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200<br />
noncredenti e società<br />
» raffaele carcano SEGRETARIO UAAR<br />
Il diritto emancipato vs la morale unica<br />
Il diavolo, è il caso di dirlo, si nasconde nei dettagli. Un articolo del protocollo addizionale alle<br />
modifiche concordatarie del 1984 recita infatti: «La Repubblica italiana assicura che l’autorità<br />
giudiziaria darà comunicazione all’autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti<br />
penali promossi a carico di ecclesiastici». Un evidente regalo craxiano ai vertici della<br />
Chiesa, ma anche una previsione non chiarissima: quando inviare tale comunicazione? Forse<br />
subito, rischiando così di vanificare lo sforzo investigativo?.<br />
Non si sa se il regalo fu sollecitato. Certo è che all’indomani delle ultime elezioni politiche il<br />
ministro Alfano, esponente di un governo più clericale che pio, ha ritenuto urgente risolvere il<br />
problema delle intercettazioni. All’interno di una proposta di legge volta in sostanza a vietarle,<br />
Alfano ha inserito anche una modifica al Codice di procedura penale: se risulta indagato un<br />
prete o un religioso deve essere preventivamente informato il vescovo, mentre se ad essere<br />
indagato è un vescovo l’informativa deve essere inoltrata direttamente in Vaticano. A favore<br />
dell’articolo si è espressa non solo la maggioranza di governo, ma anche (non sorprendentemente)<br />
l’UDC.<br />
Dalle intercettazioni sono più volte emersi comportamenti non irreprensibili da parte di ecclesiastici:<br />
mons. Giovanni Danzi fu sorpreso a inviare moldave e filippine a Luciano Moggi; don<br />
Evaldo Biasini, ormai noto come don Bancomat, è risultato costituire la cassaforte della cricca<br />
del G8. Il progetto di Alfano rappresenta dunque un ulteriore regalo berlusconiano alla casta<br />
cattolica: interpreta in maniera conclusiva gli accordi concordatari, e sancisce una competenza<br />
della Chiesa sui casi giudiziari riguardanti ecclesiastici. Così facendo, quasi reintroduce il medievale<br />
privilegio del foro, con l’unica differenza che l’inchiesta e il giudizio finale continuano a<br />
competere (chissà per quanto ancora) all’autorità civile.<br />
L’articolo 19 della Costituzione garantisce esplicitamente ai credenti un diritto, quello alla libertà<br />
religiosa, che solo successivi interventi della Consulta hanno esteso ai non credenti (sulla<br />
base dell’uguaglianza tra i cittadini sancita dall’articolo 3). Andrebbe però anche ricordato che<br />
non tutti i fedeli sono uguali: come nella Fattoria degli animali di Orwell, «alcuni sono più uguali<br />
degli altri». Nella Chiesa, le gerarchie pretendono “ubbidienza” e “sottomissione” dalle loro<br />
pecorelle: non stupisce dunque che pretendano analoga deferenza dai vertici politici. Ed ecco<br />
spuntare come funghi privilegi che abbracciano materie diversissime, dal poter usare la vettura<br />
“per servizio” nei giorni di blocco del traffico, ai prestigiosi inviti istituzionali assicurati dai<br />
cerimoniali ufficiali.<br />
Privilegi che collidono con la laicità del nostro Stato, ma che non sembrano creare alcun problema<br />
ai fedeli, ben poco a conoscenza delle regole della loro stessa religione. La Chiesa cattolica, del<br />
resto, non propugna democrazia e uguaglianza interne, anzi: il segretario di Stato vaticano, Tarcisio<br />
Bertone, ha recentemente ribadito che nella Chiesa «il rapporto strutturale tra la gerarchia e il resto<br />
del popolo di Dio non può mai essere posto in termini di ripartizione di potere».<br />
Che i fedeli non contestino i privilegi ecclesiastici è dunque scontato: è anzi un comportamento<br />
preteso. Ma cosa spinge i governanti di uno Stato (sedicente) laico a fare altrettanto?<br />
NONCREDO<br />
Anno II - n.7 settembre / ottobre 2010