crisi globale, oggi come nel 1929? - Liceo Scientifico Antonelli
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Il <strong>Liceo</strong> scientifico Anto<strong>nel</strong>li<br />
<strong>nel</strong>l’ambito dell’iniziativa<br />
Focuscuola Redazioni di classe<br />
promossa dall’Osservatorio permanente Giovani Editori<br />
presenta il<br />
Numero sperimentale di<br />
Focus Anto<strong>nel</strong>li Edizione maggio 2011<br />
a cura della 5 G, a.s. 2010-2011<br />
e della prof.ssa Marina Albanese<br />
<strong>Liceo</strong> statale Anto<strong>nel</strong>li, Via Toscana, 20, Novara<br />
1
Sommario<br />
Editoriale :la vita è un gioco di centimetri p. 2<br />
Scienza. Chi ha paura dell’infinito? p. 3<br />
Intervista all’infinito p. 5<br />
Economia e storia: <strong>crisi</strong> <strong>globale</strong>, <strong>oggi</strong> <strong>come</strong> <strong>nel</strong> <strong>1929</strong>?<br />
La <strong>crisi</strong> del <strong>1929</strong> p. 7<br />
La <strong>crisi</strong> attuale p. 7<br />
Marx e Keynes : finta condivisione di veri ideali p. 8<br />
“Immaginari scambi di idee” p. 9<br />
Scienza e tecnologia. Macchine <strong>come</strong> noi. La sfida dell’ intelligenza artificiale p.10<br />
I primi passi dell’intelligenza artificiale p.11<br />
Scienza e società:<br />
gli scienziati e le conseguenze etiche dell’invenzione della bomba atomica p.12<br />
Scienza e tecnologia. La casa antisismica p.14<br />
Ringraziamenti p.15<br />
Editoriale<br />
La vita è un gioco di centimetri<br />
“[…] la vita è un gioco di centimetri, e così è il football. Perché in entrambi questi giochi, la vita e il football,<br />
il margine di errore è ridottissimo”. In questo modo Al Pacino incitava la propria squadra a reagire alle<br />
avversità, a sopportare i dolori e a combattere per la vittoria, <strong>nel</strong> film “Ogni maledetta Domenica”. Io, in<br />
questo gioco di centimetri, ci aggiungo la scuola. Per un adolescente, <strong>come</strong> lo è il football per un giocatore<br />
professionista, essa rappresenta il nucleo attorno al quale ruota la sua esistenza, tanto fragile ed instabile,<br />
che il minimo errore può compromettere il lavoro di anni.<br />
Noi lottiamo ogni giorno per guadagnare “centimetri” (<strong>come</strong> recita il discorso di cui sopra), che, <strong>nel</strong> nostro<br />
caso, sono costituiti dai voti. Qualcuno urlerà che è squallido ridurre a questo la scuola, ridurla al mero voto<br />
è da materialisti sbraiterà qualchedun altro. Eppure, per quanto amorale sia, questa è la nostra realtà : quei<br />
dannati numeri sono le yard che la nostra squadra, la nostra classe deve conquistare man mano. “In questa<br />
squadra si combatte per un centimetro, in questa squadra massacriamo di fatica noi stessi e tutti quelli<br />
intorno a noi per un centimetro, ci difendiamo con le unghie e con i denti per un centimetro, perché sappiamo<br />
che quando andremo a sommare tutti quei centimetri , il totale allora farà la differenza tra la vittoria e la<br />
sconfitta, tra vivere e morire.”<br />
E allora eccoci, al rush finale. La meta è lì davanti agli occhi. Poco importa se i nostri sguardi sono offuscati<br />
dal sudore, poco importa se le gambe sono molli, poco importa. Nella scuola, <strong>come</strong> <strong>nel</strong> football, la<br />
determinazione fa la differenza.<br />
Prima del Grande Slam si giocherà l’ amichevole <strong>nel</strong>la regione di Focus, un’ottima occasione per<br />
dimostrare di che pasta è fatta la squadra. Formazione schierata, tattiche imparate a memoria <strong>come</strong><br />
preghiere, si parte. Lo schema iniziale è un’idea di Ferrari: la disposizione ricorda le fattezze di una casa. Gli<br />
uomini così disposti sono in grado di sopportare l’urto con la squadra avversaria, proprio <strong>come</strong> un’abitazione<br />
antisismica. Nonostante l’impegno, gli avversari sfondano la linea di difesa. Il periodo della nostra<br />
sottomissione è però breve: l’azione antagonista viene “consumata” da un ottimo intervento di Coretta. Si<br />
impegnerà de Bellis a fare in modo che, disponendo ancor meglio la difesa, un’”esplosione” avversaria cosi<br />
forte non avvenga nuovamente. Nonostante questo momento di “<strong>crisi</strong>”, Michelon fornisce la soluzione<br />
offensiva con un lungo passaggio che copre quasi tutto il campo raggiungendo la corsa a velocità “infinita” di<br />
Bernardi, la quale, liberandosi degli avversari, cede l’ovale a Vastola. I centimetri sembrano “infiniti”, eppure<br />
la giovane giocatrice gestisce questa ineffabile misura con facilità. Fiato sospeso, pubblico incredulo. Meta.<br />
Luca Michelon<br />
2
SCIENZA.<br />
CHI HA PAURA<br />
DELL’INFINITO?<br />
Fin dall’antichità<br />
l’infinito sconcerta e attrae<br />
le menti umane. Ma<br />
l’infinito esiste <strong>come</strong><br />
dimensione reale o <strong>come</strong><br />
aspirazione illusoria? Un<br />
percorso fino ai giorni<br />
nostri...<br />
Ammettiamolo: chi di noi<br />
odierni pensatori della modernità è in<br />
grado di resistere al fascino<br />
dell’infinito? E’ una parola che<br />
suscita moti <strong>nel</strong>la nostra fantasia e<br />
aziona l’immaginazione, che ci porta<br />
ad abbattere con la mente i limiti di<br />
ciò che conosciamo e a postulare un<br />
“oltre”, lontano, forse irraggiungibile,<br />
talmente ampio da esulare dalle nostre<br />
capacità umane. Che qualcosa di<br />
infinito ci sia, esista, sebbene non<br />
siamo in grado di identificarlo, è in<br />
noi <strong>come</strong> un presentimento inconscio,<br />
sottile e nascosto, che ci attrae e<br />
inquieta allo stesso tempo. Ma questo<br />
infinito, alla fine, che cos’è?<br />
Contrariamente a quel che<br />
possiamo aspettarci, <strong>nel</strong> mondo antico<br />
l’infinito risultava molto meno<br />
attraente di quanto sia <strong>oggi</strong> per noi.<br />
Babilonesi ed Egizi, per esempio, non<br />
presero mai in esame il concetto, non<br />
certamente per incapacità<br />
intellettuale, ma perché,<br />
semplicemente, l’infinito non era per<br />
loro di alcun interesse o utilità. I<br />
primi che ne diedero una definizione<br />
furono infatti i Greci, i quali lo<br />
chiamarono àpeiron, cioè “senza<br />
limite” ( a, «senza» e péras,<br />
«limite»); è proprio in questo àpeiron<br />
che il filosofo Anassimandro (VII-VI<br />
secolo a. C.), concependolo <strong>come</strong><br />
materia indefinita e illimitata,<br />
identificò l’archè, il principio,<br />
l’origine di tutte le cose.<br />
E’ evidente che però l’infinito,<br />
definito <strong>come</strong> “ciò che non ha limite”,<br />
assuma una connotazione tutta<br />
negativa; con la sua nascita, perciò,<br />
ha origine anche la domanda che<br />
animerà la discussione circa l’infinito<br />
nei millenni successivi: è possibile<br />
dare una definizione positiva<br />
dell’infinito? In altre parole: è<br />
possibile l’esistenza di un infinito<br />
concreto, attuale? Tale argomento<br />
divenne per il mondo greco e le<br />
società antiche in generale un vero e<br />
proprio tabù; con il concetto di<br />
infinito attuale nasce anche la paura,<br />
detta “horror infiniti”, per qualcosa<br />
ritenuto assolutamente impensabile.<br />
La credenza era infatti che solo ciò<br />
che era finito e limitato fosse<br />
conoscibile e il limite veniva ad<br />
assumere così il significato di ideale<br />
estetico, di perfezione; “la natura<br />
evita cose infinite”, diceva Aristotele:<br />
ovvero, l’infinito è privo di quella<br />
completezza e finalità verso cui la<br />
natura è costantemente tesa.<br />
In quest’ottica è da intendersi<br />
anche il concetto di universo per i<br />
Greci; esso, il cosmos, era simbolo<br />
dell’ordine, in opposizione al caos,<br />
per cui non poteva assolutamente<br />
essere considerato infinito: per questo<br />
il modello cosmologico comunemente<br />
proposto <strong>nel</strong>l’antichità greca (con<br />
l’eccezione dell’atomista Democrito)<br />
è quello della sfera, entità dotata di un<br />
limite ben preciso. Anche Copernico,<br />
pur <strong>nel</strong>l’immensa rivoluzione che la<br />
sua teoria ha portato, mantenne l’idea<br />
della sfera (e dunque di un universo<br />
raccolto, finito), “limitandosi” a<br />
spostare il centro di essa dalla Terra al<br />
Sole.<br />
Di infinito attuale, dunque,<br />
neanche a parlarne. I tempi non sono<br />
maturi. L’infinito comincia però a<br />
farsi timidamente spazio <strong>come</strong><br />
infinito potenziale, la cui<br />
identificazione si deve ad Aristotele.<br />
L’infinito non è dunque ciò al di fuori<br />
del quale non c’è nulla (infinito<br />
attuale), bensì ciò al di fuori del quale<br />
c’è sempre qualcosa, ovvero per cui<br />
esiste la possibilità di aggiungere<br />
sempre elementi a una quantità<br />
determinata senza che ci sia un<br />
elemento ultimo. Il primo esempio: i<br />
numeri naturali. Essi sono infiniti,<br />
poiché, aggiungendo un qualsiasi<br />
numero a un altro, sarà sempre<br />
possibile aggiungerne ulteriormente<br />
uno in più; otterremo perciò, di volta<br />
in volta, quantità sempre finite, ma<br />
che sembrano potenzialmente in<br />
grado di tendere all’infinito.<br />
Per Aristotele, quindi, il numero<br />
è infinito solo in fieri. Del resto, egli<br />
dichiara che “il numero è infinito in<br />
potenza, ma non in atto( …) Questo<br />
nostro discorso non intende<br />
sopprimere per nulla le ricerche dei<br />
matematici, per il fatto che esso<br />
esclude che l’infinito per<br />
accrescimento sia tale da poter<br />
essere percorso in atto. In realtà essi<br />
stessi allo stato presente non sentono<br />
il bisogno di infinito, ma di una<br />
quantità più grande quanto essi<br />
vogliono, ma pur sempre finita”.<br />
Per la matematica, dunque,<br />
l’infinito attuale, oltre che “orribile”<br />
al pensiero, è anche perfettamente<br />
inutile. Per definire la sua retta,<br />
Euclide (IV-III secolo a.C.) non ne ha<br />
bisogno, poiché si limita a indicarla<br />
<strong>come</strong> un segmento, finito ma<br />
prolungabile da entrambi i lati. Lo<br />
stesso si può dire circa l’infinitezza<br />
dei numeri primi: vale infatti la regola<br />
per cui “data una qualsiasi quantità di<br />
numeri primi esiste sempre un<br />
numero primo che non fa parte di<br />
questa quantità”. Persino Gauss<br />
(XVIII-XIX secolo d.C.), concorrente<br />
al titolo di “princeps<br />
mathematicorum”, dichiara che “non<br />
è mai lecito usare l’infinito attuale in<br />
matematica”. Per concludere, anche il<br />
più recente Poincaré (XIX-XX<br />
secolo) ritiene che l’infinito attuale<br />
non esiste e che noi chiamiamo<br />
“infinito” solo la “capacità di creare<br />
sempre nuovi oggetti,<br />
indipendentemente dal numero di<br />
oggetti già esistenti”.<br />
E’ questa dunque la realtà?<br />
L’infinito ci terrorizza in questo<br />
modo? L’horror è così forte da<br />
3
impedirci di avvicinarci anche solo<br />
per ipotesi al concetto di un infinito<br />
positivo, concreto e realmente<br />
esistente?<br />
In verità l’infinito attuale ha<br />
vissuto, alle spalle del potenziale, una<br />
sorta di “millenaria clandestinità<br />
matematica”. Nel nono secolo<br />
l’astronomo e matematico arabo<br />
Thābit Ibn Qurra giunse a importanti<br />
considerazioni circa la natura<br />
concreta dell’infinito: noi poniamo<br />
che i numeri naturali siano infiniti, ma<br />
anche che i numeri pari lo siano, così<br />
<strong>come</strong> i dispari. Poiché però i numeri<br />
naturali sono la somma dei numeri<br />
pari e dei numeri dispari, ovvero di un<br />
infinito + un altro infinito, dobbiamo<br />
necessariamente ammettere che<br />
l’infinito dei numeri naturali è più<br />
grande di quello dei numeri pari o<br />
dispari. Ecco che l’horror infiniti<br />
viene colpito <strong>nel</strong> proprio nucleo più<br />
interno: se ammettiamo che possano<br />
esserci infiniti maggiori o minori,<br />
dobbiamo attribuire una quantità<br />
fisica all’infinito, dunque ammettere<br />
che esso esista concretamente. Ma<br />
allora, <strong>nel</strong> caso, dov’è? E che cos’è?<br />
Un ragionamento simile fa<br />
Galileo Galilei <strong>nel</strong> suo “Dialogo sopra<br />
i due massimi sistemi del mondo”<br />
(1632): egli dichiara però che noi non<br />
abbiamo il diritto di parlare di<br />
uguaglianza, maggioranza o<br />
minoranza tra gli infiniti, ma solo tra<br />
le cose infinite. L’esempio che egli<br />
apporta è sempre matematico: i<br />
quadrati perfetti sembrano<br />
numericamente inferiori rispetto ai<br />
numeri naturali, poiché, preso un<br />
determinato intervallo numerico (per<br />
es. le nove cifre decimali) solo un<br />
intervallo più piccolo appartiene<br />
all’insieme dei quadrati perfetti (l’1, il<br />
4 e il 9). Eppure, ogni numero ha il<br />
proprio quadrato, per cui la quantità<br />
dei numeri naturali e dei quadrati<br />
dovrebbe essere la stessa: dove si<br />
trovano allora quei quadrati “in più”?<br />
Comincia a sembrarci evidente<br />
la profondità del mondo che le porte<br />
dell’infinito attuale, che abbiamo a<br />
mala pena accostato, ci consentono di<br />
vedere. Un mondo che sembra tanto<br />
al di fuori della nostra portata da farci<br />
pensare, <strong>come</strong> diceva Leibniz, che la<br />
natura ostenti l’infinito attuale per<br />
mostrare la perfezione del suo autore.<br />
Forse perché, di fronte all’infinito,<br />
dobbiamo cambiare il nostro modo di<br />
ragionare: non a caso Bernard<br />
Bolzano, <strong>nel</strong>l’opera “I paradossi<br />
dell’infinito” (1851), dichiara che ciò<br />
che vale per le cose finite non vale<br />
necessariamente per quelle infinite.<br />
Dall’accettazione dell’esistenza<br />
dell’infinito si è giunti così<br />
all’esistenza di diversi gradi di<br />
infinito; il maggior contributo dato<br />
alla teoria degli insieme infiniti è<br />
sicuramente quello del matematico<br />
tedesco Georg Cantor, il quale,<br />
assieme agli studi di Richard<br />
Dedekind sul metodo delle sezioni, ha<br />
portato finalmente a una definizione<br />
matematica positiva di insieme<br />
infinito: un sistema si dice infinito se<br />
è equipotente a una sua parte propria.<br />
L’insieme dei numeri naturali N<br />
è un insieme infinito perché, per<br />
esempio, il suo sottoinsieme<br />
proprio dei numeri pari è equipotente<br />
ad N stesso. Basta considerare la<br />
funzione 1-1 su f : n à 2n<br />
che lega biunivocamente ogni numero<br />
naturale con un numero pari. Al<br />
contrario, nessun insieme finito non<br />
vuoto può essere equipotente a un suo<br />
sottoinsieme proprio. In questo modo<br />
il discrimen tra insiemi finiti e infiniti<br />
è fissato con precisione matematica,<br />
abbandonati i vaghi concetti empiriciintuitivi<br />
(definizione di insieme<br />
infinito <strong>come</strong> insieme che contiene un<br />
numero infinito di elementi) che<br />
hanno attraversato la storia della<br />
matematica fino alla grande<br />
rivoluzione fra ‘800 e ‘900.<br />
Da questo trampolino di lancio,<br />
però, il percorso dell’infinito attuale è<br />
ancora lungo è complesso. Riuscirà<br />
l’uomo a raggiungere l’infinito? E’<br />
questo un concetto realmente<br />
abbordabile per le nostre possibilità?<br />
Abbiamo ancora paura dell’infinito, o<br />
siamo finalmente pronti a conoscerlo?<br />
Sono domande a cui, forse, solo<br />
il tempo risponderà. Augurandoci<br />
che, certo, non sia un tempo infinito.<br />
Silvia Bernardi<br />
Bibliografia<br />
• M. Ferrari, L’infinito in<br />
matematica, conferenza tenuta al<br />
<strong>Liceo</strong> <strong>Scientifico</strong> Anto<strong>nel</strong>li di Novara<br />
Aprile 2011<br />
• L’infinito matematico e<br />
dintorni<br />
http://www.racine.ra.it/lcalighieri/pes<br />
cetti/ricerca_infinito_2004_05/somm<br />
_greci/infi_greci.htm<br />
• L’infinito in matematica<br />
http://www.vialattea.net/pagine/<br />
infinito/<br />
• Infinito, di Luca Granieri<br />
http://www.dm.unipi.it/~granier<br />
i/Infinito.html<br />
• E-school di Errigo Amadori,<br />
Analisi I, Insiemi finiti ed infiniti<br />
http://www.arrigoamadori.com/lezion<br />
i/InsiemiFinitiEdInfiniti/InsiemiFiniti<br />
EdInfiniti.htm<br />
Sotto, il dardo scagliato ma in realtà immobile perchè in ogni momento occupa uno spazio uguale a se’ stesso, paradosso<br />
proposto da Zenone, filosofo di Elea, VI-V sec., per dimostare l’impossibilità del movimento e quindi l’impossibilità della<br />
divisibilità, finita o infinita, dello spazio e quindi della molteplicità<br />
4
L’infinito compare in questa<br />
intervista in una delle sue più note<br />
rappresentazioni simboliche: quella<br />
matematica!<br />
In ogni caso, <strong>come</strong> si vede, anche<br />
l’infinito apprezza il caffè.<br />
Intervista all’infinito<br />
di Giuseppina Vastola<br />
Sabato 6 Maggio 2011 ore<br />
16:00: l’Infinito ha accettato di<br />
incontrarci per questa data,<br />
nonostante i suoi numerosi<br />
impegni. L’intervista si svolge<br />
presso casa mia perché<br />
l’intervistato si mostra restio a<br />
mostrarci la propria abitazione e<br />
preferirebbe evitare i luoghi<br />
pubblici. Puntualissimo,<br />
inizialmente risulta un<br />
personaggio schivo. Nonostante il<br />
suo modo di esprimersi vago ed<br />
indefinito, siamo riusciti ad<br />
ottenere qualche dettaglio<br />
maggiore sulla personalità di<br />
questo personaggio di spicco dei<br />
nostri giorni.<br />
D. Grazie, innanzitutto, di essere<br />
venuto. Siamo onorati di avere<br />
l’occasione di poterLa intervistare.<br />
E’ risaputo che Lei può essere sia<br />
positivo sia negativo. Qual è la<br />
propria sensazione riguardo<br />
quest’intervista? Il suo stato<br />
d’animo <strong>oggi</strong>? Mi dica quando<br />
possiamo iniziare.<br />
Chi non vorrebbe<br />
conoscere di persona<br />
l’infinito? La nostra<br />
redattrice lo ha intervistato<br />
per i lettori di Focus.<br />
Ecco le domande che<br />
avreste sempre desiderato<br />
porgli!<br />
R. Mi sento a mio agio, grazie.<br />
Sono molto positivo a riguardo,<br />
penso che da questa intervista<br />
potrebbe derivare un’ottima<br />
pubblicità a mio favore. Inizi pure<br />
con le domande.<br />
D. Bene. Lei è impegnato in<br />
molte attività; la Sua competenza<br />
spazia in diversi ambiti e materie,<br />
<strong>come</strong> la Matematica, la Filosofia e<br />
la Letteratura. Inoltre, è ormai un<br />
dato di fatto che molti Limiti<br />
tendano a Infinito: Lei è<br />
consapevole di essere un creatore<br />
di tendenze?<br />
R. Si, mi era giunta voce di<br />
questa nuova moda sempre più<br />
dilagante. E’ stato X, il mio<br />
manager, il primo a comunicarmi<br />
la notizia e a consegnarmi le<br />
lettere dei miei primi fans. Ecco,<br />
colgo l’occasione per ringraziarli<br />
tutti, soprattutto le Funzioni, un<br />
gruppo di ragazze da Geometria<br />
Analitica, un paese in provincia di<br />
Matematica. Mi seguono sempre,<br />
ma non sono per nulla tangenti.<br />
Biunivoche!<br />
D. Ecco a proposito di<br />
popolarità, Lei è stato spesso<br />
citato da suoi colleghi del mondo<br />
Ansia da prestazione.<br />
dello spettacolo e della cultura. Ad<br />
esempio, l’amato Buzz Lightyear<br />
<strong>nel</strong> primo film della saga di Toy<br />
Story usa <strong>come</strong> proprio motto:<br />
. Non c’è<br />
forse una leggera nota di<br />
sarcasmo in questa sua frase?<br />
R. (Ride) Io e Buzz abbiamo già<br />
chiarito moltissimo tempo fa. In<br />
effetti, insinuare che oltre l’Infinito<br />
ci possa essere altro è stato un<br />
tiro mancino. Come Infinito non ci<br />
farei una bella figura se fossi finito.<br />
Comunque, è finito tutto con le<br />
sue scuse e una stretta di<br />
mano.D. Ne siamo felici, ma c’è<br />
anche un altro celeberrimo<br />
esempio, sicuramente più positivo,<br />
che vorremmo citare: “L’infinito” di<br />
Giacomo Leopardi. Che cosa ha<br />
da dire a riguardo?<br />
R. (Sorride commosso <strong>nel</strong><br />
leggere il componimento stampato<br />
che gli abbiamo mostrato)<br />
L’amicizia che lega me e Giacomo<br />
dura da anni ormai e lui ben sa<br />
quanto io gli sia grato per questo<br />
regalo magnifico…non avrebbe<br />
potuto descrivermi meglio.<br />
D. A proposito di amicizia,<br />
vorremo parlare del suo peggior<br />
5
ivale di sempre: l’Universo.<br />
Insomma è risaputo che egli<br />
sostenga di essere infinito, ma noi<br />
ci chiedamo: è l’Universo ad<br />
essere infinito o è L’infinito ad<br />
essere universo?<br />
R. No comment. Non amo<br />
parlare di persone non presenti.<br />
D. Capiamo. C’è anche un altro<br />
uomo, tale Chuck Norris, sul cui<br />
conto si dice che abbia contato<br />
fino ad infinito due volte. Lei lo<br />
ritiene possibile?<br />
R. (Ride) Mi piacerebbe proprio<br />
conoscerlo! Ovviamente non è<br />
Stretta di mano.<br />
Autografo del testo leopardiano.<br />
possibile…<br />
D. Lo sospettavamo. Passiamo<br />
ora a qualche domanda un po’ più<br />
personale. Un dubbio attanaglia<br />
tutti i suoi più grandi fans: Lei,<br />
quanti anni ha?<br />
R. Infiniti, ovviamente.<br />
D. Come fa quando deve<br />
lavarsi? Impiega molto tempo?<br />
R. In effetti sì, ma parlarne mi<br />
imbarazza se devo essere<br />
sincero.<br />
D. Lei riesce mai a sentirsi<br />
sazio?<br />
R. No, mangio in continuazione<br />
L’infinito, parlando di Giacomo<br />
Leopardi “Lui ben sa quanto io gli<br />
sia grato per questo regalo<br />
magnifico…non avrebbe potuto<br />
descrivermi meglio”.<br />
infatti e penso si noti dalle mie<br />
rotondità. (Addenta uno dei<br />
pasticcini messi a sua<br />
disposizione)<br />
D. Bene, ultima curiosità: il<br />
disordine dilaga in molte case. Lei<br />
<strong>come</strong> organizza i suoi spazi?<br />
R. Forse è il motivo per cui evito<br />
di ospitare persone a casa mia!<br />
D. Ultimissima dichiarazione:<br />
cosa risponde a chi la scambia<br />
per un Otto (8)?<br />
R. (Accenna ad un gestaccio<br />
ridendo).<br />
La nostra redattrice, sorridente, con<br />
l’infinito!<br />
6
Economia e storia: <strong>crisi</strong> <strong>globale</strong>, <strong>oggi</strong> <strong>come</strong> <strong>nel</strong> <strong>1929</strong>?<br />
Nel <strong>1929</strong> la <strong>crisi</strong> più grave del sistema economico mondiale.<br />
Non era però la prima: altre <strong>crisi</strong> avevano già,scosso<br />
ripetutamente il sistema capitalistico. Come sappiamo, non fu<br />
nemmeno l’ultima. In queste pagine, una ricognizione storica e una<br />
riflessione, amara, sull’immaginario scambio epistolare tra Marx e Keynes.<br />
La <strong>crisi</strong> del <strong>1929</strong><br />
La <strong>crisi</strong> del <strong>1929</strong> (originata dal crack borsistico di<br />
Wall Street il 24 ottobre <strong>1929</strong>) fu una <strong>crisi</strong> finanziaria (i<br />
titoli azionari persero in tre anni tre quarti del loro<br />
valore) ma anche una <strong>crisi</strong> di sovrapproduzione, con<br />
conseguenti fallimenti di aziende e aumento<br />
esponenziale della disoccupazione (soltanto negli<br />
USA si ritrovarono senza lavoro più di 13 milioni di<br />
persone).<br />
La <strong>crisi</strong> mostrò che l’economia, una volta entrata in<br />
fase di recessione, non era in grado di risollevarsi con<br />
l’aiuto dei soli meccanismi automatici del mercato.<br />
A differenza di quanto riteneva la teoria economica<br />
classica non era sufficiente un elevato livello del<br />
risparmio per garantire, in modo automatico, un livello<br />
egualmente alto di investimenti.<br />
La <strong>crisi</strong> attuale<br />
La <strong>crisi</strong> attuale ha avuto inizio <strong>nel</strong> 2008, negli USA,<br />
con lo “scoppio” della bolla speculativa del mercato<br />
immobiliare. I principlai responsabili di questo<br />
fenomeno sono i cosiddetti “mutui subprime”.<br />
I Mutui subprime sono prestiti concessi a mutuatari<br />
sprovvisti di garanzie. I crediti che le banche<br />
vantavano nei confronti di questi debitori sono stati<br />
“cartolarizzati”. Cosa significa? Dietro questo termine<br />
si cela un’operazione finanziaria essenzialmente<br />
finalizzata a ridurre il rischio della concessione di un<br />
credito ripartendolo tra molti soggetti. La<br />
cartolarizzazione dei crediti consiste quindi <strong>nel</strong><br />
trasferire crediti futuri (che non si sa se sara’ possibile<br />
riscuotere) in titoli particolari, obbligazioni, che sono<br />
stati ceduti a investitori in USA e <strong>nel</strong> resto del mondo.<br />
Peccato che in molti casi i mutuatari di cui sopra non<br />
abbiano saldato il loro debito. Così si sono prodotti<br />
titoli “tossici” <strong>nel</strong>le banche di tutto il mondo, in<br />
particolare <strong>nel</strong>le banche dei paesi più aperti alle<br />
transazioni internazionali. Dal canto loro le agenzie di<br />
valutazione hanno dato prova di un comportamento<br />
scorretto: attribuivano punteggi alti ai titoli tossici<br />
perché erano interessate al loro andamento (conflitto<br />
di interesse). Un altro fattore che ha aggrvato il<br />
problema è stata la mancanza di controlli<br />
conseguente alla deregulation (strategia di politica<br />
economica messa in atto a partire dagli anni Ottanta<br />
dal presidente USA Ronald Reagan e consistente<br />
appunto <strong>nel</strong> depotenziare o eliminare le normative, a<br />
volte risalenti al New deal, che permettevano allo<br />
stato di esercitare un controllo iui meccanismi<br />
economici.<br />
Con l’esplosione della bolla speculativa e la<br />
conseguente cirsi, si manifestano le cosiddette spirali<br />
deflazionistiche (il termine spirale indica che si tratta<br />
di meccanismi che si autoalimentano e quindi si<br />
aggravano col passare del tempo):<br />
in attesa che i prezzi scendano si sospendono gli<br />
acquisti, ciò genera il paradosso del risparmio<br />
evidenziato a suo tempo da Keynes: se una pluralità<br />
crescente di soggetti <strong>nel</strong> mercato vogliono<br />
risparmiare, alla fine “tutti” non guadagnano più (cioè<br />
si riducono i guadagni di un numero crescente di<br />
soggetti)<br />
meccanismo di deflazione debitoria, se tutti<br />
tentano di ridurre il debito vendendo, il valore di ciò<br />
che vendono scende<br />
se tutte le imprese tendono a ridurre i costi,<br />
aumenta la disoccupazione, si riduce il reddito e<br />
quindi i consumi<br />
meccanismo analogo vale per le banche, se<br />
riprendendo i soldi fanno fallire le imprese, anche la<br />
rischiosità dei prestiti che mantengono aumenta.<br />
Luca Michelon<br />
7
Marx e Keynes:<br />
finta condivisione<br />
di veri ideali.<br />
Di cose riguardo all’attuale <strong>crisi</strong><br />
economicofinanziaria se ne sono<br />
dette. Tante. Mille altre ne<br />
verranno dette, eppure, sembra<br />
esserci la mancanza di opinioni<br />
autorevoli, o perlomeno coerenti<br />
ed oneste. Lontani sono i tempi<br />
delle rivoluzioni di pensiero<br />
economico, lontano il periodo di<br />
lotte ideali, lontano sono le opere<br />
di Karl Marx, lontani i fasti della<br />
“rivoluzione” keynesiana.<br />
Sarebbe stato interessante e,<br />
perché no, istruttivo udire un<br />
confronto tra queste due<br />
personalità a riguardo della triste<br />
situazione odierna. Ovviamente<br />
ciò è impossibile, o almeno lo è<br />
per il mondo reale. Jean Marie<br />
Harribey, con un articolo su<br />
Liberation (pubblicato il 18<br />
Novembre del 2008), ci ricorda<br />
che la fantasia può, se non<br />
resuscitare i morti, far rivivere gli<br />
ideali. L’economista francese<br />
immagina una possibile<br />
corrispondenza tra Keynes e Marx<br />
e la propone al grande pubblico.<br />
“Mio caro” si appellano i due<br />
pensatori, una maschera di<br />
gentilezza che non è in grado di<br />
nascondere le differenze evidente<br />
tra i due. Loro stessi la<br />
percepiscono e non lesinano<br />
frecciatine ironiche a riguardo : se<br />
da una parte Keynes invita<br />
velatamente Marx a rivalutare, per<br />
poter dimenticare la sua<br />
“foruncolosi”, le mondanità delle<br />
classi colte, dall’altra l’autore del<br />
Capitale accusa l’economista<br />
londinese di leggerezza <strong>nel</strong>la<br />
trattazione di alcuni argomenti e di<br />
aver “trafugato una parte<br />
importante” della sua opera,<br />
fingendo di non averlo mai letto.<br />
Tali convenevoli, però, non sono<br />
che l’incipit per acute riflessioni<br />
sulla situazione attuale. E <strong>come</strong><br />
potrebbe essere altrimenti? Sono<br />
entità divenute leggendarie per le<br />
loro idee, dopotutto.<br />
Ecco allora che Keynes in un<br />
sentimento quasi incredulo<br />
(pensava che la sua opera avesse<br />
“condotto tutti i governi del mondo<br />
ad essere più saggi”) denuncia<br />
l’inettitudine egoista di “banchieri e<br />
dispositori di rendite”, i quali<br />
“godendosela” durante gli anni, si<br />
sono trovati incredibilmente<br />
impreparati al giungere della <strong>crisi</strong>.<br />
Marx, dalla sua parte, propone<br />
tre soluzioni. Primo: sopprimere<br />
“la libertà di movimento del<br />
capitale” e garantire le “libertà<br />
democratiche”. Secondo: stabilire<br />
“un reddito massimale” e prendere<br />
“il surplus per finanziare gli<br />
investimenti pubblici”. Terzo:<br />
instaurare “la proprietà sociale dei<br />
beni essenziali dando vita alla<br />
gestione collettiva del credito”.<br />
Su una cosa i due fittizi autori di<br />
corrispondenze si trovano in<br />
accordo: il capitalismo è<br />
incorreggibile. Ciò spiega <strong>come</strong><br />
sia stato possibile che la storia<br />
della <strong>crisi</strong> del ’29 non abbia<br />
davvero i segnato nulla alla<br />
popolazione mondiale. Forse la<br />
verità è che gli interessi<br />
momentanei e transitori sono<br />
molto più appetitosi dello sforzo di<br />
correggersi.<br />
Luca Michelon<br />
Bibliografia<br />
A. Castagnoli, Il mercato<br />
planetario, Milano, Paravia, 2000<br />
Cultura finanziaria a scuola:<br />
Quaderno di lavoro, 3. ed., Milano:<br />
Osservatorio permanente giovani<br />
editori, 2011<br />
M. Belcredi , Il lato oscuro della<br />
banca: alle radici della <strong>crisi</strong><br />
finanziaria <strong>globale</strong> del 2008,<br />
intervento al <strong>Liceo</strong> <strong>Scientifico</strong><br />
Anto<strong>nel</strong>li, Novara, 2/3/2010<br />
J.M. Harribey, Corrispondenza<br />
inedita tra Marx e Keynes, in<br />
Liberation, 19 Novembre 2008<br />
P. Ortoleva, M. Revelli, L’età<br />
contemporanea, Milano Edizioni<br />
scolastiche Bruno Mondadori,<br />
1998<br />
8
SCIENZA E TECNOLOGIA.<br />
MACCHINE COME NOI. LA SFIDA DELL’ INTELLIGENZA ARTIFICIALE<br />
I computer possono<br />
pensare? Questa<br />
domanda ne implica<br />
un’altra, forse ancora<br />
più problematica: <strong>come</strong><br />
possiamo definire il<br />
pensiero umano?<br />
Se alcuni dei più grandi<br />
filosofi dell’antichità, <strong>come</strong><br />
Parmenide, Socrate, Platone e<br />
Aristotele, che incentrarono il<br />
loro pensiero sulla<br />
“gnoseologia”, la teoria della<br />
conoscenza, avessero sentito<br />
che <strong>nel</strong> ventesimo secolo<br />
saremmo arrivati a paragonare<br />
un computer al cervello umano<br />
ci avrebbero preso per pazzi. Ma<br />
prima di tutto, cos’è<br />
l’intelligenza artificiale??<br />
Con il termine “intelligenza<br />
artificiale” (o I.A.) si intende<br />
generalmente l’abilità di un<br />
computer di svolgere funzioni e<br />
ragionamenti tipici della mente<br />
umana.<br />
Per raggiungere questo<br />
obiettivo gli studiosi cercano di<br />
costruire modelli plausibili sul<br />
ragionamento della mente<br />
umana per trasferirla sulla<br />
macchina; questi si basano sul<br />
modello computazionale, su cui<br />
si fondano tre idee-guida:<br />
1. la prima è la convinzione<br />
che l’essenza del fenomeno (il<br />
ragionamento umano) consista<br />
<strong>nel</strong> percepire informazioni,<br />
elaborarle e fornire risposte<br />
autonome al mondo esterno;<br />
2. la seconda è basata<br />
sull’elaborazione di informazioni<br />
che può essere espressa in<br />
forma computazionale, cioè<br />
attraverso calcoli e simboli<br />
matematici<br />
3. la terza afferma che il<br />
sistema di elaborazione presente<br />
<strong>nel</strong>la mente umana è costituito<br />
da più sottosistemi collegati tra<br />
loro, di cui (al momento attuale)<br />
il computer somiglia ai livelli più<br />
bassi.<br />
I ricercatori dell’I.A., quindi,<br />
sono consapevoli dell’enorme<br />
complessità del cervello e della<br />
difficolta’ di stabilire<br />
corrispondenze tra i calcoli<br />
matematici del PC e le facoltà<br />
del cervello umano: di solito ogni<br />
aspetto del pensiero umano ci<br />
appare <strong>come</strong> un’attività non<br />
s<strong>oggi</strong>acente a regole,<br />
caratterizzata da ironia,<br />
creatività e intuizione diversa<br />
per ogni individuo.<br />
Tale attivita’ può, tuttavia,<br />
essere vista <strong>come</strong> una sistema<br />
governato da regole semplici,<br />
formali e meccaniche?<br />
È questo il suggerimento<br />
dell’I.A.<br />
Se risultasse che ambedue i<br />
sistemi sono basati su<br />
meccanismi computazionali,<br />
allora si potrebbe ammettere<br />
che I COMPUTER PENSANO E<br />
SONO INTELLIGENTI GIÀ OGGI.<br />
Come accade alle giovani<br />
ipotesi, ci sono varie obiezioni a<br />
questa tesi, fondate sull’idea che<br />
i computer si comportano <strong>come</strong><br />
se fossero intelligenti ma in<br />
realtà non capiscono nulla delle<br />
operazioni che eseguono.<br />
Tra le molteplici opposizioni<br />
,appaiono particolarmente<br />
rilevanti quella di Winogrand e<br />
Flores e quella di Searle:<br />
1. la prima afferma che<br />
l’interpretazione e comprensione<br />
della realtà sono attività che non<br />
possono essere separate, invece<br />
l’I.A. si basa sull’”idea di<br />
scremabilità” della prontezza di<br />
comprensione, cioè sulla<br />
capacità di poter analizzare<br />
l’intelligenza in astratto,<br />
attraverso linguaggi formali e<br />
matematici<br />
2. la seconda è la<br />
convinzione che la reale<br />
comprensione del significato dei<br />
simboli non è riducibile alle<br />
regole dell’algoritmo, ma è<br />
collegato all’intenzionabilità<br />
delle menti umane. Se i<br />
computer non hanno intenti e<br />
non comprendono i significati ,<br />
non si può certo dire che<br />
pensino. Per sostenere la propria<br />
tesi Searle propone l’esempio<br />
della stanza cinese : egli si<br />
immagina in una piccola stanza<br />
(la stanza cinese) con un libro<br />
contenente la<br />
versione in italiano del<br />
programma utilizzato dal<br />
computer e carta e penna in<br />
abbondanza. Searle potrebbe<br />
ricevere scritte in cinese<br />
attraverso una finestra di<br />
ingresso, elaborarle seguendo le<br />
istruzioni del programma, e<br />
produrre altri simboli cinesi in<br />
uscita, in modo identico a<br />
quanto faceva il calcolatore.<br />
Searle fa notare che egli non<br />
capisce i simboli cinesi. Quindi la<br />
sua mancanza di comprensione<br />
dimostra che il calcolatore non<br />
può comprendere il cinese,<br />
poiché esso è <strong>nel</strong>la sua stessa<br />
situazione.<br />
Searle, tuttavia, non esclude<br />
che in futuro si potranno<br />
costruire macchine pensanti,<br />
infatti gli sviluppi più interessanti<br />
dell’I.A. sono quelli della<br />
cibernetica, che mirano a creare<br />
macchine in grado di<br />
autogovernarsi.<br />
Il divario tra mente umana e<br />
macchina è ancora lontano ma<br />
non incolmabile.<br />
Questo a cosa porterebbe?<br />
Secondo alcune versioni<br />
fantascientifiche le macchine si<br />
ribelleranno e annienteranno<br />
l’uomo ( si pensi al romanzo “La<br />
guerra dei mondi” di Herbert<br />
George Wells oppure ai film<br />
<strong>come</strong> “Io, Robot” diretto da Alex<br />
Proyas e <strong>come</strong> “ Blade runner” di<br />
Ridley Scott).<br />
Per ora possiamo solo notare<br />
l’impigrimento delle menti<br />
umane, che non sono più capaci<br />
di eseguire operazioni<br />
10
complicate perché le fanno<br />
compiere solo ai computer:<br />
LE MACCHINE SI STANNO<br />
DAVVERO AVVICINANDO A NOI!!<br />
I primi passi dell’Intelligenza<br />
Artificiale<br />
Già <strong>nel</strong> Seicento il filosofo francese Pascal e<br />
quello tedesco Leibniz costruirono macchine per<br />
aiutare gli uomini in calcoli particolarmente lunghi e<br />
perciò complicati (si trattava comunque di addizioni<br />
e moltiplicazioni). Lo studioso che però sviluppò<br />
maggiormente l’idea del calcolo attraverso le<br />
macchine fu l’inglese Charles Babbage. Babbage<br />
(1792-1871) progettò (ma non riuscì a realizzare) la<br />
Macchina Analitica, che avrebbe dovuto avere sia<br />
un magazzino (cioè una memoria) che un mulino<br />
(unità di calcolo e precisione). Il mulino avrebbe<br />
dovuto funzionare attraverso moltissimi cilindri<br />
dentati ingrananti tra di loro e controllati da una<br />
sorta di programma contenuto in schede perforate.<br />
Tali schede avrebbero dovuto funzionare in analogia<br />
al telaio meccanico Jacquard, dotato di schede e<br />
capace di tessere disegni molto complessi. Una<br />
poetica amica di Babbage, Lady Lovelace, diceva<br />
quindi che la macchina analitica avrebbe potuto<br />
tessere disegni algebrici <strong>come</strong> il telaio di Jacquard<br />
tesseva foglie e fiori. A Lady Lovelace si deve<br />
inoltre l’intuizione, molto promettente dal punto di<br />
vista dell’IA, che la macchina analitica avrebbe<br />
potuto essere applicata ad altro oltre che ai numeri,<br />
per esempio alle melodie musicali.<br />
Molti decenni dopo queste poetiche premonizioni<br />
negli anni Trenta e Quaranta del Novecento<br />
verranno costruiti i primi calcolatori, chiamati<br />
Marica Marbuccio<br />
cervelli elettronici, che erano grandissimi (potevano<br />
occupare enormi stanze) e le cui prestazioni<br />
sembravano stupefacenti. Tuttavia la realizzazione<br />
delll’intelligenza meccanizzata continuava a<br />
sfuggire e questo costrinse gli studiosi ad<br />
approfondire quello che intendevano per<br />
intelligenza: emerse così che la flessibilia’ è una<br />
cratteristica essenziale della mente umana che ci<br />
differenzia notevolmente dai calcolatori. I primi<br />
studiosi di IA provarono a definire operativamnte<br />
questa flessibilita’: devono esserci delle regole<br />
sempici che guidano l’azione e poi delle<br />
metaregole, semplici anche loro, per modificare le<br />
regole e poi delle metametaregole per modificare in<br />
mdodo s<strong>nel</strong>lo le metaregole se la situazione lo<br />
richiede... si fa strada così l’idea della sttruttura<br />
ricorsiva della mente umana, caratteristica per<br />
riproducibile, almeno in linea di principio, nei<br />
calcolatori...<br />
Marica Marbuccio<br />
Bibliografia<br />
• D. R. Hofstadter, Godel Escher e Bach:<br />
un’eterna ghirlanda brillante, Milano Adelphi, 1984<br />
• F. Cioffi, F. Luppi, Dialogos: problemi, v.3.<br />
Milano, Edizioni scolastiche Bruno Mondadori, 1998<br />
11
Scienza e società:<br />
gli scienziati e le<br />
conseguenze etiche<br />
dell’invenzione della<br />
bomba atomica<br />
Dal Manifesto Russel-Einstein La<br />
domanda rigida, terrificante,<br />
inevitabile è “metteremo fine alla<br />
razza umana, o l’umanità rinuncerà<br />
alla guerra?”<br />
Al giorno d’<strong>oggi</strong> se diciamo Seconda Guerra<br />
Mondiale, che cosa ci viene in mente? Senza<br />
pensarci diremmo Hitler, la Resistenza, i<br />
bombardamenti su Londra, le stragi di ebrei nei<br />
campi di concentramento e, the last but not the<br />
least, le bombe nucleari americane sganciate su<br />
Hiroshima e Nagasaki (6 e 9 agosto 1945).<br />
Ci sembra inutile darvi nuove informazioni<br />
sull’accaduto: ogni anno e ad ogni anniversario le<br />
televisioni di mezzo mondo ci propongono le scene<br />
in bianco e nero che hanno sconvolto chiunque le<br />
abbia viste, radicando sempre di più <strong>nel</strong>la maggior<br />
parte di noi l’idea che cosa del genere non<br />
dovrebbero più succedere.<br />
Ciò che molti non sanno è che persone che hanno<br />
ripudiato la bomba atomica ve ne sono state anche<br />
tra quegli scienziati che <strong>nel</strong> primo Novecento hanno<br />
contribuito alla progressione della chimica e della<br />
fisica con nuove scoperte riguardanti l’atomo e la<br />
radioattività.<br />
Tanto per citare qualche nome (persone da<br />
ricordare non solo per le loro scoperte ma anche<br />
per le loro prese di posizione): Lise Meitner (Vienna<br />
1878 – Cambrige 1968) che disse “Non avrò nulla a<br />
che fare con una bomba!”, il compagno di studi di<br />
Enrico Fermi, Franco Rasetti (1901 - 2001), che<br />
lasciò persino la fisica per dedicarsi alla geologia e<br />
alla paleontologia, Max Born (1892 - 1970) che<br />
definì la bomba atomica <strong>come</strong> “un’invenzione<br />
diabolica” e infine Ettore Majorana (Catania 1906<br />
– ?), fisico italiano la cui scomparsa si pensa sia<br />
legata proprio al possibile utilizzo, da lui intuito,<br />
delle scoperte, realizzate da Majorana stesso<br />
<strong>nel</strong>l’ambito del “gruppo di via Panisperna”.<br />
Ettore Majorana. Scomparso<br />
misteriosamente <strong>nel</strong> 1938.<br />
Qualcuno si chiederà: ed Einstein? Il più grande<br />
scienziato del Novecento che posizione ha preso<br />
nei confronti della bomba atomica? Ebbene il<br />
grande genio tedesco accettò la creazione della<br />
bomba per poi ricredersi in un secondo momento: il<br />
Manifesto Russel - Einstein (che <strong>come</strong> notiamo ha<br />
anche il suo nome) del 1955 (da cui nasce il<br />
Manifesto Pugwach del 1957, dal nome della città<br />
di Pugwash in cui venne discusso il primo<br />
documento) ne è l’esempio lampante.<br />
Il Manifesto Russel – Einstein è la prima<br />
dichiarazione morale degli scienziati di fronte a una<br />
loro stessa devastante creazione: da quel momento<br />
in poi la domanda “rigida, terrificante, inevitabile”<br />
cioè “metteremo fine alla razza umana, o l’umanità<br />
rinuncerà alla guerra”, sarà un chiodo fisso <strong>nel</strong>la<br />
mente di molte persone, visto anche il periodo<br />
storico subito successivo: la guerra fredda, un<br />
momento <strong>nel</strong>la storia umana in cui la paura di un<br />
conflitto nucleare era sempre presente ad ogni<br />
mossa delle due superpotenze, USA e U.R.S.S.<br />
In questo periodo test nucleari erano realizzati in<br />
località segrete, centinaia di scienziati assistevano<br />
alle immense esplosioni incuranti della dispersione<br />
di radiazioni estremamente dannose per ogni forma<br />
vivente che si trovava sulla terra e sott’acqua <strong>nel</strong><br />
raggio di chilometri.<br />
Per fortuna non tutti sono stati a guardare<br />
L’organizzazione mondiale che prende il nome di<br />
Greenpeace nasce proprio in questi anni per<br />
contrastare gli esperimenti nucleari. Più tardi si<br />
specializzerà in altri compiti di difesa <strong>come</strong> la<br />
campagna per le balene e per le foche, per le<br />
foreste pluviali o contro il riscaldamento <strong>globale</strong>,<br />
per non citare le campagne contro gli OGM e la<br />
“campagna Toxic” che vede protagonista anche il<br />
fondatore della Apple, Steve Jobs, riguardo i rifiuti<br />
elettronici.<br />
Un’altra iniziativa contro la guerra, di carattere<br />
simbolico ma proprio per questo molto suggestiva,<br />
si concretizza <strong>nel</strong> periodico Bulletin of the Atomic<br />
12
Scientists, nato all’indomani del 1945 (in italiano<br />
L’orologio dell’apocalisse) all’Università di Chicago.<br />
L’orologio metaforico indicava quanti minuti<br />
mancassero alla mezzanotte, “ora” della fine del<br />
mondo, causata dalla guerra atomica che si<br />
sarebbe scatenata tra le due superpotenze<br />
dell’epoca. Al momento della sua creazione, <strong>nel</strong><br />
1947, durante la guerra fredda, l'orologio fu<br />
impostato sette minuti prima della mezzanotte.<br />
Dalla fine della guerra fino ad <strong>oggi</strong> le lancette<br />
dell’orologio si sono spostate diciannove volte a<br />
seconda delle relazioni mondiali tra stati e del<br />
pericolo nucleare correlato. La massima vicinanza<br />
alla mezzanotte fu registrata <strong>nel</strong> 1953 in seguito a<br />
test nucleari avvenuti sia negli Stati Uniti sia<br />
<strong>nel</strong>l’U.R.S.S. quando l’orologio segnò due minuti<br />
alla mezzanotte.<br />
Il Bulletin of the Atomic Scientists è attivo ancora<br />
<strong>oggi</strong>, <strong>come</strong> Greenpeace, per mantenere viva <strong>nel</strong>la<br />
coscienza pubblica l’attenzione per quei conflitti<br />
mondiali (che prevedano o meno l’utilizzo del<br />
nucleare) che potrebbero portare alla “mezzanotte”<br />
dell’umanità, alla distruzione degli esseri viventi,<br />
per contribuire alla responsabilizzazione collettiva,<br />
per dare finalmente una risposta alla domanda di<br />
Russel, Einstein e di tutti gli scienziati che<br />
firmarono il Manifesto del 1955: è più importante<br />
l’umanità o la guerra? Ad ognuno l’onere della<br />
risposta.<br />
Michela De Bellis<br />
Bibliografia:<br />
G.P. Parodi, M.Ostili, G. Mochi Onori, L’evoluzione della<br />
fisica volume 3, 2006, Paravia.<br />
Wikipedia, the free encyclopedia, The Bulletin of the<br />
Atomic Scientists.<br />
Wikipedia, Greenpeace.<br />
La foto di Ettore Majorana è tratta da Wikipedia, Ettore<br />
Mjorana.Il logo di Greenpeace è tratto da Wikipedia,<br />
Greenpeace.<br />
L’immagine della copertina de The Bulletin of Atomic<br />
Scientists è tratta da Wikipedia, the free encyclopedia, The<br />
Bulletin of the Atomic Scientists.<br />
Il logo di Greenpeace. Oggi l’organizzazione non<br />
governativa è diffusa in tutto il mondo: Argentina,<br />
Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile,<br />
Cina, Repubblica Ceca, Danimarca, Figi, Finlandia,<br />
Francia, Germania, Grecia, Ungheria, India, Israele,<br />
Italia, Giappone, Libano, Lussemburgo, Malta,<br />
Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Papua<br />
Nuova Guinea, Filippine, Polonia, Romania, Russia,<br />
Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Tailandia,<br />
Turchia, Regno Unito, USA.<br />
Una copertina del Bulletin of Atomic Scientist. L’ora<br />
segna sette minuti alla mezzanotte. (copertina del<br />
1947).<br />
13
Scienza e tecnologia.<br />
La casa antisismica<br />
I recenti eventi di cronaca<br />
hanno riportato all’attenzione<br />
dell’opinione pubblica il<br />
problema delle costruzioni<br />
antisismiche. La normativa<br />
tecnica del settore, molto<br />
specifica e articolata, non<br />
potrà forse salvarci la vita,<br />
ma, se applicata<br />
scrupolosamente, potrà forse<br />
ridurre il numero delle vittime<br />
e i danni.<br />
“Questo terremoto non è cosa<br />
nuova rispose Pangloss; la città di<br />
Lima provò le stesse scosse in<br />
America l’anno scorso; identiche<br />
cause, identici effetti” (Voltaire,<br />
Candido, 1759). Terremoti, vulcani ed<br />
eventi meteorologici hanno da<br />
sempre determinato la<br />
trasformazione della superficie<br />
terrestre, scontrandosi talvolta con lo<br />
sviluppo della civiltà umana. Durante<br />
il corso della storia ,infatti, i terremoti<br />
hanno agito pesantemente sullo<br />
sviluppo sociale, economico e<br />
culturale di grandi aree mondiali.<br />
L’Italia risulta essere compresa tra<br />
le molte zone del nostro pianeta<br />
soggette a fenomeni sismici in cui si<br />
possono registrare terremoti superiori<br />
al VII grado della scala MCS.<br />
Tuttavia, <strong>come</strong> si è potuto verificare in<br />
passato, non è possibile prevedere in<br />
modo deterministico l’arrivo di un<br />
terremoto. Tutto quello che si può<br />
cercare di fare è, dopo aver<br />
individuato le zone a rischio, limitare<br />
il numero delle vittime e la distruzione<br />
di interi centri abitati imponendo<br />
vincoli edilizi, costruendo edifici<br />
antisismici e fornendo la città di<br />
adeguati piani di evacuazione;<br />
l’Italia ,tuttavia, è purtroppo rimasta<br />
indietro circa la prevenzione. Ma<br />
<strong>come</strong> potrebbe essere costituita una<br />
casa antisismica? Alcuni requisiti<br />
validi potrebbero essere:<br />
• La presenza di una<br />
sottostruttura di fondazione, assai<br />
legata al suolo, composta dalla platea<br />
in conglomerato cementizio armato,<br />
dai pilastri e dai pulvini di sostegno<br />
degli isolatori e dalle strutture di<br />
app<strong>oggi</strong>o.<br />
• L’utilizzo di dispositivi di<br />
isolamento, distinti per un’ alta<br />
deformabilità lungo la componente<br />
orizzontale e per una sostanziale<br />
rigidità lungo la componente<br />
verticale, tali da unire la sottostruttura<br />
con la sovrastruttura.<br />
• La presenza di una<br />
sovrastruttura che, per i dispositivi di<br />
isolamento, manda il peso dei carichi<br />
verticali alle fondazioni, risultando<br />
così libera di muoversi <strong>nel</strong> piano<br />
grazie alla flessibilità e alla capacità<br />
di spostamento degli isolatori. Essa è<br />
costituita da una piastra collocata<br />
sopra gli isolatori e dalla struttura<br />
degli edifici da abitare.<br />
Questa stratificazione tuttavia non<br />
basta ad impedire il crollo della casa:<br />
è importante in seguito rispettare<br />
alcune norme. I carichi verticali, per<br />
esempio, devono essere equamente<br />
divisi sui pilastri e sulla platea, gli<br />
isolatori non possono essere soggetti<br />
a sollecitazioni di forze di<br />
trazione( quando un corpo è soggetto<br />
a un sistema di forze divergenti), e la<br />
massa dell’edificio soprastante la<br />
piastra superiore non può superare<br />
determinate stime.<br />
Di solito nei centri cittadini italiani<br />
colpiti da terremoto, gli edifici più<br />
soggetti al crollo sono quelli più<br />
vecchi, costruiti con mattoni e pietre.<br />
Questi ultimi due materiali, resistendo<br />
poco alle sollecitazioni, tendono a<br />
sbriciolarsi. Gli elementi più usati<br />
<strong>nel</strong>l’edilizia antisismica sono infatti il<br />
cemento armato e il legno,<br />
nonostante sia un materiale<br />
infiammabile. Il primo, che sia<br />
calcestruzzo armato normale o<br />
precompresso è valido perché<br />
resistente, il secondo è un’ottima<br />
sostanza per le sue caratteristiche di<br />
flessibilità e resistenza se<br />
opportunamente assemblato.<br />
Quest’ultimo infatti è stato scelto più<br />
volte perché sostenibile ed<br />
ecocompatibile; ha tempi di posa<br />
molto rapidi (utile nei casi di<br />
emergenze, quando è necessaria<br />
un’immediata soluzione) ; ed infine è<br />
flessibile e si adatta ad una<br />
progettazione dinamica. Nonostante<br />
sia un materiale combustibile, con<br />
adeguati accorgimenti, <strong>come</strong> un<br />
sovradimensionamento degli elementi<br />
strutturali, da questo costituiti, è<br />
possibile migliorare la sua<br />
prestazione <strong>nel</strong> caso di incendi,<br />
assicurando la stabilità dell’ edificio.<br />
L’indebolimento della struttura<br />
apportato al legno dopo il<br />
manifestarsi di un incendio è così<br />
limitata: la parte del legno che non<br />
viene colpita dal fuoco mantiene le<br />
sue resistenze meccaniche. Questo<br />
inoltre è un materiale leggero, rapito<br />
da trasportare, maneggevole, dato<br />
fondamentale se si pensa alle<br />
immediate costruzioni necessarie per<br />
la popolazione sfollata dopo un<br />
terremoto. Oltre a queste<br />
caratteristiche, tale elemento ha<br />
buone qualità in campo energetico:<br />
risulta essere un buon isolante<br />
termico e acustico; una buona<br />
soluzione per le partizioni interne di<br />
un edificio. Blocchi di legno riempiti di<br />
cartongesso, fibra di cellulosa e lana<br />
di roccia (isolanti) possono essere<br />
una buona combinazione per la<br />
costruzione di chiusure esterne( muri<br />
esterni) di una casa antisismica.<br />
Anche I materiali per la saldatura,<br />
chiodi e bulloni devono essere per<br />
sicurezza conformi alle norme<br />
europee UNI EN ISO.<br />
Chiara Ferrari<br />
Bibliografia<br />
Conferenza sull’architettura<br />
sostenibile, tenuta al <strong>Liceo</strong><br />
<strong>Scientifico</strong> Anto<strong>nel</strong>li di Novara,<br />
Marzo 2011<br />
Voltaire, Racconti filosofici,<br />
Milano, Garzanti, 1973<br />
Wikipedia<br />
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Gli articoli di questo numero sono stati realizzati da studentesse<br />
e studenti della 5. G del <strong>Liceo</strong> <strong>Scientifico</strong> statale Anto<strong>nel</strong>li di<br />
Novara, anno scolastico 20102011.<br />
I redattori sono: Silvia Bernardi, Michela De Bellis, Chiara<br />
Ferrari, Marica Marbuccio, Luca Michelon e Giusi Vastola.<br />
Lorenzo Bagnati e Giusi Vastola si sono occupati delle vignette.<br />
Giusi Vastola ha realizzato le foto che accompagnano<br />
l’intervista all’infinito.<br />
La prof.ssa Marina Albanese ha supervisionato il lavoro e ha<br />
curato l’impaginazione.<br />
La redazione ringrazia gli altri studenti e studentesse della 5. G<br />
per l’amichevole sostegno e tutti gli insegnanti del Consiglio di<br />
classe della 5. G, <strong>come</strong> pure il personale tecnico e il Dirigente<br />
scolastico del <strong>Liceo</strong> Anto<strong>nel</strong>li.<br />
La foto in copertina rappresenta l’intera 5. G che fornisce<br />
un’interpretazione collettiva del cogito di cartesiana memoria e<br />
del famoso eureka di Archimede, simboleggiando così l’unità<br />
delle due culture (umanistica e scientifica), unità coltivata da<br />
sempre <strong>nel</strong> nostro istituto.<br />
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Via Toscana, 20, Novara 28100<br />
tel. 0321465480/458381 fax 0321465143<br />
email lsantone@liceoanto<strong>nel</strong>li.novara.it<br />
http://www.liceoanto<strong>nel</strong>li.it<br />
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