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DIPINTI ANTICHI - wannenes

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81.<br />

ORAZIO DE FERRARI<br />

(Genova, 1606 - 1657)<br />

Martirio di San Bartolomeo<br />

Olio su tela, cm 194X144,7<br />

Stima € 25.000 - 35.000<br />

L’effetto scenico e finanche teatrale di questo dipinto di Orazio De Ferrari è quasi interamente affidato alla figura del protagonista:<br />

al suo corpo, anzi, che si dispone in modo asimmetrico e quasi scomposto ad occupare dinamicamente lo spazio della<br />

scena. Sono solo timide comparse le due figure che confabulano sullo sfondo a sinistra o il candido angioletto che porta gli<br />

attributi del martirio a san Bartolomeo. Figure, quelle, che si stagliano sul fondo chiaro e che, soprattutto con la cromia tenue<br />

e delicata del piccolo messo divino, han la funzione di stemperare, nella narrazione, il tono intenso del dramma in atto. San<br />

Bartolomeo, nel momento di spirare per l’infierire dei colpi mortali dell’aguzzino, è illuminato da una luce che segna le modulazioni<br />

muscolari del suo corpo vigoroso. Quasi a fungere da contrappunto negativo, la corpulenza assai più marcata dell’aguzzino,<br />

è segnata da una luce più cupa, da chiaroscuri più accentuati, da contrasti più forti.<br />

E’ un gioco attento, quello di Orazio de Ferrari in questo brano inedito per la letteratura critica, di equilibri tra il realismo<br />

di matrice caravaggesca da cui in quegli anni un naturalista come lui non poteva prescindere, e il colorismo rubensiano e vandichiano<br />

che appartiene, gioco forza, alla parlata pittorica genovese di tutto il primo Seicento.<br />

Non lontano, seppure assai più convenzionale del nostro, è il San Sebastiano tra San Biagio e San Rocco, della chiesa di San<br />

Giovanni Battista di Loano, firmato e datato 1639 (cfr. P. Donati, Orazio De Ferrari, Genova 1997, fig. 41). Le cromie accese<br />

del cielo sono le stesse, così come analoghi sono gli angioletti che scendono a recare la palma e la corona di rose; prossimo<br />

pare infine lo stile, ancora composto e saldo nel disegno e nell’impianto formale. Un raffronto, questo, che consente di<br />

ipotizzare una datazione intorno al 1640 anche per il dipinto che qui si presenta.<br />

Anna Orlando

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