\ I Siciliani 54 Questa è una immagine famosa: la folla al giardino Bellini, per un festival della canzone. La famosa villa dei catanesi venne quasi distrutta. re il solo padrone. I cavalieri del lavoro venenro in povertà e silenziosamente dai lontani centri della provincia, erano stranieri e tuttavia interpretano perfettamente l'anima catanese, anzi ne danno rappresentazione. Qui c'è la sindrome. Mentre gli immigrati infatti si impadronivano di Catania, contemporaneamente si verificava un fenomeno quasi magico, anche questo tipicamente catanese e che appartiene a pochissime altre città italiane, forse solo a Milano: cioè gli immigrati smarrivano velocemente la loro identità provinciale, le abitudini, le superstizioni del loro territorio, persino la cadenza dialettale, e diventavano perfettamente catanesi, nel linguaggio, nella presupponenza, nello sfrenato individualismo, persino nell'allegria del rapporto con la vita. Catania ha questa facoltà straordinaria: si fa conquistare docilmente da chi arriva e contemporanemente lo trasforma e lo fa suo. Questa moltitudine umana arrivata da Caltanissetta, Ragusa, Agrigento, Enna, Caltagirone, Licata, Modica, Lentini, Augusta, deCine di migliaia di individui che si portavano appresso non soltanto le famiglie ma anche tutti i loro beni economici, ha dilatato l'economia della città e la sua stessa estensione territoriale. Dapprima ha acquistato gli appartamenti migliori del centro, poi ha edificato migliaia di nuovi terrificanti palazzi, quindi si è impadronita di tutta la zona pedemontana, che sovra- Sindrome Catania sta la città, e dell'intera riviera fino ad Acitrezza, dove ha costruito villaggi residenziali con piscine, campi da tennis, parrucchieri, boutique, alimentari, le famiglie possono abitarci senza necessità nemmeno di uscire, il principio è quello stesso del ghetto, però confortevole, soave, al riparo da ogni pericolo. Tutta la grande plaga verde, da Acicastello ad Acireale, fino a San Gregorio, Gravina, S. Giovanni La Punta, Mascalucia, Tremestieri, si è popolata di villaggi così, quasi invisibili: appaiono per un attimo fra un giardino e l'altro e scompaiono fra una collina e l'altra, in quel misterioso Eden abitato dai duecentomila catanesi più ricchi. Catania ha conglobato tutti gli splendidi paesini che le facevano corona, le ha trasformate in altrettante città satelliti dalle quali, ogni giorno, per strade diverse, caiano tutte in una volta cinquantamila automobili, e all'imbrunire se ne risalgono. Sono gli industriali, i titolari dei grandi commerci, gli appaltatori, uomimi politici, alti magistrati, grandi professionisti, docenti dell' Ateneo, deputati, architetti, funzionari. Nel vecchio centro della città sono rimasti gli impiegati, studenti, operai, artigiani, piccoli commercianti, droghieri in mezzo ai quali non è più possibile distinguere il catanese nuovo dall'antico: costui sospinto sempre più in basso, verso la pianura, verso Sud, negli sterminati quartieri popolari che hanno nomi mitici e terribili, San Cristoforo, zà Lisa, Fortino, Antico Corso, un dedalo di strade, vicoli, cortili, palazzi fati scenti, ai quali si sono addossati i nuovi quartieri popolari, subito infami e tristi, nuovo San Berillo, Librino, Monte Po, i duecentomila catanesi più poveri, pescatori, manovali, braccianti, in un territorio dove i servizi sociali, le condutture idriche, le fogne, le scuole, sono ancora quelle di cento anni fa. Qui, in questa serie di lager, dove non c'è nemmeno spazio per una partita a calcio fra ragazzini, è maturata la criminalità catanese la quale, come tutte le cose di questa singolare città, ha avuto una ragione delinquenziale, diremmo addirittura una immagine so'ciale e politica, completamente diversa da ogni altra: migliaia, forse decine di migliaia e quasi tutti giovani. Figli di quella parte più povera della popolazione che si è fatta letteralmente espropriare della città, ricacciati ai margini nella indifferenza quasi brutale delle pubbliche amministrazioni, si sono lanciati alla riconquista di Catania: prima lo scippo, il furto, il borseggio, poi la rapina al passante, alla ricevitoria del lotto, alla banca, infine l'estorsione. Qualunque cosa si dica o si neghi, il novanta per cento delle iniziative economiche o degli esercizi commerciali, da anni pagano una tangente criminale. Ogni tanto la città si insanguinava per uno scontro fra gruppi che si contendevano la supremazia su un quartiere. Centinaia di omicidi. Fra gli assassini e le vittime mai un forestiero, sempre catanesi. Finché i gruppi hanno cominicato ad integrarsi per gestire interessi criminali sempre più vasti, gli scontri sono diventati più feroci, autentiche battaglie con mitra e bombe a mano. La mafia è nata così, quando i clan vincenti sono stati fatalmente chiamati a soccorrere il traffico di droga, decine e centinaia di miliardi che sono costretti a sfiorare Catania. »
Sindrome Catania I Siciliani 55 Due ritratti di Catania, entrambi dominati da una sorta di vocazione grottesca, nel bene e nel male. In alto; il corpo · dell'assassinato è rimasto in bilico sulla seggiola, con il cappello, l'impermeabile, il giornale e la sigaretta. Uno sberleffo anche alla morte. In basso: una grande abbuffata sul marciapiede · dinnanzi casa. Mangiare bene, in allegria, fra · amici, crassamente ridendo e scherzando, appartiene tipicamente ai catanesi. Poveri e ricchi. Antichi e nuovi.