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NONCREDO » ORIENTE<br />

Krishnamurti, il teosofo eretico<br />

Max Giuliani<br />

FILOSOFO DELLE RELIGIONI<br />

Quando Rudolf Steiner vide che i suoi confratelli avevano riconosciuto in un giovane indiano<br />

l’incarnazione del divino tanto attesa, il suo distacco dal movimento teosofico subì un’accelerazione.<br />

Pregiudizio eurocentrico o retto discernimento? Gli insegnamenti di Krishnamurti,<br />

pur dando apparentemente ragione al pensatore viennese, sono in realtà uno scacco ad ogni<br />

sophia esoterica ed un invito a porsi coraggiosamente di fronte all’umano più autentico.<br />

Se è vero che ci fu chi presentì la futura grandezza<br />

di Krishnamurti fin dalla più tenera età,<br />

fu il teosofo Leadbeater ad individuare in lui l’attesa<br />

incarnazione della divinità indiana Maitreya<br />

(già incarnatasi, secondo i teosofi, in Krishna e<br />

Gesù) aprendogli la strada, anche grazie all’interessamento<br />

di Annie Besant e contro il volere del<br />

padre Narianiah, verso gli studi in Inghilterra e<br />

quei viaggi che sarebbero rimasti una costante<br />

della sua intera esistenza. Una gioventù dorata,<br />

dunque? No di certo. Lo scopo dell’educazione<br />

impartitagli fu quello di prepararlo ad essere<br />

quel che ci si attendeva da lui: il Maestro del<br />

Mondo, da cui i teosofi aspettavano un insegnamento<br />

che avrebbe donato loro una rivelazione<br />

nuova ed assoluta. Le iniziazioni impartitegli lo<br />

segnarono, conducendolo sino alle soglie del<br />

disfacimento fisico e mentale a cui resistette,<br />

secondo le sue stesse narrazioni, fino all’avvenuta<br />

illuminazione. Da quel momento tutto cambiò<br />

e, negli anni seguenti (anni duri per la perdita<br />

dell’amatissimo fratello Nitya), Krishnamurti<br />

precisò il suo pensiero, sino a staccarsi definitivamente<br />

da quella Società Teosofica che l’aveva<br />

“cresciuto” e che tanto si attendeva da lui. La<br />

rottura, annunciata ed ormai inevitabile, fu definitiva<br />

quando nel 1929 il trentaquattrenne<br />

Krishnamurti sciolse l’Ordine della Stella<br />

dell’Est, l’associazione che raccoglieva i teosofi<br />

suoi seguaci, radicalizzando quanto sosteneva<br />

sempre più insistentemente: la necessità che<br />

ognuno trovasse da solo la Verità; l’idea che la<br />

liberazione non fosse per pochi eletti ma per<br />

tutti coloro che, senza intermediazione alcuna,<br />

avessero scandagliato e compreso il proprio Io<br />

senza dogmi, conoscenze esoteriche, riti iniziatici,<br />

associazioni, discepolati, maestri, senza lo<br />

stesso Krishnamurti.<br />

» L’insegnamento di chi non ha nulla<br />

da insegnare<br />

Da quel momento, e fino alla sua morte, la vita dell’exteosofo<br />

si articolerà in una lunga sequenza di viaggi,<br />

ed il suo pensiero darà corpo ad un’ampia bibliografia:<br />

paradosso di un maestro che dice di non avere cose<br />

nuove da dire, il cui compito sarà scuotere i suoi ascoltatori<br />

con le proprie riflessioni sulla situazione umana.<br />

In esse Krishnamurti ravvisa come fedi e ideologie<br />

abbiano ridotto la ricerca spirituale a mera meccanicità,<br />

conducendoci verso un modello sociale “rispettabile”<br />

ma lontano dalla Verità, una rispettabilità che l’uomo<br />

veramente religioso deve rifiutare. In un mondo<br />

che riflette la nostra psicologia, basata su immagini<br />

più che su realtà effettive, siamo chiamati alla responsabilità<br />

di un cambiamento che sia una totale rivoluzione<br />

interiore. Questo perché il quotidiano vivere,<br />

basato sull’autosoddisfazione del desiderio, conduce<br />

necessariamente alla violenza. La pace interna ed<br />

esterna, che ogni essere umano serio persegue, richiede<br />

una mente scevra dal continuo gioco dei paragoni<br />

e capace della gioia derivante dall’accettazione dell’incertezza<br />

costituzionale dell’esistenza. Dobbiamo pertanto<br />

imparare ad essere noi stessi nel presente, evitando<br />

ogni “dover essere” con cui perpetuare le continue<br />

fughe della nostra mente. Solo una mente che osservi<br />

e comprenda i propri processi, morta al passato ed alle<br />

proiezioni nel futuro, andrà oltre la frammentazione,<br />

la paura e i dualismi, oltre lo stesso illusorio Io. In questo<br />

annullamento della distanza tra osservatore ed<br />

osservato emergerà l’autoabbandono in cui sperimentare<br />

amore e bellezza assoluti (non più l’amore per, la<br />

bellezza di) e si genererà quella disciplina che è tipica<br />

della meditazione; una meditazione che, attività più<br />

alta dell’uomo, non può essere insegnata da nessuno.<br />

È, per Krishnamuti, questa meditazione «la finestra<br />

dalla quale potrebbe entrare la brezza».<br />

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