Gli Scultori Valentino e Panciera Besarel - DEMO - - Provincia di ...
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Foto 1 – Disegno <strong>di</strong> Valentin Panziera <strong>Besarel</strong>lo<br />
“dellineato l’Anno 1800 li 14<br />
maggio da me ingiegniere a Norma<br />
della Situazione in Perito” Leggiamo:<br />
Regola del Forno (K), <strong>di</strong> qua e <strong>di</strong> là del<br />
Maè, Fiume Maè, col ponte per Fain, e<br />
aqua del Pramper, con le fucine che ne<br />
utilizzavano l’acqua incanalata: Fusina<br />
d.ta dal Mas (B), Fusina detta Nuova (C),<br />
Fusina detta da Fain (D),Fusina detta del<br />
Cin (E), Fusina e molino d.a dei Pasquai<br />
(F), Fusina detta delli Favareti (H) (allegato<br />
ad una supplica dei Lazzaris per il<br />
trasferimento <strong>di</strong> una fucina).<br />
<strong>di</strong>zioni della popolazione (e<strong>di</strong>fizi per le arti e mestieri, animali occorrenti<br />
all’agricoltura e all’industria) ed economiche generali. La popolazione<br />
complessiva <strong>di</strong> Zoldo era valutata (nell’anno 1766) 3870 abitanti: oltre<br />
la metà (2075 abitanti) erano nella parrocchia <strong>di</strong> S. Floriano, corrispondente<br />
all’attuale comune <strong>di</strong> Forno <strong>di</strong> Zoldo; il rimanente (1795<br />
abitanti) erano nelle due parrocchie <strong>di</strong> S. Nicolò <strong>di</strong> Fusine e <strong>di</strong> S. Tiziano<br />
<strong>di</strong> Goima, corrispondenti ai due rami superiori della valle attualmente<br />
compresi nel comune <strong>di</strong> Zoldo Alto.<br />
Questa popolazione montanara viveva <strong>di</strong> pastorizia, allevamento del<br />
bestiame e agricoltura (avevano 2168 bovini, 2527 ovini, 1019 caprini);<br />
inoltre erano de<strong>di</strong>ti a piccole attività artigiane, avevano 53 molini da grani,<br />
7 seghe da legname, le donne avevano 69 telari da tessere.<br />
Non meraviglia che soltanto nel capoluogo dell’intera valle, cioè nel<br />
territorio della Pieve, risiedessero “Professori d’Arti Liberali” fra i quali<br />
erano elencati avvocati, causi<strong>di</strong>ci, notari, me<strong>di</strong>ci, chirurghi e pittori: singoli<br />
me<strong>di</strong>ci e notari erano presenti certamente nella valle. Importa sottolineare<br />
piuttosto che soltanto ivi erano attive le piccole industrie metallurgiche<br />
<strong>di</strong> antica tra<strong>di</strong>zione nella valle: in quel tempo, solamente nei villaggi appartenenti<br />
alla parrocchia della Pieve si contava un modesto numero <strong>di</strong><br />
“Fabbricatori d’Armi da taglio”, <strong>di</strong> “Fucine da Ferrarezza” e <strong>di</strong> “Fucine da Chiodaria”.<br />
Il ferro che allora veniva lavorato in Zoldo era ormai tutto d’importazione:<br />
non esistevano infatti nel Capitaniato <strong>di</strong> Zoldo a quel tempo<br />
“Lavorenti <strong>di</strong> Miniere” 3 . Le fusinele o fosinèle zoldane erano già in<strong>di</strong>rizzate<br />
in prevalenza verso la fabbricazione <strong>di</strong> chio<strong>di</strong> a mano 4 ; si era tutta-<br />
3 Fin dai primi tempi Zoldo fu abitato per la ricerca dei metalli. La toponomastica<br />
ci tramanda dai tempi antichi voci caratteristiche dell’attività mineraria<br />
e metallurgica, ben documentate dal sec. XIV. La duplicità <strong>di</strong> lavoro appare<br />
tipica della valle e la molteplice <strong>di</strong>stribuzione dei numerosi aggregati umani<br />
corrisponde alle <strong>di</strong>verse esigenze: in linea <strong>di</strong> massima gli agricoltori occuparono<br />
i terrazzi e i ripiani più soleggiati, i pastori si erano installati più in alto<br />
e più vicino ai pascoli, gli artigiani del ferro erano vicini al fondo valle e ai torrenti,<br />
dei quali utilizzavano la forza idraulica.<br />
Le risorse zoldane, per quanto concerneva il ferro, dovevano avere una certa<br />
consistenza se Fra Leandro Alberti ne ebbe sentore e, pur tacendo del tutto<br />
altre attività minerarie del bacino della Piave, così ne fece cenno nella sua<br />
opera geografica Descrittione <strong>di</strong> tutta Italia, ecc. Vinegia, 1551 (p.391): “[...]<br />
e Zolto, così nominato, ove sono gli asperi monti, da i quali si ricava grand’abbondanza<br />
<strong>di</strong> ferro”. Già nei sec. XV e XVI, però, minerale <strong>di</strong> ferro veniva importato<br />
anche in Zoldo dalle cospicue vene del Fursìl, in territorio <strong>di</strong> Colle<br />
S. Lucia, attraverso la Forcella Staulanza. Ciò che avveniva con sicurezza<br />
anche nella seconda metà del 1600 e ancor più successivamente, secondo<br />
le note dello stu<strong>di</strong>oso della valle, A. Cuccagna: “è evidente che forni e fucine<br />
lavoravano solo minerale <strong>di</strong> ferro importato da Colle S. Lucia [1600],<br />
per quanto l’esistenza <strong>di</strong> investiture per ricerche <strong>di</strong> minerali <strong>di</strong> ferro, tutte<br />
però posteriori, faccia pensare che tentativi <strong>di</strong> lavorare nuovamente materia<br />
prima locale non siano mancati; probabilmente con scarsi risultati, se dopo<br />
il 1734 non se ne parla più”. Verso la metà del 1700 chiudevano le miniere<br />
del Fursìl [...], mentre le attività artigiane dello Zoldano e dell’Agor<strong>di</strong>no<br />
per sopravvivere dovevano incominciare quell’incetta <strong>di</strong> rottami <strong>di</strong><br />
ferro che continuerà nel secolo seguente e il cui ricordo si è da poco spento<br />
nelle valli dolomitiche”. “Il ferro che sortiva dalle fonderie <strong>di</strong> Dont era<br />
in parte destinato all’alimento d’un gran numero <strong>di</strong> officine stabilite in<br />
Zoldo, dove lo si travagliava in varie fogge ed in parte veniva ridotto in verghe<br />
e <strong>di</strong>ffuso in commercio. Le fabbriche <strong>di</strong> chioderie erano le più stimate<br />
dallo Stato, ma dopo l’abbandono delle miniere hanno sofferto una considerevole<br />
decadenza. Nelle poche fucine che ancora sussistono si fabbricano<br />
chio<strong>di</strong> a mano d’ogni <strong>di</strong>mensione impiegandovi il ferro vecchio che si trova<br />
in commercio [...]”. Le note <strong>di</strong> Cuccagna trovano conferma nella descrizione<br />
dei pionieri dell’alpinismo che esplorarono la Val <strong>di</strong> Zoldo (Gilbert<br />
e Churchill nel 1862-1863, John Ball nella Guida del 1868-1869 e Amelia<br />
Edwards nel 1872); ve<strong>di</strong> anche G. Angelini Le fusine in Zoldo, in “Rivista<br />
Bellunese”, 1975, 5, pp.136-158.<br />
4 Lo stesso <strong>Valentino</strong> fa riferimento all’attività dei ciodaroti in Zoldo nelle<br />
sue Memorie, allorché scrive: “recandomi a scuola al Forno con mio fratello Antonio,<br />
mio nonno d’accordo con don Michelangelo mi preparò un picolo cesto a due coperti e<br />
una cassettina con l’immagine della Madonnna del Caravaggio: che ogni giorno si faceva<br />
il giro <strong>di</strong> alcuni punti del paese nelle ufficine e spesso ci toccarono delle burle, che<br />
i chiodajoli ci mettevano in mano o nel fazzoletto che si puliva l’immagine i chio<strong>di</strong> cal<strong>di</strong>;<br />
qualche volta mi fermava a vedere a lavorare e quando trovava quelli <strong>di</strong> Astregal da-<br />
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