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» ANNA RITA LONGO<br />
filologa e docente<br />
NUMERI<br />
statistiche ragionate<br />
L’insegnamento della religione cattolica:<br />
un anacronismo nell’Italia multiculturale<br />
L’esame di alcuni dati statistici ci consente di ricavare un quadro dell’assetto socio-culturale<br />
dell’Italia di oggi, che è stato soggetto a notevoli modifiche in seguito ai rapidi mutamenti<br />
intervenuti negli ultimi decenni.<br />
Esaminiamo la tabella n. 1, tratta dalle stime realizzate da Caritas e Migrantes per l’anno<br />
2008. Il quadro che se ne ottiene è quello di un’Italia assai più composita e sfaccettata, dal<br />
punto di vista religioso, di quello che molti si aspetterebbero. Accanto alla netta dominante<br />
della chiesa cattolica romana, vi sono alcune realtà numericamente consistenti, come la<br />
chiesa cristiana ortodossa e protestante, la religione islamica e quella ebraica.<br />
Numericamente imponente anche il dato relativo a chi dichiara di non professare alcun<br />
credo religioso: si tratta, come riportato dalla stime, di 4 milioni circa di italiani. Il dato, di<br />
per sé di una certa consistenza, va, comunque, considerato una stima per difetto, se si tiene<br />
conto, per esempio, del fatto che l’appartenenza alla chiesa cattolica è, di norma, accertata<br />
sulla base del battesimo e dalle cifre non vengono sottratti i molti che, non condividendo<br />
più gli ideali della chiesa cattolica romana, non hanno, tuttavia, ancora provveduto alla<br />
rinuncia ufficiale a figurare nel novero dei fedeli.<br />
Ma qual è la situazione con la quale, nell’Italia di oggi, i nostri studenti si devono confrontare<br />
nelle scuole? Un esame del grafico n. 3 e della tabella n. 2 evidenzia come l’incontro<br />
tra culture diverse sia ormai all’ordine del giorno in tutti i gradi dell’istruzione e come, tra<br />
le nazioni estere più rappresentate nella comunità studentesca, ve ne siano alcune dove la<br />
religione cattolica non è quella dominante (Romania, Albania, Marocco, Cina).<br />
L’Italia contemporanea è, quindi, di fatto un paese multiculturale, dove convive, confrontandosi,<br />
una pluralità di religioni; le nostre scuole sono luoghi nei quali studenti di varia nazionalità,<br />
cultura, religione si trovano a condividere spazi ed esperienze, con mutuo arricchimento.<br />
In una realtà così complessa, in continua e quotidiana evoluzione verso una multiculturalità<br />
sempre più accentuata, quale dovrebbe essere la funzione di una scuola che voglia<br />
rispondere adeguatamente al suo obiettivo primario, vale a dire, secondo l’assunto popperiano,<br />
la formazione della mente critica? Il suo ruolo non dovrebbe essere quello di facilitare<br />
l’avvicinamento tra i diversi contributi culturali, preparando gli studenti a una convivenza<br />
pacifica e serena in una realtà pluralista?<br />
Se questa è la direzione nella quale la scuola vuole incamminarsi, appare necessario ricercare<br />
una valida alternativa a un retaggio del regime fascista, rappresentato dall’insegnamento<br />
della religione cattolica: come giustificare l’approfondimento di una specifica religione,<br />
trascurando altri culti di pari dignità e che, spesso, fanno parte del tessuto culturale<br />
nazionale dai tempi più remoti?<br />
Una valida alternativa potrebbe essere l’introduzione di un insegnamento di “Antropologia<br />
delle religioni”, che impegni lo studente in un percorso qualificante attraverso la storia dei<br />
culti religiosi, e indaghi, nel contempo, le ragioni psicologiche, etologiche e sociologiche<br />
del fenomeno religioso, riflettendo sulle questioni rimaste insolute e sulle differenti interpretazioni<br />
proposte da studiosi e scienziati.<br />
Non più una nobilitazione dell’insegnamento catechistico, ma qualcosa che prepari lo studente<br />
all’esercizio del pensiero critico, sia che decida di credere sia che decida di non farlo.