka, Brod e D’Annunzio; e per una delle<br />
inaspettate coincidenze di cui la Storia è munifica dispensatrice, il 1909 è anche l’anno della<br />
pubblicazione del Manifesto del <strong>Futurismo</strong>.<br />
La prima presenza “pubblica” di Marinetti a Brescia risale al 2 gennaio 1914, in occasione<br />
30 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 31 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Ennio Ferraglio<br />
di una serata futurista al Teatro Sociale. Le cronache, abbastanza doviziose di particolari,<br />
apparse sulle colonne dei principali giornali locali di allora, La provincia di Brescia e La<br />
senti<strong>nel</strong>la bresciana, fanno un resoconto preciso dei fatti e degli umori della serata. Accanto<br />
ai contenuti artistici ed intellettuali (manifestati, fra l’altro, anche attraverso attacchi alla<br />
Gioconda di Leonardo, «un quadro vecchio», e alla Madama Butterfly di Giacomo Puccini,<br />
definita un’opera «brutta, stupida e mediocre»), già in quell’occasione venne esplicitata la<br />
forte tensione politica del movimento futurista: al termine dello spettacolo vero e proprio vi<br />
fu, infatti, da parte di Marinetti l’esposizione dei contenuti politici del movimento, con un fiero<br />
attacco – tra gli insulti veementi del pubblico – contro i socialisti e i repubblicani.<br />
Lo svolgimento della serata era stato anticipato da una serie di articoli apparsi sui giornali<br />
locali. Ne La provincia di Brescia di quel 2 gennaio 1914 un primo breve articolo dal titolo<br />
La serata futurista di oggi segnalava l’imminenza della «gran serata futurista» con la<br />
partecipazione del «capo riconosciuto dei Futuristi», Marinetti, il quale aveva anticipato la<br />
sua venuta con un dispaccio riportato all’interno dell’articolo: «Sarò domani ore sedici a<br />
Brescia felice di far divampare in questa città il grande ideale futurista che deve svecchiare<br />
e rinnovare il genio creatore italiano». Lo stesso autore dell’articolo anticipava che «lo<br />
spettacolo soprattutto per l’intervento di Marinetti promette di riuscire molto animato», e che<br />
«infine Marinetti parlerà del <strong>Futurismo</strong> e dei suoi ideali». All’interno dello stesso numero del<br />
giornale comparivano altri due interventi, a firma di Ernesto Spagnolo e raccolti sotto il titolo<br />
collettivo di Aspettando i Futuristi.<br />
La prima serata futurista bresciana si concluse non proprio gloriosamente tra fischi, scambi<br />
di insulti tra artisti e pubblico, unitamente al lancio di ortaggi e di «sudicerie». Dal resoconto<br />
apparso all’indomani sulle colonne de La provincia di Brescia si apprende che la «folla<br />
enorme, comprese numerose e distinte signore» poté assistere alla recita di «una modesta<br />
farsa francese», seguita dalla declamazione di un paio di composizioni di Marinetti, Inno alla<br />
morte ed Elettricità: la prima «procurò calorosi applausi così al dicitore come all’autore»; la<br />
seconda, difficilmente classificabile come dramma quanto semplicemente una «produzione<br />
futurista», venne continuamente «rumoreggiata e alla fine fischiata di santa ragione». Più<br />
L’editoria periodica futurista ed uno sguardo alla realtà bresciana<br />
32 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 33 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Ennio Ferraglio<br />
moderato nei termini è il resoconto apparso su La senti<strong>nel</strong>la bresciana del 3 gennaio 1914.<br />
<strong>Il</strong> «pubblico imponente e scelto» che gremiva il teatro richiamato dalla fama dell’oratore<br />
risultava in parte costituito «di elemento giovanile che era accorso a teatro animato da<br />
propositi ostruzionistici»; la contestazione, inoltre, seppur animosa, non sarebbe durata a<br />
lungo, anche per le proteste del pubblico contro i disturbatori e gli applausi che Marinetti<br />
stesso «ad ogni modo dimostrò di gradire». Interessante la scelta delle poesie recitate<br />
durante la serata, con i dovuti riferimenti letterari, puntualmente annotati dal giornalista:<br />
oltre alle composizioni di Marinetti, spazio per le liriche Inno al verso libero di Paolo Buzzi,<br />
La fontana malata e Le voci di Aldo Palazzeschi; infine richiami a Pietro Mascagni, unico<br />
musicista italiano non futurista a dimostrare «qualche lampo di genialità», ed infine a Balilla<br />
Pratella, interprete delle posizioni futuriste riguardanti la musica. Di analoghi toni l’articolo<br />
apparso su <strong>Il</strong> cittadino di Brescia, sempre del 3 gennaio, che dava notizia di un pubblico<br />
inferiore alle aspettative e di una rappresentazione «un po’ stramba, ma non proprio matta<br />
del tutto».<br />
Dopo questi episodi, le pagine dei giornali dell’epoca tornarono ben presto ad essere avare<br />
di informazioni. Solo qualche necrologio, seppure di rilievo, ripropose qualcosa sui futuristi:<br />
l’11 agosto del 1916 La senti<strong>nel</strong>la bresciana ospitò lo scarno e asciutto necrologio di<br />
Romolo Romani, artista stroncato «da penoso male»; più articolato il trafiletto pubblicato<br />
su La senti<strong>nel</strong>la bresciana il 12 agosto di quell’anno, con qualche parola in più sul pittore<br />
<strong>bresciano</strong>: «rivelazione per la originalissima forma della sua espressione artistica» e la<br />
considerazione che «era indubbiamente la sua un’arte “di eccezione”, basata su concezioni<br />
arditissime ma <strong>nel</strong>lo stesso tempo rivelatrice di un ingegno robusto e di qualità non comuni».<br />
Nel frattempo il nome di Marinetti e di altri si stava affermando stabilmente all’interno della<br />
produzione editoriale non integralmente futurista: non è il Marinetti scrittore, poeta, pittore,<br />
narratore, romanziere, ma il Marinetti critico che si diffonde ampiamente sulla Rassegna<br />
nazionale ad illustrare – parlando di sé in terza persona - la tecnica della nuova poesia,<br />
che vorrebbe epica e sociale al tempo stesso. Altri interventi stabiliscono dei paralleli tra<br />
la poesia futurista, e in particolare quella marinettiana, con Dante, Marino e Baudelaire.<br />
Un articolo di Paolo Buzzi, su Rassegna Nazionale del 1939, ricordava il trentennale del<br />
<strong>Futurismo</strong>; l’articolo, intitolato Marinetti poeta della guerra e della macchina iniziava con un<br />
parallelo tra l’incontro di Marinetti e D’Annunzio con quello fra Schiller e Goethe, come se<br />
il superamento del passato potesse avvenire solo guardando al passato come ad un diretto<br />
referente. Un altro intervento, a firma di Francesco Orestano, <strong>nel</strong>l’esame critico dell’opera<br />
marinettiana evocava il Medioevo italiano, l’arte del Trecento e tutto il contesto culturale<br />
antecedente all’Umanesimo e al Rinascimento.<br />
Marinetti fu a Brescia per la seconda volta, partecipe di una nuova serata futurista, il<br />
7 febbraio 1922. Anche di quella serata abbiamo le corrispondenze sui due quotidiani<br />
locali, che si rivelano ancora una volta fonti di primaria importanza per ricostruire il clima<br />
di attesa e di accoglienza dell’evento. La sensazione è che, a differenza della serata del<br />
1914, molte cose fossero cambiate, a partire dall’atteggiamento del pubblico; l’articolo<br />
apparso su La provincia di Brescia l’8 febbraio 1922 rese evidente questo fatto: «Iersera<br />
Marinetti – annunciando che lo spettacolo era finito – ha fatto la constatazione, ch’egli<br />
giudicava augurale e lieta dal suo punto di vista, che Brescia se non è futurista non è<br />
neppure passatista. In questa constatazione si riassume la cronaca, la quale non può notare<br />
manifestazioni né di entusiasmo né di riprovazione. <strong>Il</strong> pubblico infatti era formato di gente<br />
richiamata più dalla curiosità, che dalla convinzione o dalla avversione futurista […] vi furono<br />
parecchie risate e qualche battuta ironica, che traevano la loro origine da un irresistibile<br />
desiderio di ilarità o dalla incomprensione del fenomeno futurista, il quale – attraverso certe<br />
forme che sembrano aberranti, stravaganti, dissennate – ha un fremito di giovinezza, un<br />
lievito di sanissima crescita, un impetuoso a<strong>nel</strong>ito verso l’avvenire». Non per contestare,<br />
quindi, ma per curiosità o per divertimento il pubblico gremiva la sala. È da notare<br />
anche che proprio all’insegna della curiosità e dell’insolito si giocava ampia parte della<br />
programmazione del Teatro Sociale: con involontaria ironia, il giornale riportava, <strong>nel</strong>l’articolo<br />
L’editoria periodica futurista ed uno sguardo alla realtà bresciana<br />
successivo a quello dedicato alla serata<br />
futurista, la segnalazione di una serata, che<br />
si preannunciava da tutto esaurito, di tale<br />
Elsa Barocas all’insegna degli esperimenti<br />
sull’ipnosi e sulla trasmissione del pensiero.<br />
La seconda serata futurista, a quanto si<br />
ricava dai resoconti, non dovette contenere<br />
attacchi o allusioni di carattere politico,<br />
ma fu puramente all’insegna dell’impegno<br />
artistico e letterario, con manifestazioni, a<br />
detta del cronista de La provincia di Brescia,<br />
«talune profonde, altre strambe, tutte<br />
avvivate da una luce di fortissimo ingegno».<br />
Tra un riferimento al “teatro sintetico” e alle<br />
influenze sull’opera di Chiarelli, Rosso di<br />
San Secondo e Cavaccioli, e le prospettive<br />
per l’avvenire, Marinetti declamò alcune<br />
sue opere: Meriggio <strong>nel</strong> golfo di Napoli che,<br />
secondo il cronista, manifestava un inatteso<br />
barocchismo <strong>nel</strong>le scelte lessicali e stilistiche<br />
(«come se vi ammiccasse ghignante un po’<br />
di Seicento»), seguito da alcuni brani da<br />
L’alcova d’acciaio. Come già in precedenza,<br />
vennero letti altri testi futuristi oltre a quelli marinettiani; la scelta cadde su opere di<br />
Cangiullo: Consiglio di leva, Alternazioni di carattere, Stor<strong>nel</strong>li, Spudorata. La conclusione:<br />
«L’impressione è singolare. La immediatezza – che è la virtù più squisita dell’arte, il<br />
segno mirabile della sua divinità – vi è completa. Ma tutto ciò, lo sappiamo, sconcerta e<br />
infastidisce, perché scuote dalla pigrizia intellettuale, che si appaga del miracolo compiuto e<br />
non è sollecito del miracolo da compiersi».<br />
Pressoché concorde il resoconto pubblicato su La senti<strong>nel</strong>la bresciana, sempre dell’8<br />
febbraio 1922: «La maggior parte di coloro che si sono recati ieri sera al Sociale aveva già<br />
la predisposizione di assistere ad una manifestazione che da quattordici anni ha precedenti<br />
ormai troppo noti <strong>nel</strong> movimento di rivoluzione artistica, e quindi il pubblico <strong>bresciano</strong> è<br />
stato generalmente benevolo, se non si devono calcolare le poche interruzioni scherzose,<br />
qualcuna di compatimento, durante lo svolgersi del programma […] Diversamente da<br />
quanto succedeva parecchi anni or sono, quando il movimento futuristico era all’inizio e<br />
trovava <strong>nel</strong>le sue manifestazioni pubbliche le più vivaci disapprovazioni, il pubblico ha capito<br />
che <strong>nel</strong> futurismo qualche cosa c’è». <strong>Il</strong> giudizio finale è di compatimento e di bonaria ironia<br />
nei confronti del teatro sintetico («che non suscita che siffatta emozione: l’ilarità») e del<br />
contino riferimento agli autori della prima ora, come Govoni, Soffici, Buzzi e Papini, già da<br />
tempo lontani dalla strada tracciata da Marinetti.<br />
Nel corso degli anni Venti del secolo numerosi articoli sulle mostre di arti figurative, <strong>nel</strong>le<br />
quali erano esposti quadri di futuristi, apparvero <strong>nel</strong>le pagine di riviste e giornali locali come<br />
La provincia di Brescia, Emporium, La senti<strong>nel</strong>la bresciana, <strong>Il</strong> Popolo di Brescia, L’Italia e<br />
Pagine d’arte. Particolarmente evocato il pittore Romolo Romani, con recensioni su quadri e<br />
mostre, nonché presentazioni e giudizi sui contenuti artistici della sua opera.<br />
Nell’ambito nazionale si segnala che sulle pagine de L’arte del 1931, Gino Severini poteva<br />
raccontare la sua adesione al <strong>Futurismo</strong>. Vi sono, inoltre, molti interventi che riguardano<br />
l’architettura ed in particolare le opere di Antonio Sant’Elia, che è uno degli architetti, se non<br />
forse l’unico, con una personalità ben chiara, distinta e fortemente aderente al <strong>Futurismo</strong>. In<br />
un intervento di Gerardo Dottori sulla rivista intitolata Rassegna dell’istruzione artistica del<br />
1932, l’autore parla dell’arte sacra e dei futuristi, sostenendo l’opportunità di un manifesto<br />
dell’arte sacra: «I futuristi, che sono idealisti per principio, sono mistici come tutti gli artisti<br />
34 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 35 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Ennio Ferraglio<br />
creatori e sono naturalmente avversari del materialismo in arte che è idolatria della forma,<br />
della tecnica fine a se stessa e devono sentirsi attratti dal soggetto sacro e trovare in esso<br />
nuove possibilità di concretare in sintesi vaste e vitali ricerche ed esperienze di questi ultimi<br />
venti anni».<br />
Tornando alla realtà bresciana, si nota che una serata organizzata dall’Istituto Fascista di<br />
Cultura di Brescia fu l’occasione per una terza apparizione di Marinetti in città, datata 10<br />
maggio 1931. Ma non fu una serata futurista come le precedenti, bensì una conferenza<br />
tenuta per celebrare l’esito della trasvolata atlantica compiuta da Italo Balbo, alla guida di<br />
dodici idrovolanti e di una cinquantina di persone, che erano partiti il 17 dicembre 1930 da<br />
Orbetello ed atterrati il 15 gennaio 1931 a Rio de Janeiro. <strong>Il</strong> quotidiano <strong>Il</strong> popolo di Brescia<br />
diede ampio risalto alla conferenza di Marinetti, pubblicandone un analitico resoconto sul<br />
numero del 12 maggio di quell’anno sotto il titolo di La gesta atlantica esaltata da una<br />
impetuosa orazione di S.E. Marinetti.<br />
Una nuova visita in terra bresciana avvenne l’11 novembre 1934 quando, invitato dalla<br />
sezione del partito fascista di Desenzano e con il patronato di Gabriele D’Annunzio, Marinetti<br />
intervenne come relatore ufficiale <strong>nel</strong>la cerimonia di consegna di un riconoscimento al<br />
Reparto Alte Velocità dell’Aviazione italiana. L’«alata parola» marinettiana doveva, infatti,<br />
esaltare le imprese aviatorie italiane ed il suo discorso – secondo quanto riportato dalla<br />
cronaca dell’evento pubblicata su <strong>Il</strong> popolo di Brescia del successivo 13 novembre –<br />
assunse rapidamente i toni mistici del profeta della macchina e della modernità: «La velocità,<br />
com’è concepita dai velocisti, non è umana e pratica, ma irreale: è una nuova forma d’amore<br />
umano. I velocisti lo sanno e si dànno ad essa per bere tutto l’infinito. Amore puro, nuova<br />
forma d’amore che imprime sul viso dei velocisti un bacio divino. È anche una preghiera alle<br />
forze cosmiche che hanno per sintesi la velocità. E siccome sul viso dei velocisti appare la<br />
volontà di raggiungere le forze cosmiche, la velocità è partecipazione alla vita dell’infinito<br />
e lo studio delle cose dell’universo si può chiamare velocità. Siamo dunque fra le infinite<br />
forze dell’universo, che essi raggiungono con la loro passione. […] La velocità permette<br />
di dare agli uomini un qualcosa di divino e abbatte le distanze e i tempi. Mentre l’uomo<br />
va meccanizzandosi, avviene un nuovo fenomeno che noi poeti sentiamo particolarmente;<br />
avviene, cioè, che una cosa giudicata accessoria diventa un qualcosa di umano, diventa un<br />
nodo pensante di umanità. […] La macchina ha avuto una coscienza come quella umana e<br />
abbiamo visto come la macchina umanizzata aiuta l’uomo alla sua divinizzazione».<br />
Nei primi anni Trenta la rivista Brescia si rivela essere la testata più attenta a segnalare<br />
fatti ed eventi legati più o meno significativamente al <strong>Futurismo</strong> e ad altri movimenti<br />
d’avanguardia. Un articolo a firma di D.L. Pariset, pubblicato sul fascicolo di marzo-aprile del<br />
1932, difese, sotto il titolo di Pittura italiana a Parigi, l’esposizione di opere di pittori futuristi<br />
italiani alla Galleria Bernheim della capitale francese, non risparmiando <strong>nel</strong> contempo<br />
critiche nei confronti dell’impressionismo e del cubismo. Un corrosivo articolo di Carlo Belli,<br />
apparso con il titolo di Discorso sul festival sul numero di novembre del 1932 della rivista,<br />
denunciò il clima stantio e polveroso del festival della musica di Venezia, con apprezzamenti<br />
verso Malipiero e Casella e stroncature, fra gli altri, nei confronti di Zandonai, Wolf-Ferrari e<br />
Montemezzi. Nel numero di dicembre di quello stesso anno si trova anche un articolo, non<br />
firmato, in difesa di Thayaht e di un suo ritratto di Mussolini. La modernità delle scelte della<br />
programmazione degli spettacoli del Teatro Grande – con le difese di Casella e di Strawinsky<br />
– è l’oggetto di due articoli di Carlo Belli, il primo dal titolo Orfeo e Petruska al Teatro<br />
Grande, il secondo Le nostre serate, pubblicati rispettivamente sui numeri di gennaio e di<br />
febbraio-marzo del 1933; in quello stesso numero, Anton Giulio Bragaglia difese la poesia<br />
di Guillaume Apollinaire e la festosa capacità di reinterpretare il linguaggio poetico. Angelo<br />
Maria Landi, in Scenografia moderna alla mostra di Firenze, sul fascicolo di giugno 1933,<br />
esaltò l’opera scenotecnica di Bragaglia, «maestro e nobile animatore del nuovo teatro».<br />
Emilio Somarè, recensendo una Mostra della pittura bresciana dell’Ottocento sul numero<br />
di aprile 1934, si soffermava sui «fautori sistematici delle progressioni» <strong>nel</strong>l’ambito delle<br />
arti figurative, con particolare accenno a Romolo Romani; Eurialo de Michelis, in un articolo<br />
L’editoria periodica futurista ed uno sguardo alla realtà bresciana<br />
dal titolo Nota su Palazzeschi del giugno di quello stesso anno, si interrogava sul significato<br />
storico del <strong>Futurismo</strong>. Sono, quelli, anche gli anni in cui Marinetti lavora molto per illustrare<br />
i contenuti dell’aeropoesia e delle parole in libertà, così come Bragaglia è particolarmente<br />
impegnato <strong>nel</strong>lo studio delle forme di teatro all’avanguardia.<br />
Un articolo di Filippo Tommaso Marinetti apparso su L’illustrazione italiana del 27 febbraio<br />
1938, rievocava l’«incontro di due grandi poesie» avvenuto con D’Annunzio al Vittoriale di<br />
Gardone il precedente 10 gennaio: «La conversazione si svolse musicalmente con varietà di<br />
ritmi e pressioni di piede sull’acceleratore. Un andante di cordialissima solidarietà artistica<br />
con rievocazioni di aneddoti ameni da battaglie teatrali contro riottosi pubblici misoneisti e<br />
scava menti di sensibilità inesplorate che occorre verbalizzare ad ogni costo con vocaboli<br />
precisi poi d’un balzo e fra pizzicati allegrissimi di umorismo sano si parlò delle sonnolenze<br />
miopie e velenose miscele dei filosofi storici e critici passatisti. Tema dominatore quello della<br />
sublime poesia e dei suoi nuovi slanci ascensionali per mutare ogni ruotante metallo ed ogni<br />
sanguinante carne in scagliata imperitura stella di letteratura italiana».<br />
<strong>Il</strong> quotidiano <strong>Il</strong> popolo di Brescia divenne, nei primi anni Quaranta, il portavoce degli esiti<br />
36 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 37 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Ennio Ferraglio<br />
dell’arte futurista, sia dal punto di vista della critica, sia dal semplice resoconto di eventi,<br />
mostre, conferenze ed occasioni simili. Si rilevano, per esempio, articoli che segnalavano<br />
conferenze pubbliche di Marinetti (Conferenza di Marinetti all’Accademia d’Italia, articolo<br />
non firmato in data 12 gennaio 1943), altri che contenevano recensioni di opere dedicate al<br />
<strong>Futurismo</strong> (23 gennaio 1943, Dal verso libero all’aeropoesia, articolo non firmato contenente<br />
la recensione al volume, dal medesimo titolo, pubblicato da Alberto Viviani) o commenti ad<br />
esposizioni d’arte (26 gennaio 1943, articolo di Alberto Sartoris dal titolo Una storia volante<br />
della pittura moderna).<br />
<strong>Il</strong> 3 dicembre 1944 Brescia repubblicana pubblicò in prima pagina l’annuncio della morte di<br />
Marinetti. <strong>Il</strong> testo è significativo perché rappresenta – forse meglio di ogni altro contributo –<br />
la parabola di Marinetti e la sua finale identificazione con gli ideali fascisti non più delimitati<br />
dall’ambito culturale: «Milano, 2 dicembre. Un grave lutto per la patria: Marinetti è morto.<br />
La notte scorsa è morto improvvisamente l’Accademico d’Italia F.T. Marinetti. La repentina<br />
scomparsa di questa tipica figura di italiano e di fascista, di poeta e di combattente,<br />
costituisce un lutto per la patria. Marinetti ha dedicato tutta la sua esistenza all’esaltazione<br />
dell’Italia contro quanti, in casa e fuori, hanno tentato di menomarne il prestigio e offuscarne<br />
la grandezza. <strong>Il</strong> 20 febbraio 1919 [sic!] col manifesto pubblicato <strong>nel</strong> “Figaro”, tradotto subito<br />
in tutte le lingue e diffuso in tutto il mondo, gettò le basi del movimento futurista. <strong>Il</strong> quale<br />
movimento, abbracciando poesia, pittura, scultura, architettura, musica, morale e politica,<br />
moltiplicò i suoi gruppi in Italia e <strong>nel</strong> mondo. Nel periodo di neutralità il gruppo futurista fu tra<br />
i primi fautori dell’intervento con lotte in tutte le piazze d’Italia. Interventista di tutte le guerre,<br />
compresa l’attuale che lo ha visto soldato tra i soldati sui campi di Russia sovietica, Marinetti<br />
è stato in ogni tempo antesignano di idealità nazionali. Partecipò all’adunata di Piazza San<br />
Sepolcro e da allora è stato un milite devoto del fascismo e gregario fedele del Duce. Dopo<br />
l’8 settembre Marinetti prese, come sempre con decisione, la sola via che un uomo italiano<br />
come lui poteva battere: quella dell’onore. La morte lo ha colto <strong>nel</strong> fiore della sua inesausta<br />
capacità creativa. Lascia alcune opere inedite che insieme alle molte altre che gli avevano<br />
assicurato celebrità mondiale, testimonieranno la sua luminosa genialità e il fervido amor<br />
di Patria. Emilio Filippo Tommaso Marinetti era nato ad Alessandria d’Egitto il 22 dicembre<br />
1876 da padre piemontese e da madre milanese. Era stato nominato Accademico d’Italia il<br />
10 marzo 1929 per la classe delle lettere».<br />
Accanto alle vere e proprie serate futuriste va segnalata anche la non latente attenzione<br />
– per certi versi sorprendente – verso le scelte artistiche di una città, Brescia, fortemente<br />
legata ad una tradizione, soprattutto di ambito letterario e musicale, tardo ottocentesca,<br />
sbilanciate invece in direzione della modernità. Sorprende, infatti, rinvenire all’interno di un<br />
articolo del maestro Gianandrea Gavazzeni apparso su L’Italia letteraria del 19 marzo 1933,<br />
il riferimento agli spettacoli messi in scena al Teatro Grande in quel periodo, dove accanto<br />
all’opera da camera in un atto Favola d’Orfeo di Alfredo Casella (con testo di Poliziano<br />
adattato da Corrado Pavolini) venne rappresentato anche il balletto Petrouchka di Igor<br />
Strawinsky: due opere “nuove”, fortemente sperimentali e innovative<br />
Alla luce della produzione editoriale locale, concentrata, come s’è visto, soprattutto attorno<br />
alle testate di giornali e riviste, il <strong>Futurismo</strong> <strong>bresciano</strong> non offre molto di più: davvero poco<br />
per valutare <strong>nel</strong>la giusta luce la reale portata della propaganda marinettiana. <strong>Il</strong> contributo<br />
<strong>bresciano</strong> alla modernità, la seduzione della macchina e l’ebbrezza della velocità trovarono,<br />
invece, <strong>nel</strong>l’alveo della tradizione industriale il modo migliore per godere della piena<br />
espressione.<br />
Melania Gazzotti<br />
Grafica e Libro in epoca futurista<br />
Quando il 20 febbraio del 1909 viene pubblicato, sulla prima pagina del quotidiano parigino<br />
“Le Figaro”, l’atto di nascita del futurismo, nessun artista può ancora definirsi tale. <strong>Il</strong><br />
manifesto, scritto da Filippo Tommaso Marinetti, traccia infatti le linee programmatiche di un<br />
movimento che, in realtà, si deve ancora costituire. Vero punto di partenza del futurismo<br />
sono dunque la teoria e le dichiarazioni d’intenti e non la pratica artistica. <strong>Il</strong> testo del<br />
documento incita, con una prosa urlata, a una rottura netta con tutta la tradizione culturale<br />
precedente, in particolare letteraria: “La letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa,<br />
l’estasi e il sonno. Noi vogliamo esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo<br />
di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno”, tanto da invitare a demolire fisicamente i<br />
luoghi ad essa deputati: “Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie<br />
d’ogni specie, e combattere contro il moralismo, il femminismo e contro ogni viltà<br />
opportunistica o utilitaria”. Lo slancio del poeta è invece volto ad esaltare la forza e il<br />
dinamismo: “Noi vogliamo cantare l’amore del pericolo, l’abitudine all’energia e alla<br />
temerarietà...il coraggio, l’audacia, la ribellione, saranno elementi essenziali della nostra<br />
poesia”. I mezzi prescelti per trasmettere al mondo questi messaggi sono la scrittura, come<br />
immediato e potente strumento di persuasione, e la stampa, come efficace sistema di<br />
diffusione: modalità che ricordano più l’ambito della comunicazione pubblicitaria che quello<br />
artistico. I futuristi realizzano infatti tirature considerevoli dei loro fogli di propaganda e li<br />
pubblicano in riviste e quotidiani, li distribuiscono alla gente per strada o li lanciano dagli<br />
aerei sui cieli delle città. I testi - ad eccezione di quello del primo manifesto, ancorato alla<br />
tradizione simbolista - sono essenziali, sintetici, diretti e chiari e dimostrano una forte volontà<br />
di sperimentazione sulla scrittura. La stessa innovazione dell’elemento testuale avrà dei<br />
precisi riferimenti teorici. Nel Manifesto tecnico della letteratura futurista, che riguarda in<br />
particolare l’ispirazione poetica, Marinetti dà indicazioni su come si debba superare il verso<br />
libero: sprona alla distruzione della sintassi, abolendo l’aggettivo, l’avverbio, le congiunzioni e<br />
la punteggiatura, facendo uso del verbo all’infinito e di due sostantivi, collegati tra loro<br />
tramite analogia. Per dare un esempio concreto dell’applicazione di queste regole si serve di<br />
alcuni stralci del proprio poema La battaglia di Tripoli. <strong>Il</strong> componimento, costituito in parte da<br />
una raccolta di reportage sull’esperienza di guerra del poeta in Libia, inizialmente pubblicati<br />
a puntate sul quotidiano parigino “L’Intransigeant”, non rompe in realtà con la sintassi<br />
tradizionale. In questa fase iniziale infatti le innovazioni in campo letterario riguardano<br />
maggiormente le tematiche e i contenuti, come emerge anche dalle scelte editoriali dello<br />
stesso Marinetti, che pubblica con la propria casa editrice Edizioni futuriste di “Poesia”<br />
scrittori. <strong>Il</strong> suo intento è quello di dare voce ad autori di talento, ancora poco conosciuti, che<br />
con la loro opera possano contribuire al suo progetto di rinnovamento culturale del paese. <strong>Il</strong><br />
libro per lui è innanzitutto uno strumento di propaganda, per questo si impegna in tirature<br />
sempre piuttosto alte, in rapporto all’epoca e al prodotto: dalle mille alle duemila copie, che<br />
<strong>nel</strong>la maggior parte dei casi distribuisce gratuitamente per posta a critici, giornalisti e<br />
letterati, senza badare a tornaconti economici. Nel 1909 dà alla stampa Revolverate di Gian<br />
Pietro Lucini, sostituendo il titolo originario Canzoni amare poco incisivo. A distanza di un<br />
anno pubblica L’Incendiario di Aldo Palazzeschi, introdotto da un rapporto sulla prima serata<br />
futurista di Trieste e da una raccolta di articoli in difesa del futurismo. Entrambi i volumi sono<br />
caratterizzati da uno spirito libertario e antiborghese, così come due edizioni successive:<br />
Poesie elettriche di Corrado Govoni del 1911 e <strong>Il</strong> canto dei Motori di Luciano Folgore del<br />
1912. Questi stessi autori verranno poi selezionati da Marinetti per il volume I poeti futuristi,<br />
38 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 39 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Melania Gazzotti<br />
tranne Lucini che prende le distanze dal movimento già <strong>nel</strong> 1910. L’antologia, stampata in<br />
ben ventimila copie, è interamente costituita da componimenti di versi liberi, spesso ancora<br />
legati all’esperienza simbolista e decadente, perciò distanti dalla rivoluzione delle parole in<br />
libertà, annunciata <strong>nel</strong> Manifesto tecnico della letteratura futurista, qui pubblicato come<br />
introduzione. Persino la prima tavola parolibera di Marinetti, Battaglia + peso + odore,<br />
inclusa <strong>nel</strong> Supplemento al Manifesto tecnico della letteratura futurista, non introduce ardite<br />
sperimentazioni tipografiche, ma unicamente l’uso di alcuni simboli matematici, che<br />
soppiantano la punteggiatura e le congiunzioni, come pronuncia il manifesto: “Abolire anche<br />
la punteggiatura. Essendo soppressi gli aggettivi, gli avverbi e le congiunzioni, la<br />
punteggiatura è naturalmente annullata, <strong>nel</strong>la continuità varia di uno stile vivo, che si crea da<br />
sé, senza le soste assurde delle virgole e dei punti. Per accentuare certi movimenti e indicare<br />
le loro direzioni, s’impiegheranno i segni della matematica: +--x: = >
Elena Lucchesi Ragni<br />
Romolo Romani e i Futuristi <strong>nel</strong>le collezioni bresciane<br />
Dai titoli delle pubblicazioni che vi sono state citate per presentarmi, capite che l’Ottocento<br />
e il Novecento non sono tra le cose che ho più studiato. L’interesse però per Romolo Romani<br />
e per un altro gruppo di dipinti di vari artisti che oggi vi presento, nasce dal fatto che sono<br />
opere importanti, conservate nei Civici Musei d’Arte e Storia, ma non esposte al pubblico.<br />
Queste opere furono acquisite dalle collezioni in occasione dell’apertura della GAMEC, la<br />
Galleria d’arte moderna e contemporanea, <strong>nel</strong> 1965, per costituire un fondo che facesse da<br />
ponte tra un ricco Ottocento che le collezioni civiche possiedono dai lasciti di Paolo Tosio e<br />
Camillo Brozzoni e quel Novecento, diciamo contemporaneo, che era costituito soprattutto<br />
dalla collezione Cavellini. Non ripercorrerò qui le tristi vicende che credo vi siano note: la<br />
galleria aperta in Santa Giulia <strong>nel</strong> 1965 con un’operazione pionieristica fu chiusa <strong>nel</strong> 1971<br />
e le collezioni, sia dell’Ottocento sia del Novecento, furono poste, come lo sono ancora oggi,<br />
nei nostri depositi e la collezione Cavellini fu ritirata.<br />
Questo non è l’argomento di oggi ma è solo per dirvi che mi è sembrato opportuno<br />
presentarvi questo materiale almeno per l’uso didattico che se ne può fare e per esporre<br />
le opere in alcune sale del museo, in una mostra accompagnata da un breve catalogo: la<br />
mostra resterà aperta per il tempo necessario alle visite didattiche che organizzeremo.<br />
Romolo Romani nacque a Milano <strong>nel</strong> 1884: la madre bresciana, aveva sposato in prime<br />
nozze Ronchi a Brescia, ed aveva avuto due figli che si trasferirono con lei a Milano quando<br />
si risposò con il padre di Romolo. Rientrò però presto a Brescia, quando Romolo era<br />
piccolissimo; il giovane Romolo studiò al liceo Arici e poi, rientrato a Milano, completò la sua<br />
formazione all’Accademia di Brera. Quindi un percorso consueto per un giovane che aveva<br />
in famiglia altri membri che si interessavano di pittura, come il fratellastro Giuseppe Ronchi,<br />
pittore abbastanza noto <strong>nel</strong> panorama artistico <strong>bresciano</strong> all’inizio del Novecento.<br />
Sapendo che la relazione precedente alla mia era dedicata a Tommaso Filippo Marinetti,<br />
comincio a parlare di Romolo Romani proprio dai contatti che questi due uomini ebbero<br />
42 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 43 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Elena Lucchesi Ragni<br />
<strong>nel</strong>la Milano di inizio Novecento. Romolo Romani fu tra gli artisti più spesso presenti sulle<br />
pagine di Poesia, la rivista di grande diffusione del pensiero e delle idee di Marinetti. Qui è<br />
rappresentato un ritratto litografico di Romolo Romani a Marinetti e l’immagine successiva è<br />
la copertina della rivista utilizzata negli anni, sempre ripetuta uguale, con colorazioni diverse,<br />
di un altro grande grafico che lavorava in quegli anni a Milano per la rivista: Alberto Martini.<br />
L’immagine restituisce bene il gusto che circolava <strong>nel</strong>l’ambiente e che sicuramente interessò<br />
anche il giovane Romani: quella cultura tutt’affatto mitteleuropea che vedeva gli artisti<br />
austriaci, viennesi e non solo, impegnati in quella espressione simbolista che andava per la<br />
maggiore. Non che lo stesso Romani o Martini conoscessero di persona personaggi come<br />
Ensor, Klimt, Klinger, ma le riproduzioni circolavano proprio grazie alle riviste che avevano<br />
una grandissima diffusione, come Poesia ma anche Emporio, Jugend, (peraltro, sappiamo,<br />
possedute da Romolo Romani) .<br />
L’adesione alle idee di Marinetti è soprattutto testimoniata dalla presenza di Romolo Romani<br />
fra i firmatari del primo Manifesto dei pittori futuristi pubblicato agli inizi del 1910, anche se<br />
Romolo Romani e i Futuristi <strong>nel</strong>le collezioni bresciane<br />
il suo nome non compare più <strong>nel</strong> secondo<br />
manifesto, pubblicato subito dopo (11<br />
febbraio 1910) dove i nomi di Romani e di<br />
Aroldo Bonzagni non c’erano più ma erano<br />
stati sostituiti da Balla e da altri.<br />
Nel momento iniziale dell’attività artistica<br />
Romani è interessato soprattutto alla<br />
caricatura. Questo è probabilmente il ritratto<br />
caricaturale di una professoressa del suo<br />
liceo, realizzato quindi quando era ancora<br />
molto giovane: si noti come l’attenzione vada<br />
tutta al volto deformato, tanto da diventare<br />
quasi una macchietta grottesca, soprattutto<br />
se confrontato con la rigidità del mantello<br />
che sembra metallico.<br />
L’interesse per l’espressione caricaturale<br />
del volto gli permetterà molto presto di<br />
distinguersi <strong>nel</strong>l’ambiente milanese, tanto<br />
che ebbe alcune segnalazioni che gli<br />
permisero di frequentare le prime esposizioni<br />
importanti.<br />
La prima partecipazione è alla Biennale di<br />
Venezia del 1905 quando presentò questo<br />
Ritratto di Victor Grubicy. L’attenzione al<br />
dato espressionistico del volto è molto forte,<br />
enucleato in un chiarore risparmiato sul<br />
fondo bianco della carta. I dati fisionomici della persona, come il volto, la barba, i capelli,<br />
sembrano confondersi con le onde, che stanno tutto attorno alla figura e accentuano<br />
sicuramente l’impatto visivo del volto e sembrano in qualche modo sopraffare l’immagine<br />
stessa. A Romolo Romani interessa la fisionomia ma anche quello che può trasparire<br />
dal volto di una persona: onde di trasmissione di un pensiero, di un qualcosa che sta<br />
oltre la realtà che si vede, di un qualcosa di interiore che tende a restituire un’indagine<br />
interiorizzata, psicologica.<br />
L’anno successivo, <strong>nel</strong> 1906, in occasione dell’importante esposizione internazionale che si<br />
ebbe per l’inaugurazione del valico del Sempione, furono presentati<br />
da Romolo Romani due cicli di disegni dai titoli Le Sensazioni e I<br />
Simboli.<br />
Erano 4/5 disegni messi in sequenza come un vero e proprio<br />
ciclo destinati ad illustrare sentimenti che un uomo può provare.<br />
Questo è il caso de <strong>Il</strong> lamento: un alone chiaro isola la figura, che<br />
è una trasfigurazione di un volto quasi posto di profilo, di ¾, con<br />
quel chiarore che viene enucleato da un rombo. Le onde libere<br />
che si moltiplicavano intorno al ritratto precedente sono diventate<br />
costruzioni geometriche di diverso tipo e danno un senso di<br />
sopraffazione della figura.<br />
La ricerca di Romani si indirizza su strade opposte: da una parte<br />
l’attenzione al volto umano, dall’altra una sorta di astrazione che<br />
lo porterà ad arrivare alle soglie di quello che Kandinskij in quegli<br />
anni stava sperimentando, ossia l’idea di una non figurazione, per<br />
rappresentare quello che stava al di là della realtà: un sentimento,<br />
un’emozione, un pensiero che poteva scuotere l’animo dell’uomo.<br />
Questo che vedete è <strong>Il</strong> silenzio dove l’uso magistrale della matita, del<br />
modo di creare questi fasci luminosi che sembrano entrare in questi<br />
44 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 45 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Elena Lucchesi Ragni<br />
buchi, in questi orifizi, si unisce a qualcosa<br />
di ancora vagamente naturalistico; sembra<br />
una ripresa dal basso verso l’alto, forse di<br />
un naso, di occhi, di bocche ma <strong>nel</strong>la quale<br />
le onde sembrano uscire dal foglio stesso<br />
propagandosi <strong>nel</strong>l’ambiente circostante.<br />
Questo doppio modo, il volto e le emozioni,<br />
questi due interessi rimarranno per tutto il<br />
cammino artistico di Romolo Romani. Del<br />
secondo ciclo vediamo la raffigurazione della<br />
guerra. Qui il volto è enucleato nei capelli<br />
scarmigliati, e la capacità grafica dell’artista<br />
si evidenzia anche <strong>nel</strong>la restituzione<br />
dell’armatura; <strong>nel</strong>la Attrazione, altra opera, la<br />
figura di una donna sembra fare capolino tra<br />
queste fasce, onde di propagazione di un pensiero, di una attrazione appunto.<br />
In quegli anni, 1905-1906, Milano era ancora fortemente influenzata dalla cultura<br />
simbolista, ma la ricerca di Romani sembra proiettata in avanti: ecco perché si è parlato<br />
di Romolo Romani come prefuturista che anticipa certe invenzioni. <strong>Il</strong> confronto proposto<br />
è con il famoso ciclo di Boccioni intitolato Stati d’animo; ancora l’idea di descrivere un<br />
sentimento ma questa volta non un’emozione individuale ma qualcosa che riguarda una<br />
circostanza precisa perché è la partenza, il lasciare con le linee forza, le linee dinamiche che<br />
rappresentano il movimento. Realizzato <strong>nel</strong> 1911 il ciclo con composto da Quelli che vanno,<br />
Gli Addii e infine Quelli che restano ha molte tangenze con la sperimentazione di Romolo<br />
Romani.<br />
Tornando alla sua produzione ritrattistica, una volta individuate le due componenti della sua<br />
ricerca, una più astratta e una più vicina all’interesse psicoanalitico, psicologico vediamo:<br />
Le figlie dell’avvocato Rossi, disegno<br />
meraviglioso; poi un ritratto di una famosa<br />
attrice di teatro, Dina Galli, evanescente in<br />
mezzo ai veli che probabilmente alludono<br />
al suo modo di vestire, dove però dietro<br />
c’è anche una maschera quindi qualcosa<br />
che allude sia all’attività teatrale, ma anche<br />
all’inquietudine psicologica; è una grande<br />
disegno, composto su più fogli e presentato<br />
come un trittico con la cornice.<br />
Altra opera stupenda che va vista da vicino<br />
e con grande attenzione è <strong>Il</strong> ritratto della<br />
famiglia Erba cioè la madre e la sorella del<br />
suo amico Carlo Erba, un artista che condivide<br />
con lui un periodo della vita a Milano. Le<br />
donne sono ritratte all’interno di un ambiente<br />
domestico; una grande parte del disegno<br />
non è finita: ci sono delle coperte, dei panni<br />
che avvolgono la figura e, a contrasto, molto<br />
indagati, studiati da vicino sono i due ritratti,<br />
quello della madre e, nascosto <strong>nel</strong> buio, si<br />
percepisce benissimo quello della sorella del<br />
pittore. Anche questo disegno è di grandi<br />
dimensioni, composto da più fogli.<br />
E poi Le Maschere come questa dal titolo <strong>Il</strong><br />
riso: il riferimento ad un artista, come Adolfo<br />
Romolo Romani e i Futuristi <strong>nel</strong>le collezioni bresciane<br />
Wiltd è immediato: l’espressione caricata della scultura oggi al Vittoriale degli Italiani è in<br />
sintonia con la ricerca grafica di Romani dove tutto tende alla ricerca di piani plastici bloccati<br />
dal segno. È quindi un uomo dai molti interessi, tra questi anche la musica: la rifrazione, la<br />
modulazione, il suono e il silenzio, la pausa e il rumore e quindi tutto quello che provoca la<br />
vibrazione. In questo senso si ricordano altre opere La campana, La goccia d’acqua, l’effetto<br />
di due gocce sulla superficie piana di uno stagno: effetti già indagati da Previati in un<br />
volume del 1905 che illustrava scientificamente questi effetti.<br />
In Libidine, parte di una serie di disegni intorno agli organi e alla bocca femminile, ompaiono<br />
ancora le linee di forza di quella geometrizzazione di cui dicevamo: una specie di buco nero<br />
da cui tutto genera in quella stilizzazione che a volte arriva ai margini dell’astrazione.<br />
All’improvviso Romolo Romani sembra scoprire il colore; un suo amico ricorda l’entusiasmo<br />
di Romani per l’acquisto di gessetti, di tempere, di pastelli colorati. Anche in Prismi vedete le<br />
geometrizzazione: i colpi di colore rettilinei e curvilinei danno un senso dinamico alla composizione,<br />
46 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 47 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Elena Lucchesi Ragni<br />
con una cornice, coerente con tutto il disegno, che sembra bloccare, in un margine chiuso la<br />
trasmissione infinita generata dal punto centrale. Nella stessa ricerca si colloca anche Immagine,<br />
altra grande opera, dove ancora si vedono quelle onde che abbiamo detto, la costruzione geometrica,<br />
vagamente ricorda qualcosa di naturalistico, un paesaggio ma anche qualcosa di ipnotico.<br />
Nel Ritratto di Giacomo Dalai Romani recupera la tecnica divisionista <strong>nel</strong>l’uso del colore ad<br />
olio; sembra rifarsi a Previati per raffigurare una delle poche commissioni che gli vengono<br />
pagate bene; l’artista utilizza il colore senza nemmeno il pen<strong>nel</strong>lo; <strong>nel</strong>la parte bassa non c’è<br />
uso del pen<strong>nel</strong>lo ma schiaccia direttamente il colore dal tubetto. Ancora una volta emerge<br />
l’indagine puntuale del volto. L’opera ci è stata regalata dalla famiglia Dalai.<br />
I musei posseggono alcuni bozzetti di manifesti: La fanciulla del West, l’opera di Puccini che fu<br />
rappresentata a Brescia <strong>nel</strong> 1912 e di cui Romani propose di fare un grande manifesto, che non fu<br />
realizzato. Per il modo fluttuante della forma e<br />
del segno si ispira ancora a Previati.<br />
Altri manifesti <strong>nel</strong>le nostre collezioni<br />
sono quello dedicato al Campari e quello<br />
sul primo circuito aereo automobilistico<br />
di Brescia del 1914. Pur essendo un<br />
avvenimento di grande richiamo, Romolo<br />
Romani lo rappresenta con una figura non<br />
certo edificante, la morte, a evidenziare la<br />
vittoria della morte come è scritto sotto.<br />
Romani muore <strong>nel</strong> 1916 dopo una un<br />
lungo periodo depressivo, che lo costrinse<br />
a tornare a Brescia. Le altre opere di ambito<br />
futurista furono acquisite in occasione della<br />
apertura della GAMEC.<br />
Romolo Romani e i Futuristi <strong>nel</strong>le collezioni bresciane<br />
<strong>Il</strong> nucleo fu acquisito tutto insieme, grazie a Bruno Passamani, allora ispettore ai civici musei,<br />
su suggerimento dell’allora sindaco Bruno Boni. Eravamo <strong>nel</strong> 1965, e Brescia viveva una<br />
grande stagione, l’apertura della Galleria d’arte moderna e la memorabile mostra dedicata a<br />
Romanino..<br />
Dicevo che questo gruppo di opere vengono acquistate da un’unica galleria, La Medusa<br />
di Roma, e oltre ad essere omogenee, sono tutte databili entro il 1919. Furono esposte<br />
<strong>nel</strong> 1961 <strong>nel</strong>la mostra Dopo Boccioni. All’epoca si credeva che dopo la morte di Boccioni<br />
il <strong>Futurismo</strong> fosse finito mentre già negli anni Sessanta si era capito che il <strong>Futurismo</strong> era<br />
andato ben oltre, addirittura oggi si fa finire con la morte di Marinetti.<br />
Sono 14 dipinti che in maggior numero appartennero a Anton Giulio Bragaglia, artista<br />
fotografo futurista delle fotografie dinamiche.<br />
Sono opere che possono essere divise in due nuclei: il primo è quello del gruppo degli artisti<br />
che gravitarono intorno a Roma, a Balla soprattutto, e comprende la Pesciera di Gino Galli,<br />
dalla cromia accesa e dal senso del movimento che danno i pesci quando si muovono<br />
all’interno del vaso d’acqua: siamo <strong>nel</strong> 1915 quindi si tratta di un’opera precocissima.<br />
Sempre di Galli un’altra opera interessante il cui titolo è Dinamismo meccanico e animale<br />
48 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 49 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Elena Lucchesi Ragni<br />
presenta due simboli per eccellenza del dinamismo, quello di un motore e quello del cavallo.<br />
Seguono due opere di Julius Evola, teologo, filosofo, studioso che potrebbe aver conosciuto<br />
Romolo Romani per il modo di comporre in senso geometrico alcune delle sue opere più<br />
note. <strong>Il</strong> titolo di questa dipinto è Five o’clock tea: si riconoscono anche dei piccoli accenni a<br />
particolari anatomici. L’altra opera è Fucina, studio di rumori: siamo <strong>nel</strong> 1918 ed emerge la<br />
sensazione di luci e colori che si mescolano, <strong>nel</strong> coinvolgente modo futurista.<br />
Gerardo Dottori conobbe sicuramente l’opera di Romolo Romani: Forze ascensionali, è<br />
del 1919 e precorre quella che fu l’aeropittura degli anni più tardi; è un’opera fortemente<br />
studiata sia dal punto della forma che del colore.<br />
E poi un’ultima opera di Depero, Le bagnanti del 1918, con il modo tipico delle silouhettes<br />
che Depero studia e propone soprattutto nei primi anni.<br />
L’altro gruppo di opere è quello più vicino alla corrente del <strong>Futurismo</strong> che si sviluppò a<br />
Firenze; sono quadri di diversi artisti tutti legati a Soffici. Proprio tramite Soffici questi<br />
artisti conobbero Braque, Picasso e si avvicinarono alle ricerche di<br />
avanguardia.<br />
Qui vediamo <strong>Il</strong> ritratto dello scrittore Rivosecchi di Neri Nannetti del<br />
1916; si tratta di un’opera che vede utilizzati alcuni fogli, come in<br />
un collage, che bene si adattano anche <strong>nel</strong> modo destrutturato della<br />
figura agli interessi di Soffici e della Firenze di quegli anni.<br />
Due opere di Achille Lega: L’alpino del 1917, molto vicina alle<br />
ricerche di Soffici, e il Ritratto della madre con i tipici inserti di<br />
collage.<br />
Poi un’opera di Mario Nannini intitolata La nazione, dove l’elemento<br />
tipografico e il collage compongono l’insieme; siamo <strong>nel</strong> 1917. Poi<br />
un ultimo di Nannini, Figure e paesaggio del 1916.<br />
Angela Bersotti<br />
Attività didattiche correlate alla mostra sul <strong>Futurismo</strong><br />
La mostra Le vie del <strong>Futurismo</strong>. Opere dei Musei Civici di Brescia ha costituito la seconda<br />
fase del progetto didattico Le <strong>Vie</strong> dell’Arte 2009-2010 con lo scopo di fornire agli studenti e ai<br />
docenti che vi hanno partecipato utili strumenti di lavoro complementari ai percorsi strutturati in<br />
classe, per approfondire la conoscenza del movimento futurista.<br />
In relazione al percorso espositivo, particolarmente interessante, poiché costituito da una<br />
straordinaria collezione di 20 opere pittoriche conservata nei depositi museali, e quindi pressoché<br />
inedita al pubblico scolastico, sono stati previsti tre appuntamenti di analisi tematica, proposti agli<br />
insegnanti in forma di workshop.<br />
Questi momenti formativi si sono configurati come la possibilità per un diverso tipo di lettura<br />
dei soggetti analizzati, in cui coniugare pratica e teoria delle regole e delle tecniche riferibili al<br />
linguaggio visivo del futurismo.<br />
Nel primo incontro, Dal punto alla linea, è stato affrontato il divisionismo, movimento che <strong>nel</strong><br />
primo manifesto futurista venne definito “complementarismo congenito”, e che, agli inizi, ebbe<br />
grande influenza su Balla, Boccioni e Severini, affascinati dall’aspetto innovativo e dinamico della<br />
corrente francese, basata sul procedimento scientifico della scomposizione del colore frutto delle<br />
scoperte dell’ottica e della fisiologia. Attraverso la sperimentazione pratica dell’accostamento di<br />
colori puri, in punti o piccole linee giustapposti, si può capire la mescolanza ottica che affida alla<br />
retina dell’occhio dell’osservatore il compito di fonderli, come accade <strong>nel</strong> processo percettivo,<br />
ed approfondire la conoscenza delle leggi dell’accostamento dei colori complementari, che<br />
accentuano l’intensità cromatica e luminosa dei dipinti.<br />
Nel secondo appuntamento, Forme geometriche componibili, è stata analizzata l’opera<br />
Bagnanti di Fortunato Depero, <strong>nel</strong>la cui visione artistica la forma geometrica diviene<br />
semplificazione meccanica, semplicità che per il poliedrico artista corrispondeva a praticità e<br />
bellezza in relazione ad una società veloce e dinamica.<br />
Aiutati da prove e verifiche tramite l’utilizzo delle forme componibili tratte dagli elementi<br />
compositivi del dipinto, gli insegnanti hanno approfondito la lettura della forma “istantanea” che<br />
diviene in Depero nuova forma estetica, per giungere ad elaborazioni in cui indagare l’aspetto<br />
tattile delle superfici adoperate, introducendo una caratteristica sensoriale che tanta importanza<br />
ebbe <strong>nel</strong> movimento futurista.<br />
Si è giunti così all’ultimo incontro, Lettera e parola. Nel futurismo gli artisti inseriscono <strong>nel</strong>le loro<br />
opere ritagli di giornali, composizioni tipografiche, “giocano” con le lettere con un obiettivo palese,<br />
il concetto di comunicazione visiva, in cui forme, segni, parole, onomatopee si amalgamano in<br />
una totale percezione sensoriale. Nel laboratorio giochi grafici con le lettere di diverse dimensioni,<br />
scomposte, ruotate, accostate, sovrapposte, hanno permesso di analizzarle, dapprima come segni<br />
impressi sulle diverse superfici di supporto, tracce in cui i motivi della visualità sono superiori<br />
a quelli della significazione; in seguito, attraverso la ricomposizione delle stesse, riacquistano il<br />
significato di parola, di scrittura che diviene poesia, movimento, espressione personale.<br />
<strong>Il</strong> percorso ha permesso così di fornire strumenti per la comprensione della relazione tra parola e<br />
immagine posta al centro del lavoro di molti artisti, dal cubismo al futurismo alla contemporaneità.<br />
<strong>Il</strong> coinvolgimento attivo e partecipe degli studenti si è infine completato con la visita al percorso<br />
espositivo Le vie del futurismo dove fissare, attraverso l’osservazione delle opere esposte, i<br />
concetti acquisiti <strong>nel</strong>le ricerche e <strong>nel</strong>le sperimentazioni condotte in classe.<br />
50 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 51 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Le vie dell’arte<br />
<strong>Percorsi</strong> <strong>didattici</strong><br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>:<br />
simbolo, astrazione, modernità
54 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 55 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Fondazione <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani<br />
progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima<br />
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “La Velocità”<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
progetto 5 L’uomo del novecento e l’orizzonte tecnologico:<br />
il destino dell’uomo macchina
Chi e dove Scuola primaria A. Lozzia Gardone Riviera<br />
Classi coinvolte Seconda, terza e quinte<br />
Docenti referenti Boschetti Maria Grazia, Cipani Maria Grazia, Saletti Udilla, Tripodi Eufemia<br />
56 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 57 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
(dai voli di D’Annunzio ai nostri voli con la fantasia)<br />
<strong>Il</strong> progetto “ <strong>Il</strong> futurismo <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>” ha visto coinvolti gli alunni che frequentano le<br />
attività opzionali delle classi seconda, terza e quinta.<br />
Nel presentare ai nostri alunni il “titolo” del progetto che avremmo attuato, questi hanno subito<br />
collegato il termine “futurismo” a “futuro”.<br />
I bambini di seconda e terza hanno espresso con il disegno le proprie idee di FUTURO.<br />
Sui fogli sono così apparsi:<br />
• macchie di colori<br />
• fiori e nuvole animati<br />
• auto volanti<br />
• robot<br />
• semafori parlanti<br />
• macchine per viaggiare <strong>nel</strong> tempo e per teletrasportarsi....<br />
Insieme a loro abbiamo poi considerato le<br />
differenze tra passato, presente e futuro,<br />
prendendo in esame oggetti di uso comune<br />
del passato recente, osservando le loro<br />
trasformazioni <strong>nel</strong> tempo e immaginando come<br />
potrebbero diventare <strong>nel</strong> futuro.
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
candela lampadina sole<br />
asse per lavare<br />
lavatrice<br />
robot<br />
lava-asciuga-stende<br />
I bambini di quinta hanno invece immaginato<br />
un futuro con un mondo migliore, realizzando di<br />
fatto “un loro “manifesto futurista”<br />
Nel nostro futuro noi vogliamo:<br />
58 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 59 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
60 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 61 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
A questo punto abbiamo focalizzato l’attenzione degli alunni sul termine “<strong>Futurismo</strong>” e li abbiamo<br />
invitati ad indovinare il suo signifi cato.<br />
Alcuni di noi hanno detto “futurismo” è:<br />
• futuro tante volte<br />
• un programma televisivo<br />
• fare cose nuove<br />
• fare progetti<br />
• cambiare la vita<br />
• fare cambiamenti<br />
• nuovi materiali<br />
• vita robotica<br />
• viaggiare <strong>nel</strong> tempo<br />
• energia<br />
• fantasia<br />
È seguita la spiegazione del futurismo come movimento culturale,<br />
soffermandoci su alcuni aspetti della pittura e della letteratura.<br />
Sono stati presentati ai bambini semplifi candoli <strong>nel</strong> linguaggio, i due<br />
manifesti futuristi, confrontandoli con il manifesto realizzato da loro.<br />
Con la collaborazione di esperti del Teatro Inverso di Brescia, Daniela<br />
Visani e Davide D’Antonio, abbiamo quindi elaborato un percorso<br />
differenziato con due diversi laboratori per i due gruppi di alunni.<br />
Finalmente<br />
nUovi<br />
Tutti<br />
Uniti<br />
Ricerchiamo<br />
Immagini<br />
Suoni<br />
Movimenti<br />
Onomatopee<br />
Laboratorio n. 1 (alunni classe seconda e terza)<br />
Con i bambini più piccoli, di seconda e terza, è stato impostato un lavoro sull’immagine e<br />
l’espressività.<br />
Attraverso un dialogo con i ragazzi...<br />
• è stata introdotta la fi gura di D’Annunzio come precursore del presente <strong>nel</strong> suo approccio alla<br />
comunicazione (scriveva pubblicità, canzoni, inventava nomi ad oggetti e luoghi...)<br />
• è stato raccontato il suo amore per il volo, facendo riferimento al mito di Icaro e citando<br />
Leonardo e le sue macchine per volare<br />
• sono stati introdotti i futuristi, come movimento di avanguardia e rottura col passato (primi<br />
disegnatori di moda, anticipatori dei DJ...)<br />
• è stata presa in esame l’aeropittura<br />
• si è iniziato ad unire D’Annunzio alla pittura, dicendo che a Gardone Riviera fece dipingere gli<br />
edifi ci di un colore inventato da lui: giallo benaco<br />
• si è fatto associare D’Annunzio ai Futuristi come anticipatori, amanti del nuovo progresso, del volo<br />
A questo punto si è spostato l’interesse su cosa pensano del volo i ragazzi...<br />
• sono stati proposti dapprima esercizi di disequilibrio, prima a coppie e poi individualmente<br />
• è stata data ad ogni bambino la consegna di scrivere cosa pensasse del volo e che colore<br />
associassero all’emozione del volare<br />
Al termine dell’esperienza abbiamo scoperto che per i nostri bambini volare è<br />
• essere a contatto con la natura<br />
• equilibrio<br />
• una gioia<br />
• una cosa divertente<br />
• un passatempo<br />
• una prelibatezza<br />
• essere un uccello<br />
• è emozionante<br />
• è vedere tutto piccolo<br />
• è sentire freddo<br />
• è spericolato<br />
• è immaginare<br />
• è una sensazione fantastica<br />
• è un desiderio che aspetto da anni e che essi hanno associato al volo i seguenti colori<br />
e le seguenti sensazioni<br />
• zaffi ro (una cosa preziosa)<br />
• blu (felicità, horror, allegria)<br />
• bianco (gioia, felicità, lampi, paura)<br />
• rosso (felicità)<br />
• verde (felicità)<br />
• azzurro (paura, tristezza)<br />
• lilla (tristezza)<br />
• giallo (del sole, movimento)<br />
• oro e fucsia (felicità)<br />
Infi ne i bambini, osservando le copie dei quadri dei pittori futuristi (per loro diventati “pitturisti”),<br />
hanno notato quale grande importanza ha la rappresentazione del movimento e così li abbiamo<br />
invitati a immaginare come un quadro possa diventare “vivo”.<br />
Sono uscite le seguenti ipotesi<br />
• cammina con le gambe, ha braccia e testa<br />
• gli si disegnano le mani, con cui si stacca dal muro e se ne va<br />
• comincia a muoversi in modo incontrollato, si stacca dalla parete e cammina sul soffi tto<br />
e sulle pareti<br />
• i disegni del quadro iniziano a muoversi e poi tornano in ordine<br />
• i disegni prendono vita e le case vengono fuori<br />
• saltano via i chiodi del quadro, con uno schiocco di dita si trasformano magicamente<br />
• il chiodo si allunga, macchie di colore si staccano e rotolano fuori dal quadro e tutto prende vita<br />
• <strong>nel</strong> sole spuntano occhi e faccia<br />
• di notte il quadro prende vita ci si può tuffare e i disegni prendono vita<br />
Per cercare di rappresentare tutto ciò abbiamo fatto dipingere ai bambini delle strisce di stoffa,<br />
con le quali tradurre <strong>nel</strong>lo spazio linee e colori, in tre dimensioni.<br />
E con le emozioni da loro espresse, con i colori scelti, le loro frasi e i loro movimenti <strong>nel</strong>lo spazio è<br />
infi ne stato costruito il testo di una rappresentazione dal titolo<br />
La descrizione della performance è piuttosto<br />
diffi cile perché basata principalmente sul<br />
movimento, la simulazione del volo, la dinamicità<br />
che contraddistingue i quadri futuristi e le emozioni<br />
suscitate dal volo.<br />
62 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 63 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Possiamo<br />
Immaginare<br />
Tutto<br />
Trovare<br />
Un<br />
Ritmo<br />
Irregolare<br />
Senza<br />
Tante<br />
Imitazioni
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
I bambini a coppie uno di fronte all’altro, trattengono delle fasce dipinte con i colori che loro<br />
avevano associato al volo.<br />
Muovono le fasce dal basso in alto, formando onde a canone.<br />
Le fasce sono fatte vibrare a terra simulando il mare appena mosso.<br />
I bambini le alzano ad altezza diversa formando un muro.<br />
Dal fondo del palcoscenico entrano uno alla volta tre bambini scavalcando e inserendosi<br />
lentamente tra le fasce.<br />
Alla loro uscita le fasce vengono messe in posizione diagonale alternata.<br />
Una bambina con una farfalla posta su un ramo le attraversa e si<br />
ferma davanti.<br />
Seguono le battute:<br />
• Se potessi volare mi sentirei un uccello libero <strong>nel</strong> cielo, sognerei<br />
tante cose e penserei a cose impossibili.<br />
• È un desiderio che aspetto da anni.<br />
• A me piace volare perché vedo tutto piccolo...<br />
Tre coppie di bambini formano con le fasce tre dimensioni; entrano quattro bambini con in mano<br />
alcuni oggetti che spostano su diverse prospettive, intanto si alza la prima fascia che diventa il<br />
cielo sotto la quale si dispongono tutti i bambini che a turno dicono:<br />
• Per me volare è essere a contatto con la natura – o se no è una gioia – o se no è equilibrio<br />
• O se no? (in coro)<br />
• O se no un passatempo<br />
• O se no? (in coro)<br />
• O se no una cosa divertente<br />
• O se no è una prelibatezza...<br />
• Ohhh! (in coro)<br />
• <strong>Il</strong> cielo è come un gioiello (in coro)<br />
• Vedo tutto il mondo<br />
• Le nuvole<br />
• Nuvole? Ma non ci sono. Qui andavano disegnate le nuvole!<br />
• Mi son dimenticata, avevo piscina, il cane era da portare fuori, i compiti...<br />
• Mi piace molto volare perché sento freddo!<br />
A questo punto in coppia alcuni bambini attraversano il palco, facendo esercizi di disequilibrio e<br />
pronunciando le seguenti battute:<br />
• Paura<br />
• Libertà<br />
• Aria (in coro)<br />
• Io vorrei tenere le ali alla schiena<br />
• Guardare...<br />
• Giocare, rotolare, arcobaleno<br />
• Panorama (in coro)<br />
Una bambina si fa un nido con una fascia raggomitolata e si accovaccia in mezzo, dicendo:<br />
• Un giorno anche fra secoli di anni, vorrei essere un bellissimo uccellino e con le mie ali<br />
avvicinarmi ai miei figli che avrò in futuro.<br />
Un altro bambino disfa il nido e si muove sul palco, facendo delle evoluzioni.<br />
Seguono le battute:<br />
• Per me volare è fare acrobazie, perché si gira e si curva...<br />
• Io vorrei volare tranquilla...<br />
• Saltare la corda è come volare in aria e il colore che mi viene in mente volando... (coro di colori)<br />
• Volare con macchina volante<br />
• Esperienza interessante.<br />
• Immaginare<br />
• Esplorare, divertimento, sognare cose strane...<br />
• Bellezza (in coro)<br />
• Velocità sensazione emozione<br />
• Effetti solari<br />
• È spericolato<br />
• Mi sembrate D’Annunzio<br />
• Mi sembrate i Pitturisti!<br />
• Pittori turisti?<br />
• No, pittori futuristi!<br />
• Ma se non sapete neanche chi sono!<br />
• Consultiamo Internet...<br />
• Entriamo in rete...<br />
• Goal!<br />
• Cosa c’entra?<br />
• Perché tu non tieni al Milan?<br />
• È una cosa divina. Non penso che a volare<br />
ancora. <strong>Il</strong> momento in cui si lascia la terra è di una<br />
dolcezza infinita... è una nuova ebbrezza...<br />
• Lo dicevo io: prelibatezza...<br />
• Ebbrezza (in coro)<br />
• È una nuova ebbrezza, un nuovo bisogno...<br />
• Come dici bene le cose... (in coro)<br />
Entra un bambino con il Corriere della sera ed interviene:<br />
• Non è farina del suo sacco, lo ha detto D’Annunzio in una intervista con Luigi Barzini...<br />
A questo punto proiettata sul video sopra il palco compare la scritta: “Le prospettive mutevoli del volo”<br />
Subito dopo vengono proiettati sullo schermo alcuni quadri di aereopittura futurista, mentre i<br />
bambini dicono le battute conclusive:<br />
• Schiacciate...<br />
• Provvisorie...<br />
• Appena cadute dal cielo...<br />
• Ma D’Annunzio e i Pitturisti parlano come noi!<br />
• Si vede che volare è importante...<br />
• Si vede che la pensano come noi!<br />
• Forse sono rimasti un po’ bambini e hanno voglia di rischiare<br />
• Sperimentare,<br />
• Crescere<br />
• Imparare la libertà!<br />
64 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 65 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Volteggiare<br />
Ovunque<br />
Lasciandosi<br />
Andare<br />
Ridenti<br />
Entusiasti<br />
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
Laboratorio n. 2 ( classe quinta)<br />
I bambini di quinta hanno preso in esame le caratteristiche del movimento dei futuristi ed<br />
hanno capito che<br />
• la prima cosa che bisogna imparare è che non si copia mai nessuno<br />
• bisogna avere il coraggio delle proprie idee per quanto rivoluzionarie e controcorrente<br />
possano essere<br />
• bisogna saper tradire i propri maestri.<br />
Così è stato ideato uno spettacolo sui futuristi e<br />
D’Annunzio, su alcune loro idee che in qualsiasi tempo<br />
hanno valore.<br />
“La libertà è un valore irrinunciabile” essi dicevano...e<br />
gli alunni hanno subito pensato alla libertà di correre, di<br />
giocare, di saltare e sì… anche di studiare, perchè la<br />
libertà è un diritto.<br />
Ma per essere liberi ci siamo chiesti cosa serva.<br />
In primo luogo è necessario avere tempo e quindi<br />
i bambini hanno pensato a macchine che possano<br />
aiutarci <strong>nel</strong> nostro lavoro, così da avere più tempo da dedicare a ciò che ci piace fare.<br />
Le macchine sono affascinanti oltre che utili<br />
(auto… aereoplani… treni…), ma c’è un rischio: sembra che rendano l’uomo invincibile, un<br />
supereroe, quando invece sappiamo che la vera forza dell’uomo sta <strong>nel</strong>le sue doti interori.<br />
Durante il percorso teatrale gli alunni hanno imparato gli elementi essenziali per stare sul<br />
palcoscenico, come l’utilizzo dello spazio e della voce, poi sono stati aiutati a mettere in evidenza<br />
come <strong>nel</strong>le opere di D’Annunzio e dei futuristi vi fossero delle parole che sembravano interessanti<br />
anche per loro: libertà, supereroe, macchina, volare…<br />
Con queste parole si è giocato un po’, proprio come<br />
facevano i futuristi.<br />
Sono state prese in visione alcune opere di scrittori<br />
e pittori futuristi che hanno saputo trasformare<br />
con fantasia, parole e suoni dando origine alle<br />
onomatopee.<br />
I bambini si sono lasciati affascinare in un<br />
coinvolgimento operativo che ha condotto alla<br />
produzione di un” murales”fatto di “parole in libertà”e<br />
di disegni rappresentanti “suoni ed emozioni in<br />
parole”.<br />
È iniziato così il gioco delle onomatopee da cui ha preso forma l’inizio della performance teatrale.<br />
<strong>Il</strong> lavoro è proseguito con esercizi di espressività gestuale sulla simulazione del volo: i bambini<br />
sono stati invitati a lasciarsi trasportare dal desiderio di volare, dalle sensazioni, dalle emozioni,dal<br />
brivido del volo.<br />
Tutti hanno provato a volare con la fantasia, immaginando l’ebrezza<br />
dell’alta quota.<br />
Partendo da questo esercizio si è creato un breve testo individuale<br />
su emozioni, percezioni e simbologia del volo dal quale sono<br />
scaturite le seguenti esclamazioni:<br />
• Mi sembra di toccare il cielo con un dito!<br />
• I paesi sembrano i pezzi dei lego!<br />
• Le nuvole sembrano imbottite e mi viene voglia di mangiarle!<br />
• Mi sembra di essere un angelo che gira intorno al mondo.<br />
• Guardo giù e tutto sembra un tappeto variopinto.<br />
• Mi sento libera e leggera come un gabbiano!<br />
• Mi sento piccola ma tranquilla!<br />
• Ho i brividi alla pelle e tutto intorno è colore!<br />
• Tutto è silenzio!<br />
• In questo spazio infi nito, penso a quello che l’uomo fa sulla terra!<br />
• Tutto mi sembra piccolo<br />
A questo punto è nata una rifl essione guidata<br />
sul valore che ognuno dà alle cose che scopre<br />
ogni giorno. Ci siamo chiesti cosa è veramente<br />
importante <strong>nel</strong>la vita dell’uomo: le macchine,<br />
che utilizziamo per migliorare la nostra vita e<br />
avere più tempo libero, o ciò che ci permette di<br />
vivere insieme in armonia, mettendo in gioco le<br />
nostre capacità e superando le diffi coltà?<br />
Ci siamo chiesti se dobbiamo affi darci ai<br />
supereroi creati dalla nostra fantasia o se dobbiamo riporre la fi ducia <strong>nel</strong>la nostra capacità di<br />
operare per il bene comune, fi no ad arrivare alla performance “Un fragore<br />
silenzioso”.<br />
I ragazzi si dispongono sui tre lati del palcoscenico e, guidati dal regista, gridano<br />
delle onomatopee e a turno entrano in scena dicendo:<br />
• Vogliamo essere più liberi!!!<br />
• <strong>Il</strong> mondo non è libero.<br />
• Siamo tutti costretti a fare le stesse cose<br />
• Alzarsi, mangiare, andare a scuola e dormire.<br />
• Dobbiamo costruire delle macchine che ci aiutino ad essere liberi.<br />
• Delle macchine che ci liberino il tempo.<br />
• Delle macchine che ci risolvano dei problemi.<br />
Alcuni bambini si muovono come robot e iniziano a parlare dicendo che le macchine possono<br />
essere utilizzate per risolvere i problemi.<br />
• Avremo macchine che soffi ano il naso.<br />
• Macchine per colorare i disegni!<br />
• Che preparano pranzo, cena, colazione.<br />
66 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 67 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
• Macchine che guidano l’auto.<br />
• Macchine che ti lavano.<br />
• Che stenderanno i panni.<br />
• Sostituiranno la nonna per fare la babysitter.<br />
• Ed una macchina che ti fa anche la spesa.<br />
Alla fine, l’ultimo dei robot preme un pulsante e tutti si spengono accasciandosi per terra.<br />
Entra in scena un altro bambino<br />
• Bello<br />
• Molto bello<br />
• Molto divertente<br />
• Molto, molto…<br />
Tutti i robot cadono per terra.<br />
Regna il silenzio mentre un bambino si aggira tra di loro.<br />
• Ma mi sa che così ci annoieremmo.<br />
• Cosa potremmo fare?!<br />
A questo punto ogni robot, tornato bambino, <strong>nel</strong> momento in cui dice la sua battuta, si solleva da<br />
terra pensieroso.<br />
• Nulla!<br />
• Staremmo sempre a casa a guardare la tv!<br />
• A giocare a videogames!<br />
• A navigare su internet!<br />
• Si mangia!<br />
• Si dorme!!<br />
• E non avremo voglia di fare più sport!<br />
• Di fare le passeggiate con papà e mamma!<br />
• Di fare le coccole!!<br />
I bambini si spostano silenziosamente sui due lati del palcoscenico e formano due macchine<br />
umane (aereo e carro armato), poi iniziano a riprodurre il rumore delle due macchine e,<br />
aumentando sempre più il rumore, si muovono scontrandosi al centro: tutti cadono per terra.<br />
Regna il silenzio.<br />
Dal fondo del palcoscenico entra un bambino sbigottito e dice:<br />
• Ma non ci si diverte neanche un po’ in questo mondo!<br />
Tutti sollevano il capo ed esclamano:<br />
• Disastro!<br />
• Come facciamo?<br />
• Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti…<br />
Si tocca il mento pensieroso, poi esclama:<br />
• Un eroe!<br />
I bambini si guadano tra di loro sbigottiti.<br />
• Tra di noi non ne vedo molti!<br />
• Forse quando saremo grandi!<br />
• Aspettate! Noi, possiamo essere degli eroi!<br />
• Anzi, dei super-eroi!<br />
• Ecco! Noi, siamo super-super!!!<br />
Mentre un sottofondo musicale va in crescendo, tutti i bambini si dispongono <strong>nel</strong>lo spazio<br />
disponibile, assumendo le posizioni dei super eroi da loro inventati.<br />
Infine, rimanendo fermi <strong>nel</strong>l’ultima posizione da super eroe, alcuni di loro elencano le qualità:<br />
• Saremo forti per aiutare i più deboli!<br />
• Sapremo volare per individuare dall’alto i criminali!<br />
• Saremo equi per riportare la giustizia!<br />
• Saremo scintillanti per accecare i nemici!<br />
• Saremo veloci per prenderli in contropiede!<br />
• E saremo affascinanti!<br />
Sbigottiti, tutti esclamano.<br />
• Perchè??<br />
• Perché no? Mica vogliamo stare da soli tutta la vita!!<br />
68 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 69 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
La musica finisce e tutti si guardano delusi.<br />
Perdono la loro postura da super-eroi:<br />
• Ecco, abbiamo anche finito di fare gli eroi!<br />
• Qual è stato il problema?<br />
• Abbiamo creduto che le macchine<br />
salvassero tutto!<br />
• Che gli eroi ci potessero salvare!<br />
• Non siamo gli unici ad averlo creduto!<br />
• Anche i futuristi!<br />
• Anche D’Annunzio!<br />
• Anche lui credeva negli eroi e amava le<br />
macchine.<br />
• Ma... veramente lui non ebbe proprio passione per tutte le macchine.<br />
• Amava gli aerei.<br />
Tutti i bambini iniziano a sollevare le braccia e a sibilare, simulando un volo aereo:<br />
• Sono in alto!<br />
• Volo in aereo!<br />
• Mi sembra di poter toccare il cielo con un dito!<br />
• Le nuvole sembrano imbottite ed ho una gran voglia di mangiarle! Guardo e vedo…<br />
• Distese di ogni colore e gruppi di case che <strong>nel</strong> loro piccolo sembrano minuscoli agglomerati.<br />
• Le case che da terra sono giganti grattacieli, sembrano come dei<br />
modellini, e io sono un gigante tra i lego… vado più in alto!<br />
• <strong>Il</strong> paesaggio diventa come un quadro dai colori sfumati, non si<br />
capisce quali sono le cose, quali sono le persone, quali le strade!<br />
• Tutto è leggero!<br />
• Silenzioso!!<br />
• La luce è ovattata!<br />
• E in questo strano “paradiso”, ripenso a quello che l’uomo fa!<br />
• Mi pare piccolo!<br />
• E tutti i suoi problemi talmente inutili!
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
• Forse, bisognerebbe pensare così,anche quando siamo sulla terra!<br />
• Vedere tutto più distante.<br />
• E le cose sarebbero più semplici!<br />
• Forse!<br />
Tutti i bambini, sibilando come gli aerei in volo, escono lentamente di scena e si dispongono ai due<br />
lati del palcoscenico.<br />
Di colpo spiccano un salto verso il centro della scena e, sollevando le braccia verso l’alto, gridano:<br />
• Libertà!<br />
Dopo aver rappresentato le due performance, gli alunni sono stati accompagnati al Vittoriale dove<br />
hanno potuto rappresentare con il disegno le due auto e l’aereo di D’Annunzio, testimonianze della<br />
passione del poeta per il volo e la velocità.<br />
Si sono anche divertiti a creare acrostici relativi ai termini più volte emersi durante tutto il lavoro<br />
svolto.<br />
Volante A<br />
Enorme sUperare<br />
Luci Tornanti<br />
rOtonde Ombrosi<br />
Con<br />
Isotta<br />
Tu<br />
Andrai<br />
70 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 71 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 1 Fragori e acrobazie progetto 1 Fragori e acrobazie<br />
Vado Ammirando<br />
Oltre Entusiasta<br />
Le Rischiando<br />
Ombre E<br />
Osando<br />
72 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 73 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Guidavi Dovunque<br />
Aerei Andavi<br />
Ballerini Nuvole<br />
Rombanti Nebbiose<br />
Imbattibili sUperavi<br />
Eccellenti Negli<br />
Leggeri aZzurri<br />
E Infi niti<br />
Orizzonti
Chi e dove Scuola Secondaria di primo grado “Papa Giovanni XXIII” Gardone Riviera<br />
Classi coinvolte Terza A<br />
Docenti referenti Raggi Simona (Lettere), Marchiori Marco (Arte), Bettinzoli Liliana (Matematica)<br />
74 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 75 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
progetto 2 Meglio convien credere al corpo<br />
che all’anima<br />
L’esaltazione della competizione<br />
e dell’attività fisica in D’Annunzio e Marinetti<br />
In generale il tema sportivo fu giudicato indegno, di conseguenza non<br />
poetabile dalla maggior parte dei poeti e dei letterati, ma d’Annunzio e<br />
Marinetti rappresentano una notevole eccezione <strong>nel</strong> panorama culturale<br />
italiano. Secondo Giorgio Barberi Squarotti 1 , essi non rappresentano lo<br />
sport solo come gara sportiva, ma come sfida personale mettendo in<br />
campo l’eroismo del singolo e lo sport come lotta.<br />
Ha ragione lo storico Luciano Russi 2 di indicare in Gabriele d’Annunzio<br />
uno dei pochi a intuire che lo sport sarebbe diventato un “fatto di<br />
costume” tanto da coinvolgere strati sociali sempre più ampi.<br />
Nella biografia del vate è difficile non riconoscere una notevole capacità<br />
di cogliere gli aspetti più appariscenti della nascente società con i suoi<br />
miti e i suoi riti collettivi; D’Annunzio è noto per la sua eccentricità e le<br />
sue iniziative, anche <strong>nel</strong> creare neologismi poi entrati <strong>nel</strong>l’uso comune<br />
e ancora attuali, per esempio la parola “maratoneta” coniata per il<br />
podista Dorando Petri.<br />
Gabriele d’Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863 da famiglia<br />
borghese.<br />
Era un grande amante dello sport e ne praticò molti fin dagli anni<br />
dell’infanzia: imparò a tirare di scherma, andare a cavallo, frequentò<br />
corsi di ginnastica e fu addestrato<br />
<strong>nel</strong>l’arte del nuoto, infatti divenne<br />
un nuotatore espertissimo. Dopo il<br />
nuoto nacque in lui una fortissima<br />
passione per la vela, infatti, <strong>nel</strong> 1896<br />
D’Annunzio riuscì a compiere una<br />
completa crociera velica fino in Grecia.<br />
Fu uno tra i primi a volare e a tirare calci a un pallone<br />
confessando la sua ripugnanza contro “l’immobilità della<br />
sedia e contro l’irritante esercizio della scrittura”.<br />
D’Annunzio aveva un notevole interesse per lo sport:<br />
infatti una prova di come sapeva curare l’esercizio fisico la<br />
A sinistra, il volantino<br />
celebrativo del volo su<br />
<strong>Vie</strong>nna.
progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima<br />
troviamo <strong>nel</strong> diploma rilasciatogli presso il Regio Liceo Cicognini di Prato. Questo diploma<br />
dichiara che <strong>nel</strong>l’anno scolastico 1880-81, l’alunno D’Annunzio Gabriele di Pescara fu<br />
giudicato di piena lode in ginnastica.<br />
<strong>Il</strong> 7 febbraio del 1920 inaugurò una partita di calcio, per consolidare il rapporto tra i cittadini<br />
di Fiume e l’esercito occupante. In quell’occasione creò lo scudetto tricolore (che tuttora<br />
vediamo sulle maglie della Nazionale Italiana); esso era una novità perché prima si usava<br />
la maglia azzurra con lo scudetto crociato bianco e rosso, simbolo di casa Savoia, senza<br />
contare che il tricolore repubblicano appariva come una vera e propria sfi da “repubblicana”,<br />
insomma un affronto antimonarchico. Per la cronaca la partita fi nì 2 a 1 per i fi umani.<br />
La voglia di vincere portò D’Annunzio <strong>nel</strong> 1921 ad essere proclamato atleta dell’anno<br />
nonostante i suoi 58 anni. D’Annunzio fu un precursore dello sport praticato e viveva, come<br />
anch’egli pensava “in una continua contaminazione fra realtà e letteratura, fra esistenza e<br />
rappresentazione” 3 .<br />
Lui riuscì inoltre ad intuire che “lo sportivo, il campione impasta di sé questa duplicità: è se<br />
stesso e contemporaneamente è l’eroe rimodellato dalla fantasia, dai sentimenti di chi, da<br />
spettatore, lo vede gareggiare”.<br />
IMMOTUS NEC INERS Fermo ma non inerte<br />
Fresa oraziana scelta da D’Annunzio per il suo stemma nobiliare di “principe di Monte<br />
Nevoso” disegnato dal pittore Guido Marussig. <strong>Il</strong> titolo di principe fu conferito al Poeta dal<br />
re, per volere di Mussolini <strong>nel</strong> 1924, dopo la defi nitiva annessione di Fiume all’Italia. La<br />
scelta di questo motto ha un chiaro signifi cato polemico: D’Annunzio non tralasciò mai<br />
occasione di ricordare a Mussolini le sue passate gesta e di esprimere il suo desiderio di<br />
tornare all’azione, specie nei primi anni del suo “esilio” al Vittoriale.<br />
PASSIONE PER L’ACQUA<br />
Come già ricordato, fi n da bambino, il pescarese D’Annunzio, fu<br />
educato all’amore per l’acqua, per il mare e per gli sport ad esso<br />
connessi. <strong>Il</strong> padre lo addestrò all’arte del nuoto così d’Annunzio<br />
divenne un nuotatore espertissimo.<br />
In seguito venne la vela attraverso l’acquisto di una piccola<br />
imbarcazione e <strong>nel</strong> 1896 d’Annunzio compiva poi una<br />
brillante e completa crociera velica fi no in Grecia.<br />
E ancora ventun anni dopo, <strong>nel</strong><br />
1917, egli scriveva di quella<br />
avventura raccontandola al<br />
fi glio di Edoardo Scarfoglio,<br />
che aveva partecipato con<br />
lui a quella crociera. Negli<br />
ultimi anni di vita, trascorsi per la<br />
maggior parte <strong>nel</strong>la villa di Gardone Riviera,<br />
nonostante la vecchiaia, egli non tralascia la cura del<br />
corpo e pratica, per quanto possibile, diversi sport. Ma è una<br />
nuova passione, una nuova sfi da, ad animare ancora una volta lo<br />
spirito del poeta.<br />
La motonautica<br />
Nel febbraio 1921 D’Annunzio, che si è ormai stabilito a Gardone<br />
Riviera, vuole celebrare l’amato lago di Garda. Prende forma l’idea<br />
di un meeting idroaviatorio per il quale lo stesso poeta mette in palio<br />
la coppa del Benaco dedicata all’Ala Marina. Ed è proprio lo spirito<br />
ardimentoso di D’Annunzio che trova un nuovo modo di sperimentare<br />
76 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 77 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
D’Annunzio motonauta.<br />
In alto a sinistra, Guidone del<br />
Club Motonautico Gabriele<br />
d’Annunzio di Gardone<br />
Riviera<br />
A fi anco, la coppa<br />
dell’Oltranza.<br />
Le dediche di Gabriele<br />
d’Annunzio per la società<br />
sportiva Canottieri Garda<br />
di Salò e per la Coppa<br />
dell’Oltranza in memoria<br />
della scomparsa del pilota<br />
inglese Henry Segrave morto<br />
in seguito ad un incidente<br />
durante un tentativo di record<br />
sull’acqua.<br />
Nella pagina a sinistra,<br />
D’Annunzio in riva al mare.
D’Annunzio a cavallo<br />
progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima<br />
la sua passione e propensione per la velocità o come la defi nisce lui, la rapidità. E così la<br />
motonautica diventa la sua nuova sfi da lanciata, questa volta, ai record da battere. Nel 1925<br />
si fa allestire ‘un guscio’ perché vuole partecipare alle gare di motonautica di Stresa e di<br />
Como, dove cerca di tenere il passo agli stranieri <strong>nel</strong> Gran Premio d’Europa. Ma rivelatisi<br />
fallimentari i due tentativi, <strong>nel</strong> 1927 sarà suo il nuovo record di velocità stabilito proprio sulle<br />
acque verdi antistanti Gardone Riviera: 127 chilometri al comando di Alcione.<br />
Ed è così che <strong>nel</strong> 1929 nasce il club motonautico Gabriele d’Annunzio che ha per motto<br />
“Memento Audere Semper’’ e ha per gagliardetto lo stesso che comparve per la prima volta<br />
a Buccari: sette stelle in campo azzurro. Sarà proprio D’Annunzio a volere che il premio<br />
assegnato <strong>nel</strong>le competizioni organizzate dal club venga dedicato alla “Rapidità pura’’ e<br />
che prenda il nome di Coppa dell’Oltranza; ancora un riconoscimento all’indomito desiderio<br />
di superare i limiti imposti alla velocità, uno sprone contro l’immobilità, la passività e<br />
l’arrendevolezza.<br />
È senz’altro da ricordare che in una delle gare de l’“Oltranza’’ si scontrarono due assi<br />
dell’automobilismo: Tazio Nuvolari e Achille Varzi.<br />
MEMENTO AUDERE SEMPER Ricordati di osare sempre<br />
È il più celebre motto di guerra dannunziano, legato alla memorabile “Beffa di<br />
Buccari”, l’impresa compiuta <strong>nel</strong>la notte fra il 10 e l’11 febbraio 1918. <strong>Il</strong> timoniere<br />
del MAS, il motoscafo antisommergibile destinato all’impresa, ora conservato al<br />
Vittoriale, aveva composto un acrostico in latino con le lettere MAS: “Motus animat<br />
spes”. Ma il motto sembrò poco energico a D’Annunzio che lo cambiò all’ultimo<br />
momento e lo fece incidere sulla tavoletta dietro la ruota del timone. <strong>Il</strong> Poeta volle<br />
per il motto un disegno di De Carolis raffi gurante un braccio che emerge dai fl utti<br />
stringendo una corona di rami di quercia. Lo fece stampare sulla sua carta da lettere,<br />
e sugli oggetti più disparati, scatole d’argento e foulard di seta rossa blu che usava<br />
regalare agli amici.<br />
“NON AMO CANTARE. AMO I CAVALLI, I CANI, E LA CACCIA”<br />
D’Annunzio e la passione per i cavalli e i cani<br />
L’acqua e l’aria, il nuoto e la corsa <strong>nel</strong> vento in sella a<br />
un cavallo sono le prime passioni del giovane Gabriele<br />
d’Annunzio. Lo stesso poeta ci informa della sua<br />
propensione per questi sport non soltanto <strong>nel</strong>le sue<br />
memorie e <strong>nel</strong>le opere giovanili, ma anche <strong>nel</strong>le lettere al<br />
padre, alle sorelle e a diversi famigliari e amici.<br />
<strong>Il</strong> suo primo cavallo fu Aquilino, e <strong>nel</strong> passo che segue ne<br />
parla con struggente malinconia.<br />
“Era un piccolo cavallo sardo. Era baio focato, balzan da uno, bevente in bianco. Aveva<br />
lunghe e fornite la criniera e la coda”.<br />
La passione per i cani e i cavalli, il poeta pescarese la ereditò dal padre, Francesco Paolo e<br />
la portò con sé tutta la vita. Gli piaceva cavalcare in campagna, praticare la caccia alla volpe<br />
e <strong>nel</strong>la poesia Fiaccola sotto il moggio si legge: “voglio ancora il mio schioppo/ e i miei cani<br />
pezzati, bianchi e neri/ bianchi e falbi;/ e quelli belli occhi franchi,/ e quelle orecchie belle<br />
come il velluto”. In una biografi a scritta da Benigno Palmerio 4 , amico di D’Annunzio e suo<br />
veterinario di fi ducia, si legge che il vate possedeva diversi levrieri, in particolare greyhounds<br />
e barzoi. Arrivò ad averne più di 40. Usava i greyhounds per le corse: portava i suoi campioni<br />
nei cinodromi più famosi, come quello di Parigi, come racconta Piero Chiara in Vita di<br />
Gabriele d’Annunzio 5 .<br />
Una volta due suoi levrieri vinsero molte gare e gli fecero incassare 400 franchi di premio.<br />
Un particolare macabro è il fatto che a quel tempo non si usavano, come oggi, prede fi nte<br />
per far scattare i cani alla partenza, ma lepri in carne e ossa. La moglie di D’Annunzio, Maria<br />
Hardouin, si copriva gli occhi quando la lepre veniva raggiunta e sbranata dai levrieri.<br />
Nella sua tenuta della Capponcina a Settignano, vicino a Firenze, D’Annunzio teneva i barzoi.<br />
Ad affascinare il poeta era soprattutto la fedeltà dei suoi amici a quattro zampe, una<br />
dote che apprezzava moltissimo anche <strong>nel</strong>le persone. Infatti sul tetto del canile aveva<br />
fatto collocare una bandiera con la scritta “Fidelitas”. A volte egli trascorreva giornate<br />
intere insieme ai suoi animali e quando stavano male li accudiva personalmente con cure<br />
amorevoli.<br />
Quando la malattia manifestata da un animale era giudicata inguaribile, pur di non farlo<br />
soffrire, non esitava ad abbatterlo, ma il dolore che poi lo colpiva<br />
era pari a quello mostrato per la perdita di una persona cara. Oltre<br />
ai cani D’Annunzio adorava i gatti e infatti molti furono ospiti graditi<br />
<strong>nel</strong>le sue abitazioni.<br />
Quando, in seguito alle alterne fortune e vicende della sua travagliata<br />
esistenza, la muta dei suoi cani si sfaldava, D’Annunzio non esitava<br />
a ricostituirla.<br />
<strong>Il</strong> segretario del vate, Tom Antongini, ricorda <strong>nel</strong> suo libro 6 , che<br />
il poeta fece costruire <strong>nel</strong> giardino dello chalet di Arcachon un<br />
magnifi co canile, la cui porta era ornata da 4 pilastri. In questo canile<br />
egli allevava, come d’abitudine, levrieri russi e scozzesi.<br />
La muta di cani in parte distrutta fu ricostituita durante il volontario<br />
esilio di D’Annunzio in Francia.<br />
E proprio lui, l’eroe indomito che disprezzava il pericolo e<br />
s’imbarcava <strong>nel</strong>le imprese più disparate e disperate, tremava e<br />
si disperava per i suoi cani. Li adorava, per lui erano “fanciulli<br />
capricciosi e tremende macchine di vittoria, belve crudeli e damigelle<br />
timide, sognatori taciturni e dilaniatori inesorabili”.<br />
78 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 79 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
D’Annunzio fra i levrieri <strong>nel</strong><br />
giardino della Capponcina<br />
D’Annunzio <strong>nel</strong>la spiaggia di<br />
Francavilla a mare.
progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima<br />
D’ANNUNZIO E IL VOLO<br />
Ed è proprio il poeta a darci una misura di<br />
questo incondizionato amore quando scrive<br />
che “li amavo come si ama una donna<br />
malfida e tenera, mista di svogliatezza e di<br />
ardore, di frenesia e di mestizia”.<br />
La sua cagna prediletta, come ci ricorda lui<br />
stesso, era Dannissa, la sua levriera preferita,<br />
“la più graziosa creatura dell’universo che<br />
mi rende l’amore e l’ardore della vita”. Di lei<br />
parla proprio come un innamorato parlerebbe<br />
della sua adorata quando dice che aveva<br />
“due grandi occhi soavi di fanciulla, piena di<br />
pagliuzze d’oro come due pietre venturine”.<br />
“Rapidità, rapidità, gioiosa vittoria sopra il triste peso, aerea febbre, sete di vento e di<br />
splendore moltiplicato spirito <strong>nel</strong>l’ossea mole, Rapidità, la prima nata dall’arco teso che si<br />
chiama vita!”.<br />
D’Annunzio voleva sempre guardare “avanti”, così fu anche con gli aeroplani e tutto ciò che<br />
era ad essi connesso, compresa la terminologia che venne arricchita di nuovi nomi coniati<br />
dal poeta stesso; fra tutti “velivolo”.<br />
<strong>Il</strong> 4 maggio 1915 parte per il fronte come tenente e le<br />
sue imprese sono soprattutto aeree. E gli aerei trovano<br />
spazio anche <strong>nel</strong>le più celebri poesie dannunziane, tra cui<br />
la celebre Alcione. E l’esempio di D’Annunzio sarà ripreso<br />
proprio da quel Marinetti che con il poeta pescarese<br />
condivise più d’una avventura; suo è l’ Aeropoema del<br />
Golfo della Spezia e alcuni pittori futuristi, amici dello<br />
stesso D’Annunzio, si configurarono come “aeropittori”<br />
dipingendo il mondo visto dall’alto e in velocità.<br />
Gabriele d’Annunzio eroe, poeta e letterato, era un<br />
appassionato sportivo. È ampiamente noto che sia stato<br />
amante delle corse di cavalli, che abbia posseduto dei<br />
levrieri, che abbia seguito le gare automobilistiche. Si<br />
racconta che sia stato anche un ottimo spadaccino.<br />
L’amore per il volo gli fece perdere un<br />
occhio, era amante del canottaggio e del<br />
nuoto e andava volentieri in bicicletta. Aveva<br />
una grande passione per il calcio.<br />
A quei tempi i calciatori dell’Italia vestivano<br />
la maglia azzurro mare della dinastia dei<br />
Savoia, con lo scudo crociato bianco e rosso.<br />
Lo scudetto di D’Annunzio, così, comparve<br />
per la prima volta allo stadio Marassi il<br />
10 ottobre 1924 sulle maglie del Genoa,<br />
campione d’Italia. Nel 1925 lo portò il Bologna ma già <strong>nel</strong>la seguente stagione la Juventus<br />
vi infilò dentro lo scudo sabaudo. Ma lo scudetto tricolore tornò a fare la sua comparsa il 27<br />
aprile 1947. Con grande soddisfazione postuma del vate.<br />
80 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 81 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
D’Annunzio con Natale Palli<br />
durante il Volo su <strong>Vie</strong>nna.<br />
L’aereo del volo su <strong>Vie</strong>nna<br />
dell’agosto 1918 conservato<br />
al Vittoriale.
Cielo di <strong>Vie</strong>nna, 9 agosto<br />
1918. Sui tetti della capitale<br />
dell’impero austroungarico e<br />
sul duomo di Santo Stefano<br />
piovono i volantini tricolori<br />
lanciati dalla squadriglia<br />
Serenissima comandata<br />
da Gabriele d’Annunzio. I<br />
manifestini annunciavano<br />
l’imminente vittoria italiana<br />
<strong>nel</strong>la grande guerra, 1914-<br />
1918.<br />
A destra, dedica a Tazio<br />
Nuvolari.<br />
progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima<br />
PIÙ ALTO E PIÙ OLTRE<br />
Inciso in un tondo che porta al centro il motivo di una grande ala, è il motto destinato da<br />
D’Annunzio al Primo gruppo di squadriglia aerea. È contenuto <strong>nel</strong>la “esortazione” agli<br />
aviatori che il Poeta scrisse il 24 maggio 1917 per incitarli a compiere sempre più vaste<br />
e ardue imprese.<br />
LE MACCHINE DI D’ANNUNZIO<br />
La prima vettura di sua proprietà risale al 1908.<br />
Era una “Florentia”, una vettura da 18 hp, capace<br />
di raggiungere una velocità di 60 chilometri orari,<br />
costruita da una piccola fabbrica toscana.<br />
Dopo la Florentia, fu la volta della Torpedo.<br />
Rientrato in Italia dal “volontario esilio” francese,<br />
D’Annunzio la utilizzò durante la Grande Guerra ed<br />
è a bordo di questa che egli, <strong>nel</strong> 1919, procedette<br />
verso Fiume.<br />
Verranno poi le Isotta Fraschini: alla prima,<br />
chiamata Papessa dal poeta, ne seguirà una<br />
seconda, blu con fi letti rossi, targata RA (Regia<br />
Aeronautica) che si trova ancora oggi al Vittoriale.<br />
Ma l’auto, e la Torpedo in particolare, continuerà<br />
a far compagnia al vate per tutta la sua esistenza,<br />
simbolo meccanico di quello stile di vita che il poeta<br />
aveva voluto rappresentare: indomito eroismo,<br />
coraggio, spinta alla velocità, passione irredenta.<br />
CONCLUSIONI<br />
D’Annunzio scriveva negli ultimi anni al Vittoriale di Gardone Riviera, la Villa di Cargnacco sua<br />
ultima dimora, di non voler essere<br />
“un letterato dallo stampo antico in papalina e pantofole…<br />
meglio convien credere al corpo che all’anima”<br />
Gabriele d’Annunzio morì il primo marzo dell’anno 1938 al Vittoriale degli Italiani a Gardone<br />
Riviera.<br />
NOTE<br />
1 G. BARBERI SQUAROTTI, Sport e letteratura, Versants, 2001.<br />
2 L. RUSSI, L’agonista. Gabriele d’Annunzio e lo sport, E.S.A, 2009.<br />
3 R. BASSETTI, Storia e storie dello sport in Italia, Marsilio, 1999.<br />
4 B. PALMERIO, Con d’Annunzio alla Capponcina, Le Lettere, 2009.<br />
5 P. CHIARA, Vita di Gabriele d’Annunzio, Milano, Mondadori, 1978.<br />
6 T. ANTONGINI, Vita segreta di Gabriele d’Annunzio, Milano, Mondadori, 1938.<br />
82 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 83 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
La leggendaria Fiat Torpedo<br />
oggi conservata al Vittoriale.<br />
A destra, D’Annunzio e Tazio<br />
Nuvolari.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
1 <strong>Il</strong> piacere del corpo, a cura<br />
di M. PANCERA, G. VERGANI,<br />
Electa 1999.<br />
2 “<strong>Il</strong> piacere del corpo”. E di<br />
prendere a calci un pallone, di<br />
R. MINORE, dal “Corriere della<br />
sera” del 29 febbraio 2008.<br />
3 Quando d’Annunzio fu<br />
nominato atleta dell’anno, di A.<br />
COLOMBO, dal “Corriere della<br />
sera” del 13 luglio 2008<br />
4 A Fiume <strong>nel</strong> 1920 la prima<br />
apparizione dello scudetto<br />
tricolore, di E. GREBLICKI, da<br />
“Lega Nazionale- Sezione di<br />
Fiume”, del 31 marzo 2005,<br />
Panorama Edit.<br />
5 I levrieri dai “belli occhi franchi”<br />
di Gabriele d’Annunzio, di<br />
R. ALLEGRI, dal “Giornale di<br />
Brescia” del 20 marzo 2003.
progetto 2 Meglio convien credere al corpo che all’anima<br />
UNITÀ DI APPRENDIMENTO<br />
Titolo: Meglio convien credere al corpo<br />
che all’anima<br />
Anno scolastico: 2009/2010<br />
Scuola Secondaria di primo grado statale<br />
“Papa Giovanni XXIII” Gardone Riviera<br />
Classe 3A<br />
Insegnanti coinvolti: Bettinzoli, Marchiori,<br />
Raggi<br />
Agli alunni è stata proposta una tematica<br />
che potesse predisporli ad un lavoro che li<br />
coinvolgesse maggiormente, pertanto si è<br />
ipotizzato che affrontare la visione dello sport<br />
da parte di d’Annunzio potesse sollecitare<br />
il loro interesse. Stabilito l’argomento in<br />
generale, il lavoro è stato suddiviso in 6 fasi.<br />
1ª FASE illustrazione della biografi a e delle<br />
opere fondamentali di d’Annunzio<br />
In particolare ci si è soffermati sull’ultimo<br />
periodo della sua vita trascorsa <strong>nel</strong>la Villa di<br />
Cargnacco (Vittoriale degli Italiani).<br />
2ª FASE selezione della tematica<br />
Posto che il lavoro avrebbe puntato<br />
sull’analisi del rapporto tra d’Annunzio e lo<br />
sport, è stata fatta una ricerca di materiale<br />
(cartaceo, fotografi co...) che consentisse di<br />
circoscrivere l’argomento. I ragazzi hanno<br />
scelto di rielaborare le tematiche legate<br />
all’acqua (motonautica e nuoto), all’aria e<br />
alla velocità (il volo e le automobili) e agli<br />
animali (cani e cavalli). Questo ha consentito<br />
di costruire l’impalcatura del nostro lavoro<br />
che pertanto si andava via via defi nendo:<br />
una introduzione e una serie di capitoletti,<br />
ognuno dei quali dedicato ad un aspetto<br />
della tematica affrontata.<br />
3ª FASE selezione degli alunni<br />
La complessità del progetto ha suggerito<br />
di adottare come modalità operativa quella<br />
di lavorare su un gruppo di alunni che si<br />
fossero offerti “volontari”. Tale procedimento<br />
non era inteso a discriminare una parte della<br />
classe, ma come una proposta di attività in<br />
cui far emergere capacità di varia natura<br />
e in cui gli alunni si mettessero in gioco<br />
con un lavoro più impegnativo non legato a<br />
valutazione scolastica. Individuato il<br />
gruppo dei partecipanti al progetto, circa la<br />
metà della classe, sono stati creati quattro<br />
sottogruppi e ad ognuno di essi è stato<br />
assegnato un ambito di ricerca.<br />
4ª FASE elaborazione dei testi<br />
Assegnato il lavoro, si è entrati <strong>nel</strong>la fase<br />
più operativa del progetto; ad ogni gruppo è<br />
stato consegnato del materiale specifi co e su<br />
indicazione dell’insegnante è stato avviato il<br />
lavoro di ricerca. Gli alunni hanno affrontato<br />
la lettura e comprensione di testi di vario<br />
genere, immagini, documenti ecc. e li hanno<br />
rielaborati e riproposti in una serie di testi<br />
che avrebbero affi ancato la parte grafi ca e<br />
creativa.<br />
5ª FASE rielaborazione grafi co-pittorica delle<br />
immagini in chiave futurista<br />
Questa fase è stata suddivisa in due<br />
momenti distinti:<br />
- consegnate le immagini fotografi che gli<br />
alunni sono intervenuti in modo grafi co e<br />
pittorico, affrontando il lavoro operativo in<br />
chiave futurista<br />
- successivamente alcune di esse sono state<br />
sono rielaborate con l’impiego del computer<br />
6ª FASE impaginazione grafi ca del lavoro<br />
svolto<br />
Testi, immagini di varia natura e gli<br />
elaborati grafi co-pittorici dei ragazzi sono<br />
stati assemblati su un unico documento<br />
informatico seguendo una sequenza logica in<br />
cui le parti grafi che facevano da commento<br />
artistico al testo letterario.<br />
Questa attività è stata affrontata in modo<br />
interdisciplinare ed ha coinvolto le materie<br />
di lettere, arte ed immagine e informatica.<br />
<strong>Il</strong> lavoro ha consentito di far emergere le<br />
diverse abilità e attitudini degli alunni nei vari<br />
ambiti ed ha altresì sviluppato la capacità<br />
di lavorare in gruppo collaborando ad un<br />
progetto comune.<br />
Chi e dove Istituto tecnico statale commerciale e per geometri Cesare Battisti Salò<br />
Classi coinvolte Quarta A Turistico<br />
Docenti referenti Amalia Bigi e Annalisa Ghirardi<br />
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
Caratteri del progetto<br />
Obiettivi <strong>didattici</strong><br />
• Capacità di collaborare tra studenti suddividendosi i compiti e funzioni al fi ne di una<br />
organicità e di una effi cienza operativa<br />
Obiettivi cognitivi<br />
• Capacità di attingere direttamente alle fonti storiche e letterarie, attraverso la<br />
consultazione di documenti d’archivio e museali.<br />
• Capacità di raccogliere, selezionare dati ed informazioni e di ordinarli ed organizzarli al fi ne<br />
di produrre un lavoro mirato<br />
• Approfondire la conoscenza del periodo storico 1910/ 1940 ed oltre<br />
• Mettere in relazione e collegare tutte le conoscenze acquisite <strong>nel</strong>le materie interessate<br />
(Italiano-Storia-Storia dell’Arte-Inglese)<br />
Obiettivi professionali<br />
• Acquisire padronanza e sicurezza <strong>nel</strong> ruolo di guida turistica<br />
• Esporre le informazioni acquisite con effi cacia mantenendo desta l’attenzione dell’uditorio<br />
• Valorizzare quanto fatto a scuola proponendolo all’esterno attraverso un lavoro di pubblicità<br />
Contenuti-<strong>Percorsi</strong>-Modalità - Tempi<br />
Nel mese di ottobre la prof.ssa Amalia Bigi ci propose di partecipare al progetto didattico<br />
“<strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: simbolo, astrazione, modernità”, promosso dal Museo di<br />
Santa Giulia di Brescia, da <strong>Il</strong> Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera e dalla Fondazione Ugo da<br />
Como di Lonato, <strong>nel</strong>l’ambito del Progetto “Le vie dell’arte”, con il contributo della Provincia di<br />
Brescia e dalla Regione Lombardia.<br />
Nonostante le nostre carenze di storia dell’arte, abbiamo accettato il progetto con curiosità e<br />
interesse.<br />
84 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
85 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità” progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
Ci siamo documentati tramite Internet e consultando testi di Storia dell’Arte, alla ricerca di<br />
informazioni.<br />
Appresi i caratteri generali di questo periodo storico-artistico, letto il “Manifesto” del movimento<br />
Futurista, abbiamo scelto ed analizzato alcuni artisti del Movimento e le loro opere... La nostra<br />
ricerca è stata arricchita da una visita della mostra “Le vie del <strong>Futurismo</strong>” presso il Museo<br />
Santa Giulia di Brescia dove la prof.ssa Annalisa Ghirardi ,oltre aver risposto ad alcuni nostri<br />
quesiti, ha presentato e commentato opere di Romolo Romani, Neri Nannetti, Mario Nannini,<br />
Gino Galli, Fortunato Depero, Gherardo Dottori, Achille Lega, Julius Evola, Emilio Notte.<br />
La visita al Museo Santa Giulia è stata oggetto di una ulteriore riflessione e lettura dei<br />
“Padri” del Manifesto del <strong>Futurismo</strong>. Leggere ancora una volta il Manifesto e osservare più<br />
attentamente le opere di Marinetti, Boccioni, Balla, Carrà, ha sicuramente contribuito a<br />
comprendere “il grido di ribellione” degli artisti e poeti futuristi. Un “grido” che voleva essere<br />
un accorato appello ad un “rinnovamento” di tutte le espressioni dell’Arte. È stata una vera<br />
e propria “dichiarazione di guerra” a tutti quegli artisti e a tutte quelle istituzioni che, pur<br />
camuffandosi di falsa modernità, rimanevano invischiati <strong>nel</strong>la tradizione e in una ripugnate<br />
pigrizia celebrale.<br />
Abbiamo analizzato “i grandi Temi” del <strong>Futurismo</strong>: La Velocità, La Metropoli, L’Individuo, La<br />
Guerra. Per la nostra Fase Operativa abbiamo scelto il tema: La Velocità<br />
“Noi affermiamo che la magnificenza del Mondo si è arricchita di una<br />
bellezza nuova: la bellezza della velocità”<br />
We have been up all night, my friends and I, beneath mosque lamps whose brass cupolas are bright as<br />
our souls, because like them they were illuminated by the internal glow of electric hearts. And trampling<br />
underfoot our native sloth on opulent Persian carpets, we have been discussing right up to the limits of<br />
logic and scrawling the paper with demented writing.<br />
Our hearts were filled with an immense pride at feeling ourselves standing quite alone, like lighthouses or<br />
like the senti<strong>nel</strong>s in an outpost, facing the army of enemy stars encamped in their celestial bivouacs. Alone<br />
with the engineers in the infernal stokeholes of great ships, alone with the black spirits which rage in the<br />
belly of rogue locomotives, alone with the drunkards beating their wings against the walls.<br />
Then we were suddenly distracted by the rumbling of huge double decker trams that went leaping by,<br />
streaked with light like the villages celebrating their festivals, which the Po in flood suddenly knocks down<br />
and uproots, and, in the rapids and eddies of a deluge, drags down to the sea.<br />
Then the silence increased. As we listened to the last faint prayer of the old canal and the crumbling of the<br />
bones of the moribund palaces with their green growth of beard, suddenly the hungry automobiles roared<br />
beneath our windows.<br />
“Come, my friends!” I said. “Let us go! At last Mythology and the mystic cult of the ideal have been left<br />
behind. We are going to be present at the birth of the centaur and we shall soon see the first angels fly!<br />
We must break down the gates of life to test the bolts and the padlocks! Let us go! Here is they very<br />
first sunrise on earth! Nothing equals the splendor of its red sword which strikes for the first time in our<br />
millennial darkness.”<br />
We went up to the three snorting machines to caress their breasts. I lay along mine like a corpse on its<br />
bier, but I suddenly revived again beneath the steering wheel – a guillotine knife – which threatened my<br />
stomach. A great sweep of madness brought us sharply back to ourselves and drove us through the streets,<br />
steep and deep, like dried up torrents. Here and there unhappy lamps in the windows taught us to despise<br />
our mathematical eyes. “Smell,” I exclaimed, “smell is good enough for wild beasts!”<br />
And we hunted, like young lions, death with its black fur dappled with pale crosses, who ran before us in<br />
the vast violet sky, palpable and living.<br />
And yet we had no ideal Mistress stretching her form up to the clouds, nor yet a cruel Queen to whom to<br />
offer our corpses twisted into the shape of Byzantine rings! No reason to die unless it is the desire to be rid<br />
of the too great weight of our courage!<br />
We drove on, crushing beneath our burning wheels, like shirt-collars under the iron, the watch dogs on the<br />
steps of the houses.<br />
Death, tamed, went in front of me at each corner offering me his hand nicely, and sometimes lay on the<br />
ground with a noise of creaking jaws giving me velvet glances from the bottom of puddles.<br />
86 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 87 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
“Let us leave good sense behind like a hideous husk and let us hurl ourselves, like fruit spiced with pride,<br />
into the immense mouth and breast of the world! Let us feed the unknown, not from despair, but simply to<br />
enrich the unfathomable reservoirs of the Absurd!”<br />
As soon as I had said these words, I turned sharply back on my tracks with the mad intoxication of puppies<br />
biting their tails, and suddenly there were two cyclists disapproving of me and tottering in front of me<br />
like two persuasive but contradictory reasons. Their stupid swaying got in my way. What a bore! Pouah! I<br />
stopped short, and in disgust hurled myself – vlan! – head over heels in a ditch.<br />
Oh, maternal ditch, half full of muddy water! A factory gutter! I savored a mouthful of strengthening muck<br />
which recalled the black teat of my Sudanese nurse!<br />
As I raised my body, mud-spattered and smelly, I felt the red hot poker of joy deliciously pierce my heart. A<br />
crowd of fishermen and gouty naturalists crowded terrified around this marvel. With patient and tentative<br />
care they raised high enormous grappling irons to fish up my car, like a vast shark that had run aground.<br />
It rose slowly leaving in the ditch, like scales, its heavy coachwork of good sense and its upholstery of<br />
comfort.<br />
We thought it was dead, my good shark, but I woke it with a single caress of its powerful<br />
back, and it was revived running as fast as it could on its fins.<br />
Then with my face covered in good factory mud, covered with metal scratches, useless sweat and<br />
celestial grime, amidst the complaint of staid fishermen and angry naturalists, we dictated our first will and<br />
testament to all the living men on earth.<br />
MANIFESTO OF FUTURISM<br />
1. We want to sing the love of danger, the habit of energy and rashness.<br />
2. The essential elements of our poetry will be courage, audacity and revolt.<br />
3. Literature has up to now magnified pensive immobility, ecstasy and slumber. We want to exalt<br />
movements of aggression, feverish sleeplessness, the double march, the perilous leap, the slap and the<br />
blow with the fist.<br />
4. We declare that the splendor of the world has been enriched by a new beauty: the beauty of speed. A<br />
racing automobile with its bonnet adorned with great tubes like serpents with explosive breath ... a roaring<br />
motor car which seems to run on machinegun fire, is more beautiful than the Victory of Samothrace.<br />
5. We want to sing the man at the wheel, the ideal axis of which crosses the earth, itself hurled along its<br />
orbit.<br />
6. The poet must spend himself with warmth, glamour and prodigality to increase the enthusiastic fervor of<br />
the primordial elements.<br />
7. Beauty exists only in struggle. There is no masterpiece that has not an aggressive character. Poetry must<br />
be a violent assault on the forces of the unknown, to force them to bow before man.<br />
8. We are on the extreme promontory of the centuries! What is the use of looking behind at the moment<br />
when we must open the mysterious shutters of the impossible? Time and Space died yesterday. We are<br />
already living in the absolute, since we have already created eternal, omnipresent speed.<br />
9. We want to glorify war – the only cure for the world – militarism, patriotism, the destructive gesture of<br />
the anarchists, the beautiful ideas which kill, and contempt for woman.<br />
10. We want to demolish museums and libraries, fight morality, feminism and all opportunist and utilitarian<br />
cowardice.<br />
11. We will sing of the great crowds agitated by work, pleasure and revolt; the multicolored and polyphonic<br />
surf of revolutions in modern capitals: the nocturnal vibration of the arsenals and the workshops beneath<br />
their violent electric moons: the gluttonous railway stations devouring smoking serpents; factories<br />
suspended from the clouds by the thread of their smoke; bridges with the leap of gymnasts flung across<br />
the diabolic cutlery of sunny rivers: adventurous steamers sniffing the horizon; great-breasted locomotives,<br />
puffing on the rails like enormous steel horses with long tubes for bridle, and the gliding flight of aeroplanes<br />
whose propeller sounds like the flapping of a flag and the applause of enthusiastic crowds.<br />
It is in Italy that we are issuing this manifesto of ruinous and incendiary violence, by which we today are<br />
founding Futurism, because we want to deliver Italy from its gangrene of professors, archaeologists, tourist<br />
guides and antiquaries. Italy has been too long the great second-hand market. We want to get rid of the<br />
innumerable museums which cover it with innumerable cemeteries.<br />
Museums, cemeteries! Truly identical in their sinister juxtaposition of bodies that do not know each other.<br />
Public dormitories where you sleep side by side for ever with beings you hate or do not know. Reciprocal<br />
ferocity of the painters and sculptors who murder each other in the same museum with blows of line<br />
and color. To make a visit once a year, as one goes to see the graves of our dead once a year, that we<br />
could allow! We can even imagine placing flowers once a year at the feet of the Gioconda! But to take our<br />
sadness, our fragile courage<br />
and our anxiety to the museum every day, that we cannot admit! Do you want to poison yourselves? Do you<br />
want to rot?<br />
What can you find in an old picture except the painful contortions of the artist trying to break uncrossable<br />
barriers which obstruct the full expression of his dream?<br />
To admire an old picture is to pour our sensibility into a funeral urn instead of casting it forward with violent<br />
spurts of creation and action. Do you want to waste the best part of your strength in a useless admiration of<br />
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
88 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 89 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
the past, from which you will emerge exhausted, diminished, trampled on?<br />
Indeed daily visits to museums, libraries and academies (those cemeteries of wasted effort, calvaries of<br />
crucified dreams, registers of false starts!) is for artists what prolonged supervision by the parents is for<br />
intelligent young men, drunk with their own talent and ambition.<br />
For the dying, for invalids and for prisoners it may be all right. It is, perhaps, some sort of balm for their<br />
wounds, the admirable past, at a moment when the future is denied them. But we will have none of it, we,<br />
the young, strong and living Futurists!<br />
Let the good incendiaries with charred fingers come! Here they are! Heap up the fire to the shelves of the<br />
libraries! Divert the canals to flood the cellars of the museums! Let the glorious canvases swim ashore!<br />
Take the picks and hammers! Undermine the foundation of venerable towns!<br />
The oldest among us are not yet thirty years old: we have therefore at least ten years to accomplish our<br />
task. When we are forty let younger and stronger men than we throw us in the waste paper basket like<br />
useless manuscripts! They will come against us from afar, leaping on the light cadence of their first poems,<br />
clutching the air with their predatory fingers and sniffing at the gates of the academies the good scent of<br />
our decaying spirits, already promised to the catacombs of the libraries.<br />
But we shall not be there. They will find us at last one winter’s night in the depths of the country in a sad<br />
hangar echoing with the notes of the monotonous rain, crouched near our trembling aeroplanes, warming<br />
our hands at the wretched fire which our books of today will make when they flame gaily beneath the<br />
glittering flight of their pictures.<br />
They will crowd around us, panting with anguish and disappointment, and exasperated by our proud<br />
indefatigable courage, will hurl themselves forward to kill us, with all the more hatred as their hearts will be<br />
drunk with love and admiration for us. And strong healthy Injustice will shine radiantly from their eyes. For<br />
art can only be violence, cruelty, injustice.<br />
The oldest among us are not yet thirty, and yet we have already wasted treasures, treasures of strength,<br />
love, courage and keen will, hastily, deliriously, without thinking, with all our might, till we are out of breath.<br />
Look at us! We are not out of breath, our hearts are not in the least tired. For they are nourished by fire,<br />
hatred and speed! Does this surprise you? it is because you do not even remember being alive! Standing<br />
on the world’s summit, we launch once more our challenge to the stars!<br />
Your objections? All right! I know them! Of course! We know just what our beautiful false intelligence<br />
affirms: “We are only the sum and the prolongation of our ancestors,” it says.<br />
Perhaps! All right! What does it matter? But we will not listen! Take care not to repeat those infamous<br />
words! Instead, lift up your head!<br />
Standing on the world’s summit we launch once again our insolent challenge to the stars!<br />
Milan - Via Senato, 2<br />
Filippo Tommaso Marinetti<br />
Uno Sguardo dal Futuro <strong>nel</strong> <strong>Futurismo</strong><br />
La classe 4 A TUR composta da 16 alunni dell’ITCG C. Battisti ha intrapreso un bellissimo<br />
percorso <strong>nel</strong>la ricerca sul <strong>Futurismo</strong>, corrente artistica e sociale nata in Italia all’inizio del XX<br />
secolo e che ha influenzato i movimenti artistici<br />
in altri paesi: Russia, Francia, Germania…<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> nasce in un periodo di grande<br />
fase evolutiva dove tutto il mondo dell’arte e<br />
della cultura era stimolato da moltissimi fattori<br />
determinanti: le guerre, la trasformazione<br />
sociale dei popoli, i grandi cambiamenti<br />
politici, e le nuove scoperte tecnologiche e<br />
di comunicazione come il telegrafo senza<br />
fili, la radio, aeroplani e le prime cineprese.<br />
Tutti fattori che arrivarono a cambiare<br />
completamente la percezione delle distanze e<br />
del tempo “avvicinando” fra loro i continenti.<br />
<strong>Il</strong> XX secolo era quindi invaso da un nuovo<br />
“vento”, che portava all’interno dell’essere<br />
umano una nuova realtà: la velocità. Le<br />
catene di montaggio abbattevano i tempi di<br />
produzione, le automobili aumentavano ogni
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità” progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
giorno, le strade iniziarono a riempirsi di luce artifi ciale. Si avvertiva questa nuova sensazione<br />
di “velocità” sia <strong>nel</strong> tempo impiegato per produrre che per arrivare ad una determinata<br />
destinazione.<br />
Filippo Tommaso Marinetti, poeta ed editore italiano, fu il fondatore del <strong>Futurismo</strong> e<br />
la persona che l’ha determinato di più. Ha lanciato il movimento con il suo Manifesto,<br />
pubblicato per la prima volta il 5 febbraio 1909 <strong>nel</strong>le Cronache letterarie del quotidiano<br />
bolognese La gazzetta dell’Emilia, fu poi nuovamente pubblicato due settimane dopo, il 20<br />
febbraio 1909, sul quotidiano parigino Le Figaro, conseguendo così una prestigiosa ribalta<br />
internazionale.<br />
<strong>Il</strong> Manifesto fu il grido di ribellione attraverso il quale i futuristi esprimevano il violento<br />
desiderio di distruggere il culto del passato, l’ossessione dell’antico, il pedantismo ed il<br />
formalismo accademico, di disprezzare profondamente ogni forma d’imitazione, di spazzar<br />
via dal campo ideale dell’arte tutti i motivi, tutti i soggetti già sfruttati. I futuristi esaltavano<br />
ogni forma di originalità, esplorarono ogni forma espressiva, dalla pittura alla scultura, dalla<br />
letteratura (poesia e teatro), senza tuttavia trascurare la musica, l’architettura, la danza, la<br />
fotografi a, il nascente cinema e persino la gastronomia.<br />
<strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> è probabilmente l’unica vera e propria rivoluzione culturale del Novecento, con<br />
elementi di un’attualità inequivocabile. Abbiamo imparato a conoscerlo un po’ più da vicino,<br />
senza preconcetti e con senso storico.<br />
Da uno studio iniziale del Movimento futurista, utilizzando Internet per la nostra ricerca,<br />
ognuno di noi ha preso in esame un’opera degli artisti futuristi, (Marinetti, Boccioni, Carrà)<br />
per capire e fare nostro il loro pensiero. <strong>Il</strong> nostro studio è stato approfondito con la visita alla<br />
mostra sul <strong>Futurismo</strong>, che ha avuto luogo presso Museo di Santa Giulia a Brescia.<br />
UMBERTO BOCCIONI<br />
VISIONI SIMULTANEE<br />
Noi vediamo simultaneamente tutto ciò che<br />
ci circonda: in questo caso, affacciandosi<br />
a un balcone, una donna riceve l’impatto<br />
della vorticosa attività umana <strong>nel</strong>la piazza<br />
sottostante. Gli oggetti si sovrappongono, si<br />
intersecano e le verticali diventano oblique<br />
in relazione alle varie posizioni assunte, <strong>nel</strong><br />
giro di pochi attimi, dal riguardante; tutto è<br />
frenetico e febbrile.[Alessandra Busi]<br />
RICCARDO MAGNI<br />
CITTÀ FUTURISTA<br />
Questo quadro, di Riccardo Magni, è la<br />
rappresentazione di una città FUTURISTA<br />
che propone il “mondo del futuro” e la<br />
“modernità”.<br />
La velocità è rappresentata da linee che<br />
danno l’idea della scia che lascia un oggetto,<br />
che corre a grande “velocità”.<br />
<strong>Il</strong> dirigibile che appare <strong>nel</strong> cielo, a destra,<br />
con la bandiera italiana attaccata sul retro,<br />
potrebbe rappresentare un sentimento di<br />
“enorme patriottismo” che in quel periodo si<br />
vuole esaltare. [Alessandro Bertoia]<br />
90 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 91 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
UMBERTO BOCCIONI<br />
LA CITTÀ CHE SALE<br />
Questo capolavoro di Umberto Boccioni<br />
rappresenta una città in costruzione.<br />
Esso mostra i diversi momenti che<br />
caratterizzano l’attività del cantiere e le<br />
numerose fi gure che lo popolano.<br />
Sullo sfondo vediamo strade, alti muri<br />
divisori, ponteggi e impalcature; in primo<br />
piano, uomini e animali colti <strong>nel</strong>l’atto di<br />
sostenere pesi.<br />
Boccioni sceglie di mostrare le fi gure al<br />
culmine dello sforzo. I cavalli si impennano<br />
per i terribili carichi portati, gli uomini<br />
salgono su altissime impalcature, si piegano<br />
in avanti <strong>nel</strong> tentativo di sospingere pietre,<br />
cercano infi ne di contenere i bruschi<br />
movimenti degli animali volgendoli a compiti<br />
costruttivi.<br />
La scena è confusa e sfuocata grazie al<br />
contrasto tra luce e colore.<br />
Ammirando questo dipinto si ha l’idea di<br />
movimento e di progresso: temi ricorrenti del<br />
periodo futurista. [Andrea Rodolfi ]<br />
Boccioni, abitando a Milano, prese spunto<br />
da ciò che si vedeva dal balcone della sua<br />
camera per dipingere una delle sue opere<br />
principali: La città che sale. In questo dipinto<br />
viene parzialmente abbandonata la visione<br />
naturalista dei quadri precedenti, per lasciare<br />
il posto ad una visione più movimentata e<br />
dinamica. Si coglie la visione di palazzi in<br />
costruzione in una periferia urbana, mentre<br />
compaiano ciminiere e impalcature solo <strong>nel</strong>la<br />
parte superiore. Gran parte dello spazio è<br />
occupato da uomini e cavalli, fusi insieme
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità” progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
in uno sforzo dinamico. In tal modo si mette<br />
in risalto il lavoro dell’uomo e l’importanza<br />
della città moderna plasmata sulle esigenze<br />
del nuovo concetto di uomo del futuro e<br />
del “progresso che procede velocemente”.<br />
[Serra Francesca]<br />
MARIO SIRONI<br />
IL CICLISTA<br />
1916-1920, olio e collage su cartone,<br />
Roma, collezione privata.<br />
<strong>Il</strong> dipinto viene eseguito <strong>nel</strong> 1916 per<br />
Margherita Sarfatti.<br />
È una delle migliori testimonianze del periodo<br />
futurista di Sironi: la sua interpretazione<br />
è personale diversa da quella degli altri<br />
futuristi e cerca di sviluppare un proprio<br />
linguaggio autonomo. Anche se il pittore<br />
condivide il tentativo di raffi gurare una realtà<br />
in movimento, esprime questo dinamismo<br />
in maniera meno esasperata, semplifi ca le<br />
forme, ma mantiene i legami con la realtà<br />
senza stravolgerla. Infi ne non si serve di tinte<br />
brillanti, ma preferisce i toni cupi e poco<br />
luminosi, più vicini alla sua visione della vita<br />
silenziosa e solitaria. [Balzo Irene]<br />
GIACOMO BALLA<br />
DINAMISMO DI UN CANE AL GUINZAGLIO<br />
Una fi gura femminile conduce al guinzaglio<br />
un bassotto nero.<br />
Nel dipinto vengono rappresentati solo le<br />
parti inferiori della signora e l’obbiettivo più<br />
importante è quello di rendere l’idea del<br />
movimento. Si tratta di una rappresentazione<br />
delle fasi di spostamento.<br />
Notiamo il movimento delle zampe, la<br />
coda del cane, il guinzaglio che oscilla e il<br />
movimento delle gambe della donna.<br />
Ho scelto quest’opera per la sua precisione<br />
<strong>nel</strong> rappresentare tutte le fasi di movimento.<br />
È come sovrapporre tante immagini per<br />
creare l’idea del movimento. L’altro aspetto<br />
che emerge di quest’opera non è l’immagine<br />
“della donna” bensì il movimento che si vuole<br />
creare. [Blerta Met’hasani]<br />
“Dinamismo di un cane al guinzaglio” è<br />
un quadro ad olio su tela, realizzato <strong>nel</strong><br />
1912 dal pittore italiano Giacomo Balla. <strong>Il</strong><br />
quadro fa parte della rifl essione sul tema<br />
del movimento propria dell’autore. Qui viene<br />
rappresentato, come se si trattasse di una<br />
ripresa fotografi ca. Simultaneamente sono<br />
presenti le diverse immagini delle zampe<br />
e della coda del cane <strong>nel</strong>la successione<br />
determinata dal moto, lo stesso per le<br />
gambe della padrona e per l’oscillazione del<br />
guinzaglio. Attraverso il movimento, come<br />
attraverso la luce, si dissolve la materialità<br />
dei corpi, nonostante siano rappresentati<br />
realisticamente. [Venin Mirel]<br />
UMBERTO BOCCIONI<br />
NUDO DI SPALLE<br />
Quest’opera mi ha impressionato molto<br />
perché si distingue dalla consuetudine<br />
del mostrare un corpo giovane e bello e<br />
soprattutto seminudo. <strong>Il</strong> rappresentare una<br />
Signora con le spalle scoperte e tutto il resto<br />
coperto, indica, a mio parere una forma<br />
di rottura consuetudinaria del mondo di<br />
oggi, dove il giovane e il bello sono fonte di<br />
apprezzamento, mentre il “vecchio” viene<br />
spesso “disprezzato”. <strong>Il</strong> quadro mostra anche<br />
un senso di “velocità” che apparentemente<br />
non si vede, ma guardando lo stile e il modo<br />
in cui la pittura è stata stesa sulla tela, si può<br />
notare un movimento di velocità sulla pelle<br />
del soggetto e sullo sfondo che dà anche un<br />
senso di dinamismo. <strong>Il</strong> tempo “che vola”e<br />
lascia sulla nostra pelle i segni dei giorni,<br />
degli anni che sono trascorsi... [Davide<br />
Fusco]<br />
FILIPPO TOMMASO MARINETTI<br />
PORTO DI UNA CITTÀ DI MARE<br />
Questa immagine rappresenta il movimento<br />
di una nave che si avvicina ad un porto,<br />
sensazione data dal faro.<br />
<strong>Il</strong> dipinto contiene tutti i caratteri principali<br />
92 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 93 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
del futurismo: il dinamismo del mare,<br />
la velocità, la tecnologia del futuro<br />
rappresentata non solo dalla nave<br />
ma anche dai tralicci dell’alta tensione e<br />
dalla fabbrica sullo sfondo. [Debora Suppi]<br />
FILIPPO TOMMASO MARINETTI<br />
L’ARATURA<br />
<strong>Il</strong> tema di quest’opera è l’interpretazione di<br />
una visione “meccanica e moderna”. <strong>Il</strong> bue<br />
è una locomotiva sbuffante ,composta da<br />
cilindri d’acciaio, ed indica la velocità, che,<br />
secondo i futuristi, caratterizza il mondo<br />
contemporaneo. <strong>Il</strong> contadino che lo segue<br />
con l’aratro appare, invece, come un operaio<br />
nei campi. Simboleggia il modo antico, il<br />
lento lavoro che veniva eseguito <strong>nel</strong> passato.<br />
[Dolcini Deborah]<br />
UMBERTO BOCCIONI<br />
FORME UNICHE DELLA CONTINUITÀ<br />
NELLO SPAZIO<br />
“Forme uniche della continuità <strong>nel</strong>lo spazio”<br />
è una celebre scultura futurista realizzata<br />
dall’artista italiano Umberto Boccioni. Tale<br />
opera fu scolpita in bronzo <strong>nel</strong> 1913.<br />
L’opera rappresenta un uomo, più<br />
precisamente un militare, che marcia.<br />
Ci si potrebbe stupire del fatto che Boccioni<br />
abbia scelto come tema l’uomo e non la<br />
macchina in corsa o l’aereo, che meglio<br />
rappresentano il mito futurista della velocità.<br />
Ma <strong>nel</strong> 1913, in occasione di una sua mostra di<br />
sculture e disegni alla Galerie Boétie di Parigi,<br />
l’artista aveva elencato tra i suoi desideri quello<br />
di voler “fi ssare le forme umane in movimento”.
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità” progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
L’opera si sviluppa mediante l’alternarsi di<br />
cavità, rilievi, piani e vuoti che generano un<br />
frammentato e discontinuo chiaroscuro fatto<br />
di frequenti e repentini passaggi dalla luce<br />
all’ombra. Osservando la fi gura da destra,<br />
il torso ad esempio pare essere pieno ma<br />
se si gira intorno alla statua e la si osserva<br />
da sinistra esso si trasforma in una cavità<br />
vuota. In tale modo sembra che la fi gura si<br />
modelli a seconda dello spazio circostante<br />
ed assume così la funzione per così dire di<br />
plasmare le forme.<br />
Osservando lateralmente la scultura, si può<br />
riconoscere facilmente una fi gura umana<br />
in cammino priva però di alcune parti<br />
(ad esempio le braccia) e, per così dire,<br />
del suo “involucro” esterno. La statua dà<br />
l’impressione di un movimento avanzante<br />
che si proietta energicamente in avanti.<br />
Tuttavia se la si guarda frontalmente o<br />
a tre quarti si può notare una torsione o<br />
avvitamento delle forme <strong>nel</strong>lo spazio: più<br />
di una linea infatti si avvolge attorno alla<br />
fi gura in un moto a spirale, coinvolgendo i<br />
diversi piani in una rotazione che suggerisce<br />
un’ulteriore espansione delle forme.<br />
Rappresenta un vero “uomo futurista”,<br />
uomo-guerriero, che sta camminando<br />
verso un nuovo futuro, che non ha paura<br />
di combattere per la sua libertà. È la<br />
“ribellione” in corsa, che esalta la velocità e il<br />
dinamismo. [Diana Hermanovich]<br />
CARLO CARRÀ<br />
IL CAVALIERE ROSSO<br />
Questa immagine rappresenta la velocità del<br />
cavallo che corre.<br />
“la velocità del cavallo è rappresentata<br />
dalle zampe e dalla posizione del<br />
cavaliere”.<br />
[Elisa Balzarini]<br />
CARLO CARRÀ<br />
I FUNERALI DELL’ANARCHICO GALLI<br />
Olio su tela, dipinto da Carlo Carrà <strong>nel</strong> 1910-<br />
11. L’episodio a cui si riferisce il dipinto è<br />
avvenuto <strong>nel</strong> 1904: durante uno sciopero<br />
generale a Milano, viene ucciso l’anarchico<br />
Galli.<br />
Si riconoscono le fi gure dei manifestanti,<br />
che corrono e si divincolano, delle guardie<br />
a cavallo, che intervengono con violenza.<br />
Attraverso la disposizione delle linee<br />
percepiamo l’impressione di “caos”. <strong>Il</strong> ruolo<br />
dei colori è altrettanto importante: il rosso<br />
domina su tutti e accentua il carattere<br />
aggressivo e caotico della scena. [Moise<br />
Dana]<br />
FORTUNATO DEPERO<br />
ROTAZIONE DI BALLERINA E PAPPAGALLI<br />
Quest’immagine rappresenta il dinamismo,<br />
il movimento rotatorio di una ballerina e<br />
la velocità con la quale viene compiuta la<br />
rotazione.<br />
In qualche modo rappresenta anche la<br />
tecnologia,infatti non è una semplice<br />
ballerina ma è come una fusione fra un<br />
corpo “e un oggetto meccanico” che crea<br />
uno spostamento veloce. [Federica Perini]<br />
<strong>Il</strong> tema principale di quest’opera è la<br />
“velocità” del volteggiare della ballerina<br />
accompagnata dai pappagalli. La ballerina<br />
volteggia in una danza sempre più<br />
accelerata, simile a un vortice.<br />
94 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 95 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Credo che l’artista voglia creare una simbiosi<br />
tra la ballerina meccanizzata e i pappagalli<br />
sullo sfondo di un mondo per metà reale e<br />
per metà fantastico. [Stabile Jessica]<br />
FILIPPO TOMMASO MARINETTI<br />
TEMPORALE PATRIOTTICO<br />
Questo quadro rappresenta la velocità di<br />
pensiero dei futuristi e il patriottismo di quei<br />
“rivoluzionari”.<br />
La velocità del pensiero futurista viene<br />
rappresentata dai fulmini tricolore che<br />
sovrastano l’immagine di un patriottico<br />
Filippo Tommaso Marinetti. <strong>Il</strong> neopatriottismo<br />
è espresso dai fasci tricolore che circondano<br />
la fi gura del massimo rappresentante<br />
futurista: i fasci fuoriescono dal cuore di<br />
Marinetti e simboleggiano l’amore per la<br />
patria. Quelli che fuoriescono dalla sua<br />
bocca rappresentano la rivoluzione culturale<br />
italiana in atto. [Zanardi Stefano]
Ercole Sibellato, Ritratto di<br />
Gabriele d’Annunzio con<br />
l’occhio bendato, 1916<br />
progetto 3 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>: “la velocità”<br />
Chi e dove Liceo Scientifico. N. Copernico-Brescia<br />
Classi coinvolte Quinta L<br />
Docenti referenti Rossana Cerretti<br />
96 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 97 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti<br />
andata e ritorno<br />
Continuità e discontinuità, riprese e contraddizioni<br />
tra decadentismo e futurismo<br />
La ricerca che presentiamo si propone di indagare attraverso la lettura di alcuni dei più<br />
importanti manifesti futuristi – Fondazione e Manifesto del <strong>Futurismo</strong>, Uccidiamo il Chiaro<br />
di Luna!, Contro Venezia passatista, Manifesto dei pittori futuristi, <strong>Il</strong> controdolore, L’uomo<br />
moltiplicato e il Regno della macchina, Contro l’amore e il parlamentarismo – il rapporto<br />
tra Marinetti e D’Annunzio, prendendo in esame le principali opere del Vate prima e dopo il<br />
1909 e gli scambi di immagini, le rielaborazioni, gli incontri e gli scontri intercorsi tra questi<br />
due importanti protagonisti del primo Novecento italiano.<br />
Marinetti, «figlio di Gabriele d’Annunzio e di una turbina», crea il <strong>Futurismo</strong><br />
Progresso, benessere, pace, tecnologia, ottimismo, fiducia: in altre parole Belle époque. È<br />
in questo periodo che Marinetti accende la miccia di un movimento nato e cresciuto <strong>nel</strong>la<br />
sua mente, feconda di tutte le agitazioni già presenti <strong>nel</strong>l’aria. <strong>Il</strong> 20 febbraio 1909 avviene la<br />
deflagrazione. <strong>Il</strong> futurismo è una realtà: i giovani declamano a memoria i versi del Manifesto<br />
di fondazione apparso su Le Figaro, predicano la distruzione, la guerra come «sola igiene del<br />
mondo», la violenza come mezzo e fine della loro esistenza, violenza da scagliare soprattutto<br />
contro l’ipocrita borghesia benpensante e «passatista», contro le radici della cultura, contro<br />
un nemico che «si dovrebbe inventare se non esistesse».<br />
Post-romanticismo, decadentismo e nichilismo. Le conclusioni a cui<br />
arrivano questi movimenti sono al limite del desolante: in sintesi, il<br />
positivismo derivante dal progresso scientifico viene ampiamente<br />
screditato con l’avvento di nuovi orizzonti di ricerca come la fisica<br />
quantistica, la probabilità, che mettono in discussione i pilastri della<br />
scienza, costretta a riconoscere i propri limiti. Gli imperialismi delle<br />
grandi potenze, hanno tradito gli ideali ottocenteschi ancora vagheggiati<br />
dagli intellettuali, creando in essi un senso di smarrimento e impotenza,<br />
una sorta di nuovo mal du siècle. Con Heiddeger nasce l’esistenzialismo,<br />
precorso dal nichilismo di filosofi come Schopenauer e Nietzsche e il<br />
messaggio di fondo è tutt’altro che rassicurante: se un senso esiste<br />
per la vita umana ognuno dovrà trovarlo in se stesso, in modo del tutto<br />
soggettivo.<br />
Rougena Zatlowa, Ritratto di<br />
Marinetti, 1918.
Copertina di D’Annunzio<br />
intimo, 1903.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
In questo panorama culturale c’erano ormai i presupposti per un avvenimento clamoroso: già<br />
<strong>nel</strong> 1903 l’anticipatore del <strong>Futurismo</strong> Mario Morasso scriveva che l’artista doveva «segnalare<br />
ogni forma di vecchiaia, ogni ritardo, ogni indugio, ogni ripetizione, ogni compiacimento<br />
verso il passato» e dare sfogo ad una violenza non solo teorica. Cominciò così la costruzione<br />
di quel Binario che lacerò una civiltà paralizzata, «podagrosa» e moribonda, trascinandola<br />
verso il rinnovamento. Per prima cosa occorreva distruggere: basta con «ogni sozzura di<br />
logica» che insudicia le menti di ipocriti benpensanti, basta con un’arte vecchia e superata,<br />
ingabbiata nei musei che ne snaturano il significato. Era necessario liberare le menti dei<br />
giovani, svincolarle da un passatismo inconcludente e trovare il senso del proprio essere<br />
<strong>nel</strong>l’azione e <strong>nel</strong>la battaglia, perché in fondo «il sangue non ha valore né splendore se non<br />
liberato». Alla luce delle due guerre mondiali, oggi queste parole possono suscitare uno<br />
stupore al limite del ribrezzo, ma non c’è da stupirsi se allora ebbero un grande seguito. I<br />
giovani che inneggiavano al Manifesto, <strong>nel</strong>la loro pericolosa incoscienza, vedevano rinascere<br />
l’entusiasmo e la novità rivolta finalmente verso il futuro e non verso il passato. Automazione<br />
e tecnologia erano, inoltre, ottimi suggelli alle deliranti idee futuriste: l’elettricità forniva i<br />
mezzi per «uccidere il chiaro di luna» e le macchine «amplificavano le potenzialità umane».<br />
«E imaginò di condurre non la rapidità che striscia ma quella che si solleva; imaginò di<br />
ritrovarsi <strong>nel</strong>la lunga fusoliera che formava il corpo del suo congegno dedàleo tra i due<br />
vasti trapezii costrutti di frassino di acciaio e di tela, dietro il ventaglio tremendo dei cilindri<br />
irti d’alette, di là dai quali girava una forza indicibile come l’aria: l’elica dalle curvature<br />
divine». Scrive D’Annunzio <strong>nel</strong> Forse che sì forse che no. L’arbiter elegantiarum della cultura<br />
italiana dell’epoca è stato sicuramente ispiratore di Marinetti, ma ne è rimasto a sua volta<br />
profondamente impressionato. Tra D’Annunzio e i futuristi c’è sempre stato un rapporto di<br />
attrazione-repulsione; il Vate e Marinetti, infatti, erano considerati antagonisti e non c’è da<br />
stupirsene. Del resto D’Annunzio era inviso a gran parte degli scrittori a lui contemporanei<br />
poiché il suo successo aveva oscurato quello di chiunque altro grazie al suo talento ed<br />
alla sua straordinaria capacità di far parlare di sé. Come ricorda Giordano Bruno Guerri in<br />
Filippo Tommaso Marinetti, invenzioni avventure e passioni di un rivoluzionario, il fondatore<br />
del <strong>Futurismo</strong> era considerato la maggiore fonte di aneddoti riguardanti il Vate, raccolti in<br />
una delle sue prime pubblicazioni: Les Dieux s’en vont, d’Annunzio reste. In quest’opera<br />
Marinetti fa riferimento alle morti di Giuseppe Verdi e di Giosuè Carducci, e con tagliente<br />
ironia osserva che sono sempre i migliori ad andarsene e per questo d’Annunzio è rimasto!<br />
Marinetti l’aveva definito «un cretino con lampi d’imbecillità», ed in cambio aveva ricevuto<br />
l’epiteto di «cretino fosforescente». Ma al di là delle divergenze personali, tra questi due<br />
personaggi carismatici del Novecento ci sono stati moltissimi scambi di idee, immagini<br />
poetiche, opinioni, sebbene per lo più non dichiarati: Marinetti non poteva esprimere, almeno<br />
inizialmente, la propria ammirazione nei confronti di un dandy esteta che era divenuto<br />
il simbolo del decadentismo. D’Annunzio, viceversa, non poteva condividere idee che<br />
predicavano la distruzione del passato in cui affondavano le radici della civiltà e dell’identità<br />
stessa del popolo, ma, nonostante questo, condividerà poi l’idea della fusione tra uomo e<br />
macchina.<br />
Dal canto suo Marinetti si definiva «figlio di Gabriele d’Annunzio e di una turbina», conscio<br />
della sua formazione in ambito decadente. In effetti, fra i giovani «in rivolta» contro<br />
D’Annunzio, i punti in comune con il Vate sono più di quelli di opposizione. È stato lo<br />
spirito di D’Annunzio a ispirare molti dei concetti futuristi, grazie al suo attivismo politico,<br />
al dinamismo, alla capacità di coinvolgimento delle masse. I due erano accomunati dalla<br />
passione per la velocità, le<br />
automobili, il volo, le donne.<br />
Entrambi si ispiravano, sebbene in<br />
modi diversi, al mito del superuomo<br />
di Nietzsche, capace di liberarsi<br />
dalle convenzioni e di spingersi oltre<br />
i limiti, sfidando l’ignoto e la morte.<br />
«Cos’è il grande stile? <strong>Il</strong> grande<br />
stile si ha quando il bello prevale<br />
sull’immane» diceva il filosofo. La<br />
ricerca del bello e di una nuova<br />
forma d’arte è un altro punto in<br />
comune tra i due. Certo, il loro<br />
lavoro si svolge su due fronti ben differenziati: D’Annunzio cerca ispirazione <strong>nel</strong>la classicità<br />
che Marinetti intende distruggere, ma entrambi sognano il rinnovamento. D’Annunzio<br />
<strong>nel</strong>l’impresa di Fiume ha 56 anni, Marinetti parte per il fronte <strong>nel</strong>la seconda guerra mondiale<br />
quando ne ha 65. La guerra faceva parte della loro arte: per D’Annunzio era la celebrazione<br />
dell’eroismo, per Marinetti il tappeto verde di un tavolo da gioco su cui puntare la propria<br />
vita. Marinetti depreca l’estetismo di D’Annunzio, ma, in realtà, ricerca il lusso e la vanità<br />
come lui: celebri la sua collezione di panciotti variopinti, il suo abbigliamento ricercato, i suoi<br />
baffi tipicamente ottocenteschi.<br />
D’Annunzio sì, D’Annunzio no: l’incipit del Manifesto di fondazione<br />
«Avevamo vegliato tutta la notte – i miei amici ed io sotto lampade di moschea dalle cupole<br />
di ottone traforate, stellate come le nostre anime, perché come queste irradiate dal chiuso<br />
fulgore di un cuore elettrico. Avevamo lungamente calpestato su opulenti tappeti orientali<br />
la nostra atavica accidia, discutendo davanti ai confini estremi della logica ed annerendo<br />
98 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 99 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Umberto Boccioni, Vignetta di<br />
una serata futurista, 1911.
La casa di Marinetti ad<br />
Alessandria d’Egitto. Enrico<br />
Marinetti con i figli Filippo<br />
Tommaso e Leone <strong>nel</strong> salotto<br />
orientale 1885.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
molta carta di frenetiche scritture». <strong>Il</strong> manifesto di fondazione del <strong>Futurismo</strong> del 1909 si<br />
apre con un’immagine che mette chiaramente in relazione Marinetti con la precedente<br />
cultura decadente: infatti si evoca una visione orientaleggiante e moresca, come troviamo,<br />
per esempio, in alcune famose costruzioni di Ludwig II di Baviera quali il padiglione moresco<br />
a Linderhof o la palazzina di caccia Schachen a Partenkirchen.. Un altro personaggio che<br />
aveva introdotto lo stile moresco in Italia è Alfonso Ximenes Panciatichi <strong>nel</strong>la sua dalla<br />
villa castello di Sammezzano presso Firenze completamente ristrutturata a partire dalla<br />
metà dell’Ottocento. Marinetti, quindi, dimostra che le sue radici si trovano all’interno del<br />
decadentismo sia italiano che europeo (come dimenticare i precedenti del viaggio ad Algeri<br />
di Delacroix e L’invitation au voyage di Baudelaire?)<br />
Lo stesso d’Annunzio riprenderà questo stile, già adottato in alcuni ambienti della<br />
Capponcina, anche <strong>nel</strong>la Prioria del Vittoriale, con particolare riferimento alla Sala della<br />
Musica dove al centro della stanza troviamo cinque colonne lignee che sostengono quattro<br />
lampade a forma di zucca in vetro muranese dai colori appariscenti (azzurro, giallo-arancio)<br />
opere di Napoleone Martinuzzi; esse riprendono <strong>nel</strong>le linee i capitelli in stile moresco<br />
(soprattutto <strong>nel</strong>le rivisitazioni ottocentesche); Se da un lato molti sono i riferimenti possibili<br />
alla cultura decadente in questa prima immagine introduttiva del Manifesto, si possono<br />
notare, però, anche differenze molto significative. <strong>Vie</strong>ne descritto un ambiente di moschea<br />
dalle cupole traforate, dove per «stellate» Marinetti intende simili a quelle degli antichi<br />
bagni turchi e, quindi, letteralmente aperte sul cielo; la significativa variante è che esse<br />
non sono di muratura come avviene in genere <strong>nel</strong> mondo islamico, ma sono immaginate di<br />
ottone, privilegiando la presenza e i colori dei metalli (in questo caso giallo dorato). Come<br />
ha chiarito Claudia Salaris <strong>nel</strong> suo volume dedicato a Marinetti, questa immagine deriva da<br />
una suggestione realistica, legata alla lampada di moschea che il fondatore del <strong>Futurismo</strong><br />
aveva portato insieme ad altri oggetti orientali dalla sua casa ad Alessandria d’Egitto per<br />
arredare la sua abitazione di via Senato a Milano. Nei<br />
Manifesti futuristi si nota un fortissimo gusto pittorico per<br />
le tinte molto contrastanti unite insieme, siano esse rosso,<br />
viola, verde o giallo. A questa visione di stelle artificiali,<br />
create dai trafori della cupola, si unisce quella della<br />
luce irradiata da un «cuore elettrico» che si immagina<br />
all’interno della cupola stessa e che si irradia all’esterno<br />
attraverso i trafori stellati. Le anime dei futuristi non sono<br />
più irradiate dalla luce naturale, ma da quella artificiale<br />
come le stelle elettriche che dovranno sostituire le stelle<br />
e la luna dei poeti ottocenteschi. Le presenze naturali <strong>nel</strong><br />
cielo notturno, infatti, suggeriscono sentimenti languidi e<br />
malinconici che i futuristi intendono sconfessare, come<br />
affermeranno chiaramente in Uccidiamo il chiaro di luna: ogni atteggiamento depresso e<br />
tedioso nei confronti della vita deve essere totalmente bandito. Gli ambienti moreschi di<br />
Ludwig II di Baviera e dello stesso D’Annunzio erano, invece, creati per essere illuminati con<br />
una luce fioca che favorisse la meditazione. Marinetti, perciò, partendo da questa atmosfera<br />
onirica e decadente introduce il nuovo elemento fondamentale del futurismo: l’elettricità che<br />
sembra essere, insieme alla velocità dei veicoli, uno degli elementi fondamentali della sua<br />
rivoluzione. I simbolismi decadenti prendono letteralmente «la scossa», e anche il cavallo<br />
diventa un animale meccanico, dotato di motore a scoppio; il nuovo destriero, infatti, è<br />
l’automobile o la moto e successivamente, l’aereo. D’altra<br />
parte, anche le personalità decadenti come Ludwig o<br />
D’Annunzio non erano affatto disinteressate alle nuove<br />
scoperte delle tecnica, anzi, ne subivano il fascino, come<br />
per la grotta del Venusberg di Linderhof dove il re utilizzò<br />
la prima dinamo della Baviera per azionare le rocce<br />
mobili, le cascate e le luci artificiali. Dal canto suo, il poeta<br />
abruzzese si era subito interessato alle automobili fin dal<br />
1907 e <strong>nel</strong> 1909 aveva voluto provare l’ebbrezza del volo<br />
al primo concorso aereo di Montichiari in compagnia del<br />
pioniere dell’aviazione Mario Calderara. Inoltre, aveva<br />
intuito ben presto che alla base della rivoluzione culturale<br />
del <strong>Futurismo</strong> c’era l’uso dell’elettricità: <strong>nel</strong> diario Siamo<br />
spiriti azzurri e stelle; infatti, egli ipotizza la creazione di<br />
un nuovo tipo di teatro «pieno d’ombre che si spogliano e<br />
restano scheletri elettrici», come già ricordava di aver fatto<br />
<strong>nel</strong>la lettura della Città morta con la Duse, evidenziando<br />
così indirettamente, il suo ruolo di precursore anche del<br />
movimento fondato da Marinetti.<br />
D’altra parte, dopo la pubblicazione dei manifesti emerge<br />
in modo evidente <strong>nel</strong>la poetica dannunziana un tipico<br />
concetto futurista, ovvero l’interesse per tutto ciò che è<br />
meccanico ed elettrico, che può trasformarsi anche in un<br />
elemento estetico decorativo. In questo contesto, come vedremo, può essere considerato<br />
l’inserimento all’interno del Vittoriale di parti meccaniche di veicoli (aerei, idrovolanti,<br />
motoscafi) o di armi, tutti legati alla memoria di una performance. D’Annunzio, quindi, per<br />
Marinetti è un modello contraddetto, un punto di riferimento fondamentale da cui partire<br />
per poterlo superare. <strong>Il</strong> loro rapporto va perciò indagato tenendo conto delle continue<br />
rielaborazioni che le loro immagini hanno subito <strong>nel</strong> passaggio dall’uno all’altro e viceversa,<br />
ma anche delle innegabili contraddizioni che hanno segnato il loro rapporto.<br />
Tornando all’immagine iniziale del Manifesto di fondazione, infatti, un altro attacco al Vate<br />
è implicito in quel riempire fogli di «frenetiche scritture» che ricorda l’instancabile attività<br />
100 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 101 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Le zucche moresche <strong>nel</strong>la<br />
Sala della Musica della<br />
Prioria.<br />
Sotto, lampada di moschea<br />
che illuminava il salotto arabo<br />
di Marinetti in via Senato a<br />
Milano.
Marinetti <strong>nel</strong>la sua casa di via<br />
Senato a Milano.<br />
A destra, D’Annunzio con<br />
Natale Palli sullo SVA 10 del<br />
volo su <strong>Vie</strong>nna ( 9 agosto<br />
1918).<br />
Sotto, D’Annunzio a cavallo<br />
di Aligi durante gli anni della<br />
Capponcina.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
del poeta il quale, come è noto, lavorava anche 14 ore al<br />
giorno. Analogamente l’ironia legata ai tappeti orientali e<br />
all’accidia che i futuristi rinnegano è sicuramente un accento<br />
polemico contro la ricchezza sovrabbondante degli arredi<br />
<strong>nel</strong>le case dannunziane, non soltanto al Vittoriale ma, come<br />
apprendiamo dalle testimonianze fotografiche, anche alla<br />
Capponcina. D’altra parte, lo stesso Marinetti ad Alessandria<br />
d’Egitto aveva abitato in una casa arredata in modo analogo<br />
anche <strong>nel</strong>la già citata abitazione di via Senato a Milano<br />
aveva mantenuto uno stile assai simile : un’ulteriore prova<br />
dell’originaria formazione del suo immaginario in ambito<br />
decadente. Marinetti, insomma, <strong>nel</strong>la vita era anche lui un<br />
esteta. Di conseguenza non c’è da stupirsi se, come per<br />
D’Annunzio, anche per i futuristi, è l’arte ad ispirare la vita,<br />
ed anche la natura si modifichi a sua immagine. <strong>Il</strong> realismo<br />
è considerato un totale fallimento poiché non porta ad un’esaltazione del vitalismo, ma solo<br />
a prendere atto di una realtà deprimente a cui, appunto, si intende far fronte. Sia D’Annunzio<br />
sia Marinetti attraverso l’arte e l’azione intendono distinguersi dalla massa anonima della nuova<br />
società industriale; in questo senso essi rappresentano le istanze di una parte della borghesia<br />
insofferente ai cambiamenti sociali che tenta di emergere attraverso la vita inimitabile e l’azione<br />
eclatante.<br />
Non c’è da stupirsi, quindi, se spesso le immagini dei Manifesti futuristi appaiano estetizzanti<br />
e ricordino proprio, rivedute e corrette, quei modelli che<br />
a parole intendono combattere. Molti sono per esempio,<br />
come vedremo, i paralleli tra il Manifesto di fondazione e la<br />
Laus vitae dannunziana<br />
Le visioni dell’immaginario del Vate vengono riprese e<br />
filtrate attraverso le espressioni di Marinetti e riproposte<br />
in modo differente, ma anche viceversa. Per esempio,<br />
<strong>nel</strong> Forse che sì forse che no troviamo anche il sogno di<br />
un ipotetico viaggio in Asia, immaginato da Paolo Tarsis,<br />
evidente ripresa in stile dannunziano dell’itinerario del gran<br />
binario futurista che Marinetti immagina attraversare il<br />
continente. Viaggio di cui aveva parlato anche con Natale<br />
Palli, il pilota del volo su <strong>Vie</strong>nna, come ricorda <strong>nel</strong> Libro<br />
segreto: «a paro de’ cigli la cortina di nebbia candida<br />
spianandosi mi finge al cuore quella neve d’alpe ove spirò Natale Palli <strong>nel</strong> pensiero di me<br />
e forse <strong>nel</strong>l’imagine di quella immensa loggia di marmi bianchi che gli avevo evocata e<br />
promessa in cima alla reggia del Gran Mogol.»<br />
<strong>Il</strong> mito della distruzione e dell’autodistruzione<br />
Già D’Annunzio <strong>nel</strong> romanzo <strong>Il</strong> fuoco sosteneva che l’arte<br />
può essere solo di cose prossime alla morte: egli ritrae il<br />
loro avvicinarsi alla fine <strong>nel</strong>lo splendore della vita e questo<br />
crea poesia e tragedia. Marinetti, dal canto suo, stabilisce<br />
un parallelo evidente tra azione artistica e rivoluzionaria e<br />
vicinanza alla morte <strong>nel</strong>la concezione stessa del tentativo<br />
di superare i propri limiti. Marinetti, giocatore d’azzardo,<br />
era capace di concepire la realtà solo <strong>nel</strong> misurarsi con<br />
il rischio e l’ignoto. D’altra parte, per entrambi, l’arte e la<br />
vita pienamente vissute sono frutto di uno stato alterato di<br />
coscienza: ciò appare evidente per D’Annunzio <strong>nel</strong>la figura<br />
della Duse, perfetta incarnazione dell’arte e della creatura<br />
dionisiaca invasata dal dio. Anche in Marinetti assistiamo ad un’esaltazione di tutti i sensi,<br />
ad un’eccitazione molto vicina all’ebbrezza, al delirio e alla follia. Nei manifesti in questione,<br />
infatti, Marinetti immagina di liberare le forze istintive delle belve cavalcate dai folli, come in<br />
un’opera di Bosch o di Goya. Uno dei fattori fondamentali dell’esaltazione mentale, quindi, è<br />
proprio la sovreccitazione dovuta al rischio estremo che consente di assaporare la vita e le<br />
sensazioni in modo eccezionale rispetto alla quotidianità.<br />
L’esaltazione mentale <strong>nel</strong>la sfida alla morte è già presente in D’Annunzio <strong>nel</strong>le Vergini delle<br />
rocce, quando, <strong>nel</strong>la parte iniziale, si racconta<br />
la cavalcata sfrenata di Claudio Cantelmo <strong>nel</strong>la<br />
campagna dei castelli romani «Talvolta il silenzio<br />
si faceva così cupo e l’odore della morte su<br />
dalle gramigne putride mi ventava in viso così<br />
soffocante che io per istinto aderivo più forte<br />
al mio cavallo, quasi volendo riconoscermi<br />
vitale dalla sua vitalità impetuosa. Si lanciava<br />
allungandosi come un felino la bella bestia<br />
possente e pareva comunicarmi la fiamma<br />
inestinguibile che ardeva <strong>nel</strong> suo sangue<br />
puro. Allora, per qualche minuto m’occupava<br />
l’ebrezza. (…) io sentivo nascere e dilatarsi in<br />
me un fervore indescrivibile, misto di orgasmo<br />
fisico, di orgoglio intellettuale, di speranze confuse…».<br />
D’altra parte, l’arte per D’Annunzio è «prometeica» perciò spesso l’artefice è «fulminato»<br />
per aver sfidato gli dei <strong>nel</strong>la sua creazione ed essersi reso simile a loro: come il padre<br />
di Donatella Arvale e lo stesso Wagner folgorati dal genio <strong>nel</strong> romanzo <strong>Il</strong> fuoco. Implicita<br />
<strong>nel</strong>l’arte c’è in qualche modo l’autodistruzione dell’artista, come sembra ipotizzare anche<br />
Marinetti. Stelio Effrena immagina, infatti, che il cuore di Wagner sia schiantato da una<br />
melodia mai scritta e già concepita da giovane che torna questa volta per travolgerlo:<br />
«Credi tu che immerso <strong>nel</strong>la poesia dei miti egli abbia sognato un modo straordinario di<br />
trapassare e ch’egli preghi ogni giorno la Natura di rendere la sua fine conforme al suo<br />
sogno? (…) Quale potrebbe essere per lui una fine degna?<br />
- Una melodia nuova, d’una potenza inaudita, che gli apparve indistinta <strong>nel</strong>la sua prima<br />
giovinezza e che allora egli non poté fermare, all’improvviso gli<br />
fenderà il cuore come una spada terribile.»<br />
Di conseguenza, l’idea marinettiana dell’azzardo oltre ogni limite in una<br />
inquietante danza con la morte <strong>nel</strong>lo slancio della creazione sembra<br />
anch’essa derivata da un precedente dannunziano.<br />
L’onnipotenza della velocità<br />
La ricerca dell’annullamento è legata alla velocità delle nuove<br />
macchine, come il treno, l’automobile e l’aereo, con una predilezione<br />
per le ultime due perché possono essere guidate individualmente e<br />
quindi valorizzare l’atteggiamento narcisistico tipico tanto di D’Annunzio<br />
quanto dei futuristi.<br />
La locomotiva, invece, per Martinetti suggerisce l’idea della massa in movimento verso la<br />
creazione di un nuovo futuro tecnologico e di una nuovo modello sociale; questo, infatti,<br />
sembra essere il senso del «gran binario futurista» che dovrebbe solcare l’Asia..<br />
Del resto, come troviamo nei manifesti, il viaggio è un elemento fondamentale del futurismo,<br />
perché implica una nuova visione del mondo, tanto più che, secondo tale concezione, attraverso<br />
la velocità lo spazio penetra all’interno della figura deformandola ed essa, a sua volta, modifica<br />
lo spazio circostante mettendolo in movimento. La velocità dell’automobile o dell’aereo, spinti fino<br />
alle loro estreme potenzialità creano, quindi, concretamente, una nuova visione del mondo sia per<br />
102 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 103 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Umberto Boccioni, Elasticità,<br />
1912.<br />
Sotto, F. Molinari, L’arrivo di<br />
Marinetti, vignetta 1931.
Giacomo Balla, Velocità di<br />
un’automobile.<br />
Sotto, Ivo Pannaggi, Treno in<br />
corsa, 1922<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
coloro che ne sono attori sia per gli spettatori.<br />
Esiste una forma dinamica dell’energia,<br />
un’onda che riempie lo spazio e lo<br />
compenetra, come già aveva intuito<br />
D’Annunzio <strong>nel</strong> Fuoco: «Una sola onda<br />
enorme e informe riassunse allora tutte<br />
le aspirazioni e tutte le angosce di<br />
quel delirio, si convolse in un vortice, si<br />
risollevò in un turbine, parve condensarsi,<br />
prendere la qualità della materia plastica,<br />
obbedire alla stessa energia inesausta che<br />
foggia gli esseri e le cose sotto il sole. Una forma straordinariamente bella e pura sorse da<br />
quel travaglio, visse e rifulse con una felicità insostenibile». Appare evidente il parallelo<br />
con il dinamismo poi studiato da Boccioni e Balla un decennio più tardi.<br />
Vediamo perciò che non è solo Marinetti ad influenzare d’Annunzio riguardo al mito della<br />
velocità, perché esso è già presente <strong>nel</strong>l’immaginario del poeta anche prima del 1909:<br />
per esempio <strong>nel</strong>le ricorrenti immagini dei levrieri e dei cavalli <strong>nel</strong> romanzo <strong>Il</strong> Fuoco. Si<br />
potrebbe pensare che Marinetti recepisca dal poeta abruzzese l’idea della corsa sfrenata<br />
introducendo, però, l’elemento del motore, del veicolo meccanico come nuovo mezzo di<br />
locomozione. Inoltre, anche il volo è già presente <strong>nel</strong>le Laudi riguardo a Icaro e alla Nike, la<br />
quale assume strane fattezze meccaniche, immaginata mentre sorvola l’Italia, incitando il<br />
popolo all’eroismo e alla produzione industriale di nuove armi e veicoli (per esempio le navi<br />
da guerra negli arsenali) come <strong>nel</strong> Canto augurale per la nazione eletta.<br />
Prefuturista appare anche l’immagine <strong>nel</strong>la Laus vitae dei «carri igniti cui circo e vittoria è<br />
l’Orbe terrestre» evocando la visione delle locomotive (mediate attraverso l’Inno a Satana del<br />
Carducci) che superano i cavalli:<br />
i conduttori dei carri<br />
igniti cui circo e vittoria<br />
è l’Orbe terrestre! Nel pugno<br />
non reggon le redini anguste,<br />
non figgono alle cervici<br />
dei cavalli lo sguardo.<br />
Governano ordigni più s<strong>nel</strong>li<br />
che il tèndine equino<br />
ma possenti più ch’epitagma<br />
scagliato <strong>nel</strong>la battaglia.<br />
Scrutano lo spazio ventoso,<br />
i piani i fiumi i monti<br />
che valicheranno. Obbedisce<br />
il pulsante metallo<br />
al tocco infallibile.<br />
Successivamente, <strong>nel</strong> Forse che sì forse che no e <strong>nel</strong> Notturno, il poeta abruzzese dimostra<br />
poi di aver assimilato la lezione futurista proprio <strong>nel</strong>l’idolatria per la velocità. Del primo<br />
possiamo citare due momenti fondamentali: la corsa in auto sfrenata attraverso la campagna<br />
mantovana che rischia di portare alla morte i protagonisti e la famosa gara aerea dove,<br />
infatti, l’amico di Paolo Tarsis, Giulio Cambiaso perde a vita. Anche il volante del motoscafo di<br />
Sir Henry Segrave che troviamo <strong>nel</strong>la sala delle Reliquie al Vittoriale può essere inteso come<br />
il volante futurista che guida la terra intera, secondo l’immagine evocata da Marinetti <strong>nel</strong> suo<br />
Manifesto di fondazione.<br />
Tale oggetto assume un particolare significato simbolico e sacrale perché apparteneva al<br />
«Miss England II» il motoscafo sul quale Segrave, famoso pilota, noto per le sue imprese<br />
estreme in gare anche automobilistiche, morì il 13 giugno<br />
1930 <strong>nel</strong> tentativo di stabilire il record mondiale di velocità<br />
motonautica (sul miglio marino) per natanti introbordo sul<br />
lago Windermere in Inghilterra. Si racconta che Segrave<br />
prima di morire chiese: «Come stanno i ragazzi?» intendendo<br />
i membri dell’equipaggio. E poi alla moglie: «Lo abbiamo<br />
fatto?» Appena Lady Segrave gli rispose di sì, che avevano<br />
stabilito una media di 98 miglia all’ora con punte di 101,11,<br />
un magnifico sorriso si era dipinto sul suo volto esangue, ed<br />
era morto qualche minuto dopo di emorragia interna. Come<br />
viene ricordato da Kevin Desmond in Race against the Odds:<br />
The Tragic Success, D’Annunzio (il quale tra l’altro era stato<br />
l’ispiratore della sfortunata impresa) in seguito lo avrebbe<br />
definito «An Englishman with heart head and hand» («un Inglese di cuore, testa e mano»)<br />
entusiasta dell’estremo coraggio dell’eroe il quale incurante della morte imminente, si era<br />
preoccupato soprattutto della sorte dei compagni e del compimento dell’impresa. Pare, tra<br />
l’altro, che Segrave non avesse visto i segnalatori di velocità e dopo aver già superato il<br />
record avesse continuato ad accelerare, pur sapendo di essere ormai giunto ai limiti delle<br />
prestazioni del veicolo. Proprio per onorare la sua memoria D’Annunzio indisse sul lago di<br />
Garda la famosa gara per motoscafi veloci «Oltranza» e si racconta che assistendo alle prove<br />
commentò: «Lo spirito di Segrave è sull’acqua».<br />
Tra l’altro quel volante inviatogli da lady Segrave per ringraziarlo della poesia a lui dedicata<br />
portava ancora i segni del corpo stesso del pilota che <strong>nel</strong>l’urto, lo aveva deformato,<br />
conservandone l’energia sacra del «martirio». Che <strong>nel</strong> volante ci sia un senso di onnipotenza<br />
affascinante e minaccioso appare evidente in entrambi gli scrittori: a Marinetti esso appare<br />
come una lama di ghigliottina puntata contro il suo stomaco, ma anche <strong>nel</strong>la folle corsa<br />
all’inizio del Forse che sì forse che no il volante dell’automobile assume un significato<br />
simbolico particolare: il pugno che lo regge appare enorme e <strong>nel</strong>l’insieme Isabella vede<br />
Paolo Tarsis trasformato dalla folle accelerazione in un essere mostruoso e decapitato. Nel<br />
protagonista, (nuovo erede della potenza guerresca antica, come sottolinea la presenza<br />
della strada romana e del paragone del rullo dei tamburi di guerra con il rombo del motore)<br />
la velocità crea una sorta di frenesia delirante perché in essa si prova la sensazione<br />
dell’onnipotenza unita al folle brivido della vicinanza alla morte.<br />
La macchina lanciata in una corsa senza controllo appare<br />
pericolosamente vicina all’idea della potenza guerriera e<br />
dell’arma da taglio. Proprio attraverso la velocità si attua una<br />
fusione tra uomo e macchina: «sentì pulsare <strong>nel</strong> suo proprio<br />
cuore la violenza del congegno esatto». Una suggestione simile<br />
a quella che d’Annunzio aveva già provato con i cavalli, ma<br />
che qui viene amplificata e potenziata. Una nuova sensazione<br />
di totale padronanza del mondo e della vita appare insita <strong>nel</strong><br />
cerchio del volante «Ora ho la vostra vita <strong>nel</strong>le mie mani come<br />
questo cerchio» dice rivolto ad Isabella. Un’ebbrezza che<br />
potrebbe spingerlo a ridurre la sua vita e quella della compagna<br />
ad «un solo mucchio sanguinoso». La fusione con la macchina<br />
e tra loro si fa completa quando «l’uno e l’altro sangue si<br />
rinforzavano, balzavano; l’uno contro l’altro parevano ardere<br />
ed esplodere come l’essenza accesa dal magnete <strong>nel</strong> motore<br />
celato dal lungo cofano».<br />
Troviamo, infine, l’elaborazione tutta dannunziana della<br />
deformazione del corpo di Tarsis, determinata dall’effetto fisico<br />
della velocità: D’Annunzio se la immagina come <strong>nel</strong> celebre<br />
dipinto giovanile del Parmigianino Autoritratto alla specchio<br />
104 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 105 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
<strong>Il</strong> volante di Sir Henry<br />
Segrave <strong>nel</strong>la Sala delle<br />
Reliquie della Prioria.<br />
Sotto, Giacomo Balla,<br />
Mercurio passa davanti al<br />
Sole, 1914.
Marinetti sulla sua Fiat<br />
quattro cilindri <strong>nel</strong> 1908.<br />
Sotto, Romaine Brooks,<br />
<strong>Il</strong> comandante Gabriele<br />
D’Annunzio, 1916.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
convesso del Kunsthistorisches Museum di <strong>Vie</strong>nna: così <strong>nel</strong> fanale mediano che pareva un<br />
teschio orecchiuto si scorgono la testa rimpicciolita, il torace e la mano che regge lo sterzo<br />
enormi; ma il sole si rifrange sul metallo in corrispondenza della testa facendo apparire<br />
Tarsis come un essere decapitato dal torace e dalla mano mostruosa che regge lo sterzo <strong>nel</strong><br />
pugno smisurato. In altre parole, egli appare tramutato in una sorta di gigante o ciclope.<br />
Mentre in D’Annunzio il delirio della velocità ha sempre in se stesso qualcosa di tragico di cui<br />
il poeta si ciba, assaporando anche la tragedia, in Marinetti è quasi una forma di gioiosa follia<br />
collettiva che porta provocatoriamente alla distruzione del passato anche attraverso immagini<br />
virtuali che non fanno paventare le vere conseguenze nefaste, ma somigliano più ad un<br />
montaggio da cartone animato o fumetto che alla realtà. Come per esempio, l’evocazione dei<br />
villaggi in festa che il Po straripato «squassa e sradica d’improvviso» e che vengono trascinati<br />
fino al mare con tutte le loro luci o l’altrettanto incredibile e fumettistica visione della morte<br />
che danza davanti alla sua auto lanciata a folle velocità come una strana pantera con macule<br />
chiare a forma di croci. Un’affabulazione virtuale che ignora le vere conseguenze della morte e<br />
che risulterà fatale <strong>nel</strong>la retorica della guerra e<br />
<strong>nel</strong>l’imperdonabile leggerezza con la quale in<br />
seguito verrà affrontata.<br />
La velocità della macchina, infatti, così come<br />
la forza del fiume che scorre simile ad un<br />
diluvio travolgendo ogni cosa, simboleggia<br />
l´ossessione di distruggere totalmente<br />
per ricostruire da zero che fu propria dei<br />
futuristi. In questo senso essa è unita<br />
strettamente alla guerra, tanto più che tra<br />
le macchine moderne vengono annoverate<br />
anche le nuove armi. Nel Notturno appare<br />
chiaro il rapporto tra guerra, velocità e<br />
annullamento <strong>nel</strong>l’episodio in cui gli aviatori<br />
vengono colpiti durante il volo e il sangue si<br />
sparge <strong>nel</strong> cielo in una sorta di sublimazione<br />
mistica.<br />
«<strong>Il</strong> mio capo è forato: penzola <strong>nel</strong> vuoto, dal<br />
bordo della carlinga che vibra.<br />
L’ombra dell’ala destra m’è sopra: l’astro arioso dell’elica mi corona.<br />
Non è più fuoco, ma sangue che sprizza. Non più faville ma stille. <strong>Il</strong> pilota eroico riconduce<br />
alla Patria il poeta sacrificato.<br />
O gloria immensa!<br />
Qual pugno divino o umano gittò ai solchi della terra una semenza più augusta?<br />
Nella rapidità guerriera il sangue inesausto si sparpaglia come il grano ventilato.<br />
Ogni fiotto si divide in miriadi, come la polvere della cascata scrosciante ove si crea<br />
l’arcobaleno. Non cola ma vola, non cade ma s’alza.»<br />
Nel Notturno quindi, D’Annunzio riprende l’idea omerica dell’annientamento di se stessi<br />
attraverso un atto di eroismo per assurgere all’immortalità: è necessario immolarsi<br />
per una buona causa trascendendo i propri limiti umani ed anche l’immagine tragica<br />
e raccapricciante del capo forato dal quale sprizza il sangue viene celebrata come un<br />
momento esaltante, di religiosa estasi laica.<br />
D’Annunzio, quindi, non nega il dolore, ma lo nobilita essendo caratteristico dell’eroe martire,<br />
anche <strong>nel</strong>la condivisione con gli altri uomini. Talvolta i personaggi dannunziani possono apparire<br />
sul punto di cadere, con qualche similitudine con l’Enea virgiliano, ma poi, al contrario,<br />
traggono dalla contemplazione della malattia e della morte la loro forza. Per D’Annunzio non si<br />
nasconde la tragedia, ma ci si pasce di essa, in una sorta di spirito di emulazione.<br />
Tra i futuristi, invece, predomina la negazione del dolore e la sua messa in ridicolo come<br />
<strong>nel</strong> Controdolore di Palazzeschi, giungendo ad effetti grotteschi e probabilmente anche<br />
discriminatori nei confronti dei disabili e dei malati. Anche Marinetti quasi sconfessa<br />
l’esistenza del dolore e la morte viene dunque concepita come una festa: essa gli porge la<br />
zampa con grazia e gli manda sguardi «vellutati e carezzevoli». Anche questo aspetto potrebbe<br />
essere derivato da Nietzsche il quale citando Zarathustra scrive: «chi di voi può insieme ridere<br />
ed essere elevato? Chi sale sui monti più alti ride di tute le tragedie e tragicommedie»<br />
Da pezzo meccanico a oggetto estetico<br />
D’Annunzio reagisce all’avvento della macchina in un modo che ricorda da vicino i futuristi:<br />
infatti, come <strong>nel</strong>la corsa in auto descritta da Marinetti <strong>nel</strong> Manifesto di fondazione – dove<br />
ad un certo punto assistiamo alla sua caduta in un fossato e al riemergere<br />
dell’auto priva dei sedili e delle altre comodità e imbottiture che ne sacrificavano<br />
la purezza strutturale – così D’Annunzio <strong>nel</strong>la Prioria dimostra di riconoscere<br />
il valore estetico del pezzo meccanico <strong>nel</strong>la sua affascinante forma in tutto<br />
determinata dalla funzione.<br />
D’Annunzio mette sullo stesso piano eroico l’impresa sportiva e l’azione<br />
bellica, enfatizzando così due elementi che saranno ereditati poi da<br />
Marinetti, Lo dimostrano gli oggetti di cui il poeta amava circondarsi: l’elica<br />
dell’idrovolante del De Pinedo, il suo aereo del volo su <strong>Vie</strong>nna, le rocce<br />
provenienti dalle montagne su cui si combatterono le più famose battaglie<br />
della Prima guerra mondiale, la prua della nave Puglia, le mitragliatrici della<br />
prima guerra mondiale.<br />
L’elica di De Pinedo diventa una scultura, che ricorda <strong>nel</strong>la valorizzazione del dinamismo<br />
della forma, tanto per citare un esempio, il Piatto con grattacieli e aeroplano di Primo<br />
Sinopico della collezione Wolfson di Genova.<br />
D’Annunzio appare un appassionato del<br />
design moderno, attento alla forma e ai<br />
volumi.<br />
Egli riconosce al pezzo in serie di carattere<br />
anche funzionale un valore aggiunto di<br />
estetica, soprattutto se esso viene esposto<br />
al di fuori del suo contesto originale,<br />
reso frammento e perciò reperto, Questo<br />
metodo, però, ha degli illustri precedenti<br />
106 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 107 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Primo Sinopico, Piatto con<br />
aereo e grattacieli.<br />
Sotto, l’elica dell’idrovolante<br />
di De Pinedo <strong>nel</strong>l’oratorio<br />
dalmata della Prioria.
<strong>Il</strong> calco in miniatura<br />
della Nike di Samotracia<br />
<strong>nel</strong>l’Officina della Prioria.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
ottocenteschi: infatti, isolare un oggetto dal suo contesto ponendolo, ad esempio, su una<br />
colonna era un procedimento tipico dei grandi collezionisti inglesi (come per esempio John<br />
Soane a Londra ) ed è utilizzato anche <strong>nel</strong>l’Enlightenment Gallery del British Museum con<br />
protomi e busti in esposizione su colonne. D’Annunzio, quindi, tratta un oggetto funzionale,<br />
frutto della tecnica moderna come un calco antico, riconoscendone così il valore estetico ma,<br />
d’altra parte, confermando la sua irreversibile tendenza, in contrasto con i futuristi, a leggere<br />
la storia e il rapporto passato-presente come un continuum.<br />
La Nike della discordia<br />
Del resto, un’idea fortemente osteggiata da<br />
D´Annunzio è quella del voler distruggere<br />
l’ambiente naturale, spazzar via il passato,<br />
eliminare le memorie dell’antichità per<br />
ricostruire tutto ex novo. In tal senso la Nike<br />
di Samotracia rappresenta un vero e proprio<br />
spartiacque.<br />
D’Annunzio era certo, infatti, che la<br />
distruzione di un habitat naturale portasse<br />
anche alla scomparsa delle memorie storiche<br />
ad esso collegate, perché la storia delle<br />
persone e delle loro vicende rimaneva per<br />
lui indissolubilmente legata ai luoghi dove<br />
queste erano avvenute. Scrive <strong>nel</strong>le Vergini<br />
delle rocce (riprendendo il Preambolo già<br />
pubblicato sulla Tribuna <strong>nel</strong> 1893): «Era il<br />
tempo in cui più torbida ferveva l’operosità<br />
dei distruttori e dei costruttori sul suolo<br />
di Roma. Insieme con nuvoli di polvere si<br />
propagava una specie di follia del lucro,<br />
come un turbine maligno, afferrando non<br />
soltanto gli uomini servili, i familiari della<br />
calce e del mattone, ma ben anche i più schivi eredi dei maiorascati papali […] I lauri e i<br />
roseti della Villa Sciarra per così lungo ordine di notti lodati dagli usignoli, cadevano recisi<br />
e rimanevano umiliati fra i cancelli dei piccoli giardini contigui alle villette dei droghieri.<br />
I giganteschi cipressi Ludovisi quelli dell’Aurora, quelli medesimi i quali avevano sparsa<br />
la solennità del loro antico mistero sul capo olimpico del Goethe, giacevano atterrati […]<br />
e allineanti l’uno accanto all’altro, con tutte le radici scoperte che fumigavano verso il<br />
cielo impallidito, con tutte le negre radici scoperte che parevano tenere ancor prigione<br />
entro l’enorme intrico il fantasma di una vita oltrapossente. […] E d’intorno […] cresceva<br />
rapidamente l’opera brutale che doveva occupare i luoghi già per tanta età sacri alla Bellezza<br />
e al Sogno.»<br />
L’ambiente naturale era quindi intimamente legato alle memorie gloriose della patria e<br />
indissolubile dalla bellezza e dal sogno poetico. L’espressione perfetta di tale unione era,<br />
appunto, identificabile <strong>nel</strong>l’arte antica: non a caso la riproduzione della Nike di Samotracia<br />
campeggia volutamente al centro dell’Officina, in evidente, aperta polemica con Marinetti il<br />
quale aveva affermato: «Un’automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a<br />
serpenti dall’alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è<br />
più bello della Vittoria di Samotracia.»<br />
La statua originale della Nike ricordava la vittoria dei rodii, alleati di Roma contro Antioco III<br />
re di Siria. Essa si riferiva quindi, ad una vittoria dei latini. Ma ciò che certamente affascinava<br />
di più il Vate era l’energia del suo corpo che, proteso verso il cielo, ad ali spiegate esprimeva<br />
un dinamismo e una vitalità prorompenti. Nel Fuoco D’Annunzio scrive che la vittoria è «il<br />
terribile desiderio di vivere, quella violenta volontà di forgiare il proprio fato e di intendere<br />
tutte le energie dell’essere verso il grado sublime». Anche la danzatrice Isadora Duncan,<br />
contemporanea di D’Annunzio, sosteneva di aver appreso i segreti della sua arte proprio<br />
dalle statue antiche del Louvre e, in particolare, da questa Nike, segno che l’opera era<br />
considerata una vera e propria icona decadente.<br />
Proprio <strong>nel</strong>l’Officina, il poeta compie un’operazione di sintesi eclettica mostrando, come<br />
possano convivere elementi della tecnica moderna, con le presenze e le citazioni del<br />
passato, la processione delle Panatenaiche e l’elica dell’idrovolante, senza soluzione di<br />
continuità, essendo parti integranti della memoria comune, in totale contraddizione con<br />
Marinetti. <strong>Il</strong> trionfo delle nuove tecnologie e della macchina per D’Annunzio, infatti, sarà<br />
soltanto uno degli aspetti del «terzo Rinascimento», della civiltà che vedrà gli italici, eredi dei<br />
Latini, come nuovi protagonisti.<br />
Se l’attacco di Marinetti contro la Nike di Samotracia era rivolto all’arte decadente <strong>nel</strong> suo<br />
complesso, la successiva provocazione Contro Venezia passatista è, in realtà, rivolta più<br />
direttamente contro il Vate e la sua dittatura culturale, visto che <strong>nel</strong> romanzo <strong>Il</strong> Fuoco egli<br />
aveva fatto di questa città lo sfondo mitico della sua storia d’amore con la Duse e il luogo del<br />
nuovo dramma in musica ispirato a Wagner. D’altro canto, il ricorso da parte di D’Annunzio<br />
ad una Venezia ostentatamente decadente in tutta la prima parte del Notturno – legata però<br />
alla guerra e alla eroica figura di Giuseppe Miraglia – suona come una precisa risposta alle<br />
critiche di Marinetti e al fatto che questa città rappresentasse il passatismo e l’immobilità<br />
incapace di eroismo. Anzi, <strong>nel</strong> Notturno essa è la città che si protende costantemente verso<br />
la Dalmazia come avanguardia del mito irredentista.<br />
La macchina e la donna<br />
La macchina, poi, assume un’identità ambigua: in Marinetti è il simbolo delle virtù virili,<br />
potenza, forza, velocità e quindi capacità di dominio dello spazio D’altro canto, in D’Annunzio è<br />
vista anche come oggetto elegante, sottolineando la cura di abili artigiani <strong>nel</strong> realizzarla e la<br />
ricercatezza dei materiali. Proprio per questo duplice aspetto la macchina si presta ad essere<br />
associata sia alla figura maschile («GLI automobili famelici ») come in Marinetti, sia alla figura<br />
femminile («LE automobili ») in d’Annunzio.<br />
Proprio a proposito delle donne tra D’Annunzio e Marinetti troviamo interessanti punti in<br />
comune, ma anche significative differenze.<br />
Marinetti considera la donna tradizionale, tipica del modello di famiglia borghese, in modo<br />
decisamente negativo: la ritrae come un essere che agisce solo d’istinto e che si basa sul<br />
sentimentalismo e l’immobilismo. <strong>Il</strong> suo attaccamento alla famiglia e al matrimonio tiene<br />
108 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 109 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Particolare dell’elica accanto<br />
alle Sibille della Sistina<br />
<strong>nel</strong>l’Officina dannunziana.
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
l’uomo ancorato alla tradizione e gli impedisce di evolversi rivoluzionando la società. Di<br />
conseguenza Marinetti arriva a teorizzare una totale libertà sessuale – basata, non su un<br />
malinteso concetto di «amore», ma sull’istinto e il desiderio – che a suo parere, avrebbe<br />
liberato anche la donna dalla sua secolare schiavitù. D’altra parte anche in D’Annunzio<br />
viene sconfessato totalmente il concetto del matrimonio borghese e il rapporto con la donna<br />
appare centrale <strong>nel</strong>la creazione artistica, ma proprio per questo il poeta ha continuamente<br />
bisogno di nuovi stimoli e incontri: «Fra tutte le creature della terra la donna è quella che noi<br />
possiamo più profondamente apprendere. Or è così giustificata – secondo il cervello, calido<br />
cerebro autore – l’assidua mia frequentazione» (Libro segreto)<br />
Entrambi, poi, erano considerati dei grandi seduttori (Marinetti scrisse addirittura il libro<br />
Come si seducono le donne), ed entrambi si concentravano soltanto sull’aspetto istintivo<br />
dell’anima femminile. «Hanno tutte un’anima, dipendente però dalla lunghezza dei<br />
loro capelli» scrive sarcastico Marinetti. <strong>Il</strong> chiaro di luna che Marinetti vuole «uccidere»<br />
naturalmente ha molto a che vedere con la femminilità,<br />
poiché appare legato al sentimentalismo e ai pensieri<br />
languidi e malinconici. Anche in questo Manifesto<br />
per evocare figure femminili utilizza molte immagini<br />
tratte da autori precedenti come le oceanine derivate<br />
probabilmente dal Tannhauser di Wagner, mentre il<br />
latte della luna dai riflessi verdi ricorda l’inizio delle<br />
Mes petites amoureuses di Rimbaud «an hydrolat<br />
lacrimal lave Les cieux vert-chou» (Un lacrimale infuso<br />
lava i cieli verde cavolo). Così le «liane affettuose» che<br />
si avvinghiano alle braccia e alle gambe dei futuristi per<br />
non farli procedere sono frutto di una citazione della<br />
Pioggia <strong>nel</strong> pineto. La natura dannunziana, il luogo<br />
dove avveniva la fusione di tutti gli esseri all’interno<br />
della stessa energia vitale e dove albergavano ancora<br />
i miti del passato, simbolo della fertilità femminile,<br />
diventa la prima vittima dell’immaginario di Marinetti.<br />
Dal canto suo, il poeta abruzzese in un passo del Libro<br />
segreto ammette di non aver mai compreso le donne e<br />
di aver sempre amato soprattutto la loro imprevedibilità<br />
ferina, ispirata, in particolare, alla figura di Kundry <strong>nel</strong><br />
Parsifal di Wagner: donna fatale, strega, medium e<br />
sibilla, in contatto con le forze della terra, perennemente<br />
incosciente e inaccessibile, ma, <strong>nel</strong>lo stesso tempo,<br />
ossessionata dall’idea del «servire» come se dovesse<br />
sempre essere subordinata a qualcuno (si vedano in proposito anche le caratteristiche della<br />
Duse <strong>nel</strong> Fuoco). Era la poliedricità dionisiaca ad attirarlo, come poi spiegherà anche <strong>nel</strong> Libro<br />
segreto: «quante altre donne compiutamente possedevo in te, dianzi […]. Se mi torni, tornami<br />
di là da me come quando ti drizzi su le reni e poni contro la mia maschera il tuo viso raggiante<br />
di Musa o il tuo viso mortifero di Medusa.» Proprio la loro imprevedibilità lo attirava perciò <strong>nel</strong><br />
momento in cui svelavano il loro mistero perdevano il loro fascino: «E però non amo le donne<br />
se non per quel che v’è di animale in esse; voglio dire: d’istintivo. Talvolta so renderle divine,<br />
<strong>nel</strong> senso che la bestia è una forma del divino, anzi il più misterioso aspetto del divino. <strong>Il</strong> loro<br />
potere su me tuttavia – di là da tutti i miei esperimenti e inganni interiori – è soltanto corporale,<br />
è soltanto carnale.» (Libro segreto)<br />
Come si vede, D’Annunzio non sembra poi così distante da Marinetti, il quale, però, rincara<br />
decisamente la dose, mostrandosi assai scettico sulle capacità cognitive e razionali delle<br />
donne, come quando in Contro l’amore e il parlamentarismo difende le istanze delle suffragette<br />
per il voto alle donne perché esse «ci aiuteranno così involontariamente, a distruggere quella<br />
grande minchioneria, fatta di corruzione e di banalità a cui è ormai ridotto il parlamentarismo».<br />
110 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 111 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Tamara de Lempicka,<br />
Autoritratto <strong>nel</strong>la Bugatti<br />
verde.<br />
Nella pagina a sinistra,<br />
Giacomo Balla, Lampada ad<br />
arco, 1909.
Mitragliatrice all’ingresso<br />
dello Schifamondo.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
Nelle tematiche dannunziane, però, questo non è l’unico modello femminile: già esiste <strong>nel</strong><br />
suo immaginario la figura dell’amazzone che muta poi soprattutto dopo l’entrata in scena del<br />
<strong>Futurismo</strong>, diventando una guerriera vestita di ferro (come <strong>nel</strong>l’incipit della Nave) o fasciata<br />
di sportivi e provocanti abiti in pelle. La medusa dannunziana adesso indossa un casco alato<br />
come Isabella Inghirami <strong>nel</strong> Forse che sì forse che no; una figura simile a quella di un celebre<br />
dipinto del 1932, di Tamara Lempicka dove ella si ritrae con casco e guanti di daino, al volante<br />
di un’auto verde brillante. Sempre ispirate ai modelli futuristi rielaborati da D’Annunzio sono<br />
anche le enigmatiche e provocanti figure femminili che si aggirano negli hangar della gara<br />
aerea descritta <strong>nel</strong> Forse che sì forse che no. Esse ci appaiono androgine, bellissime e traditrici<br />
come l’Idra di Lerna, incarnazioni dell’energia della Musa futurista, Energeja protettrice del<br />
cinema e della velocità. Soffermandosi su una di loro scrive il poeta: «Era spaventosa; quasi<br />
sempre in fondo alla tettoia rude come <strong>nel</strong>l’ombra d’un’alcova molle, visibile a traverso i fili<br />
d’acciaio, a traverso il polverio che il vento dell’elica sollevata dal suolo rossastro, fra gli scoppii<br />
del motore in moto, fra le tuniche azzurre dei meccanici lucenti di sudore e di olio, inguainata<br />
<strong>nel</strong>la stretta gonna come <strong>nel</strong>la pelle della sua pelle, tutta distinta di particolarità squisite che<br />
squisitamente vivevano su lei […]. Simili a lei, altre creature apparivano là dove gli uomini<br />
s’apprestavano a giocare il gioco che poteva essere di fuoco e di sangue, vive e artificiali,<br />
lascive e sfuggenti, ora prossime come minacce, ora lontane come larve […] sorgevano su i<br />
lunghi foderi dei corpi come su i lunghi colli della bestia di Lerna.»<br />
La macchina e l’«officina» rivoluzionaria<br />
In tutto il Vittoriale la macchina è protagonista, soprattutto se utilizzata in grandi imprese<br />
sportive o di guerra. Come già accennavamo, <strong>nel</strong>l’Oratorio dalmata al soffitto è fissata<br />
l’elica dell’idrovolante con il quale il 7 novembre 1925 Francesco De Pinedo compì il volo a<br />
tappe di 55.000 chilometri da Sesto Calende a Melbourne e Tokio. Sulle pale sono applicate<br />
con lettere di bronzo le date delle tappe, mentre l’elica è incorniciata con decorazioni<br />
dorate a raggiera e stelle per evidenziare il carattere eroico e sacrale dell’oggetto. Con una<br />
mentalità simile a quella di una gara sportiva estrema il poeta visse, infatti, anche la sua<br />
partecipazione alla Grande Guerra, ricercando costantemente l’impresa inimitabile, che<br />
assumesse un valore simbolico di exemplum mediatico.<br />
Spesso al poeta, infatti, la macchina ricorda l’energia delle armi e della guerra:<br />
«<strong>Il</strong> fumo delle officine richiama il vapore della liddite, lo scintillio delle macchine nitide<br />
richiama il guizzo delle armi bianche […] sopra l’assiduo strepito dei lavoratori s’odono<br />
latrare le fauci della guerra. Tutto il mondo si tende come un arco» (Orazione per la morte di<br />
Giosuè Carducci, Milano 24 marzo 1907)<br />
Stesso discorso vale per Marinetti che riprende l’idea della macchina in relazione con le<br />
armi «un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia», scrive <strong>nel</strong> Manifesto di<br />
fondazione.<br />
La macchina per D’Annunzio è capace poi di<br />
creare poesia, una poesia nuova come ben<br />
aveva intuito in un altro passo dell’Orazione<br />
per la morte di Giosuè Carducci del 24 marzo<br />
1907, precorrendo così i futuristi: «una<br />
straordinaria quantità di energia spirituale sta<br />
per sprigionarsi dal tumulto e per atteggiarsi<br />
in attitudini di bellezza sconosciute. Nelle<br />
innumerevoli officine che sorgono dal suolo,<br />
<strong>nel</strong>le miniere che vi si sprofondano, e <strong>nel</strong>le<br />
navi che sempre in maggior numero fendono<br />
i fiumi e i mari, e in tutti gli strumenti del<br />
lavoro, del lucro, del gioco e della guerra si<br />
preparano le nuove imagini e i nuovi ritmi.»<br />
La macchina, poi, <strong>nel</strong> Notturno sotto l’influenza<br />
dei futuristi si personifica in diverse<br />
immagini:<br />
«<strong>Il</strong> battito del motore», «S’ode pulsare<br />
il motore del canotto», «Un motore<br />
di canotto ha un palpito energico.<br />
Giorgio non l’ode più come il battito<br />
del suo cuore d’acciaio»<br />
Anche l’immagine dell’aereo <strong>nel</strong><br />
Notturno è personificata per la sua<br />
anima di macchina eroica con i<br />
suoi congegni frutto della tecnica<br />
moderna, ma anche della sapienza<br />
antica dei grandi artigiani italiani:<br />
«Appare come una struttura solida<br />
di legni di tele di metalli, ed è una<br />
sostanza spirituale. Sembra esanime,<br />
ed è tutta tesa dall’anima come il veliero è gonfio di fortuna.<br />
Sembra muta; e <strong>nel</strong>l’una e <strong>nel</strong>l’altra cellula, tra cèntina e cèntina, tra motore e motore, tra fusoliera e<br />
fusoliera, per mezzo ai fili d’acciaio, <strong>nel</strong>la carlinga piena di congegni, lungo il bordo levigato, il silenzio<br />
è un silenzio che a chi l’ascolta parla una parola indimenticabile. È testamento del sangue.»<br />
In un passo del Forse che sì forse che no D’Annunzio evoca la febbrile attività in un hangar<br />
intorno ad uno di questi primitivi velivoli, ammirando la sapienza del lavoro degli artigiani<br />
paragonati ai liutai rinascimentali: «fra i rotoli dei fili d’acciaio, fra le lunghe verghe di legno, fra<br />
i mucchi dei trucioli, negli stridori della sega, nei gemiti della lima, nei colpi del martello, mentre<br />
una tacita febbre umana pareva quasi raggiare intorno al grande airone inanimato che aveva<br />
già la tela tesa su le cèntine delle sue ali. […] quell’opera delicata e misteriosa come il lavoro<br />
dei liutai, fatta di pazienza di passione di coraggio, e di eterno sogno e di antica favola…»<br />
<strong>Il</strong> motore, del resto, si accorda come uno strumento:<br />
«Che dice il segnale del vento? – domandò Paolo Tarsis chino presso la sua macchina a<br />
esaminare la tensione dei fili d’acciaio, mentre il capo dei suoi meccanici finiva d’intonare il<br />
motore ed egli prestava l’orecchio acutissimo alla settupla consonanza.»<br />
L’aereo, insomma, non è solo un veicolo, ma una personificazione umana: «Non gli manca se<br />
non l’anima dell’uccello, la quale anima bisogna che sia contraffatta dall’anima dell’omo», scrive,<br />
riprendendo il pensiero di Leonardo da Vinci.<br />
112 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 113 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Tato, Sorvolando in spirale il<br />
Colosseo.<br />
Sotto, La Fiat di Marinetti<br />
dopo l’incidente di cui parla<br />
<strong>nel</strong> Manifesto di fondazione<br />
del <strong>Futurismo</strong>.
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
La macchina, infatti, ha in sé qualcosa di magico come D’Annunzio ebbe a scrivere<br />
a Nunes Vis a cui aveva commissionato il suo ritratto fotografico: «Vorrei conoscere la<br />
magia novissima con cui Ella riesce a compiere il veloce prodigio serrando uno spirito di<br />
sole <strong>nel</strong>la piccola nera prigione di metallo e di cristallo» Altri elementi comuni tra Marinetti<br />
e D’Annunzio, seppure poi con risultati estetici diversi, sono anche la poesia della realtà<br />
industriale e delle officine. In Marinetti essa è portata alle estreme conseguenze con<br />
l’immagine dello scrittore che dopo il ribaltamento in auto dentro il fossato esce dalla<br />
macchina felice di essere completamente sporco di fango e olio, come se fosse uscito<br />
dal seno della sua nutrice sudanese, evidente ironia sull’immergersi <strong>nel</strong>l’acqua, elemento<br />
materno, tipico di alcuni poeti ottocenteschi (come il Foscolo di A Zacinto o il Leopardi<br />
dell’Infinito). Oggi il nuovo battesimo futurista viene celebrato <strong>nel</strong>l’olio nero delle officine e<br />
solo dopo Marinetti detterà «le sue volontà» programmatiche!<br />
IL VITALISMO SUPEROMISTICO<br />
O Vita, o Vita,<br />
dono terribile del dio,<br />
come una spada fedele,<br />
come una ruggente face,<br />
come la gorgóna,<br />
come la centàurea veste;<br />
Tutto fu ambìto<br />
e tutto fu tentato.<br />
Quel che non fu fatto<br />
io lo sognai;<br />
e tanto era l’ardore<br />
che il sogno eguagliò l’atto.<br />
Io nacqui ogni mattina.<br />
Ogni mio risveglio<br />
fu come un’improvvisa<br />
nascita <strong>nel</strong>la luce:<br />
attoniti i miei occhi<br />
miravano la luce<br />
(Laus Vitae)<br />
Umberto Boccioni, Carica di lancieri.<br />
Sempre dannunziana è l’immagine dell’essere ritti, dell’ergersi contro l’ignoto che in<br />
Marinetti rappresenta la volontà incrollabile e l’audacia dell’azione per l’azione: «desti e ritti<br />
come fari superbi o come senti<strong>nel</strong>le avanzate». Essa ricorda, per esempio, non solo il mito<br />
dell’Ulisside dannunziano delle Laudi, ma anche un passo del Compagno dagli occhi senza<br />
cigli <strong>nel</strong> quale il poeta vedeva i collegiali che stavano con lui al Cicognini di Prato come<br />
«cancheri» incapaci di grandi azioni, in contrapposizione al suo spirito eroico. Del resto<br />
l’immobilismo politico e l’arretratezza oscurantista avevano sempre dato fastidio al poeta che<br />
proprio per questo il 20 marzo 1900 aveva compiuto il gesto clamoroso di passare dalle file<br />
dell’estrema destra a quelle dell’estrema sinistra dicendo: «Vado verso la vita», oscillazione<br />
tipica poi dei futuristi che provocatoriamente sognavano una sovversione violenta, un<br />
mutamento radicale dell’ordine sociale sebbene, poi, non risultasse affatto chiaro quali forme<br />
concrete di nuova società intendessero creare.<br />
Altri elementi in cui i due scrittori concordano <strong>nel</strong>lo stare «desti e ritti» è la concezione<br />
superomistica:<br />
«“Giovani, avanti, ché vinceremo anche oggi!”<br />
Non con lo sprone ma col suo grande cuore<br />
ei sollevò il suo cavallo a volo»<br />
(La notte di Caprera)<br />
Marinetti, però voleva creare un suo nuovo superuomo opposto a quello di Nietzsche ( basato<br />
sull’ellenismo) «Noi opponiamo […] l’Uomo moltiplicato per opera propria, nemico del libro,<br />
amico dell’esperienza personale, allievo della Macchina, coltivatore accanito della propria<br />
volontà, lucido <strong>nel</strong> lampo della sua ispirazione, munito di fiuto felino di fulminei calcoli,<br />
d’istinto selvaggio, d’intuizione, di astuzia e di temerità. I figli della generazione attuale, che<br />
vivono fra il cosmopolitismo, la marea sindacalista e il volo degli aviatori sono come abbozzi<br />
dell’uomo moltiplicato che noi prepariamo.»<br />
In ogni caso il debito verso Nietzsche è piuttosto evidente anche per il fatto stesso di porre<br />
i futuristi come un’avanguardia che doveva guidare il cambiamento. E d’altra parte, <strong>nel</strong>le<br />
immagini di Marinetti risuona l’eco delle liriche dannunziane, come, per esempio, in questo<br />
caso:<br />
Né fulvo branco di leoni balza,<br />
né s’inarca fulgore di sovrana<br />
porpora. Sola su la morte s’alza<br />
l’anima umana.<br />
[…]<br />
Uomini vivi, saldi sul tallone,<br />
non in coperta ma lungh’esso il bordo<br />
dileguante con l’ultimo cannone<br />
<strong>nel</strong> succhio sordo,<br />
diritti come se facesser ala<br />
ad ammiraglio in nave pavesata,<br />
diritti come sotto la gran gala<br />
schiera ordinata,<br />
gittano al cielo un grido così forte<br />
che ferisce le cime dell’ardore,<br />
e sforzano a sorridere la Morte<br />
che mai non muore.<br />
(Per i morti del mare)<br />
Troviamo qui notevoli punti in comune con l’immagine futurista dei leoni e delle belve liberate<br />
dalle gabbie e del furore degli uomini che li seguono emulandoli, esaltati <strong>nel</strong>la sfida alla<br />
morte. Saranno le belve insieme ai folli a distruggere Paralisi e Podagra ovvero Milano e<br />
Roma. <strong>Vie</strong>ne anche il mente lo spirito del leone, caratterizzato dalla volontà, del nietzschiano<br />
Zaratustra al quale fa eco un passo della Laus vitae:<br />
Quivi l’animale umano<br />
amai, che divora, s’accoppia,<br />
urla, combatte, uccide,<br />
inconsapevole e vero.<br />
Quivi divinai la divina<br />
bestialità che facea<br />
sì resistente la forza<br />
di Roma dal tardo pensiero.<br />
Per Marinetti, come per D’Annunzio, la vita inimitabile è segnata da un atto di volontà<br />
superiore, volto all’azione estrema e totalmente individualistica.<br />
114 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 115 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Bot, Ritratto di Marinetti, 1929.
Coppa con figura di centauro,<br />
<strong>nel</strong>l’Officina della Prioria.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
Gabriele d’Annunzio riprendeva il pensiero di Nietzsche, esaltandone l’aspetto vitalistico<br />
che spingeva l’uomo all’amor fati, immergendosi totalmente <strong>nel</strong>l’hic et nunc. L’estetismo<br />
diventa, in questo caso, anche una celebrazione della violenza e della strage. Nelle sue opere<br />
l’esteta unisce il culto della forza a quello della bellezza, trasformandosi da semplice dandy,<br />
Andrea Sperelli <strong>nel</strong> Piacere, a superuomo. Nel romanzo Le vergini delle rocce, ad esempio, il<br />
protagonista, Claudio Cantelmo, è alla ricerca di una donna con la quale concepire un figlio che<br />
possa essere il capostipite di un razza superiore, il nuovo re di Roma.<br />
Stelio Effrena, protagonista del Fuoco riesce ad imporsi sulle masse attraverso la<br />
manipolazione culturale e la creazione di nuovi modelli di vita, a differenza del protagonista<br />
del Piacere, il quale si era scontrato con la plebe che alla bellezza aveva preferito il profitto. La<br />
macchina diviene, comunque, il mezzo che consente al superuomo la sua affermazione, come<br />
<strong>nel</strong> Forse che si forse che no, dove il protagonista trova la gloria grazie ad un eroico volo<br />
aereo. L’uomo dannunziano, quindi, piega l’intero mondo che lo circonda al proprio progetto di<br />
affermazione.<br />
<strong>Il</strong> centauro e l’angelo<br />
E la mia coscia nervosa<br />
aderì così forte<br />
al fianco del mio caval sauro<br />
ch’io divenni il mostro biforme,<br />
lo s<strong>nel</strong>lo centauro<br />
d’ugne senza ferro,<br />
di levità senza orme.<br />
E ne’ miei occhi umani<br />
sentii la bellezza dei grandi<br />
ardenti umidi occhi inumani<br />
del corsiere d’Arabia<br />
che parea sangue di pardo.<br />
Ed ebbi così <strong>nel</strong> mio sguardo<br />
l’inconsapevolezza<br />
della purità bestiale,<br />
in me ebbi tutto il Deserto.<br />
(Laus vitae XIX)<br />
«…finalmente la mitologia e l’ideale mistico sono superati. Noi stiamo per assistere alla<br />
nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!…» è così che Marinetti<br />
introduce il tema del centauro, peraltro, come abbiamo visto, già usato da d’Annunzio.<br />
Quest’ultimo, infatti, afferma di sentirsi un centauro, colui cioè che si fonde completamente<br />
con l’animale che cavalca. Oltre che <strong>nel</strong>le opere letterarie di D’Annunzio, anche <strong>nel</strong> Vittoriale<br />
torna frequentemente tale immagine: <strong>nel</strong>la foto in bianco e nero di Pallade che doma un<br />
centauro del Botticelli e <strong>nel</strong> calice in vetro verde in stile rinascimentale con decorazioni<br />
dorate dell’Officina. Nella sua opera il mito greco vive sempre della commistione di due<br />
nature umana e ferina, non civilizzata, <strong>nel</strong>la quale le passioni tragiche possono manifestarsi<br />
in tutta la loro potenza originaria tanto misteriosa quanto feroce e irrazionale.<br />
Un altro oggetto interessante è la placca dorata che orna il basamento della statua di Diana<br />
<strong>nel</strong>la sala della Musica dove è rappresentato un uomo dal corpo equino intento a scoccare<br />
una freccia. L’immagine mitologica del centauro come una sorta di uomo potenziato, se<br />
non di vero e proprio superuomo, è usata anche da Machiavelli, per il quale rappresenta il<br />
principe ideale, cioè colui che è capace di «bene usare la bestia e l’uomo». I miti di Pegaso<br />
e del Centauro per il poeta abruzzese appaiono inizialmente molto legati all’arte antica, ma,<br />
in un secondo momento, <strong>nel</strong>l’arredo del Vittoriale si andrà verso una semplificazione della<br />
forma secondo l’esempio dei futuristi, come possiamo notare <strong>nel</strong> piatto con Pegaso alato<br />
che si trova <strong>nel</strong>la sala della Leda. Inoltre sempre più spesso negli ultimi anni D’Annunzio<br />
mostrava di apprezzare la forma dell’energia pura, la forza guerriera piuttosto che l’estetica:<br />
allora il fascino delle nuove tecnologie viene esaltato anche rispetto all’antichità classica<br />
e rinascimentale per ricercare un’arte che spinga alla lotta e alla battaglia: «<strong>Il</strong> martello<br />
d’un degli efebi sembra gonfiarsi della mia libertà. La mia audacia di predatore fiumano<br />
s’impadronisce di tutte le spoglie opime <strong>nel</strong> cesareo Trionfo del Mantegna. La Vittoria di<br />
Samotracia m’è men bella di quel modello esatto d’un novissimo velivolo guerriero La testa<br />
del pensieroso è <strong>nel</strong> mio pensiero meno attiva di quella incudine tutta d’acciaio a me offerta<br />
in dono dai Cantieri navali del Carnaro.<br />
<strong>Il</strong> gesso del corpo umano scorticato, per conoscere “onde i nerbi nascono”, ora mi<br />
commuove di più che la coscia michelangiolesca. L’impronta di quel piede umano<br />
anatomizzato, con tutti i suoi muscoli e i suoi tendini palesi, contratto come le fibre d’un<br />
fiore senza gioia, ora mi supera in novità d’impronte il piede alzato che la Nike annoda <strong>nel</strong><br />
sandalo.» (Faville involate)<br />
In più rispetto a D’Annunzio la riedizione marinettiana del mito del centauro si attua <strong>nel</strong>la<br />
116 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 117 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
L’incudine del Carnaro<br />
<strong>nel</strong>l’Officina dannunziana,<br />
a destra, calco del modello<br />
anatomico attribuito a<br />
Michelangelo <strong>nel</strong>l’Officina<br />
della Prioria.<br />
Sotto, Giacomo Balla,<br />
Velocità in motocicletta,<br />
1913-14.
D’Annunzio a Fiume al rancio<br />
con i soldati.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
fusione con la macchina anziché con il cavallo, come poi sarà concretamente illustrato<br />
<strong>nel</strong>le opere di Giacomo Balla. L’altro importante mito dannunziano ripreso da Marinetti <strong>nel</strong><br />
passo sopracitato, è quello dell’angelo, anzi, dell’arcangelo Gabriele annunciatore di un<br />
nuovo Rinascimento in cui il poeta si identificava. Dal canto suo Marinetti usa l’immagine<br />
dell’angelo come essere che incarna le nuove potenzialità dell’uomo oltre i propri limiti:<br />
il futurista sarà «superumano» come il centauro, fondendo l’elemento meccanico con la<br />
propria natura, oppure trascendendo se stesso come nuova creatura celeste.<br />
La vita inimitabile contro la massificazione<br />
In D’Annunzio come in Marinetti prevale l’idea che l’artista deve vivere una vita inimitabile,<br />
distinguendosi dalla massa in ogni sua manifestazione, essere cioè «un’avanguardia», una<br />
sorta di capopopolo, un forgiatore di coscienze. Del resto per entrambi era fondamentale<br />
anche la pubblicità, come dimostra Marinetti con una studiate iniziative di propaganda tra le<br />
più innovative, ma anche D’Annunzio sapeva sempre usare i media a proprio vantaggio per<br />
creare di se stesso un mito vivente.<br />
L’angoscia che ha preso D’Annunzio di fronte al «grigio diluvio democratico», a queste nuove<br />
masse sterminate di proletari incontrollabili e di ricchi borghesi imbelli è la stessa di Marinetti.<br />
È necessario compiere nuovamente qualcosa di eroico che riporti il popolo italiano alle idealità<br />
risorgimentali, e, <strong>nel</strong> caso di Marinetti che forgi un nuovo uomo futurista eliminando i parassiti<br />
di Podagra e Paralisi. Se le istanze belliciste di Marinetti sono legate all’idea della guerra sola<br />
igiene del mondo, poiché solo attraverso un bagno di sangue si sarebbe forgiato un uomo<br />
nuovo, anche D’Annunzio, alla fine, enuncia a modo suo le medesime idee, ma con una<br />
sfumatura più paternalistica e garibaldina: sarà l’intero popolo italiano, dal grande comandante<br />
al soldato semplice ad essere forgiato all’eroismo dalla guerra per una giusta causa,<br />
spingendosi fino all’estremo sacrificio. I morti riceveranno la celebrazione del loro eroismo e la<br />
loro laica santificazione, coloro che rimarranno vivi avranno rafforzato col fuoco della sofferenza<br />
l’incrollabile volontà. Marinetti, invece, sembra quasi indifferente alla presenza di una «giusta<br />
causa» <strong>nel</strong>la guerra e tende a sottolineare solo i bersagli contro cui scagliarsi, piuttosto che dei<br />
concetti positivi da affermare <strong>nel</strong>la creazione di un nuovo ordine sociale.<br />
Allo scopo di forgiare le menti del popolo per D’Annunzio (poi ripreso da Marinetti) è<br />
necessario l’eroe tribuno: entrambi, infatti, sono degli arringatori, entrambi fanno appello non<br />
alla razionalità, ma alla volontà, all’istinto, all’adesione entusiasta e passionale che esclude<br />
una vera analisi politica. La materia del popolo è sempre fusa sia in D’Annunzio che in<br />
Marinetti. Per il Vate ci vuole un forno fusorio come quello del Cellini, mentre Marinetti ricorre<br />
all’immagine dei fochisti delle locomotive: il nuovo fuoco delle macchine è il propulsore<br />
esplosivo del cambiamento attraverso un mutamento profondo dei confini spazio-temporali<br />
e dei rapporti con il mondo e col passato. Marinetti, poi, suscita l’energia della folla <strong>nel</strong>la<br />
provocazione: le forze istintive e irrazionali vengono liberate proprio attraverso un rituale<br />
futurista che prevede l’interazione anche violenta con il pubblico (con tanto di scazzottate<br />
e fischi) che veniva volontariamente eccitata anche con la presenza di provocatori tra il<br />
pubblico, inviati appositamente da Marinetti a questo scopo.<br />
D’Annunzio, Marinetti e «l’esperimento» di Fiume<br />
Secondo il critico letterario francese Benjamin Crémieux il «fiumanesimo è, <strong>nel</strong>l’ambito<br />
politico del primo dopoguerra, la forma assunta dal <strong>Futurismo</strong> italiano». Gli anni del conflitto<br />
mondiale avvicinano considerevolmente i due scrittori, uniti dall’eroismo, ostentato sul<br />
campo di battaglia. Gli stessi futuristi lodano D’Annunzio al punto che Carli lo definisce uno<br />
“tra i più autentici futuristi”. È lo stesso D’Annunzio ad invitare Marinetti alla collaborazione<br />
attraverso un telegramma, che risale a poco più di un mese prima dell’invasione di Fiume,<br />
dal quale traspaiono stima e ammirazione:<br />
«Mio caro Marinetti,<br />
bravo per il grido di ieri, coraggioso come ogni vostro atto.<br />
Vorrei vedervi.<br />
Se potete, venite<br />
<strong>Il</strong> vostro Gabriele d’Annunzio»<br />
Quel giorno, infatti, Marinetti aveva preso la parola dalla tribuna del pubblico di<br />
Montecitorio accusando Nitti di essere a capo di un «Ministero dei sabotatori della Vittoria,<br />
degli schiaffeggiatori degli ufficiali», e si proclamava contro il Giolittismo, accusando il<br />
parlamento di non essere che «lo scherno più grossolano ai sacrifici dei combattenti» […]<br />
«Vergognatevi! La gioventù italiana, per bocca mia, vi urla: Fate schifo! Fate schifo!».<br />
Poco tempo dopo, non appena Marinetti legge sui giornali dell’azione dei legionari, decide<br />
di raggiungere il Carnaro. Fiume potrebbe rappresentare il coronamento del suo sogno di<br />
vedere gli artisti al potere. Come spiega Claudia Salaris in Alla festa della rivoluzione. Artisti e<br />
libertari con D’Annunzio a Fiume, la città dalmata viene oggi definita un «laboratorio politico»<br />
<strong>nel</strong> quale sono state sperimentate le tecniche di comunicazione poi ampiamente riprese dal<br />
fascismo: la politica diventa una sorta di culto, con celebrazioni, raduni, arringhe. Marinetti è<br />
straordinariamente esaltato da questa atmosfera, forse troppo: si lascia, infatti trascinare dai<br />
suoi sogni e da idee che rasentano l’utopia. Secondo lui «D’Annunzio non vede la grandezza<br />
rivoluzionaria e decisiva della sua impresa» che potrebbe, invece, allargare a tutta l’Italia.<br />
Ma Marinetti si sbaglia: D’Annunzio ha sperato di far cadere il governo Nitti e di suscitare<br />
un movimento di massa a livello nazionale, ma ritiene forse che i tempi non siano maturi<br />
per realizzare un progetto simile, anche perché all’interno dei legionari fiumani esistono<br />
posizioni politiche molto diverse e spesso contrastanti. Per questo giudica inattuabile il piano<br />
di Marinetti, che prevedeva una marcia su Trieste come innesco della rivoluzione generale.<br />
Dal canto suo, il fondatore del <strong>Futurismo</strong> si augura seriamente che quel «vulcano di eroismo<br />
e italianità» si diffonda in tutta Italia e «la sua ondata rivoluzionaria la pulisca e ringiovanisca<br />
definitivamente». Questa cieca speranza lo porta a giudicare D’Annunzio «un uomo<br />
meraviglioso di forza di volontà astuzia fortuna. Ma è rimasto l’esteta. Maniaco del bel gesto,<br />
prigioniero delle sue belle frasi e degli uomini mediocri che lo incensano e favoriscono le sue<br />
manie». Mette in dubbio le capacità politiche del Vate e soprattutto la scelta degli uomini di<br />
cui si circonda. È infatti convinto che gli ufficiali fiumani «quasi tutti monarchici, passatisti,<br />
118 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 119 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Carlo Carrà, I funerali<br />
dell’anarchico Galli, 1910-11.<br />
progetto 4 D’Annunzio e Marinetti andata e ritorno<br />
non vogliono capire o ammettere che il loro gesto è stato rivoluzionario, e dichiarano di non<br />
fare della politica. Alcuni forse si pentono, vorrebbero che tutto finisse bene e presto, senza<br />
inconvenienti <strong>nel</strong>la carriera e con l’approvazione di Sua Maestà!!!». Marinetti aspira ad avere<br />
un ruolo di rilievo <strong>nel</strong>l’impresa di Fiume, ma le sue idee repubblicane (e anche vagamente<br />
anarchiche) non si allineano a quelle del Vate, che, invece, non ha mai cessato di essere<br />
un monarchico convinto. Per questo Marinetti e Vecchi, vestiti da ferrovieri se ne vanno<br />
da Fiume, sospettati, tra l’altro, di aver svolto propaganda sediziosa contro D’Annunzio.<br />
Tuttavia, Marinetti aveva lasciato a Fiume molto più di quanto credesse: il suo manifesto Al<br />
di là del comunismo disegna la pura utopia che meglio rappresentava il suo «stato d’animo<br />
politico» in quel periodo, descrivendo una «soluzione artistica al problema sociale», proprio<br />
come <strong>nel</strong> tentativo della Reggenza. Non a caso all’interno della Costituzione fiumana si<br />
trovano numerosi espliciti paralleli con questo manifesto, si pensi, per esempio, al ruolo della<br />
musica, che per Marinetti «regnerà sul mondo» e per D’Annunzio è «una istituzione religiosa<br />
e sociale».<br />
«Grazie a noi il tempo verrà in cui la vita non sarà più semplicemente una vita di pane e di<br />
fatica, né una vita d’ozio, ma in cui la vita sarà una vita-opera d’arte» scrisse Marinetti, ma si<br />
sbagliava.<br />
L’utopia dannunziana di un terzo Rinascimento, non avrebbe più avuto un luogo dove<br />
prendere vita, se non <strong>nel</strong>l’esilio dorato del Vittoriale né sarebbe più esistita una natura dove<br />
avrebbero trovato rifugio i miti del passato: ormai gli astri sarebbero stati figli soltanto della<br />
nuova energia artificiale delle turbine.<br />
<strong>Il</strong>luminata da miriadi di lune elettriche, l’epoca del mito era veramente finita: ora non restava<br />
che il rombo dei motori, il crepitio delle nuove armi e il gran Binario futurista proteso alla<br />
conquista di un continente: anche i sogni di Marinetti avrebbero avuto, vent’anni più tardi, un<br />
esito ben diverso dalla sua immaginazione…<br />
Chi e dove Liceo Sceintifico Enrico Fermi - Salò<br />
Classi coinvolte Quinta C e H<br />
Docenti referenti Gianluca Chiodni E Laura Truzzi<br />
120 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 121 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte<br />
tecnologico: il destino dell’uomo<br />
macchina<br />
La letteratura italiana, anche per i ritardi dello sviluppo economico e sociale, è rimasta a<br />
lungo legata (da Manzoni a Verga, ma ancora in pieno Novecento) a una realtà contadina,<br />
ignorando la dimensione della città, che rappresenta l’ambiente tipico creato dalla<br />
Rivoluzione industriale, con tutti i suoi problemi e le sue contraddizioni. Anche in un<br />
movimento per tanti aspetti innovatore come quello della Scapigliatura, le prime avvisaglie<br />
dell’industrializzazione suscitano una reazione di sconcerto, conflittuale e negativa. Così<br />
Emilio Praga, nei versi di La strada ferrata (1878), rimpiangeva la scomparsa del vecchio<br />
mondo: «Addio, pace de’ campi pensosi, / solitarie abitudini, addio; / l’operaio sul verde<br />
pendìo / già distende il ferrato cammin».<br />
Già quarantasette anni prima, tuttavia, è possibile riscontrare, <strong>nel</strong>la lucida visione di Giacomo<br />
Leopardi, il tema della considerazione negativa nei confronti della società moderna e della sua<br />
fede <strong>nel</strong>le conquiste del progresso sociale e tecnologico.<br />
La Palinodia al marchese Gino Capponi (1831), inclusa nei Canti, è infatti una sorta di satira<br />
di sapore pariniano, scritta <strong>nel</strong>la forma di ironica ritrattazione.<br />
II bersaglio della satira leopardiana è l’ottimismo progressista, che vede l’umanità avviata verso<br />
un futuro di mirabile felicità grazie alle conquiste tecnologiche ed al progresso delle conoscenze<br />
e delle condizioni sociali. <strong>Il</strong> poeta invece ritiene che i mali dell’uomo siano iscritti <strong>nel</strong>l’ordine<br />
stesso di natura, e perciò siano i<strong>nel</strong>iminabili, e che sia stolto pensare di rendere felice l’uomo<br />
con le riforme politiche e il progresso materiale, visto che l’infelicità è una realtà eterna e<br />
immodificabile.<br />
<strong>Il</strong> dato più significativo è comunque la constatazione ironica dei “benefici” (si noti l’effetto straniante<br />
dell’inserimento del cholera <strong>nel</strong>l’enumerazione delle espressioni delle conquiste umane) che<br />
deriveranno all’umanità dallo sviluppo delle tecnologie:<br />
«Universale amore / Ferrate vie, moltiplici commerci / Vapor, tipi e choléra i più divisi<br />
Popoli e climi stringeranno insieme / Né maraviglia fia se pino o quercia<br />
Suderà latte e mele, o s’anco al suono/ D’un walser danzerà. Tanto la possa<br />
Infin qui de’ lambicchi e delle storte, / E le macchine al cielo emulatrici<br />
Crebbero, e tanto cresceranno al tempo / Che seguirà » (vv. 42-52)<br />
Fortunato Depero, Automa<br />
(studio per “ballerina - idolo”)<br />
1917, carboncino su carta<br />
29 x 20,6 cm.
Fortunato Depero, Automa<br />
baffuto e pappagallo, 1917<br />
circa, matita e carboncino su<br />
cartoncino incollato su carta<br />
da imballo, 49,2 x 34 cm.<br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
Tale visione pessimistica è già evidenziata <strong>nel</strong>la quarta delle Operette Morali: Proposta di premi<br />
fatta dall’Accademia dei Sillografi (composta a Recanati, tra il 22 e il 25 febbraio, 1824) che, a sua<br />
volta, costituisce una satira nei confronti della civiltà delle macchine, ritenuta dai moderni fonte di<br />
progresso e di felicità per gli uomini.<br />
Una fantomatica Accademia (Accademia dei Silografi) propone che, in questa era delle macchine,<br />
siano proprio gli automi ad accollarsi le miserie e le fatiche degli uomini, magra consolazione, vista<br />
l’impossibilità di porvi altro rimedio. Propone pertanto tre premi per chi saprà costruire altrettante<br />
macchine automate (antenate dei moderni robot) utili all’umanità: la prima consiste <strong>nel</strong>l’amico<br />
perfetto, la seconda in un uomo artificiale in grado di compiere opere virtuose e magnanime, la<br />
terza <strong>nel</strong>lla donna perfetta, moglie fedele e garanzia di felicità coniugale, così come è descritta dal<br />
Castiglione <strong>nel</strong> Cortegiano.<br />
Sillografi, <strong>nel</strong>la letteratura greca, erano scrittori di brevi composizioni burlesche e tale è il tono<br />
dell’operetta. Oggetto della satira non sono tanto le Accademie in sé, quanto l’astrattezza e la<br />
confusione della loro attività. <strong>Il</strong> clima culturale arretrato in cui si colloca questa proposta di premi<br />
per gli inventori di tre macchine “impossibili” dà spazio alla satira, che si insinua tra la realtà del<br />
moderno “macchinismo” e la mancanza di concreta riflessione su ciò che esso significa:<br />
«L’Accademia dei Sillografi attendendo di continuo, secondo il suo principale instituto, a<br />
procurare con ogni suo sforzo l’utilità comune, e stimando niuna cosa essere più conforme<br />
a questo proposito che aiutare e promuovere gli andamenti e le inclinazioni Del fortunato<br />
secolo in cui siamo, come dice un poeta illustre; ha tolto a considerare diligentemente le<br />
qualità e l’indole del nostro tempo, e dopo lungo e maturo esame si è risoluta di poterlo<br />
chiamare l’età delle macchine, non solo perché gli uomini di oggidì procedono e vivono<br />
forse più meccanicamente di tutti i passati, ma eziandio per rispetto al grandissimo numero<br />
delle macchine inventate di fresco ed accomodate o che si vanno tutto giorno trovando ed<br />
accomodando a tanti e così vari esercizi, che oramai non gli uomini ma le macchine, si può<br />
dire, trattano le cose umane e fanno le opere della vita ».<br />
È una polemica contro il secolo, in cui le macchine intervengono sempre più; non<br />
a caso significativo è l’insistente ritorno del sostantivo macchina <strong>nel</strong>la Proposta,<br />
“entità” ossessiva dei tempi moderni. La macchina scardina l’orizzonte naturale,<br />
forma l’io segnato tecnologicamente,<br />
l’uomo diviene automato, ossia automa semovente, sostitutivo dell’uomo <strong>nel</strong>le<br />
facoltà fisiche e <strong>nel</strong>la sfera spirituale:<br />
«…disperando la miglior parte dei filosofi di potersi mai curare i difetti del genere umano,<br />
i quali, come si crede, sono assai maggiori e in più numero che le virtù; e tenendosi per certo che sia<br />
piuttosto possibile di rifarlo del tutto in una nuova stampa, o di sostituire in suo luogo un altro, che di<br />
emendarlo;l’Accademia dei Sillografi reputa essere espedientissimo che gli uomini si rimuovano dai<br />
negozi della vita il più che si possa, e che a poco a poco dieno luogo, sottentrando le macchine in loro<br />
scambio. E deliberata di concorrere con ogni suo potere al progresso di questo nuovo ordine delle cose,<br />
propone per ora tre premi a quelli che troveranno le tre macchine infrascritte ».<br />
Qui emerge il discorso che sta a cuore a Leopardi, quello sulla possibilità di un reale progresso<br />
dell’uomo. <strong>Il</strong> rischio è che le macchine superino l’uomo, in un destino senza anima, magnanimità<br />
e lealtà. L’essere umano abbandonato ad un mondo meccanizzato diviene un androide freddo,<br />
esatto, convenzionale, un oltre uomo, in un orizzonte tecnologico esasperato.<br />
In seguito, <strong>nel</strong>la visione dei Futuristi all’inizio del Novecento, l’androide diventerà figura di un<br />
possibile risveglio, la misura del nostro essere, nonché l’idea della nostra sorte, per immaginare<br />
un altro futuro, ma per il momento <strong>nel</strong>la sconsolata visione del poeta di Recanati l’automato<br />
rappresenta il pericolo di una sostituzione non solo materiale, ma bensì spirituale dell’uomo:<br />
«…(l’Accademia) confida dovere in successo di tempo gli uffici e gli usi delle macchine venire a<br />
comprendere oltre le cose materiali, anche le spirituali; onde <strong>nel</strong>la guisa che per virtù di esse<br />
macchine siamo già liberi e sicuri dalle offese dei fulmini e delle grandini, e da molti simili mali e spaventi,<br />
così di mano in mano si abbiano a ritrovare, per modo di esempio (e facciasi grazia alla novità dei nomi),<br />
qualche parainvidia, qualche paracalunnie o paraperfidia o parafrodi, qualche filo di salute o altro ingegno<br />
che ci scampi dall’egoismo, dal predominio della mediocrità, dalla prospera fortuna degl’insensati, de’<br />
ribaldi e de’ vili, dall’universale noncuranza e dalla miseria de’ saggi, de’ costumati e de’ magnanimi, e<br />
dagli altri sì fatti incomodi, i quali da parecchi secoli in qua sono meno possibili a distornare che già non<br />
furono gli effetti dei fulmini e delle grandini».<br />
Alla visione negativa di Leopardi si oppone quella di Giosue Carducci, <strong>nel</strong>l’Inno a Satana (1863), che<br />
celebra il trionfo del progresso realizzatosi <strong>nel</strong>l’emblema della macchina. L’avvento della locomotiva,<br />
come segno del trionfo della scienza e del libero pensiero.<br />
Carducci stesso, in anni più maturi, diede un giudizio molto severo su quest’inno, definendolo una<br />
«chitarronata». La poesia , tuttavia, è un documento importante della tendenza della cultura e della<br />
mentalità del secondo Ottocento. L’opera esprime in forma provocatoria l’adesione dell’autore ad<br />
una cultura laica, positivista, celebratrice del mito della scienza.<br />
Dai reazionari ogni aspetto della modernità era condannato come prodotto di Satana<br />
(ne è esempio eloquente il Sillabo di Pio IX, del 1864). Carducci accetta questa definizione,<br />
ma la rovescia polemicamente in positivo, celebrando la figura di Satana. I fattori che i reazionari<br />
esecrano come opera del demonio, per Carducci sono gli aspetti più positivi della<br />
vita. Satana è così assunto come simbolo delle gioie terrene, delle bellezze naturali e artistiche, della<br />
libertà di pensiero, della ribellione a ogni forma di dogma e dispotismo, del progresso della scienza.<br />
«Ne la materia / Che mai non dorme, / Re de i fenomeni, / Re de le forme,<br />
Sol vive Satana. / Ei tien l’impero / Nel lampo tremulo / D’un occhio nero,<br />
O ver che languido / Sfugga e resista, / Od acre ed umido / Provochi, insista».<br />
(vv. 36-48)<br />
<strong>Il</strong> trionfo del progresso, <strong>nel</strong>le strofe finali, si compendia <strong>nel</strong> simbolo della locomotiva, della<br />
macchina, motivo molto caro alla retorica del tempo (si veda anche La strada ferrata di Emilio<br />
Praga):<br />
«Un bello e orribile / Mostro si sferra, / Corre gli oceani, / Corre la terra:<br />
Corusco e fumido / Come i vulcani, / I monti supera, / Divora i piani;<br />
sorvola i baratri; / Poi si nasconde / Per antri incogniti, / per vie profonde ;<br />
Ed esce; e indomito / Di lido in lido / Come di turbine / Manda il suo grido,<br />
Come di turbine / L’alito spande: / Ei passa, o popoli, / Satana il grande<br />
Passa benefico / Di loco in loco / Su l’infrenabile / Carro del foco».<br />
(vv. 169-192)<br />
Questa concezione è contrapposta a quella del Cristianesimo,che per Carducci nega la bellezza,<br />
il progresso, la libertà, e la gioia vitale, mortifica la ragione col dogmatismo e la gioia vitale con<br />
l’ascesi e la rinuncia.<br />
Satana trionfava <strong>nel</strong> mondo pagano, poi fu scacciato dal Cristianesimo; secondo l’autore nei tempi<br />
moderni la forza della ragione ha di nuovo vinto ogni dogmatismo e oscurantismo.<br />
Secondo Carducci oggi la «forza vindice» della ragione e del progresso ha di nuovo vinto ogni<br />
oscurantismo e dogmatismo, cancellando l’oppressione religiosa.<br />
«Salute, o Satana, / O ribellione, / O forza vindice / De la ragione!<br />
Sacri a te salgano / Gl’incensi e i voti! / Hai vinto il Geova / De i sacerdoti».<br />
(vv.193-200)<br />
Levare un inno a Satana assumendolo come emblema del progresso e della gioia vitale era<br />
fortemente provocatorio verso le concezioni conservatrici, benpensanti e clericali, e rivela<br />
l’atteggiamento battagliero che era proprio del giovane Carducci.<br />
La macchina, come cifra del progresso tecnologico, è destinata a divenire l’emblema della<br />
122 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 123 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Umberto Boccioni, Stati della<br />
mente: addii, 1911, olio su tela,<br />
70.5 x 96.2 cm<br />
Museum of Modern Art, New<br />
York.<br />
Antonio Sant’Elia, La città<br />
nuova-Casamento con<br />
ascensori esterni, galleria, fari e<br />
telegrafia, 1914.<br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
modernità e del rinnovamento, in grado<br />
di modificare la percezione del mondo<br />
e di sconvolgere la rappresentazione<br />
naturalistica della realtà, basata su principi<br />
di verosimiglianza.<br />
Infatti la seconda rivoluzione industriale,<br />
per il suo stretto rapporto con la scienza e<br />
con la tecnica, rende sempre più artificiale<br />
il rapporto tra l’uomo e la natura : modifica<br />
la percezione dello spazio e tempo. In<br />
questo processo ha un ruolo importante il<br />
nuovo scenario urbano.<br />
Nell’immaginario artistico e letterario la città si identifica con il movimento incessante della folla<br />
tumultuosa, con la fantasmagoria dell’illuminazione elettrica, con le vetrine lussuose, i caffè, i<br />
passages, i boulevards. Essa mostra materialmente i segni della rottura con il passato nei piani<br />
grandiosi di ristrutturazione urbanistica che cambiano il volto delle metropoli europee, rimpiazzando<br />
i vecchi quartieri medievali con le moderne architetture in ferro e vetro.<br />
In Charles Baudelaire l’immersione <strong>nel</strong>lo spettacolo della metropoli è uno dei tentativi di evasione,<br />
per altro vani, dallo spleen, ossia da quello stato di depressione cupa, di noia, di disgusto per il<br />
mondo in cui si vive.<br />
Nella seconda sezione di Fiori del Male (1857),<br />
Quadri parigini, troviamo la lirica Sogno parigino,<br />
in cui Baudelaire immagina la città come un<br />
orizzonte di trascendenza artificiale, che solleva<br />
l’uomo dall’inerzia: ciò che è naturale è vissuto<br />
come orrore, ciò che è artificiale e sovrannaturale<br />
incarna la nuova virtù:<br />
«Babele di scale, d’arcate, / un palazzo ch’era infinito,<br />
/ bacini dovunque, e cascate /<br />
sopra l’oro opaco e brunito.<br />
E poi, cateratte pesanti, / come tendaggi di cristallo, /<br />
erano sospese, abbaglianti, /<br />
lungo muraglie di metallo». (I, vv. 13-20)<br />
È presente il concetto di natura statica, inerte,<br />
silente. <strong>Il</strong> lancio <strong>nel</strong>l’artificiale, <strong>nel</strong> mondo del<br />
sogno, è un modo per sfuggire al naturale, per<br />
sollevarsi dall’inerzia :<br />
«Architetto di favolosi /mondi, facevo a piacimento /<br />
sotto un tun<strong>nel</strong> di preziosi /<br />
trascorrere un oceano lento.<br />
Tutto, anche il nero, era un fulgore, / era limpido, era iridato, / l’acqua incastonava la gloria /<br />
in un raggio cristallizzato.<br />
Non c’erano astri né vestigia / di sole, neppure a occidente, / per dar luce a tali prodigi, /<br />
infocati per propria fonte». (I, vv.37-48)<br />
L’autore cerca di cogliere le corrispondenze fra gli oggetti: tuttavia la percezione della bellezza<br />
al culmine del sogno dà la sensazione che la natura non offra quella bellezza; il sogno è definito<br />
terribile perché richiama ciò che si è perso in natura. Tornare alla realtà significa rivivere l’orrore e l’<br />
affanno maledetto:<br />
«Aperti gli occhi in un incendio, / l’orrore ho visto del mio tetto, / poi ho sentito, riavendomi,<br />
l’amaro affanno maledetto». (II, vv.1-4)<br />
È un orizzonte senza via di scampo, perché ciò che è concepito <strong>nel</strong>l’illusione del sogno è assente<br />
<strong>nel</strong>la realtà naturale; è quindi possibile collegare questo tema al disagio dell’io, allo spleen<br />
baudeleriano, all’incapacità di risvegliare la materia: la vita borghese <strong>nel</strong>la grande metropoli<br />
moderna diviene un incubo contrapposto al sogno.<br />
Va rilevato che anche in Carducci l’elemento positivo della locomotiva, presente <strong>nel</strong>l’Inno a Satana,<br />
subirà un rovesciamento <strong>nel</strong>le Odi barbare, <strong>nel</strong>la lirica Alla stazione in una mattina d’autunno<br />
(1875):<br />
«Già il mostro, conscio di sua metallica / anima, sbuffa, crolla, ansa, i fiammei /<br />
occhi sbarra; immane pe ‘l buio / gitta il fischio che sfida lo spazio.<br />
Va l’empio mostro; con traino orribile / sbattendo l’ale gli amor miei portasi. /<br />
Ahi, la bianca faccia e ‘l bel velo / salutando scompar ne la tenebra» (vv.29-36)<br />
Se l’Inno rappresentava la celebrazione del progresso e dell’avanzata della scienza, in Alla stazione<br />
diviene invece palese la paura della macchina che distrugge dalle radici il sistema di vita dell’uomo,<br />
capovolge i valori tradizionali, è un mostro che minaccia di sfuggire al controllo dell’uomo e di<br />
rivolgersi contro il suo creatore. <strong>Il</strong> mostro non è più bello, ma empio; la vita moderna, rappresentata<br />
dalla stazione e dal treno, suscita ormai <strong>nel</strong> poeta solo angoscia e noia : bruttezza i<strong>nel</strong>iminabile,<br />
spleen, negazione della gioia e dell’amore.<br />
Non a caso anche Carducci, come Baudelaire,<br />
contrappone la fantasia, il sogno che richiama<br />
dal passato l’immagine lieta della donna<br />
amata, come unica arma per vincere lo spleen<br />
e l’orrore.<br />
«O viso dolce di pallor roseo, / o stellanti occhi<br />
di pace, o candida /<br />
tra’ floridi ricci inchinata / pura fronte con atto<br />
soave!<br />
Fremea la vita <strong>nel</strong> tepid’aere, / fremea l’estate<br />
quando mi arrisero; /<br />
e il giovine sole di giugno / si piacea di baciar<br />
luminoso» (vv.37-44)<br />
Pur <strong>nel</strong>la vasta gamma dei suoi significati<br />
la macchina è tuttavia destinata a divenire,<br />
<strong>nel</strong> volgere di pochi decenni, un mito (anche<br />
mostruoso, come abbiamo visto in Carducci),<br />
<strong>nel</strong> quale si raccolgono le aspirazioni<br />
della modernità, del rinnovamento, delle<br />
trasformazioni sociali; <strong>nel</strong> passaggio dalla<br />
realtà economica alla letteratura, essa assume<br />
il valore di un simbolo, in grado di alimentare<br />
le fantasie dell’immaginario collettivo.<br />
Un ruolo importante, <strong>nel</strong>la diffusione di tale nuova mitologia, è stato svolto <strong>nel</strong> nostro paese<br />
da Mario Morasso, ideologo e saggista a lungo dimenticato (nato a Genova <strong>nel</strong> 1871, non si<br />
conoscono il luogo e la data della morte). Morasso ha anticipato numerosi spunti e atteggiamenti<br />
del <strong>Futurismo</strong>, in opere come II nuovo aspetto meccanico del mondo (1907), che conferma<br />
elementi di contatto con il programma di Marinetti .<br />
Ma le convergenze più evidenti riguardano proprio l’esaltazione della macchina ritenuta portatrice<br />
di valori (il culto della potenza, il gusto per il rischio, il fascino del record e la bellezza della<br />
velocità)capaci di rinnovare completamente la realtà. A questa tematica è dedicato, in particolare,<br />
un volume del 1905, La nuova arma (la macchina), in cui l’autore così esprime le sue intenzioni: «Io<br />
ho la convinzione irremovibile che la macchina sarà il principale modellatore delle future coscienze,<br />
124 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 125 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Antonio Sant’Elia, Studio per la<br />
Città Nuova, 1914.
Luigi Russolo, Dinamismo di<br />
un’automobile, 1912-13,<br />
Parigi, Musèe National d’Art<br />
Moderne.<br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
il più profondo ed efficace educatore della società umana, che essa sarà l’emblema, il perno della<br />
forma di civiltà che si sostituirà alla nostra».<br />
In uno scritto, raccolto <strong>nel</strong>l’opera appena ricordata, Gli eroi della macchina, celebra la fine gloriosa<br />
di un pilota, che, <strong>nel</strong> tentativo di battere un record di velocità, si schianta con la sua Mercedes,<br />
perdendo la vita. Nella misura in cui incarna il mito più alto della modernità, la macchina<br />
rappresenta l’eroismo dell’età presente, che si contrappone alla vile e piatta mediocrità della società<br />
contemporanea. Alla glorificazione della vittima che è andata incontro alla morte senza battere<br />
ciglio, si accompagna la dura requisitoria contro il sentimentalismo e l’umanitarismo della mentalità<br />
borghese, contraria alla pratica di sport pericolosi e nemica di ogni forma di audacia.<br />
Attraverso un processo di sublimazione l’eroe dei tempi nuovi viene paragonato alle figure mitiche<br />
e divine di un passato arcaico e superumano, come risulta dalle seguenti similitudini: «come quel<br />
re che sorpreso da subitanea paura della battaglia gittò via l’elmo e spronò a sangue il cavallo<br />
portandosi primo all’assalto»; «un impeto che al pari di quello mitico di Prometeo e di Icaro si<br />
scagliava alla conquista di una facoltà non ancora posseduta dall’uomo»; «l’uomo, l’uomo, l’uomo<br />
impavido e calmo come un semidio, signore delle tempeste».<br />
I Futuristi identificano <strong>nel</strong>la macchina il mezzo e il fine della creatività artistica e della sensibilità<br />
estetica, inneggiano alla tecnologia che risveglia l’energia della natura, non la percezione estetica,<br />
ormai morta.<br />
Un punto di contatto con Morasso, <strong>nel</strong>l’esaltazione del nuovo eroismo della macchina, è evidente<br />
ne La nuova religione-morale della velocità (manifesto futurista pubblicato <strong>nel</strong> primo numero del<br />
giornale “L’Italia Futurista”- 11 Maggio 1916) di Marinetti:<br />
«L’Ebbrezza delle grandi velocità in automobile non è che la gioia di sentirsi fusi con l’unica divinità. Gli<br />
sportsmen sono i primi catecumeni di questa religione. Prossima distruzione delle case e delle città, per<br />
formare dei grandi ritrovi di automobili e di aeroplani» .<br />
Nella nuova mitologia offerta dal progresso è la religione della velocità la nuova morale : essa offre<br />
una nuova possibilità di incontro con il divino all’uomo. L’Ebbrezza della velocità fa sentire fusi con<br />
il divino: è una nuova percezione dell’io e della sua vita interiore. La morale futurista difende l’uomo<br />
dalla decomposizione, di cui parlava Baudelaire, determinata dal riposo, dall’inerzia, dall’analisi. La<br />
vita interiore si è svuotata:<br />
«Nel mio primo manifesto (20 febbraio 1909) io dichiarai: la magnificenza del mondo s’è arricchita di una<br />
bellezza nuova, la bellezza della velocità. Dopo l’arte dinamica la nuova religione-morale della velocità<br />
nasce in quest’anno futurista della nostra grande guerra liberatrice. La morale cristiana servì a sviluppare<br />
la vita interna dell’uomo. Non ha più ragione d’essere oggi, poiché s’è vuotata di tutto il Divino.<br />
La morale cristiana difese la struttura fisiologica dell’uomo dagli eccessi della sensualità. Moderò i suoi<br />
istinti e li equilibrò. La morale futurista difenderà l’uomo dalla decomposizione determinata dalla lentezza,<br />
dal ricordo, dall’analisi, dal riposo e dall’abitudine. L’energia umana centuplicata dalla velocità dominerà il<br />
Tempo e lo Spazio».<br />
L’estetica della velocità si oppone dunque alla tradizionale morale cristiana considerata riflessiva,<br />
raziocinante, inibitoria, timida, difensiva; quella<br />
futurista, al contrario, è audace, virile, aggressiva,<br />
moltiplicatrice delle forze umane, fino al dominio<br />
assoluto dello spazio e del tempo. Solo l’estrema<br />
velocità consente una vera e sintetizzante<br />
simultaneità.<br />
Ecco allora che la locomotiva cessa di essere<br />
il mostro di carducciana memoria e addirittura<br />
diviene il luogo sacro, deputato al culto della<br />
velocità da parte dell’uomo macchina:<br />
«Se pregare vuol dire comunicare con la divinità,<br />
correre a grande velocità è una preghiera.<br />
Santità della ruota e delle rotaie. Bisogna inginocchiarsi sulle rotaie per pregare la divina velocità.<br />
Bisogna inginocchiarsi davanti alla velocità rotante di una bussola giroscopica: 20.000 giri al minuto,<br />
massima velocità meccanica raggiunta dall’uomo. Bisogna rapire agli astri il segreto della loro velocità<br />
stupefacente, incomprensibile. Partecipiamo dunque alle grandi battaglie celesti; affrontiamo gli astripalle<br />
lanciati da cannoni invisibili; gareggiamo con la stella 1830 Groombridge, che vola a 241 km. al<br />
secondo, con Arturo che vola a 413 km. al secondo. Invisibili artiglieri matematici. Guerre in cui gli astri,<br />
essendo ad un tempo proiettili e artiglieri, lottano di velocità per sfuggire a un astro piú grosso o colpirne<br />
uno piú piccolo. Nostri santi sono gli innumerevoli corpuscoli che penetrano <strong>nel</strong>la nostra atmosfera a<br />
una velocità media di 42.000 metri al secondo. Nostre sante sono la luce e le onde elettromagnetiche<br />
3×10¹º metri al secondo».<br />
«Luoghi abitati dal divino - I treni; i vagoni-ristoranti (mangiare in velocità). Le stazioni ferroviarie;<br />
specialmente quelle dell’Ovest America, dove i treni lanciati a 140 km all’ora passano bevendo (senza<br />
fermarsi) l’acqua necessaria e i sacchi della posta. I ponti e i tun<strong>nel</strong>s. La piazza dell’Opéra di Parigi. Lo<br />
Strand di Londra. I circuiti d’automobili. Le films cinematografiche. Le stazioni radiotelegrafiche. I grandi<br />
tubi che precipitano delle colonne d’acqua alpestri per strappare all’atmosfera l’elettricità motrice ».<br />
L’intento è quello di adattare la letteratura<br />
al mondo tecnologico, all’attivismo e alla<br />
dinamicità della modernità: l’universo futurista<br />
è un’interminabile corsa, un movimento<br />
perenne, una gara senza fine. La luce è<br />
energia. Occorre staccare il pensiero dalla<br />
sfera mentale per passare attraverso la<br />
materia:<br />
«La nostra vita deve sempre essere una<br />
velocità portante: velocità pensiero + velocità<br />
del corpo + velocità dell’impiantito che porta<br />
il corpo + velocità dell’elemento (acqua o<br />
aria) che porta l’impiantito (bastimento o<br />
aeroplano). Staccare il pensiero dalla strada<br />
mentale per posarlo su quella materiale. Come<br />
una matita, lasciare sulla carta della strada<br />
odori (sparpagliamento corporale), pensieri<br />
(sparpagliamento spirituale) = accrescimento di velocità. La velocità distrugge la legge di gravità, rende<br />
soggettivi, e perciò schiavi, i valori di tempo e di spazio. I chilometri e le ore non sono eguali, ma variano,<br />
per l’uomo veloce, di lunghezza e di durata».<br />
In Fondazione e manifesto del <strong>Futurismo</strong> (1909) Marinetti aveva esaltato l’idea della macchina che<br />
permette all’uomo un possibile risveglio, con l’esplorazione di una trascendenza nuova, identificata<br />
con la materia, il movimento e l’energia. Questa nuova percezione dell’io che si perde e scorre<br />
attraverso l’universo trova la sua espressione <strong>nel</strong>la figura del Centauro, ossia dell’uomo potenziato<br />
<strong>nel</strong>la razionalità attraverso la macchina e dotato anche dell’istinto animale.<br />
Infatti <strong>nel</strong>la prima parte il Manifesto racconta un rito d’iniziazione di un gruppo di poeti durante una<br />
veglia notturna: il culmine viene raggiunto quando si lanciano in automobile per le vie della città di<br />
Milano:<br />
«Ma mentre ascoltavamo l’estenuato borbotto, di preghiere del vecchio canale e lo scricchiolar dell’ossa<br />
dei palazzi moribondi sulle loro barbe di umida verdura, noi udimmo subitamente ruggire sotto le finestre<br />
gli automobili famelici.<br />
“Andiamo,” diss’io, “andiamo, amici! Partiamo! Finalmente, la mitologia e l’ideale mistico sono superati.<br />
Noi stiamo per assistere alla nascita del Centauro e presto vedremo volare i primi Angeli!... Bisognerà<br />
scuotere le porte della vita per provarne i cardini e i chiavistelli!... Partiamo! Ecco, sulla terra, la<br />
primissima aurora! Non v’è cosa che agguagli lo splendore della rossa spada del sole che schermeggia<br />
per la prima volta <strong>nel</strong>le nostre tenebre millenarie!…”<br />
Ci avvicinammo alle tre belve sbuffanti, per palparne amorosamente i torridi petti. lo mi stesi sulla mia<br />
126 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 127 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Giacomo Balla, Velocità astratta<br />
(è passata l’automobile),<br />
1913, olio su tela.
Gerardo Dottori, Motociclista,<br />
1914, olio su tela 36 x 51 cm.<br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
macchina come un cadavere <strong>nel</strong>la bara, ma subito risuscitai sotto il volante, lama di ghigliottina che<br />
minacciava il mio stomaco».<br />
Poi un incidente automobilistico segna la rinascita del poeta, che lancia il suo appello a tutti gli<br />
uomini della terra. Nella seconda parte l’appello ha i toni profetici di un titanismo post-romantico e<br />
di un vitalismo per cui la lotta, la velocità, l’audacia governano lo slancio vitale dell’universo:<br />
«È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria,<br />
col quale fondiamo oggi il “<strong>Futurismo</strong>”, perchè vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena<br />
di professori, d’archeologhi, di ciceroni e d’antiquarii.<br />
Già per troppo tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli<br />
musei che la coprono tutta di cimiteri innumerevoli».<br />
Nasce così un nuovo Centauro, figura mitica, metà uomo e metà bestia, assunta qui come simbolo<br />
dell’unione dell’uomo con la macchina.<br />
L’io si perde: è metà uomo e metà macchina. <strong>Il</strong> Centauro è il contrapposto positivo di ciò che in<br />
negativo era l’androide del Leopardi: i sentimenti umani non sono più scimmiottati dall’automa, ma<br />
bensì sublimati e superati grazie alla componente meccanica.<br />
<strong>Il</strong> Centauro è l’uomo che si potenzia, attraverso la macchina, <strong>nel</strong>la razionalità, ma è anche l’animale<br />
che si libera dai sentimenti, felice <strong>nel</strong>l’abbandono all’istinto e alla violenza, chiamato ad un destino<br />
di superamento dei vincoli della carne e della natura : la nuova trascendenza dell’uomo-macchina,<br />
in una visione dell’universo concepito come l’avventura di una corsa sfrenata ed interminabile.<br />
Tale metamorfosi trova compimento <strong>nel</strong>le righe con cui Marinetti chiude il Manifesto tecnico della<br />
letteratura futurista (11 maggio 1912):<br />
«Dopo il regno animale, ecco iniziarsi il regno meccanico. Con la conoscenza e l’amicizia della materia,<br />
della quale gli scienziati non possono conoscere che le reazioni fisico-chimiche, noi prepariamo la<br />
creazione dell’uomo meccanico dalle parti cambiabili. Noi lo libereremo dall’idea della morte, e quindi<br />
dalla morte stessa, suprema definizione dell’intelligenza».<br />
Da qui scaturisce in linea retta la nuova antropologia futurista, proclamata <strong>nel</strong> manifesto L’uomo<br />
moltiplicato e il regno della macchina (1910). Essa giunge ad ipotizzare una identificazione<br />
dell’Uomo con il Motore ed un loro reciproco interscambio di intuizioni, ritmi ed istinti.<br />
Una trasformazione meccanica dell’individuo, destinato ad un’evoluzione non più umana, ma<br />
motoristica da cui sarebbe dovuto nascere l’uomo nuovo, dotato di determinazione inumana,<br />
crudele e fortissimo, il solo capace di dominare il mondo.<br />
Gabriele D’Annunzio, <strong>nel</strong> romanzo Forse che sì forse che no (1913), riprenderà il motivo della<br />
macchina rendendola l’espressione allegorica di una contraddizione psicologico-esistenziale: fra la<br />
macchina terrestre (l’automobile)che simboleggia le forze oscure e diaboliche, portatrici di morte, e<br />
la macchina celeste (l’aeroplano), come speranza di purezza e di liberazione.<br />
<strong>Il</strong> romanzo intreccia infatti il destino di un superuomo, Paolo Tarsis, con quelli degli Inghirami,<br />
Isabella, superdonna inquieta e possessiva, sua capricciosa amante, Vana, scontrosa e virginale,<br />
pure innamorata di Paolo, e Aldo, introverso e legato a Isabella da un torbido amore. Attraverso<br />
vicende alquanto labirintiche, forzate e macchinose, l’intreccio narrativo si scioglie tragicamente<br />
con il suicidio di Vana, la pazzia di Isabella e il riscatto «eroico» di Paolo, tornato libero, che sfida la<br />
morte, con un’ardita trasvolata.<br />
Nelle pagine iniziali dell’opera D’Annunzio descrive una corsa frenetica in automobile dei due<br />
amanti (Paolo e Isabella), avvinti e contrapposti da una passione incandescente; l’automezzo è in<br />
qualche modo l’elemento caratterizzante della loro azione, dei loro sentimenti, delle loro sensazioni<br />
e del loro stesso stile di vita:<br />
« – Mi amate? – Non so – Vi prendete gioco di me? – Tutto è gioco.<br />
<strong>Il</strong> furore gonfiò il petto dell’uomo chino sul volante della sua rossa macchina precipitosa, che correva<br />
l’antica strada romana con un rombo guerresco simile al rullo d’un vasto tamburo metallico.<br />
– Siete capace di metter la vita per ultima posta? – Capace di tutto.<br />
Parve guizzarle tra i denti e il bianco degli occhi l’acutezza del sorriso formidabile come il baleno di<br />
un’arme a doppio taglio. Con la destra il furibondo afferrò la leva, accelerò la corsa come <strong>nel</strong>l’ardore<br />
d’una gara mortale, sentì pulsare <strong>nel</strong> suo proprio cuore la violenza del congegno esatto. <strong>Il</strong> vento gli<br />
mozzava le parole su le labbra arsicce.<br />
– Ora ho la vostra vita <strong>nel</strong>le mie mani come questo cerchio. – Sì. – Posso distruggerla. – Sì.<br />
– Posso in un attimo scagliarla <strong>nel</strong>la polvere, schiacciarla contro le pietre, fare di voi e di me un solo<br />
mucchio sanguinoso».<br />
In Maia, <strong>nel</strong>la Preghiera a Erme, D’Annunzio esalta la macchina industriale come docile strumento<br />
dell’uomo, che riesce a moltiplicare facilmente, senza fatica, la sua forza creatrice.<br />
Riscontriamo un’immagine utopica, quasi idillica, di un mondo automatizzato meccanicamente,<br />
che libera l’uomo dal lavoro e gli assicura abbondanza inesauribile di beni. Alla macchina<br />
produttrice di beni si affianca però immediatamente il suo doppio, la nave da guerra, simbolo di<br />
potenza guerriera: l’esaltazione della potenza industriale sfocia inevitabilmente <strong>nel</strong>l’esaltazione<br />
dell’imperialismo aggressivo.<br />
Tuttavia, a differenza dei futuristi, la macchina resta pur sempre per D’annunzio una realtà<br />
128 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 129 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Vittoriale, Aereo del volo su<br />
<strong>Vie</strong>nna.
Umberto Boccioni, La strada<br />
entra <strong>nel</strong>la casa, 1911, olio su<br />
tela, 100 x 100 cm.<br />
Hannover, Sprengel Museum.<br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
inquietante, estranea, ostile. Per questo egli sente il bisogno di esorcizzarne la presenza.<br />
<strong>Il</strong> procedimento che adotta consiste <strong>nel</strong>l’assimilare l’estraneo al familiare: se la macchina è simbolo<br />
di un mondo diverso e minaccioso, il poeta sovrappone ad essa realtà note e rassicuranti. Ciò è<br />
ottenuto mediante due espedienti: l’antropomorfizzazione della macchina, cioè l’assimilazione del<br />
metallo inanimato all’organicità vivente del corpo umano, oppure la sovrapposizione della mitologia<br />
e della storia classica.<br />
Si veda la serie dei paragoni e delle metafore antropomorfizzanti: il motore è simile al «sano cuore<br />
<strong>nel</strong> petto dell’uomo», la sua potenza «pulsa in quelle ossature polite», «circola in ogni membro»;<br />
la materia prima è trasfigurata «come da industria sagace d’innumerevoli dita»; l’ordigno lavora il<br />
metallo come la «man puerile incide la tenera canna»; la nave ha «un cuore di fuoco».<br />
La stessa funzione possiedono le immagini che assimilano la realtà meccanica a realtà naturali: le<br />
cinghie di trasmissione sono «cuoi serpentini», i magli sono più vasti delle rupi dei Ciclopi, le eliche<br />
della nave sono «ali marine».<br />
Ancor più numerosi e insistenti sono i rimandi mitologici o classici : il mondo dei traffici, delle<br />
banche, della Borsa è assimilato all’antica agorà ateniese, i «mercatori» sono «duci di genti», le<br />
macchine sono fatte della sostanza dei «clipei», delle «aste», sono una moltitudine di «Giganti<br />
impigri», moltiplicano il gesto del «paziente ilota» e sono paragonate ai telai della «lidia Aracne»; il<br />
lavoro delle fucine ricorda l’opera di Efesto.<br />
Anche Pirandello si confronta con il tema della<br />
città industriale, delle macchine, del progresso.<br />
A differenza dei futuristi, egli rifiuta l’ideologia<br />
della macchina e della velocità e <strong>nel</strong>la frenesia<br />
della vita cittadina non vede una manifestazione<br />
di vitalità, ma piuttosto un motivo di stordimento<br />
della coscienza. Già <strong>nel</strong> Fu Mattia Pascal (prima<br />
edizione 1904), Milano appare ad Adriano Meis,<br />
che vi si aggira spaesato, come un immenso<br />
«frastuono di uomini e macchine»: il progresso,<br />
che si concretizza <strong>nel</strong>le forme del tram elettrico<br />
e dell’illuminazione artificiale, non esercita alcun<br />
fascino su Pirandello. La città offre un progresso<br />
tecnologico che può rendere più facile, ma<br />
meccanica la vita dell’uomo e soprattutto senza<br />
donargli la felicità. Una vita «senza costrutto e<br />
senza scopo» che si evidenzia <strong>nel</strong>la figura del pover’uomo che si diverte a spendere il suo magro<br />
stipendio girando sul tram. (Fu Mattia Pascal, cap.V).<br />
Questa visione critica del progresso è condotta alle estreme conseguenze in Quaderni di Serafino<br />
Gubbio operatore (prima edizione 1915), romanzo incentrato sul cinema e la tecnologia.<br />
Pirandello vi demistifica un altro mito fondamentale del moderno, quello della velocità. La corsa<br />
affannata e il «fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita», imposto dalle macchine, distrugge la<br />
memoria e la coscienza, avviando l’umanità ad uno stato di follia e subordinazione alla forma e alla<br />
maschera:<br />
«L’uomo che prima, poeta, deificava i suoi sentimenti e li adorava, buttati via i sentimenti, ingombro non<br />
solo inutile ma anche dannoso, e divenuto saggio e industre, s’è messo a fabbricar di ferro, d’acciajo le<br />
sue nuove divinità ed è diventato servo e schiavo di esse. Viva la Macchina che meccanizza la vita! Vi resta<br />
ancora, o signori, un po’ d’anima, un po’ di cuore e di mente? Date, date qua alle macchine voraci, che<br />
aspettano! […]<br />
E per forza il trionfo della stupidità, dopo tanto ingegno e tanto studio spesi per la creazione di questi<br />
mostri, che dovevano rimanere strumenti e sono divenuti invece, per forza, i nostri padroni. La macchina è<br />
fatta per agire, per muoversi, ha bisogno di ingojarsi la nostra anima, di divorar la nostra<br />
vita. E come volete che ce le ridiano, l’anima e la vita, in produzione centuplicata e continua, le macchine?<br />
Ecco qua: in pezzetti e bocconcini, tutti d’uno stampo, stupidi e precisi, da farne, a metterli su, uno su<br />
l’altro, una piramide che potrebbe arrivare alle stelle.»<br />
Infatti la vicenda di Serafino Gubbio si incentra sulla macchina da presa, che, trasformando<br />
il protagonista in una specie di essere meccanico, coglie un’oggettività delle cose che è solo<br />
superficiale e apparente, rilevando invece le finzioni e l’inautenticità delle convenzioni sociali, <strong>nel</strong><br />
continuo scambio fra illusione e realtà. La macchina, a questo punto, non può più offrire sicurezza e<br />
certezze conoscitive.<br />
La macchina da presa dissolve la vita, la riduce ad «ombra» e preclude la possibilità di conoscenza<br />
del reale : una sorta di animale mostruoso (torna il motivo della locomotiva di Carducci) che ingoia<br />
l’anima dell’uomo, ne sostituisce il pensiero e la parola fino ad annientare la stessa creatività artistica:<br />
«Che volete farci? Io sono qua. Servo la mia macchinetta, in quanto la giro perché possa mangiare. Ma<br />
l’anima, a me, non mi serve. Mi serve la mano; cioè serve alla macchina. L’anima in pasto, in pasto la vita,<br />
dovete dargliela voi signori, alla macchinetta ch’io giro. Mi divertirò a vedere, se permettete, il prodotto che<br />
ne verrà fuori. Un bel prodotto e un bel divertimento, ve lo dico io».<br />
L’utopia futurista del progresso si rovescia in una visione di «mostruosa gestazione meccanica»<br />
che conduce alla reificazione del protagonista del tutto omologato a un oggetto meccanico,<br />
caratterizzato dal «silenzio di cosa»: «una mano che gira una manovella».<br />
La nuova trascendenza del centauro, uomo-macchina è solo illusoria: culto della velocità conduce<br />
soltanto alla mistificata trasfigurazione del mondo. A questo punto l’unica alternativa alla follia che ne<br />
consegue è la prospettiva del finale di Uno, nessuno e centomila (1926): immergersi <strong>nel</strong> mito della<br />
vita allo stato puro.<br />
Una vita priva di qualsiasi senso immersa <strong>nel</strong>la natura, una condizione umana regredita <strong>nel</strong> perenne<br />
ed elementare flusso della vita cosmica.<br />
Non diverso da quello di Pirandello è l’atteggiamento di Italo Svevo nei confronti della<br />
meccanizzazione dell’uomo e del progresso tecnologico. Nell’episodio conclusivo de La coscienza<br />
di Zeno (1923) infatti l’autore critica palesemente la civiltà attuale, basata come mai in passato sul<br />
possesso degli «ordigni», cioè la civiltà dei capitali, delle borse, delle guerre totali: come in Serafino<br />
Gubbio l’uomo ha rinunciato all’autenticità della natura per scegliere la macchina e il caos alienante<br />
della civiltà moderna.<br />
«La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinata<br />
l’aria, ha impedito il libero spazio. Può avvenire di peggio. <strong>Il</strong> triste e attivo animale potrebbe scoprire e<br />
mettere al proprio servizio delle altre forze. V’è una minaccia di questo genere in aria. Ne seguirà una<br />
grande ricchezza... <strong>nel</strong> numero degli uomini. Ogni metro quadrato sarà occupato da un uomo. Chi ci<br />
guarirà dalla mancanza di aria e di spazio? Solamente al pensarci soffoco!»<br />
La natura ha dato agli animali la capacità di adattare il proprio organismo alle diverse situazioni, in<br />
modo da poter competere <strong>nel</strong>la lotta, secondo la legge del più forte:<br />
«Allorché la rondi<strong>nel</strong>la comprese che per essa non c’era altra possibile vita fuori dell’emigrazione, essa<br />
ingrossò il muscolo che muove le sue ali e che divenne la parte più considerevole del suo organismo. La<br />
talpa s’interrò e tutto il suo corpo si conformò al suo bisogno. <strong>Il</strong> cavallo s’ingrandì e trasformò il suo piede.»<br />
L’umanità si indebolisce invece a causa della rinuncia alla lotta darwiniana per la sopravvivenza,<br />
grazie alle comodità artificiali delle macchine che da «ordigni » utili ed efficaci sono passate ad<br />
essere superflue e prive di relazione con l’esigenza di sopravvivere.<br />
Ciò implica anche la rinuncia all’autenticità e all’integrità della natura, secondo la lezione di Rousseau.<br />
La società dell’«occhialuto» uomo insieme «furbo» e «debole» è fondata sulla menzogna: non a caso<br />
l’apparente guarigione e vittoria del protagonista del romanzo, realizzata attraverso la speculazione<br />
di Borsa e quella di guerra, è emblematica di una civiltà condannata alla disgregazione dalla perdita<br />
dell’autenticità.<br />
«Ma l’occhialuto uomo, invece, inventa gli ordigni fuori del suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi<br />
li inventò, quasi sempre manca in chi li usa. Gli ordigni si comperano, si vendono e si rubano e l’uomo<br />
130 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 131 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
Carlo Carrà, I Cavalieri<br />
dell’apocalisse, 1908,<br />
olio su tela, 36 x 94 cm.<br />
Chigago, Art Institute.<br />
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
diventa sempre più furbo e più debole. Anzi si capisce che la sua furbizia cresce in proporzione della sua<br />
debolezza. I primi suoi ordigni parevano prolungazioni del suo braccio e non potevano essere efficaci che<br />
per la forza dello stesso, ma, oramai, l’ordigno non ha più alcuna relazione con l’arto. Ed è l’ordigno che<br />
crea la malattia con l’abbandono della legge che fu su tutta la terra la creatrice. La legge del più forte sparì<br />
e perdemmo la selezione salutare. Altro che psico-analisi ci vorrebbe: sotto la legge del possessore del<br />
maggior numero di ordigni prospereranno malattie e ammalati».<br />
Tuttavia il destino dell’uomo non sembra avviato solo alla disgregazione, ma bensì alla catastrofe.<br />
Svevo, con impressionante preveggenza rispetto al secondo conflitto mondiale, <strong>nel</strong>la pagina finale<br />
del romanzo si immagina che per riportare la «salute» sulla terra sia necessaria l’opera di un terribile<br />
ordigno che ha come fine quello di distruggere l’umanità.<br />
Si introduce così una sorta di utopia alla rovescia, pessimistica e negativa, che rifiuta ogni possibilità<br />
di riscatto e ribalta la fiducia futurista <strong>nel</strong>la «guerra sola igiene del mondo»:<br />
«Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas<br />
velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, <strong>nel</strong> segreto di una stanza di questo mondo,<br />
inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno<br />
considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un<br />
po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo <strong>nel</strong> punto ove il<br />
suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata<br />
alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie».<br />
A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento con l’elettricità, il telefono, il telegrafo, l’automobile, ed<br />
infine, all’inizio del Novecento, l’aereo, la velocità diventa il fattore essenziale <strong>nel</strong>la vita quotidiana<br />
(non a caso in questo periodo si diffondono gli orologi da taschino e da polso).<br />
Cambia il senso della distanza: attraverso il telefono e il telegrafo si sperimenta la simultaneità.<br />
La realtà viene percepita come un continuo divenire grazie al treno, all’automobile o, semplicemente<br />
alla bicicletta, che permettono di cambiare continuamente la prospettiva del paesaggio. L’uomo<br />
potenzia e trasforma le proprie percezioni sensorie, mentre il reale perde consistenza oggettiva,<br />
durata, immobilità.<br />
<strong>Il</strong> rovescio della medaglia è però che l’intellettuale vive una profonda crisi d’identità: posto di fronte<br />
all’ascesa vertiginosa della borghesia capitalistica, che impone un modello di società tutto basato<br />
sulla logica del profitto, avverte chiaramente la fine di un’epoca e prende coscienza della perdita<br />
del suo tradizionale ruolo sociale che era quello del creatore di valori. Nasce da ciò una situazione di<br />
disagio, di noia esistenziale, di malcontento, di provocazione, conseguente alla perdita dell’aureola<br />
che già affliggeva il poeta in Baudelaire.<br />
Si spiega così perché la macchina, negli ultimi decenni dell’Ottocento, aveva sempre suscitato<br />
orrore e paura <strong>nel</strong>l’artista, poiché era l’antitesi esatta di quel mondo «umano», fatto di bellezza<br />
e armonia, a cui l’umanista era disperatamente attaccato; essa concentrava simbolicamente<br />
in sé l’essenza della nuova realtà, che minacciava di meccanizzare e disumanizzare il mondo,<br />
distruggendo la bellezza dell’arte, i sentimenti, la natura stessa.<br />
Per questo la macchina era sempre stata presentata poeticamente come un mostro (dall’automato<br />
di Leopardi all’«empio mostro» di Carducci) fino alla necessità di D’Annunzio di esorcizzare la<br />
macchina industriale assimilandola, da elemento estraneo e minaccioso, alla realtà familiare e<br />
rassicurante della mitologia e del mondo classico.<br />
Altri intellettuali, come i Futuristi tendono a risolvere la<br />
crisi storica e dell’intellettuale in uno sfrenato attivismo,<br />
in un’esaltazione incondizionata della civiltà industriale,<br />
in una celebrazione della religione della macchina e<br />
della velocità.<br />
Essi, quindi, come reazione alla profonda crisi<br />
esistenziale, sia morale che culturale, degli albori<br />
del Novecento, si propongono di liquidare un certo<br />
vecchiume culturale ed ad esaltare incondizionatamente<br />
la civiltà industriale, la macchina, la velocità e la guerra,<br />
sentita come azzeramento totale per una nuova<br />
ricostruzione, poiché dopo la necessaria distruzione<br />
si profetizzava un nuovo mondo guidato da una<br />
generazione giovane, forte, vigorosa.<br />
I Futuristi fanno della velocità il fondamento della loro estetica: un’estetica macchinolatra, aperta<br />
agli sviluppi del mondo moderno, che sovverte l’ideale classico di bellezza sostituendovi un più<br />
attuale principio estetico-utilitaristico, ovvero è bello tutto ciò che è energico ed aggressivo,<br />
dinamico e funzionale, produttivo ed efficiente (non a caso Marinetti afferma di preferire<br />
l’automobile alla Nike di Samotracia: la prima non solo è più bella, ma soprattutto più utile).<br />
Tuttavia la rottura e la rivolta dimostra il suo carattere velleitario (analogamente al superuomo<br />
dannunziano di cui rappresenta il versante tecnologico) e finisce per diventare il basamento<br />
ideologico della spregiudicata borghesia industriale a cui fornisce l’esaltazione della macchina,<br />
della guerra e la giustificazione del dominio sulle folle.<br />
D’Altra parte scrittori, come Pirandello e Svevo, si impegnano in una inquieta e tormentosa<br />
analisi della malattia dell’uomo moderno <strong>nel</strong>la civiltà industriale e borghese, che essi condannano<br />
in maniera corrosiva e impietosa. Nelle loro opere questi scrittori parlano di malattia, di eroe in<br />
tensione, di inettitudine; e ancora di uomo senza qualità, (Musil) di uomo spersonalizzato, di male<br />
di vivere. Escono dalle loro opere personaggi incapaci di agire, tesi a smontare la storia dei loro<br />
fallimenti e della loro coscienza frantumata. Tali personaggi lottano invano contro i pregiudizi e la<br />
morale borghese, contro il progresso che aliena l’uomo; essi individuano chiaramente i meccanismi<br />
ripetitivi dell’inferno tecnologico che riduce l’uomo a semplice manovella, rovesciando così i miti<br />
imperialistici della macchina in malattia industriale.<br />
La riflessione umoristica di Pirandello infatti smaschera la falsità del mito della macchina e della<br />
metropoli, in realtà luogo dell’isolamento e dell’alienazione.<br />
Gli eccessi della meccanizzazione ed automatizzazione, intese come sradicamento e sopraffazione<br />
della vita interiore dell’uomo, conducono fatalisticamente alla follia o, <strong>nel</strong> migliore dei casi, alla<br />
regressione ad una vita elementare ed istintiva sullo sfondo di una natura mitica e primordiale.<br />
Non si riesce a configurare pienamente una figura di uomo rinnovato con valori alternativi a quelli<br />
tradizionali: la protesta, anche in questo caso, tende a risolversi in se stessa, in una dolente e amara<br />
impotenza.<br />
Addirittura in Svevo l’esito della tecnologia e dell’affermazione della macchina corrisponde alla fine<br />
del mondo stesso grazie agli ordigni creati dall’uomo.<br />
La macchina si carica di un altro segno negativo: consegna al suo creatore un potere assoluto che<br />
non può che essere usato in maniera distruttiva.<br />
132 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 133 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Gerardo Dottori, Trittico della<br />
velocità: La corsa, 1925-1927<br />
olio su tela, 132 x 113 cm<br />
Raccolta Dottori, Palazzo della<br />
Penna, Comune di Perugina.
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
L’UOMO DEL NOVECENTO E L’ORIZZONTE TECNOLOGICO:<br />
IL DESTINO DELL’UOMO MACCHINA<br />
(Unità di apprendimento)<br />
PREMESSA<br />
L’Unità Didattica offre spunti <strong>didattici</strong> notevoli facendo leva<br />
sull’interesse che, <strong>nel</strong>la fase di accostamento ad un’opera, si<br />
indirizza sugli elementi del contenuto. Tale percorso evidenzia<br />
il signifi cato di un tema in testi di autori dello stesso periodo<br />
o di periodi diversi : il tema diventa quindi fi lo conduttore al<br />
fi ne di contribuire ad abituare gli studenti alla dimensione sia<br />
sincronica che diacronica.<br />
Inoltre il tema prescelto corrisponde ai seguenti criteri :<br />
1) importanza di un determinato fi lone tematico <strong>nel</strong>la letteratura<br />
italiana<br />
2) trattazione dello stesso in opere di generi diversi<br />
3) possibilità di effettuare collegamenti con problematiche del<br />
mondo contemporaneo<br />
4) persistenza di tale tema <strong>nel</strong> tempo<br />
5) rispondenza agli interessi degli studenti<br />
Obiettivi generali<br />
- sviluppare <strong>nel</strong>lo studente la capacità di riconoscere la<br />
continuità di un elemento tematico <strong>nel</strong> tempo<br />
- storicizzare tale elemento tematico con riferimento ai modelli<br />
culturali di un’epoca<br />
- comprensione delle analogie e differenze tra opere che<br />
trattano lo stesso tema<br />
- abituare ad un più immediato collegamento fra i vari testi, con<br />
la possibilità di operare riferimenti anche alla letteratura classica<br />
e straniera o ad altri ambiti disciplinari<br />
- sviluppare le capacità critiche, logiche ed intuitive <strong>nel</strong> processo<br />
di rielaborazione del testo, in modo da cogliere il simile e il<br />
diverso nei testi affrontati<br />
Pre-requisiti:<br />
L’argomento verrà trattato all’interno del programma curricolare<br />
di una classe quinta di Liceo (II Quadrimestre) e necessita dei<br />
seguenti pre-requisiti per l’accostamento al percorso:<br />
- capacità di decodifi care un testo narrativo<br />
- conoscenza delle coordinate storiche del periodo in cui i testi<br />
sono inseriti<br />
- conoscenza della biografi a e della poetica degli autori scelti<br />
OBIETTIVI DIDATTICI<br />
Conoscenze<br />
- sapere come muta la rappresentazione dell’io fra ‘800 e<br />
‘900 negli autori proposti in riferimento al destino dell’uomo<br />
macchina e alla nuova percezione della coscienza<br />
- conoscenza dei testi letti <strong>nel</strong>la loro struttura complessiva<br />
Competenze<br />
- saper cogliere la diversa posizione dei vari autori rispetto<br />
al tema trattato (destino dell’uomo macchina e alla nuova<br />
percezione della coscienza)<br />
- riconoscere continuità di elementi tematici attraverso il tempo<br />
- saper argomentare in modo corretto e comunicare le<br />
conoscenze acquisite con linguaggio specifi co<br />
Capacità<br />
- analizzare i temi proposti con individuazione dei concetti<br />
chiave<br />
- stabilire confronti<br />
- formulare ipotesi interpretativa anche con apporti personali.<br />
Contenuti<br />
<strong>Il</strong> percorso verterà su tre principali problemi:<br />
1) <strong>Il</strong> Destino Uomo-Macchina<br />
2) La Natura Come Inerte<br />
3) L’Esplorazione di Una Nuova Trascendenza<br />
Testi Proposti<br />
G. Leopardi, Proposta di premi fatta dall’Accademia dei Silografi<br />
(Operette Morali)<br />
G. Carducci, Inno a Satana<br />
G. Carducci, Alla stazione in una mattina d’autunno (Odi<br />
Barbare)<br />
C. Baudelaire, Sogno Parigino (Fiori del Male)<br />
F.T. Marinetti, La nuova religione morale della velocità<br />
F.T. Marinetti, Manifesto del <strong>Futurismo</strong><br />
G. D’Annunzio, Forse che sì, forse che no, Tutto è gioco (pagine<br />
iniziali)<br />
G. D’Annunzio, Preghiera a Erme, vv.127-210 (Maia)<br />
L. Pirandello, Quaderni di Serafi no Gubbio Operatore, quad.1<br />
cap.2<br />
I. Svevo, La Coscienza di Zeno, cap. VIII (L’esplosione fi nale)<br />
Brano per la verifi ca<br />
R. Musil, L’Uomo senza Qualità – cap.11<br />
Tempi 20 ore (più i tempi di lettura individuale da parte degli<br />
studenti)<br />
Strumenti libri di testo, fotocopie, mappe concettuali, saggi<br />
critici.<br />
Metodologia<br />
Nella metodologia di lavoro si porrà attenzione alla centralità del<br />
testo e alla relazione tra testi per stabilire analogie e differenze,<br />
alla ricostruzione del contesto a partire da elementi testuali, al<br />
confronto con l’attualità.<br />
La lezione frontale servirà a introdurre la lettura, guidare<br />
l’analisi, integrare le conoscenze, suggerire letture ulteriori, con<br />
spazio per eventuali discussioni o momenti di sintesi.<br />
Alcuni testi verranno letti in classe, altri affi dati alla lettura<br />
individuale dopo aver fornito agli studenti strumenti d’analisi<br />
(domande, griglie).<br />
Verifi ca<br />
- questionario riguardante un testo nuovo con quesiti su analisi,<br />
comprensione e approfondimenti al fi ne di verifi care le capacità<br />
di rielaborazione dei contenuti.<br />
La valutazione sommativa terrà conto del raggiungimento degli<br />
obiettivi già indicati attraverso i seguenti criteri:<br />
- conoscenza e comprensione dei contenuti<br />
- applicazione delle conoscenze<br />
- capacità di analisi e sintesi<br />
<strong>Il</strong> livello minimo per conseguire la suffi cienza sarà fi ssato<br />
<strong>nel</strong>la conoscenza globale, anche se non approfondita, <strong>nel</strong>la<br />
comprensione essenziale dei contenuti, <strong>nel</strong>l’espressione<br />
semplice, ma chiara; <strong>nel</strong>l’applicazione autonoma delle<br />
conoscenze minime, <strong>nel</strong>la capacità di analizzare correttamente<br />
le conoscenze e di operare sintesi con coerenza, pur senza<br />
approfondire.<br />
Per la verifi ca del percorso si utilizza il testo di Musil, attraverso<br />
i seguenti punti di analisi:<br />
R. Musil: L’uomo senza qualità (1930) - cap.11<br />
In questo testo torna il motivo del sogno (già visto in Baudelaire<br />
Sogno parigino), qui però visto come fuga da una realtà<br />
alienante.“ Noi abbiamo conquistato la realtà e perduto il<br />
sogno… la matematica è l’origine di un perfi do raziocinio che<br />
fa, sì, dell’uomo il padrone del mondo, ma anche lo schiavo<br />
della macchina.”<br />
Secondo Musil la desolata solitudine dell’uomo, la sua<br />
inquietudine, la malvagità, la freddezza e la sete di denaro che<br />
contraddistinguono il suo tempo sono effetto del danno che il<br />
ragionare logico arreca all’anima.<br />
Comprensione del testo<br />
- Quale immagine di modernità l’autore vuole veicolare<br />
attraverso questo brano?<br />
- Cogli spunti polemici? In particolare commenta l’affermazione<br />
“Noi abbiamo conquistato la realtà e perduto il sogno”.<br />
- L’autore dà una propria interpretazione sull’elemento che<br />
ha determinato uno stacco fra la nuova e la vecchia umanità<br />
<strong>nel</strong>lo sviluppo del raziocinio e delle scienze ad esso connesse.<br />
Individua <strong>nel</strong> testo le affermazioni più signifi cative al riguardo.<br />
Analisi testuale<br />
- Individua le espressioni che si riferiscono alla sfera<br />
animalesca, all’irrompere della macchina <strong>nel</strong>la vita quotidiana e<br />
alla sfera trascendente<br />
- Qual è il tono dominante del brano?<br />
Approfondimento<br />
- Cogli <strong>nel</strong> brano il riferimento al contesto storico in cui visse<br />
Musil, evidenziando l’ambito specifi co della Rivoluzione<br />
industriale<br />
- In altri autori coevi hai individuato analoghe tematiche?<br />
134 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 135 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
- Nella società contemporanea questo testo è ancora attuale?<br />
Come si è evoluto e come giudichi il rapporto uomo-macchina?<br />
APPENDICE<br />
La nuova religione-morale della velocità<br />
Manifesto futurista pubblicato <strong>nel</strong> primo numero del giornale<br />
“L’Italia Futurista” 11 Maggio 1916<br />
Nel mio primo manifesto (20 febbraio 1909) io dichiarai: la<br />
magnifi cenza del mondo s’è arricchita di una bellezza nuova, la<br />
bellezza della velocità. Dopo l’arte dinamica la nuova religionemorale<br />
della velocità nasce in quest’anno futurista della nostra<br />
grande guerra liberatrice. La morale cristiana servì a sviluppare<br />
la vita interna dell’uomo. Non ha più ragione d’essere oggi,<br />
poiché s’è vuotata di tutto il Divino.<br />
La morale cristiana difese la struttura fi siologica dell’uomo<br />
dagli eccessi della sensualità. Moderò i suoi istinti e li equilibrò.<br />
La morale futurista difenderà l’uomo dalla decomposizione<br />
determinata dalla lentezza, dal ricordo, dall’analisi, dal riposo<br />
e dall’abitudine. L’energia umana centuplicata dalla velocità<br />
dominerà il Tempo e lo Spazio.<br />
L’uomo cominciò col disprezzare il ritmo isocrono e cadenzato<br />
dei grandi fi umi identico al ritmo del proprio passo. L’uomo<br />
invidiò il ritmo dei torrenti simile a quello del galoppo d’un<br />
cavallo. L’uomo domò i cavalli, gli elefanti e i cammelli per<br />
manifestare la sua autorità divina mediante un aumento della<br />
velocità. Strinse alleanza cogli animali più docili, catturò gli<br />
animali ribelli e si cibò degli animali commestibili. L’uomo<br />
rubò l’elettricità dello spazio e i carburanti, per crearsi dei<br />
nuovi alleati nei motori. L’uomo costrinse i metalli vinti e<br />
resi fl essibili mediante il fuoco, ad allearsi coi carburanti e<br />
l’elettricità. Formò così un esercito di schiavi, ostili e pericolosi<br />
ma suffi cientemente addomesticati, che lo trasportano<br />
velocemente sulle curve della terra.<br />
Sentieri tortuosi, strade che seguono l’indolenza dei fi umi e<br />
girano lungo le schiene e i ventri disuguali delle montagne, ecco<br />
le leggi della terra. Mai linea retta; sempre arabeschi e zigzag.<br />
La velocità dà fi nalmente alla vita umana uno dei caratteri della<br />
divinità: la linea retta.<br />
<strong>Il</strong> Danubio opaco, sotto la sua tonaca di fango, chino il volto<br />
sulla sua vita interna piena di grassi pesci libidinosi e fecondi,<br />
passa borbottando fra le alte ripe implacabili delle sue<br />
montagne, come <strong>nel</strong>l’immenso corridoio centrale della terra,<br />
convento scoperchiato dalle ruote veloci delle costellazioni. Fino<br />
a quando questo fi ume pedante permetterà che un’automobile<br />
lo superi a tutta velocità, col suo abbaiare di fox-terrier folle? Io<br />
spero di vedere presto il Danubio correre in linea retta a 300<br />
km. all’ora.<br />
Bisogna perseguitare, frustare, torturare tutti coloro che<br />
peccano contro la velocità.<br />
Grave colpevolezza delle città passatiste dove il sole si<br />
stabilisce, si adagia e non si muove più. Chi può credere che il<br />
sole si ritirerà questa sera? Eh via! Impossibile! Si è domiciliato<br />
qui. Piazze, laghi di fuoco stagnante. Strade, fi umi di fuoco
progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico progetto 5 L’uomo del Novecento e l’orizzonte tecnologico<br />
pigro. Non si passa, per ora. Non si esce! Inondazione di sole. Ci<br />
vorrebbe una barca frigorifera o uno scafandro di ghiaccio per<br />
attraversare quel fuoco. Rintanarsi. Despotismo, repressione<br />
poliziesca della luce, che incarcera i rivoltosi color di fresco e<br />
di velocità. Stato d’assedio solare. Guai al corpo che esce di<br />
casa. Una mazzata sulla testa. Morto. Ghigliottine solari su tutte<br />
le porte. Guai al pensiero che esce dal cranio. 2, 3, 4 note di<br />
piombo gli cadono addosso dal campanile-rudero. In casa,<br />
<strong>nel</strong>l’afa, rabbia di mosche nostalgiche. Stiramenti di cosce e di<br />
ricordi sudati.<br />
Lentezza peccaminosa delle folle domenicali e delle lagune<br />
veneziane.<br />
La velocità, avendo per essenza la sintesi intuitiva di tutte le<br />
forze in movimento, è naturalmente pura. La lentezza, avendo<br />
per essenza l’analisi razionale di tutte le stanchezze in riposo,<br />
è naturalmente immonda. Dopo la distruzione dell’antico bene<br />
e dell’antico male, noi creiamo un nuovo bene: la velocità, e un<br />
nuovo male: la lentezza.<br />
• Velocità=sintesi di tutti i coraggi in azione. Aggressiva e<br />
guerresca<br />
• Lentezza=analisi di tutte le prudenze stagnanti. Passiva e<br />
pacifi sta<br />
• Velocità=disprezzo degli ostacoli, desiderio di nuovo e<br />
d’inesplorato. Modernità, igiene<br />
• Lentezza=arresto, estasi, adorazione immobile degli<br />
ostacoli, nostalgia del già visto, idealizzazione della stanchezza<br />
e del riposo, pessimismo circa l’inesplorato. Romanticismo<br />
rancido del poeta viandante e selvaggio e del fi losofo zazzeruto<br />
occhialuto e sporco<br />
Se pregare vuol dire comunicare con la divinità, correre a<br />
grande velocità è una preghiera. Santità della ruota e delle<br />
rotaie. Bisogna inginocchiarsi sulle rotaie per pregare la divina<br />
velocità. Bisogna inginocchiarsi davanti alla velocità rotante<br />
di una bussola giroscopica: 20.000 giri al minuto, massima<br />
velocità meccanica raggiunta dall’uomo. Bisogna rapire agli<br />
astri il segreto della loro velocità stupefacente, incomprensibile.<br />
Partecipiamo dunque alle grandi battaglie celesti; affrontiamo<br />
gli astri-palle lanciati da cannoni invisibili; gareggiamo con<br />
la stella 1830 Groombridge, che vola a 241 km. al secondo,<br />
con Arturo che vola a 413 km. al secondo. Invisibili artiglieri<br />
matematici.<br />
Guerre in cui gli astri, essendo ad un tempo proiettili e artiglieri,<br />
lottano di velocità per sfuggire a un astro più grosso o colpirne<br />
uno più piccolo. Nostri santi sono gli innumerevoli corpuscoli<br />
che penetrano <strong>nel</strong>la nostra atmosfera a una velocità media di<br />
42.000 metri al secondo. Nostre sante sono la luce e le onde<br />
elettromagnetiche 3×10¹º metri al secondo.<br />
L’Ebbrezza delle grandi velocità in automobile non è che la gioia<br />
di sentirsi fusi con l’unica divinità. Gli sportsmen sono i primi<br />
catecumeni di questa religione. Prossima distruzione delle case<br />
e delle città, per formare dei grandi ritrovi di automobili e di<br />
aeroplani.<br />
Luoghi abitati dal divino - I treni; i vagoni-ristoranti (mangiare in<br />
velocità). Le stazioni ferroviarie; specialmente quelle dell’Ovest<br />
America, dove i treni lanciati a 140 km all’ora passano bevendo<br />
(senza fermarsi) l’acqua necessaria e i sacchi della posta. I ponti<br />
e i tun<strong>nel</strong>s. La piazza dell’Opéra di Parigi. Lo Strand di Londra.<br />
I circuiti d’automobili. Le fi lms cinematografi che. Le stazioni<br />
radiotelegrafi che. I grandi tubi che precipitano delle colonne<br />
d’acqua alpestri per strappare all’atmosfera l’elettricità motrice.<br />
I grandi sarti parigini che mediante l’invenzione veloce delle<br />
mode, creano la passione del nuovo e l’odio per il già visto.<br />
Le città modernissime e attive come Milano, che secondo gli<br />
americani ha il punch (colpo netto e preciso, col quale il boxeur<br />
mette il suo avversario knock-out). I campi di battaglia. Le<br />
mitragliatrici, i fucili, i cannoni, i proiettili sono divini. Le mine e le<br />
contromine veloci: far saltare il nemico PRIMA che il nemico ci<br />
faccia saltare. I motori a scoppio e i pneumatici d’un’automobile<br />
sono divini. La benzina è divina. Estasi religiosa che ispirano<br />
le centocavalli. Gioia di passare dalla 3ª alla 4ª velocità. Gioia<br />
di premere l’acceleratore, pedale russante della musicale<br />
velocità. Schifo che ispirano le persone invischiate <strong>nel</strong> sonno.<br />
Ripugnanza che io provo a coricarmi la sera. Io prego ogni<br />
sera, la mia lampadina elettrica; poiché una velocità vi si agita<br />
furiosamente.<br />
L’eroismo è una velocità che ha raggiunto sé stessa,<br />
percorrendo il più vasto dei circuiti.<br />
<strong>Il</strong> patriottismo è la velocità diretta d’una nazione; la guerra è<br />
il collaudo necessario di un esercito, motore centrale di una<br />
nazione.<br />
Una grande velocità d’automobile o d’aeroplano consente di<br />
abbracciare e di confrontare rapidamente diversi punti lontani<br />
della terra, cioè di fare meccanicamente il lavoro dell’analogia.<br />
Chi viaggia molto acquista meccanicamente dell’ingegno,<br />
avvicina le cose distanti guardandole sistematicamente e<br />
paragonandole l’una all’altra e ne scopre le simpatie profonde.<br />
Una grande velocità è una riproduzione artifi ciale dell’intuizione<br />
analogica dell’artista. Onnipresenza dell’immaginazione senza<br />
fi li = velocità. Genio creatore = velocità.<br />
• Velocità attiva e velocità passiva.<br />
• Velocità maneggiante (chauffeur) e velocità maneggiata<br />
(automobile).<br />
• Velocità modellante (scrivere, scolpente) e velocità<br />
modellata (scritta, scolpita).<br />
• Velocità portata da diverse velocità (treno spinto e tratto<br />
da 2 locomotive in testa e in coda) e velocità portante diverse<br />
velocità (transatlantico che porta parecchi motori di velocità<br />
diverse + diversi uomini in moto: marinai, macchinisti,<br />
passeggeri, camerieri, cuochi, nuotatori <strong>nel</strong>l’acqua agitata delle<br />
vasche + l’acqua agitata dai nuotatori + molti cani correnti o<br />
abbaianti + molte pulci balzanti [4] + le velocità potenziali di<br />
molti cavalli da corsa).<br />
Altro esempio di velocità portante diverse velocità: l’automobile<br />
portante lo chauffeur + velocità del suo pensiero che fa<br />
la seconda tappa o tutto ciò che rimane da fare, mentre<br />
l’automobile fa materialmente la prima tappa. Lo chauffeur<br />
prova infatti all’arrivo la noia del già visto.<br />
La nostra vita deve sempre essere una velocità portante:<br />
velocità pensiero + velocità del corpo + velocità dell’impiantito<br />
che porta il corpo + velocità dell’elemento (acqua o aria) che<br />
porta l’impiantito (bastimento o aeroplano). Staccare il pensiero<br />
dalla strada mentale per posarlo su quella materiale. Come una<br />
matita, lasciare sulla carta della strada odori (sparpagliamento<br />
corporale), pensieri (sparpagliamento spirituale) =<br />
accrescimento di velocità. La velocità distrugge la legge di<br />
gravità, rende soggettivi, e perciò schiavi, i valori di tempo e di<br />
spazio. I chilometri e le ore non sono eguali, ma variano, per<br />
l’uomo veloce, di lunghezza e di durata.<br />
Imitiamo il treno e l’automobile che impongono a tutto ciò<br />
che esiste lungo la strada di correre con velocità identica in<br />
senso inverso, e destano in tutto ciò che esiste lungo la strada<br />
lo spirito di contraddizione, cioè la vita. La velocità del treno<br />
costringe il paesaggio attraversato a dividersi in due paesaggi<br />
giranti in senso inverso alla sua direzione. Ogni treno porta via<br />
con sé la parte nostalgica dell’anima di chi lo vede passare.<br />
Le cose un po’ lontane, alberi, boschi, colline, montagne<br />
guardano con spavento questo avventarsi delle cose lanciate in<br />
senso inverso del treno, poi si decidono a seguirle, ma come a<br />
malincuore e più lentamente. Ogni corpo in velocità dondola da<br />
destra a sinistra e tende a divenire un pendolo.<br />
Correre correre correre volare volare. Pericolo pericolo pericolo<br />
pericolo a destra a sinistra sotto sopra dentro fuori fi utare<br />
respirare bere la morte. Rivoluzione militarizzata d’ingranaggi.<br />
Lirismo preciso conciso. Splendore geometrico. Per godere<br />
più fresco e più vita che nei fi umi e <strong>nel</strong> mare dovete volare<br />
<strong>nel</strong>la contro-corrente freschissima del vento a tutta velocità.<br />
Quando volai per la prima volta coll’aviatore Bielovucic, io<br />
sentii il petto aprirsi come un gran buco ove tutto l’orizzonte<br />
del cielo deliziosamente s’ingolfava liscio fresco e torrenziale.<br />
Alla sensualità lenta stemperata, delle passeggiate <strong>nel</strong> sole e<br />
nei fi ori, dovete preferire il massaggio feroce e colorante del<br />
vento impazzito. Leggerezza crescente. Infi nito senso di voluttà.<br />
Scendete dalla macchina con uno scatto leggerissimo ed<br />
elastico. Vi siete levato un peso di dosso. Avete vinto il vischio<br />
della strada. Avete vinto la legge che impone all’uomo di<br />
strisciare.<br />
Bisogna continuamente variare la velocità perché la nostra<br />
coscienza vi partecipi. La velocità ha <strong>nel</strong> doppio svolto la sua<br />
bellezza assoluta, poiché lotta:<br />
• contro la resistenza del suolo;<br />
• contro le pressioni varie dell’atmosfera;<br />
• contro l’attrazione del vuoto formato dallo svolto. La velocità<br />
in linea retta è massiccia, grossolana, incosciente. La velocità<br />
<strong>nel</strong>lo svolto e dopo lo svolto è la velocità agilizzata, cosciente.<br />
Meraviglioso dramma dello slittamento nei circuiti d’automobili.<br />
L’automobile tende a tagliarsi in due. Appesantimento della<br />
parte posteriore che diventa palla di cannone e cerca i declivi,<br />
i fossi, il centro della terra, per paura di nuovi pericoli. Piuttosto<br />
perire subito che continuare a rischiare.<br />
136 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 137 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
No! No! No! Gloria all’avantreno futurista che con una spallata<br />
o colpo di volante trae fuori dal fosso la parte posteriore del<br />
veicolo e la rimette in linea retta. Vicino a noi, fra noi senza<br />
binarî, delle automobili si slanciano, girano su sé stesse,<br />
balzano di qui alla curva dell’orizzonte, fragili, minacciate da tutti<br />
gli ostacoli preparati loro dagli svolti. <strong>Il</strong> doppio svolto superato in<br />
velocità è la più alta manifestazione della vita. Vittoria del nostro<br />
Io sui perfi di complotti del nostro Peso, che vuole assassinare<br />
a tradimento la nostra velocità trascinandola in un buco<br />
d’immobilità. Velocità = sparpagliamento + condensazione<br />
dell’Io. Tutto lo spazio percorso da un corpo si condensa in<br />
questo stesso corpo.<br />
• Velocità terrestre<br />
amore della terra-donna sparpagliamento sul mondo (lussuria<br />
orizzontale)= automobilismo accarezzante amorosamente le<br />
strade curve bianche e femminee<br />
• Velocità aerea<br />
odio della terra (misticismo perpendicolare) ascensione spiralica<br />
dell’Io verso il Nulla-Dio = Aviazione, agilità purgativa dell’olio di<br />
ricino.<br />
Ingranaggio veloce delle ruote del treno coi denti sorgenti dei<br />
rumori. Le ruote estraggono dalla terra tutti i rumori dormenti<br />
<strong>nel</strong>la materia. Sotto la pressione del treno, le rotaie balzano,<br />
guizzano <strong>nel</strong>la rete vibrante, elastica dell’istante commosso. Le<br />
strade percorse dagli automobili sono scíe di rumori globulari e<br />
di odori spiralici. Questa 100 HP continua le caverne dell’Etna.<br />
Le strade percorse dagli automobili e i binari hanno uno slancio<br />
ondulatorio, elastico, per avvolgersi velocemente intorno al palo<br />
ideale che sorge su un punto dell’orizzonte.<br />
Voluttà di sentirsi solo <strong>nel</strong> fondo buio di una limousine che<br />
corra tra i luminosi ghiacci balzanti di una capitale notturna:<br />
voluttà specialissima di sentirsi un corpo veloce. Io sono un<br />
uomo che spesso mangia alla stazione tra due treni diretti; il<br />
mio sguardo a spola va dall’orologio murale al piatto fumante;<br />
la vite-angoscia-ricordo penetra girando <strong>nel</strong> cuore. Bisogna<br />
subito nutrirlo di velocità. Bisogna credere soltanto <strong>nel</strong>la soliditàresistenza<br />
creata dalla velocità. La forza e la complicazione<br />
del pensiero, la raffi natezza dei desiderî e degli appetiti,<br />
l’insuffi cienza del suolo, la fame di miele, di spezie, di carni e<br />
di frutti lontani, tutto impone la morale-religione futurista della<br />
Velocità.<br />
La Velocità distacca il globulo-uomo dal globulo-donna. La<br />
Velocità distrugge l’amore, vizio del cuore sedentario, triste<br />
coagulamento, arterio-sclerosi dell’umanità-sangue. La<br />
velocità agilizza, precipita la circolazione sanguigna ferroviaria<br />
automobilistica aeroplanica del mondo.<br />
Soltanto la velocità potrà uccidere il velenoso Chiaro-di-luna,<br />
nostalgico, sentimentale, pacifi sta e neutrale. Italiani, siate veloci<br />
e sarete forti, ottimisti, invincibili, immortali!
138 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 139 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Santa Giulia Museo della città<br />
progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica:<br />
un approccio storico e artistico
Chi e dove Scuola Primaria Mameli – XVI Circolo di Brescia<br />
Classi coinvolte Seconda A<br />
Docenti referenti Laffranchi Giancarla<br />
progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
Per i bambini della scuola Mameli il<br />
viaggio <strong>nel</strong> futuro, anzi, <strong>nel</strong> “futurismo”<br />
è partito da un’esperienza concreta<br />
legata all’uso del colore. All’inizio<br />
dell’anno scolastico si era parlato di<br />
vacanze e approfondito l’ambiente<br />
del mare sotto l’aspetto geografico.<br />
Poesie, leggende, immagini,<br />
avevano accompagnato il percorso<br />
e l’attenzione dei bambini si era<br />
soffermata sul movimento continuo<br />
delle onde.<br />
Come rendere quell’incessante<br />
movimento con il colore? In classe<br />
sono state fatte diverse esperienze, dal<br />
colore a matita, sfumato o intrecciato,<br />
al collage, alle tempere con variazioni di toni e contrasti, sino all’uso della tecnica del<br />
divisionismo, che ha soddisfatto maggiormente il bisogno che ormai avevamo di rendere<br />
l’idea dinamica che avevamo del mare.<br />
L’esperienza dei Futuristi è stata presentata dall’insegnante di arte come la ricerca di alcuni<br />
artisti, vissuti circa cento anni fa, di raffigurare proprio il movimento, in relazione alla società<br />
che in quei tempi era in continua trasformazione e dove l’immobilismo era visto come<br />
vecchiume da superare.<br />
I bambini, che frequentano la seconda classe della scuola primaria, non avevano basi<br />
storiche tali da collocare esattamente quel periodo, ma potevano capire che i futuristi<br />
avevano avuto le stesse nostre esigenze concrete, anche se con scopi diversi. Gli scopi<br />
futuristi erano assai stravaganti e riuscivano a destare la curiosità dei bambini.<br />
Così il viaggio ha entusiasmato tutti, anche perché, man mano che si approfondiva la<br />
conoscenza del Movimento, sentivamo sempre più che esso era animato dal forte bisogno si<br />
esprimersi divertendosi, proprio come amano fare i bambini!<br />
Poiché tutto il lavoro è stato poi riordinato e riscritto per realizzare un documentario da<br />
presentare alle famiglie, ne riportiamo la sceneggiatura che presenta un <strong>Futurismo</strong> che<br />
i bambini hanno saputo davvero apprezzare e con il quale si sono divertiti a “giocare”<br />
attraverso tutti i linguaggi espressivi.<br />
progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
140 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 141 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
E LASCIATECI DIVERTIRE!<br />
(Canto “Passa il tempo”)<br />
Già, il tempo passa e cambia tante cose…<br />
Ma 100 anni fa qualcuno pensò che non fossero cambiate abbastanza.<br />
C’era una volta… IL FUTURO!<br />
Marinetti and company<br />
(Sottofondo musicale “Eravamo 4 amici al bar”)<br />
Vi spieghiamo meglio: a pensare che le cose non fossero cambiate<br />
abbastanza erano alcuni amici scrittori, artisti, musicisti con a capo<br />
Marinetti. Erano giovani e creativi e volevano cambiare il mondo!<br />
Vedevano che la scienza aveva fatto grandi progressi, che ingegneri<br />
e costruttori avevano fatto invenzioni straordinarie, avevano<br />
permesso di viaggiare in moto e in automobile e perfino di volare,<br />
aprendo nuove e straordinarie prospettive.<br />
Ma l’arte? Che cosa c’era di nuovo <strong>nel</strong>l’arte?<br />
Davvero troppo poco!<br />
(Canto con danza “Movimento lento”)<br />
Già, l’arte era<br />
mummificata da tempo,<br />
dal Risorgimento non<br />
c’erano state grandi<br />
novità: i soliti ritratti, il<br />
solito lusso, poi i soliti<br />
paesaggi e addirittura<br />
la natura Morta! Ferma,<br />
immobile…Morta!
progetto 6 E lasciateci divertire! progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
“…palpita, scalpita …”<br />
(lavoro di gruppo della classe)<br />
Ma come rendere invece l’idea del movimento<br />
di un onda?<br />
Essa non è mai ferma…<br />
Solo qualche anno prima qualcuno aveva tentato di rappresentare la natura in attimi<br />
sfuggenti, ma non era stato apprezzato abbastanza. Erano gli Impressionisti.<br />
Ma contemporaneamente era stata inventata anche<br />
la fotografia, a cosa serviva ormai cogliere l’attimo<br />
con un pen<strong>nel</strong>lo se bastava scattare?<br />
E poi il mondo pulsava di novità come un cuore<br />
impazzito!<br />
(Canto del cuore battente)<br />
Così, in quel mondo pulsante, tra pochi amici artisti,<br />
fu presa una decisione importante: l’arte doveva<br />
cambiare! Doveva essere fondato un Movimento<br />
nuovo!<br />
<strong>Il</strong> Movimento Futurista!<br />
142 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 143 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Insieme, Marinetti, Boccioni, Balla e pochi altri, scrissero un<br />
Manifesto, cioè un elenco di regole su come fare l’arte nuova,<br />
che poi tutti dovevano seguire.<br />
Queste regole erano ordini ! Tutto, dico tutto, doveva<br />
cambiare: i vecchi e polverosi musei, pieni di passato,<br />
dovevano sparire.<br />
La storia doveva avere una vera svolta.<br />
(Sottofondo di musica futurista - Spring)<br />
Scrisse Balla: ”Con la scienza e il progresso si può raggiungere una società perfetta.<br />
Vogliamo cambiare il mondo attraverso l’arte!”<br />
I futuristi si misero al lavoro. I pittori decisero che anche i loro quadri dovevano muoversi,<br />
come il mondo!<br />
L’uomo volava? Bene, il volo era il soggetto!<br />
L’uomo correva in moto o in bicicletta? Quel movimento si doveva<br />
rappresentare!<br />
L’uomo viaggiava veloce in automobile? Quella corsa doveva riempire<br />
la tela!<br />
<strong>Il</strong> movimento, la frenesia nuova e stimolante doveva opporsi a tutto<br />
ciò che apparteneva al passato.<br />
(Sottofondo musicale “Libera l’anima”)
Brescia futurista realizzata<br />
dai bambini.<br />
progetto 6 E lasciateci divertire! progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
E la città dell’uomo, che tanto velocemente si trasformava in quei tempi, non poteva più<br />
avere palazzi pieni di ghirigori inutili!<br />
<strong>Il</strong> “Nuovo” doveva sostituire il “Vecchio”! E il nuovo era una metropoli piena di frenesia e<br />
movimento, di confusione e di traffico.<br />
(Danza sulla canzone “Muoversi, muoversi” di Jovanotti – performance <strong>nel</strong>le piazze del<br />
quartiere con cappellini futuristi)<br />
Con la pittura e la poesia anche la musica, il teatro e l’architettura doveva cambiare. La città<br />
nuova era vissuta e pulsante. Era l’ombelico del mondo!<br />
(Sottofondo “L’ombelico del mondo” mentre scorrono le immagini delle città futuriste)<br />
Inoltre, poiché il mondo cambiava, anche le necessità dell’uomo cambiavano, e l’arte non<br />
serviva più solo a decorare, ma anche a comunicare e a pubblicizzare. Così alcuni futuristi,<br />
come Depero, si sfogarono con linguaggi del tutto nuovi!<br />
Contemporaneamente anche gli scrittori futuristi rivoluzionarono il modo di scrivere.<br />
Le parole potevano essere scritte in libertà: caratteri, dimensioni, punteggiatura, suoni<br />
scritti… tutto deve essere libero e provocatorio!<br />
Basta con le regole sintattiche, con metrica e rigore!<br />
Viva la fantasia!<br />
Poesia “E lasciatemi divertire”<br />
di Palazzeschi<br />
Tri, tri tri<br />
Fru fru fru,<br />
uhi uhi uhi,<br />
ihu ihu, ihu.<br />
<strong>Il</strong> poeta si diverte,<br />
pazzamente,<br />
smisuratamente.<br />
Non lo state a insolentire,<br />
lasciatelo divertire<br />
poveretto,<br />
queste piccole corbellerie<br />
sono il suo diletto.<br />
Cucù rurù,<br />
rurù cucù,<br />
cuccuccurucù!<br />
Cosa sono queste indecenze?<br />
Queste strofe bisbetiche?<br />
Licenze, licenze,<br />
licenze poetiche,<br />
Sono la mia passione.<br />
Farafarafarafa,<br />
Tarataratarata,<br />
Paraparaparapa,<br />
Laralaralarala!<br />
144 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 145 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Sapete cosa sono?<br />
Sono robe avanzate,<br />
non sono grullerie,<br />
sono la... spazzatura<br />
delle altre poesie,<br />
Bubububu,<br />
fufufufu,<br />
Friù!<br />
Friù!<br />
Se d’un qualunque nesso<br />
son prive,<br />
perché le scrive<br />
quel fesso?<br />
Bilobilobiobilobilo<br />
blum!<br />
Filofilofilofilofilo<br />
flum!<br />
Bilolù. Filolù,<br />
U.<br />
Non è vero che non voglion dire,<br />
vogliono dire qualcosa.<br />
Voglion dire...<br />
come quando uno si mette a cantare<br />
senza saper le parole.<br />
Una cosa molto volgare.<br />
Ebbene, così mi piace di fare.<br />
Aaaaa!<br />
Calligrammi dei bambini.
progetto 6 E lasciateci divertire! progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
Eeeee!<br />
liii!<br />
Qoooo!<br />
Uuuuu!<br />
A! E! I! O! U!<br />
Ma giovinotto,<br />
diteci un poco una cosa,<br />
non è la vostra una posa,<br />
di voler con cosi poco<br />
tenere alimentato<br />
un sì gran foco?<br />
Huisc... Huiusc...<br />
Huisciu... sciu sciu,<br />
Sciukoku... Koku koku,<br />
Sciu<br />
ko<br />
ku.<br />
Come si deve fare a capire?<br />
Avete delle belle pretese,<br />
sembra ormai che scriviate<br />
in giapponese,<br />
Abi, alì, alarì.<br />
Riririri!<br />
Ri.<br />
Lasciate pure che si sbizzarrisca,<br />
anzi, è bene che non lo finisca,<br />
il divertimento gli costerà caro:<br />
gli daranno del somaro.<br />
Labala<br />
falala<br />
falala<br />
eppoi lala...<br />
e lala, lalalalala lalala.<br />
Certo è un azzardo un po’ forte<br />
scrivere delle cose così,<br />
che ci son professori, oggidì,<br />
a tutte le porte.<br />
Ahahahahahahah!<br />
Ahahahahahahah!<br />
Ahahahahahahah!<br />
Infine,<br />
io ho pienamente ragione,<br />
i tempi sono cambiati,<br />
Forse proprio questa poesia ci suggerisce lo spirito più positivo del futurismo:<br />
LASCIATECI DIVERTIRE, ci dice Palazzeschi.<br />
E proprio questo ci ha impressionato: i futuristi si sono divertiti, liberandosi dalle rigide<br />
regole del passato, inventandosene altre.<br />
A noi è piaciuta tanto la poesia della fontana malata<br />
Poesia “La fontana malata”<br />
Clof, clop, clock,<br />
cloffete,<br />
cloppete,<br />
clocchete,<br />
chchch...<br />
È giù,<br />
<strong>nel</strong> cortile,<br />
la povera<br />
fontana<br />
malata;<br />
che spasimo!<br />
sentirla<br />
tossire.<br />
Tossisce,<br />
tossisce,<br />
un poco<br />
si tace...<br />
di nuovo<br />
tossisce.<br />
Mia povera<br />
fontana,<br />
il male<br />
che hai<br />
il core<br />
mi preme.<br />
Si tace,<br />
non getta<br />
più nulla.<br />
Si tace,<br />
non s’ode<br />
romore<br />
di sorta,<br />
Torta futurista per un<br />
compleanno.<br />
che forse?<br />
che forse<br />
sia morta?<br />
Orrore!<br />
Ah! no.<br />
Rieccola,<br />
ancora<br />
tossisce.<br />
Clof, clop, cloch,<br />
cloffete,<br />
cloppete,<br />
clocchete,<br />
chchch<br />
La tisi<br />
l’uccide.<br />
Dio santo,<br />
quel suo<br />
eterno<br />
tossire<br />
mi fa<br />
morire,<br />
un poco<br />
va bene,<br />
ma tanto...<br />
Che lagno!<br />
Ma Habel!<br />
Vittoria!<br />
E per farvi capire quanto fossero<br />
rivoluzionari questi futuristi, vi diciamo cosa<br />
inventarono per cambiare perfino le ricette<br />
classiche italiane…<br />
(Scorrono scritte con stile futurista:<br />
Menù futurista: Decollapalato - Salmone<br />
dell’Alaska ai raggi del sole di Marte - Olive<br />
Marinetti - Aeropanini - Complessi plastici<br />
saporiti - Carburante nazionale.<br />
146 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 147 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Andate,<br />
correte,<br />
chiudete<br />
la fonte,<br />
mi uccide<br />
quel suo<br />
eterno<br />
tossire!<br />
Andate,<br />
mettete<br />
qualcosa<br />
per farla<br />
finire!<br />
Mia povera<br />
fontana,<br />
col male<br />
che hai,<br />
finisci<br />
vedrai,<br />
che uccidi<br />
me pure.<br />
Clof, clop, cloch,<br />
cloffete,<br />
cloppete,<br />
clocchete,<br />
chchch…<br />
“La cucina passatista<br />
È davvero cosa trista<br />
E ti servono annacquato<br />
<strong>Il</strong> passato di passato<br />
Sono tutte cose vecchie<br />
Sono brutte e son parecchie:<br />
una broda di radici<br />
che vien giù dalle narici.<br />
<strong>Il</strong> passato di passato<br />
È uno schifo esagerato!<br />
C’è chi piange <strong>nel</strong>la minestra<br />
E chi guarda dalla finestra.
La nostra macchina del<br />
suono.<br />
Sopra, la macchina del suono<br />
di Russolo.<br />
progetto 6 E lasciateci divertire! progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
E la musica? Basta opere classiche e pedanti, solo<br />
suoni e rumori.<br />
Un musicista futurista, che si chiamava Luigi<br />
Russolo, era convinto che il rumore non fosse poi<br />
così diverso dalla musica e che anche con i rumori<br />
si potessero fare bellissimi concerti. Infatti compose<br />
brani interessanti e innovativi, utilizzando anche una<br />
strana macchina: il RUMORARMONIO!<br />
Per lui i rumori della vita quotidiana, mescolati<br />
assieme disordinatamente, diventavano musica<br />
di ululati, rombi, stropiccii, gorgoglii, sibili e ronzii,<br />
una musica assai migliore di quella “passatista”<br />
insegnata nei conservatori!<br />
<strong>Il</strong> futurismo, come una “canzone tambureggiante”,<br />
picchiettò, il battito si fece sempre più forte,<br />
picchiò, bussò a mano piena…investì ogni arte,<br />
ogni espressione umana: la pittura, la scultura,<br />
la poesia, la musica, l’architettura,il teatro, la<br />
cucina,l’arredamento, la moda, la pubblicità…<br />
Canto: “Canzone tambureggiante”<br />
Ci credete se vi diciamo che i futuristi volevano reinventarsi perfino i fiori?<br />
Depero immagina un giardino di fiori geometrici, come tanti origami…<br />
Scrive perfino un apposito Manifesto sulla necessità dei fiori artificiali.<br />
Noi abbiamo provato a fare gli alberelli di Natale in stile futurista. Belli, vero?<br />
148 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 149 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
E i giocattoli? Anche quelli dovevano cambiare…<br />
Scrive Depero <strong>nel</strong>le sue “Prose futuriste”:<br />
“I bambini hanno figli e amanti di stoffa, di celluloide, di gomma, hanno mobili e supellettili<br />
d’ogni misura, dai mille colori; si divertono con un mondo rimpicciolito e trasformato, hanno<br />
il treno sotto il letto, il bastimento <strong>nel</strong> lavamano, gli alberi che fruttano bambole, cioccolatini,<br />
lampioncini, trombette, mangiano sorci di cioccolata e canarini di zucchero, hanno cavalli<br />
verdi che belano e gatti automatici…<br />
Un mondo artificiale, ultra divertente, che godono assaissimo!”<br />
Un trenino tutto rotto,<br />
una bambola di pezza<br />
e, nascosto sotto sotto<br />
un soldato che si spezza.<br />
L’ippopotamo in pigiama<br />
sfoglia un fior “m’ama o non m’ama”.<br />
Si lamenta l’orso guercio<br />
Col cagnone tutto lercio<br />
una trottola sbandata,<br />
una gatta addormentata.<br />
Sono tristi questi giochi.<br />
Bimbi ormai ne vedon pochi…<br />
E cominciano a capire che<br />
staran lì ad ammuffire…
progetto 6 E lasciateci divertire! progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
Quanto ai giochi futuristi<br />
son geniali ed imprevisti:<br />
pirotecniche esplosioni,<br />
meccanismi e contorsioni,<br />
balli plastici, elefanti,<br />
cagnolini scalpitanti!<br />
Ma…<strong>nel</strong> fortino aerodinamico<br />
tutt’a un tratto arriva il panico!<br />
Li raggiunge chiara e netta,<br />
un’orribile marcetta!<br />
Purtroppo la marcetta era quella della guerra, che i futuristi pensarono fosse un utile modo<br />
veloce ed efficace per cambiare tutto il mondo…<br />
<strong>Futurismo</strong> è divertente<br />
finché fa giocar la gente.<br />
Quando inizia a bombardare è una cosa da evitare!<br />
E fu così che un movimento così importante,<br />
innovativo e divertente divenne antipatico a<br />
molti.<br />
Non vogliamo far la morale<br />
ma una regola qui vale:<br />
stare fermi non va bene,<br />
si ammuffisce, non conviene!<br />
Ed è giusto fino in fondo,<br />
andar via a scoprire il mondo<br />
e tentare di rifarlo<br />
(perché in mente abbiam quel tarlo).<br />
Ma se il gioco non è gioco<br />
(e la guerra piace poco)<br />
no, non vale la candela,<br />
rituffiamoci <strong>nel</strong>la tela<br />
e lasciateci divertire.<br />
Solo questo vogliam capire!<br />
VISITA AL MUSEO DELLE MILLE MIGLIA<br />
Ed ora che conoscete questo stravagante movimento, abbiamo un bel percorso da proporvi,<br />
e ce lo offre proprio la nostra città: la visita al MUSEO DELLE MILLE MIGLIA!<br />
È un percorso futurista, perché amatissimo dai futuristi!<br />
Cento anni fa l’automobile era una scoperta, una cosa nuova, entusiasmante!<br />
Per questo è stata inventata la corsa automobilistica delle Mille miglia.<br />
Era una corsa per tutta l’Italia, che partiva proprio da qui, da Brescia, per<br />
arrivare a Roma e tornare<br />
indietro.<br />
Ci sono 700 chilometri ad<br />
andare e 700 a tornare.<br />
Sono in tutto 1.400 chilometri,<br />
ma gli organizzatori preferirono<br />
contare la distanza in miglia.<br />
Le miglia sono la misura che usavano gli<br />
antichi romani per le loro strade.<br />
La corsa da Brescia a Roma è lunga<br />
esattamente mille miglia romane.<br />
Ecco perché la corsa è stata chiamata: la<br />
Mille miglia.<br />
All’inizio nessuno sapeva come chiamare questo nuovo veicolo: erano già stati inventati<br />
il treno, il tram, la bicicletta, ma come chiamare la macchina col<br />
motore?<br />
Si decise per: “automobile”, cioè auto=da solo, mobile=che si muove,<br />
“che si muove da solo”<br />
Ma il nome dell’auto doveva essere femminile o maschile?<br />
Doveva essere: la automobile (femminile) o lo automobile (maschile)?<br />
Furono proprio Marinetti e D’annunzio a discuterne… e alla fine vinse<br />
la proposta per il femminile e si chiamò la automobile. Peccato che<br />
non fu proprio per onorare le donne, bensì perché esse dovevano<br />
mettersi al servizio dell’uomo…<br />
Immaginate come erano vestiti questi corridori:<br />
Un giubbotto di pelle per fermare l’aria perché le macchine da corsa<br />
erano quasi tutte scoperte!<br />
Un paio di guanti per girare più facilmente il volante: era durissimo!<br />
Una sciarpa per difendersi dal<br />
vento!<br />
Un berretto per ripararsi dalla<br />
pioggia!<br />
E infine un paio di occhialoni, per<br />
difendere gli occhi dalla polvere<br />
150 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 151 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Le donne, invece, salivano con i loro vestiti di gran dame.<br />
Le gonne erano lunghe! Non era facile salire su un’auto<br />
con questi veli e merletti!<br />
Pensate che un giorno una grande attrice e ballerina,<br />
Isadora Ducan, dopo essere uscita da teatro salì sulla<br />
macchina scoperta per andare a cena con i suoi<br />
ammiratori.
progetto 6 E lasciateci divertire! progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
Era avvolta, come usava fare, da una lunghissima sciarpa che le scendeva dal collo.<br />
Le piaceva fare scena (era una grande attrice) e amava andare in automobile mentre la sua<br />
sciarpa svolazzava <strong>nel</strong>la scia della vettura<br />
La macchina partì, la gente applaudiva, Isadora salutava sorridente la folla: ma la sciarpa si<br />
impigliò <strong>nel</strong>la ruota posteriore, girò dentro ai raggi, e si avvolse di colpo. L’attrice lanciò un<br />
grido e morì strozzata!!!<br />
Per i futuristi l’automobile rappresenta:<br />
L’azione!<br />
La velocità!<br />
I motori!<br />
<strong>Il</strong> movimento!<br />
La corsa!<br />
All’opposto i futuristi odiano:<br />
La lentezza<br />
L’immobilità<br />
Le poltrone<br />
Lo stare fermi<br />
<strong>Il</strong> passeggio<br />
All’automobile Marinetti dedica una poesia:<br />
Automobile ebbra di spazio,<br />
che scalpiti e fremi d’angoscia<br />
rodendo il morso con striduli denti…<br />
Formidabile mostro giapponese,<br />
dagli occhi di fuoco,<br />
nutrito di fiamma<br />
e d’oli minerali.<br />
Guarda, come galoppa, in fondo ai boschi, laggiù…<br />
O montagne dai freschi mantelli turchini!…<br />
O bei fiumi che respirate<br />
beatamente al chiaro di luna!<br />
O tenebrose pianure!…<br />
Io vi sorpasso a galoppo!…<br />
Su questo mio mostro impazzito!…<br />
Stelle! mie stelle! l’udite<br />
il precipitar dei suoi passi?…<br />
Udite voi la sua voce, cui la collera spacca…<br />
la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia…<br />
e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni<br />
Urrà! Non più contatti con questa terra immonda!<br />
Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo<br />
Volo!<br />
Volo!<br />
Volo!<br />
Le strade di allora non erano lisce come quelle di oggi: molte non erano asfaltate, erano fatte<br />
di terra o di ghiaia, erano piene di buche!<br />
I pneumatici, oltre ad essere più leggeri e fragili, erano più stretti e si rompevano facilmente.<br />
Pensate che <strong>nel</strong>la prima gara ci furono corridori che bucarono per ben sei volte!<br />
I motori, poi, subivano continui guasti, costringendo la maggior parte dei concorrenti al<br />
ritiro, anche se già allora c’erano lungo il percorso dei punti di assistenza, dove i meccanici<br />
potevano aggiustarle.<br />
Le officine odoravano di grasso, di benzina e di olio. I meccanici erano tutti neri di grasso,<br />
ma erano dei maghi dei motori.<br />
Le auto potevano già viaggiare a circa 135 km all’ora, erano velocissime rispetto a quei<br />
motori e a quelle strade!<br />
Alcuni piloti divennero famosissimi, dei veri eroi nazionali!<br />
Pensate che una volta il grande pilota Nuvolari, detto il mantovano volante, si trovò con il<br />
volante in mano, che si era staccato dallo sterzo!<br />
Nuvolari continuò la corsa manovrando con un pezzo di ferro che infilò al posto del volante!<br />
(Canzone “Nuvolari” di Lucio Dalla)<br />
152 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 153 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Tuttavia le gare su strada erano terribilmente pericolose:<br />
durante alcune corse moirono alcuni corridori.<br />
Sbandavano, uscivano di strada e…bum! Non era tutto<br />
rose e fiori!<br />
Nel 1938 un’auto uscì di strada e travolse proprio una<br />
classe come la nostra. Morirono sette bambini e la corsa<br />
venne sospesa.<br />
Poi venne la guerra, che di morti ne fece molti di più.<br />
Quando finì, l’Italia intera aveva voglia di svaghi e<br />
divertimenti; così la Mille Miglia venne riproposta e rese<br />
famosa la nostra città di Brescia.<br />
Le auto erano state via via perfezionate e la velocità<br />
aumentava… finchè, <strong>nel</strong> 1957, accadde di nuovo quello<br />
che tutti temevano: un altro incidente gravissimo con<br />
la folla travolta da una Ferrari impazzita per una ruota<br />
scoppiata.<br />
La gara finì per sempre e da allora tutte le corse<br />
automobilistiche si organizzano esclusivamente su piste<br />
chiuse.
progetto 6 E lasciateci divertire!<br />
Da qualche anno però la mitica Mille Miglia è diventata una corsa tradizionale, non una<br />
gara, ma una rievocazione: le auto storiche ripercorrono l’antico tragitto e Brescia rivive le<br />
emozioni di un tempo.<br />
<strong>Il</strong> nuovo Museo di Brescia delle Mille Miglia conserva le tracce e le auto di questa<br />
leggendaria corsa che sicuramente ha fatto sognare i futuristi.<br />
<strong>Il</strong> nostro viaggio <strong>nel</strong> futuro è finito.<br />
Volete sapere cosa ricorderemo sempre?<br />
Ricorderemo che cento anni fa il futurismo nasceva.<br />
Era come uno scossone, anzi, un tornado, che voleva spazzare via tutto, affinchè ogni cosa<br />
poi potesse essere rinnovata.<br />
Ricorderemo che il futurismo è stato un movimento provocatorio ed estremamente originale<br />
che avrebbe voluto cancellare i musei e con loro tutto il vecchiume, ma che ha finito col<br />
riempirli di opere nuove e bellissime!<br />
Ci siamo domandati se Marinetti, Balla, Boccioni, Palazzeschi, Russolo sarebbero stati<br />
contenti di queste celebrazioni per il centenario e di riempire le sale dei musei e di storiche<br />
biblioteche… insomma di far parte del passato, di quello da ricordare e celebrare…<br />
Non lo sappiamo, ma secondo noi sarebbero contenti di averci lasciato divertire e di avere<br />
sfondato una porta, anzi un portone: quello della creatività e della fantasia!<br />
<strong>Il</strong> portone si è spalancato per noi, che abbiamo capito che possiamo esprimerci senza sentire<br />
il peso di limiti, con strumenti e tecniche nuove. A dire la verità per noi bambini è facile!<br />
Ma il portone si è spalancato, cento anni fa, anche per tutte le forme d’arte, che da allora<br />
hanno conosciuto forme nuovissime, capaci di esprimere ciò che sente l’uomo che vive <strong>nel</strong><br />
nostro tempo.<br />
La storia si può superare!<br />
Via libera alla creatività!<br />
Così il <strong>Futurismo</strong> ha vinto e noi pensiamo che<br />
in realtà li volesse solo riempire quei musei,<br />
riempire di opere sempre nuove! Sarebbero<br />
morti invece se l’idea di arte fosse rimasta<br />
immobile, con l’intento continuo di rievocare<br />
e non di creare.<br />
Sì, perché l’arte va prodotta, fatta, inventata,<br />
non solo conservata!<br />
Chi e dove Scuola Secondaria di Primo Grado Lana-Fermi Brescia<br />
Classi coinvolte Terza A e F<br />
Docenti referenti Dora Tartaglia insieme alle proff. Tina Fiorente, Silena Malagutti e Lucia Ungari<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
Parlano le insegnanti<br />
Ci siamo recate all’appuntamento con “Le vie dell’Arte” con qualche incertezza e una<br />
certa preoccupazione, dettate dal timore della nostra inadeguatezza a condurre in modo<br />
competente i nostri alunni <strong>nel</strong> loro lavoro.<br />
La perplessità aveva più di un fondamento.<br />
Per prima cosa i tempi scolastici, nei quali doveva essere svolto il lavoro con la classe<br />
vedeva i ragazzi privi di conoscenze sul periodo storico – l’inizio del Novecento – in cui era<br />
nato e si era espresso il <strong>Futurismo</strong>: i nostri alunni stavano studiando la Restaurazione ed il<br />
Risorgimento ed avevano quindi, <strong>nel</strong>la migliore delle ipotesi, dimestichezza con i temi ed i<br />
problemi dell’Ottocento.<br />
Noi insegnanti inoltre avevamo esperienza – e qualche competenza – del passato (storico,<br />
artistico, urbanistico) della nostra città e ci dava più sicurezza condurre gli alunni <strong>nel</strong>la<br />
Brescia romana o comunale, alla scoperta degli spazi commerciali della città veneta, gettare<br />
uno sguardo nei palazzi settecenteschi piuttosto che non affrontare un’esperienza come<br />
quella del <strong>Futurismo</strong>, nata ed espressa in città importanti come Parigi o Milano, in ambienti<br />
così diversi dalla nostra realtà di provincia e con un linguaggio innovativo tipico delle<br />
avanguardie artistiche.<br />
Non ultimo tre su quattro di noi confessano un inadeguato retroterra culturale sul fenomeno<br />
dell’arte moderna (sia essa pittura, scultura o musica).<br />
Abbiamo comunque accettato, con i nostri ragazzi, di metterci in gioco, chiedendo scusa in<br />
anticipo per la modestia dei nostri risultati o per l’eventuale discutibilità del metodo usato per<br />
leggere opere che a volte ci sconcertavano.<br />
D’altra parte non potevamo accontentarci del sorpassato metodo: osservo un’opera – leggo<br />
154 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 155 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
In questa e <strong>nel</strong>le altre<br />
vignette individuare l’alunno<br />
futurista.
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
il commento non sempre comprensibile di alcuni critici – riassumo aggiungendo un<br />
pensiero personale più o meno profondo.<br />
Abbiamo cercato di dar voce ai ragazzi dopo aver ascoltato con loro la voce dei Futuristi.<br />
Quanto segue è dunque, più che la presentazione di risultati originali o di prodotti creativi,<br />
la registrazione di una esperienza didattica che ci ha portato alla ricerca dei Futuristi, nei<br />
luoghi già frequentati <strong>nel</strong>le nostre precedenti esperienze: la scuola, il museo, la città.<br />
COMINCIAMO DALLA SCUOLA<br />
Quella notte di un secolo fa…<br />
<strong>Il</strong> 20 febbraio 1909 viene pubblicato su “le Figaro”, a Parigi, il Manifesto del <strong>Futurismo</strong> di<br />
Filippo Tommaso Marinetti: con quella che, più che una dichiarazione di buoni propositi, è una<br />
“chiamata alle armi” comincia l’avventura di un gruppo di giovani artisti e letterati che vogliono<br />
lasciare un segno profondo non solo <strong>nel</strong>la cultura, ma <strong>nel</strong> mondo di cui erano parte.<br />
I famosi 11 punti, uno in più dei Dieci Comandamenti, si ritrovano facilmente nei nostri<br />
libri di scuola. Meno conosciuta è la narrazione introduttiva e la parte che segue la loro<br />
enunciazione.<br />
Da qui prende le mosse il nostro lavoro.<br />
Di notte, con la complicità di cospiratori, un gruppo di amici si riunisce <strong>nel</strong> salotto di<br />
Marinetti, ricco di tappeti e, immaginiamo, di morbidi divani, che potevano tentare la loro<br />
pigrizia . Per fortuna il fulgore della luce elettrica tiene desti i loro cervelli e illumina le<br />
loro discussioni. Verso l’alba , quando ormai la città intorno a loro dorme, Marinetti lancia<br />
il segnale: “Andiamo… andiamo, amici! Partiamo!… Ecco, sulla terra, la primissima<br />
aurora!...” 1 . E cavalcando le loro automobili ruggenti, i Futuristi iniziano la loro esaltante – e<br />
un po’ esaltata – avventura.<br />
<strong>Il</strong> nostro primo esercizio è semiserio: proviamo a osservare le avventure notturne dei nostri<br />
eroi con l’occhio oggettivo e preciso di un gendarme della polizia francese, che deve<br />
burocraticamente registrare gli avvenimenti di cui è venuto a conoscenza.<br />
“All’alba del 20 febbraio del corrente anno tale Filippo Tommaso Marinetti di Enrico e<br />
Amalia Grolli, nato ad Alessandria d’Egitto in data 22 dicembre 1876, di nazionalità italiana<br />
e residente a Parigi, insieme a non precisati amici partiva dalla sua abitazione e lanciava<br />
il suo automobile in direzione est a velocità molto sostenuta, pericolosa per la sua e l’altrui<br />
incolumità. <strong>Il</strong> rombo del motore, come documentano numerose segnalazioni, disturbava la<br />
pubblica quiete. In prossimità della zona industriale il Marinetti perdeva il controllo della<br />
vettura, precipitando in un fosso a lato della strada.<br />
La dinamica dell’incidente è tuttora in fase di accertamento; pare che il guidatore non fosse<br />
sotto l’effetto di alcool o di droghe, ma piuttosto la mente visibilmente alterata pare da<br />
attribuirsi alla mancanza di sonno. Si avanza pure l’ipotesi di turbe psichiche dovute ad un<br />
fenomeno autoindotto di esaltazione collettiva, sua e degli amici che frequentavano la sua<br />
casa.<br />
La causa dello sbandamento del mezzo con conseguente uscita di strada pare dovuto alla<br />
presenza di due ciclisti che percorrevano la carreggiata affi ancati e a modesta velocità.<br />
Sul posto accorrevano dei pescatori che, armati di reti di ferro, riuscivano a ripescare dalle<br />
acque fangose ed inquinate del fosso l’automobile semidistrutta ed il Marinetti stesso, che<br />
rifi utava il ricovero in ospedale e mostrava l’intenzione di proseguire la sua corsa.<br />
Con le braccia prontamente fasciate ed evidenti contusioni sul corpo, il guidatore ed i suoi<br />
amici, con il volto coperto di fango riprendevano la corsa, delirando e pronunciando con tono<br />
esaltato frasi sconnesse ed incomprensibili.<br />
Parigi, 20 febbraio 1909<br />
Non ci siamo: gli eventi sono quelli, ma sfugge la loro vera portata. Forse possiamo<br />
aggiungere ai nudi fatti un po’ di calore e di sentimento, dando voce ad una convinta<br />
ammiratrice vicina, quanto può esserlo una donna a quell’eroe a tutto tondo di Marinetti.<br />
Cara Colette,<br />
ti ho parlato di quell’affascinante giovanotto italiano, incontrato qui a Parigi lo scorso<br />
gennaio? È focoso come i suoi compatrioti, ma, ahimè, assolutamente poco galante con le<br />
donne.<br />
Ieri sera si è riunito con gli amici <strong>nel</strong> suo salotto. Dovresti vederlo, pieno di tappeti orientali,<br />
di lampade da moschea, ma dotato di tutte le comodità moderne: ha la luce elettrica in tutte<br />
le stanze!<br />
Lui e i suoi compagni sono rimasti a parlare tutta la notte. I loro discorsi erano profondi e<br />
interessanti anche se io, che non ero stata ammessa alla loro discussione – ma credono che<br />
non abbia cervello? – non sono riuscita a cogliere che qualche frase. Ma pronunciata con<br />
quanta passione, mia cara!<br />
Ad un certo punto hanno deciso di uscire con i loro automobili. Li ho visti al volante: sono<br />
forti e temerari come giovani leoni e sembra che niente possa fermarli. E tu sai come noi<br />
donne amiamo un pizzico di follia.<br />
Insomma, mi hanno raccontato che la corsa di Filippo (come avrei voluto essere con lui)<br />
è stata interrotta da due sciocchi in bicicletta che gli hanno tagliato la strada. Lui è un<br />
generoso e invece di investirli ha sterzato ed è fi nito in un fosso pieno di fango. Per fortuna<br />
è riemerso solo con qualche livido e il suo automobile è stato ripescato con l’aiuto di alcuni<br />
pescatori, che volevano trasportarlo ad un vicino ospedale. Niente ha potuto distogliere il<br />
mio eroe dalla sua missione ed è ripartito con coraggio verso Parigi. Che uomo! Pare si sia<br />
diretto verso la redazione del “Figaro” per fare pubblicare a sue spese (è pure benestante,<br />
mia cara) un articolo che farà scalpore.<br />
Corro a comperare il giornale! A presto.<br />
Tua Isidora<br />
Così va un po’ meglio, ma qualcosa ci<br />
sfugge ancora: i fatti ci sono, l’esaltazione<br />
anche, eppure non ritroviamo lo spirito che<br />
animava quella cavalcata frenetica <strong>nel</strong>la<br />
notte, conclusa col famoso proclama. Che<br />
cosa manca? Mancano i miti, non solo quelli<br />
della modernità ma anche quelli della nostra<br />
tradizione culturale, che i Futuristi dicono di<br />
respingere, ma che percorrono come nervi e<br />
sangue il loro discorso.<br />
Rileggiamo ora il testo, pronti a trovare echi,<br />
valori, fi gure da noi riconoscibili, perché già<br />
incontrate <strong>nel</strong>la nostra esperienza culturale.<br />
Di grammatica pittorica siamo digiuni, ma<br />
saranno serviti a qualcosa i nostri anni di<br />
scuola!<br />
156 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 157 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Marinetti a bordo della sua<br />
auto <strong>nel</strong> 1908.
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
MITI VECCHI E NUOVI<br />
Marinetti e i Futuristi cantano la modernità. <strong>Il</strong> progresso che avanza tumultuoso si nutre di<br />
velocità e temerarietà: ed ecco tra i nuovi miti l’automobile, o meglio l’unità uomo-macchina.<br />
“Noi vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il volante, la cui asta ideale attraversa la Terra,<br />
lanciata a corsa,essa pure, sul circuito della sua orbita” 2 .<br />
E insieme all’ automobile – maschile naturalmente, prima che, galante, D’Annunzio la<br />
trasformasse in femminile – gli aeroplani “dal volo scivolante, la cui elica garrisce al vento<br />
come una bandiera” 3 .<br />
Insieme ai sommergibili ed alle veloci navi da guerra, i piroscafi “avventurosi che fiutano<br />
l’orizzonte” 4 , le locomotive “dall’ampio petto che scalpita sulle rotaie” 5 . Se poi al mezzo<br />
meccanico aggiungiamo l’elettricità, ecco “i tranvai a due piani…risplendenti di luci<br />
multicolori” 6 .<br />
Accanto a questi mezzi meccanici dobbiamo mettere però il cavallo, amato, dipinto e<br />
montato da Boccioni, che durante la guerra muore cadendo appunto da cavallo, dopo aver<br />
scelto per sé il più balzano. E il rapporto uomo-cavallo di Boccioni fa rivivere l’immagine del<br />
cavaliere, trasportato dal Medioevo ad una dimensione insieme mitica e attuale.<br />
E ancora, dentro il ventre delle grandi navi, presso le caldaie dei treni a vapore s’agitano<br />
figure che ricordano Vulcano <strong>nel</strong>la sua divina officina infuocata. Non c’è dubbio che c’è<br />
nei Futuristi il desiderio di seguire le orme di Icaro, e la nuova creatura con l’intelligenza<br />
dell’uomo e la potenza della macchina prende l’antico nome di Centauro. Come non vedere<br />
poi negli uomini orgogliosi che sfidano le stelle i Titani contro l’Olimpo?<br />
Anche l’esaltazione della giovinezza che non riconosce barriere , unica condizione<br />
desiderabile per l’uomo, ci ha fatto ricordare un’antica lirica greca di Mimnermo.<br />
Al modo delle foglie che <strong>nel</strong> tempo<br />
fiorito della primavera nascono<br />
e ai raggi del sole rapide crescono<br />
noi simili a quelle per un attimo<br />
abbiamo diletto del fiore dell’età<br />
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti<br />
Ma le nere dee ci stanno sempre a fianco,<br />
l’una con il segno della grave vecchiaia<br />
e l’altra della morte. Fulmineo<br />
precipita il frutto di giovinezza,<br />
come la luce d’un giorno sulla terra.<br />
E quando il suo tempo è dileguato<br />
è meglio la morte che la vita. 7<br />
La gioventù che può osare tutto, al di là del bene e del male , nutrita dal sole e benedetta<br />
dagli dei è la condizione dei “giovani e forti futuristi “ contrapposta alla grave vecchiaia, che<br />
<strong>nel</strong>l’antichità arrivava molto presto: “Quando avremo quarant’anni, altri uomini più giovani<br />
e più validi di noi, ci gettino pure <strong>nel</strong> cestino, come manoscritti inutili” 8 scrive sempre<br />
Martinetti.<br />
Accanto ai miti dell’antichità classica, quelli della tradizione giudaico cristiana. Non solo <strong>nel</strong>le<br />
figure evocate di Angeli e Demoni, non tanto <strong>nel</strong>l’idea di morte e risurrezione “io mi stesi sulla<br />
mia macchina come un cadavere <strong>nel</strong>la bara, ma subito risuscitai sotto il volante” 9 : il tuffo <strong>nel</strong>le<br />
acque del “materno fossato”, dal quale il nostro eroe riemerge a nuova vita, ricorda tanto il<br />
Battesimo.<br />
GIUDIZI E PREGIUDIZI<br />
Dopo aver discusso insieme, sotto la guida dell’insegnante, i pensieri e il linguaggio del<br />
Manifesto non ci sembravano più “cose da pazzi”; tra le numerose affermazioni espresse<br />
con linguaggio provocatorio ma comprensibili, se non condivisibili, però, alcune erano molto<br />
difficili da “mandar giù”.<br />
“Noi vogliamo glorificare la guerra… il disprezzo della donna… Noi vogliamo distruggere<br />
i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie…Noi vogliamo combattere il<br />
femminismo…” sono propositi politicamente scorretti, in contrasto con ciò che la scuola<br />
cerca di trasmetterci. Sempre a scuola però abbiamo imparato che per giudicare bisogna<br />
conoscere; perciò, prima della condanna al rogo, abbiamo cercato di capire il pensiero dei<br />
Futuristi.contestualizzandolo – per usare una parola di moda – o forse soltanto cercando di<br />
non fermarci alle apparenze.<br />
Abbiamo letto insieme anche il Manifesto dei pittori futuristi, firmato da Boccioni, Carrà,<br />
Russolo, Balla e Severini quasi un anno dopo il proclama di Martinetti; questa volta non<br />
abbiamo incontrato grandi difficoltà: in confronto alla prosa del fondatore, il linguaggio dei<br />
suoi amici e seguaci ci è sembrato quasi pieno di buon senso.<br />
“Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche , le accademie di ogni specie”<br />
Visto che sappiamo che cosa sono i musei e le biblioteche, abbiamo fermato la nostra<br />
attenzione sulle Accademie, i luoghi dove si formavano i pittori e gli scultori dell’Ottocento, i<br />
santuari che esercitavano un’influenza quasi monopolistica sulle nuove generazioni di artisti.<br />
Anche dopo più di tre secoli, il loro programma era ancora modellato sull’esempio delle<br />
prime accademie del Rinascimento: “copiare, copiare, copiare” poteva essere il loro motto.<br />
Prima copiare calchi di gesso o antiche sculture; quando poi l’allievo era abbastanza abile<br />
<strong>nel</strong> disegno, si poteva introdurre il colore ed allora si copiavano i dipinti degli antichi maestri<br />
presenti nei musei. È vero che una parte del lavoro prevedeva la presenza di modelli vivi,<br />
ma ciò che contava era la precisa riproduzione anatomica. Questo metodo permetteva di<br />
riempire i musei ed i municipi di provincia di copie ben eseguite e contemporaneamente gli<br />
allievi più promettenti potevano guadagnare qualcosa.<br />
Nelle Accademie gli studenti che mostravano tendenza anticonformiste o comunque creative<br />
venivano severamente disapprovati e rischiavano di compromettere non solo la loro carriera,<br />
ma persino la loro sopravvivenza come artisti. Era infatti l’Accademia a decidere quali<br />
potevano esporre al pubblico le loro opere. <strong>Il</strong> Salon era, a Parigi, l’annuale mercato d’arte<br />
dove i giovani artisti potevano farsi conoscere, vincere dei premi, incontrare gli acquirenti.<br />
L’ammissione, molto ambita, al Salon era decisa da coloro che stabilivano i programmi<br />
dell’Accademia e premiavano spesso docilità e conformismo.<br />
Anche se sul finire dell’Ottocento gli artisti troveranno altri luoghi dove esporre e altri canali<br />
per farsi conoscere (le riviste letterarie, per esempio, sensibili alla cultura d’avanguardia), il<br />
potere delle Accademie era ancora preponderante.<br />
Musei, Accademie, Biblioteche hanno per i Futuristi in comune una filosofia: l’antico è meglio<br />
del nuovo, l’artista si forma ed esercita<br />
copiando.<br />
Sant’Elia ironizzerà sui giovani architetti<br />
italiani “quelli che attingono originalità dalla<br />
clandestina compulsazione di opere d’arte” 10 .<br />
<strong>Il</strong> dovere di essere distruttori dell’antico,<br />
naturalmente, è rivolto ai giovani artisti, che<br />
hanno il dovere dell’originalità.<br />
Ciò non significa che Boccioni non avesse<br />
un profondo amore per Michelangelo e non<br />
considerasse innovatori Rubens e Goya; egli<br />
158 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 159 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
manifesta inoltre solidarietà e rispetto, fra i contemporanei, per Previati, Segantini, Medardo<br />
Rosso. Ma ciascuno deve interpretare il suo tempo e spingersi profeticamente in avanti. È un<br />
diritto ed insieme la nmissione dell’artista.<br />
Dice Aldo Palazzeschi, amico fraterno di Boccioni: ”Nell’insegnare ai giovani a essere giovani<br />
in un paese dove a quel tempo nei confronti dell’arte si nasceva ottuagenari, Umberto<br />
Boccioni fu grande come nessuno” 11 .<br />
“Noi vogliamo glorificare la guerra…”<br />
Abbiamo letto in alcuni testi che la guerra va intesa come lotta, come “gettare il cuore oltre<br />
l’ostacolo”, ma non ci sembra sufficiente a capire l’atteggiamento dei Futuristi che furono in<br />
generale convinti interventisti e in molti si arruolarono volontari <strong>nel</strong>la Prima guerra mondiale.<br />
E’ anche vero che può servirci ricordare che questa guerra ha costituito uno spartiacque<br />
perché fino ad allora il combattimento non conosceva i cadaveri in putrefazione di Verdun,<br />
i gas asfissianti, le mitragliatrici che riducevano gli uomini in brandelli urlanti, e neppure le<br />
bombe che infierivano sui civili <strong>nel</strong>le città, la guerriglia e le imboscate… Si poteva pensare<br />
ancora, a quei tempi, al confronto leale fra nemici che si rispettavano, agivano secondo<br />
regole e concedevano agli sconfitti l’onore delle armi.<br />
Soprattutto abbiamo riflettuto con l’insegnante come, <strong>nel</strong>la nostra civiltà, la guerra era<br />
la condizione che permetteva all’uomo di diventare eroe. Non solo quindi il ricordo del<br />
Risorgimento era presente <strong>nel</strong>le giovani generazioni di inizio secolo, ma anche Maratona, le<br />
Termopili, Roncisvalle, termini che rivestono ancora per noi ( probabilmente non per tutti e<br />
non per molto) un significato.<br />
E, d’altra parte, la Francia non ha Giovanna D’Arco come patrona e come inno la Marsigliese,<br />
un canto di battaglia? E noi Italiani, tanti anni dopo la stagione futurista, non abbiamo scelto<br />
un inno nazionale che ci invita a “stringerci a coorte”’?<br />
Quando pensiamo alla guerra come condizione nobile per l’uomo abbiamo accostato – in<br />
realtà su suggerimento dell’insegnante – il pensiero dei Futuristi a quello espresso <strong>nel</strong><br />
Medioevo da un sirventese del XII secolo.<br />
Bella è per me la calca degli scudi<br />
dai colori vermigli e azzurri<br />
delle insegne e dei gonfaloni,<br />
di diversi colori istoriati;<br />
…<br />
E provo grande allegria<br />
quando vedo in battaglia schierati<br />
cavalieri e cavalli armati.<br />
…<br />
Ah! Scontrarsi a migliaia e centinaia<br />
sì che dopo di noi se ne canti le gesta!<br />
Trombe, tamburi, bandiere e pennoni,<br />
insegne e cavalli neri e bianchi<br />
presto vedremo: come sarà bello vivere!<br />
Si porterà via la ricchezza agli usurai<br />
e per la strada non trascorreranno più<br />
i giorni tranquilli, né borghesi senza fastidi<br />
é mercanti che verranno dalla Francia… 12<br />
“Noi vogliamo combattere contro il femminismo…glorificare il disprezzo della<br />
donna”<br />
Va subito chiarito un equivoco: per i Futuristi femminismo non ha il significato che noi gli<br />
attribuiamo, cioè rivendicazione di parità di diritti ma anche di responsabilità con gli uomini. Questo<br />
è confermato dallo stesso Marinetti che dice .” le suffragette sono le nostre migliori collaboratrici,<br />
poiché quanti più diritti e poteri esse otterranno alla donna,… tanto più essa cesserà di essere un<br />
focolare – noi diciamo focolaio – di passione sentimentale e di lussuria” 13 .<br />
Accanto alla “donna veleno” viene combattuta la donna fragile e sentimentale, sognante e<br />
decadente.<br />
Abbiamo letto una poesia di Diego Valeri, “Ottobre a Venezia” che in modo chiaro identifica<br />
una Venezia curiosamente simile a quella combattuta dai Futuristi (eppure Valeri ama la sua<br />
città natale) con un tipo di donna sensuale e crepuscolare da loro detestata.<br />
Fin dall’inizio la città è presentata con tinte non proprio amate dai nostri artisti:<br />
Questi grigi di perla e grigi rosa<br />
e grigi verde in cui l’acqua ed il cielo<br />
sembran vanire come dietro un velo<br />
d’uguale lontananza favolosa.<br />
…<br />
Ma è <strong>nel</strong>la terza strofa che avviene la trasformazione di Venezia in una figura femmine di<br />
forte suggestione:<br />
Venezia giace languida e disfatta;<br />
e se un raggio di sol rompendo il folto<br />
della nebbia le palpita sul volto<br />
socchiude appena i gialli occhi di gatta.<br />
Niente donne veline, dunque, ma neppure le classiche mamme italiche, sempre pronte a<br />
vezzeggiare i loro pargoli già cresciuti. Siamo sicuri che i Futuristi avrebbero preferito le<br />
madri spartane che, come dice la tradizione, consegnavano ai figli in partenza per la guerra<br />
lo scudo dicendo: “O con questo o su questo”.<br />
E FINALMENTE, DOPO LE PAROLE, I QUADRI<br />
In realtà prima di guardare i dipinti abbiamo letto e commentato insieme ancora parole:<br />
questa volta il Manifesto tecnico della pittura futurista, che ci è sembrato in realtà non facile<br />
da capire. Ci mancano probabilmente le basi, per usare un linguaggio scolastico. Abbiamo<br />
provato a passare dalle parole ai dipinti dai dipinti alle parole ed alla fine ci è stato dato un<br />
compito. Dovevamo scegliere tra le riproduzioni a disposizione e, senza leggere didascalie<br />
o commenti critici, cercare di capire che cosa gli autori volevano comunicarci. Ci è<br />
stato chiesto: “Quali quadri ti hanno colpito di più? Perché?”.<br />
Ecco alcune delle nostre risposte:<br />
“In questo quadro c’è molta animazione e vitalità: con una corsa veloce,<br />
un movimento quasi frenetico le persone convergono verso il centro, dove<br />
si svolge la rissa. Gli uomini, <strong>nel</strong> loro correre veloce, diventano quasi dei<br />
segni neri, mentre le donne che partecipano alla lotta da protagoniste<br />
mantengono, coi loro vestiti eleganti, i colori smaglianti.<br />
Dal caffè erompono con forza, quasi accecanti, i bagliori della luce<br />
elettrica”.<br />
[Gloria, Paola e Elisa]<br />
160 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 161 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Umberto Boccioni, Rissa in<br />
galleria.
Umberto Boccioni<br />
Visioni simultanee<br />
Carica di lancieri.<br />
Gaetano Previati, L’eroica<br />
Umberto Boccioni, La città<br />
che sale .<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
“Sono molto belli e accesi i colori che sottolineano la<br />
vita animata e frenetica della città moderna. Tutto è<br />
vivo e si muove. La spettatrice si fa in due per riuscire<br />
a vedere tutto, proprio tutto : più che osservare<br />
partecipa, ficca il suo naso curioso e puntuto dovunque<br />
e prende parte all’allegro turbinare di cose, case,<br />
persone…”.<br />
[Andrea e Simone]<br />
“Ritroviamo qui il tema<br />
del combattimento eroico:<br />
uomini, cavalli in corsa, vessilli che sventolano sulle lance<br />
formano un unico grande movimento impetuoso ed inarrestabile.<br />
L’impeto si esprime in un turbinare di zampe, l’assalto si<br />
muove lungo la linea delle lance aguzze. L’azzurro e il grigio in<br />
contrasto con i bruni dei nemici in trincea e dello sfondo evocano<br />
l’armatura dei cavalieri antichi”.<br />
[Giorgio, Lorenzo e Alessandro]<br />
<strong>Il</strong> secondo esercizio di lettura dei dipinti ha utilizzato invece il confronto: abbiamo preso<br />
alcuni quadri futuristi, che ci hanno particolarmente colpito e li abbiamo accostati ad opere<br />
abbastanza vicine <strong>nel</strong>lo spazio e <strong>nel</strong> tempo, scelti perché hanno qualche somiglianza nei<br />
soggetti o nei temi. Ci rendiamo naturalmente conto che i nostri confronti sono abbastanza<br />
arbitrari e i commenti poco competenti, ma il nostro sforzo è stato rivolto a comprendere un<br />
po’ meglio la novità e la specificità degli autori futuristi.<br />
Questi due quadri sono stati accostati per la somiglianza tra i cavalli che mal<br />
sopportano le redini, oltre che per le pen<strong>nel</strong>late dall’andamento curvo che<br />
sottolineano il movimento delle teste degli animali, in contrasto con le linee oblique<br />
delle briglie impugnate dagli uomini. E qui si ferma la somiglianza. I cavalli, pur<br />
focosi, del primo dipinto si lasciano condurre dall’auriga, mentre gli uomini di<br />
Boccioni vengono trascinati dai cavalli del cantiere, pronti a trasformarsi in tanti<br />
Pegaso. <strong>Il</strong> movimento vorticoso al centro della scena si trasmette, in alto a destra,<br />
<strong>nel</strong>lo slancio verticale degli edifici in costruzione e, sulla sinistra, <strong>nel</strong>la processione<br />
inarrestabile di uomini in marcia, guidati da un tram. La forza degli dei è scesa<br />
sulla terra, <strong>nel</strong>lo sforzo di edificazione del mondo moderno.<br />
Nessuna somiglianza se non <strong>nel</strong> tema in questi dipinti che presentano entrambi<br />
l’avanzare delle masse <strong>nel</strong>la storia. Avanzare forte e pacato <strong>nel</strong> primo dipinto,<br />
dirompente e agitato <strong>nel</strong> secondo. I colori del primo quadro sono quelli della<br />
terra, <strong>nel</strong> secondo quelli forti, allegri, contrastanti della città e della rivolta. Qui<br />
la gente costituisce un cuneo che penetra e travolge tutto, il rosso trasmette lo<br />
stato d’animo degli uomini, focosi e determinati. Le linee di forza della loro spinta<br />
travolge ogni cosa. Abbiamo letto in alcuni testi che Russolo non era un granchè<br />
come pittore, essendo un musicista d’avanguardia, ma a noi quest’opera è piaciuta<br />
molto e pensiamo che anche Marinetti ne sia stato soddisfatto.<br />
Questi due quadri sono stati<br />
dipinti <strong>nel</strong> medesimo anno, il 1911<br />
ed entrambi rappresentano una<br />
donna, vista da dietro, con le mani<br />
raccolte, che guarda davanti a sé,<br />
protendendosi in avanti. Incredibile<br />
che queste due opere abbiano<br />
tanti elementi in comune, perché ci<br />
sembrano distanti anni-luce.<br />
Nel primo il paesaggio è<br />
sfumato,quasi evanescente,<br />
con colori come il verdino e il<br />
violetto sicuramente detestati dai<br />
Futuristi; <strong>nel</strong> secondo, infatti, i<br />
colori sono tanti, netti e squillanti.<br />
La differenza non sta soltanto <strong>nel</strong><br />
paesaggio romantico e crepuscolare di campagna al quale viene contrapposto<br />
l’immagine viva e dinamica della città in piena luce. <strong>Il</strong> paesaggio del dipinto di<br />
Landi sfuma in lontananza e sembra portare con sé la malinconica signora in primo<br />
piano; le case, le persone, la luce, tutti gli elementi del secondo quadro assediano<br />
la donna al balcone che, anche se non le vediamo il volto, immaginiamo curiosa e<br />
partecipe.<br />
I CONFRONTI IMPROPONIBILI<br />
(Chi disprezza ama?)<br />
Accostando quadri vicini <strong>nel</strong> tempo, abbiamo scoperto le differenze.<br />
Abbiamo invece provato, un po’ per gioco (ma non del tutto) ad accostare ad alcune opere<br />
dei Futuristi quadri o sculture lontani <strong>nel</strong> tempo, appartenenti a quei capolavori del passato<br />
del quale che i nostri artisti volevano fare piazza pulita.<br />
162 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 163 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Angelo Landi, L’attesa<br />
(Tramonto).<br />
Umberto Boccioni, Visioni<br />
simultanee.
Leonardo, La Gioconda<br />
Umberto Boccioni, Volumi<br />
orizzontali.<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
Questi i risultati del nostro test semiserio:<br />
È proprio lei, la detestata – per la verità da Marinetti – Gioconda, a ritornare<br />
<strong>nel</strong>la figura dinamica ma composta della madre dell’autore, con le mani raccolte<br />
in grembo e in primo piano, <strong>nel</strong> contorno ovale che racchiude, nonostante la<br />
scomposizione, la figura, nei toni non chiassosi<br />
del dipinto, <strong>nel</strong> volto appena appena girato e<br />
luminoso, <strong>nel</strong> paesaggio intorno alla persona<br />
ritratta?<br />
È possibile rappresentare il movimento<br />
che “taglia” lo spazio, scolpire la rapidità<br />
dell’incedere, che non riguarda solo la persona,<br />
ma che permea la realtà che sta intorno – <strong>nel</strong>la<br />
quale lascia il segno –, senza portare <strong>nel</strong>l’anima la<br />
divinità antica?<br />
Nike di Samotracia.<br />
Umberto Boccioni, Forme<br />
uniche della continuità.<br />
Niente di più in contrasto della staticità di Guidoriccio e<br />
il dinamismo del cavaliere moderno. E allora? Eppure la<br />
figura di Boccioni non sta cavalcando per sport né per<br />
divertimento: è un cavaliere alla conquista del suo mondo.<br />
Là ci sono da conquistare fortificazioni, torri e castelli, qui<br />
fabbriche e tralicci.<br />
Dopo il confronto col passato, quello con il futuro.<br />
Sempre di calciatori si tratta, ma non c’è dubbio su quale<br />
farebbe la gioia di un allenatore dei nostri giorni. <strong>Il</strong> primo giochicchia lezioso,<br />
invece il secondo è esplosivo, corre frenetico in tutto il campo, forte di testa, di<br />
gambe e di cuore. “Attacca lo spazio”, come si usa dire oggi.<br />
Ciao, Mascotte di Italia 2000.<br />
Umberto Boccioni,<br />
Dinamismo di un footballer.<br />
164 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 165 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Simone Martini, Guidoriccio<br />
da Fogliano.<br />
Umberto Boccioni, Elasticità.
Trovato il futurista?<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
ANDIAMO AL MUSEO<br />
È giunto ora il momento di uscire dalla classe ed andare al Museo di Santa Giulia dove<br />
ci attende una mostra di quadri futuristi, appartenenti ai Musei civici e qui esposti <strong>nel</strong><br />
Centenario del <strong>Futurismo</strong> proprio per il nostro progetto didattico.<br />
Che cosa avrebbero detto i Futuristi se ci avessero visto arrivare <strong>nel</strong>le due salette a loro<br />
destinate entrando in un millenario monastero benedettino, sfiorando colonne con antichi<br />
capitelli, gettando un’occhiata sui sottostanti mosaici di domus romane e passando tra<br />
elementi architettonici e sculture della remota età comunale?<br />
Probabilmente “tutto ok”. In fondo, per arrivare “sulla cima del mondo” dalla quale Martinetti<br />
& C. lanciavano la loro “sfida alle stelle” non avevano dovuto poggiare i loro piedi su strati di<br />
civiltà come noi camminiamo con i nostri sui diversi livelli della nostra città? E poi la breve<br />
durata della mostra non è più vicina alla loro sensibilità che non la collocazione stabile in una<br />
sala dell’odiato museo?<br />
Da parte nostra ci affrettiamo all’appuntamento con “Le vie del <strong>Futurismo</strong>” di buon passo,<br />
prima che i dipinti riprendano la loro tranquilla e riservata esistenza nei depositi.<br />
Dopo il rientro a scuola, abbiamo dedicato un paio<br />
d’ore a ricordare i quadri e a discutere sull’impressione<br />
che ci avevano lasciato. Ci siamo poi divisi i compiti:<br />
uno o più di noi hanno scelto un dipinto ed hanno<br />
raccolto i giudizi loro e dei compagni.<br />
Questa rosa dei venti ci serve per orientarci <strong>nel</strong>la<br />
pittura futurista. Abbiamo ricavato le coordinate dal<br />
Manifesto tecnico. Ci rendiamo conto che il nostro<br />
disegno è troppo ordinato e precisino per l’arte che<br />
vogliamo giudicare: i Futuristi ne avrebbero inventata<br />
una più dinamica e multicolore. Ma una bussola deve<br />
essere precisa, non fantasiosa.<br />
“All’ingresso della mostra ci accoglie questo grande ritratto che<br />
fatichiamo a collegare al movimento futurista, anche se sappiamo che<br />
il pittore Romolo Romani, unico <strong>bresciano</strong> in mostra, era fra i firmatari<br />
del primo Manifesto dei pittori futuristi pubblicato su un volantino di<br />
“Poesia”. Per la verità ci sembrava un ritratto abbastanza convenzionale<br />
e realistico, prima che lo guardassimo un po’ più da vicino: allora ci<br />
ha colpito il contrasto tra l’espressione intensa volto, tratteggiato con<br />
grande cura a matita, e alcuni tratti della figura come le mani, appena<br />
abbozzate. Anche lo sfondo,che in un primo momento ci sembrava un<br />
tradizionale paesaggio divisionista è ottenuto applicando dense virgole<br />
di colore che, invece di delineare chiaramente il paesaggio, lo rendono<br />
sfumato, quasi evanescente.”<br />
[Luca]<br />
166 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 167 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
“In un primo momento questo<br />
dipinto non ci è piaciuto<br />
particolarmente: forse preferiamo<br />
opere meno astratte, <strong>nel</strong>le quali<br />
possiamo riconoscere figure o<br />
personaggi. Poi ci ha colpito il<br />
dinamismo della composizione, il<br />
modo vivace di assemblare ritagli,<br />
caratteri tipografici e tocchi di<br />
colore per celebrare, forse, la<br />
velocità con la quale i giornali ci<br />
coinvolgono <strong>nel</strong> caotico svolgersi<br />
degli avvenimenti.<br />
[Paola e Francesco C.]<br />
“L’alpino è ritratto in una posa statica, quasi stanca, con le spalle curve e il<br />
viso rivolto verso il basso. Ma i colori vivaci, la scomposizione della figura e<br />
dell’ambiente in figure geometriche accostate con grande libertà e dipinte<br />
con i tocchi veloci della tecnica divisionista rendono, a nostro parere,<br />
questa scena più vivace e dinamica.”<br />
[Giorgio e Francesco B.]<br />
“Pur così diversi i due ritratti hanno<br />
qualcosa in comune: la scomposizione<br />
del personaggio che comunque<br />
risulta fortemente caratterizzato, la<br />
compenetrazione figura-ambiente. Alcuni<br />
di noi preferiscono il primo per i colori<br />
vivaci e chiari, per l’ambiente più ricco di<br />
elementi che movimentano la scena, per<br />
le lame di luce che favoriscono la fusione<br />
della figura con quanto la circonda. Altri<br />
sono colpiti dall’intensità di espressione e<br />
di atteggiamento dello scrittore ritratto, dalla forza degli occhi e del pugno<br />
serrato, dalla piega sprezzante della bocca, dalla ribellione delle ciocche<br />
scomposte. La scomposizione ci sembra ottenere un forte effetto plastico e<br />
la dinamicità della scena è esaltata dalle forme coniche e avvolgenti della<br />
manica e dei panneggi. Piacciono anche i colori per la contrapposizione dei<br />
bruni con il verde e l’azzurro deciso”.<br />
[Giorgio, Alessandro e Alberto]<br />
Romolo Romani, Ritratto di<br />
Giacomo Dalai.<br />
A sinistra, Mario Nannini,<br />
La Nazione.<br />
Achille Lega, Alpino al caffè<br />
Achille Lega, Ritratto della<br />
madre.<br />
Sotto, Neri Nannett, Ritratto<br />
dello scrittore Rivosecchi.
Lucio Venna, Simultaneità.<br />
Mario Nannini, Figure +<br />
paesaggio.<br />
R.M. Baldessari, Treno dei<br />
feriti.<br />
Gino Galli, Dinamismo<br />
meccanico e animale.<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
“I due paesaggi con figure in un primo momento<br />
ci erano sembrati abbastanza simili per la<br />
scomposizione e la compenetrazione dei piani; in<br />
entrambi il soggetto è ancora leggibile e questa<br />
riconoscibilità dà sicurezza a noi abituati ad una<br />
pittura più classica. Ci è stato fatto notare come<br />
in questi dipinti non è presente la prospettiva<br />
che conferisce profondità ma anche distacco tra<br />
ambiente e figure: i diversi piani sono decisamente<br />
avvicinati a noi, quasi “sbattuti un faccia”<br />
per coinvolgerci meglio. Ci sembra però che,<br />
nonostante il titolo, Simultaneità sia più statico<br />
rispetto al dinamismo del secondo dipinto”.<br />
[Rebecca]<br />
“All’inizio la<br />
scena dipinta ci è<br />
sembrata troppo<br />
statica per un quadro futurista, anche se forse ciò<br />
è dovuto al tema dolente dell’arrivo dei soldati dal<br />
fronte; poi abbiamo notato i potenti fasci di luce<br />
elettrica che illuminano con effetto drammatico<br />
la scena. L’ambiente della stazione è tutt’altro<br />
che realistico e la prospettiva non è certo quella<br />
tradizionale: alla scomposizione dell’ambiente si associa quello del nome della<br />
città. I colori, meno chiassosi che in altri quadri, sono particolarmente adatti, con<br />
il contrasto tra il livido grigio-verde della scena e il giallo dei fasci di luce, ad<br />
esprimere i dolore della situazione.<br />
[Lorenzo e Luca]<br />
“È ai primi posti <strong>nel</strong>le nostre preferenze questo<br />
dipinto che accosta due soggetti come il cavallo<br />
e la motocicletta, simbolo del dinamismo e<br />
della velocità. La strada – con le sue linee<br />
oblique convergenti – corre verso l’orizzonte, il<br />
paesaggio ai lati fugge via veloce, le distanze<br />
si annullano e perfino il cielo ci viene incontro.<br />
Ci piacciono i colori e la contrapposizione delle<br />
linee curve e rette.<br />
[Greta, Alessandro e Simone]<br />
“Due quadri del<br />
medesimo autore ci sembrano esprimere bene l’idea<br />
stessa del dinamismo attraverso la circolarità delle<br />
forme che sembrano roteare <strong>nel</strong>lo spazio attraversate<br />
da linee curve che paiono lampi di luce. Moto, luce,<br />
colori vivaci e forti ci fanno apprezzare quell’oggetto<br />
misterioso che è per noi la pittura astratta”<br />
[Francesca]<br />
Julius Evola<br />
Five o’ clock tea.<br />
Fucina-studio di rumori.<br />
168 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 169 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
“Questo è uno dei dipinti che ha riscosso tra di noi<br />
maggior successo: ci è apparso chiaro il movimento<br />
dei pesci espresso attraverso la simultaneità:<br />
vediamo il muso che si avvicina al vetro e la coda<br />
che guizza.<br />
I segni colorati del loro girare in tondo formano un<br />
gioco di linee quasi astratto. Ci piacciono i colori<br />
brillanti e le lame di luce, ci danno un senso di<br />
dinamica allegria.”<br />
[Paola e Claudia]<br />
“Questo è il dipinto che è piaciuto di più: i colori, applicati a piccoli<br />
tocchi decisi, accentuano il dinamismo affidato alle linee che partono<br />
sinuose per acquistare in seguito un forte slancio verso l’alto. Ci<br />
sembra che le forme astratte trasformino un paesaggio di vette in<br />
un’ascensione dell’anima. I colori sono intensi e luminosi. È retorica<br />
dire che qui si trovano unite poesia e forza?”<br />
[Elisa]<br />
“In confronto agli altri quadri<br />
questo ci è sembrato poco<br />
futurista, nonostante la scomposizione<br />
geometrica più evidente negli abiti e <strong>nel</strong>lo<br />
sfondo sulla destra, lo sfondo lasciato<br />
grezzo, le pen<strong>nel</strong>late nervose e il collage<br />
con gli inserti di giornale.<br />
Forse è l’atmosfera da piazza di paese,<br />
provinciale e silenziosa – lontana dalla<br />
vita caotica ma ottimistica della città tanto<br />
amata da Boccioni – che ci spiazza.”<br />
[Gloria]<br />
“A scuola abbiamo lavorato con dipinti di Futuristi della prima generazione<br />
e fino a questo momento abbiamo ritrovato echi della loro pittura nei<br />
diversi quadri della mostra. Questo però ci sembra completamente diverso<br />
per la vivacità dei colori stesi in modo uniforme, per le forme solide e<br />
tondeggianti, per una specie di allegria contagiosa che il dipinto trasmette,<br />
con lo scherzetto dell’ombra che assume una vita propria dietro alla<br />
bagnante con l’ombrellino. Depero ci è sembrato meno serio, più lieve e<br />
scherzoso dei suoi amici Boccioni, Carrà , Russolo e ci è venuta in mente<br />
una sua fotografia che lo ritrae simile ad un folletto un po’ cresciuto.<br />
Contemporaneamente ci siamo ricordati di alcuni versi di Aldo Palazzeschi,<br />
che in un’altra poesia si era definito “<strong>Il</strong> saltimbanco dell’anima mia”.<br />
…<br />
<strong>Il</strong> poeta si diverte,<br />
pazzamente,<br />
smisuratamente!<br />
Non lo state a insolentire,<br />
lasciatelo divertire<br />
…<br />
[Gloria e Isidora]<br />
Gino Galli, Insieme dinamico<br />
e coloristico di una pesciera.<br />
Gerardo Dottor, Forze<br />
ascensionali.<br />
A sinistra, Emilio Notte, La<br />
piazza.<br />
Sotto, Fortunato Depero,<br />
Bagnanti.
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
DA UN’IGNORANZA AD UN’ASSENZA<br />
Ritornati a scuola, confrontate le nostre impressioni, abbiamo scoperto di avere qualcosa<br />
di nostro da dire sui quadri che abbiamo visto, ma non siamo certamente sembrati così<br />
loquaci alla dottoressa Bersotti che ci ha accolti in mostra, ci ha invitati ad osservare e ci ha<br />
stimolato con domande alle quali abbiamo risposto a monosillabi.<br />
Qual era la ragione della nostra performance poco disinvolta?<br />
Le poche righe che il nostro libro di Arte dedica ad ogni argomento trattato non sono certo<br />
sufficienti a dare ai più interessati di noi qualcosa di più di una superficiale conoscenza.<br />
Diapositive, filmati aiutano, ma non sostituiscono un’esperienza dal vivo come quella che<br />
abbiamo appena commentato. Per fare solo un esempio, noi possiamo ben aver letto<br />
sul testo di storia le caratteristiche della città dell’età comunale, ma niente può sostituire<br />
una passeggiata tra le strette vie dietro S. Faustino e nessuna lettura si dà più l’idea<br />
dell’ammassamento urbano <strong>nel</strong>la città comunale che vedere la cupoletta di S. Faustino in<br />
riposo soffocata dagli edifici che le stanno intorno.<br />
Possiamo dimenticare il teorema di Pitagora, ma finchè campiamo sapremo riconoscere<br />
un’altana.<br />
E accanto al Rinascimento spiegato sui libri, quello di Raffaello e Leonardo, noi possiamo<br />
affiancare quello – vissuto dal vivo – di Romanino e Moretto presenti <strong>nel</strong>le chiese e<br />
soprattutto in Pinacoteca.<br />
Ma dopo il Settecento, arrivati all’età contemporanea, più nulla.<br />
Eppure sulla copertina di un Oscar Mondatori che raccoglie le poesie di Montale abbiamo<br />
riconosciuto il dipinto “Forze ascensionali” di Dottori e con stupore abbiamo letto che si trova<br />
in “Brescia, Civica Galleria d’Arte Moderna”. Quale galleria?<br />
Abbiamo chiesto un po’ in giro ed un insegnante della nostra scuola si è ricordato di aver<br />
visitato, mentre frequentava il liceo artistico, la galleria, che aveva sede in Santa Giulia. Una<br />
collocazione provvisoria, se è vero che a fianco erano ospitati i profughi dalla Libia.<br />
Per questa galleria erano stati acquistati i dipinti futuristi che abbiamo visto noi, accanto<br />
ad alcune opere qui collocate, appartenenti ad un famoso collezionista nostro concittadino,<br />
Achille Cavellini che dal 1947 aveva raccolto, a detta degli esperti, la più ricca collezione<br />
privata italiana di dipinti – italiani e stranieri – del secondo dopoguerra. Sembrava che il<br />
comune fosse interessato ad acquisirla, ma purtroppo non si è fatto nulla e le opere sono<br />
state vendute altrove.<br />
Da allora il monastero è stato ristrutturato, è nato il Museo della Città, ma<br />
contemporaneamente i dipinti e le sculture moderne hanno preso la via dei depositi, dai quali<br />
sono emersi in poche sporadiche occasioni o per essere prestate a mostre lontano dalla<br />
nostra città.<br />
Paradossalmente, <strong>nel</strong> 1982, mentre con un nuovo Regolamento l’Amministrazione Comunale<br />
stabiliva i compiti della Galleria d’arte moderna contemporanea, questa era in realtà un<br />
fantasma. Le uniche opere visibili, ma a pochi, sono i numerosi pezzi che continuano ad<br />
arredare uffici pubblici, ambienti “a rischio” dal punto di vista della conservazione.<br />
<strong>Il</strong> centenario del <strong>Futurismo</strong> è stata l’occasione per ritrovare, restaurare, ed offrire a noi<br />
studenti queste tele: e se fossero solo l’avanguardia di esposizioni più ricche? Bisogna aver<br />
fiducia <strong>nel</strong> futuro!<br />
IN GIRO PER LA CITTÀ<br />
In ogni classe c’è sempre un futurista (ma i prof continuano a preferire i passatisti).<br />
Prima di uscire insieme sul <strong>territorio</strong> abbiamo dato uno sguardo rapido alla società bresciana<br />
di inizio secolo.<br />
Abbiamo aperto la bresciana “Storia per date dalla preistoria al 1980” di Franco Nardini e fra<br />
gli avvenimenti riportati per il fatidico 1909 leggiamo:<br />
25 aprile A seguito di referendum popolare favorevole (89,6%) l’A.S.M. assume il servizio<br />
di produzione e distribuzione di elettricità a Brescia.<br />
4 luglio C’è gran festa <strong>nel</strong>l’alta Valcamonica: il<br />
treno arriva a Edolo. Nello stesso giorno a Brescia<br />
si apre in corso Magenta il Salon Parisien: è il primo<br />
cinematografo.<br />
8 agosto Si apre a Brescia con grande successo<br />
l’Esposizione internazionale di elettricità.<br />
8 settembre Nella campagna di Montichiari.si tiene il<br />
primo circuito aereo internazionale di Brescia con gare<br />
obbligatorie e libere. L’americano Curtiss vola per 50<br />
chilometri e il francese Rougier, salendo a m. 198,50,<br />
batte il record del mondo in altezza…” .<br />
Brescia sembra essere quasi la capitale del<br />
<strong>Futurismo</strong>!<br />
LE DUE ANIME DELLA CITTÀ<br />
Effettivamente la nostra città, produttrice di armi, “Brescia la ferrea” cantata da Carducci si è<br />
sempre dedicata alla lavorazione dei metalli e vede fiorire molte officine di piccole dimensioni<br />
– ma di grande professionalità – che si specializzano <strong>nel</strong>la meccanica. Sul finire del secolo Paolo<br />
170 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 171 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
Bertolotti apre in città una concessionaria di automobili, i fratelli Chizzolini mettono in funzione<br />
un’officina che si occupa di automobili e si deve all’inventiva di Giovanni Rovetta un cambio dei<br />
rapporti di velocità tra motori e ruote.<br />
Nel 1908 la neonata fabbrica di automobili Brixia Zust partecipa al giro del mondo New York-Parigi.<br />
Ecco sfrecciare lungo corso Zanardelli, l’auto potente del Cav. Florio che, soddisfatto della sua<br />
partecipazione alla riuscitissima”Settimana automobilistica” del 1904, deciderà di istituire per gli<br />
anni seguenti la ricca Coppa Florio, con ben 20.000 lire di premio per il vincitore del circuito Brecia-<br />
Cremona-Mantova-Brescia.<br />
I temerari che sfrecciavano con sprezzo del pericolo, e talvolta con rischio dell’incolumità degli<br />
spettatori, erano comunque a Brescia sempre applauditi da una folla festante.<br />
Nel 1909, come abbiamo visto, Brescia diventa la capitale del volo aereo.<br />
Al Primo Circuito internazionale aereo di Brescia assiste, <strong>nel</strong>la pianura<br />
di Montichiari, il bel mondo, personalità come D’Annunzio, Toscanini,<br />
Puccini ed il re Vittorio Emanuele III onorò della sua preseza: fra i giornalisti<br />
venuti da tutto il mondo un giovane Franz Kafka manda il suo resoconto<br />
dell’avvenimento.<br />
Moderna <strong>nel</strong>l’animo, Brescia artisticamente era lontana dalle novità delle<br />
avanguardie.<br />
Abbiamo messo fianco a fianco i manifesti che pubblicizzano i grandi<br />
eventi automobilistici e aviatorii, con una Vittoria alata seminuda (in quello<br />
del 1906) o (<strong>nel</strong> 1909) più castigata e riconoscibile ma ugualmente<br />
svolazzante, trasformata in entrambi i casi in un tipo femminile sicuramente<br />
detestato dai Futuristi.<br />
Passati numerosi anni, due dipinti futuristi mostrano una ben diversa<br />
interpretazione della velocità e si preparano ad influenzare i manifesti<br />
successivi.<br />
A questo fermento industriale e sportivo <strong>nel</strong>la nostra città non<br />
corrispondeva un uguale spirito di ricerca e di modernità in altri campi.<br />
All’inizio del nuovo secolo “la realtà culturale della città appare<br />
inadeguata” 14 ai tempi. <strong>Il</strong> sostegno e la promozione culturale è affidata infatti all’Ateneo,<br />
benemerito per la riscoperta di Brescia romana e per la fondazione del Museo Patrio, ma portato<br />
a “privilegiare, <strong>nel</strong> campo delle arti, l’indirizzo storicistico rispetto a prospettive più moderne” 15 .<br />
Una Brescia dalla doppia anima, dunque: lo stesso D’Annunzio che apprezza il rombo dei circuiti<br />
automobilistici e partecipa alle avventure<br />
aviatorie la pone, dedicandole una poesia, tra le<br />
“Città del silenzio”.<br />
A Brescia non c’è un’Accademia: gli aspiranti<br />
artisti sperano <strong>nel</strong> “Pensionato Brozzoni”,<br />
una borsa di studio che permette ai vincitori<br />
di andarsene per completare gli studi,<br />
un’occasione di crescita ma spesso anche di<br />
distacco definitivo dalla città.<br />
D’altra parte il gusto dei committenti bresciani<br />
non ama le opere dei Ritrattisti, degli Internisti,<br />
dei Laghettisti, dei Montagnisti irrisi oltre i loro<br />
demeriti <strong>nel</strong> Manifesto dei pittori futuristi?<br />
Anche a questa città operosa, ma artisticamente<br />
provinciale, i nostri artisti portano il loro<br />
messaggio rivoluzionario.<br />
Abbiamo ricavato le precedenti informazioni da<br />
testi trovati <strong>nel</strong>le Biblioteche di quartiere 16 .<br />
Per sapere, invece, come i Bresciani abbiano<br />
accolto il “verbo” di Marinetti & C bisogna<br />
andare in Emeroteca, dove sono raccolte pubblicazioni dell’epoca, che danno notizia delle “Serate<br />
futuriste”. Dato il poco tempo a disposizione per la nostra ricerca ed il desiderio di insegnanti di<br />
diverse discipline di averci tutti per loro in classe, abbiamo fatto ricorso all’aiuto del dottor Ennio<br />
Ferraglio che ha letto per noi con attenzione gli articoli di La Provincia e de La senti<strong>nel</strong>la bresciana,<br />
che hanno preceduto e seguito l’esibizione di Marinetti al teatro Sociale.<br />
Questa vignetta di Boccioni illustra bene,<br />
forse con un pizzico di autoironia, lo spirito<br />
delle Serate futuriste: l’allegra confusione, i<br />
protagonisti sopra le righe, l‘orchestra senza<br />
violini ma ricca di tromboni e grancasse. E in<br />
mezzo l’esaltazione e la rissa.<br />
In fondo senza la rissa o, per lo meno, una<br />
forte contestazione a cui rispondere per<br />
le rime, i Futuristi non potevano ritenersi<br />
soddisfatti.<br />
In un libro del 1915, che la nostra insegnante<br />
ha ritrovato <strong>nel</strong>la sua biblioteca, “Guerra,<br />
sola igiene del mondo” pubblicato in francese 5 anni prima e, come compare <strong>nel</strong> riquadro sotto il<br />
titolo, “Tradotto (scopo propaganda) oggi”, la prima pagina è dedicata al gruppo: l’organigramma,<br />
diremmo con una parola moderna.<br />
Come si vede bene, un nutrito gruppo di artisti si occupa della propaganda e ne sono specificati i<br />
mezzi: PUGNI-MEGAFONO-LANCIO MANIFESTI.<br />
Poteva una serata futurista essere un semplice comizio con esibizione<br />
letteraria al seguito?<br />
Forse solo <strong>nel</strong>la prima delle due serate, quella del 2 febbraio 1914,<br />
Brescia ha risposto alle attese non tanto per “la folla enorme, comprese<br />
numerose e distinte signore”, quanto per il provocatorio lancio dal<br />
loggione, prima che Marinetti aprisse bocca, di “una pioggia di frutti, di<br />
erbaggi e di sudicerie”. Ma se la folla del loggione era in tumulto per<br />
“l’esposizione della parte politica del programma contenente un fiero e<br />
animoso attacco contro i socialisti”, ecco Marinetti ripetere instancabile<br />
l’apostrofe “imbecilli” con voce stentorea. Secondo noi si sarà goduto<br />
quei parecchi minuti di caos nei quali “vi furono, oltre a clamori e fischi e<br />
urli di protesta, dei pugilati” 17 .<br />
Non sappiamo se il nostro avrà gradito di più i ”fischi altissimi” o gli<br />
“applausi fragorosi”.<br />
Meno soddisfacente deve essere stata la Serata del 7 febbraio 1922,<br />
se “il pubblico <strong>bresciano</strong> è stato generalmente benevolo…durante lo<br />
172 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 173 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Da sinistra:<br />
Gerardo Dottori, La corsa.<br />
Tullio Raniero Mariani,<br />
Turbine Aereo.<br />
Fortunato Depero, Locandina<br />
pubblicitaria,1928.
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
svolgersi del programma…diversamente da quanto succedeva parecchi anni or sono” 18 . È proprio<br />
segno, come ritiene l’articolista, che il pubblico ha compreso il futurismo o non piuttosto che ormai<br />
Brescia, che per Martinetti “se non è futurista non è neppure passatista” guarda ormai a questi<br />
avvenimenti con curiosità e divertimento, non certo con passione?<br />
La doppia anima di Brescia si mostra anche <strong>nel</strong>l’aspetto urbanistico e architettonico. Da un lato<br />
vengono velocemente abbattute le vecchie mura che per secoli hanno “costretto” la città e ne<br />
soffocano l’espansione, dall’altro i nuovi edifici rispecchiano un gusto “retrò” e storicista: stile<br />
neogotico per chiese e villette, neorinascimentale per le palazzine della prima periferia, neobarocco<br />
per gli edifici più grandi, il tutto condito con un pizzico di liberty, ma soprattutto con un insieme di<br />
motivi decorativi che soddisfano la fantasia dei committenti.<br />
Siamo partiti dalla nostra scuola – in una giornata fredda e nebbiosa – e, per giungere <strong>nel</strong> centro<br />
storico, abbiamo attraversato la fascia costruita in prossimità delle mura.<br />
Avevamo, come bibbia, ancora un manifesto, “L’architettura futurista” di Sant’Elia, che ci indicava<br />
come distinguere il bene dal male anche in questo campo. In realtà, fra gli scritti letti, ci è sembrato<br />
il più facile da capire.<br />
Ed ecco, in una casa costruita dopo la grande Guerra<br />
“la gioconda insalata di colonnine ogivali, di foglione<br />
secentesche, di archiacuti gotici, di pilastri egiziani, di<br />
volute rococò…” 19 .<br />
Ed ancora, in una<br />
palazzina d’impronta<br />
neorinascimentale,<br />
“il solito bussolotto<br />
passatista di mattone e<br />
di pietra”, unito ad un<br />
balconcino che ricorda<br />
quello di Giulietta e<br />
Romeo.<br />
Proprio a ridosso di Porta Pile, oggi piazzale Cesare Battisti, troviamo questa pittoresca villa<br />
neomedievale dell’architetto Egidio Dabbene, il medesimo che, quasi di fronte, firma per casa<br />
Migliorati un audace accostamento eclettico che vede una leggiadra decorazione liberty sopra un<br />
edificio bugnato che sembra un’imprendibile fortezza.<br />
Già ormai all’interno della città vecchia abbiamo visitato<br />
il Santuario delle Grazie, dell’architetto-artista Tagliaferro,<br />
che lo progetta sia negli spazi che negli arredi (rilievi,<br />
mobili, ferri battuti…) in uno stile prevalentemente<br />
neogotico di grande suggestione, grazie anche agli<br />
affreschi preraffaelliti di Faustini e Bertolotti.<br />
Sant’Elia si sarà rivoltato <strong>nel</strong>la tomba, ma alcuni di noi<br />
hanno trovato il santuario molto bello – e molto caldo<br />
– visto che eravamo infreddoliti!<br />
La nostra meta era però Piazza della Vittoria, l’intervento<br />
moderno realizzato tra il 1929 e il 1932, <strong>nel</strong> cuore<br />
storico della città tra le tre storiche piazze della Loggia,<br />
del Duomo e del Mercato del Lino.<br />
PIAZZA DELLA VITTORIA: FUTURISTA O PASSATISTA?<br />
A giudicare dallo scarso amore di una parte della<br />
popolazione, che la giudicava troppo moderna,<br />
sembrerebbe prevalere in questo intervento lo spirito<br />
futurista.<br />
A cominciare dalla riflessione, alla base della loro filosofia,<br />
che ciò che era nuovo e funzionale <strong>nel</strong><br />
passato diventa privo di senso <strong>nel</strong> presente.<br />
Da una ricerca fatta da studenti della nostra<br />
scuola alcuni anni fa, abbiamo appreso<br />
che il quartiere delle Pescherie era, <strong>nel</strong><br />
Cinquecento, il meglio che la Repubblica<br />
veneta aveva concepito per organizzare<br />
con igiene e decoro, oltre che senza frodi, il<br />
sistema dei mercati della carne, del pesce e dei cereali.<br />
Quello che era un quartiere modello si era però trasformato, alla fine<br />
dell’Ottocento, in un “nucleo impuro… ingombrato e oppresso da una selva di<br />
luride catapecchie… intersecato di viuzze luride fiancheggiate da lerci abituri… ”,<br />
come scrivevano i giornali dell’epoca.<br />
Ritroviamo qui – più forti – gli accenti del primo Manifesto, “lo scricchiolar dell’ossa dei palazzi<br />
moribondi sulle loro barbe di umida verdura”, solo che la mancanza di luce a Brescia non<br />
permetteva nemmeno all’umido muschio di<br />
crescere.<br />
Futurista è anche la rapidità con la quale si<br />
fa piazza pulita di un intero quartiere, come si<br />
può notare <strong>nel</strong>l’immagine delle demolizioni.<br />
E poi la ricostruzione.<br />
<strong>Il</strong> cantiere del primo grattacielo italiano in<br />
cemento armato, la torre INA, ricorda certo,<br />
con lo slancio verticale e la struttura di ferro<br />
“la città che sale”.<br />
Quando però si tratta di rivestire il grattacielo,<br />
ecco i mattoni rossi ricordare il glorioso<br />
passato da libero comune della nostra città, come i rivestimenti di marmo bianco di altri edifici<br />
rimandano alla gloria di Roma imperiale. <strong>Il</strong> marmo rosa di Verona serve, <strong>nel</strong>l’arengario - altro nome<br />
che arriva dritto dritto dal Medioevo - ad effigiare gli avvenimenti principali della storia di Brescia,<br />
mentre la disposizione circolare delle formelle scolpite dal Maraini ricollegano la rivoluzione fascista<br />
al periodo augusteo della nostra città.<br />
Ed i riferimenti storici non finiscono qui; dopo il passato romano e comunale, ecco la celebrazione<br />
del periodo veneto. La forma ad elle della piazza riprende la<br />
vicina piazza della Loggia, ma costituisce un omaggio a piazza<br />
S.Marco di Venezia; con la Basilica divenuta il laico palazzo delle<br />
poste ed il campanile di S. Marco che ha assunto l’aspetto del<br />
grattacielo INA.<br />
Nell’immagine di sinistra il palazzo Perogalli riprende lo stile<br />
della loggia del Capitanio di Palladio, caratterizzata dalle<br />
imponenti colonne che giungono fino al tetto.<br />
Nella fotografia d’epoca la facciata del Palazzo della RAS<br />
richiamava, con la sua policromia, il celebre Palazzo Ducale di<br />
Venezia.<br />
Se dunque vogliamo trovare il vero spirito futurista, dobbiamo<br />
cercarlo in altri interventi: <strong>nel</strong>la galleria Tito Speri, che buca<br />
il colle Cidneo per collegare centro e parte nord della città<br />
174 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 175 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Tullio Crali, Incuneandosi<br />
<strong>nel</strong>l’abitato.<br />
Una vignetta, riferita ad<br />
un altro intervento può<br />
tranquillamente sottolineare<br />
la veloce costruzione di<br />
Piazza della Vittoria.
A. Sant’Elia, La città nuova.<br />
progetto 7 Alla ricerca dei futuristi<br />
in espansione, <strong>nel</strong> cavalcavia Kennedy, dal nome contemporaneo ma<br />
progettato prima dell’ultima guerra per superare la ferrovia che limita<br />
ormai la città, <strong>nel</strong> progetto della prima autostrada italiana, la Brescia-<br />
Milano, così moderna da costituire un esempio per il Nuovo Mondo, se<br />
ingegneri statunitensi vennero a Brescia per studiarla.<br />
Parlano le insegnanti<br />
Ancora una precisazione metodologica. Le osservazioni prodotte in<br />
autonomia dagli alunni sono state riquadrate o messe tra virgolette. Nelle<br />
diverse attività svolte dagli insegnanti e dalla dottoressa Bersotti in classe,<br />
al museo o in città sono state poste al gruppo degli alunni domande-stimolo perché riuscissero<br />
(anche in collaborazione coi compagni) a trarre dai testi, dai dipinti, dalle opere che avevano davanti<br />
i temi, il linguaggio e l’intenzione comunicativa degli autori.<br />
La sintassi con la quale sono state riordinate e trascritte le loro osservazioni orali e scritte appartiene<br />
agli insegnanti: sono nostri i “d’altra parte”, i “da un lato”, i “dunque”e gli “allora” posposti.<br />
<strong>Il</strong> linguaggio, invece, che non è quello usato spontaneamente dai ragazzi della scuola media <strong>nel</strong>le<br />
loro usuali comunicazioni, è frutto di un impegno di insegnanti e alunni per utilizzare la ricchezza<br />
e la competenza linguistica che spesso i giovani dimenticano di possedere. Ricchezza e proprietà<br />
della nostra lingua che vanno salvati dall’estinzione almeno come la foca monaca o l’orso panda.<br />
NOTE<br />
1 F. T. MARINETTI, Manifesto del <strong>Futurismo</strong>, in Marinetti e il<br />
<strong>Futurismo</strong>, Milano, Mondatori, 1973.<br />
2 Ibidem.<br />
3 Ibidem.<br />
4 Ibidem.<br />
5 Ibidem.<br />
6 Ibidem.<br />
7 MIMNERMO, Al modo delle foglie, in S. QUASIMODO, Lirici<br />
greci, Milano, Mondatori, 1960.<br />
8 F. T. MARINETTI, Manifesto del <strong>Futurismo</strong>, in op. cit.<br />
9 Ibidem.<br />
10 A. SANT’ELIA, L’architettura futurista, in Marinetti e il<br />
<strong>Futurismo</strong>, Milano, Mondatori, 1973.<br />
11 A. PALAZZESCHI, Umberto Boccioni: itinerario di<br />
un’avventura critica, in L’opera completa di Boccioni, Milano,<br />
Rizzoli, 1969.<br />
12 J. LE GOFF, La civiltà dell’Occidente medievale, Sansoni<br />
editore.<br />
13 F. T. MARINETTI, Contro l’amore e il parlamentarismo, in<br />
Guerra sola igiene del mondo, Milano, edizioni futuriste di<br />
“Poesia”, 1915.<br />
14 BRUNO PASSAMANI, Brescia fra tradizione e moderno, in<br />
Brescia postromantica e liberty 1980-1915, Brescia, Grafo<br />
edizioni, 1985.<br />
15 Ibidem.<br />
16 In particolare Aeroporti del Garda, BAMS edizioni, 1999 e<br />
ALBERTO REDAELLI, <strong>Il</strong> rombo <strong>nel</strong> cuore, Brixia edizioni, 1994.<br />
17 ENNIO FERRAGLIO, <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong>la stampa locale:<br />
cronache dall’esempio di Brescia, in Futuristi in Queriniana,<br />
Compagnia della stampa Massetti Rodella editori, 2009.<br />
18 A. SANT’ELIA, L’archietttura futurista, in op. cit.<br />
19 Ibidem.<br />
Chi e dove Liceo classico “Arnaldo” di Brescia<br />
Classi coinvolte Seconda liceo corso E<br />
Docenti referenti Molinari Paolo, Pierfabio Panazza<br />
L’occasione, determinata dalle iniziative volte a ricordare anche a Brescia il centenario di<br />
nascita del <strong>Futurismo</strong>, ha indirizzato lo spunto di ricerca della classe II E del Liceo Classico<br />
“Arnaldo” <strong>nel</strong> tentativo di approfondire il discorso su uno dei momenti più discussi e difficili<br />
della storia italiana.<br />
Aderendo al progetto delle “Le <strong>Vie</strong> dell’Arte: <strong>Il</strong> futurismo <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: simbolo,<br />
astrazione, modernità”, si è pensato di cogliere lo spunto offerto dalla concomitante apertura<br />
della mostra appositamente pensata e realizzata per questo progetto.<br />
<strong>Il</strong> percorso espositivo, con sede <strong>nel</strong>le sale del Museo della Città e curato di Elena Lucchesi<br />
Ragni con Maurizio Mondini, si è rivelato particolarmente interessante, essendo presentate<br />
numerose opere pittoriche da anni conservata nei depositi e quindi sostanzialmente inedite o<br />
superficialmente conosciute. Oltre alle sei opere di Romolo Romani, il più noto dei rappresentati<br />
bresciani del movimento futurista in quanto firmatario, con<br />
Boccioni, Carrà, Russolo, Bonzagni, del primo Manifesto dei<br />
pittori futuristi, pubblicato agli inizi del 1910 sulla rivista diretta<br />
da Tommaso Filippo Marinetti “Poesia”, il nucleo di notevole<br />
interesse è costituito da quattordici dipinti di ambito futurista,<br />
acquistate dai Musei Civici <strong>nel</strong> 1964 dalla Galleria La Medusa<br />
di Roma. In particolare hanno sollecitato lattenzione degli<br />
studenti due opere di notevole impatto visivo ed emotivo: Treno<br />
dei feriti di Roberto Marcello Baldessari, soprannominato Iras, e<br />
Alpino al bar di Achille Lega.<br />
In previsione del programma curricolare da affrontare<br />
l’anno prossimo e sollecitati dal lavoro di approfondimento<br />
che un nutrito gruppo di studenti sta facendo all’interno<br />
del progetto “I giovani e la memoria”, operante presso il<br />
Liceo. Composto da docenti e alunni, accomunati da un<br />
vivo interesse per la formazione civile, culturale e umana, si<br />
fonda su una continua integrazione tra “forza del presente”,<br />
realtà del passato e memoria collettiva, soprattutto del<br />
“900. Tali ragioni hanno convinto dell’opportunità di<br />
integrare l’analisi iconografica e storico artistica dei due<br />
dipinti con un approfondimento di taglio più strettamente<br />
storiografico, al fine di mettere in luce i fatti e gli<br />
avvenimenti che hanno determinato e condizionato le scelte<br />
espressive dei futuristi.<br />
176 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 177 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica:<br />
un approccio storico e artistico<br />
Copertina del saggio di<br />
Emilio Gentile “La nostra<br />
sfida alle stelle”. Futuristi in<br />
politica oggetto di particolare<br />
approfondimento da parte<br />
della classe.
Copertina del catalogo della<br />
mostra <strong>Futurismo</strong> e futurismi,<br />
a cura di Pontus Hulten<br />
e inaugurata a Venezia in<br />
palazzo Grassi (1986).<br />
Copertina del catalogo<br />
della mostra <strong>Futurismo</strong><br />
1909-2009. Velocità +<br />
arte + azione, a cura di<br />
Giovanni Lista e Ada Masoero<br />
inaugurata a Milano presso<br />
Palazzo Reale in occasione<br />
del centenario futurista<br />
(2009).<br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
In particolare è stata di importante aiuto la lettura del testo di Emilio<br />
Gentile, “La nostra sfida alle stelle”. Futuristi in politica, Roma-Bari, Laterza<br />
Editori, 2009.<br />
<strong>Il</strong> lavoro di coordinamento, attuato dal prof. Paolo Molinari (Storia e<br />
Filosofia) e dal prof. Pierfabio Panazza (Storia dell’arte), è consistito<br />
<strong>nel</strong>l’individuare all’interno del gruppo classe, due gruppi di ricerca che,<br />
scambiandosi periodicamente <strong>nel</strong>l’arco di circa tre mesi i risultati del loro<br />
lavoro, indirizzassero la loro attenzione sia sul versante dell’analisi storica,<br />
sia su quello dell’approfondimento sul piano estetico. In particolare, oltre<br />
al testo di Emilio Gentile, si sono<br />
tenuti presenti i cataloghi delle<br />
mostre sull’arte futurista <strong>Futurismo</strong><br />
e futurismi, a cura di Pontus Hulten,<br />
Milano, Bompiani, 1986; Aspetti del<br />
futurismo <strong>nel</strong>le collezioni bresciane,<br />
mostra a cura di Alessandra Corna<br />
Pellegrini e Bruno Passamani,<br />
Brescia, Apollonio, 2006; <strong>Futurismo</strong><br />
1909-2009. Velocità + arte + azione, a cura di<br />
Giovanni Lista e Ada Masoero, Milano, Skira, 2009.<br />
La voce della storia<br />
<strong>Il</strong> primato italiano: un dogma futurista<br />
“Ritti sulla cima del mondo, noi scagliammo, una volta<br />
ancora, la nostra sfida alle stelle!..”<br />
Con questa frase si concludeva il manifesto del futurismo, scritto da Filippo Tommaso<br />
Marinetti e pubblicato il 20 febbraio 1909 come editoriale sul quotidiano di Parigi “Le<br />
Figaro”.<br />
Nacque così un nuovo movimento di avanguardia che annunciava un nuovo ruolo degli artisti<br />
<strong>nel</strong>la vita politica. Questo nuovo modo di pensare e di agire, tramite “serate futuriste”, creò<br />
in molte città europee delle reazioni scandalizzate nei benpensanti e delle acclamazioni da<br />
parte dei giovani artisti. <strong>Il</strong> novello movimento artistico praticava con l’azione la ribellione<br />
contro l’ottimismo e il moralismo convenzionale dell’Europa liberale inneggiando alla guerra<br />
e alla rivoluzione. Prima del futurismo, <strong>nel</strong> vecchio Continente, altri gruppi di intellettuali si<br />
erano ribellati contro la cultura e l’arte. Ma l’originalità del movimento futurista sta <strong>nel</strong> suo<br />
completo rifiuto del passato.<br />
L’uomo nuovo vagheggiato dal futurismo era una creatura primordiale, animata da istinti<br />
violenti di conquista e di dominio, avidamente disposta a vivere nuove esperienze, a<br />
sperimentare nuove forme di cultura, di arte, di poesia, a dominare la natura trasformandola.<br />
Doveva essere in continua lotta con se stesso e con gli altri per non rimanere imprigionato<br />
<strong>nel</strong> tempo e <strong>nel</strong>lo spazio. E da un’iniziale esaltazione dell’aggressività si passò poi alla<br />
glorificazione della guerra come “sola igiene del mondo”.<br />
Marinetti, dopo la conquista della Libia, definì l’essenza dell’atteggiamento politico futurista<br />
affermando il dominio della parola Italia su libertà. Ricordando il decorso della parola libertà<br />
durante gli ultimi avvenimenti, disse che la parola doveva acquistare il massimo fulgore, il<br />
massimo valore dinamico.<br />
L’italianità diventò per i futuristi una categoria esistenziale. Si può affermare, inoltre, che<br />
non vennero mai elaborati né un concetto sociologico della modernità, né la definizione di<br />
italianità dai futuristi.<br />
Boccioni a sua volta asseriva doti di sintesi e superiorità degli italiani rispetto ai nordici. Con<br />
il futurismo l’Italia riconferma il suo primato dovuto in primis alla nazionalità che scaturisce<br />
fondamentalmente da una profonda volontà e da una caratteristica sensibilità, il cui carattere<br />
fondamentale era lo spirito costruttivo e organizzativo.<br />
La differenza tra il nazionalismo futurista e il movimento nazionalista massimamente<br />
rappresentato da Corradini consisteva <strong>nel</strong>l’avversare il clericalismo e l’autoritarismo.<br />
L’obiettivo era comune ai due movimenti: fondere l’italianità con l’assimilazione della<br />
modernità. Restavano differenti i metodi e l’atteggiamento verso la tradizione. Per Corradini<br />
la tradizione assumeva tutti i connotati di miglior collante possibile. <strong>Il</strong> futurismo, invece,<br />
rifiutò la tradizione storica come elemento di fusione per la legittimazione del nazionalismo.<br />
Boccioni, infatti, afferma che gli italiani erano senza passato, con chiara lettura contrastante<br />
tra modernità e culto della tradizione. Mentre il futurismo predicava un nazionalismo<br />
libertario, il movimento nazionalista di Corradini era imperniato sulla tradizione storica.<br />
Anticipatori di una nuova grandezza italiana, i futuristi dovevano avere il coraggio, secondo<br />
Boccioni, di distruggere e calpestare il passato. <strong>Il</strong> modello da creare era l’italiano nuovo,<br />
moderno. Marinetti sosteneva per l’italiano moderno l’odio del vecchio e l’amore del nuovo,<br />
determinando in sostanza una netta separazione fra nazionalismo e storicismo.<br />
Guerra e rivoluzione divenivano, pertanto, esperienze pedagogiche per la nascita di<br />
una nuova etica del coraggio. L’esaltazione della guerra era un carattere essenziale<br />
dell’entusiasmo futurista, che naturalmente aspirava all’ espansione coloniale ed auspicava<br />
per l’Italia una costante e maggiore aggressività <strong>nel</strong>la politica estera.<br />
Futuristi alla guerra<br />
Dopo lo scoppio della guerra <strong>nel</strong> 1914, i futuristi furono sicuramente i primi interventisti a<br />
manifestare in piazza le proprie ideologie a favore dell’interventismo italiano. Futuristi come<br />
Boccioni e Marinetti, che era considerato il leader di questo movimento, davano spesso<br />
voce alle proprie idee in luoghi pubblici quali la galleria Vittorio Emanuele, come attesta un<br />
documento del prefetto di Milano. <strong>Il</strong> più delle volte queste pubbliche dimostrazioni trovavano<br />
la disapprovazione popolare ed erano accompagnate da slogan che inneggiavano Francia e<br />
Italia e sbeffeggiavano l’Austria o la Germania<br />
I futuristi, infatti, consideravano la Francia la loro seconda patria intellettuale e appoggiavano<br />
e promuovevano la lotta per il primato della cosiddetta “civiltà latina” su quella teutonica, cui<br />
si univano propositi di espansionismo coloniale e mito della potenza italiana.<br />
178 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 179 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Filippo Tommaso Marinetti,<br />
Sintesi futurista della guerra,<br />
1914.
Filippo Tommaso Marinetti,<br />
Parole in libertà –<br />
Irredentismo, 1914 (Lugano,<br />
coll. privata).<br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
La guerra venne quindi accolta, oltre che per questi motivi, anche per realizzare l’idea futurista<br />
di una vita eroica. L’adesione ad essa fu totale ma disciplinata. Dopo la dichiarazione di<br />
guerra da parte dell’Italia <strong>nel</strong> 1915, persone appartenenti a gruppi di futuristi, tra cui lo stesso<br />
Marinetti, decisero di arruolarsi poiché ansiosi di combattere. Al fronte si mescolavano felicità<br />
e orgoglio con una rinnovata e rafforzata sensibilità per il tragico, in un continuo gioco di<br />
vita-morte. Accanto alle esperienza personali, vi era l’idea della guerra come rigenerazione<br />
collettiva, che avrebbe preparato l’uomo ad una nuova vita proiettata verso il futuro.<br />
Nonostante le delusioni dei lunghi anni passati in trincea e la cocente disillusione di una<br />
guerra breve, i futuristi non persero lo spirito entusiasta della guerra, lasciandosi travolgere<br />
dall’innovazione portata da essa e sicuri del fatto che la guerra avrebbe accelerato la<br />
rivoluzione futurista. L’accordo fra l’esperienza bellica degli arditi e il futurismo generò un<br />
nuovo tipo di italiano, l’arditofuturista.<br />
In conseguenza della guerra i futuristi iniziarono a rivendicare il ruolo di profeti armati<br />
della nuova Italia e si autonominarono ispiratori e guide della “rivoluzione italiana” per il<br />
dopoguerra. I propositi dell’azione politica futurista furono indicati da Emilio Settimelli <strong>nel</strong><br />
1917, e da qui ebbe inizio il nuovo corso <strong>nel</strong>la politica futurista, volta all’azione concreta. <strong>Il</strong><br />
29 luglio “L’Italia futurista” pubblicò un articolo di Marinetti, Movimento politico futurista, che<br />
raccoglieva i manifesti politici del 1909, del 1911 e del 1913, per rivendicare al futurismo<br />
il vanto e il merito di aver percorso la rinascita dell’italianismo e di aver profetizzato lo<br />
sconvolgimento rivoluzionario che avrebbe prodotto la guerra.<br />
Di grande interesse fu l’articolo di Settimelli, <strong>Il</strong> massacro dei Pancioni, segno che proponeva<br />
un orientamento diverso e nuovo per la politica del futurismo.<br />
”<strong>Il</strong> futurismo è democrazia. Noi siamo per la forza libera. Riconosciamo tutti i diritti alle<br />
classi lavoratrici e produttrici”. Al tipo dell’italiano nuovo, Settimelli aggiunge un’altra qualità,<br />
generata dalla fusione dell’inventività artistica con il senso pratico e la capacità di azione<br />
insegnata dalla guerra: la duttilità. I futuristi decidevano ora di passare alla vita politica, di<br />
vivere a contatto con le maggioranze affinché fossero accolti favorevolmente.<br />
“La duttilità futurista sarà la nuova tempera dei nuovi italiani”. L’arte non era che una parte<br />
del programma futurista. Sarà la parte più sviluppata e di maggior successo, ma non certo<br />
quella ritenuta – dagli stessi intellettuali futuristi – quella più rilevante.<br />
<strong>Il</strong> partito politico futurista<br />
L’11 febbraio 1918, in seguito alla disfatta di Caporetto, “L’Italia Futurista” pubblica il<br />
Manifesto del Partito Futurista italiano. Scritto da Marinetti troviamo al suo interno, oltre ai<br />
motivi tradizionali del nazionalismo modernista, un nuovo corredo di riforme istituzionali e<br />
sociali, un significativo accantonamento del bellicismo e dell’antisocialismo e una decisa<br />
presa di posizione contro il Vaticano e il clericalismo. <strong>Il</strong> punto più importante è la conclusione,<br />
dove si afferma la partecipazione attiva del futurismo alla politica. Marinetti cominciò presto<br />
a propagandare al fronte le idee del movimento politico futurista e <strong>nel</strong> luglio 1918 decide di<br />
lanciare l’idea di un partito politico futurista, definendolo come “nuova religione morale della<br />
forza e della velocità della novità del record e dell’oblio igienico”. Importante è l’intervento di<br />
Mario Carli <strong>nel</strong>l’agosto del 1918 grazie alle cui iniziative i rapporti tra arditismo e futurismo,<br />
prima, e tra arditofuturismo e fiumanesimo (impresa di Gabriele D’Annunzio tra il settembre<br />
1919 e il dicembre 1920), poi, andranno a congiungersi maggiormente. In seguito, con<br />
la collaborazione di Marinetti, Carli riesce a trasfigurare gli arditi in futuristi della politica,<br />
candidandoli ad essere la nuova aristocrazia dirigente della nuova Italia.<br />
<strong>Il</strong> nuovo partito politico futurista, fissate norme, regole, gerarchie, si presentava come<br />
180 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 181 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Carlo Carrà, Manifestazione<br />
interventista, 1914, collage<br />
su cartone (Venezia, Peggy<br />
Guggenheim Collection -<br />
Gianni Mattioli Collection).
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
un’associazione unita che, come affermava Roma futurista, tendeva a dar voce ai veri<br />
rappresentanti della nazione, a dare a tutte le classi educazioni e coscienza italiana: “Per<br />
la libertà, per la fraternità, contro l’assurda uguaglianza […]. Per il frutto del lavoro ai<br />
lavoratori”.<br />
Che cos’è il <strong>Futurismo</strong>? Fra le nozioni elementari presenti sul manifesto politico, è futurista<br />
“chi ama la vita, l’energia, la gioia, la libertà, il progresso, il coraggio, la novità, la praticità, la<br />
velocità”. Nella politica è futurista chi vuole abolire il papato, il parlamentarismo, il senato e<br />
la burocrazia, chi vuole abolire ogni forma di parassitismo industriale e capitalistico. Nell’arte<br />
è futurista chi odia i musei, i cimiteri, le biblioteche, il culturalismo, l’imitazione del passato e<br />
chi vuole rinvigorire e rallegrare l’arte italiana.<br />
Proposte che lasciano perplessi, ma che esprimono e trasmettono tanta voglia di cambiare,<br />
di respirare <strong>nel</strong>l’aria nuove e idee giovani e di rompere con un passato spesso doloroso e<br />
malinconico.<br />
“Noi futuristi vogliamo liberare la nostra razza sentimentale dall’orribile incubo della gelosia<br />
e del romanticismo estenuante, vogliamo che la donna in quanto femmina sia considerata<br />
un’animale da prendersi e niente più; in quanto anima e cervello un compagno degnissimo<br />
di tutta la considerazione e l’affetto”. Così Settimelli affermava riguardo alla concezione<br />
futurista della donna: l’antifemminismo del futurismo artistico prevaleva anche <strong>nel</strong> futurismo<br />
politico.<br />
<strong>Il</strong> partito futurista era particolarmente sensibile nei confronti dei giovani: “Non colpire mai i giovani<br />
mai”. Così Marinetti raccomandava a Carli, per il timore di allontanarli: il giovanilismo infatti fu uno<br />
dei miti principali del nuovo partito. “<strong>Il</strong> domani ai giovani […] <strong>Il</strong> mondo <strong>nel</strong>le loro mani!”.<br />
Uno dei principi fondamentali della politica futurista era quello di educare i giovani contro<br />
la vecchia scuola e contro la famiglia. Gino Galli proponeva al giovane: “Deridi il vizioso,<br />
bastona l’ubriaco, deridi il prete che veste come le donne; non inginocchiarti mai, non<br />
piangere mai […] considera come tuo nemico chiunque ti impedisca di urlare, cantare,<br />
ridere, correre, saltare liberamente”.<br />
Democrazia futurista<br />
La nuova democrazia italiana che veniva a formarsi avrebbe educato tutte le classi alla fede<br />
<strong>nel</strong>l’italianità, alla coesione più completa per trarre il massimo bene per tutti. In Democrazia<br />
futurista (1919) Marinetti cercò di giustificare il futurismo politico, rivendicando il nuovo<br />
partito come “unico <strong>nel</strong>la storia concepito e attuato da artisti”. Dopo il contributo allo<br />
sforzo bellico, i futuristi sentivano il bisogno di partecipare alla direzione politica dell’Italia,<br />
proponendo il proprio sogno rinnovatore e il proprio programma di libertà: il nascente partito<br />
futurista prospettava una libera democrazia che traesse la propria potenza dall’energia di<br />
tutto il popolo. <strong>Il</strong> futurismo politico risultava anticlericale, antimonarchico, antiparlamentare<br />
e antisindacalista e indicava abolizione del matrimonio, oltre a quelle di polizie e questure,<br />
ma faceva propria la partecipazione politica femminile, una vera e propria “rivoluzione<br />
antropologica” col fine di creare il “cittadino eroico”, coraggioso e pronto al rischio ma libero<br />
da tutto (anche dalla burocrazia statale) e indipendente. La massima libertà si sarebbe<br />
ottenuta riducendo leggi e burocrazia (sostituibile dall’italianità), facendo però grande<br />
affidamento sul patriottismo individuale, la “sublimazione di quell’attaccamento rispettoso<br />
che le buone e forti aziende ispirano ai loro partecipanti”. In politica estera rifiutava la<br />
Società delle Nazioni, in quanto la paura di una nuova guerra o di una rivoluzione era<br />
considerata una “indegnità”. La Società delle Nazioni significava quindi per i futuristi la<br />
negazione dell’interventismo militare; i propositi di espansione, infatti, erano prevalenti. In un<br />
articolo del 12 agosto 1917 Paolo Orano scriveva “La Dalmazia è nostra. Sarà nostra!”. Ma<br />
non mancavano le opinioni contrastanti: da una parte si schierava chi rivendicava l’Adriatico,<br />
Nizza, la Savoia e Malta, dall’altra chi sperava in un futurismo politico internazionale,<br />
proclamando che “l’uomo non è libero se non è egualmente libero in tutto il mondo”.<br />
<strong>Il</strong> nuovo partito politico futurista, associazione di temperamenti affini ed uniti per realizzare<br />
la “rivoluzione italiana”, come dice Enrico Rocca in “Roma Futurista” del 1919, è votato al<br />
sovvertimento di tutti quelli che allora erano considerati valori positivi. Si pensi all’esaltazione<br />
delle qualità della guerra, la feroce critica nei confronti di un utopico livellamento sociale ed<br />
economico e al favore con cui si guarda alla “dittatura dell’intelligenza”.<br />
Nel documento “Che cos’è il futurismo-nozioni elementari”, Marinetti, Settimelli e Carli,<br />
prima di presentare un’esposizione d’arte futurista, tratteggiano le caratteristiche, le idee<br />
e la condotta di chi è futurista <strong>nel</strong>la vita, <strong>nel</strong>la politica e <strong>nel</strong>l’arte. Per esempio, è futurista<br />
<strong>nel</strong>la vita chi è energico, coraggioso, pratico, audace; in politica è futurista chi desidera<br />
abolire il papato, il parlamentarismo, il senato, la burocrazia, le polizie (incoraggiando la<br />
difesa personale), l’esercito permanente (per sostituirlo con un esercito volontario); infine,<br />
è futurista <strong>nel</strong>l’arte chi odia ruderi, musei, cimiteri, biblioteche, l’imitazione del passato. Pur<br />
citando solo alcune delle caratteristiche dell’uomo futurista ideale si nota come ci si ostini<br />
<strong>nel</strong> prendere le distanze dal passato, dalla tradizione, per incoraggiare le creazioni ardite dei<br />
giovani, rivolti al futuro senza rimorsi né malinconie.<br />
Nella seconda parte del documento è presente una breve storia delle radici del futurismo in<br />
Italia, dove, a differenza di tutte le capitali europee, esso è stato denigrato da reazionari, preti<br />
e moralisti. <strong>Vie</strong>ne poi distinto il movimento futurista politico dal movimento futurista artistico,<br />
spesso incompreso e osteggiato, perché sempre in anticipo sulla lenta sensibilità del popolo,<br />
che si esprime in modo immediato attraverso il partito politico.<br />
Nel dibattito sul manifesto politico vi erano posizioni contrastanti su temi sociali e<br />
istituzionali. Nel campo istituzionale, per esempio, tra i futuristi politici prevaleva<br />
l’orientamento repubblicano, sebbene essi non volessero identificarsi con i seguaci di<br />
Mazzini. Giuseppe Bottai, deciso assertore della repubblica, <strong>nel</strong>l’ ”Ultimo appello” di “Roma<br />
Futurista” asserisce: così come abbiamo servito con fedeltà ed onore Sua Maestà oggi siamo<br />
disposti a sbarazzarcene il più cortesemente possibile.<br />
Posizioni contrastanti intervenivano anche sul tema dell’anticlericalismo. Per Marinetti e la<br />
maggior parte dei futuristi politici costituiva uno degli obiettivi principali del nuovo partito e<br />
Peloggio, <strong>nel</strong>le sue “Proposte” del 19 gennaio 1919, ribadisce che materialismo e ateismo<br />
devono regnare <strong>nel</strong> mondo futuro. Altri invece non accettavano che si distruggesse la<br />
venerazione dell’uomo verso l’ignoto che domina l’universo e chiedevano perfino di creare il<br />
prete futurista.<br />
182 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 183 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Giacomo Balla, La Guerra,<br />
1916 (Unicredit Group<br />
Collection).
Umberto Boccioni, <strong>Il</strong> bevitore,<br />
1914 (Milano, Civico Museo<br />
d’Arte Contemporanea).<br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
<strong>Futurismo</strong> e fascismo<br />
A partire dal 1919 la presenza e l’adesione dei futuristi influì sul fascismo, inteso come<br />
movimento politico. Entrambi basavano la loro alleanza sull’ideale combattentista e<br />
interventista, operando in chiave nazionalista e antibolscevica. Più che per il movimento<br />
era forte l’ammirazione per la persona di Mussolini, che per Carrà si presentava come<br />
l’incarnazione del “dramma di una generazione”.<br />
Un atro futurista che esprime simpatia per Mussolini, più precisamente per il suo giornale, é<br />
Emilio Settimelli; <strong>nel</strong> 1919 l’artista riconosceva il ruolo che Mussolini ebbe <strong>nel</strong>la costituzione<br />
dei Fasci Futuristi e ne ammira l’ingegno e il temperamento da “lottatore coraggioso”.<br />
Diversamente Marinetti, che ebbe un rapporto più stretto con il dittatore, lo incontrò<br />
personalmente molte volte e partecipò con lui alle prime dimostrazioni violente del partito<br />
fascista, sempre <strong>nel</strong> 1919. Tuttavia Marinetti non aveva un’alta considerazione del duce, a<br />
causa del suo temperamento e della sua aspirazione alla ricchezza; ecco cosa scrisse di lui:<br />
“Non è un gran cervello. <strong>Vie</strong>ne dal popolo e non lo ama più. Ogni giorno è diverso.”<br />
Oltre ad un legame personale nei confronti di Mussolini, i futuristi si riconoscevano quasi<br />
completamente <strong>nel</strong> fascismo. Secondo Marinetti, membro della commissione esecutiva dei<br />
fasci di combattimento, il fascismo rappresentava “una concezione politica assolutamente<br />
futurista, cioè antitradizionale, pratica, eroica, rivoluzionaria”. Vincenzo Fani Ciotti<br />
(soprannominato Volt), pur essendo critico verso Mussolini, riteneva il programma dei fasci<br />
“sostanzialmente identico al programma del partito politico futurista”. Pensava che le due<br />
istituzioni avrebbero finito per fondersi, poiché lo spirito che le animava era uno: quello<br />
dell’Italia dei combattenti. I movimenti non si fusero mai, probabilmente perché entrambi<br />
erano propensi a mantenere la propria autonomia. <strong>Il</strong> merito che i futuristi attribuivano a<br />
Mussolini era quello di aver introdotto in politica un tipo di organizzazione che appariva<br />
congeniale agli artisti e agli intellettuali futuristi, agevolando così il loro attivismo politico.<br />
Mussolini era certamente un politico conforme al futurismo, per la sua giovinezza, per<br />
la sua personalità, il passato di rivoluzionario convertito all’italianismo, per lo stile di vita<br />
e di lotta. La sua visione della vita moderna coincideva con l’immagine della modernità<br />
del nazionalismo modernista e del futurismo. Tuttavia, da parte di Mussolini, nonostante<br />
l’ostentazione della sua sensibilità per l’avanguardia artistica, la spregiudicatezza futurista<br />
veniva pur sempre giudicata ostica, a causa del suo senso estetico che tutto sommato<br />
risentiva di pregiudizi formali e moralistici tradizionali. Quando, <strong>nel</strong> novembre 1914, fondò<br />
“il Popolo d’Italia” per sostenere la campagna interventista, che gli costò l’espulsione dal<br />
partito socialista, Mussolini si rivolse agli scrittori di “La Voce” e di “Lacerba” per avere la<br />
collaborazione dell’avanguardia modernista. Successivamente, alla fine del 1918, quando<br />
dovette scegliere una via per la lotta politica, trovò tra i futuristi e gli arditi i compagni di<br />
strada più entusiasti, i più idealmente e psicologicamente affini. Poiché spesso i futuristi<br />
erano fra i dirigenti centrali e periferici dell’organizzazione fascista e fra i suoi più attivi<br />
militanti, riesce certamente difficile distinguere, <strong>nel</strong>la fluidità del fascismo del Diciannove,<br />
le più svariate componenti che vi confluirono. Le connessioni che avvicinavano futurismo<br />
e fascismo <strong>nel</strong> loro atteggiamento verso la vita erano l’irrazionalismo, l’antistoricismo, il<br />
pessimismo antropologico, l’entusiasmo tragico e attivo, il senso del movimento e il mito<br />
del futuro. Inoltre è molto importante il contributo del futurismo alla formazione dello stila<br />
fascista: <strong>nel</strong>le minoranze attive lo stile di comportamento ha una funzione fondamentale per<br />
definire l’identità dei valori <strong>nel</strong> gruppo. Ciò è tanto più importante per le minoranze attive<br />
che credono <strong>nel</strong> primato dell’azione: anche quando si dichiarano anti-ideologiche, la loro<br />
ideologia implicita si manifesta soprattutto <strong>nel</strong>le forme di organizzazione e <strong>nel</strong>le pratiche di<br />
lotta. <strong>Il</strong> fascismo, <strong>nel</strong>la sua fase originaria, fu largamente mutuato dal futurismo.<br />
<strong>Il</strong> fascismo assimilò lo stile arditofuturista, con l’idea di virilità e di antagonismo che esso<br />
esprimeva. Col tempo e con le trasformazioni delle forme originarie di lotta, il nucleo<br />
originario dello stile futurista incorporato dal fascismo si alterò. Lo stile fascista diede enfasi<br />
all’ordine e alla ritualità comunitaria, piuttosto che all’antagonismo. Dopo il congresso<br />
184 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 185 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Gerardo Dottori, Miracolo<br />
di luci volando (Virata sotto<br />
temporale), 1932 (Roma,<br />
Galleria Nazionale d’Arte<br />
Moderna).
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
fascista di Milano ( 23-25 maggio 1920), Marinetti, Carli e Nannetti, <strong>nel</strong> giugno, presero<br />
le distanze dai fasci di combattimento perché ritenevano che il fascismo fosse diventato<br />
conservatore e monarchico. Gli storici hanno accettato la giustificazione marinettiana ed<br />
hanno attribuito all’opportunismo di Mussolini la svolta a destra del fascismo, che avrebbe<br />
reso impossibile la convivenza con il futurismo rivoluzionario, repubblicano e ferocemente<br />
anticattolico. Questa interpretazione ha certo un fondo di verità, ma insiste troppo come<br />
cause della rottura sul calcolo interessato di Mussolini e sulla svolta fascista <strong>nel</strong> congresso<br />
del 1920.<br />
In realtà, i dissensi fra Marinetti e Mussolini, durante il congresso, furono soltanto un<br />
pretesto per recidere clamorosamente un’ alleanza che, per i futuristi, era in crisi da tempo.<br />
I motivi della fine dei rapporti col fascismo vanno ricercati principalmente <strong>nel</strong>le vicende<br />
del futurismo politico dopo le elezioni del novembre 1919. La sconfitta disgregò le poche<br />
forze fasciste e disorientò il futurismo. La diagnosi esatta di questa, fin dal suo inizio, fu<br />
fatta da Mannarese su “Roma Futurista”, il 14 dicembre 1919. Egli sostiene che, sorto con<br />
la guerra e con il compito preciso di condurla fino alla vittoria, ad ogni costo, il futurismo<br />
abbia adempiuto brillantemente la sua missione. Ottenuto il trionfo delle armi, il movimento<br />
si è però trovato <strong>nel</strong>la incomoda situazione dell’uomo che ha raggiunto l’ideale, ma vuole<br />
ancora lottare. La scapigliata gioventù futurista ha visto spegnersi con la guerra l’ideale<br />
che la illuminava, si è trovata senza uno scopo preciso. Dopo quasi un anno di agitazioni e<br />
di iniziative per cercare di conseguire risultati per la loro rivoluzione italiana, i futuristi non<br />
riuscivano ad avere sufficiente entusiasmo per continuare ad inseguire, senza successo,<br />
questo mito.<br />
La disillusione<br />
All’inizio del 1920 Roma Futurista passò sotto la direzione di Bottai, Balla, Galli e Rocca che<br />
annunciarono: “Non sarà un organo esclusivamente politico ma bensì: plastico, letterario,<br />
parolibero, musicale, rumorista, cinematografico e politico”. Per volere di Marinetti anche<br />
quel poco di politica rimanente venne abbandonato, nonostante la decisione non fosse<br />
condivisa dagli altri. Bottai, fascista antimonarchico, confidò di avere un’immensa fiducia<br />
<strong>nel</strong> futurismo, non nei futuristi. Vedendo infatti afflosciarsi lo spirito rivoluzionario si allontanò<br />
progressivamente dal futurismo, criticando l’atteggiamento marinettiano di “rimesticamento<br />
malinconico delle prime forme e delle prime manifestazioni futuriste” condiviso da molti<br />
giovani che copiavano ciò che i futuristi avevano fatto un decennio prima; tale atteggiamento,<br />
comprese Bottai, avrebbe portato all’esaurimento del movimento. Le stesse critiche confluirono<br />
poi <strong>nel</strong> libro di Ferruccio Vecchi Arditismo civile (Milano, Libreria ed. de L’Ardito, 1920).<br />
La gravità della crisi del futurismo politico e la divisione fra i gruppi che <strong>nel</strong> 1919 avevano<br />
costituito il fronte della “rivoluzione italiana” antibolscevica sono testimoniati da una serie<br />
di polemiche. Riguardo alle dimissioni di Marinetti dal fascismo, Celso Morisi sostenne che<br />
“rappresentavano solo un atto puramente personale senza ripercussioni ed influenze ulteriori<br />
sensibili”. Mussolini fece mostra di ignorare pubblicamente la rottura con i futuristi, ma in<br />
privato definiva Marinetti uno “stravagante buffone che vuol fare della politica e che nessuno,<br />
nemmeno io, prende sul serio”. Soltanto <strong>nel</strong>l’ottobre successivo parlò di un “processo<br />
automatico di purificazione e di chiarificazione”, che aveva allontanato dal fascismo i<br />
nostalgici dei vecchi partiti. I commenti più aspri vennero da “L’Ardito”, che con un articolo<br />
di M.Sammarco, “<strong>Il</strong> futurismo è morto?”, pubblicato il 27 giugno, scrisse che le dimissioni<br />
di Marinetti erano la manifestazione del “fallimento letterario” del futurismo, che già morto<br />
tentava di mostrarsi vivo assumendo atteggiamenti rivoluzionari. Bottai adottò invece un<br />
atteggiamento equanime cercando di capire le ragioni dei futuristi. Definì il futurismo un<br />
movimento di “innegabile importanza”, una reazione di fronte “ai patriottismi archeologici<br />
e alle smancerie classicheggianti in cui eravamo subissati”. Pensava che il futurismo fosse<br />
giunto al punto critico e che si dovesse uscire dall’equivoco di un rivoluzionarismo confuso.<br />
Fin dall’aprile, Bottai manifestò il suo fastidio per il ribellismo diciannovista. Si allontanò dal<br />
futurismo cercando di trovare una nuova via, “partendo soprattutto da concetti formativi ed<br />
educativi di una nuova elite; era convinto che la situazione del paese non consentisse la<br />
prosecuzione di una contestazione confusionaria che poteva giovare soltanto ai “rivoluzionari<br />
bolscevichi”. Egli sperava di favorire la trasformazione del futurismo che definiva un<br />
“movimento nostro”. Però, pochi giorni dopo la pubblicazione dell’opuscolo di Marinetti “Al<br />
di là del comunismo”, uscito <strong>nel</strong>l’agosto 1920, Bottai prese apertamente posizione contro<br />
il rivoluzionarismo futurista giudicandolo anarchico e passatista. “Speravo in un profondo<br />
senso d’umanità, in un’audacia meditata, e trovo invece un magnifico sforzo di originalità,<br />
cui non posso aderire, per non vederne le possibilità di bene attuale per l’Italia”.<br />
La rottura dell’alleanza fra futurismo e fascismo era solo un aspetto della crisi che investiva<br />
la convivenza dei movimenti della “rivoluzione italiana”, che fu concepita dal fascismo come<br />
restaurazione dello Stato da parte dei ceti borghesi. Ciò rappresentò invece il fallimento<br />
del sogno degli artisti futuristi, desiderosi di guidare una rivoluzione politica e morale per<br />
trasformare l’Italia.<br />
Nell’estate del 1920 il fascismo mostrò la volontà di assumere una funzione organizzatrice<br />
della politica delle classi medie. <strong>Il</strong> nuovo realismo fascista era inconciliabile con l’entusiasmo<br />
futurista per lo sperimentalismo anarcoide, rivoluzionario e italianista attuato <strong>nel</strong>la cittàstato<br />
dannunziana. Quando Marinetti e Carli lasciarono i fasci, i futuristi fiumani, come<br />
Forti, Cerati, Tozzetti-Targioni, Soldi e Somenzi, plaudirono: “Siamo con voi! Era tempo che i<br />
186 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 187 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Enrico Prampolini, Figura<br />
<strong>nel</strong>lo spazio I (Organismo<br />
<strong>nel</strong>lo spazio), 1937 (Rovereto,<br />
Mart).
Tullio Crali, Acrobazie in cielo,<br />
1930 (Coll. privata).<br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
futuristi riprendessero il loro posto di combattimento, soli, contro tutti i panciafichisti, contro<br />
tutti i tentativi di conciliazione impossibili. Pochi saremo più forti.”<br />
Futuristi contro Mussolini<br />
Fiume rappresentò per i futuristi il luogo ideale della “rivoluzione italiana”; l’impresa<br />
dannunziana venne vista da questi stessi artisti come un modello da imitare e assimilare.<br />
L’andata di Marinetti a Fiume rappresentò una sorta di legittimazione da parte di chi era<br />
stato precursore della “rivoluzione italiana”, ma egli si rese subito conto che d’Annunzio non<br />
era disposto a condividere con i futuristi il comando dell’impresa e ancor meno a seguire i<br />
consigli che lo stesso Marinetti gli propinava.<br />
<strong>Il</strong> 19 settembre il fondatore del futurismo considerava ormai conclusa la sua esperienza<br />
fiumana e il 30 settembre ripartì da Fiume, camuffato da ferroviere.<br />
I futuristi continuarono comunque ad alimentare il fiumanesimo, riconoscendo <strong>nel</strong><br />
governo dannunziano la prima realizzazione della rivoluzione futurista: “oggi comanda<br />
la poesia”, proclamava Carli. Mario Carli fu la figura più attiva del futurismo politico, egli<br />
fuse ne La Testa di Ferro (pubblicata a Fiume <strong>nel</strong> febbraio 1920) sia le caratteristiche<br />
dell’arditofuturismo che quelle del fiumanesimo.<br />
Ma anche a Fiume si riscontravano diffidenze da parte degli ambienti moderati verso il<br />
perpetuo ribellismo futurista; dal punto di vista pratico, la situazione mutò a danno dei<br />
futuristi a partire dall’aprile 1920; due mesi dopo Carli trasferì il suo giornale a Milano.<br />
Ancora una volta, l’entusiasmo rivoluzionario si scontrava con il realismo politico.<br />
L’ultima fase del futurismo politico può essere definita come “estate di San Martino” ed<br />
era caratterizzata da un rinascente fervore rivoluzionario. Nel pieno delle lotte operaie,<br />
il futurismo cercò di dare effetto al vecchio progetto di unire tutti i ribelli e condurli alla<br />
“rivoluzione italiana”. Questa nuova fase di “futurismo rosso” diede l’avvio a numerose<br />
polemiche con gli anarchici, che accusavano il futurismo a causa della passata alleanza con<br />
il fascismo; Carli – rispondendo a queste accuse – sottolineava il carattere libertario del<br />
movimento e protestava la diversità del futurismo dal fascismo, attenuata soltanto dalla fede<br />
nazionalista e italianista.<br />
<strong>Il</strong> futurismo politico si schierò a favore dei lavoratori e questa nuova alleanza – proposta da<br />
Forti – era il passo più avanzato fatto dal futurismo verso la nazionalizzazione del proletariato<br />
e la bolscevizzazione del futurismo. La rivoluzione piccolo borghese del futurismo si sarebbe<br />
realizzata quindi attraverso la rivoluzione sociale del proletariato.<br />
Nel settembre fu istituita a Roma l’Avanguardia futurista romana per far propaganda al<br />
fiumanesimo futurista; <strong>nel</strong> novembre, La Testa di Ferro lanciò l’invito a fondare club futuristi,<br />
perché “l’ora impone la massima attività di propaganda e il massimo di collegamento”.<br />
<strong>Il</strong> futurismo è passato da critica al fascismo ad antifascismo vero e proprio dopo l’abbandono<br />
della causa fiumana. Nel 1920, in un articolo, Mario Carli rievocava l’alleanza del 1919 con<br />
le forze fasciste per l’attuazione di riforme politiche e sociali, raccontando che inizialmente<br />
vi era una piena fiducia, in quanto il futurismo era un movimento apartitico, e quindi venne<br />
deciso di portare un vigoroso impulso al fascismo; in seguito, l’unico obiettivo fascista<br />
si dimostrò essere la lotta al bolscevismo, ma secondo Carli, ciò non bastava, perchè si<br />
sarebbe dovuto invece migliorare l’Italia. Infine l’autore criticava il bieco antibolscevismo<br />
fascista e il fatto che non appartenenti al partito entrassero <strong>nel</strong>le file dello stesso.<br />
188 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 189 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Fortunato Depero, Ingranaggi<br />
di guerra, 1923-26.
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
Secondo Carli l’unica speranza di cambiamento era rappresentato dai giovani fascisti,<br />
ma l’accettazione del trattato di Rapallo tra Italia e Jugoslavia e la mancata difesa della<br />
causa fiumana ruppero anche l’ultima speranza. L’ordine lirico del futurismo fiumanista era<br />
l’antitesi dell’ordine politico che il fascismo perseguiva per creare uno Stato nuovo.<br />
Allontanatosi dalla corrente del nazionalismo modernista, in seno al quale il futurismo aveva<br />
esordito <strong>nel</strong>la vicenda politica italiana della Grande Guerra, il movimento fiumano subì una<br />
profonda metamorfosi. I concetti della “rivoluzione italiana” intesa come sfida alle stelle<br />
e conquista della sovraumanità, cementata sul trinomio “modernità, italianità, potenza”,<br />
mutarono <strong>nel</strong>la ripresa di quegli ideali individualistici ed anarchici che tanto i futuristi<br />
avevano criticato. Ed è proprio l’atteggiamento di Marinetti a costituire l’elemento più<br />
interessante: il totale rifiuto della retorica della modernità, il patetico e malinconico ritorno<br />
dell’arte quale fonte vitale, distrazione dalla quotidianità e dalla ossessione politica. Nell’anno<br />
1919 e nei primi mesi del 1920, il futurismo politico aveva cercato di allearsi ai nuovi<br />
movimenti radicali per tentare e spingere l’entusiasmo rivoluzionario, aderendo al fascismo,<br />
all’impresa di Fiume, collaborando allo stesso tempo con la piccola borghesia nazionalista<br />
e con la sinistra anarchica e bolscevica. Dopo il 1920, <strong>nel</strong> momento in cui morirono o si<br />
trasformarono quei movimenti, anche il futurismo vide il suo fatale declino. Venne criticato<br />
e accusato di allontanare i giovani dalla politica e di promuovere una rivoluzione intesa<br />
solamente <strong>nel</strong> suo aspetto estetico. Le ultime azioni del futurismo politico avvennero a<br />
Milano con il tentativo di un complotto armato anarchico-futurista. Mario Carli, che venne<br />
arrestato in quell’occasione insieme a Carlo Cerati, decise poi di lasciare il futurismo,<br />
esprimendosi con dure parole nei confronti di Martinetti, accusandolo di voler costruire da<br />
solo un movimento artistico senza la collaborazione dei veri protagonisti e di coloro che lo<br />
avevano creato. Così il futurismo politico cessò di esistere, divenendo fuga dalla modernità<br />
sia come era concepita dal nazionalismo modernista, sia <strong>nel</strong> suo carattere proprio di società<br />
di massa, concentrandosi esclusivamente sull’individuo e dichiarando la fine dell’ambizione<br />
futurista. Con l’ascesa del fascismo e della modernità totalitaria, vennero delusi tutti i sogni<br />
rivoluzionari del futurismo che si dovette adattare al nuovo regime sopprimendo ogni ideale<br />
di democrazia. <strong>Il</strong>ludendosi ancora di marciare verso la conquista dell’impero e del primato<br />
italiano, continuarono a tenere la testa alta tra le file del partito fascista, pur coscienti ormai<br />
di aver perso la sfida verso la modernità.<br />
La voce dell’arte<br />
Uno dei temi tema cruciali <strong>nel</strong>l’immaginario futurista è sicuramente la guerra, sia per<br />
motivazioni di tipo ideologico, sia per ragioni che possiamo definire contingenti. La guerra<br />
è conflittualità naturale: la forza in grado di rigenerare sia la vita del singolo, sai quella della<br />
collettività, così come l’arte. “Non v’è più bellezza, se non <strong>nel</strong>la lotta. Nessuna opera che non<br />
abbia un carattere aggressivo può essere un capolavoro”; “Noi vogliamo glorificare la guerra<br />
– sola igiene del mondo – il militarismo...”. “La Guerra [...] è una legge della vita. Vita =<br />
aggressione. Pace universale = decrepitezza e agonia delle razze. [...] Soltanto la guerra sa<br />
svecchiare, accelerare, aguzzare l’intelligenza umana, alleggerire ed aerare i nervi...”, dice<br />
Marinetti <strong>nel</strong> manifesto In quest’anno futurista indirizzato agli “studenti d’Italia” e datato 29<br />
settembre 1914.<br />
E in effetti, dopo solo cinque anni dalla pubblicazione del primo Manifesto futurista, la<br />
guerra scoppia in tutta la sua virulenza squassando l’intero Vecchio Continente. La polemica<br />
futurista investe, com’è noto, il ritardato ingresso dell’Italia <strong>nel</strong>le operazioni militari e a<br />
quel periodo si rifanno alcune delle più note opere futuriste, basti citare le “dimostrazioni<br />
interventiste” di Balla (1915), le tavole parolibere di connessione bellica di Marinetti, ma<br />
anche i dipinti di Sironi (1915), di Conti (1918).<br />
In quest’ottica possiamo inserire la riflessione legata all’analisi dei due dipinti delle collezioni<br />
bresciane che più di altri sono connessi a tematiche di questa natura.<br />
Roberto Marcello (Iras) Baldessari, Treno dei feriti<br />
Roberto Marcello Baldessari (1894-1965), soprannominato Iras, nativo di Innsbruck<br />
da genitori roveretani, formatosi prima presso la Scuola Elisabettiana di Rovereto, poi<br />
all’Accademia di Venezia e infine alla Scuola di Santa Croce di Firenze, conobbe lungo l’arco<br />
della sua vita tutti i maggiori esponenti della principale avanguardia artistica italiana. Dopo<br />
una prima fase di aderenza ai modi pittorici boccioniani, Baldessari, stabilitosi a Firenze,<br />
sentirà l’influsso dell’ambiente futurista toscano, entrando in contatto coi più famosi pittori<br />
del tempo. Successivamente i suoi viaggi per l’Europa lo porteranno a conoscere artisti come<br />
Vorfemberge-Gildewart e Kurt Schwitters, che lo avvicineranno alla poetica Dada, mai però<br />
recepita dal pubblico italiano. Durante gli anni Trenta, accanto ad esperimenti <strong>nel</strong> solco del<br />
Secondo futurismo e dell’areopittura, si volgerà verso un recupero del figurativo, in linea con<br />
il clima del Ritorno all’ordine, che allora dominava la cultura artistica italiana ed europea. Egli<br />
si è concentrato soprattutto sulla pittura e <strong>nel</strong>l’incisione ed ha percorso la via del <strong>Futurismo</strong><br />
prima boccioniano e poi fiorentino.<br />
<strong>Il</strong> periodo in cui la sua arte è da considerarsi più matura è quello tra il 1918 e il 1922, <strong>nel</strong>le<br />
cui opere è da riconoscersi l’affinamento delle tipologie delle sue figure, la bilanciatura dei<br />
cromatismi, spesso dei bagni di apparente monocromia e infine l’inserimento di lettere e<br />
parole, non a collage ma dipinte.<br />
<strong>Il</strong> Treno dei feriti, del 1917-18, introduce una “meditazione umana” sul tema della guerra<br />
futurista che certo prende le distanze dai proclami interventisti del futurismo ortodosso,<br />
avvicinandosi piuttosto ad una revisione ideologico-sociale . Baldessari ricorda un episodio<br />
della sua vita durante il quale, accompagnato alla stazione di Vicenza dall’amico Rosai in<br />
partenza per il fronte, questi gli raccontò di avere ucciso un soldato-pittore mostrandogli<br />
pure un piccolo bloc-notes fitto di scritte e di disegni: “Leggi, tu che sai il tedesco” – gli disse<br />
porgendoglielo – “Capisci, voglio mandarlo ai suoi dopo la guerra, voglio dir loro che non ne<br />
ho colpa. È venuto giù come una valanga, non potevo scansarlo neanche a volerlo, capisci. Ed<br />
era un pittore come noi, un fratello! Capisci, devo ritornare lassù ad ammazzare altri fratelli,<br />
capisci!... Porca guerra sporca!”. Per Baldessari fu l’inizio di una sorta di incrinatura, una<br />
falla <strong>nel</strong> sistema che modificò i suoi rapporti con l’ortodossia futurista. Di lì a poco l’artista si<br />
volse decisamente alla rimeditazione di Cézanne e quindi si avviò ad una greve ricostruzione<br />
plastica vicina alla poetica del Novecento, al ritorno al rigore, al primitivismo, all’ordine che<br />
ha caratterizzato il primo dopoguerra dopo i furori delle avanguardie. Dopo questo periodo ha<br />
inizio per lui una serie di lunghi viaggi attraverso tutta l’Europa.<br />
190 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 191 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Roberto Marcello Baldessari,<br />
Treno dei feriti, 1917-18<br />
(Brescia, Civici Musei d’Arte<br />
e Storia).
Achille Lega, Alpino al bar,<br />
1917 (Brescia, Civici Musei<br />
d’Arte e Storia).<br />
progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica progetto 8 <strong>Il</strong> futurismo, la guerra, la politica<br />
L’opera, datata 1917-18, è un olio su cartone delle dimensioni di 35 x 61,5 cm, fi rmata<br />
in basso a destra “R.M. Baldessari”, venne realizzata dopo la profonda ed emozionante<br />
esperienza vissuta alla stazione di Vicenza, dove arrivavano i treni carichi dei feriti nei<br />
combattimenti al fronte.<br />
Esiste una seconda versione del dipinto, più grande della prima, ma meno espressiva;<br />
<strong>nel</strong> primo dipinto Baldessari è vicino alla scomposizione cubista; le fi gure infatti appaiono<br />
solide, sintetiche, colorate con pen<strong>nel</strong>late decise e forti, quasi a dare l’idea di quegl’istanti<br />
drammatici vissuti a Vicenza.<br />
Achille Lega, Alpino al bar<br />
<strong>Il</strong> dipinto, un olio su cartone di dimensioni 66,8 x 49 cm, è una delle più signifi cative<br />
opere di Achille Lega, nativo della provincia di Ravenna, pittore e incisore il quale si forma<br />
giovanissimo a Firenze sull’esempio degli ultimi rappresentanti della pittura macchiaiola,<br />
e frequenta, intorno al 1914, lo studio di Lodovico Tommasi. Abbandonata l’Accademia di<br />
Belle Arti, si avvicina all’ambiente della rivista “Lacerba” e, <strong>nel</strong> 1916, aderisce al movimento<br />
futurista, iniziando a frequentare il caffè delle Giubbe Rosse. Stringe amicizia con Carrà<br />
e soprattutto con Soffi ci e Conti con cui comincia a sperimentare la scomposizione,<br />
deformazione e sintesi degli oggetti e della fi gura. Nel 1917 dipinge “Ritratto della madre”,<br />
<strong>nel</strong> quale si ravvisano echi della pittura boccioniana, e “Vibrazioni atmosferiche di un<br />
aeroplano in volo”, uno dei primi esempi di aeropittura. Nel 1919, nonostante dipinga<br />
nuovi quadri futuristi, la sua ricerca avanguardistica comincia ad esaurirsi. <strong>Il</strong> ritorno dalla<br />
guerra di Soffi ci suo ‘maestro ideale’, determina la sua adesione al “ritorno all’ordine” che<br />
lo accomuna a quasi tutti gli altri componenti del gruppo futurista fi orentino. Nel 1922<br />
allestisce la sua prima mostra personale, tenuta alla Galleria Gon<strong>nel</strong>li di Firenze. In quel<br />
periodo si lega all’ambiente novecentista toscano, specializzandosi <strong>nel</strong>la pittura di paesaggio;<br />
collabora con disegni e scritti d’arte alla rivista “<strong>Il</strong> Selvaggio” e, <strong>nel</strong> 1926 e 1929, prende<br />
parte alle mostre milanesi del Novecento italiano.<br />
L’opera è datata 1917, una delle sue prime produzioni dunque dopo l’adesione alla corrente<br />
del movimento futurista, e ricorda molto il dipinto “<strong>Il</strong> bevitore” di Boccioni del 1914; in questo<br />
quadro però Lega realizza una composizione meno dinamica e stende il colore a piccoli<br />
tocchi di spatola, accentuando l’effetto statico dell’insieme.<br />
La fi gura di alpino, a mezzo busto seduto al tavolo di un caffè davanti ad una bottiglia e ad<br />
un bicchiere di vino, è isolata e immota <strong>nel</strong>l’atmosfera rarefatta del silenzio pensoso. Si tratta<br />
di un dipinto lontano dalle rutilanti atmosfere del futurismo vitalistico, mentre qui è molto<br />
evidente l’infl uenza del cubismo, soprattutto <strong>nel</strong>la composizione del volto e delle mani.<br />
I due dipinti bresciani più strettamente connessi alla tematica bellica, entrambi realizzati<br />
<strong>nel</strong> 1917 (l’anno cruciale per l’intero primo confl itto mondiale e sicuramente tragico e<br />
drammatico anche per i combattenti italiani), rappresentano una versione che potremmo<br />
defi nire quasi “introspettiva” della pittura futurista connessa alla rappresentazione della<br />
guerra.<br />
L’alpino di Achille Lega è ormai lontano dalle assordanti manifestazioni interventiste di Carlo<br />
Carrà e dalle dichiarazioni audaci di Marinetti sulla guerra o dalle sue parole in libertà in<br />
favore della svolta militarista della politica estera italiana. A prevalere sono, invece, il senso<br />
estremo dell’esistenza ed il dolore della vita umana sacrifi cata in una immane carnefi cina<br />
collettiva.<br />
Baldessari stigmatizza questi sentimenti anche con scelte cromatiche attutite ed una<br />
composizione strutturata secondo un ritmo rettilineo e ripetitivo, lontano sia dal senso<br />
vorticoso e dirompente della Guerra di Giacomo Balla del 1916, sia dalla successiva<br />
aeropittura di Gerardo Dottori, di Enrico Prampolini, di Tullio Crali, ma anche distante dalle<br />
ironiche e oniriche visioni di Fortunato De Pero. Un <strong>Futurismo</strong> più composto che, pur<br />
accogliendo aspetti innovativi e aggiornati rispetto alle posizioni dei principali fenomeni di<br />
“avanguardia”, è capace di guardare al dramma e alla sofferenza umane con una sensibilità<br />
poetica prossima a Ungaretti e a Saba.<br />
La Classe 2 Liceo Corso E<br />
Ballini Michela, Betti<strong>nel</strong>li Chiara, Bolla Cristiano, Calandra M. Giovanna, Cinquini Ketryn, Comini<br />
Beatrice, Conforti Francesca, Di Giacomo Sara, Faccin Enrico, Feltri Ester, Ghidini Marta, Ghidoni<br />
Flavia, Giffoni Enzo, Granziero Silvia, Guerini Anna, Losio Andrea Giorgia, Maggini Emanuele,<br />
Masserdotti Anna, Mondini Valentina, Mordenti Silvia, Pancheri Vittoria, Petteni Davide, Rizzini Daniele,<br />
Spiazzi Anna, Zani Paolo<br />
192 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 193 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
194 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 195 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Fondazione Ugo Da Como<br />
progetto 9 <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong>. “Composizioni dinamiche”<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna
Chi e dove Scuola Statale Secondaria di Primo Grado “C.Tarello” di Lonato<br />
Classi coinvolte Terze<br />
Docente referente Marina Casari<br />
progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo:<br />
composizioni dinamiche<br />
Anche quest’anno la partecipazione al progetto “le vie dell’arte”è stato un’occasione in più per<br />
sostenere quella che ritengo sia la principale finalità degli insegnanti di Educazione Artistica <strong>nel</strong>la<br />
scuola: avvicinare i ragazzi all’arte, affinché familiarizzino con processi immaginativi e creativi utili<br />
a comprendere il mondo circostante ed anche per fare emergere le potenzialità e la creatività di<br />
ognuno.<br />
<strong>Il</strong> laboratorio è stato proposto ad alunni dalle classi terze della scuola secondaria di primo grado “C.<br />
Tarello” di Lonato, perché l’argomento poteva essere maggiormente compreso da questi ragazzi che<br />
<strong>nel</strong> loro programma di studi trattano il Novecento.<br />
Vi hanno aderito 25 alunni.<br />
L’attività è stata avviata prendendo in considerazione soprattutto l’innovazione stilistica e la<br />
sperimentazione pittorica portata avanti dagli artisti futuristi, tralasciando l’aspetto ideologico.<br />
Ho proposto ai partecipanti la lettura di alcune opere futuriste; osservandone dettagliatamente gli<br />
aspetti compositivi e cromatici, analizzandone i contenuti, che cosa ci comunicano e perché.<br />
Inizialmente ci siamo soffermati sull’uso delle linee e sul loro significato.<br />
Dopo questa prima osservazione, i ragazzi sono passati alla fase operativa in un’esercitazione grafica,<br />
con l’uso di forme geometriche semplici e linee oblique, curve, a spirale, ecc. per esprimere “come i<br />
futuristi” l’idea del movimento.<br />
Dagli esercizi grafici sono poi passati alla trasformazione dei disegni in bassorilievi in creta, arricchiti<br />
con testure e scritte.<br />
Anche la colorazione dei bassorilievi è stata realizzata dopo aver fatto alcune considerazioni sul colore<br />
“futurista” ed osservato come questi artisti <strong>nel</strong>le loro opere, rinforzassero l’idea di movimento anche<br />
attraverso la frammentazione del colore steso in tante pen<strong>nel</strong>late che seguono gli andamenti lineari.<br />
In una fase successiva, avendo già acquisito una certa familiarità con la creta, ci siamo spinti<br />
oltre, prendendo spunto dalle opere di: Depero, Balla , Boccioni, Dottori, Severini; i ragazzi hanno<br />
rielaborato il paesaggio di Lonato, partendo da fotografie aeree, messe gentilmente a disposizione dal<br />
signor Mimini, lonatese appassionato di volo.<br />
Dopo la colorazione e cottura degli elaborati ciascun alunno ha creato un titolo adatto per la propria<br />
opera.<br />
progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche<br />
196 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 197 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche<br />
198 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 199 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche<br />
200 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 201 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>
progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche progetto 9 <strong>Il</strong> futurismo: composizioni dinamiche<br />
Elenco alunni che hanno partecipato:<br />
3A<br />
Albini Matteo, “movimento”<br />
Boulhalib Selma, “natura selvaggia”<br />
El Fetouaki Ibtisam, “dall’automobile”<br />
Gariup Sheryl, “paesaggio”<br />
Huss Nicolas, “movimento”<br />
<strong>Il</strong>luzzi Antonia, “paesaggio”<br />
Molinari Paola, “paesaggio”<br />
Mussa Matteo, “futuro in futuro”<br />
Ramazzotti Enrico, “movimento”<br />
3B<br />
Cerantola Massimo, “stati d’animo”<br />
Facchinetti Anna, “il gatto”<br />
Franceschini Irene, “Triangoli in movimento”<br />
202 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 203 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Maffi etti Palolo, “ritratto”<br />
Manfrè Luca, “il trenino partorito dal sole”<br />
Pereno Laura, “dall’aereo”<br />
Pluda Giulia, “paesaggio”<br />
Russi Sonia, “forme, colori, movimento”<br />
Salodini Giovanni, “sulla città”<br />
Trivini Stefano, “trenino partorito dal sole”<br />
3C<br />
Rambotti Nicola, “incuneandosi <strong>nel</strong>l’abitato”<br />
3D<br />
Adou Mare, “dinamico”<br />
Soregotti Michele, “composizione”<br />
3E<br />
Bordiga Simone, “L’ordine e il caos”<br />
Carpani Marzia, “forme geometriche”<br />
Roberti Marina, “pasticcio di colori e forme”
Ugo Da Como, a destra, Filippo<br />
Tommaso Marinetti.<br />
Chi e dove Liceo Paritario Paola Di Rosa - Lonato del Garda (Brescia)<br />
Classi coinvolte Quarta Liceo Scientifico - Quarta Liceo Pedagogico e Linguistico<br />
Docente referente anno scolastico 2008-2009<br />
Stefania Pozzi (lettere), Maria Gioia Casagrande (storia dell’arte)<br />
anno scolastico 2009-2010<br />
Stefania Pozzi (lettere), Luisa Rodella (laboratorio trattamento testi)<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
Quando gridammo: “Uccidiamo il chiaro<br />
di luna!” noi pensammo a te, vecchia<br />
Venezia fradicia di romanticismo!<br />
(F.T. Marinetti, U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, Contro Venezia<br />
passatista, 27 aprile 1910)<br />
Introduzione<br />
Ugo Da Como (18691941) - Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944): che<br />
cosa può accomunare due personalità significative della storia e della cultura<br />
italiana, se non il fatto che siano contemporanee?<br />
Ugo Da Como, dopo il ritiro dalla scena politica <strong>nel</strong>la casa di Lonato,<br />
sembra non curarsi delle provocazioni che andavano suggerendo i Futuristi<br />
a seguito della prima pubblicazione del Manifesto di Marinetti in Francia.<br />
Eppure sul lago di Garda e <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>, non lontano da Lonato,<br />
vive un personaggio come D’Annunzio, che si apre alle novità e partecipa<br />
intensamente al diattito culturale in atto.<br />
Non solo: proprio a Desenzano ha sede la Scuola di Alta velocità<br />
dell’Aeronautica militare e a Montichiari si realizza il primo circuito aereo<br />
<strong>bresciano</strong>...<br />
<strong>Il</strong> confronto tra l’atteggiamento del senatore Ugo Da Como, impegnato a dar<br />
vita alla sua importante Casa-Museo secondo una moda ancora ottocentesca,<br />
e i primi segnali di rinnovamento che si intravedono sul Garda è stato<br />
l’oggetto di tale progetto, che ha<br />
visto a conclusione del percorso la realizzazione del<br />
Lunario lonatese 2010 intitolato Garda dinamico: tra<br />
classicismo e modernità.<br />
I primi anni del Novecento sono stati segnati da forti<br />
cambiamenti culturali; la nascita di molte avanguardie<br />
determinano profonde trasformazioni nei canoni<br />
artistici-letterari. I principali movimenti, fatta eccezione<br />
per il <strong>Futurismo</strong>, si sviluppano fuori dall’Italia, che è<br />
dibattuta tra l’attaccamento alla tradizione e l’apertura<br />
alle innovazioni cui non sono estranee le scoperte<br />
tecnologiche e i nuovi mezzi di trasporto. Siamo <strong>nel</strong><br />
clima della Belle Epoque che vede Parigi come centro<br />
di irradiazione di novità con l’Esposizione Universale<br />
del 1889 durante la quale si inaugura la Tour Eiffel.<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
Con il nuovo secolo tutto diventa più rapido, <strong>nel</strong>l’arco di un decennio conquiste di<br />
incomparabile importanza cambiano il volto del mondo: macchine a vapore, motori a<br />
scoppio, elettricità…: se prima si viaggiava in carrozza o a cavallo, ora ci si muove in<br />
treno e in nave, si sfreccia in automobile. Si sperimentano ardite tecniche di volo, le città si<br />
illuminano di lampioni elettrici e i cieli si anneriscono dei fumi delle ciminiere.<br />
I Futuristi inneggiano al progresso che avanza, proiettandosi fiduciosi verso il futuro.<br />
Su tutto dominano i nuovi miti della modernità: dinamismo, velocità, progresso.<br />
Così scrivono gli artisti futuristi: “L’arte, prima di noi, fu ricordo, rievocazione angosciosa di<br />
un Oggetto perduto (felicità, amore, paesaggio) perciò nostalgia, statica, dolore, lontananza.<br />
Col <strong>Futurismo</strong>, invece, l’arte diventa arte-azione, cioè volontà, ottimismo, aggressione,<br />
possesso, penetrazione, gioia, realtà brutale, splendore geometrico delle forze, proiezione in<br />
avanti. Dunque l’arte diventa Presenza, nuovo Oggetto, nuova realtà creata cogli elementi<br />
astratti dell’universo. Le mani dell’artista passatista soffrivano per l’Oggetto perduto; le<br />
nostre mani spasimavano per un nuovo Oggetto da creare”. (da Balla - Depero, Ricostruzione<br />
futurista dell’universo, 1915).<br />
Elettricità o chiaro di luna?<br />
“Si udì gridare <strong>nel</strong>la solitudine aerea degli<br />
altipiani: – Uccidiamo il chiaro di Luna!<br />
Alcuni accorsero alle cascate vicine;<br />
gigantesche ruote furono innalzate, e le<br />
turbine trasformarono la velocità delle acque in<br />
magnetici spasimi che s’arrampicarono a dei<br />
fili, su per alti pali, fino a dei globi luminosi e<br />
ronzanti.<br />
Fu così che trecento lune elettriche<br />
cancellarono coi loro raggi di gesso<br />
abbagliante l’antica regina verde degli amori”.<br />
(F.T. Marinetti, Uccidiamo il chiaro di luna,<br />
aprile 1909).<br />
“Uccidiamo il chiaro di luna”: così intitolava<br />
Marinetti il secondo Manifesto futurista<br />
pubblicato <strong>nel</strong>l’aprile del 1909, dichiarando<br />
apertamente guerra a tutti i sentimentalismi,<br />
che per anni avevano influenzato il mondo<br />
letterario e poetico.<br />
<strong>Il</strong> mito romantico della luna, simbolo di<br />
sublime e misterioso, fissato <strong>nel</strong>le parole di<br />
tanti poeti e illustrato nei dipinti di tanti pittori,<br />
cede rapidamente il passo alla celebrazione<br />
della luce artificiale. <strong>Il</strong> lampione elettrico (che<br />
Giacomo Balla raffigurò <strong>nel</strong> famoso dipinto<br />
Lampada ad arco, Museum of Modern Art<br />
di New York, 1909-1911), diventa il simbolo<br />
del nuovo mondo e l’incantata immagine della<br />
luna si trasforma in un semplice retaggio del<br />
passato.<br />
Anche <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> gli anni tra fine Ottocento e inizio Novecento sono segnati dal<br />
rapido diffondersi dellelettricità. Lonato del Garda è uno dei primi centri della provincia a<br />
dotarsi di luce elettrica fin dal luglio del 1888.<br />
Nel 1889 la società milanese Fraschini, Porta & C. inaugura <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> a<br />
Calvagese sul Chiese una centrale idroelettrica, che negli anni seguenti diventerà una delle<br />
204 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 205 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Luce artificiale a Bedizzole<br />
(disegno ispirato al quadro di<br />
Giacomo Balla, Lampada ad<br />
arco, 1909-1911, New York,<br />
Museum of Modern Art).
Chiaro di luna sul lago<br />
a Desenzano (disegno<br />
liberamente ispirato a un<br />
dipinto della Fondazione<br />
Ugo Da Como con dedica in<br />
francese à mon amis Molmenti<br />
e firma di R. Curtis, 1848).<br />
Estasi <strong>nel</strong> vento a Desenzano<br />
(il disegno riproduce il<br />
monumento all’Alta Velocità di<br />
Desenzano).<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
più importanti del <strong>territorio</strong>; <strong>nel</strong> 1905 nasce<br />
la Società elettrica bresciana che più tardi<br />
avrà il monopolio <strong>nel</strong>l’erogazione dei servizi<br />
energetici pubblici e privati. Alla fine del<br />
1908 la provincia di Brescia conta già 206<br />
impianti funzionanti; oltre 120 comuni<br />
sono provvisti di illuminazione elettrica, 70<br />
stabilimenti industriali, quasi sempre edificati<br />
nei pressi dei bacini idrici, possiedono<br />
impianti propri per il movimento dei<br />
macchinari, per l’illuminazione dei laboratori<br />
e degli uffici.<br />
Non solo: proprio <strong>nel</strong>lo stesso anno di<br />
pubblicazione del primo Manifesto futurista,<br />
il 9 agosto 1909 Brescia ospita levento<br />
dellEsposizione dellElettricità.<br />
<strong>Il</strong> nuovo mito avanza, travolgendo il vecchio.<br />
Marinetti e i futuristi proclamano: “Alzati<br />
Paolo, afferra quella ruota!… io ti proclamo<br />
guidatore del mondo!… ma ahimè, noi non<br />
potremmo bastare al gran lavoro del binario<br />
futurista! <strong>Il</strong> nostro cuore è ancora pieno di un ciarpame immondo: code di pavoni, pomposi<br />
galli da banderuole, leziosi fazzoletti profumati!” ( da F.T. Marinetti, Uccidiamo il chiaro di<br />
luna, aprile 1909).<br />
E ciarpame appaiono ai loro occhi i versi con cui Leopardi si rivolgeva incantato alla<br />
luna, ciarpame sono i dipinti romantici come quello conservato in Fondazione Da Como<br />
raffigurante un chiaro di luna sul lago. <strong>Il</strong> quadro, datato 1848 a firma di R. Curtis, con dedica<br />
in francese à mon amis Molmenti, rimane allora silenzioso e timido testimone di un passato<br />
che i futuristi vogliono mettersi alle spalle: “Venga finalmente il regno della divina Luce<br />
Elettrica, a liberare Venezia dal suo venale chiaro di luna da camera ammobiliata” (da F.T.<br />
Marinetti, U. Boccioni, C. Carrà, L. Russolo, Contro Venezia passatista, 27 aprile 1910).<br />
206 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 207 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
La pallida dea, che dall’alto illumina le notti<br />
romantiche sul lago, cede il posto alla luce<br />
artificiale, energia di svecchiamento che<br />
aggredisce la cultura classicista.<br />
Ebbrezza del volo o ossessione<br />
dell’antico?<br />
“L’aeroplano che plana, si tuffa, si impenna,<br />
crea un ideale osservatorio ipersensibile<br />
appeso dovunque <strong>nel</strong>l’infinito, dinamizzato<br />
inoltre dalla coscienza stessa del moto che<br />
muta il valore e il ritmo dei minuti e dei<br />
secondi di visione-sensazione. <strong>Il</strong> tempo e lo<br />
spazio vengono polverizzati dalla fulminea<br />
constatazione che la terra corre velocissima<br />
sotto l’aeroplano immobile”. (Balla,<br />
Benedetta, Depero, Dottori, Fillia, Marinetti,<br />
Prampolini, Somenzi, Tato, Manifesto della<br />
aeropittura, 1929)<br />
<strong>Il</strong> volo è per i futuristi ebbrezza, energia<br />
vitale, corsa contro il tempo.<br />
<strong>Il</strong> <strong>territorio</strong> del basso Garda <strong>bresciano</strong> è stato testimone nei primi anni del Novecento di<br />
importanti eventi legati al volo. Lungo la Padana Superiore, che da Desenzano corre verso<br />
Rivoltella, circa a metà tragitto sulla sinistra sono ancora visibili le strutture della base<br />
Visione aerea di Lonato<br />
(disegno ispirato al quadro<br />
di Tullio Crali, Incuneandosi<br />
<strong>nel</strong>l’abitato, 1939, Rovereto,<br />
Mart).<br />
Un giro vorticoso sui paesi<br />
del Basso Garda tra il rosso<br />
dei tetti, il verde dei prati, il<br />
blu dello specchio d’acqua<br />
(disegno ispirato all’opera di<br />
G.Dottori, Volo su paese, 1930,<br />
Perugia, collezione T. Loreti).
Automobile in corsa sul ponte<br />
di Calcinatello (disegno ispirato<br />
a Velocità d’automobile di<br />
Giacomo Balla, 1913, Milano,<br />
Galleria d’Arte Moderna).<br />
In volo su Montichiari<br />
(disegno ispirato al manifesto<br />
pubblicitario del Primo Circuito<br />
Aereo <strong>bresciano</strong>).<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
aeronautica per il Reparto Alta Velocità dell’aeronautica militare aperto <strong>nel</strong> 1928 e attivo fino<br />
al 1932. La scelta per tale base era caduta sull’idroscalo di Desenzano, a quel tempo più al<br />
servizio personale di D’Annunzio che dell’Aeronautica Italiana.<br />
La nascita di una scuola per addestrare i piloti al volo di alta velocità fu ritenuta necessaria<br />
dopo l’esito della corsa internazionale Coppa Schneider vinta dagli inglesi a Venezia <strong>nel</strong><br />
settembre 1927. L’addestramento doveva abilitare i piloti a compiere lo speciale tipo di volo<br />
richiesto dal regolamento della gara, che consisteva <strong>nel</strong> percorrere per 7 volte un circuito di<br />
50 km a forma di triangolo acutangolo. Nell’aprile del 1928 <strong>nel</strong> cielo del Garda si ha il primo<br />
volo di idrocorsa che dà inizio all’attività della scuola di velocisti. <strong>Il</strong> 5 maggio 1928 Francesco<br />
Agello fa il suo ingresso all’idroscalo di Desenzano.<br />
Tra le più belle giornate vissute dai<br />
ragazzi della celebre V rossa spicca<br />
quella del 23 ottobre 1934, quando<br />
il maresciallo Francesco Agello<br />
batte il precedente record di velocità<br />
raggiungendo il limite di 709,202 km/<br />
h. Alle ore 14.56 Agello decolla su un<br />
apparecchio Macchi Castaldi 72 con<br />
motore Fiat AS6 per tentare il primato.<br />
L’impresa gli vale una medaglia d’oro<br />
per “l’eccezionale valore e ardire”.<br />
Oggi l’idroscalo di Desenzano<br />
dorme <strong>nel</strong> gran sonno dei ricordi,<br />
memorie che sarebbero più<br />
degnamente conservate e ammirate<br />
se l’ex aerobase venisse dotata di<br />
un museo con esposti i cimeli del<br />
glorioso Reparto Alta Velocità e<br />
se il grande parco fosse aperto al<br />
pubblico, dedicato a coloro che qui si<br />
immolarono per il civile progresso della<br />
tecnica e della scienza aviatoria.<br />
A ricordo della Scuola d’Alta Velocità a<br />
Desenzano in Piazza Matteotti resta il<br />
monumento, opera dello scultore Quaglino e<br />
dell’architetto Bordignon, che raffigura il corpo<br />
aerodinamico di una donna colpita dal vento<br />
mentre si libra alto <strong>nel</strong>l’aria alla conquista degli<br />
spazi infiniti del cielo.<br />
A Montichiari fin dal 1909 esisteva un<br />
campo di volo che negli anni seguenti<br />
diventa il luogo di addestramento per i nuovi<br />
piloti d’aereo; proprio lì si svolge dall’8 al<br />
20 settembre 1909 il Primo Circuito Aereo<br />
<strong>bresciano</strong>, prima competizione aerea d’Italia,<br />
i cui partecipanti, aviatori italiani e stranieri,<br />
gareggiano in velocità, altezza e pilotaggio.<br />
Ospite d’eccezione è lo stesso Gabriele<br />
D’Annunzio (a lui si deve il termine velivolo:<br />
“vocabolo di aurea latinità, velivolus, parola<br />
leggera, fluida, rapida”) che, decollato con<br />
l’americano Curtiss e l’italiano Calderara,<br />
dichiara: “È una cosa divina. Non penso che<br />
a volare ancora”. L’evento sarà seguito da<br />
migliaia di spettatori, tra i quali anche Kafka<br />
che ne farà un resoconto giornalistico.<br />
Certamente il senatore Ugo Da Como sembra<br />
vivere ai margini di questa realtà, ancora<br />
profondamente legato a valori e ideali del<br />
Risorgimento italiano, di cui si era nutrito,<br />
e proteso a offrire il proprio personale<br />
contributo alla costruzione del Paese.<br />
D’altra parte in una realtà come quella bresciana, ancora così marginale o provinciale<br />
rispetto alle grandi aree europee che vedono fiorire le avanguardie artistiche e letterarie, Ugo<br />
Da Como non appare così desueto: solo pochi infatti sanno aprirsi senza riserve al nuovo,<br />
come sa fare D’Annunzio, primo fra gli artisti italiani a lasciarsi travolgere dall’ondata di<br />
entusiasmo per il mondo della scienza e della tecnica che contagiò i futuristi.<br />
Vittoria alata o automobile?<br />
“Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si arricchita di una bellezza nuova: la<br />
bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a<br />
serpenti dall’alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è<br />
più bello della Vittoria di Samotracia”. (F.T. Marinetti, Manifesto del <strong>Futurismo</strong>, 1909)<br />
La Vittoria alata di Brescia venne ritrovata il 20 luglio 1826 fra le rovine del Foro <strong>bresciano</strong><br />
e subito destò meraviglia e ammirazione. Si trattava di un bronzo bellissimo, cui si attribuì<br />
il significato di Vittoria (per le ali trovate staccate a terra) divenendo ben presto immagine<br />
simbolo della lotta per la libertà e l’indipendenza, che si andava in quegli anni combattendo.<br />
La statua (Vittoria che regge lo scudo o Afrodite che riflette la sua immagine <strong>nel</strong>lo specchio?)<br />
attirò l’attenzione anche del senatore Ugo Da Como, che ne volle una copia di dimensioni<br />
ridotte per la sala principale della sua Biblioteca, ritenendola opera di rara bellezza, di<br />
classica perfezione e armonia. Così egli la decantò in un suo scritto pubblicato <strong>nel</strong> 1926 a<br />
cento anni dal ritrovamento:<br />
“La Vittoria <strong>nel</strong>la purezza del suo splendido isolamento continua a scrivere le parole<br />
immortali della tradizione”.<br />
208 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 209 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Eleganza classica (riproduzione<br />
della statua della Vittoria alata<br />
<strong>nel</strong>la Sala della Vittoria della<br />
Biblioteca Ugo Da Como,<br />
Lonato del Garda).
Automobile sulla gardesana<br />
occidentale (disegno ispirato a<br />
Dinamismo di un automobile<br />
di Luigi Russolo, 1912-1913,<br />
Parigi, Museo Nazionale di Arte<br />
Moderna).<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
Essa è esempio di bellezza sublimata e perfetta <strong>nel</strong> gioco delle proporzioni e <strong>nel</strong>l’equilibrio<br />
plastico e anche al visitatore più distratto suggerisce immediatamente sentimenti di serenità,<br />
calma, dolcezza, meditazione. Al bronzo <strong>bresciano</strong> bene si addicono le parole con cui<br />
Winckelmann definisce la bellezza classica: “nobile semplicità e calma grandezza”.<br />
Ma agli occhi dei Futuristi quella statua, ammirata da artisti e letterati, fissata nei versi<br />
immortali di Carducci e D’Annunzio, non è altro che il segno di un tempo passato, che<br />
deve lasciare il posto a una nuova bellezza: quella dell’automobile da corsa (pensata da<br />
Marinetti ancora al maschile; sarà poi D’Annunzio ad attribuirle il genere femminile), il nuovo<br />
mito del movimento futurista, che in essa vede rappresentato il dinamismo della società<br />
proiettata verso il futuro.<br />
L’automobile, che comincia a diffondersi anche sulle nostre strade nei primi anni del<br />
Novecento, è tema che ispira molti pittori futuristi, da Giacomo Balla a Luigi Russolo, che<br />
la rappresentano <strong>nel</strong> suo correre veloce;<br />
l’automobile è appena percepibile, il suo<br />
rapido passaggio è una sensazione. Linee,<br />
punti di fuga, curve di accelerazione, moto<br />
sinusoidale delle ruote esprimono velocità e<br />
movimento, simultaneità e dinamismo: “Noi<br />
vogliamo inneggiare all’uomo che tiene il<br />
volante, la cui asta ideale attraversa la terra,<br />
lanciata a corsa essa pure sul circuito della<br />
sua orbita”. (F.T. Marinetti, Manifesto del<br />
<strong>Futurismo</strong>, 1909).<br />
D’Annunzio, ammaliato dall’automobile<br />
come dalle donne, sarà tra i primi italiani a<br />
possedere un’automobile. Lungo l’elenco<br />
delle automobili da lui acquisite a partire dal<br />
1909, ma fra le tante meritano di essere<br />
ricordate la mitica Fiat T4 con cui entrò<br />
trionfalmente in Fiume e l’ultima posseduta,<br />
la celebre Isotta Fraschini modello 8b,<br />
targata RA 52 ad indicare Regia Aeronautica,<br />
perché appartenente ad un generale di<br />
Brigata aerea che aveva il privilegio di disporre di un autista militare della vicina scuola d’Alta<br />
Velocità di Desenzano.<br />
La passione per l’automobile come quella per il volo (l’artista prese il brevetto <strong>nel</strong> 1909 a<br />
Montichiari) spinse D’Annunzio ad incontrare Tazio Nuvolari che aveva partecipato al Circuito<br />
del Garda disputato a Salò il 22 maggio del 1921.<br />
Qualche anno più tardi, <strong>nel</strong> marzo del 1927 prenderà il via, proprio dal <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>,<br />
la prestigiosa Mille Miglia, la corsa automobilistica più<br />
famosa d’Italia, che prevede un percorso a forma di otto<br />
da Brescia a Roma e ritorno, su una distanza di circa<br />
1.600 km (corrispondenti a circa mille miglia, da cui<br />
deriva il nome), passando anche attraverso Lonato e<br />
Desenzano.<br />
Memoria o esaltazione? Passatismo o Progresso?<br />
“Noi siamo sul promontorio estremo dei secoli! ...<br />
Perchè dovremmo guardarci alle spalle, se vogliamo<br />
sfondare le misteriose porte dell’Impossibile? <strong>Il</strong> Tempo<br />
e lo Spazio morirono ieri. Noi viviamo già <strong>nel</strong>l’assoluto,<br />
poiché abbiamo già creata l’eterna velocità<br />
onnipresente”. (F.T. Marinetti, Manifesto del <strong>Futurismo</strong>,<br />
1909).<br />
In piazza Martiri della Libertà a Lonato del Garda l’1<br />
ottobre 1924 venne collocato, per interessamento del<br />
senatore Ugo Da Como, il monumento a gloria dei<br />
Caduti della I guerra mondiale. Si voleva così ricordare<br />
l’eroismo di chi per la patria e per la libertà seppe dare<br />
la vita, compiendo umilmente il proprio dovere. Le<br />
figure, realizzate in bronzo su disegno di Luigi Contratti,<br />
sono fuse <strong>nel</strong> bronzo dei cannoni donati dall’allora<br />
Ministero della Guerra. Ma il monumento non cede alla<br />
retorica futurista dell’esaltazione della guerra, facendosi<br />
210 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 211 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Manifesto interventista a<br />
Sirmione (disegno ispirato a<br />
Manifestazione interventista di<br />
Carlo Carrà, 1914, Collezione<br />
privata di Arte moderna).<br />
In memoria dei Caduti<br />
(il disegno riproduce il<br />
Monumento ai Caduti <strong>nel</strong>la<br />
piazza Martiri della Libertà<br />
di Lonato del Garda in una<br />
semplificazione formale futurocubista<br />
alla Depero).
L’ossessione dell’antico (il<br />
disegno raffigura il giardino<br />
della Casa-Museo Ugo Da<br />
Como a Lonato del Garda).<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
al contrario monito per tutti, ben sapendo<br />
quanto la vittoria sia costata in termini di<br />
giovani vite e quanto dolore essa abbia<br />
comportato.<br />
Così se da una parte il ricordo si fa commosso<br />
ringraziamento e silenziosa partecipazione<br />
alle sofferenze patite, dall’altra i Futuristi<br />
inneggiano alla guerra come sola igiene<br />
del mondo, gesto distruttore, sfida temeraria.<br />
Ma la guerra non è solo violenza, aggressività,<br />
forza travolgente; essa è per i Futuristi “la<br />
sintesi culminante e perfetta del progresso<br />
(velocità aggressiva + semplificazione violenta<br />
degli sforzi verso il benessere)” (da Marinetti,<br />
In quest’anno futurista, 1915), che proietta<br />
l’uomo verso il futuro.<br />
Guerra e progresso procedono insieme, e il<br />
futurista sarà il cantore appassionato di una<br />
civiltà nuova segnata dalle “folle agitate dal<br />
lavoro, dal piacere o dalla sommossa”.<br />
La città moderna con il “fervore notturno degli<br />
arsenali e dei cantieri incendiati da violente<br />
lune elettriche” (F.T. Marinetti, Manifesto del<br />
<strong>Futurismo</strong>, 1909) affascina i futuristi. Cavalli<br />
quasi volanti tra case in costruzione, fabbriche<br />
e ciminiere sono per Boccioni i simboli<br />
stessi della trasformazione e del progresso<br />
inarrestabile della società che avanza.<br />
Conservazione o distruzione?<br />
“Noi vogliamo distruggere i musei, le<br />
biblioteche, le accademie d’ogni specie e combattere contro il moralismo, il femminismo e<br />
contro ogni viltà opportunistica o utilitaria” (F.T. Marinetti, Manifesto futurista, febbraio 1909).<br />
Nel loro primo Manifesto i futuristi proclamano la distruzione dei Musei.<br />
Certamente il <strong>Futurismo</strong> fu un fenomeno di rottura, ma non ebbe una generale adesione<br />
della società italiana, dal momento che l’Italia si sentiva particolarmente legata alla propria<br />
tradizione classica. E così, proprio negli stessi anni in cui Marinetti esprime la necessità<br />
di svecchiare la cultura italiana, bollando come passatisti i conservatori della tradizione<br />
letteraria e culturale in genere, Ugo Da Como, rappresentante della classe dirigente<br />
ottocentesca, dà vita a Lonato alla sua Casa-Museo.<br />
Dopo aver acquistato <strong>nel</strong> 1906 la quattrocentesca dimora veneta del podestà, la fa<br />
restaurare dall’architetto <strong>bresciano</strong> Antonio Tagliaferri e la trasforma <strong>nel</strong>la sede della sua<br />
entusiasmante attività di collezionista. Essa è la casa di uno studioso, in cui vengono raccolte<br />
opere di varie epoche e di vario genere, tra le quali i moltissimi libri della sua importante e<br />
ricca biblioteca. Da Como concepisce la casa come un luogo in cui riaccostarsi al passato,<br />
facendo “rivivere” l’antico stanza dopo stanza. <strong>Il</strong> senatore condivide la sua passione con altri<br />
collezionisti della zona come l’amico Pompeo Molmenti (sottosegretario alle Belle Arti); quasi<br />
ossessionato dalla ricerca di reperti antichi non si limitata a ricercare dipinti, mobili e oggetti,<br />
ma anche frammenti in pietra, marmo o terracotta, capitelli, lastre tombali, stemmi nobiliari,<br />
con cui decora, a imitazione dei palazzi podestarili toscani, la facciata della sua abitazione.<br />
La sua estraneità alle avanguardie, che si andavano profilando in quel periodo, non<br />
impedisce comunque al Da Como di aprirsi alle novità che la tecnologia proponeva; la casa<br />
disponeva infatti di molte comodità come impianto di riscaldamento centralizzato, luce<br />
elettrica, telefono e radio. <strong>Il</strong> senatore possedeva anche un’automobile. Tutto ciò era richiesto<br />
dal ruolo istituzionale che Da Como ricopriva e dalle necessità amministrative. È certo che i<br />
moderni oggetti antiestetici come i termosifoni erano mascherati dietro mobili in stile antico.<br />
La casa-museo rispecchia tutte le caratteristiche dei musei ottocenteschi, che prevedevano<br />
l’ambientazione di dipinti, oggetti, mobili in una precisa contestualizzazione.<br />
Per volontà esplicita del senatore la Casa del Podestà, cui si aggiunse anche la Rocca<br />
acquistata successivamente, è oggi proprietà di una Fondazione cui egli stesso la destinò,<br />
perché non andasse perduto ciò che aveva raccolto con lo scopo di “promuovere e<br />
incoraggiare gli studi stimolandone l’amore nei giovani”.<br />
Anche Fortunato Depero (1892-1960), esponente di spicco del movimento futurista, in<br />
apparente contrasto con la forte dichiarazione del Manifesto stesso, <strong>nel</strong> 1957 concepisce<br />
l’idea di una sorta di casa-museo e impiega ogni energia <strong>nel</strong>la sua realizzazione,<br />
progettandone la struttura e l’arredamento, al fine di esporre i propri lavori e offrire alla città<br />
di Rovereto un punto di incontro.<br />
Ma la sua casa non è quella di un collezionista, bensì quella di un artista; egli espone la sua<br />
produzione artistica ed essa diventa lo specchio della sua identità e luogo di ritrovo per gli<br />
intellettuali amanti della modernità.<br />
La Casa d’arte Depero, casa-futurista <strong>nel</strong> cuore della città storica, viene inaugurata <strong>nel</strong><br />
1959, ma l’artista muore prima di completarne il progetto.<br />
L’edificio, divenuto di proprietà del Mart di Rovereto, dopo essere stato chiuso a lungo, è oggi<br />
aperto al pubblico, grazie al restauro dell’architetto Renato Rizzi; il visitatore può ammirare<br />
più di tremila opere, tra cui disegni, dipinti, arazzi, “quadri in stoffa” come li chiama Depero<br />
stesso, mobili, giocattoli, manifesti pubblicitari per grandi marchi, come il famoso cane a sei<br />
zampe per l’ENI e la bottiglietta del Campari Soda.<br />
212 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 213 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Lonato dinamica (disegno<br />
ispirato al quadro di Umberto<br />
Boccioni, Città che sale, 1910,<br />
New York, The Museum of<br />
Modern Art).
Sirmione investita dal<br />
progresso futurista (disegno<br />
ispirato ai paesaggi fantastici di<br />
Fortunato Depero).<br />
Le nuove mode in vetrina a<br />
Ciliverghe (disegno ispirato<br />
alla fotografi a – a fi rma di<br />
Antonio Paoletti – di un<br />
manifesto pubblicitario di inizio<br />
Novecento).<br />
progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna progetto 10 Uccidiamo il chiaro di luna<br />
Per concludere<br />
Superare il passato non signifi ca<br />
distruggerlo né rinnegarlo; guardare<br />
in avanti, aprirsi al nuovo non signifi ca<br />
rigettare le proprie radici, non riconoscersi<br />
appartenenti a una cultura o a una<br />
tradizione che ha sicuramente ancora<br />
qualcosa da dirci.<br />
Conservare come fece Ugo Da Como<br />
consente a noi oggi di ricostruire la<br />
nostra storia e di apprezzare quanto di<br />
bello fu costruito o pensato; ci consente<br />
di raccoglierne la memoria per rifl ettere,<br />
imparare e progredire.<br />
“Vogliamo liberare questo paese dalla sua<br />
fetida cancrena di professori, d’archeologi,<br />
di ciceroni e d’antiquarii. Già per troppo<br />
tempo l’Italia è stata un mercato di rigattieri.<br />
Noi vogliamo liberarla dagl’innumerevoli<br />
musei che la coprono tutta di cimiteri<br />
innumerevoli. Musei: cimiteri!... Musei:<br />
dormitori pubblici in cui si riposa per sempre accanto ad esseri odiati o ignoti! Musei: assurdi<br />
macelli di pittori e scultori che vanno trucidandosi ferocemente a colpi di colori e di linee, lungo<br />
pareti contese!<br />
Suvvia! date fuoco agli scaffali delle biblioteche!... Sviate il corso dei canali, per inondare i musei!<br />
I più anziani, fra noi, hanno trent’anni: ci rimane dunque almeno un decennio, per compier<br />
l’opera nostra. Quando avremo quarant’anni, altri uomini più giovani e più validi di noi, ci<br />
gettino pure <strong>nel</strong> cestino, come manoscritti inutili. - Noi lo desideriamo!” (da F.T. Marinetti,<br />
Manifesto del <strong>Futurismo</strong>, 1909).<br />
Se davvero si fosse avverato quanto Marinetti e i suoi amici andavano predicando, noi oggi<br />
non potremmo ammirare neppure le loro opere.<br />
Ma forse le parole di Marinetti e dei suoi compagni futuristi signifi cano altro.<br />
All’inizio del Novecento esse, pur suonando come fortemente trasgressive, miravano a<br />
scuotere un’Italia ancora troppo ripiegata<br />
sul suo passato e poco aperta ad accogliere<br />
le nuove modalità interpretative del reale<br />
e poco disponibile a sperimentare nuove<br />
strade.<br />
Ai nostri giorni quelle stesse parole ci<br />
richiamano a non fare dei musei luoghi di<br />
morti, a non visitarli con semplice nostalgia o<br />
rammarico per ciò che è stato e non è più.<br />
Se il museo non diventa realtà viva,<br />
partecipata e stimolante, luogo aperto al<br />
confronto e al dibattito, forse aveva ragione il<br />
grande artefi ce del <strong>Futurismo</strong>.<br />
Ma per Ugo Da Como non è così: dalle sale<br />
silenziose della sua Biblioteca ci viene il<br />
richiamo a metterci in ascolto per raccogliere<br />
un’eredità inestimabile. Hic mortui vivunt,<br />
pandunt oracula muti: così è scritto sulla<br />
parete a lato del grande camino. Qui i morti<br />
vivono e muti diffondono oracoli.<br />
Lunario lonatese 2010: Garda dinamico tra<br />
classicismo e modernità<br />
La realizzazione del Calendario artistico conclude il<br />
progetto didattico; esso propone un percorso attraverso<br />
il <strong>territorio</strong> gardesano tra miti nuovi e miti antichi, ideali<br />
futuristi e suggestioni romantiche, rivisitando luoghi del<br />
<strong>territorio</strong> lonatese e gardesano che furono protagonisti di<br />
eventi signifi cativi in tale senso.<br />
I disegni illustrativi dei singoli mesi e le relative didascalie<br />
sono stati realizzati dagli studenti.<br />
Molti disegni si ispirano a quadri futuristi ricontestualizzati<br />
<strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong>: ad esempio la lampada ad arco di<br />
Balla illumina la notte di Bedizzole, l’automobile di Russolo<br />
corre sulla gardesana occidentale, l’aereo di Crali si getta<br />
in picchiata su Lonato.<br />
Questo il percorso realizzato:<br />
I di copertina: Visione aerea di Lonato (disegno ispirato<br />
al quadro di Tullio Crali, Incuneandosi <strong>nel</strong>l’abitato, 1939,<br />
Rovereto, Mart)<br />
II di copertina: Sirmione investita dal progresso futurista<br />
(disegno ispirato ai paesaggi fantastici di Fortunato<br />
Depero)<br />
IV di copertina: Un giro vorticoso sui paesi del Basso<br />
Garda tra il rosso dei tetti, il verde dei prati, il blu dello<br />
specchio d’acqua (disegno ispirato all’opera di G.Dottori,<br />
Volo su paese, 1930, Perugia, collezione T. Loreti).<br />
Gennaio: L’ossessione dell’antico (il disegno raffi gura il<br />
giardino della Casa-Museo Ugo Da Como a Lonato del<br />
Garda)<br />
Febbraio: Luce artifi ciale a Bedizzole (disegno ispirato al<br />
quadro di Giacomo Balla, Lampada ad arco, 1909-1911,<br />
New York, Museum of Modern Art)<br />
Bibliografi a<br />
AA.VV., La fondazione Ugo Da Como. Guida al<br />
complesso monumentale, Brescia, Grafo 2005<br />
Ugo Ughi e Vincenzo Pialorsi, Ugo Da Como. Cenni<br />
biografi ci, in “Commentari dell’Ateneo di Brescia”<br />
per l’anno 1971, Brescia1973<br />
Andreoli Annamaria, D’Annunzio, Bologna, <strong>Il</strong><br />
Mulino 2004<br />
Andreoli Annamaria (a cura di), Album D’Annunzio,<br />
Milano, Mondadori 2004<br />
Giordano Bruno Guerri, D’Annunzio, Milano,<br />
Mondatori 2008<br />
Giordano Bruno Guerri, Filippo Tommaso Marinetti,<br />
Milano, Mondadori 2009<br />
Claudia Salaris, <strong>Futurismo</strong>. La prima avanguardia,<br />
Art e dossier n. 252 febbraio 2009, Giunti, Firenze<br />
Sabrina Carollo, I futuristi. La storia, gli artisti, le<br />
opere, Firenze, Giunti 2004<br />
AA.VV., L’Afrodite ritrovata, Milano, Skira 2003<br />
Sitografi a<br />
www.futurismo.altervista.org<br />
www.brescialeonessa.it/industria/800-900<br />
www.comune.lonato.brescia.it<br />
www.aeroclubbrescia.it/storia<br />
214 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong> 215 Le vie dell’arte <strong>Il</strong> <strong>Futurismo</strong> <strong>nel</strong> <strong>territorio</strong> <strong>bresciano</strong><br />
Marzo: Eleganza classica (riproduzione della statua<br />
della Vittoria alata <strong>nel</strong>la Sala della Vittoria della<br />
Biblioteca Ugo Da Como, Lonato del Garda)<br />
Aprile: Lonato dinamica (disegno ispirato al quadro di<br />
Umberto Boccioni, Città che sale, 1910, New York, The<br />
Museum of Modern Art)<br />
Maggio: Automobile in corsa sul ponte di Calcinatello<br />
(disegno ispirato a Velocità d’automobile di Giacomo<br />
Balla, 1913, Milano, Galleria d’Arte Moderna)<br />
Giugno: Chiaro di luna sul lago a Desenzano (disegno<br />
liberamente ispirato a un dipinto della Fondazione Ugo<br />
Da Como con dedica in francese à mon amis Molmenti<br />
e fi rma di R. Curtis, 1848)<br />
Luglio: Automobile sulla gardesana occidentale<br />
(disegno ispirato a Dinamismo di un automobile di<br />
Luigi Russolo, 1912-1913, Parigi, Museo Nazionale di<br />
Arte Moderna)<br />
Agosto: Manifesto interventista a Sirmione (disegno<br />
ispirato a Manifestazione interventista di Carlo Carrà,<br />
1914, Collezione privata di Arte moderna)<br />
Settembre: In volo su Montichiari (disegno ispirato<br />
al manifesto pubblicitario del Primo Circuito Aereo<br />
<strong>bresciano</strong>)<br />
Ottobre: Estasi <strong>nel</strong> vento a Desenzano (il disegno<br />
riproduce il monumento all’Alta Velocità di Desenzano).<br />
Novembre: In memoria dei Caduti (il disegno<br />
riproduce il Monumento ai Caduti <strong>nel</strong>la piazza<br />
Martiri della Libertà di Lonato del Garda in una<br />
semplifi cazione formale futuro-cubista alla Depero)<br />
Dicembre: Le nuove mode in vetrina a Ciliverghe<br />
(disegno ispirato alla fotografi a – a fi rma di Antonio<br />
Paoletti – di un manifesto pubblicitario di inizio<br />
Novecento)<br />
Percorso didattico<br />
<strong>Il</strong> progetto ha messo a confronto miti antichi,<br />
incarnati <strong>nel</strong> personaggio di Ugo Da Como, e<br />
suggestioni moderne, articolandosi in alcune fasi:<br />
• conoscenza della fi gura di Ugo Da Como<br />
e della sua Casa-Museo e rifl essione sul suo<br />
mondo spirituale, sul lavoro da lui realizzato di<br />
conservazione di un ricco e vario patrimonio<br />
storico-artistico e librario <strong>nel</strong>la consapevolezza di<br />
lasciare ai posteri qualcosa di signifi cativo per le<br />
generazioni future;<br />
• enucleazione, attraverso la Casa-Museo,<br />
di alcuni miti-simbolo che per Ugo Da Como<br />
rappresentano la tradizione, i valori di riferimento,<br />
quali la bellezza classica, il ricordo degli antichi, la<br />
memoria storica;<br />
• lettura e analisi di alcuni fra i Manifesti<br />
futuristi meno noti, quali Uccidiamo il chiaro di<br />
luna, Contro Venezia passatista, Ricostruzione<br />
futurista dell’universo; individuazione di alcuni<br />
nuovi miti caratterizzanti il <strong>Futurismo</strong> (velocità,<br />
dinamismo, rottura con il passato…)<br />
• visita a mostre e musei sul <strong>Futurismo</strong> (mostra<br />
sul <strong>Futurismo</strong>, Palazzo reale, Milano 2009, Mart di<br />
Rovereto e Casa d’Arte di Depero;<br />
• ricerca sul <strong>territorio</strong> gardesano di segnali di<br />
novità legati al futurismo;<br />
• elaborazione del Lunario lonatese 2010;<br />
• rifl essione conclusiva sul signifi cato e il valore<br />
di una Casa-Museo come quella di Ugo Da Como.<br />
Obiettivi e competenze:<br />
Conoscenza del <strong>territorio</strong> e della sua storia<br />
Conoscenza di movimenti storico-artistici<br />
Capacità di analizzare e interpretare testi e opere<br />
darte<br />
Capacità di enucleare temi e problemi<br />
Capacità di interpretare e confrontare fatti e opere<br />
Capacità di ricerca, catalogazione e<br />
problematizzazione<br />
Produzione di testi e di composizioni grafi che<br />
Metodi e strumenti:<br />
Incontri con l’esperto (il conservatore della Casa<br />
Museo Ugo Da Como)<br />
Lezioni frontali<br />
Ricerche sul <strong>territorio</strong><br />
Visite guidate a mostre e musei<br />
Letture, documentazioni, relazioni<br />
Realizzazione di un Calendario artistico