Terremoto Terremoto Articolo 1 Speleologia Articolo 1 Speleologia
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tere di confini di competenze o differenze<br />
statutarie, ma di un obiettivo comune: il<br />
futuro delle Dolomiti. Eppure i cinque<br />
territori condividono problemi e prospettive<br />
comuni, ma anche e soprattutto forti<br />
differenze politico amministrative.<br />
La candidatura è stata presentata a fine<br />
febbraio a Cortina d’Ampezzo e ha segnato<br />
l’avvio delle iniziative congiunte<br />
delle cinque Province per discutere sui<br />
temi del governo e dello sviluppo del territorio<br />
attinenti al bene Dolomiti: la conoscenza,<br />
la relazione tra conservazione e<br />
sviluppo, la valorizzazione del territorio,<br />
la gestione del bene.<br />
è stato un appuntamento per noi molto<br />
importante, in quanto si tratta del primo<br />
progetto unitario per le Dolomiti. Per la<br />
prima volta guardiamo al sistema dei territori<br />
per le sue valenze intrinseche, ambientali,<br />
sociali e umane e non rispetto ai<br />
confini amministrativi che li dividono. Le<br />
Dolomiti costituiscono una parte importante<br />
dell’arco Alpino e il metodo adottato<br />
dalle nostre cinque Province è corretto<br />
anche rispetto alla costruzione della piattaforma<br />
alpina.<br />
le ComunItà montane, agenzIe Per<br />
lo svIluPPo del terrItorIo<br />
intervista a Enrico Borghi<br />
presidente UNCEM<br />
Unione Nazionale Comuni Comunità<br />
Enti Montani<br />
Concorda con la necessità di costruire<br />
nuove alleanze tra città e montagna<br />
per tutelare le genti, le culture e le<br />
economie della montagna? Quali<br />
sono, secondo lei, gli attori delle nuove<br />
alleanze tra montagna e città? Quali<br />
sono i contenuti di tali alleanze?<br />
Basta guardare alla Storia per capire<br />
che lo sviluppo delle aree montane è<br />
strettamente correlato alla capacità di<br />
relazione con l’esterno. Oggi più che mai<br />
l’alleanza Montagna – Città deve essere<br />
rinnovata, ma su patti chiari. Conclusa<br />
l’epoca dei finanziamenti a pioggia,<br />
entriamo oggi in una logica di tipo<br />
produttivo, nella quale gli investimenti<br />
realizzati dagli enti locali sulle risorse<br />
montane devono produrre una serie di<br />
benefici misurabili, in grado di garantire a<br />
chi abita il territorio la partecipazione agli<br />
utili prodotti localmente. La montagna<br />
rappresenta una piattaforma strategica per<br />
l’organizzazione di un sistema economico<br />
produttivo capace di mettere a sistema<br />
risorse naturali preziose per il futuro del<br />
Paese, ma per attivare questo processo<br />
sono necessarie condizioni politiche<br />
che regolino le relazioni rurale-urbano,<br />
scongiurando prima di ogni altra cosa il<br />
rischio di una nuova colonizzazione dei<br />
territori.<br />
Pensiamo per esempio alla produzione<br />
di energia da fonti rinnovabili. Solo per<br />
citare alcuni settori, l’idroelettrico, il<br />
solare, le bio-masse, l’eolico. Pensiamo<br />
alla riduzione di emissioni di CO2,<br />
alle produzioni alimentari tipiche<br />
e biologiche, al turismo culturale e<br />
naturalistico, alla bio-edilizia, ai sistemi<br />
di trasporto sostenibile. Settori che<br />
trovano nella montagna e nello spazio<br />
rurale il territorio ideale per crescere,<br />
contribuendo a rilanciare l’Italia sulle<br />
Per riequilibrare il rapporto con<br />
l’esterno, riscrivendo il patto<br />
con le città, è necessario un<br />
cambiamento di prospettiva<br />
sociale ed economica dei<br />
territori montani. Da aree<br />
marginali a località centrali di<br />
un nuovo modello di sviluppo.<br />
Che interagiscono con le<br />
aree urbane attraverso regole<br />
condivise e chiare.<br />
frontiere più avanzate dell’innovazione<br />
e dello sviluppo sostenibile. Bene, per<br />
riequilibrare il rapporto con l’esterno,<br />
riscrivendo il patto con le città, è<br />
necessario un cambiamento di prospettiva<br />
sociale ed economica dei territori<br />
montani. Da aree marginali a località<br />
centrali di un nuovo modello di sviluppo.<br />
Che interagiscono con le aree urbane<br />
attraverso regole condivise e chiare,<br />
basate sul principio che i montanari di<br />
domani possano operare su questi settori,<br />
nevralgici per l’economia, con le stesse<br />
opportunità di chi vive altrove, nell’ottica<br />
di uno sviluppo solidale e sostenibile<br />
dei territori. Nel Manifesto lanciato ad<br />
Asiago in occasione del “Raduno della<br />
montagna italiana” lo scorso ottobre,<br />
abbiamo ribadito che nell’Italia che si<br />
avvia a diventare federale i diritti dei<br />
territori montani e delle loro popolazioni<br />
a concorrere sussidiariamente al governo<br />
delle risorse naturali devono essere<br />
sanciti, riconosciuti e garantiti. Questo<br />
significa che il principio codificato nella<br />
legge sui sovracanoni idroelettrici di<br />
un ritorno al territorio montano di tali<br />
controvalori deve essere applicato a tutte<br />
le risorse naturali impiegate e utilizzate<br />
a beneficio della collettività nazionale:<br />
aria, acqua, territorio, suolo, legno, pietre,<br />
sono le risorse delle montagne italiane e<br />
al tempo stesso le risorse dell’economia<br />
del futuro. La loro manutenzione dovrà<br />
essere “contrattualizzata” come un<br />
servizio fondamentale per il Paese, e il<br />
loro eventuale sfruttamento “di mercato”<br />
dovrà essere negoziato con le popolazioni<br />
locali delle montagne rappresentate<br />
dalle loro istituzioni, e debitamente<br />
remunerato.<br />
Così, realizzando appieno l’autonomia e<br />
la sussidiarietà economica, le comunità<br />
delle montagne italiane potranno diventare<br />
sostenibili e sicure, e tramandare alle<br />
future generazioni sia il patrimonio<br />
naturale sia quello culturale ed etico.<br />
Quale ruolo possono giocare le<br />
Comunità Montane e le Province in<br />
questi processi?<br />
Alla storica connotazione burocraticoamministrativa<br />
degli enti della montagna,<br />
che ha portato alla persecuzione della<br />
Casta soprattutto nei confronti delle<br />
Comunità montane, elevando a logica<br />
di sistema distorsioni oggi sanate dal<br />
riordino regionale, si deve sostituire la<br />
loro riconversione in struttura produttiva<br />
di beni e servizi. La mission è quella di<br />
realizzare dal basso concrete e misurabili<br />
attività di investimento e sviluppo sul<br />
territorio. è per questo che le Comunità<br />
montane, riordinate secondo quanto<br />
dettato dalla scorsa Finanziaria e in<br />
accordo con gli altri enti che operano sul<br />
territorio – Regioni, Comuni e Province<br />
– dovranno diventare vere e proprie<br />
agenzie di sviluppo su progetti complementari<br />
a quelli metropolitani, innovativi<br />
e capaci di valorizzare le filiere produttive<br />
connesse alla green economy.<br />
Il modello che proponiamo è quello dei<br />
distretti rurali, che attraverso le rinnovate<br />
Comunità montane, svolgano sempre più<br />
l’azione di coordinatore e motore dello<br />
sviluppo locale.<br />
Alla drastica riduzione dei fondi<br />
statali, accompagnata peraltro dalla<br />
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