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Rivista SLSI copia - Sindacato Libero Scrittori Italiani

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Pierfranco BRUNI<br />

Il viaggio omerico di Cesare<br />

Pavese,<br />

casa editrice «Il cascile»,<br />

Castrovillari, pp. 130,<br />

€ 40,00<br />

L’ultimo contributo di Pierfranco<br />

Bruni è un profondo<br />

viaggio nel Mediterraneo,<br />

ascoltando la voce inquieta di<br />

Cesare Pavese e del suo precursore,<br />

Omero, il narratore<br />

di Odisseo. Questo poeta antico<br />

è centrale per l’opera di<br />

Pavese. Uno dei tanti meriti<br />

del profondo lavoro di scavo<br />

testuale di Bruni consiste proprio<br />

nel ricollocare nell’opera<br />

di Pavese il mito in luogo della<br />

storia, in quella dimensione<br />

dove “tutto è destino” e canta<br />

un porto e un ritorno: “Si sfoglia<br />

la margherita non ideologica<br />

di Pavese ed emerge uno<br />

scrittore non chiaramente<br />

“esistenzialista”. Un Pavese,<br />

in altri termini, che non è negato<br />

al fascismo, uno scrittore<br />

letterariamente anti-realista”.<br />

Pierfranco Bruni rilegge le pagine<br />

di Pavese. Si ritrova in<br />

esse, in quella stagione mediterranea<br />

dove i miti, i suoni, i<br />

colori ellenici dicono un tempo<br />

e un cuore, nell’anello della<br />

tragedia omerica che è<br />

Troia ma anche Ulisse, è l’inquietudine<br />

e la sconfitta, ma<br />

anche l’attesa della speranza<br />

realizzata, del proprio destino<br />

riportato alla terra nel tempo<br />

che separa dal prossimo viaggio.<br />

Perché c’è sempre un<br />

viaggio tra le righe di Pavese,<br />

dove la memoria è un giardino<br />

r e c e n s i o n i<br />

d’inverno e i suoi frutti sono<br />

metafore di vissuti, di paesi<br />

che dicono calore e presenza<br />

per non restare soli di fronte<br />

alla notte che copre i dolori.<br />

“Appunto su mezzo foglio<br />

bianco delle parole” annota<br />

Bruni. Fa di più: ci fa riappropriare<br />

dei luoghi propri di Pavese,<br />

ci riporta a quel mare<br />

che in Pavese era viaggio e<br />

sofferenza, luogo così diverso<br />

dalle sue colline. Il destino<br />

stesso fu un viaggio per lo<br />

scrittore. Qui, “le voci della<br />

letteratura sono voci del destino”.<br />

Impaginano il tempo<br />

con la sapienza contadina di<br />

cui si gusta la ricchezza nei<br />

suoi rituali antichi, nella ciclicità<br />

delle sue semine e raccolte.<br />

Un pensiero di Brelic dice:<br />

“il mito è anzitutto un racconto…”.<br />

Pavese non s’identificò mai<br />

col neorealismo. C’era in lui<br />

un altro segreto: indagare<br />

quello che Bruni definisce “il<br />

nocciole umano” che cuce i<br />

percorsi della ricerca della<br />

lotta di verità mentre dura<br />

una sera. Dunque ha ancora<br />

ragione Bruni quando avverte<br />

che non si può fare letteratura<br />

senza una grata simbolica.<br />

La parola deve diventare, ad<br />

un certo punto, favola. “Perché<br />

la memoria non è ieri. È il<br />

sempre che ci accoglie. È il<br />

sempre che accoglie la nostalgia<br />

dei popoli”. Abbiamo bisogno<br />

di racconti e di ricordi<br />

lungo la battigia dei giorni.<br />

Pavese e Vico stanno insieme.<br />

Dicono il ritorno della storia,<br />

ma anche il senso della morte<br />

che bussa ai giorni ed urge al<br />

47<br />

cuore per ritrovarsi e ricominciare,<br />

in qualche modo. Ritornare<br />

alla madre- -terra, avere<br />

un senso identitario, custodire<br />

nel silenzio che forgia i percorsi<br />

“destini che si intrecciano<br />

con radici. Destini che ritrovano<br />

il sogno e l’appartenenza”.<br />

Misteri c’inseguono e<br />

ci trovano davanti al focolare,<br />

il centro del cerchio.<br />

Nel libro di Bruni c’è Pavese,<br />

ma anche la sua donna, Costance<br />

Bowling, la sua Musa,<br />

la sua fatale maledizione.<br />

“Nostos è un avvertimento<br />

che si compie nel cerchio<br />

magico del nostro essere”,<br />

una geografia dello spirito<br />

che consuma modelli e stili<br />

tragici. Pavese è “lo scrittore<br />

degli amori perduti, traditi,<br />

incompresi. Li ha raccontati,<br />

ma li ha prima vissuti, sofferti<br />

e per questi amori è stato<br />

lacerato. Costance, la donna<br />

dell’illusione, della disillusione,<br />

la donna passione<br />

ma anche la donna<br />

del disamore.<br />

La donna, in fondo,<br />

lo accompagnava verso<br />

quell’epilogo già<br />

raccontato in uno<br />

dei suoi romanzi.<br />

Una scena già vista.<br />

Ma questa donna è<br />

la donna della vita e<br />

la donna della morte.<br />

Sarebbe potuta<br />

diventare un filo di<br />

Arianna e invece<br />

tappa l’uscita dal labirinto<br />

del poeta -<br />

scrittore. Perduta<br />

prima la donna dalla<br />

voce rauca, il suo<br />

sangue, restava a Pavese “la<br />

cenere dei suoi libri”. Non si<br />

uccise Pavese per questa<br />

donna, ma “anche” per questa<br />

donna che lo ha condotto<br />

per mano a quel viaggio muto<br />

che un nome: “Verrà la morte<br />

e avrà i tuoi occhi”.<br />

Tra Ulisse ed Elena, testimoni<br />

del suo viaggio e ritorno, Pavese<br />

racconta ancora porti e<br />

lontananze, racchiude in anfore<br />

greche la saggezza del<br />

cammino umano del tempo.<br />

La sua inquietudine fu dettata<br />

da principi religiosi. La sua<br />

stessa vita concepiva un verbo<br />

simile al amare: scrivere.<br />

Va riletto Pavese, “con la consapevolezza<br />

umana e non con<br />

la ‘bacchetta’ della politica”.<br />

Un viaggio tra la luna e i falò,<br />

dentro quella letteratura che<br />

non dimentica la quotidiana<br />

tragedia del vivere.<br />

Gerardo PICARDO

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