Percorsi didattici Il Futurismo nel territorio bresciano ... - Vie dell'Arte
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Ennio Ferraglio<br />
moderato nei termini è il resoconto apparso su La senti<strong>nel</strong>la bresciana del 3 gennaio 1914.<br />
<strong>Il</strong> «pubblico imponente e scelto» che gremiva il teatro richiamato dalla fama dell’oratore<br />
risultava in parte costituito «di elemento giovanile che era accorso a teatro animato da<br />
propositi ostruzionistici»; la contestazione, inoltre, seppur animosa, non sarebbe durata a<br />
lungo, anche per le proteste del pubblico contro i disturbatori e gli applausi che Marinetti<br />
stesso «ad ogni modo dimostrò di gradire». Interessante la scelta delle poesie recitate<br />
durante la serata, con i dovuti riferimenti letterari, puntualmente annotati dal giornalista:<br />
oltre alle composizioni di Marinetti, spazio per le liriche Inno al verso libero di Paolo Buzzi,<br />
La fontana malata e Le voci di Aldo Palazzeschi; infine richiami a Pietro Mascagni, unico<br />
musicista italiano non futurista a dimostrare «qualche lampo di genialità», ed infine a Balilla<br />
Pratella, interprete delle posizioni futuriste riguardanti la musica. Di analoghi toni l’articolo<br />
apparso su <strong>Il</strong> cittadino di Brescia, sempre del 3 gennaio, che dava notizia di un pubblico<br />
inferiore alle aspettative e di una rappresentazione «un po’ stramba, ma non proprio matta<br />
del tutto».<br />
Dopo questi episodi, le pagine dei giornali dell’epoca tornarono ben presto ad essere avare<br />
di informazioni. Solo qualche necrologio, seppure di rilievo, ripropose qualcosa sui futuristi:<br />
l’11 agosto del 1916 La senti<strong>nel</strong>la bresciana ospitò lo scarno e asciutto necrologio di<br />
Romolo Romani, artista stroncato «da penoso male»; più articolato il trafiletto pubblicato<br />
su La senti<strong>nel</strong>la bresciana il 12 agosto di quell’anno, con qualche parola in più sul pittore<br />
<strong>bresciano</strong>: «rivelazione per la originalissima forma della sua espressione artistica» e la<br />
considerazione che «era indubbiamente la sua un’arte “di eccezione”, basata su concezioni<br />
arditissime ma <strong>nel</strong>lo stesso tempo rivelatrice di un ingegno robusto e di qualità non comuni».<br />
Nel frattempo il nome di Marinetti e di altri si stava affermando stabilmente all’interno della<br />
produzione editoriale non integralmente futurista: non è il Marinetti scrittore, poeta, pittore,<br />
narratore, romanziere, ma il Marinetti critico che si diffonde ampiamente sulla Rassegna<br />
nazionale ad illustrare – parlando di sé in terza persona - la tecnica della nuova poesia,<br />
che vorrebbe epica e sociale al tempo stesso. Altri interventi stabiliscono dei paralleli tra<br />
la poesia futurista, e in particolare quella marinettiana, con Dante, Marino e Baudelaire.<br />
Un articolo di Paolo Buzzi, su Rassegna Nazionale del 1939, ricordava il trentennale del<br />
<strong>Futurismo</strong>; l’articolo, intitolato Marinetti poeta della guerra e della macchina iniziava con un<br />
parallelo tra l’incontro di Marinetti e D’Annunzio con quello fra Schiller e Goethe, come se<br />
il superamento del passato potesse avvenire solo guardando al passato come ad un diretto<br />
referente. Un altro intervento, a firma di Francesco Orestano, <strong>nel</strong>l’esame critico dell’opera<br />
marinettiana evocava il Medioevo italiano, l’arte del Trecento e tutto il contesto culturale<br />
antecedente all’Umanesimo e al Rinascimento.<br />
Marinetti fu a Brescia per la seconda volta, partecipe di una nuova serata futurista, il<br />
7 febbraio 1922. Anche di quella serata abbiamo le corrispondenze sui due quotidiani<br />
locali, che si rivelano ancora una volta fonti di primaria importanza per ricostruire il clima<br />
di attesa e di accoglienza dell’evento. La sensazione è che, a differenza della serata del<br />
1914, molte cose fossero cambiate, a partire dall’atteggiamento del pubblico; l’articolo<br />
apparso su La provincia di Brescia l’8 febbraio 1922 rese evidente questo fatto: «Iersera<br />
Marinetti – annunciando che lo spettacolo era finito – ha fatto la constatazione, ch’egli<br />
giudicava augurale e lieta dal suo punto di vista, che Brescia se non è futurista non è<br />
neppure passatista. In questa constatazione si riassume la cronaca, la quale non può notare<br />
manifestazioni né di entusiasmo né di riprovazione. <strong>Il</strong> pubblico infatti era formato di gente<br />
richiamata più dalla curiosità, che dalla convinzione o dalla avversione futurista […] vi furono<br />
parecchie risate e qualche battuta ironica, che traevano la loro origine da un irresistibile<br />
desiderio di ilarità o dalla incomprensione del fenomeno futurista, il quale – attraverso certe<br />
forme che sembrano aberranti, stravaganti, dissennate – ha un fremito di giovinezza, un<br />
lievito di sanissima crescita, un impetuoso a<strong>nel</strong>ito verso l’avvenire». Non per contestare,<br />
quindi, ma per curiosità o per divertimento il pubblico gremiva la sala. È da notare<br />
anche che proprio all’insegna della curiosità e dell’insolito si giocava ampia parte della<br />
programmazione del Teatro Sociale: con involontaria ironia, il giornale riportava, <strong>nel</strong>l’articolo<br />
L’editoria periodica futurista ed uno sguardo alla realtà bresciana<br />
successivo a quello dedicato alla serata<br />
futurista, la segnalazione di una serata, che<br />
si preannunciava da tutto esaurito, di tale<br />
Elsa Barocas all’insegna degli esperimenti<br />
sull’ipnosi e sulla trasmissione del pensiero.<br />
La seconda serata futurista, a quanto si<br />
ricava dai resoconti, non dovette contenere<br />
attacchi o allusioni di carattere politico,<br />
ma fu puramente all’insegna dell’impegno<br />
artistico e letterario, con manifestazioni, a<br />
detta del cronista de La provincia di Brescia,<br />
«talune profonde, altre strambe, tutte<br />
avvivate da una luce di fortissimo ingegno».<br />
Tra un riferimento al “teatro sintetico” e alle<br />
influenze sull’opera di Chiarelli, Rosso di<br />
San Secondo e Cavaccioli, e le prospettive<br />
per l’avvenire, Marinetti declamò alcune<br />
sue opere: Meriggio <strong>nel</strong> golfo di Napoli che,<br />
secondo il cronista, manifestava un inatteso<br />
barocchismo <strong>nel</strong>le scelte lessicali e stilistiche<br />
(«come se vi ammiccasse ghignante un po’<br />
di Seicento»), seguito da alcuni brani da<br />
L’alcova d’acciaio. Come già in precedenza,<br />
vennero letti altri testi futuristi oltre a quelli marinettiani; la scelta cadde su opere di<br />
Cangiullo: Consiglio di leva, Alternazioni di carattere, Stor<strong>nel</strong>li, Spudorata. La conclusione:<br />
«L’impressione è singolare. La immediatezza – che è la virtù più squisita dell’arte, il<br />
segno mirabile della sua divinità – vi è completa. Ma tutto ciò, lo sappiamo, sconcerta e<br />
infastidisce, perché scuote dalla pigrizia intellettuale, che si appaga del miracolo compiuto e<br />
non è sollecito del miracolo da compiersi».<br />
Pressoché concorde il resoconto pubblicato su La senti<strong>nel</strong>la bresciana, sempre dell’8<br />
febbraio 1922: «La maggior parte di coloro che si sono recati ieri sera al Sociale aveva già<br />
la predisposizione di assistere ad una manifestazione che da quattordici anni ha precedenti<br />
ormai troppo noti <strong>nel</strong> movimento di rivoluzione artistica, e quindi il pubblico <strong>bresciano</strong> è<br />
stato generalmente benevolo, se non si devono calcolare le poche interruzioni scherzose,<br />
qualcuna di compatimento, durante lo svolgersi del programma […] Diversamente da<br />
quanto succedeva parecchi anni or sono, quando il movimento futuristico era all’inizio e<br />
trovava <strong>nel</strong>le sue manifestazioni pubbliche le più vivaci disapprovazioni, il pubblico ha capito<br />
che <strong>nel</strong> futurismo qualche cosa c’è». <strong>Il</strong> giudizio finale è di compatimento e di bonaria ironia<br />
nei confronti del teatro sintetico («che non suscita che siffatta emozione: l’ilarità») e del<br />
contino riferimento agli autori della prima ora, come Govoni, Soffici, Buzzi e Papini, già da<br />
tempo lontani dalla strada tracciata da Marinetti.<br />
Nel corso degli anni Venti del secolo numerosi articoli sulle mostre di arti figurative, <strong>nel</strong>le<br />
quali erano esposti quadri di futuristi, apparvero <strong>nel</strong>le pagine di riviste e giornali locali come<br />
La provincia di Brescia, Emporium, La senti<strong>nel</strong>la bresciana, <strong>Il</strong> Popolo di Brescia, L’Italia e<br />
Pagine d’arte. Particolarmente evocato il pittore Romolo Romani, con recensioni su quadri e<br />
mostre, nonché presentazioni e giudizi sui contenuti artistici della sua opera.<br />
Nell’ambito nazionale si segnala che sulle pagine de L’arte del 1931, Gino Severini poteva<br />
raccontare la sua adesione al <strong>Futurismo</strong>. Vi sono, inoltre, molti interventi che riguardano<br />
l’architettura ed in particolare le opere di Antonio Sant’Elia, che è uno degli architetti, se non<br />
forse l’unico, con una personalità ben chiara, distinta e fortemente aderente al <strong>Futurismo</strong>. In<br />
un intervento di Gerardo Dottori sulla rivista intitolata Rassegna dell’istruzione artistica del<br />
1932, l’autore parla dell’arte sacra e dei futuristi, sostenendo l’opportunità di un manifesto<br />
dell’arte sacra: «I futuristi, che sono idealisti per principio, sono mistici come tutti gli artisti<br />
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