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1. L'eredità kantiana Arthur Schopenhauer condivideva ... - Appunti

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stigmatizzarne i difetti, soprattutto la propensione a rivestire di mitologia quella metafisica che la<br />

sua filosofia era giunta a illustrare con chiarezza concettuale.<br />

2. Fenomeni e volontà<br />

Concluso nel 1818, Il mondo come volontà e rappresentazione si articola in quattro libri che<br />

corrispondono ad altrettante parti del sistema: la teoria della conoscenza, la metafisica e la filosofia<br />

della natura, l’estetica e infine l’etica. Per <strong>Schopenhauer</strong> la filosofia è sistematica non in quanto le<br />

parti che la compongono siano legate da una rigorosa concatenazione logica (come avviene per<br />

esempio per Fichte), ma in quanto esse illustrano in modo organico «un unico pensiero»: ogni<br />

elemento sostiene gli altri ed è dagli altri sostenuto, cosicché le varie dottrine risultano pienamente<br />

comprensibili solo dopo che si sia conclusa la lettura dell’intera opera 11 . Di fatto <strong>Schopenhauer</strong><br />

sviluppa il suo sistema facendo uso di una grande varietà di materiali: le diverse tesi, che pure<br />

hanno un loro svolgimento argomentativo, si appoggiano alle dottrine dei filosofi precedenti, alle<br />

scienze, alle opere letterarie, alle biografie, ai resoconti di viaggio, alle dottrine religiose,<br />

all'autosservazione psicologica. Ne deriva un quadro letterariamente molto stimolante, nel quale<br />

non è sempre facile distinguere fra gli elementi che hanno un ruolo filosofico e quelli che sono<br />

chiamati in causa per così dire a posteriori, come conferme di dottrine già sviluppate per altra via.<br />

La teoria della conoscenza ripropone a grandi linee le posizioni della dissertazione di laurea. Nel<br />

Mondo come volontà e rappresentazione <strong>Schopenhauer</strong> si preoccupa di specificare maggiormente la<br />

posizione storica del suo fenomenismo e insieme di esplicitare il significato metafisico che gli<br />

attribuisce. Sottolineando il ruolo decisivo di Kant nel fissare la distinzione tra fenomeno e cosa in<br />

sé, <strong>Schopenhauer</strong> si sforza di mostrare come egli abbia portato a compimento una linea di pensiero<br />

che percorre tutta la filosofia moderna: Cartesio, Locke, Berkeley e Hume hanno tutti separato<br />

l’ideale dal reale e sono quindi precursori della distinzione fra fenomeno e cosa in sé. I tre grandi<br />

idealisti, con la loro assurda pretesa di negare questa distinzione, si collocano quindi fuori da questo<br />

sviluppo storico 12 .<br />

<strong>Schopenhauer</strong> precisa anche il modo in cui deve essere inteso il rapporto che il principio di causalità<br />

istituisce fra il soggetto e il mondo. Il nesso di causalità non si stabilisce né fra l’oggetto - cosa in sé<br />

e il soggetto, come volevano le posizioni dogmatiche, né fra il soggetto e l’oggetto, come vuole<br />

invece l'idealismo fichtiano. In quanto struttura mediante la quale il soggetto organizza il mondo<br />

delle proprie rappresentazioni, esso collega fra loro due oggetti, ovvero la modificazione<br />

nell'organo sensoriale e la sua causa, costruita dal soggetto 13 . D'altra parte, perché possa valere la<br />

dimostrazione dell'apriorità del principio di causalità sviluppata nella Quadruplice radice del<br />

principio del ragion sufficiente, nessun oggetto deve essere dato anteriormente all’applicazione del<br />

principio di causalità. <strong>Schopenhauer</strong> postula pertanto uno statuto particolare per le modificazioni<br />

sensoriali, a metà strada fra il soggettivo e l'oggettivo, correggendo l'espressione «oggetto<br />

immediato» utilizzata nella prima edizione della dissertazione 14 .<br />

Nell’appendice intitolata Critica della filosofia <strong>kantiana</strong> <strong>Schopenhauer</strong> rivede tutto l’impianto<br />

dell’analitica <strong>kantiana</strong>. Posto che il principio di causa basta da solo a costituire il mondo<br />

dell'esperienza, non v’è bisogno di conservare le altre categorie, che non devono quindi essere<br />

considerate strutture a priori della facoltà conoscitiva 15 . Inoltre, in quanto il principio di causalità è<br />

applicato ai dati sensoriali in modo intuitivo e al di sotto della soglia della coscienza, è assurdo<br />

pensare, come vuole Kant, che l’oggettività dell’esperienza si produca solo mediante l’intervento di<br />

concetti e giudizi 16 .<br />

Al di là di queste pur significative revisioni il fenomenismo schopenhaueriano assume un<br />

significato complessivo diverso da quello kantiano. È vero che la soggettività delle forme a priori

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