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punto di riferimento, come Serafino Cervio<br />
che ancora ricordo seduto sui gradini<br />
della “vecchia” sede, assieme ad altri<br />
amici, prima che un morbo incurabile lo<br />
allontanasse. Come Giannina Berera,<br />
altra mitica custode tanto interessata al<br />
Museo da essere considerata una vera<br />
amica e collaboratrice.<br />
A cavallo tra gli anni ’60 e ’70 due studenti<br />
milanesi, Giancarlo Corbellini e<br />
Nemo Canetta, svolgono le loro tesi di<br />
laurea, il primo di storia, il secondo di<br />
geologia e glaciologia, sulla Valmalenco.<br />
Amici da sempre, collaborano ai rispettivi<br />
lavori ed il quadro che ne risulta è di<br />
una ricchezza che li lascia sbalorditi. Frequentano<br />
la Valle del Mallero sin da<br />
bambini, eppure … eppure hanno “scoperto”<br />
di tutto: incisioni rupestri e vecchie<br />
miniere, sentieri abbandonati e torri<br />
medioevali.<br />
Grazie al loro lavoro hanno conosciuto<br />
l’allora geometra comunale Giancarlo<br />
Carrara che, benché sondriese, abita in<br />
valle. Anch’egli giovane ed entusiasta<br />
propone “… perché non facciamo un<br />
Museo?”. Oggi la domanda può sembrare<br />
ammissibile ma in quegli anni rasentava<br />
la follia: di musei locali, in Valtellina,<br />
non ce ne erano, anzi, l’unico vero<br />
Museo era quello di Sondrio, ospitato a<br />
Villa Quadrio accanto alla Biblioteca. Ma<br />
Carrara non s’arrestò di fronte a nulla,<br />
spinto dal consenso degli amici e così, nel<br />
1970, nacque il Comitato Promotore del<br />
Museo della Valmalenco. Sembra incredibile<br />
ma in due anni si ottennero i fondi<br />
(grazie a sottoscrizioni tra malenchi e villeggianti),<br />
i locali (dal Comune di Chiesa)<br />
ed i materiali da esporre. In partico-<br />
■ Da sinistra: Nemo Canetta, Giancarlo<br />
Carrara, il consigliere regionale Antonio<br />
Muffatti, Giancarlo Corbellini, Natale Comi<br />
(allora presidente dell’azienda turistica).<br />
lare la collezione Sigismund che la famiglia<br />
Cecchi volle fosse finalmente esibita<br />
in valle.<br />
E così in una fredda mattina nel gennaio<br />
1972 il Museo fu inaugurato. Ci credevano<br />
in pochi. Ricordo ancora chi, a<br />
mezza voce, scommetteva che di lì a breve<br />
sarebbe stato chiuso. Ma il successo<br />
fu travolgente: riviste a livello nazionale<br />
scrissero che era nato il primo “Museo<br />
di Valle” delle Alpi italiane!<br />
Lo spazio era scarso, i soldi ancor più<br />
scarsi ma l’entusiasmo moltissimo.<br />
Parafrasando un noto titolo potremmo<br />
scrivere “ … fantastici quegli anni”, riferendoci<br />
ai primi 10/15 anni di vita del<br />
Museo. Infatti i nostri tre moschettieri,<br />
come li chiamarono, non contenti di aver<br />
creato il piccolo Museo iniziarono a pensare<br />
in grande: portare tutti al Museo era<br />
impossibile e poi … come racchiudere<br />
tra quattro mura boschi e ghiacciai, laghi<br />
ed alpeggi?<br />
Nacque così l’idea dell’Alta Via della<br />
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vecchi e polverosi articoli, prese l’avvio<br />
nel 1975.<br />
Devo ammetterlo, l’idea non era del tutto<br />
originale. Corbellini e Canetta la mediarono<br />
da ciò che in quegli anni si stava<br />
facendo in Dolomiti. L’Alta Via della<br />
Valmalenco non sarà solo una lunga<br />
galoppata tra rifugi, vette e colli ma dovrà<br />
guidare l’escursionista alla scoperta<br />
degli angoli più nascosti della Valmalenco<br />
e soprattutto fargli comprendere<br />
la vita del montanaro tra i 1500 ed i 2500<br />
metri. L’idea è tanto bella che l’editore<br />
Oscar Tamari di Bologna, cui Carrara,<br />
Corbellini e Canetta si sono rivolti, decide<br />
entusiasticamente di farla propria; a<br />
quei tempi gli editori rischiavano: non<br />
chiedevano finanziamenti pubblici o privati,<br />
se l’idea piaceva il libro veniva<br />
stampato e così i nostri moschettieri passano<br />
due anni a esplorare, scoprire, scrivere.<br />
Ben presto gli autori si rendono contro<br />
che descrivere il tracciato non è sufficiente;<br />
troppi sentieri abbandonati, troppi<br />
bivi, troppe incertezze. Ed allora il<br />
Museo fa un grande salto di qualità: trasforma<br />
la Valmalenco in Museo all’aperto.<br />
Corbellini e Canetta, accompagnati<br />
dalle fidanzate e da un pugno di amici si<br />
armano di pennelli e vernice e segnalano<br />
l’Alta Via e le Escursioni culturali<br />
del Museo. Del tutto volontariamente,<br />
con i pochi soldi del Museo per il materiale,<br />
vengono segnalati in un paio di anni<br />
qualcosa come oltre 150 km di sentieri.<br />
Mentre, giusto riconoscerlo, il Soccorso<br />
Alpino della Guardia di Finanza<br />
porrà in opera numerosi cartelli. Tra l’altro<br />
questa opera cementerà una solida<br />
amicizia tra Corbellini e Canetta e molti<br />
“rifugisti”, come i Lotti, i Lenatti, i<br />
Dell’Andrino, i Dell’Avo; vere dinastie<br />
che da anni curano rifugi privati e del<br />
Valmalenco che, come attestano i nostri ▼