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DIPINTI ANTICHI - wannenes

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12<br />

5.<br />

PITTORE DEL XVII SECOLO<br />

Natura morta con carne, verdure, salumi, formaggio<br />

e cacciagione<br />

Natura morta con pesci, crostacei, zucca e vaso di<br />

fiori<br />

Olio su tela, cm 87X116 (2)<br />

Stima € 20.000 - 25.000<br />

Bibliografia di riferimento:<br />

M. Medica, in La Raccolta Molinari Pradelli, catalogo della mostra a cura di Carlo Volpe, Firenze 1984, p. 48, n. 7a - 7b.<br />

M. Gregori, Linee della natura morta fiorentina, in catalogo della mostra Il Seicento fiorentino, a cura di Piero Bigongiari e<br />

Mina Gregori, Firenze 1986, pp. 31 - 51, con bibliografia precedente.<br />

E. Fumagalli, in catalogo della mostra Il Seicento fiorentino, a cura di Piero Bigongiari e Mina Gregori, Firenze 1986, pp. 132<br />

- 136, nn. 1.32 - 1.34.<br />

S. Casciu, in Natura morta italiana tra Cinquecento e Settecento, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori e Johann<br />

Georg Prinz von Hohenzollern, Milano 2002, pp. 260 - 261.<br />

Bellissime e affascinanti, queste nature morte di sapore arcaico per le ancor forti suggestioni caravaggesche, sono databili non<br />

oltre il terzo decennio del Seicento. Scrupolosa e didascalica è la disposizione degli oggetti, rischiarati da una luce intensa proveniente<br />

da sinistra, che pare bruciare i colori come una foto sovraesposta. Il rigore con cui l’artista descrive il taglio di manzo,<br />

le diverse tipologie di salumi, specie di pesci e crostacei, è ragguardevole; un naturalismo all’apparenza più scientifico che pittorico,<br />

culminante nel vaso fiorito, risolto con pennellate corpose e veloci, attente al dettaglio d’ogni singolo petalo. La qualità<br />

e la struttura ricordano le opere di Jacopo da Empoli (Firenze 1551 - 1640), uno dei principali artisti fiorentini d’inizio<br />

secolo, ma non possiamo escludere l’eventualità di riferire queste immagini allo spagnolo Alejandro de Loarte (Toledo<br />

1595/1600 - 1626). L’affinità fra i due autori e le conseguenti incertezze attributive sono state rilevate sin dal 1952 dallo Sterling,<br />

specialmente per le tele appartenenti alla collezione Molinari Pradelli, inizialmente riferite al fiorentino da Mina Gregori<br />

e oggi dalla stessa studiosa ricondotte al Loarte. Secondo Cirillo e Godi, la produzione di nature morte dell’Empoli è da distinguere<br />

in due gruppi, quello più antico, vede ogni singolo elemento raffigurato in modo a se stante, in analogia con le bodegones<br />

iberiche, ma nonostante il problema filologico, le opere in esame mantengono inalterato il loro potere di seduzione,<br />

grazie ad una qualità e una conservazione eccellenti. Detto ciò, non dobbiamo dimenticare che il precedente iconografico lo<br />

troviamo nelle nature morte riferite al Maestro di Hartford e che Federico Zerì attribuì al giovanissimo Caravaggio, specificando<br />

che l’origine iconografica di queste peculiari raccolte di cibi e oggetti in posa, si trova nella cultura pittorica lombarda<br />

ed emiliana di Fede Galizia, Vincenzo Campi e Bartolomeo Passerotti. A Roma in quegli anni sono attivi il Salini, il Crescenzi<br />

e Pietro Paolo Bonzi. A metà strada si colloca l’Empoli, con la sua visione spoglia e intellettualistica della realtà oggettiva, in<br />

linea con l’espressione toscana della controriforma.<br />

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