1. L'eredità kantiana Arthur Schopenhauer condivideva ... - Appunti
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del mondo fenomenico non mette in discussione la validità delle scienze, intese come indagine dei<br />
rapporti esistenti tra i fenomeni: come per Kant, anche il mondo fenomenico di <strong>Schopenhauer</strong><br />
possiede la stabilità e la regolarità necessarie al sapere scientifico 17 . Ma questo mondo diviene<br />
qualcosa di essenzialmente differente in quanto ad esso viene costantemente contrapposto, come<br />
polo immaginario, il mondo dell'in sé. Le forme soggettive sono allora qualcosa che occulta<br />
l’essenza del mondo, che vi tesse intorno il «velo della maya», cosicché il mondo della<br />
rappresentazione diviene sogno, fantasmagoria, illusione 18 . Questi caratteri risultano<br />
particolarmente evidenti per un aspetto fondamentale, gravido di conseguenze per l’agire<br />
dell’uomo: per <strong>Schopenhauer</strong> l’esistenza della molteplicità degli individui dipende unicamente dallo<br />
spazio, dal tempo e dalla causalità, i quali insieme costituiscono il principium individuationis. Posto<br />
che queste forme esistono nel soggetto e solo nel soggetto, ne consegue che la molteplicità degli<br />
individui è qualcosa di puramente soggettivo, di illusorio 19 .<br />
Per <strong>Schopenhauer</strong> il problema fondamentale della filosofia diventa così quello di andare al di là del<br />
mondo della rappresentazione, oggetto ma insieme limite del nostro conoscere, di coglierne<br />
l'essenza, di svelarne l'enigma. La via che conduce a questa meta prende le mosse dalla peculiare<br />
posizione che nel mondo dell'esperienza occupa il corpo dell’uomo. L’individuo lo conosce<br />
dall'esterno, come un oggetto fra gli oggetti, per esempio quando osserva il movimento di una<br />
mano, ma lo conosce anche dall'interno: allora quel movimento si presenta alla sua coscienza come<br />
l'atto di volontà che muove la mano e movimento e atto volitivo sono colti immediatamente come<br />
due aspetti di un’unica realtà. Infatti il rapporto tra atto volitivo e movimento corporeo non è di<br />
natura causale: la volizione non precede l’azione e non deve essere confusa con la decisione di<br />
compiere un atto, la quale è un atto razionale e ha luogo prima dell’azione. L'unità di corpo e<br />
volontà è confermata anche dal fatto che ogni affezione del corpo è sempre anche avvertita come<br />
un'affezione della volontà, la quale reagisce con il piacere e il dolore a ciò che, rispettivamente,<br />
soddisfa o si oppone a ciò verso cui essa tende 20 .<br />
Ogni azione del corpo è dunque il rendersi visibile, il manifestarsi della volontà, che può essere<br />
considerata l’essenza, ciò che è fondamento delle singole azioni. Questo vale non solo per le azioni<br />
ma anche per ciò che ne è condizione, le varie parti del corpo e il corpo in generale. Se così non<br />
fosse, l’essenza del corpo (la volontà) dovrebbe dipendere da qualcosa di diverso da sé per apparire.<br />
La conoscenza del volere, di cui ciascun individuo è immediatamente conscio, è radicalmente<br />
diversa dalla conoscenza rappresentativa in generale: in tal modo <strong>Schopenhauer</strong> ritiene di avere<br />
trovato la via per superare la cinta di mura costituita dal mondo fenomenico e per penetrare nella<br />
sfera della <strong>kantiana</strong> cosa in sé 21 .<br />
Estendendo analogicamente il nesso corpo-volontà agli altri esseri viventi e alla stessa natura<br />
inorganica, si può concludere che la volontà è l'in sé non solo dell'uomo ma della realtà intera. Essa<br />
è una ed è interamente presente in ogni individuo. Il concetto di volontà, in quanto viene ad<br />
esprimere il carattere comune di tutti i fenomeni - essa è il “fenomeno originario” di Goethe -<br />
assume di necessità un significato più ampio di quello che possiede quando è utilizzata in<br />
riferimento all’uomo, dove si presenta sempre collegata alla coscienza e alla conoscenza. L’impiego<br />
del concetto di volontà per indicare l’essenza del mondo trova la sua giustificazione nel fatto che<br />
essa è per ciascuno una realtà immediatamente nota e pienamente comprensibile: il microcosmo<br />
diviene la chiave per comprendere il macrocosmo 22 .<br />
Il percorso attraverso cui si giunge alla cosa in sé chiarisce il significato che <strong>Schopenhauer</strong><br />
attribuisce alla metafisica. D’accordo con Kant, egli ritiene impossibile una metafisica come scienza<br />
del trascendente, costruita utilizzando le forme a priori della conoscenza. È invece possibile una<br />
metafisica «immanente» che si realizzi attraverso la «decifrazione» della «scrittura misteriosa» del<br />
mondo stesso, attraverso un’interpretazione complessiva della realtà, cui si pervenga utilizzando gli