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Beata Camilla Battista da Varano - Sorelle Povere di Santa Chiara

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durante tutta quella Quaresima propose sempre la tremen<strong>da</strong> parola:<br />

“Temete Dio!”. Rit.<br />

Come nei tempi passati Dio sollecitava a sacrificare nel deserto il<br />

suo popolo liberato <strong>da</strong>lla schiavitù del Faraone, molto più sollecitava<br />

ora l’anima mia ad abbracciare la vita religiosa. […]<br />

L’ottava del Sabato Santo mi confessai <strong>da</strong> frate Oliviero in San<br />

Pietro in Muralto, mi comunicai e poi parlai al mio devoto padre<br />

frate Francesco <strong>da</strong> Urbino, a cui non avevo mai parlato prima. Questi<br />

mi domandò se mi volevo far suora. Dissi <strong>di</strong> no. Parve rattristarsi e<br />

<strong>di</strong>sse: “Ormai sei <strong>di</strong>venuta sana, non peccare più. Vai in pace!”. Così<br />

tutta consolata tornai a casa. Rit.<br />

Dopo che l’anima mia fu purificata nel modo sopra narrato,<br />

cominciò la <strong>di</strong>vina Bontà a martellare molto più forte e cominciai<br />

a sentire certe voci vicine, vicinissime e tanto chiare ed evidenti che<br />

qualche volta mi chiusi gli orecchi con le mani per non u<strong>di</strong>rle, perché<br />

in nessun modo volevo acconsentire ad esse. Ma mi giovava niente<br />

perché le sentivo sempre, <strong>di</strong>fatti parlavano all’anima e non al corpo.<br />

Per questo, ogni volta che an<strong>da</strong>vo all’orazione, mi pareva proprio <strong>di</strong><br />

an<strong>da</strong>re alla guerra. Ed era veramente così, perché vi è forse maggior<br />

battaglia <strong>di</strong> questa? Rit.<br />

Perseverando nella preghiera, un venerdì, se non sbaglio, durante<br />

l’orazione avvenne un tale conflitto, una tale battaglia nell’anima mia<br />

tra il sì e il no, che per la grande agonia su<strong>da</strong>vo in tutta la persona.<br />

Infine la mia volontà, che sempre era rimasta forte e vigorosa, in quel<br />

momento spontaneamente e non per forza, sedendo come giu<strong>di</strong>ce in<br />

cattedra per giu<strong>di</strong>care la crudele lotta, emise la sentenza contro <strong>di</strong><br />

me. Con tanto affetto e coraggio deliberai <strong>di</strong> servire Dio che, se per<br />

questo fosse stato necessario patire il martirio, prontamente l’avrei<br />

scelto piuttosto che pentirmi <strong>di</strong> un tale proposito. In quell’istante mi<br />

venne infusa l’ispirazione <strong>di</strong> farmi suora nel monastero <strong>di</strong> Urbino, né<br />

mai avrei voluto an<strong>da</strong>re altrove. Rit.<br />

Così imparai a mie spese che “il timor <strong>di</strong> Dio è il principio della<br />

sapienza, cioè il principio del gusto della <strong>di</strong>vina dolcezza”. E quanto<br />

grande è il timore, così è grande il sapore dell’amore che ne segue. E<br />

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