Passera Alessandro 5.E - Liceo Scientifico Antonelli
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DIVENTIAMO CITTADINI EUROPEI<br />
Traccia 1<br />
<strong>Liceo</strong> <strong>Scientifico</strong> <strong>Alessandro</strong> <strong>Antonelli</strong> – Novara<br />
<strong>Alessandro</strong> <strong>Passera</strong> classe V E<br />
Nel 2011 ricorrono i centocinquant’anni dell’unità nazionale italiana. Questa unità, che oggi<br />
si inserisce nel quadro più vasto, continentale, del processo di unificazione europea, ha di<br />
fronte a sé sia nuove opportunità ( una nuova convivenza di tipo federale) sia nuovi<br />
problemi e nuovi rischi (crescita delle differenze interne, minore coesione nazionale, spinte<br />
disgregatrici). Quali rapporti vi sono, a vostro parere, tra unità nazionale italiana e<br />
unificazione europea, fra prospettive di riforma federale e prospettive di costruzione di una<br />
vera e propria federazione europea? Come si può valutare l’idea di una nuova unità federale<br />
italiana nel quadro di una nuova unità federale europea?<br />
Coordinatrice: Prof.ssa Giuseppina Ferolo<br />
1
Il 17 marzo del 1861 il Parlamento italiano, riunitosi per la prima volta, proclamava Vittorio<br />
Emanuele II re d’Italia “per grazia di Dio e volontà della nazione”. Sono passati 150 anni dal<br />
raggiungimento dell’unità e l’Italia si trova ora ad affrontare un progetto di federalismo interno in<br />
un più ampio processo di federazione europea, verso cui ci si sta muovendo, seppure tra numerose<br />
difficoltà. La riflessione teorica su questi due tipi di federalismo, ossia il federalismo<br />
infranazionale e quello sovranazionale, si è sviluppata in Italia a partire dalla fine del Settecento<br />
ed è stata alla base di numerosi progetti politici, in particolare dalla seconda metà dell’Ottocento,<br />
per giungere al Novecento. Per valutare i possibili rapporti tra uno Stato italiano di stampo federale<br />
e una federazione europea, si deve partire dell’analisi delle posizioni teoriche sull’argomento.<br />
1 IL FEDERALISMO OGGI<br />
1.1 IL SETTECENTO<br />
1.1.1 Dibattito sull’assetto istituzionale da dare ad un possibile Stato italiano<br />
unitario<br />
Nel 1706, l’Amministrazione generale della Lombardia bandì un concorso sulla domanda “Quale<br />
dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell’Italia?”. Il quesito aprì un dibattito sull’assetto<br />
istituzionale di un possibile Stato italiano, riflessione praticamente assente nel periodo precedente<br />
per la situazione storica e politica italiana. Quasi tutte le proposte di governo prospettarono una<br />
soluzione istituzionale unitaria e monocentrica, spiccatamente antifederalista, influenzata dalla<br />
cultura giacobina repubblicana e democratica, come nel saggio del vincitore, Melchiorre Gioia. A<br />
questo concorso giunsero però anche due proposte differenti:<br />
- la situazione confederale di Gian Francesco Galeani Napione, anticipatore del progetto<br />
neoguelfo di Vincenzo Gioberti;<br />
- la soluzione federale di Giovanni Antonio Ranza, che si ispirò al modello del federalismo<br />
statunitense ed elvetico, nel tentativo di unire all’interno di una federazione Stati prima divisi.<br />
A questo scopo Ranza parla di vera idea del federalismo italiano 1 , distinguendolo dal modello<br />
girondino francese di divisione in dipartimenti e comuni dello Stato francese accentrato. Con<br />
2
1 Giovanni Antonio Ranza<br />
Ranza, viene utilizzato per la prima volta il termine federalismo, inteso come unione di più<br />
Stati tra loro separati.<br />
Sul finire del Settecento idee federali si riscontrano in Antonio Genovesi e in un gruppo di<br />
intellettuali toscani vicini alle posizioni hamiltoniane, espresse nel “The Federalist”. I pochi<br />
pensatori italiani, che si interessarono di un possibile progetto federale per l’Italia, non rifletterono a<br />
livello più ampio ed europeo, poiché la condizione storica non consentiva nessuna possibilità di<br />
realizzazione.<br />
1.2 L’OTTOCENTO<br />
1.2.1 Il primo Ottocento<br />
Con l’esperienza napoleonica e con la successiva Restaurazione, anche in Italia comparirono i primi<br />
intellettuali, assai isolati, capaci di riflettere sui problematiche di livello europeo, benché la<br />
situazione italiana diventi sempre più centrale nell’attenzione dei contemporanei. In particolare,<br />
Sismondo de Sismondi, rifacendosi alla divisone dei poteri di Montesquieu, propose un ritorno alle<br />
libertà comunali, alle autonomie culturali e alla loro intraprendenza economica, all’interno di un<br />
sistema confederale, spinto in modo radicale all’idea di autonomismo.<br />
1.2.2 Giuseppe Mazzini<br />
Con Giuseppe Mazzini e la fondazione della Giovine Europa in Italia il dibattito si aprì su di una<br />
prospettiva europea. Mazzini, sostenitore di una Repubblica italiana unitaria, in cui il potere fosse<br />
fortemente accentrato in organi di governo stabili, propose una nuova Europa, concorde e<br />
affratellata, lontana dai privilegi e delle lotte per il predominio tra gli Stati, ma fondati sulla<br />
solidarietà umana e sulla fratellanza tra popoli. La proposta mazziniane di una confederazione<br />
europea, in cui ogni Stato mantenesse la propria libertà e la propria autonomia, si fonda su un<br />
assetto istituzionale interno di stampo democratico – repubblicano, indispensabile per l’attuazione<br />
di un’unione. Mazzini attribuì il ruolo di popolo – guida alla nazione italiana, avente come obiettivo<br />
la realizzazione dell’unità europea. Il primato italiano, concepito a livello spirituale e non<br />
imperialistico, all’interno di una confederazione europea, mostra come il pensiero di Mazzini veda<br />
nello Stato – Nazione l’ente politico fondamentale per lo sviluppo della Storia, anche per la<br />
3
ivoluzione democratica, che si sarebbe dovuta compiere in Italia, portando all’emancipazione delle<br />
nazioni.<br />
1.2.3 Vincenzo Gioberti<br />
Vincenzo Gioberti fu insieme a Ferrari e Cattaneo uno dei tre massimi teorici del federalismo<br />
risorgimentale italiano.<br />
Ritratto di Vincenzo Gioberti<br />
Riprendendo da Mazzini il concetto di una speciale missione, spettante al popolo italiano, Gioberti,<br />
massimo esponente dell’orientamento cattolico – liberale dell’epoca, ne capovolse il significato,<br />
identificandola con il magistero della Chiesa. Nell’opera, intitolata “Del Primato morale e civile<br />
degli italiani” del 1843, il filosofo fondò il primato italiano sull’essere sede del Papato. Per questo<br />
motivo, Gioberti propose una Confederazione di Stati, guidata dal Papa, poiché il supporre che<br />
4
l’Italia, divisa com’è da tanti secoli, possa pacificamente ridursi sotto il potere di uno solo, è<br />
demenza 2 . Criticando apertamente l’idea di un’unità italiana di stampo mazziniano,giudicata utopica<br />
2 Vincenzo Gioberti<br />
e irrealizzabile, il filosofo individuò la soluzione del problema italiano in una confederazione di<br />
quattro Stati: lo Stato Pontificio, il Nord, il Centro e il Sud,che si sarebbero dovuti subordinare<br />
spontaneamente al potere unificativo e pacifico del Pontefice 3 , grazie all’aiuto dell’esercito<br />
piemontese. Il confederatismo neoguelfo di Gioberti, primo passo verso l’unità nazionale 4 ,<br />
fondato sull’idea di un Risorgimento antirivoluzionario, era valido anche per l’unità europea, non<br />
solo religiosa, ma anche etnica, civile e morale. Il progetto politico neoguelfo aveva visto possibilità<br />
di realizzazione con l’elezione al soglio pontificio di Giovanni Mastai Ferretti, avvenuta nel 1846.<br />
L’unione doganale, voluta da Pio IX con il Piemonte e la Toscana, era per Gioberti il punto di<br />
partenza per una confederazione italiana. L’esperienza liberale del Papa, che aveva suscitato grandi<br />
speranza, si esaurì con la prima guerra d’indipendenza del 1848, in cui lo Stato Pontificio tolse il<br />
proprio aiuto militare al Regno di Sardegna in vista di “una guerra nazionale” antiaustriaca. Il<br />
fallimento del tentativo neoguelfo, in base al quale libertà, confederazione, concordia sono dunque<br />
le tre leggi del risorgimento italico, derivanti dalle note specifiche della spontaneità, italianità e<br />
moderazione 5 , mostrava l’instabilità di un progetto confederale sia infranazionale, che<br />
sovranazionale, scaturita dalla problematicità di tener unite più entità istituzionali autonome e con<br />
pieni poteri, poiché i particolarismi giungevano sempre a contrastare l’interesse comune.<br />
1.2.4 I moderati<br />
Il progetto di un Federalismo sovranazionale era uno degli aspetti centrali in politica estera della<br />
corrente liberal–moderata italiana, non solo piemontese. Essa sosteneva l’idea di un diritto<br />
europeo, oltre che internazionale, capace di garantire il sistema di equilibrio a livello politico tra gli<br />
Stati europei, collegato ai principi del liberalismo europeo, dottrina economica apprezzata in<br />
particolare da Cavour e Massimo D’Azeglio. Mentre questi due esponenti sostenevano un<br />
federalismo sovranazionale, che non si tradusse mai in un’esplicita proposta politica di unità<br />
europea, all’interno si dimostrarono sostenitori di uno Stato accentrato, senza spazio per le<br />
autonomie. La corrente moderata italiana non fu mai in grado di avanzare una proposta unitaria per<br />
l’Europa, nonostante a livello teorico fosse favorevole, per il solo interesse mostrato alla situazione<br />
italiana dei successori di d’Azeglio e Cavour.<br />
5
3 Vincenzo Gioberti<br />
4 Vincenzo Gioberti<br />
5 Vincenzo Gioberti da“Del Rinnovamento civile dell’Italia”<br />
1.2.5 Cesare Balbo e Giacomo Durando<br />
Staccandosi dai moderati, a cui apparteneva, Cesare Balbo, riprendendo e superando la posizione<br />
giobertiniana, propose la formazione di una lega doganale e militare, preludio per una futura<br />
Confederazione, posta sotto il controllo del Regno di Sardegna, di cui fu anche primo ministro. Il<br />
progetto di Balbo si legava al concetto di libertà, requisito essenziale di civiltà, per cui l’Italia<br />
avrebbe dovuto riacquistare la propria indipendenza dall’Impero Asburgico, concetto espresso<br />
chiaramente ne “Le speranze d’Italia”. Sostenitore ancora più convinto di un federalismo<br />
monarchico fu Giacomo Durando, che, nell’opera, intitolata “Della nazionalità italiana”, teorizzò<br />
una federazione divisa in tre Stati, uno settentrionale, sotto i Savoia, uno centrale sotto i Lorena e<br />
uno meridionale sotto i Borboni. Quest’ipotesi federalista, vista come unica soluzione realistica e<br />
ragionevole al problema italiano, si opponeva al radicalismo unitario e repubblicano di Mazzini. Per<br />
quanto riguarda le riflessioni europee sia Balbo che Durando non proposero ulteriori formulazioni<br />
alla corrente moderata.<br />
Ritratto di Giacomo Durando<br />
6
1.2.6 Giuseppe Ferrari<br />
Giuseppe Ferrari fu il massimo esponente del federalismo rivoluzionario.<br />
Ritratto di Giuseppe Ferrari<br />
Ispirandosi alle teorie di Proudhon, studiato direttamente a Parigi, Ferrari, nella convinzione che<br />
gli stati a più centri popolosi, gli stati situati su vaste estensioni di territorio, dove il corso dei fiumi<br />
e dei monti, intercettando la libera azione di una sola metropoli, ne crea parecchie di forze<br />
equivalenti, sono federali, hanno capitali molteplici, a seconda della popolazione e della ricchezza,<br />
e si riuniscono col mezzo di una dieta, spesso nomade, e mancando l’uniformità imposta dall’alto,<br />
la libertà regna sola con moto che parte dal basso 6 , riscontrò in Italia la difficoltà di stabilire una<br />
capitale e di giungere ad un governo con leggi solide ed unitarie. Per questo fu oppositore tenace<br />
7
della piemontesizzazione del neocostituito Stato italiano, avendo sostenuto precedentemente una<br />
rivoluzione con l’obiettivo di rinnovare il patto sociale in ogni Stato 7 , fondandolo su tre principi:<br />
6 Giuseppe Ferrari<br />
7 Giuseppe Ferrari<br />
ateismo, federazione e socialismo, da cui la critica al confederatismo neoguelfo di Gioberti e al<br />
radicalismo unitario di Mazzini. Nella proposta di Ferrari la rivoluzione, ossia il diritto di ogni<br />
uomo di essere libero, di non vivere in uno Stato se non come cittadino, di non firmare né ratificare<br />
il contratto sociale se non sulla base dell’eguaglianza, di respingere ogni dominazione temporale<br />
spirituale, ogni autorità politica e religiosa 8 . La rivoluzione doveva quindi avere come obiettivo la<br />
libertà, da esercitarsi nelle istituzioni federali, tramite otto assemblee popolari, rappresentanti di otto<br />
corpi politici, anteponendo al progetto unitario quello della liberazione dalle ingiustizie, provenienti<br />
soprattutto dallo straniero. Queste otto entità istituzionali, unite da uno Stato federale, sono per<br />
Ferrari il centro dell’attività politica. A livello europeo egli non fu netto sostenitore di un progetto<br />
federale, benché vedesse di buon occhio l’internazionalismo socialista, specie la formulazione di<br />
Luigi Andrea Mazzini.<br />
1.2.7 Carlo Cattaneo<br />
Carlo Cattaneo fu il massimo esponente del federalismo di tutto l’Ottocento. Con lui si giunse in<br />
Italia alla prima formulazione teorica chiara e precisa dell’argomento. Chi apporta ad un popolo<br />
un’idea, gli ispira una volontà, lo prepara presto o tardi a certi fatti. Perciò i despoti vigilano<br />
contro le nuove idee; e i promotori della libertà le coltivano 9 . Cattaneo fu indubbiamente<br />
seminatore di idee 10 . Tutto in Cattaneo è democrazia e liberalismo. La libertà non è per lui soltanto<br />
una generosa ideologia, ma è il frutto della visione organica della storia italiana e della vita<br />
moderna 11 . Proprio dalla teoria della libertà, ripresa a livello filosofico dal liberalismo di Constant<br />
e Tocqueville, prende avvio tutta la riflessione politica cattanea, che si esplica a sostegno della<br />
forma repubblicana , garante sia dell’individuo che delle entità collettive , poiché unica in grado di<br />
assicurare il riconoscimento della verità. Dalla ragione, valore supremo 12 scaturisce ogni forma di<br />
incivilimento, concetto ripreso da Romagnosi, che porta alla creazione dello Stato, tramite il mutuo<br />
8 Giuseppe Ferrari<br />
8
9 Carlo Cattaneo<br />
10 Gaetano Salvemini, dall’Introduzione a “Le più belle pagine di Carlo Cattaneo”<br />
11 Mario Boneschi da “Corriere d’informazione” 15 giugno 1945<br />
12 Luigi Salvatorelli, da “Il primo politico italiano dal 1700 al 1800”<br />
Ritratto di Carlo Cattaneo<br />
consenso dei contraenti, poiché vi è differenza pratica tra il principio della federazione e quello<br />
dell’egemonia, tra quello dell’eguaglianza e quello della preminenza, tra quello dell’emulazione e<br />
quello della gelosia 13 . In questo Stato i contraenti mantengono le rispettive autonomie e peculiarità,<br />
9
tutelate da un decentramento a partire dal Comune, come nel federalismo comunale di Pisacane,<br />
ispiratosi alla dottrina cattanea, a cui aggiunge inflessioni socialiste, per passare alla Regione, alla<br />
Nazione e infine all’Europa. La grande lungimiranza di Cattaneo sta proprio nell’inserimento del<br />
federalismo italiano in un’ottica europea. Partendo dal Comune, riesce a proporre una soluzione<br />
valida per l’intera Europa nel tentativo di unirla. Cattaneo, il quale al cervello di Bacone, accoppia<br />
13 Carlo Cattaneo dal “Proemio al terzo volume dell’archivio triennale delle cose d’Italia”<br />
la passione civica di Foscolo 14 , intellettuale, che anche quando combatte le sue battaglie politiche<br />
le combatterà sempre dalla sfera delle idee, o meglio delle ideologie, le idee diventate azioni 15 ,<br />
riuscì a proporre un progetto pratico, molto particolareggiato e attento ai dettagli, per esempio i<br />
vantaggi di una struttura federale per lo sviluppo dell’agricoltura lombarda, atteggiamento visto<br />
favorevolmente da una figura centrale della prima metà del Novecento, Luigi Einaudi, unito ad<br />
obiettivi molto ambiziosi. Il pensatore milanese riuscì così a coniugare in un sistema coerente il<br />
federalismo all’interno e all’estero, vale a dire regionalismo e Stati Uniti d’Europa 16 . Ciò fu reso<br />
possibile dal fatto che la filosofia di Cattaneo, che ha per modelli Bacone, Locke e Vico, è la<br />
filosofia positiva, “sperimentale”, nemica acerrima e irriducibile di ogni forma metafisica, e viene<br />
dopo le scienze come loro sintesi, non prima come loro presupposto 17 . L’acuto realismo, il<br />
relazionarsi costantemente alla situazione storica contemporanea e l’attitudine all’esame ponderato<br />
del conteso sociale ed economico portarono Cattaneo a partire dal caso italiano e a superare i limiti<br />
delle precedenti formulazioni teoriche, cogliendo l’impossibilità della creazione di una<br />
confederazione stabile e durevole e il pericolo dell’esasperazione delle teorie nazionalistiche, nate<br />
attorno agli Stati assoluti e accentrati. Così, dai Comuni, a traverso le regioni e le nazioni<br />
elevandosi fino all’auspicio di una federazione continentale, il Cattaneo, pur senza approfondire le<br />
particolari applicazioni del principio che gli pareva “la sola possibile forma d’unità tra liberi<br />
popoli”, perché il potere debb’essere limitato; e non può essere limitato se non dal potere, nel<br />
federalismo additava la soluzione dei più assillanti problemi politici e la più sicura guarentigia del<br />
benessere e della pace. 18 Il patto federale era per Cattaneo un mondo di unità, l’unico forse,<br />
perchè unico, durevole modo di concordia e di libertà 19 , in grado di assicurare la libertà di tutti i<br />
popoli, senza annessioni o assorbimenti, come detto in una lettera a Francesco Crispi del 18 luglio<br />
1860, riferendosi alla situazione siciliana. In questo scritto, l’intellettuale milanese utilizza per la<br />
14 Arcangelo Ghisleri da “Chi era Carlo Cattaneo”, discorso tenuto il 23 giugno 1901 al Teatro<br />
Fossati di Milano<br />
15 Giovanni Spadolini dalla presentazione a “Carlo Cattaneo e il Politecnico<br />
10
16 Mario Boneschi<br />
17 Norberto Bobbio, dal Supplemento a “L’indice”: “libero”, n. 1<br />
18 <strong>Alessandro</strong> Levi da “L’Avvenire dei lavoratori”, n. 16<br />
19 Carlo Cattaneo<br />
Ritratto di Carlo Cattaneo<br />
prima volta il termine Stati Uniti d’Italia o Regni Uniti, riprendendo il modello inglese di unione<br />
consensuale libera e non risultato d’annessione, dettata dai calcoli del maggior progresso e della<br />
felicità. Con questo termine Cattaneo indica l’unione di più Stati divisi, che alienano da sé i propri<br />
poteri, per darli ad uno Stato unito, il quale li decentra subito alle varie entità locali, che rimangono<br />
libere, ossia un'unione di ciò che è disunito e non una divisione di ciò che è unito. Solo così si<br />
potevano bilanciare le forze centipete e le forze centrifughe, senza che si giungesse ad uno scontro<br />
aperto, ma mantenendo la pace. Criticando Mazzini, affermava che la federazione procurava<br />
un'unità sempre intima e spontanea mentre la fusione fomenta l'odio e la ripugnanza 20 , al<br />
11
contempo, attaccando Gioberti, negava la possibilità effettiva di una confederazione, in particolare<br />
teocratica, poiché, pregio del federalismo,era quello di permettere la reciproca tolleranza di religioni<br />
diverse. Prendendo a modello gli Stati Uniti e la Svizzera, l'autore milanese dichiarava che il<br />
federalismo doveva sviluppare la coscienza nazionale, garantendo l'indipendenza e l'unità, come<br />
detto da Proudhon, garantendo il controllo democratico diretto del cittadino sulle autorità a lui più<br />
20 Carlo Cattaneo<br />
vicine, secondo il principio di sussidiarietà, cardine di tutta la riflessione cattanea, unica sicurezza<br />
per la democrazia. In base a questo principio si articola tutto il federalismo infranazionale cattaneo,<br />
da cui si sviluppa il federalismo sovranazionale, definito federalismo di diritto, che pone le proprie<br />
premesse su di un diritto europeo. Il passaggio dal federalismo interno a quello esterno è dato dalla<br />
convinzione che l'instaurazione della libertà era un fine che doveva valere non soltanto per gli<br />
individui, ma anche per i popoli 21 . Il diritto federale degli Stati Uniti d'Europa 22 , termine utilizzato<br />
per la prima volta da Cattaneo, e la limitazione del potere sovrano degli Stati nazionali sono gli<br />
unici due strumenti validi per sanare la condizione anarchica dei rapporti internazionali fra più Stati<br />
di cui inevitabilmente per la degenerazione nazionalistica deriva la guerra. Obiettivo della dottrina<br />
federalista cattanea è invece la pace, benchè nella riflessione non vi siano riferimenti espliciti alla<br />
teoria cosmpolitico – illuminista di Kant, all'interno di un sistema istituzionale, simile a quello del<br />
“The Federalist” di Hamilton, Madison e Jay. Il diritto federale è diritto dei popoli, democratico<br />
ed egualitario, opposto ai privilegi. Esso costituiva il presupposto per un federalismo economico,<br />
capace di livellare le differenze, a livello nazionale e regionale, e di creare un ugual sviluppo tra le<br />
diverse aree. Cattaneo è un discepolo di Smith; è fautore del governo locale contro lo stato<br />
accentratore 23 . Come Cavour, crede che l'unica possibilità di progresso, specie economico, stia nel<br />
liberalismo europeo, ottenibile per l'autore milanese, a differenza dello statista piemontese, solo con<br />
un'unità politica, indispensabile per la società continentale Gli Stati Uniti d'Europa sono le acute<br />
visioni di un processo storico storico, che, se ancora lento e faticoso è però unica condizione di<br />
salvezza dell'Europa dalla decadenza e dalla miseria 24 . L'analisi attenta della situazione storica e lo<br />
spiccato realismo fanno si che l'unità europea, che altri cercava in una fantastica origine comune e<br />
per la quale si faceva gran battaglia tra sostenitori della razza greco – latina e sostenitori di quella<br />
germanica, che pienamente avrebbe rappresentato il “genio ario”, il Cattaneo la pensava invece<br />
come un divenire e un ideale 25 , un processo lento e complesso, che non si sarebbe potuto compiere<br />
sotto il primato di nessun Stato o l'assunzione a poco a poco tramite l’antico sofisma del cumulo 26 ,<br />
21 Franco della Peruta da “Carlo Cattaneo politico”<br />
12
22 Carlo Cattaneo<br />
23 Norberto Bobbio, dal Supplemento a “L’indice”: “libero”, n. 1<br />
24 Mario Boneschi<br />
25 Benedetto Croce, da “La Critica “ poi in “Storia della storiografia italiana del secolo XIX<br />
26 Carlo Cattaneo<br />
ma solo attraverso l'unione libera, nel rispetto delle autonomie, come avvenuto negli Stati Uniti,<br />
secondo la teoria hamiltoniana. L'acuto pragmatismo unito ad una speculazione molto sottile ha<br />
reso Cattaneo l'autore federalista più importante dell'Ottocento, grazie ad un'attenzione per i<br />
dettaglia, coadiuvata da una grande lungimiranza, finalizzata sempre all'espletamento delle libertà<br />
umane, fulcro di una pace, ottenibile solo attraverso gli Stati Uniti d'Europa.<br />
1.2.8 L'unità d'Italia<br />
Il 17 marzo del 1861, Vittorio Emanuele II venne proclamato re d'Italia, dal neoparlamento riunitosi<br />
a Torino, sancendo la nascita di un regno, costituitosi attraverso la II guerra d'indipendenza e la<br />
spedizione dei Mille. Il primo problema dopo l'unità fu la forma amministrativa da attribuire al<br />
nuovo Stato. I maggiori esponenti della Destra storica, che mantenne la maggioranza in Parlamento<br />
dal 1861 al 1876, erano tutti ammiratori della forma di self–government inglese, in particolare<br />
Cavour. L'apprezzamento teorico di un sistema decentrato, con ampi spazi all'autogoverno delle<br />
comunità locali, non portò nessun riscontro a livello pratico. Al contrario si assistette ad un forte<br />
accentramento, giudicato un paradosso 27 da tutti i federalisti dell'epoca, e dalla<br />
piemontesizzazione. Questa scelta prevalse per le esigenze pratiche immediate di stabilire un<br />
controllo stretto e capillare su tutto il Paese, tramite i prefetti, eredità del modello napoleonico.<br />
L'accentramento si dimostrò subito necessario per bloccare forze centrifughe, che potevano minare<br />
l'unità stessa, appena raggiunta. Inoltre in politica estera il centralismo era indispensabile all'Italia<br />
per mantenere un equilibrio di potenza in Europa, sostenuto da un esercito forte, compatto e<br />
rapidamente mobilitabile. La situazione internazionale aveva reso necessario una struttura<br />
amministrativa centralista, capace di contrastare i pericoli di ritorno degli Austriaci e dei Borboni. Il<br />
piano europeo si ripercuoteva così in maniera rilevante a livello economico e sociale, esigendo un<br />
mercato unico, reso forte da uno Stato monocentrico. Inoltre gli esponenti della Destra storica<br />
credevano di poter colmare il divario di sviluppo tra Nord e Sud, grazie ad un sistema accentrato.<br />
Invece la differenza tra le due aree finì per aumentare, rischio evidenziato già da Cattaneo. La scelta<br />
13
di una risposta accentrata fu inevitabile per l'assenza di una tradizione unitaria nella massa degli<br />
abitanti. Questa nuova struttura amministrativa si mostrò subito fallace con l'attuazione della<br />
piemontesizzazione, ottenuta tramite l'estensione a tutto il regno di leggi unificatrici, riprese dal<br />
codice piemontese, nonostante questo si dimostrasse antiquato in ambito penale rispetto a quello del<br />
Granducato di Toscana, in ambito civile rispetto a quello del Ducato di Parma e in ambito comunale<br />
rispetto a quello del Lombardo – Veneto, riportando gravi danni a tutto l'apparato, poiché ogni<br />
27 Giuseppe Ferrari<br />
imitazione di leggi,che non sia un vero miglioramento, è un danno; poiché sospende il rapido corso<br />
della transazione, diffonde una dubbiezza universale, rende sufficienti tutte le congiunzioni<br />
pratiche, costringe gli uomini a rifar da capo tutti i loro giudizi e calcoli 28 . Quest'atteggiamento<br />
rese subito evidenti i problemi di una struttura accentrata, a cui si era giunti con annessioni, più che<br />
libere scelte, poiché i plebisciti, che le avevano sancite, avevano avuto solo valore populistico.<br />
Questa situazione rese evidente la necessità di un maggiore decentramento amministrativo, come<br />
sostenuto dai romagnoli Farini e Minghetti, dal toscano Ricasoli e dal lombardo Stefano Jacini.<br />
Da Minghetti in particolare giunse una valida proposta di decentramento, ottenibile con la<br />
concessione di autonomie locali ristrette, che avrebbero comunque diminuito il peso della macchina<br />
statale centrale. Questa soluzione fu però bocciata, perchè sulla scena nazionale si stava<br />
prefigurando il pericolo del brigantaggio meridionale, misto ad una dose di separatismo, per<br />
favorire il ritorno borbonico. Inoltre le attenzioni poste sul completamento dell'unità, giunta nel<br />
1870 con Roma, distolsero l'interesse dalle istanze federali, che contemporaneamente, sconfitte per<br />
l'evolversi degli eventi interni, stavano perdendo sempre maggior vigore per la crescente forza dei<br />
nazionalismi. Le esigenze pratiche, che avevano portato lo Stato italiano ad assumere una forma<br />
fortemente accentrata, crearono subito dei problemi di gestione del potere, che, non essendo stato<br />
autolimitato dai governanti, presentava una forza internazionale maggiore, ma inadeguata<br />
all'interno, troppo svincolata dalle diverse situazioni italiane. L'impossibilità di un governo<br />
particolare, che tentasse di risolvere in maniera precisa alcuni problemi locali, all'interno del quadro<br />
nazionale, rese ancora più evidente le enormi differenze interne al Paese. Dopo una prima fase di<br />
inevitabile accentramento, lo Stato italiano non seppe evolversi in senso federale, favorendo il<br />
decentramento in dipartimenti, come in Francia, senza giungere alla creazione di altre entità statali,<br />
che minassero l'unità. La concessione di autonomie alle varie entità locali trovò contrari sia la<br />
Destra storica che la Sinistra storica, impedendo un pieno sviluppo delle potenzialità, specie<br />
meridionali. Proprio come risposta alla nascita della questione meridionale, Gaetano Salvemini<br />
formulò la proposta di un federalismo equilibrato, che non minasse assolutamente l'unità.<br />
14
28 Carlo Cattaneo<br />
1.3 FINE OTTOCENTO E INIZIO NOVECENTO<br />
1.3.1 Gaetano Salvemini<br />
Gaetano Salvemini fu uno dei massimi esponenti del federalismo di fine Ottocento e inizio<br />
Novecento. Partendo dall'analisi marxista della società meridionale 29 e dalla riflessione sulle<br />
condizioni di arretratezza della società meridionale, oppressa dai latifondisti meridionali, aiutati<br />
grazie all'unità dai ricchi borghesi settentrionali, giunse a proporre per il caso italiano un<br />
federalismo centrifugo, dall'unità alla pluralità.<br />
15
Foto di Gaetano Salvemini<br />
29 Salvatore Lucchese, da “Federalismo, socialismo e questione meridionale in Gaetano Salvemini”<br />
Salvemini riscontrava le cause del mancato progresso dell'Italia meridionale nel fatto che essa ha<br />
dovuto mettersi in moto da un punto di partenza molto più arretrato dell'Italia settentrionale 30 e che<br />
il progresso ha dovuto e deve lottare non solo con tutte le forze conservatrici locali, ma anche con<br />
le condizioni disastrose fatte all'Italia meridionale dell'accentramento finanziario e amministrativo<br />
dell'Italia monarchica 31 .Proprio per l'ultimo motivo, il direttore dell'”Unità” insieme a Napoleone<br />
Colajanni, Ettore Ciccotti e Giustino Fortunato, arrivò ad esprimere una proposta federalista<br />
lucida e convinta, dal basso. Secondo Salvemini, solamente il blocco operaio–contadino era in<br />
grado di farsi promotore di un federalismo, che non si riducesse a puro decentramento<br />
amministrativo, ma che inquadrasse l'autonomia degli enti locali in una prospettiva unitaria e<br />
16
gradualistica, fondata sul principio di sussidiarietà. Lo storico pugliese pensava ad uno Stato<br />
unitario, composto da un Parlamento e da un potere centrale, espressione della volontà nazionale,<br />
con competenze politiche e amministrative ben delineate, lasciando ampia e reale autonomia agli<br />
enti locali: comuni e province, cardine fondante della tradizione italiana, da cui, con movimento<br />
ascensionale, si costituissero le regioni. Con questa struttura si poteva risolvere il problema della<br />
mancanza di un'equità distributiva delle amministrazioni e dell'eccessiva burocratizzazione, che<br />
specie al Sud, avevano portato gravi danni alla società, come lo sviluppo di una forte corruzione.<br />
Secondo Salvemini, lo Stato centrale doveva rappresentare l'unità nazionale in politica estera,<br />
mentre a regioni, province e comuni, riorganizzati secondo il modello londinese delle contee<br />
metropolitane, divise in quartieri–comuni, rimanevano le competenze, riguardanti gli interessi locali<br />
o specifici dei cittadini. L'acuta riflessione di Salvemini pose, non solo in ambito terminologico, ma<br />
soprattutto pratico, la differenza tra federalismo e regionalismo, da lui fortemente attaccato,<br />
segnando un ulteriore miglioramento, reso esplicito, della dottrina federalista.<br />
1.3.2 Lo Stato Nazionale e l'idea di Europa<br />
Nella seconda metà dell'Ottocento e all'inizio del Novecento si ebbe in Europa un forte sviluppo<br />
dello Stato nazionale, in cui era assente una qualsiasi limitazione del potere statale. Con<br />
l'affermazione dello Stato nazionale e della convinzione, che fra le diverse nazioni esistessero<br />
differenze radicate e insuperabili, si venne a rompere le coscienze di una comune civiltà europea,<br />
presente specie negli intellettuali, per cui fino ad allora vi era stata un'unità religiosa, morale e<br />
civile, sentita anche da politici, come Cavour. L'affermazione dello Stato nazionale portò alla<br />
degenerazione dell'idea di nazione, utilizzata a livello ideologico, con conseguente nascita di forti<br />
30 Gaetano Salvemini attenzione all’impaginazione: le note vanno a piè di pagina<br />
31 Gaetano Salvemini<br />
nazionalismi e irredentismi. I caratteri degenerativi dello Stato nazionale e le possibili disastrose<br />
conseguenze furono colti dai maggiori esponenti federalisti, quali Cattaneo, Proudhon, Frantz e<br />
Lord Acton. I progetti di un'unità europea vennero così sempre più accantonati, in particolare l'idea<br />
del pacifismo cosmopolitico, espressa chiaramente per la prima volta da Kant, venne abbattuta dalla<br />
politica di potenza e dall'imperialismo espansionistico di tutti gli Stati nazionali, in particolare<br />
quello tedesco. I federalisti avevano compreso che tali atteggiamenti avrebbero portato presto o<br />
tardi ad una guerra, in cui si sarebbero scontrati gli eserciti, espressione più forte degli Stati<br />
nazionali. Il declino dell'idea dell'unità europea e dei valori sopranazionali, come la pace, fu<br />
17
inevitabile e reso più acuto dall'assenza sul piano internazionale di federalisti di grande livello,<br />
dovuta ad un'educazione con spiccati accenti nazionalisti, la cui carenza era stata denunciata sia da<br />
Cattaneo che da Salvemini. Il discorso di una federazione europea fu proseguito da personalità di<br />
secondo piano, come Pietro Ellero, interessato di diritto internazionale e teorico di una<br />
“Federazione universale degli Stati”, in cui le controversie sarebbero dovute essere risolte da un<br />
tribunale arbitramentale 32 invece che dalla guerra, Aurelio Saffi e Alberto Mario, che ripresero il<br />
discorso mazziniano sulle nazioni indipendenti e affratellate, seppur con minor vigore e capacità<br />
teoriche, e Ernesto Teodoro Moneta, convinto pacifista a livello teorico, permeato però dalla<br />
propaganda nazionalistica sul piano pratico, fino a sostenere la guerra con finalità d'indipendenza e<br />
di unità nazionale. L'ideale sovranazionale presente in tutte le correnti del Risorgimento italiano,<br />
quella liberal–moderata, quella cattolico–moderata e quella democratica rivoluzionaria, veniva<br />
invece a perdere sempre più valore nell'Europa delle nazioni, per cui l'orientamento<br />
internazionalistico fu sconfitto da quello nazionalistico, specie nelle forze liberali e democratiche,<br />
che avevano guidato, fino alla Prima Guerra Mondiale, l'Italia, in minor misura nei cattolico-<br />
moderati e nei socialisti, che si rifacevano all'internazionalismo socialista della Seconda<br />
Internazionale del 1889. Da qui si evince la connessione tra il progressivo indebolimento dei valori<br />
e dei sentimenti sovranazionali e la partecipazione al governo dello Stato, evidente nella socialde-<br />
mocrazia tedesca che aveva rifiutato l'idea rivoluzionaria a favore di quella riformista. Il dato<br />
strutturale alla base del processo generale di nazionalizzazione delle fondamentali forse politiche<br />
non portò ad un loro rifiuto dei valori europeistiche ed internazionalistici, nonostante le pressioni<br />
dei partiti nazionalistici. Questa contraddizione tra piano teorico e pratico, che causò l'eclissi<br />
dell'idea di unità europea dai progetti concreti delle forze politiche, fu resa evidente dalla Prima<br />
32 Pietro Ellero<br />
33 Sergio Pistone da “L'Italia e l'unità europea”<br />
Guerra Mondiale, suscitando un grande fervore nel dibattito sul federalismo, legato all'opposizione<br />
al fascismo, culmine dello Stato etico di matrice hegeliana, contro cui tutte le forze democratiche si<br />
erano unite, per la difesa della libertà.<br />
1.4 IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE MONDIALI<br />
1.4.1 Il dibattito europeista del primo dopoguerra<br />
18
Dopo la Prima Guerra Mondiale, si assistette in Europa ad un nuovo interesse per la riflessione<br />
federalista sovranazionale, unica soluzione per la grave instabilità politica della guerra, causata<br />
dall'ascesa dello Stato nazionale. Nonostante questa continui con l'affermazione dei fascismi, per i<br />
quali si giungerà alla Seconda Guerra Mondiale, il dibattito sull'unità europea e sui principi<br />
internazionalistici assunse particolare rilevanza, specialmente nell'immediato dopoguerra, fornendo<br />
molte basi teoriche alla Resistenza e ai movimenti del secondo dopoguerra. Il rilancio del dibattito<br />
sull'unità europea coincise con una perdita di potere del continente a favore degli Stati Uniti e della<br />
Russia, le cui cause venivano individuate nella perdita di un equilibrio internazionale, dovuta<br />
all'affermazione dello Stato nazionale. Le teorie federaliste dell'epoca si contraddistinsero per le<br />
loro applicazioni pratiche, lontane da elementi utopistici, assai presenti nelle riflessioni precedenti.<br />
Gli apporti della discussione sull'unità europea del primo dopoguerra sono stati notevoli e<br />
particolarmente positivi, sostenuti da politici dello spessore di Einaudi, Sturzo, Turati, Matteotti,<br />
Nitti, Quartara, Rosselli e Trentin.<br />
1.4.2 Luigi Einaudi<br />
Per la lucidità di pensiero e l'apporto teorico dato, Luigi Einaudi fu indubbiamente il federalista più<br />
notevole del primo dopoguerra, fino al secondo dopoguerra, quando venne eletto dal Parlamento<br />
italiano Presidente della Repubblica. La riflessione di Einaudi si mantenne sempre collegata al<br />
piano storico, in cui si inseriva, caratteristica evidente nella critica alla Società delle Nazioni, voluta<br />
dal Presidente americano Wilson, per impedire lo scoppio di una nuova guerra. Il politico italiano<br />
ne comprese subito, con una geniale intuizione, i limiti strutturali, dovuti al carattere confederale di<br />
questa istituzione, che non determinava una limitazione della sovranità assoluta degli Stati<br />
partecipanti. Questa carenza sul piano strutturale delle Società delle Nazioni implicava, secondo<br />
Einaudi, il sicuro fallimento degli intenti pacifisti, per cui era nata, nascondendo i fautori della<br />
guerra. Il politico italiano, senza limitarsi ad una critica di carattere strutturale, stabilendo per la<br />
19
Foto di Luigi Einaudi<br />
prima volta sul piano teorico una netta distinzione tra federazione e confederazione, rilanciò il<br />
progetto degli Stati Uniti d'Europa, la cui vera ed efficace unificazione poteva passare solo<br />
attraverso la limitazione del potere sovrano degli Stati nazionali, poiché una collaborazione tra Stati<br />
separati era assolutamente insufficiente. Questa convinzione portò Einaudi a dire che la guerra<br />
presente è la condanna dell'unità europea imposta colla forza da un impero ambizioso, ma è anche<br />
lo sforzo cruento per elaborare una forma politica di ordine superiore 34 . La Prima Guerra Mondiale<br />
34 Luigi Einaudi da “La Società delle Nazioni è un ideale possibile?”.<br />
20
era stata causata dalla contraddizione fra l'interdipendenza economica fra tutte le parti del mondo e<br />
soprattutto fra i paesi più avanzati, che la rivoluzione industriale aveva prodotto a partire dagli<br />
ultimi decenni del 1800, e l'esistenza degli Stati nazionali sovrani che, con le politiche<br />
protezionistiche, tendevano a soffocare lo sviluppo economico in spazi troppo ristretti 35 , nesso colto<br />
anche da Trotsky. Einaudi formulò quindi una lungimirante soluzione del problema, vicina a quella<br />
degli inglesi Curtis, Lord Lothian, Robbins, Wootton e della Federal Union, proponendo un<br />
federalismo sovranazionale, che assicurasse un mercato comune, come sostenuto da Ortega y<br />
Gasset, e impedisse ad uno Stato di operare un tentativo egemonico, con l'ausilio della guerra, per<br />
assoggettare sotto di sé tutto il continente. Questa risposta al problema dell'inadeguatezza dello<br />
Stato nazionale rendeva necessaria una limitazione del potere sovrano degli Stati. Quest'ultimo<br />
pensiero divenne il punto di partenza della Resistenza, nel momento in cui lo Stato nazionale<br />
autoritario di stampo fascista mostrava la propria debolezza, giungendo al termine.<br />
1.4.3 Carlo Sforza<br />
Carlo Sforza fu il primo politico del Novecento a ipotizzare un progetto di unità di integrazione<br />
europea, richiamandosi all'internazionalismo mazziniano, con cui garantire, dopo il primo conflitto<br />
mondiale, il non ripetersi di altre guerre. Ministro degli Esteri con Giolitti, seppe formulare una<br />
proposta realistica di pace tra popolazioni di Stati diversi, residenti sul medesimo territorio. Durante<br />
l'esilio, dovuto all'ascesa del fascismo in Italia, maturò la necessità di un patto federativo europeo,<br />
ispirato alla scuola inglese, specie a Lord Lothian, in grado di salvaguardare la pace e la solidarietà,<br />
ottenuto tramite unioni economiche e doganali con un processo lento. Appena divenuto, nel 1947,<br />
Ministro degli Esteri con De Gasperi, pronunciò alla Camera nel 1949 la celebre frase per cui<br />
l'Italia deve diventare per l'Europa, ciò che il Piemonte fu per l'Italia 36 . Applicò subito questa<br />
convinzione politica, proponendo alla Francia un'unione economica con l'Italia e dimostrandosi<br />
subito favorevole al piano Schuman. Vicino a Croce dal punto di vista teorico, braccio diplomatico<br />
dell'europeismo degasperiano, seppe farsi promotore di un'ipotesi realistica di federalismo<br />
sovranazionale, sostenendo la necessità di un'unione economica e politica, presupposto per la CED,<br />
nel settore assai complesso della difesa. Coniò il termine “Unione Europea”, divenendo il primo<br />
Ministro per gli affari europei. Il suo apporto, riconosciuto dai federalisti italiani, in prima fila<br />
35 Sergio Pistone da “L'Italia e l'unità europea”<br />
36 Carlo Sforza<br />
21
Spinelli,è ora trascurato, ma la sua grande attività pratica ha gettato indubbiamente le basi per una<br />
federazione europea, non ancora raggiunta.<br />
Foto di Carlo Sforza<br />
1.4.4 Attilio Cabiati, Giovanni Agnelli e i liberali<br />
La riflessione federalista di Attilio Cabiati e Giovanni Agnelli, rappresentanti del mondo liberale<br />
specie dell'Italia centro-settentrionale, appoggiato da giornali come “La Stampa” o il “Corriere della<br />
Sera”, diretto da Albertini, assume come punto di riferimento le concezioni liberiste di Francesco<br />
Ferrara, economista, sostenitore di un'impostazione decentralista in materia di istituzioni e<br />
genericamente federalista. Con il libro, intitolato “Federazione europea o Lega delle Nazioni?” del<br />
1918, conosciuto in tutto il continente, i due intellettuali individuarono rigorosamente la differenza<br />
22
tra federazione e confederazione, già espressa da Einaudi, mostrandosi favorevoli alla prima<br />
soluzione, perchè l'unica in grado di portare a risultati concreti. Proseguendo nell'attacco einaudiano<br />
alla Società delle Nazioni, tennero vivo il dibattito europeista, nonostante le opere critiche di<br />
Gobetti e Gramsci.<br />
1.4.5 Sturzo e i cattolici<br />
Don Luigi Sturzo, fondatore del partito popolare, mostrò particolare interesse per le tematiche<br />
europee e per un'unità indispensabile per la situazione contemporanea. Riprendendo Einaudi, Sturzo<br />
proseguì la critica alla Società delle Nazioni, indicando il limite di fondo nella mancanza di poteri<br />
in grado si limitare effettivamente la sovranità nazionale. Nel mondo cattolico si mostrò vivo<br />
l'interesse per l'idea di Europa particolarmente in una figura centrale nel secondo dopoguerra,<br />
Alcide De Gasperi.<br />
1.4.6 Filippo Turati e i socialisti riformisti<br />
A favore di un processo di unità europea si schierarono anche i socialisti riformisti, guidati da<br />
Filippo Turati e raccolti intorno alla “Critica Sociale” con i fratelli Treves, Guido, Mondolfo,<br />
<strong>Alessandro</strong> Levi, Crespi e Basso. La critica di Turati alla Società delle Nazioni lo portò, assieme a<br />
Giacomo Matteotti, ad un'aperta commissione favorevolmente ad un federazione europea, che<br />
garantisse il principio dell'internazionalismo socialista, in particolare in campo economico, come<br />
detto dall’antifascista Franco Saverio Nitti, favorevole ad un'unione doganale europea.<br />
L'internazionalismo socialista poteva infatti solo esplicarsi in una federazione europea forte, con<br />
poteri, sottratti agli Stati nazionali.<br />
1.4.7 Giorgio Quartara<br />
Giurista e scrittore di romanzi filosofici, Giorgio Quartara fu uno dei più importanti europeisti,<br />
erede delle posizioni di Salvemini, unite ad un’ispirazione cosmopolitica kantiana, riletta in chiave<br />
socialista. Indicando come unica soluzione al problema della pace perpetua una futura federazione<br />
europea, Quartara giunse a comprendere che una sistemazione definitiva delle relazioni<br />
internazionali europee e mondiali, passava necessariamente per gli Stati Uniti d’Europa e del<br />
mondo 37 . Essi, ispirandosi al modello di uno Stato unitario con largo decentramento amministrativo<br />
e in minor parte legislativo, dovevano fondarsi a livello economico sull’impostazione del liberista<br />
37 Giorgio Quartara<br />
23
Viti de Marco. La libertà dei commerci doveva essere la premessa per una prima e nuova società<br />
politica che superi il pericolo dello Stato nazionale diventando motore propulsore degli Stati Uniti<br />
d’Europa 38 . Nel romanzo dialogico, intitolato “Gli Stati Uniti d’Europa e del mondo”, Giorgio<br />
Quartara, partendo dall’analisi della federazione americana, in particolare nell’opera di Washington,<br />
attraverso le parole della protagonista Ada, propose lo sdoppiamento del sistema legislativo in<br />
Camera dei Rappresentanti e in Senato federale, organo quest’ultimo a base della federazione e del<br />
decentramento. Quartara sostenne l’importanza di una Costituzione, che garantisse una netta<br />
individuazione dell’Europa, come federazione.<br />
1.4.8 Carlo Rosselli<br />
Durante il ventennio fascista, una figura di spicco del federalismo e uno dei massimi teorici fu<br />
Carlo Rosselli. Partendo dall'analisi della realtà storica, comprese che lo Stato dittatoriale, forma<br />
che si stava affermando in Europa, era il risultato dello statalismo di fine Ottocento e inizio<br />
Novecento, il quale in determinate condizioni aveva portato ad un'evoluzione antidemocratica.<br />
38 Viti De Marco<br />
Foto di Carlo Rosselli<br />
24
La critica alla teoria metafisica dello Stato 39 , legata alle posizioni di Hobhuse e Gurvitch, è<br />
propedeutica alla riflessione su un'altra forma di governo, differente dallo Stato nazionale, in grado<br />
di garantire la pace a livello mondiale, secondo l'internazionalismo socialista, di cui Rosselli era<br />
forte sostenitore. L'autore giunse così ad elaborare una teoria federalista molto complessa, unica<br />
soluzione, capace di garantire la pace, scritta assieme a Camillo Berneri nell'articolo di “Giustizia<br />
e libertà”, del 27 dicembre 1935, intitolato “Discussione sul federalismo e l'autonomia”. Rosselli<br />
propose un federalismo plurimo, istituzionale e sociale, infranazionale e sovranazionale, italiano<br />
ed europea, che va bel oltre i limiti di un ristretto “federalismo territoriale” o regionale dai<br />
contorni micro nazionalisti 40 . L'autore socialista inserì così il progetto di concessione delle<br />
autonomie locali in una proposta di unità europea, indispensabile per la crisi dello Stato nazionale,<br />
culminata con la presa del potere dei fascisti. Secondo Rosselli, solo in un'Europa unita, in cui si<br />
sviluppi una società socialista federalista liberale, i cittadini possono esercitare la propria libertà<br />
in senso pluralistico. La concessione di autonomie locali, operata con flessibilità ed elasticità senza<br />
una concezione rigida, poiché le entità regionali spesso labili e varianti da settore a settore. Rosselli<br />
propone così una democrazia multilivello, assai stratificata, tenuta insieme da una serie di rapporti<br />
specifici, in cui il cittadino deve avere la migliore possibilità di controllo. La posizione di Rosselli,<br />
che influenzò le nuove proposte federaliste del dopoguerra, dal partito d’Azione alla sinistra<br />
socialista, mostra tutta la sua lungimiranza, specie ora, fornendo un progetto per collegare<br />
federalismo interno ed esterno, due facce del medesimo problema, la cui attuazione rimane<br />
strettamente collegata. L’autore socialista, evidenziando i possibili rischi di un federalismo, spinto<br />
di un patriottismo europeo 41 , con cui combattere regionalismi e localismi.<br />
1.4.9 Silvio Trentin<br />
La riflessione federalista di Silvio Trentin sviluppa ed integra quella di Carlo Rosselli, indagando<br />
le cause della nascita dello Stato nazionale, da cui si avvia un’analisi storica della situazione attuale,<br />
per giungere a sostenere che solo attraverso una costituzione federale europea si possono coniugare<br />
libertà e giustizia sociale. Nell’opera, intitolata “Stato–Nazione–Federalismo”, storia dello stato<br />
moderno, raccontata attraverso le vicende della monarchia francese, della rivoluzione<br />
francese,<br />
39 Carlo Rosselli<br />
40 Corrado Malandrino, da “L'Idea del federalismo in Italia ed in Europa nella Resistenza<br />
antifascista”<br />
25
41 Carlo Rosselli<br />
Foto di Silvio Trentin<br />
della formazione degli stati nazionali durante il secolo XIX, con particolare riguardo al processo<br />
di unificazione della nazione italiana 42 , storia della dottrina che ne accompagnano la crescita e ne<br />
giustificano la natura di ente sovrano, cioè dotato di un potere sommo che non riconosca al di<br />
sopra di sé nessun altro potere 43 , il giurista veneto descrive il pericolo di vedere nello Stato<br />
monocentrico la miglior organizzazione istituzionale, in grado di garantire l’equilibrio tra le forze<br />
sociali sul territorio. Secondo Trentin il dogma della sovranità dello Stato, fondamento della<br />
“statolatria”, ha portato alla nascita dei totalitarismi, di cui l’autore ne è il primo critico lucido, in<br />
particolare come unico creatore della norma positiva e dei valori giuridico – politici. Il diretto<br />
attacco al fascismo, risultato di quello al feticismo dello stato nazionale unitario e monocentrico,<br />
portò Trentin a comprendere il legame tra lotta antifascista e il progetto di una federazione europea.<br />
L’elaborazione della critica all’anacronismo e all’illusorietà della sovranità nazionale nella<br />
prospettiva dell’unità federale europea viene ispirata dal giurista italiano, vicino a Salvemini, Pietro<br />
Bonfante e da Trotsky. Dalla critica dell’assolutismo, Trentin inizia la ricerca di un nuovo<br />
paradigma costituzionale, coincidente con lo Stato federale, modello multipolare e pluralista, sia sul<br />
piano istituzionale che sociale, unico in grado di mantenere libertà e giustizia. Il socialismo federa-<br />
42 Norberto Bobbio dall’Introduzione a “Federalismo e libertà” di Trentin<br />
26
43 Norberto Bobbio dall’Introduzione a “Federalismo e libertà” di Trentin<br />
lista di Trentin, ispirato al pensiero proudhoniano, riletto in chiave giuridica da Gurvitch, pone<br />
l’attenzione sul concetto di autonomia, cioè: emancipazione brutale da tutte le superstizioni a<br />
lungo intrattenute dalla menzogna nazionalistica: affiancamento definitivo della macchina–simbolo<br />
dello Stato Leviatano 44 . Secondo il giurista italiano, sul modello marxista, serviva una rottura<br />
cruenta della storia dello Stato nazionale, divenuto, con i fascismi, neoassolutizzante, tramite una<br />
rivoluzione contro la tirannide nazista e fascista, grazie alla Resistenza, su base non solo italiana,<br />
ma europea, per portare ad un cambiamento morale, politico, istituzionale e sociale. La riflessione<br />
di Trentin coadiuva il federalismo infranazionale e quello sovranazionale. Lo stato particolare 45 ,<br />
coincidente con lo stato nazionale, è l’ordinatore della coesistenza delle autonomie 46 , passo<br />
indispensabile verso lo stato universale 47 , obiettivo finale di qualsiasi progetto. Questo federalismo<br />
sovranazionale ammette nello Stato nazionale un ordine d’integrazione parziale 48 , non godente<br />
però degli attributi d’assolutezza sovrana conferitigli dall’ideologo statal–nazionale 49 . Trentin<br />
quindi non nega assolutamente l’unità dello Stato, riferendosi specificatamente al caso italiano, da<br />
inserirsi in uno Stato multipolare europeo federalista, nel senso proudhomiano della parola 50 . Il<br />
giurista parla dell’Italia come di una Repubblica federale, membro fondatore della Repubblica<br />
Europea. Il primato italiano, nel quale non sono presenti né aspetti religiosi, come in Gioberti, nè<br />
mistici come in Mazzini, doveva condurre l’Europa sulla via dell’unità in una democrazia<br />
multipolare e pluralista, che depotenziasse, ma non eliminasse lo Stato nazionale, il quale doveva<br />
concedere autonomie all’interno. La grande lungimiranza e chiarezza intellettuale di Trentin lo<br />
portano ad essere alla base del pensiero giuspubblicistico contemporaneo, anche per l’enorme<br />
attenzione riposta sul concetto di Costituzione, come carta fondante dell’Unione federale europea.<br />
44 Silvio Trentin, da “Stato–Nazione–Federalismo”<br />
45 Silvio Trentin, da “Stato–Nazione–Federalismo”<br />
46 Silvio Trentin, da “Stato–Nazione–Federalismo”<br />
47 Silvio Trentin, da “Stato–Nazione–Federalismo”<br />
48 Silvio Trentin, da “Stato–Nazione–Federalismo”<br />
49 Corrado Malandrino, da”L’idea del federalismo in Italia e in Europa nella Resistenza antifascista”<br />
27
50 Silvio Trentin, da “Liberare e federare”<br />
1.5 LA RESISTENZA<br />
1.5.1 Azione politica della Resistenza italiana<br />
Durante la Seconda Guerra Mondiale si assistette all’affermazione del legame tra lotta antifascista e<br />
lotta per l’unità europea. Sullo slancio della proposta, fatta da Churchill al generale De Gaulle, di<br />
un’unione anglo – francese, vi fu una ripresa costante dei valori europei, coincidente con la<br />
progressiva crisi dello Stato nazionale, giunta all’apice sotto i regimi fascisti, i quali puntavano ad<br />
assoggettare tutta l’Europa sotto il loro dominio. Lo sviluppo teorico dei valori europeisti portò alla<br />
formulazione netta della necessità di superare la sovranità statale assoluta, tramite il principio di<br />
sussidiarietà. All’interno di questa riflessione, la politica estera, la politica di sicurezza e la<br />
direzione dell’economia dovevano essere affidate direttamente ad una futura federazione europea,<br />
inquadrata in un contesto mondiale. L’esigenza di un’organizzazione politica di pace su scala<br />
mondiale, partendo dalla federazione europea, era l’unico sistema per poter assicurare al mondo<br />
stabilità, dopo la vittoria sulla dittatura nazi – fascista. L’apporto teorico, legato a quello pratico<br />
della Resistenza italiana, assicurò la ripersa di una discussione sull’Europa, che durante i regimi<br />
fascisti si era al quanto affievolito, per l’esilio degli intellettuali contrari alle idee del regime, tra i<br />
quali unico a rimanere in Italia era stato Benedetto Croce, espressosi a favore dell’unità europea.<br />
1.5.2 Il Manifesto di Ventotene e il Movimento Federalista Europeo<br />
Il Manifesto di Ventotene redatto nel 1941 nell'isola di confine di Ventotene da Altiero Spinelli ed<br />
Ernesto Rossi, col titolo “Per un'Europa libera e unita. Progetto di manifesto”, pubblicato poi da<br />
Eugenio Colorni nel 1944, è il testo chiave di tutto il federalismo europeo. L'opera si apre con<br />
l'analisi storica della civiltà moderna, portando alle conclusioni più avanzate la critica di Einaudi e<br />
dei federalisti inglesi allo Stato nazionale, visto all'inizio come garanzia del principio di libertà per<br />
gli individui, ma dimostratosi storicamente insufficiente, anzi causa profonda dei mali dell'epoca,<br />
evidente nella loro deriva autoritaria sviluppatasi con la Germania nazista e l'Italia fascista. La crisi<br />
dello Stato nazionale diventa il cardine della teoria federalista, come la crisi del capitalismo in<br />
quelle socialiste e comuniste. Per questo nel Manifesto si dichiara la necessità di superare le<br />
insufficienze delle classi dominanti e della loro politica, che ha portato allo svilupparsi del<br />
fenomeno dell'imperialismo, strettamente legato al protezionismo, per esempio nell'Italia fascista, e<br />
alla sovranità statale assoluta. Il protezionismo è la radice economica dell'imperialismo<br />
contemporaneo, frutto della politica di potenza degli Stati nazionali, sempre più aggressiva per<br />
28
l'assenza di limitazioni alla sovranità assoluta dello Stato. Il protezionismo, pratica del primo<br />
egoismo nazionale, viene visto come conseguenza dell'anarchia internazionale tra gli Stati, i quali<br />
non essendo disposti ad autolimitare la propria sovranità in un ordine superiore, sono costretti ad<br />
esasperare i propri caratteri difensivi e belligeranti. Nella Prefazione di Colorni del 1944 al<br />
Manifesto, l'esponente socialista individua le contraddizioni essenziali, responsabili delle crisi,<br />
delle guerre, delle miserie e degli sfruttamenti che travagliano la società (Eugenio Colorni dalla<br />
Prefazione del 1944 al “Manifesto di Ventotene” nella esistenza di Stati sovrani, geograficamente,<br />
economicamente, militarmente individuati, consideranti gli altri Stati come concorrenti e<br />
potenzialmente nemici viventi gli uni rispetto agli altri in una situazione di bellum omnium contra<br />
omnes (Eugenio Colorni). Le libertà individuali giungono così ad essere sottoposte alla logica<br />
nazionalista, che, tramite l'accentramento, il totalitarismo, il protezionismo, il nazionalismo<br />
esasperato e l'irredentismo, ha portato alla genesi dello Stato fascista, non come fase finale di una<br />
evoluzione progressiva. La continuità tra Stato nazionale e fascismo viene vista in modo innovativo,<br />
inserita in un piano di crisi europea, non solo come fenomeno italiano. La caduta dei regni totalitari<br />
della Germania e dell'Italia, segnando per interi popoli l'avvento della libertà, è il sintomo della fase<br />
acuta della crisi dello Stato nazionale. Da queste premesse Spinelli e Rossi traggono come<br />
conseguenza la fondazione di un federalismo europeo, prealable, ossia questione preliminare con<br />
cui risolvere il problema della definitiva abolizione della divisione dell'Europa in Stati<br />
nazionali sovrani (Manifesto) e da cui partire, dopo un periodo di crisi, per ottenere stabilità a<br />
livello internazionale. Nel “Manifesto di Ventotene” si giunge così alla sintesi del Kantismo<br />
cosmopolitico e del federalismo hamiltoniano, fondamento per l'azione pratica sviluppato a<br />
livello teorico poi solo con Albertini. Il federalismo come “prealable” rispetto alle lotte per il<br />
rinnovamento interno dello Stato nazionale, affermazione assai lungimirante, assente in qualsiasi<br />
altra proposta, segna una nuova linea di divisione fra partiti progressisti e partiti reazionari<br />
(Manifesto). Essa cade ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del<br />
maggiori o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa<br />
quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello antico, cioè la conquista del potere<br />
politico nazionale – e che faranno, sia pure involontariamente, il gioco delle forze reazionarie<br />
lasciando solidificare la lava incandescente delle passioni popolari nel vecchio stmapo e risorgere<br />
le vecchie assurdità – e quelli che vedranno come compito centrale la creazione di un solido Stato<br />
internazionale, che indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, anche conquistato il<br />
potere nazionale, lo adopereranno in primissima linea come strumento per realizzare l'unità<br />
internazionale”. (Manifesto). Obiettivo di tutti futuri federalisti deve essere la costituzione di un<br />
saldo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti<br />
29
nazionali; e spessi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia<br />
gli organi e i mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a<br />
mantenere in ordine comune, pur lasciando agli stati l'autonomia che consente una plastica<br />
articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche di questi popoli.<br />
(Manifesto). A loro volta queste autonomie, all'interno di un regime democratico, vanno date agli<br />
enti locali, che, all'interno di un'economia mista, devono assicurare una “Equality of opportunities”<br />
per tutti, per mezzo delle socializzazione dei monopoli, della ridistribuzione di terre, da assicurazio-<br />
ni sociali obbligatorie, da un sistema scolastico gratuito, secondo un riequilibrio sociale, espresso<br />
chiaramente da Colorni. Il carattere rivoluzionario del trasferimento dei poteri sovrani dello Stato<br />
alla federazione europea si scontra con la maggioranza della classe politica nazionale, con gli<br />
imprenditori, favoriti dal xxxxxxxxxxxxxx e con i quali dirigenti statali e soprattutto militari.<br />
L'azione deve però cercare l'appoggio degli intellettuali, di parte della classe politica, dei settori<br />
operai e capitalistici, avvantaggiati dal mercato comune. Per raggiungere l'obiettivo di un'Europa<br />
federale serve quindi un movimento, non un partito, che sappia agire per promuovere l'unione tra<br />
masse popolari ed elites di governanti per raggiungere un'unione federale europea e per rendere<br />
evidente le contraddizioni dello Stato nazionale. Il Movimento Federalista Europeo (MFE) venne<br />
così fondato a Milano il 27 – 28 agosto 1943 con una precisa strategia politica, espressa già nel<br />
“Manifesto di Ventotene”, in particolare per volere di Spinelli, oltre a cinque obiettivi a breve<br />
termine:<br />
– abolizione totale dei residui fascisti,ance di quelli xxxxxxxxxxxx, ossia lka<br />
monarchia e parte dei militari;<br />
– formazione di un governo antifascista;<br />
– conclusione immediata della pace con le nazioni unite;<br />
– lotta al nazismo;<br />
– partecipazione alla creazione di una pace globale.<br />
La strategia del MFE poneva le basi su un unico obiettivo: la federazione europea, da ottenere con<br />
un'azione rivoluzionaria, poiché un lento processo di riforma risultava un'utopia per la contrarietà<br />
della maggioranza dei politici nazionali, che l'avrebbero utilizzato solo come compromesso<br />
effimero per non modificare nulla. Il MFE, come punto di riferimento di tutti i federalisti europei,<br />
deve, oltre a reclutare simpatizzanti in una massa labile, anche raggruppare un gruppo di militanti<br />
di tipo rivoluzionario, senza interessi personali di potere, ispirato al modello leniniano, vicino a<br />
Spinelli. Il MFE deve essere pronto, secondo Spinelli e Rossi, a resistere per un lungo periodo di<br />
crisi latente, fino al suo acutizzarsi, diffondendo tra le classi oppresse della società nazionale la<br />
coscienza delle necessità di una federazione europea, in grado di impedire l'anarchia internazionale.<br />
30
Secondo Spinelli e Rossi il MFE deve utilizzare come strumento metodologico ed euristico il<br />
principio delle ragioni di Stato, ripreso da Weber, Ranke e Meinecke e Dehio, con cui risolvere<br />
l'anarchia internazionale, di cui parla già Kant attraverso il trasferimento della sovranità statale ad<br />
un potere sovranazionale efficace e democratica. L'ultimo apporto del “Manifesto di Ventotene” è<br />
il superamento teorico dell'internazionalismo, per cui la federazione europea era un mezzo per<br />
ottenere la pace, senza la necessità di uno specifico impegno in tal senso si può davvero contribuire<br />
al miglioramento delle condizioni attuali.<br />
1.5.3 La Carta di Chivasso<br />
La Carta di Chivasso nome dato al manifesto antifascista firmato da Coisson, Malan, Rollier,<br />
Peyronel, Chanoux, Page e Pons, esponenti delle minoranze piemontesi e valdostane, culturali e<br />
religiose valdesi, è la più importante trattazione federalista di matrice autoctona durante la<br />
Resistenza. Il presupposto della Carta è la constatazione dell'oppressione politica, della rovina<br />
economica e della distinzione della cultura locale durante il regime fascista. La grande innovazione<br />
della Carta di Chivasso è l'attenzione posta nell'utilizzo delle parole, secondo l'aspetto etimologico e<br />
filologico, all'interno del lessico politico. L'importanza della terminologia, dichiarata agli inizi del<br />
Novecento da Wittgenstein, ricorre in particolare per la parola “federalismo” usata raramente in<br />
Italia fino al secondo Novecento, essendo presente in Cattaneo, Salvemini, in “Giustizia e Libertà”,<br />
con eccessiva critica nei “Quaderni del carcere” di Gramsci, mai citata nel “Manifesto di<br />
Ventotene”. Nella Carta di Chivasso si opera quindi un chiarimento sul termine “federalismo”, che<br />
fino ad allora aveva avuto varie eccezioni e sfumature, anche molto differenti tra di loro. Con il<br />
termine “federalismo” si indica il quadro più adatto a fornire le garanzie (Carta di Chivasso),<br />
per il diritto individuale e collettivo (Carta) di libertà di lingua e di culto (Carta), condizione<br />
essenziale per la salvaguardia della condizione umana (Carta), soluzione dei problemi delle<br />
piccole nazionalità e minori gruppi etnici, definitiva liquidazione del fenomeno storico degli<br />
irredentismi, garantendo nel futuro assetto europeo l'avvento di una pace stabile e duratura.<br />
A livello istituzionale il federalismo coincide con un regime repubblicano democratico a base<br />
regionale e cantonale (Carta). I firmatari della Carta pongono le basi di un federalismo italiano<br />
nella tutela democratica delle autonomie locali, non solo a livello politico, ma anche culturali,<br />
scolastici ed economico, per impedire l'avvento di un altro regime totalitario. Il Federalismo<br />
Risorgimentale, ripreso nella Carta, è l'unica formula statale applicabile all'Italia, dopo la caduta del<br />
fascismo, secondo gli esponenti autonomisti. Esso deve fornire delle salvaguardie locali, ma allo<br />
stesso tempo va letto in chiave europea, come un “foedus”, un patto fondato sulla “fides”, la fiducia,<br />
garantita a livello legislativo da una Costituzione. Nella Carta di Chivasso si coniugano quindi il<br />
31
federalismo xxxxxxxxx in opposizione allo Stato centrale e un federalismo sovranazionale.<br />
1.5.4 Il Partito d’Azione<br />
Il Partito d'Azione fu tra i partiti della resistenza il più votato ad una riflessione federalista<br />
europea, operata con profondità, xxxxxx, continuità e nettezza. Nel 1943 la posizione del Partito<br />
d'Azione, espressa sul giornale “L'Italia Libera” dichiarava come necessario l'impegno a contribuire<br />
alla formazione di una coscienza unitaria europea, premessa indispensabile alla realizzazione<br />
auspicata di una coscienza unitaria europea di liberi paesi democratici nel quadro di una più vasta<br />
collaborazione mondiale (VII punto de “L'Italia Libera” del 7 gennaio 1943). questo internaziona-<br />
lismo, che si prefiggeva obiettivi a lungo termine, tramite un accordo spontaneo tra Stati, prevedeva<br />
la creazione di una coscienza europea, prima di una federazione,a differenza dell'unità italiana,<br />
dove era accaduto il contrario. Questa posizione iniziale venne ad evolversi con l'ingresso nel<br />
Partito d'Azione di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, che, influenzarono specialmente il partito nel<br />
Nord ancora sotto il controllo fascista, seppero operare una pacifica diffusione degli ideali europei<br />
non solo tra i gruppi dirigenti ed intellettuali, ma anche nella base, favoriti dall'opera di Riccardo<br />
Lombardi, Leo Valiani, Duccio Galimberti e Antonio Repaci, gli altri due appartenenti alle<br />
formazioni partigiane di “Giustizia e libertà”. Il superamento dell'internazionalismo a favore del<br />
federalismo europeo più concreto e meno utopistico non fu accettato dai dirigenti romani o<br />
meridionali del partito, come XXX o La Malfa, ancora vincolati all'idea dello Stato nazionale.<br />
L'apporto del Partito d'Azione alla riflessione federale nella Resistenza fu enorme e fondamentale<br />
per il dopoguerra, benchè il partito dovesse scomparire nell'immediato, una volta finita la guerra<br />
1.6 LA SECONDA META’ DEL NOVECENTO<br />
1.6.1 LA Democrazia Cristiana<br />
Con il Programma di Milano del 25 luglio 1943, la Democrazia Cristiana aveva preso, dopo un<br />
primo attimo di incertezza teorica, posizione favorevole nei confronti di una Federazione degli<br />
Stati europei retti a sistema di libertà (Programma di Milano) nel quadro di una rinnovata Società<br />
delle Nazioni. Solo così si poteva garantire una pace europea e mondiale. Il Programma di Milano,<br />
inizialmente indirizzato solo agli Stati dell'Europa continentale, si allarga in linea teorica anche<br />
all'URSS benchè De Gasperi comprenda l'irrealizzabilità di una Confederazione con il totalitarismo<br />
comunista, spingendo l'Italia verso la NATO. Con il Trattato di Roma, la DC appoggia le spinte per<br />
un liberismo di respiro europeo in campo economico, come voluto dal PLI, sempre però in un'ottica<br />
32
confederale, attaccate dal PRI. La DC, nel corso degli anni, riesce però ad adattarsi alle nuove<br />
spinte europeistiche, portando avanti proposte di ampio respiro, che hanno fortemente contribuito<br />
alla situazione attuale. La DC, nonostante le idee di De Gasperi, non farà mai coincidere la proposta<br />
di federalismo europeo, con quella a livello italiano, senza modificare significatamente lo Stato<br />
Centrale.<br />
1.6.2 Il Partito Comunista Italiano<br />
Durante la resistenza il partito comunista italiano era stato l’unico a non dichiarare la propria<br />
volontà di lavorare per un progetto di unità europea. Questa posizione, dovuta all’influenza del<br />
partito comunista sovietico e del suo collettivo statalista, non ha mai portato ad un rifiuto netto delle<br />
tematiche europee, come avvenuto in Francia, creduta come espressione della società borghese.<br />
L’assenza di una chiusura, senza appelli, ha permesso un dialogo tra MFE e PCI, giungendo negli<br />
anni ’70 con Berlinguer ad un’apertura nei confronti dell’integrazione europea, conseguenza<br />
dell’eurocomunismo<br />
1.6.3 Il Partito Socialista Italiano<br />
Durante la Resistenza il PSIUP, di cui il Partito Socialista Italiano ne è l'evoluzione, dichiarò che il<br />
progetto di una federazione europea non era di per sé un fatto positivo, ma che esso per esserlo<br />
doveva staccarsi dal predominio della classe capitalistica, che avrebbe portato al dominio interno,<br />
alla federazione dei Paesi ricchi su quelli più poveri. Nell'immediato dopoguerra la posizione del<br />
PSI fu influenzata assai rilevantemente da questo atteggiamento e condizionata dall'antico<br />
internazionalismo socialista, per cui un federalismo internazionale aveva come unico scopo la pace<br />
ottenibile con l'armonizzazione degli interessi di popoli. Questo atteggiamento subì un radicale<br />
cambiamento negli anni '50, segnando una svolta a favore di una federazione democratica europea<br />
su base popolare, in grado di garantire gli ideali internazionalistici. Il PSI si mosse sempre più su<br />
questa corrente europeista con profondi sforzi.<br />
1.6.4 Eugenio Colorni ed Ignazio Silone<br />
Due socialisti, che svilupparono subito durante la Resistenza una posizione spiccatamente<br />
europeista, contraria alle linee del partito, furono Eugenio Colorni ed Ignazio Silone. Il primo si<br />
soffermò sull’assenza di un necessario passaggio dalla dottrina socialista all’internazionalismo,<br />
poiché la federazione europea era premessa allo sviluppo del socialismo. La formazione di una<br />
unità federale europea sarà evento di tale portata rivoluzionaria da non poter avvenire se non con<br />
33
l’attivo concorso delle masse e nell’ambito di un profondo, generale rinnovamento del continente<br />
(Eugenio Colorni). L’importanza attribuita da Colorni al popolo, va letta in chiave di partecipazione<br />
democratica, attraverso la quale impedire agli stati più potenti di svolgere un ruolo egemone nella<br />
federazione europea. Su questa linea avvenne la svolta degli anni cinquanta nel PSI, grazie anche<br />
all’opera di Ignazio Silone, anticipatore di una federazione dei partiti socialisti europei,<br />
intraprendendo lo sforzo di avvicinare il PSI alla visione europeista, mediatrice tra l’Occidente e<br />
l’Oriente.<br />
1.6.5 Giorgio Peyronel<br />
Giorgio Peyronel fu uno dei più importanti pensatori federalisti della seconda metà del Novecento,<br />
benché la sua opera inizi all’interno della Resistenza. La critica dello Stato nazionale incapace di<br />
valere come unità di misura sufficiente a regolare i rapporti tra i popoli. (Giorgio Peyronel), e del<br />
mito nazionalista lo porta a sostenere la necessità di multipli e di sottomultipli (Giorgio Peyronel)<br />
delle nazioni stesse, dando la prima formulazione della complementarietà del movimento di libertà<br />
verso l’alto, ossia il federalismo sovranazionale, detto puro, e del federalismo infranazionale<br />
tendente a un effetto decentramente interno degli Stati nazionali, a nuova affermazione delle<br />
autonomie culturali, politiche e amministrative di regioni e comuni (regionalismo e comunalismo)<br />
e alla difesa delle minoranze etniche o linguistiche o comunque storicamente differenziate dalla<br />
nazione di cui fanno parte. (Giorgio Peyronel). Il tema delle autonomie economico – sociali,<br />
accanto a quelle istituzionali e culturali si lega al federalismo fiscale, bilanciato da misure di<br />
solidarietà, per impedire lo squilibrio dei livelli di sviluppo. L’esigenza di una determinazione<br />
locale della definizione e della finalizzazione del prelievo delle risorse finanziarie pubbliche va<br />
unito a misura di sviluppo socioeconomico e di solidarietà sociale, per garantire la pace all’interno<br />
della federazione interna in senso europeo e italiano, capace di tutelare i diritti individuali e<br />
collettivi, le libertà di lingua, di culto e delle persone umane, unica soluzione per le minoranze<br />
etniche, di cui Peyronel faceva parte, per evitare irredentismi.<br />
1.6.6 Altiero Spinelli<br />
Altiero Spinelli fu il più grande federalista d’azione di tutta la Storia. Infatti, convinto della<br />
necessità di una rivoluzione, che risolvesse la crisi dello Stato nazionale, pose tutti i suoi sforzi per<br />
fare emergere l’importanza dell’azione, all’interno di una qualsiasi dottrina. Attraverso la lettura di<br />
Hemilton e dei federalisti inglesi, soprattutto Robbins, riuscì a concepire un progetto pratico, per<br />
garantire la realizzazione di una federazione europea. Tutta la sua riflessione si innesta sul principio<br />
della ragion di stato, per cui lo Stato è lo strumento insostituibile per rendere possibile la<br />
convivenza pacifica tra gli uomini, grazie al monopolio della forza, base materiale della sovranità<br />
34
statale. Il monopolio statale della forza legittima va unito, secondo Spinelli alle norme dello Stato di<br />
diritto, quell’insieme dei meccanismi e delle disposizioni, come la Dichiarazione dei Diritti, il<br />
governo della legge, la separazione dei poteri e l’autonomia della magistratura, al fine di evitare<br />
l’utilizzo arbitrario della forza, che storicamente era sfociato nella dittatura. A questi due principi,<br />
Spinelli aggiungeva quello della partecipazione dei cittadini alla futura federazione, attraverso il<br />
quale garantire l’eliminazione dell’anarchia internazionale, vigente nelle relazioni internazionali, a<br />
causa del deficit strutturale statale. Secondo Spinelli la differenza tra l’evoluzione interna dello<br />
Stato e l’evoluzione dei rapporti internazionali, aveva portato all’affermazione dell’anarchia<br />
internazionale, coincidente con la mancanza di un governo, ossia di un’autorità suprema, capace di<br />
imporre un ordinamento giuridico valido ed efficace. Storicamente l’assenza di questo ordinamento,<br />
che aveva portato allo sviluppo di una pluralità di Stati sovrani, li aveva costretti ad attuare una<br />
politica di potenza. Spinelli, comprendendo la grave insufficienza del sistema di equilibrio, non solo<br />
europeo, ma anche mondiale, era riuscito a portare il federalismo, priorità politica, sul terreno<br />
dell’azione, riprendendo la teoria dell’eroe cosmico – storico hegeliano, in base alla quale gli<br />
individui storico – universali, pur senza capire il filo conduttore della Storia, devono agire in<br />
pratica, come la talpa hegeliana, ossia minando le strutture del potere politico, per farle cadere.<br />
Spinelli intuì quanto questo processo di crisi potesse dimostrarsi lungo e perciò fondò un<br />
movimento federalista, garantendo il principio di autonomia. Da qui il significato rivoluzionario del<br />
federalismo assumeva una sempre maggiore importanza. La grande abilità politica di Spinelli fu,<br />
durante la creazione della CECA e prima dei Trattati di Roma, fu quella di adattare il proprio<br />
progetto federalista ai fallimenti, come quello del 1954 della sua proposta per un Comunità politica<br />
europea, nell’ottica sempre dell’obbiettivo primario di una federazione europea, che si basasse su<br />
principi rappresentativi, all’interno dei un’assemblea. Proprio nel Parlamento Europeo, la figura di<br />
Spinelli fu centrale. In questo egli sostenne sempre il trasferimento della sovranità statale, in settori<br />
quali la moneta e l’esercito, all’unione europea. La sua grande battaglia politica all’interno<br />
dell’Europarlamento fu l’attribuzione ad esso di maggiori poteri in ambito legislativo, in modo da<br />
renderlo un vero organo di rappresentanza. Con Albertini l’attività dei federalisti italiani raggiunse<br />
la completa attuazione, mentre a livello teorico si dovette aspettare il suo erede, ossia Mario<br />
Albertini.<br />
1.6.7 Mario Albertini<br />
Mario Albertini fu sul piano teorico il più grande federalista di tutti i tempi, superando Altiero<br />
Spinelli, che ne era stato il maestro. Tutta la riflessione di Albertini si fonda sulla teoria<br />
dell’ideologia, uno schema, da utilizzare per l’analisi della società e della storia, allo scopo di<br />
35
esercitare su di essa un controllo e di orientarne il cambiamento. L’ideologia è quindi la forma, che<br />
assume il pensiero politico attivo, è il sistema concettuale, che rende possibile la convergenza di<br />
pensiero, indispensabile alla coesione di un gruppo politico e alla coerenza dei suoi principi di<br />
azione. Per questo Albertini pose sempre la teoria al servizio dell’azione politica, utilizzando le<br />
scienze sociali e la filosofia della storia per indagare la situazione attuale, da cui ricavare un<br />
progetto per intervenire a trasformare la società. Il carattere essenziale del pensiero di Albertini è<br />
quindi la sua proiezione verso l’azione. Da qui il federalismo risulta essere l’ideologia<br />
rivoluzionaria, capace di trasformare la situazione attuale. Il federalismo si presenta quindi come<br />
un’ideologia, fondata a livello istituzionale su una struttura, lo Stato federale, ripreso da Hamilton,<br />
su un valore centrale, la pace, ripresa da Kant, e su un aspetto storico sociale, il superamento della<br />
divisione della società in classi e nazioni. Con Albertini vi fu l’”invenzione della complementarietà<br />
del pensiero di Kant e di Hamilton”. Infatti con l’intellettuale italiano si venne a teorizzare uno<br />
Stato federale, antitesi dello Stato assoluto di matrice hegeliana, non negato totalmente, ma superato<br />
nella sua sostanza sovrana, verso la federazione mondiale, obbiettivo ultimo di Albertini. Egli,<br />
rimanendo sempre legato alla situazione storica, attraverso un materialismo storico, considerato<br />
come il modello generale, capace di spiegare il rapporto tra una determinata fase dell’evoluzione<br />
del modo di produzione e la dimensione e la forma degli stati e del sistema degli stati, comprese<br />
quanto questo progetto non era ancora attuabile. Per questo lavorò sempre per una federazione<br />
europea, che garantisse vere autonomie regionali e locali, tramite effettive forme di solidarietà<br />
politica e sociale. Con la crisi dello Stato nazionale si è aperto, secondo il pensatore italiano, l’era<br />
della federazione europea, il cui processo di integrazione è il grande problema storico al centro<br />
dell’elaborazione teorica di Albertini. Questi ha posto come punto di partenza la crisi storica dello<br />
Stato nazionale, da cui deve nascere una radicale trasformazione istituzionale, anticipata da un<br />
movimento di avanguardia, come il Movimento Federalista Europeo. Esso deve essere portato<br />
all’azione di iniziativa e di preparazione di una minoranza rivoluzionaria, interessata solamente al<br />
problema dell’unificazione politica dell’Europa e non della gestione del potere nazionale. Proprio in<br />
questo si può riscontrare come Albertini veda nell’azione l’esplicazione ultima di tutta la<br />
riflessione teorica. Il ruolo di questa minoranza rivoluzionaria deve agire anche durante il periodo di<br />
normalità istituzionale, cercando di far emergere l’inadeguatezza di tutto il sistema. Per questo<br />
Albertini fondò il MFE sul principio di autonomia, politica, organizzativa e finanziaria. La prima va<br />
intesa come completa indipendenza dai partiti, la seconda identificata nella figura del militante a<br />
tempo parziale, che vive per la politica, ma non di politica, la terza con lo scopo di evitare<br />
condizionamenti esterni, tramite autofinanziamenti. Il MFE doveva lavorare con l’obiettivo di<br />
trasformarsi in movimento di massa, per poter minare le istituzioni nazionali, portando alla loro<br />
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crisi, nella ricerca della verità, parte essenziale della nostra azione (Libertini). Il carattere<br />
rivoluzionario dello MFE doveva esplicarsi in una rottura storica del sistema degli Stati nazionali,<br />
non attraverso il trasferimento della sovranità a piccoli passi, considerato da Albertini l’alibi per<br />
non fare l’Europa. Infatti la causa prima dei mali della società sta nella cattiva distribuzione del<br />
potere, (Albertini) attribuito solamente a livello nazionale, ma non a livello europeo o mondiale. Su<br />
questa riflessione si innesta la chiarificazione concettuale della ragion di Stato, la più rigorosa e<br />
convincente (Sergio Pistone da “Federalismo e ragion di Stato), anche di quella di Spinelli. Questa<br />
va applicata all’idea di una pace perpetua, non fondata su un equilibrio di terrore, ma su un’effettiva<br />
convergenza, ottenuta tramite un ordinamento federale mondiale. Lo Stato federale è la struttura<br />
costituzionale in grado di realizzare la pace, cioè di subordinare tutti gli stati del mondo ad<br />
un’autorità in grado di sostituire i rapporti giuridici ai rapporti di forza, sulla base del governo<br />
democratico (Albertini). Da questa concezione deriva la critica di Albertini all’internazionalismo.<br />
La libertà e l’uguaglianza non solo il veicolo della pace, ma solamente premesse della pace<br />
(Albertini). Senza di esse non si può giungere ad una convivenza all’interno di un ordine mondiale,<br />
in cui gli Stati devono essersi federati in maniera libera. La critica dell’intellettuale italiano<br />
all’internazionalismo riguarda in particolare la riduzione della politica estera a funzione della<br />
politica interna, i valori federalisti invece sono cosmopoliti, fondati sull’universalità della<br />
democrazia, integrata con il liberalismo e la giustizia sociale, salvaguardando la pace universale.<br />
Secondo l’internazionalismo invece la sicurezza estera deve garantire la piena attuazione della<br />
politica interna, poiché essa può giungere solo con la pace. Secondo Albertini, non basta la<br />
democrazia per ottenere la pace, la quale richiede, per essere perpetua, solidi legami federali<br />
(Albertini). Partendo dalla constatazione della differenza tra federalismo e internazionalismo, il<br />
quale si fonda ancora sul principio della sovranità statale assoluta, Albertini ne propose un<br />
superamento pratico, dopo lo sviluppo teorico. Attraverso il metodo delle scienze storico – sociali,<br />
ispirato a Weber, il pensatore italiano giunse a chiarire l’obbiettivo ultimo di ogni azione, ossia la<br />
nascita di una federazione europea, preludio di una federazione mondiale, da ottenere, adattando<br />
anche la propria azione alla situazione politica contemporanea, per meglio poterla influenzare. Il<br />
carattere rivoluzionario dello MFE doveva lavorare a questo scopo.<br />
1.6.8 Gianfranco Miglio<br />
Gianfranco Miglio, contemporaneo di Mario Albertini, è il massimo teorico del federalismo<br />
infranazionale italiano del secondo Novecento. La sua riflessione parte dalla definizione di<br />
federazione come pluralità di comunità politico – amministrative molto indipendenti, ma<br />
stabilmente collegate fra di loro (Miglio, da “Come cambiare, la mia riforma”), considerata unica<br />
37
soluzione valida per il caso italiano, della cui analisi giunge a proporre riforme radicali nelle<br />
istituzioni. La creazione progressiva di una Unione federale (Miglio), in cui sia mantenuto però il<br />
principio dell'unità, è vista da Miglio come unica soluzione per riequilibrare i forti dislivelli tra<br />
Nord e Sud del Paese. Una grande novità del pensiero migliano, teorizzata con chiarezza, è<br />
l'istituzione spontanea di Macro – Regioni , viste come entità economiche e non storiche, a cui dare<br />
potere politico. Miglio si riferisce in particolare all'articolo 132 della Costituzione, che prevede<br />
l'ipotesi di fusione di Regioni già esistenti tramite un particolare iter, fatto mai avvenuto in Italia.<br />
Fondando tutta la propria riflessione sul ruolo delle Macro – Regioni all'interno dello Stato federale,<br />
Miglio ha proposto un nuovo assetto statale, dividendo il potere legislativo nazionale tra<br />
un'Assemblea legislativa, eletta su base nazionale, e un Senato, eletto su base macro-regionale,<br />
attribuendo il potere esecutivo nazionale, un Primo Ministro, con poteri più ampi, ispirato al<br />
semipresidenzialismo francese, a cui le due Camere devono concedere la fiducia. A livello Macro –<br />
Regionale il potere legislativo verrebbe dato ad una xxxxx che cosa intendi dire?, eletta dai<br />
cittadini, ma non sui singoli Ministri. La magistratura, vista non come un potere ma come una<br />
funzione ausiliaria dell'autorità sovrana (Miglio), dovrebbe mantenere solamente la propria base<br />
nazionale. Questa soluzione federale, che include un notevole rafforzamento della Corte<br />
Costituzionale, è vista da Miglio come necessaria per la situazione italiana. A livello europeo il<br />
professore comasco concepisce la possibile, ma per lui poco probabile, federazione come xxxx a<br />
garantire una migliore applicazione del federalismo italiano. La sottomissione del federalismo<br />
sovranazionale e quello infranazionale segna un elemento di limitatezza nella riflessione migliana,<br />
molto attenta agli aspetti correnti e pratici, ma solo teorici, formando un modello federale ampio ed<br />
articolato per il caso italiano.<br />
2 IL FEDERALISMO OGGI<br />
Attualmente in Italia si sta discutendo sui vantaggi e gli svantaggi dell'approvazione del<br />
federalismo fiscale in Parlamento, che modificherà l'assetto istituzionale italiano in senso<br />
maggiormente federale, processo iniziato con la Costituzione repubblicana del 1948, in particolare<br />
il V. la nuova riforma federale italiana va inserita nel processo di unificazione europea, la quale si<br />
sta svolgendo secondo un federalismo sovranazionale, definito da Peyronel puro (Giorgio<br />
Peyronel). Questo progetto può essere favorito dal federalismo infranazionale, che si sta<br />
sviluppando in Italia.<br />
2.1 Le Regioni italiane dal 1948 ad oggi<br />
Con l'approvazione del Titolo V della Costituzione, compromesso tra le forze della Sinistra e la<br />
38
Democrazia Cristiana, voluto in particolare dall'onorevole Gaspare Ambrosini, con l'appoggio di<br />
Alcide De Gasperi, l'Italia ha assunto la forma di Stato regionale, differente dallo Stato federale<br />
tedesco. L'attuazione del progetto regionale aveva però incontrato forti rallentamenti di natura<br />
pratica e politica, poiché l'assetto italiano contemporaneo non consentiva una soluzione realistica,<br />
nonostante alcune regioni, come la Sicilia, godessero di uno statuto speciale, che garantiva maggior<br />
libertà legislativa ed esecutiva. Solo nel 1968 con l’approvazione della legge elettorale regionale,<br />
sperimentata per la prima volta nel 1970, si potè eleggere direttamente gli organi di rappresentanza<br />
e il governo della regione, benché nel 1953 fosse entrata in vigore la Legge Scelba. Con l’elezione<br />
diretta dei rappresentanti regionali si sanciva l’avvio del processo democratico, indispensabile<br />
anche all’Unione Europea, che avrebbe portato al trasferimento di funzioni dello Stato centrale alle<br />
Regioni, come previsto nell’articolo 117 della Costituzione. La Riforma Bassanini con la legge 59<br />
del 1997 con il decreto legislativo 112 del 1998 ha imposto un’ulteriore accelerazione a questo<br />
processo di passaggio dei poteri dallo Stato alle Regioni. L’impletazione del progetto regionale,<br />
nonostante la bocciatura del Referendum del giugno 2006, è comunque proseguita fino alla riforma,<br />
approvata il quale riforma? Federalismo fiscale? Legge 42 maggio 2009?<br />
Devi concludere il paragrafo<br />
2.2 Il principio di sussidiarietà<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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“Proemio al terzo volume dell’Archivio delle cose d’Italia” poi ristampato in “Scritti politici ed<br />
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“Carlo Cattaneo politico” di Franco della Peruta ;<br />
“La concezione unitaria dell’Europa ne Risorgimento italiano” di Visconti ;<br />
“Europeismo e federalismo in Lombardia dal Risorgimento all’Unione europea” a cura di Fabio<br />
Zucca ;<br />
“La questione meridionale e il federalismo” di Gaetano Salvemini ;<br />
“Federalismo, socialismo e questione meridionale in Gaetano Salvemini” di Salvatore Lucchese ;<br />
“L’unificazione europea nel pensiero e nell’azione di Carlo Sforza” di Rinaldo Merlone ;<br />
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“Il grande sogno di Sforza ministro per l’Europa” di Lucio Villari, da “Repubblica” del 25<br />
settembre 2010, sezione cultura ;<br />
“Il manfesto di Ventotene” di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi ;<br />
“L’idea del federalismo in Italia e in Europa nella Resistenza antifascista” di Corrado Malandrino ;<br />
“L’ della complementarietà del pensiero federalista di Kant ed Hamilton in Italia”<br />
di Corrado Malandrino ;<br />
“Mario Albertini e la storia del pensiero federalistico” di John Pinder ;<br />
“I fondamenti etici della politica” di Salvatore Veca ;<br />
“Il ruolo dei federalisti” di Francesco Rossolillo ;<br />
“La costituzione economica europea” di Tommaso Padoa Schioppa ;<br />
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“Federalismo e ragion di stato” di Sergio Pistone ;<br />
“Come cambiare, le mie riforme” di Gianfranco Miglio ;<br />
“Decentramento e federalismo in Italia nel contesto di unificazione europea” di Anna Matromarino;<br />
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Matromarino ;<br />
“L’Italia e l’unità europea” di Sergio Pistone ;<br />
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