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Con l’amico Giordani, lo stesso Leopardi disse che quegli anni passati studiando, lo avevano fortemente<br />
provato.<br />
In realtà, Giacomo non diventò gobbo a causa del rachitismo: la sua malattia era infinitamente più grave e<br />
complicata. Era tubercolosi ossea: il suo corpo cominciò a non crescere più, la parte alta rimase esilissima e<br />
due grosse gibbosità si formarono sia nella parte anteriore sia nella parte posteriore del corpo.<br />
Le complicazioni non mancarono: disturbi dell’apparato digerente, lacrimazione, bronchiti e dolori<br />
addominali, debolezza cardiocircolatoria e molto altro.<br />
Ma la ripercussione più grave fu che Leopardi si sentiva colpevole della sua malattia. Attribuì allo studio<br />
tutti i suoi mali. Ma non era così. Passata l’adolescenza, Leopardi fu torturato da un altro male, molto più<br />
misterioso: la depressione. Come è possibile fare queste diagnosi sulla base di lettere che risalgono a<br />
quasi due secoli fa?<br />
Il poeta scrive all’amico Giordani e (lettera del 30 aprile 1817) e parla di “una notte fittissima e orribile, di<br />
un veleno che lo tortura, di un’ostinata e barbara malinconia che mi lima e mi divora”<br />
Questa depressione ebbe dopo il ’17 una pausa , una tregua che sarebbe durata qualche tempo, ma non<br />
una guarigione.<br />
<strong>La</strong> conversione letteraria e politica ( dall’erudizione al bello 1816-1818)<br />
Tra il ’15 e il ’16 si attua quella che Leopardi stesso chiama la conversione “ dall’erudizione al bello”:<br />
abbandona gli studi filologici, legge Omero, Dante, Virgilio e autori moderni come Alfieri, Parini, Foscolo,<br />
Goethe.<br />
Un momento fondamentale della sua formazione è l’amicizia con Pietro Giordani; questo letterato, strenuo<br />
difensore della letteratura classica e diffusore di istanze di libertà e di unità nazionale, lo avvicinò a idee<br />
politiche liberali allontanandolo dalle posizioni reazionarie in cui lo aveva educato il padre.<br />
Nella corrispondenza con Giordani, Leopardi non solo trovò quell’affetto di cui era stato privato<br />
nell’ambiente familiare, ma anche una guida intellettuale e nello stesso tempo la possibilità di un’apertura<br />
verso il mondo esterno cui ambiva per sfuggire all’ambiente retrogrado, gretto, malsano di Recanati.<br />
Come abbiamo già visto, è di questo periodo il” Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica” e nel<br />
1817 inizia a scrivere lo Zibaldone ( concluso nel 1832 e pubblicato postumo da Carducci nel 1898).<br />
Sotto l’influenza di Giordani nascono le prime Canzoni scritte tra il 1818 e il 1823: “All’Italia “nel 1818,<br />
seguono quindi “Sopra il monumento di Dante”, “Ad Angelo Mai” Nelle nozze della sorella Paolina” ;si<br />
tratta di componimenti ad impostazione decisamente classicistica espresse con un linguaggio aulico e<br />
sublime.<br />
Lo Zibaldone invece è una sorta di diario intellettuale a cui Leopardi affida i suoi appunti letterari,<br />
filosofici, morali e i suoi ricordi ; per noi è un prezioso strumento per ricostruire il precorso filosofico e<br />
letterario del poeta marchigiano<br />
Il pessimismo storico e la poetica del vago e dell’indefinito ( 1819 1823)<br />
Nell’estate del 1919 Giacomo tenta la fuga dalla casa paterna, ma il tentativo è scoperto e fallisce; ciò<br />
provoca in Leopardi un grande senso di frustrazione acuito da un’infermità agli occhi.<br />
Ed è proprio in questi anni che elabora un sistema filosofico che è necessario conoscere almeno per sommi<br />
capi per comprendere l’opera di Leopardi.<br />
In questo periodo inizia la stagione più originale della sua poesia, “I piccoli idilli”, si infittiscono le note<br />
sullo Zibaldone e prosegue la serie delle Canzoni<br />
Al centro della meditazione leopardiana, si pone subito un motivo pessimistico: l’infelicità dell’uomo. In<br />
alcune pagine dello Zibaldone cerca di individuare la causa prima di tale infelicità. Per leopardi la felicità<br />
coincide con il piacere sensibile e materiale.<br />
Fedele alla filosofia sensista del Settecento, secondo cui la conoscenza si raggiunge solo attraverso i<br />
sensi , Leopardi sostiene che lo scopo della vita dell’uomo è quello di raggiungere il piacere; tuttavia<br />
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