FRANCESCO GUCCINI - Università degli Studi di Pavia
FRANCESCO GUCCINI - Università degli Studi di Pavia
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“Bisanzio” (da “Metropolis” – 1981) sta alla punta estrema <strong>di</strong> quell’arco che parte da<br />
“L’isola non torovata”. Qui il dubbio <strong>di</strong> Guccini, così personale, così contingente all’inizio,<br />
<strong>di</strong>venta cosmico. Quel nucleo <strong>di</strong> pensosità espressiva piccolo, ma già pieno <strong>di</strong> insolubilità<br />
prospettiche, si è andato via via allargando, come neve scesa a valle in forma <strong>di</strong> valanga.<br />
“Bisanzio” è quel che ci voleva. La città, a cavallo tra due ere, e posta “là dove si perde la<br />
terra dentro il mare fino quasi al niente”, ripropone le con<strong>di</strong>zioni esistenziali della “bambina<br />
portoghese”; l’attimo <strong>di</strong> panico e <strong>di</strong> veggenza davanti a un mistero insondabile<br />
dell’universo; ma Filemazio, il saggio che la scruta, non ha intuizioni, non vede più nella<br />
luce offuscata <strong>di</strong> Vespero e si addormenta. Nord e sud, passato e avvenire, Greci e<br />
barbari, peccato e redenzione si fondono e si aggrovigliano, convivono, significano altro da<br />
sé, assumono aspetti nuovi e inconsueti e Filemazio non trova più dentro <strong>di</strong> sé, nella sua<br />
mappa morale, segni corrispondenti a questa nuova era: è come se si svegliasse da un<br />
sonno certo <strong>di</strong> idee (la vita, le scelte, le notti <strong>di</strong> Guccini) e si scoprisse spiazzato, quasi<br />
intruso in un’immagine imperfetta del mondo che stava sognando.<br />
“Bisanzio” non è assolutamente una sconfitta, ma la constatazione lucida dell’assurdo in<br />
cui ci muoviamo, della meccanicità avariata dei nostri gesti, della precarietà, non<br />
corrispondenza, dei nostri simboli al reale, dell’imbattibilità del destino, ma anche della<br />
certezza <strong>di</strong> non esserne i pupazzi. Filemazio riconosce la sua impotenza ma la rilegge in<br />
chiave <strong>di</strong> impossibilità (“Bisanzio forse non è mai esistita”, “confondo vita e morte e non so<br />
qual è passata”), davanti alla quale sceglie il sogno (“e mi addormento”) che è forse più<br />
reale (vita) della realtà da sogno della città.<br />
Storicamente questo arroccarsi <strong>di</strong> Guccini nelle sue “ra<strong>di</strong>ci”, questo coprirsi il capo col<br />
mantello è la <strong>di</strong>fesa più alta: lì i suoi sensi son più vigili, quasi imbattibili, lì ha l’impressione<br />
<strong>di</strong> allargare a <strong>di</strong>smisura il panorama, mentre Bisanzio, il mondo, l’universo lo restringe, lo<br />
minimizza, lo annulla. Sta in questa unica invincibile certezza tutta la passione del suo<br />
poetare.<br />
BISANZIO<br />
Anche questa sera la luna è sorta<br />
Affogata in un alone troppo rosso e<br />
vago<br />
Vespero non si vede, si è offuscata<br />
(1)<br />
La punta dello stilo si è spezzata<br />
Che oroscopo puoi trarre questa<br />
1. Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> visibilità sono precarie: si vede<br />
poco. Notare che per gli antichi le anomalie<br />
atmosferiche eran presagi foschi. E infatti la<br />
penna si spezza, è quasi impossibile scrivere.<br />
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