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1-1 GLI AUTORESPIRATORI<br />
Già Leonardo Da Vinci, nel XV secolo, effettuò studi<br />
su apparecchi di respirazione autonoma, sperimentando<br />
sistemi per poter lavorare in acqua ad un certa<br />
profondità. Il disegno aveva come tema principale una<br />
serie di azioni militari progettate contro la flotta<br />
nemica, probabilmente turca. Leonardo concepì uno<br />
scafandro in cuoio composto da giubbone, calzoni e<br />
maschera con occhiali di vetro. Il rigonfiamento della<br />
giubba, destinato a contenere in un otre la riserva d'aria,<br />
è sostenuto da una struttura di cerchi di ferro. Con la<br />
convinzione che questa riserva potesse durare a lungo,<br />
Leonardo prevedette anche un piccolo otre per orinare,<br />
un sacco di pelle ermeticamente chiuso, fornito di una<br />
valvola da utilizzare per la salita o la discesa<br />
Capitolo 1 – Cenni storici sulla evoluzione della subacquea<br />
subacquea. Sono inoltre presenti sacchi di sabbia come zavorra, una lunga corda, un coltello e un<br />
corno per segnalare la fine delle operazioni.<br />
Figura 1.3 – 1828 L.D'Augerville<br />
“Appareil Pneumato-nautique”<br />
Nel 1828 a Parigi venne inventato un autorespiratore ad aria da<br />
Lemaire D’Augerville che chiamò “Appareil Pneumato-<br />
nautique”; decise di utilizzare la sua invenzione fondando una<br />
ditta di recuperi con i suoi palombari. Il funzionamento era<br />
semplice: l’aria, contenuta in una bombola sistemata sulla<br />
schiena del sommozzatore, tramite una valvola passava a un<br />
sacco polmone collocato sul petto, da cui il sommozzatore<br />
respirava tramite un tubo che gli arriva alla bocca. L’aria<br />
viziata veniva poi espulsa tramite un rubinetto di spurgo a<br />
comando manuale, si svuotava così il sacco e vi si immetteva<br />
aria fresca. Un concetto apparentemente molto elementare ma<br />
che rappresentava per l’epoca una vera e propria evoluzione.<br />
Fu poi la volta di Henry Fleuss che, nel 1878, ideò l’ARO<br />
(autorespiratore ad ossigeno) realizzandolo con la Siebe-Gorman, e applicandolo adattato ad uno<br />
scafandro. L’apparecchio era a circuito chiuso. Lo strumento era composto da una maschera di<br />
caucciù indurito collegato da due tubi ad un sacco flessibile posto sul dorso, che racchiudeva un<br />
4<br />
Figura 1.2 - Prototipo scafandro di Leonardo