ott-dic 4-2006.qxd - Basilica San Nicola
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territoriali esistenti nell’Impero Romano e che i<br />
territori al di fuori di esso non fanno parte di<br />
nessun patriarcato storico, ma seguono le tradizioni<br />
proposte (e accettate) dell’azione missionaria.<br />
Basti ricordare l’azione di Cirillo e Metodio<br />
nei confronti dei Boemi e degli altri slavi mitteleuropei,<br />
della Chiesa bizantina nei confronti dei<br />
Bulgari (30) e dei Russi, per non parlare della<br />
successiva evangelizzazione delle Americhe e<br />
dell’Australia; non credo che si possa parlare di<br />
Patriarcato d’Occidente per questi territori, ma<br />
solo di zone in cui si è sviluppata, in modo del<br />
tutto prevalente, la Chiesa cattolica latina, tramite<br />
l’azione missionaria occidentale e per il<br />
numero dei fedeli e per la volontà dei governi,<br />
specie latinoamericani di convertire i nativi alla<br />
Chiesa cattolica; le tradizioni orientali, bizantine,<br />
melkite, russe sono rimaste così solo proprie di<br />
popolazioni emigrate appartenenti a quelle tradizioni,<br />
riti e culture.<br />
La pentarchia: limiti temporali e territoriali<br />
Il termine patriarca e patriarcato sono<br />
successivi, non lo sono, invece, come ho detto<br />
sopra, le speciali prerogative attribuite ai cinque<br />
vescovi di Roma, Costantinopoli, Alessandria,<br />
Antiochia e Gerusalemme in determinati territori.<br />
Nel concilio di Calcedonia, del 451, la<br />
Chiesa viene divisa in cinque grandi circoscrizioni<br />
ultra-metropolitane, i cinque patriarcati (31):<br />
Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e<br />
Gerusalemme, cui si aggiunge la Chiesa di Cipro<br />
(32). Tutto il territorio dell’Impero romano era<br />
compreso in quelle cinque grandi circoscrizioni;<br />
la parte occidentale, su cui esercita il potere primaziale<br />
il vescovo di Roma, in quel periodo non<br />
corrisponde ormai più ai confini dell’Impero<br />
d’Occidente s<strong>ott</strong>o Diocleziano; Spagna, Gallia,<br />
Germania, Britannia e parte dell’Africa sono soggetti<br />
a domini barbarici, non per questo si ritiene<br />
che le speciali prerogative del vescovo di Roma<br />
siano venute meno in tutti quei territori che una<br />
volta facevano parte dell’Impero. Una riprova di<br />
ciò sta nel fatto che quando, nel 379, le diocesi<br />
civili di Macedonia e di Dacia che facevano parte<br />
della Prefettura dell’Illirico e quindi dell’Impero<br />
d’Occidente, furono unite all’Impero d’Oriente, i<br />
papi per salvaguardare le loro speciali prerogative<br />
su vescovi di quelle regioni, conferiscono al<br />
vescovo di Tessalonica, una potestà vicaria (33).<br />
Ho detto che il titolo di patriarca viene<br />
assunto dai cinque vescovi in quegli anni, senza<br />
una deliberazione ad hoc, ma come titolo corrispondente<br />
allo speciale ruolo ricoperto.<br />
Quello che merita rilevare è che agli inizi<br />
quando si parla di Chiesa di Roma, di Chiesa di<br />
Costantinopoli, di Chiesa di Alessandria, di<br />
Chiesa di Gerusalemme non si intende riferirsi<br />
alle circoscrizioni territoriali s<strong>ott</strong>oposte alle succitate<br />
Chiese, ma alla Chiesa particolare dove<br />
risiede il vescovo-patriarca, considerata Chiesa<br />
madre. Nel IV e V secolo il patriarcato può essere<br />
considerato come “unione” di Chiese locali o<br />
regionali raggruppate intorno ad una Chiesamadre<br />
ed unite da un vinculum communionis tra<br />
loro e soggette alle speciali prerogative del<br />
patriarca.<br />
Attraverso lo sviluppo della teoria della<br />
pentarchia si giungerà ad un grado di astrazione<br />
che permetterà di individuare nella Chiesa<br />
patriarcale non più la Chiesa madre dove risiede<br />
il vescovo-patriarca, bensì una unità organica<br />
composta di più Chiese locali s<strong>ott</strong>o l’autorità<br />
gerarchica di un prelato: il Patriarca; la conseguenza<br />
sarà che il fulcro della vita ecclesiale si<br />
sposterà dalle Chiese locali e dalle Chiese metropolitane<br />
al patriarcato (34).<br />
Il concilio di Costantinopoli, dell’869-<br />
870, VIII ecumenico per la Chiesa di Roma, segna<br />
l’apice della concezione confederale, pentarchica,<br />
della Chiesa; da tutto il contesto si deduce che il<br />
vescovo di Roma ha una giurisdizione<br />
sull’Occidente; nelle sue sessioni si proclama che<br />
Dio ha fondato la sua Chiesa sui cinque patriarchi<br />
e che se anche quattro di loro dovessero errare,<br />
uno di essi rimarrà sempre a custodire il<br />
gregge di Cristo (35).<br />
Questo concilio è, però, disconosciuto<br />
dagli ortodossi. Si sostiene che fu annullato da<br />
papa Giovanni VIII (36); i canoni di questo concilio<br />
non si trovano in nessuna collezione canonica<br />
orientale e non può essere portato come<br />
documento a suffragio della pentarchia da parte<br />
ortodossa.<br />
A sostegno della pentarchia gli ortodossi<br />
pongono invece il concilio dell’879-880 tenuto<br />
anche questo a Costantinopoli, un concilio che<br />
riabilita Fozio e disconosce il precedente sinodo;<br />
dai canoni si ricava il principio della pentarchia e<br />
l’affermazione della reciproca parità tra Roma e<br />
Costantinopoli in relazione alla potestà coercitiva.<br />
In realtà il canone I è un punto di partenza<br />
per superare la concezione pentarchica. I contraenti<br />
sono solo Roma e Costantinopoli; il rappresentante<br />
di Gerusalemme plaude all’intesa<br />
raggiunta; quello di Alessandria compare solo<br />
alla firma degli atti conciliari; il rappresentante<br />
di Antiochia esprime il suo parere favorevole a<br />
che contro chiunque chierico o laico trovato<br />
intento a separare se stesso dalla Chiesa di Dio<br />
sia punito da Fozio, detentore del pieno potere di<br />
legare e sciogliere (37).<br />
Un concilio che si proclama ecumenico<br />
(38) avrebbe legiferato in modo diverso se la<br />
potestà dei cinque patriarchi fosse stata considerata<br />
eguale e, visto, che il canone si chiude con la