MOISE et PHARAON - Il giornale dei Grandi Eventi
MOISE et PHARAON - Il giornale dei Grandi Eventi
MOISE et PHARAON - Il giornale dei Grandi Eventi
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
<strong>Il</strong> Giornale <strong>dei</strong> <strong>Grandi</strong> eventi<br />
Moïse <strong>et</strong> Pharaon<br />
<strong>Il</strong> “Pesarese” a Parigi<br />
L’ultimo Rossini: la rivoluzione prima del silenzio<br />
Lunga e tormentata è<br />
la vicenda che porta<br />
Rossini sulle scene<br />
parigine, all’epoca fulcro<br />
indiscusso della cultura<br />
europea ed ambizioso<br />
obi<strong>et</strong>tivo per molti compositori.<br />
Vicenda costellata<br />
da continue esitazioni<br />
d<strong>et</strong>tate dalla volontà di<br />
non comm<strong>et</strong>tere alcun errore<br />
nell’approcciare una<br />
realtà del tutto peculiare,<br />
agitata da rivalità e gelosie<br />
acerrime fra colleghi,<br />
sogg<strong>et</strong>ta ai capricci di una<br />
stampa a volte prevenuta<br />
ed agli umori di un pubblico<br />
particolarmente esigente,<br />
oltre che alle ineludibili<br />
pressioni del potere<br />
politico. Anche per un uomo<br />
di genio quale Rossini<br />
indubbiamente è, la decisione<br />
di rim<strong>et</strong>tere in gioco<br />
il proprio stile compositivo,<br />
abbandonando in parte<br />
schemi collaudati per<br />
inoltrarsi sul periglioso<br />
terreno del Grand-Opéra,<br />
appare, dunque, degna di<br />
una accurata riflessione.<br />
Con strategica precisione<br />
e suprema maestria, il Pesarese<br />
pianifica le tappe<br />
del proprio esordio in terra<br />
di Francia, del quale in<br />
realtà si ha sentore sin dal<br />
1818, anno in cui Jean-Jacques<br />
Grass<strong>et</strong> suggerisce<br />
a l l ’ a m m i n i s t r a z i o n e<br />
dell’Opéra proprio il nome<br />
di Rossini per un<br />
eventuale ingaggio, ipotesi<br />
però allora naufragata.<br />
La svolta avviene nel<br />
1823, durante un soggiorno<br />
breve ma fecondo del<br />
compositore italiano a Parigi<br />
che, oltre a destare<br />
grande eco sugli organi di<br />
stampa, vede nascere una<br />
proposta destinata a concr<strong>et</strong>izzarsi<br />
l’anno seguente<br />
mediante la firma di un<br />
contratto vero e proprio.<br />
due rifacimenti<br />
di lavori napol<strong>et</strong>ani<br />
L’avvento di Carlo X, suo<br />
grande ammiratore e prot<strong>et</strong>tore,<br />
apre un momento<br />
importante nella carriera<br />
del musicista, purtroppo<br />
Teatro dell’Opéra di Parigi<br />
rapidamente compromesso<br />
proprio a causa della<br />
caduta del sovrano. Con <strong>Il</strong><br />
viaggio a Reims, Rossini<br />
presenta il proprio bigli<strong>et</strong>to<br />
da visita, componendo<br />
un lavoro dall’impianto<br />
formale originalissimo,<br />
la cui vacuità drammaturgica,<br />
lungi dal costituire<br />
un limite, assume un<br />
valore assoluto. <strong>Il</strong> Pesarese<br />
si presenta in pompa<br />
magna, ingraziandosi il<br />
potere mediante una cantata<br />
celebrativa in grado<br />
di trascendere i limiti del<br />
lavoro di circostanza, offrendo<br />
nel contempo al<br />
pubblico un saggio del<br />
proprio estro e della propria<br />
versatilità. L’opera di<br />
progressivo avvicinamento<br />
alla mentalità ed al gusto<br />
francesi prosegue con<br />
due rifacimenti di lavori<br />
napol<strong>et</strong>ani, il Maom<strong>et</strong>to II,<br />
presentato con il nuovo<br />
titolo di Le siège de Corinthe,<br />
ed il Mosè in Egitto,<br />
trasformato nel Moïse <strong>et</strong><br />
Pharaon.<br />
<strong>Il</strong> lavoro svolto da Rossini<br />
testimonia di una realtà in<br />
rapido mutamento, meno<br />
incline alle seduzioni del<br />
virtuosismo canoro; anche<br />
il tessuto orchestrale si arricchisce<br />
in maniera insolita<br />
risp<strong>et</strong>to al passato, rinunciando<br />
alla propria<br />
sudditanza nei confronti<br />
della voce, rivendicando<br />
un ruolo di maggior spes-<br />
sore. Riguardo al Moïse, la<br />
drammaturgia stringata<br />
ed essenziale della versione<br />
napol<strong>et</strong>ana viene sostituita<br />
da un andamento<br />
più vario ed articolato, da<br />
una tendenza verso la<br />
sp<strong>et</strong>tacolarizzazione comunque<br />
mai fine a sé stessa,<br />
lontana da qualsiasi<br />
gratuità dell’eff<strong>et</strong>to. Alla<br />
ricezione dell’opera, nelle<br />
Gioachino Rossini<br />
sue diverse declinazioni<br />
drammaturgiche e musicali,<br />
ha nuociuto a lungo il<br />
pregiudizio riguardo al<br />
suo presunto carattere<br />
prevalentemente oratoriale,<br />
sostanzialmente statico<br />
e poco consono alle scene,<br />
a volte accentuato dai pesanti<br />
tagli ai quali è stata<br />
sottoposta la partitura (in<br />
particolare a scapito delle<br />
parti soliste). Azione tragico<br />
sacra la definisce lo<br />
stesso Rossini in occasione<br />
della revisione del 1819, la<br />
quale segue di un anno la<br />
prima, tormentata esecuzione<br />
napol<strong>et</strong>ana, compromessa<br />
da un imbarazzante<br />
allestimento della<br />
scena finale (quella con il<br />
passaggio del Mar Rosso).<br />
In realtà la peculiarità formale<br />
del Mosè in Egitto<br />
fornisce al compositore<br />
una maggiore libertà d’azione;<br />
lungi dall’essere un<br />
limite, si rivela invece un<br />
valore aggiunto. Svincolata<br />
dai v<strong>et</strong>usti schemi<br />
dell’opera seria, l’ispirazione<br />
rossiniana costruisce<br />
un quadro di inaudita<br />
11<br />
potenza, ricco di spunti rivoluzionari<br />
(penso ad<br />
esempio all’inizio privo<br />
della consu<strong>et</strong>a Ouverture,<br />
capace di porre lo sp<strong>et</strong>tatore<br />
al centro dell’azione,<br />
oppure alla continuità<br />
drammatica <strong>dei</strong> grandi<br />
pezzi d’insieme). Le suggestioni<br />
più prossime<br />
vanno forse ricercate, più<br />
che nei lavori di Cherubini<br />
e Spontini, negli oratori<br />
del classicismo viennese,<br />
primi fra tutti quelli di<br />
Haydn, da lui studiato ed<br />
ammirato. Quando Rossini<br />
decide di rimaneggiare<br />
la partitura napol<strong>et</strong>ana<br />
per il pubblico parigino,<br />
lo fa con una consapevolezza<br />
straordinaria. E’ come<br />
se egli, analogamente<br />
all’ultimo Verdi, sentisse<br />
l’esigenza di rim<strong>et</strong>tere in<br />
discussione la propria<br />
po<strong>et</strong>ica in vista di una fase<br />
compl<strong>et</strong>amente nuova. In<br />
tal senso il Moïse rappresenta<br />
un passo decisivo<br />
verso il Guillaume Tell, primo<br />
ed unico frutto perf<strong>et</strong>tamente<br />
compiuto di una<br />
riforma che interessa<br />
ugualmente l’archit<strong>et</strong>tura<br />
ed il lessico operistico rossiniano.<br />
In questi affreschi<br />
dalle proporzioni<br />
grandiose, la dimensione<br />
coll<strong>et</strong>tiva trascende quella<br />
individuale in un anelito<br />
comunicativo di matrice<br />
be<strong>et</strong>hoveniana che<br />
sembra rivolgersi all’intera<br />
umanità. Non è un<br />
caso che i protagonisti di<br />
questi due lavori si esprimano<br />
con una vocalità<br />
più vicina al declamato<br />
ed ignara di qualsiasi virtuosismo,<br />
quasi priva di<br />
arie nel senso tradizionale<br />
del termine; in questa<br />
rinuncia all’artificio si<br />
trova il significato dell’ultimo<br />
Rossini, e forse<br />
la chiave interpr<strong>et</strong>ativa<br />
del silenzio nel quale, dopo<br />
questa svolta, egli decide<br />
volontariamente di<br />
chiudersi, ancora oggi<br />
uno fra i misteri più enigmatici<br />
dell’intera storia<br />
della musica.<br />
riccardo Cenci