Il ARC HITET TURA - Il Giornale dell'Architettura
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“ L’immagine<br />
più forte<br />
che emerge da<br />
questi dieci anni<br />
di Biennali<br />
è il prevalere<br />
d e l l ’ a l l e s t i m e n t o<br />
sui contenuti,<br />
di una<br />
p a r t e c i p a z i o n e<br />
che vive<br />
di se stessa<br />
e rinuncia<br />
anche solo alla<br />
s c o m m e s s a<br />
d’incidere<br />
su ciò che<br />
l ’ o p i n i o n e<br />
pubblica<br />
si fa della<br />
a r c h i t e t t u r a<br />
In collaborazione con<br />
”<br />
4 Le Biennali degli anni<br />
duemila: un bilancio<br />
Carlo Olmo<br />
5-9 L’album della mostra<br />
«People meet<br />
A r c h i t e c t u r e », Arsenale<br />
e Palazzo delle<br />
Esposizioni<br />
6 Le affinità elettive<br />
di Sejima<br />
Fulvio Irace<br />
Le Biennali degli anni<br />
d u e m i l a (aspettando Balzac)<br />
Con la 12. Mostra Internazionale di Architettura,<br />
curata da Kazuyo Sejima, si chiude un<br />
decennio in cui la Biennale ha conquistato finalmente<br />
una sua regolare cadenza. È forse<br />
possibile tentare allora un primo, incompleto, bilancio.<br />
Le sei Biennali dal 2000 al 2010 segnano un mutamento<br />
importante rispetto alle sei che le hanno precedute<br />
dal 1980 in poi.<br />
<strong>Il</strong> racconto dell’architettura diviene via via più metaforico,<br />
mentre le intenzioni appaiono, almeno dai titoli di scena,<br />
sempre più sociali. La rappresentazione diviene essa<br />
stessa un evento (spesso è un’installazione) e ogni<br />
mostra si offre come esperienza, quasi sempre conclusa<br />
in sé. La tendenza è accentuata dal fiorire, attorno<br />
alla Biennale, di manifestazioni collaterali ogni anno<br />
più rilevanti.<br />
<strong>Il</strong> distacco tra intenti e forme del racconto, dove le seconde<br />
prevalgono sui primi, tende a ridurre l’architettura<br />
a figure quasi sempre artistiche e a esaltare l’autorialità<br />
dell’opera. È singolare il fatto che spesso si ripetano,<br />
nelle sei Biennali degli anni duemila, i nomi dei<br />
protagonisti, ma ancor più che manchino, quasi totalmente,<br />
i tanti attori del processo decisionale, costruttivo<br />
e abitativo che fanno dell’architettura un’opera umana<br />
u n i c a. Visitando le Corderie o i Giardini quella che<br />
emerge è u n ’ a r c h i t e t t u r a sempre più eterea e personalizzata,<br />
che nasconde, quando non esclude, l’avventura<br />
c o l l e t t i v a che, anche solo a livello progettuale, ne è il<br />
fascino discreto.<br />
Questa tendenza è indubbiamente in sintonia con<br />
quanto questo decennio ha enfatizzato anche in altre<br />
Biennali, non solo di Architettura. Una tendenza che<br />
una sola volta, nel 2006, era stata negata, quando il curatore<br />
Ricky Burdett puntò invece a un salto di scala: quell’edizione<br />
si occupò infatti della metropoli, del rapporto<br />
tra urbanizzazione e società. Ma l’architettura è un<br />
complicato e tutt’altro che lineare gioco di scale. Sceglierne<br />
una è come suonare un notturno di Chopin<br />
solo in re.<br />
Fatte salve alcune eccezioni (come il padiglione italiano<br />
nel 2008 o la sezione «Trasformazioni» sulla riconversione<br />
di edifici esistenti alle Corderie nel 2004), è<br />
stata privilegiata una concezione del tempo sempre basata<br />
sull’esclusiva dimensione del presente, mentre l’architettura<br />
è invece stratificazione di tempi. Prevale l’av-<br />
Numero speciale dedicato alla 12. Biennale<br />
di Architettura<br />
a cura di Roberta Chionne, Cristiana Chiorino<br />
e Laura Milan. Fotografie di Stefano Manca*<br />
* dove non diversamente indicato<br />
6 Convergenze e latitanze<br />
Massimo Pica Ciamarra<br />
8 Lunga vita alla<br />
Biennale!<br />
William Menking<br />
I giornali del giorno<br />
dopo<br />
una selezione da<br />
Le Monde, The Financial<br />
Times, Los Angeles<br />
Times, El Pais,<br />
«<strong>Il</strong> Magazine dell’Architettura»<br />
abbinato a «<strong>Il</strong> <strong>Giornale</strong> dell’Architettura», è una testata edita dalla Società editrice Umberto Allemandi<br />
& C. spa, 8 via Mancini, 10131 Torino, tel. 011.81 99 111 - fax 011.81 93 090 e-mail: redazion<br />
e a r c h i t e t t u r a @ a l l e m a n d i . c o m<br />
Direttore scientifico: Carlo Olmo Direttore responsabile: Umberto Allemandi C a p o r e d a t t ore:<br />
Luca Gibello Redazione: Roberta Chionne, Cristiana Chiorino, Laura Milan I m p a g i n azione:<br />
Elisa Bussi Pubblicità: Angela Piciocco 011.81.99.153, pubblicita.architettura@allemandi.com<br />
Stampa: <strong>Il</strong>te, Moncalieri (To)<br />
w w w. a l l e m a n d i . c o m<br />
4 | IL MAGAZINE DELL’<strong>ARC</strong><strong>HITET</strong><strong>TURA</strong><br />
The Guardian,<br />
The Architect’s Journal<br />
10-13 L’album dei<br />
padiglioni nazionali<br />
14 L’album degli eventi<br />
collaterali e non<br />
15 Who’s Who<br />
Questo mese per ragioni di spazio sono omesse le rubriche Progetto del mese e Rivisitati che ritornano nel prossimo numero.<br />
2000. «Less Aestethics, More Ethics», Massimiliano Fuksas<br />
2002. «Next», Deyan Sudjic<br />
2004. «Metamorph», Kurt W. Forster<br />
2006. «Città. Architettura e società», Richard Burdett<br />
2008. «Out There: Architecture Beyond Building», Aaron Betsky<br />
venimento; la Biennale appare sufficiente<br />
a se stessa, legittimata da un crescente<br />
consumo di visitatori, di servizi<br />
giornalistici e televisivi e poi di social<br />
network, ripercorrendo forse involontariamente<br />
la strada delle Esposizioni universali<br />
dopo il 1900. Basti pensare che<br />
quest’anno, già nella prima settimana,<br />
le presenze sono state 12.444, contro le<br />
11.585 nello stesso periodo del 2008.<br />
Uno spazio sempre crescente viene dato<br />
alle scuole di architettura. Sono tentativi<br />
importanti; alcuni davvero significativi<br />
(come nel 2006). Restano tuttavia<br />
all’interno di una rappresentazione<br />
dell’architettura come «progetto» e dell’esposizione<br />
come luogo di un’esperienza<br />
che purtroppo non va al di là del<br />
proprio confine e delle date della manif<br />
e s t a z i o n e .<br />
L’immagine più forte che emerge da<br />
questi dieci anni di Biennali è il prevalere<br />
dell’allestimento sui contenuti, di<br />
una partecipazione che vive di se stessa<br />
e rinuncia anche solo alla scommessa<br />
d’incidere sull’idea che l’opinione pubblica<br />
si fa dell’architettura. Per fare un<br />
altro esempio, solo nei tre giorni di vernice,<br />
quest’anno si sono accreditati<br />
9.578 addetti ai lavori, di cui 1.885 giornalisti<br />
(altro dato in crescita rispetto all’edizione<br />
precedente).<br />
Ma gli immaginari rimangono fortemente<br />
c o n s e r v a t o r i anche quando usano twitter<br />
o facebook, perché non si mette in<br />
discussione che cosa sia architettura né<br />
le stesse finalità delle mostre di costituire<br />
un evento.<br />
Probabilmente le Biennali raccontano<br />
con onestà una società immersa nella<br />
complessità della condizione abitativa<br />
metropolitana. Una complessità ormai<br />
diventata dominante che non si tenta o<br />
non si può governare. Di essa si accettano<br />
ormai il relativismo accidioso e un<br />
multiculturalismo che ha rinunciato a<br />
far emergere lo scarto tra culture.<br />
In realtà, e forse al di là delle intenzioni<br />
dei tanti curatori, le Biennali sono state<br />
i luoghi di una contaminazione non<br />
programmata: per questo motivo si possono<br />
considerare spazi urbani per eccellenza.<br />
Forse da questa eredità sarà necessario<br />
ripartire, con un’attenzione a<br />
culture, soprattutto architettoniche, le<br />
quali sono risorse che si modificano proprio<br />
contaminandosi tra di loro. E cerca<br />
di superare l’omologazione è l’aspetto<br />
più irritante che emerge da alcuni padiglioni<br />
nazionali, nei quali quasi sempre<br />
le idee di comunità racchiuse entro<br />
presunte identità convivono con progetti<br />
firmati da architetti, malamente definiti<br />
archistar.<br />
Una postilla. L’architettura è una comédie<br />
humaine di straordinaria complessità e<br />
fascino. Forse la sua rappresentazione richiede<br />
un mutamento profondo della messa<br />
in scena, degli attori, dei dialoghi, delle<br />
forme e persino della scena stessa. E un<br />
regista che abbia letto Honoré de Balzac.<br />
C arlo Olmo