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NONCREDO » RELATIVISMO<br />
Fisicità della metafisica<br />
Le basi organiche<br />
del comportamento<br />
Bruna Tadolini<br />
GIÀ PROFESSORE ORDINARIO DI BIOCHIMICA E BIOLOGIA MOLECOLARE<br />
PRESSO L’UNIVERSITÀ DI SASSARI<br />
Parte 1° - L’evoluzione del comportamento<br />
Parte 2° - I rapporti con l’ambiente<br />
Parte 3° - I rapporti con il partner<br />
PARTE QUINTA<br />
I rapporti sociali<br />
Come è già stato detto, dal punto di vista evolutivo<br />
gli organismi viventi sono dei veicoli che<br />
hanno lo scopo di assicurare la più lunga esistenza<br />
possibile ai geni che essi contengono. Per raggiungere<br />
questo obiettivo, durante l’evoluzione<br />
sono state messe in atto diverse strategie. La principale<br />
è stata la ben nota “l’unione fa la forza”.<br />
Dagli antichissimi organismi unicellulari si è passati<br />
ad organismi pluricellulari “formati” da un<br />
numero sempre maggiore di cellule e di tipi di cellule.<br />
Questo percorso evolutivo, che ha “generato”<br />
la complessità e la diversificazione dei viventi,<br />
è stato reso possibile dalla modificazione dei geni:<br />
ha perciò una base genetica. Una successiva strategia<br />
ha seguito sempre la falsariga de “l’unione fa<br />
la forza”, ma questa volta i soggetti dell’operazione<br />
non sono più state le cellule, che insieme formano<br />
un organismo pluricellulare, ma gli organismi<br />
pluricellulari stessi che, per favorire la sopravvivenza<br />
dei propri geni, si organizzano in una<br />
società. Nel corso dell’evoluzione, quindi, alle<br />
specie asociali si sono man mano affiancate specie<br />
sociali in cui è andato aumentando sia il numero<br />
degli individui che compongono il gruppo sia i<br />
ruoli da essi svolti nell’ambito del gruppo stesso.<br />
Ciò ha prodotto delle specie con una organizzazione<br />
sociale sempre più complessa e diversa fra<br />
di loro. Anche questo percorso evolutivo è stato<br />
reso possibile da variazioni del patrimonio geneti-<br />
Parte 4° - I rapporti con la prole<br />
Parte 5° - I rapporti col gruppo sociale<br />
Parte 6° - I rapporti con l’altro mondo<br />
co. Perciò la socialità non ha quella natura metafisica<br />
che alcuni le attribuiscono, ma è un’entità<br />
fisica dai connotati e dalle radici profondamente<br />
organiche.<br />
» Il cervello sociale<br />
Anche l’evoluzione della socialità, come quella delle<br />
strutture anatomiche complesse, è frutto del caso<br />
(comparsa di mutazioni che modificano una struttura)<br />
e della necessità (selezione delle “varianti” che<br />
meglio rispondono alla domanda ambientale).<br />
L’organo che è principalmente coinvolto nella comparsa<br />
e nell’evoluzione della socialità nei vertebrati<br />
è il cervello. Infatti le specie sociali hanno un cervello<br />
sproporzionatamente grande rispetto alle dimensioni<br />
del corpo e, in particolare nell’ambito dei<br />
Primati, esiste una stretta correlazione fra il grado di<br />
socialità della specie ed il volume della neocorteccia,<br />
quella parte del cervello che gestisce le più complesse<br />
funzioni cognitive e sociali. Queste osservazioni<br />
sono state la base per la formulazione dell’ipotesi del<br />
cosiddetto “cervello sociale”, secondo la quale l’aumento<br />
delle dimensioni del cervello avrebbe consentito<br />
la comparsa, nel corso dell’evoluzione, di<br />
forme sempre più complesse di socialità. Se si considera<br />
il fatto che, in termini energetici, un cervello<br />
consuma dalle otto alle dieci volte più energia per<br />
unità di massa di ogni altra parte del corpo, si può<br />
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