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ANNO IV – n. 31 – Luglio 2010 – Edizione Speciale sul Pellegrinaggio da Palermo a Messina<br />
Hanno collaborato a questo numero: Davide Comunale, Carmelo Casano, Francesca Gent<strong>il</strong>e, Roberto Patanè e Patrizia<br />
Fratini. Foto di Giovanni Mercandalli, Edoardo Sermasi, Gregorio Chiarenza, Lucio Mangalaviti.<br />
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Messina come Santiago:<br />
In cammino sulla<br />
Via Francigena di Sic<strong>il</strong>ia<br />
280 ch<strong>il</strong>ometri, 11 tappe, 14<br />
pellegrini, 70 ore di<br />
cammino: questi i primi<br />
numeri del Pellegrinaggio<br />
a piedi da Palermo a<br />
Messina per l’Anno Santo<br />
Jacopeo.<br />
Pagina 1
Grazie!<br />
Per <strong>il</strong> caldo asfissiante della strada, per i km sotto <strong>il</strong> sole, per l'asfalto bollente...<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per i camion che passavano vicini, per gli sguardi strani della gente, per la diffidenza di qualcuno...<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per i sorrisi, le bottiglie d'acqua offerteci lungo <strong>il</strong> Cammino, <strong>il</strong> pane e anche la meusa...<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per la lavanda dei piedi a Baarìa, la disponib<strong>il</strong>ità dei clan, la bellezza dei luoghi...<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per le nuvole che ti tolgono <strong>il</strong> sole sul tratto finale della salita, per la brezza dentro un torrente, per<br />
quell'albero a far ombra quando serviva...<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per i km che non si contavano, per quelli che si contavano male, per i passi incasellati uno alla volta fino<br />
alla meta…<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per <strong>il</strong> nervosismo a fine tappa, gli sbuffi e le lamentele di qualche pellegrino, per le incomprensioni e i<br />
malumori passeggeri…<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per le chiese sempre aperte e accoglienti, per la pompa come doccia quando non c'è altro, per le chiese<br />
che invece ci hanno respinto…<br />
grazie lo stesso Mio Signore.<br />
Per i sorrisi di Angelo e Andrea, la loro forza d'animo, lo spirito di strada che ci hanno messo e per la<br />
loro età…<br />
grazie Mio Signore.<br />
Per la corsa fino al Duomo, le lacrime sul sagrato, lo sguardo dei pellegrini prima della fine e quello di<br />
Francesca con Emma… grazie Mio Signore.<br />
E per tutto quello che nel mio cuore adesso è ancora caldo e presente...<br />
grazie m<strong>il</strong>le...bhe...pensaci Tu a tutto <strong>il</strong> resto.<br />
Davide Comunale<br />
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IN QUESTO NUMERO<br />
Grazie! di Davide Comunale pag. 2<br />
La cronaca del cammino giorno per giorno pag. 3<br />
“El dia” del Santo di Davide Comunale pag. 15<br />
Ospitalità antica a Messina di Carmelo Casano pag. 16<br />
Dal diario dei pellegrini pag. 18<br />
Diario di Francesca e Emma: pellegrine a tratti pag. 19<br />
L’angolo del f<strong>il</strong>atelico pag. 21<br />
Bordone e bisaccia pag. 23<br />
Galateo del pellegrino pag. 24<br />
Rassegna stampa pag. 25<br />
Date da ricordare pag. 26<br />
Grazie!<br />
Pagina 2
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LA CRONACA DEL CAMMINO GIORNO PER GIORNO<br />
Palermo, martedì 13 luglio 2010 - L’incontro<br />
Alle ore 16,30 i pellegrini si sono incontrati<br />
in cattedrale, accolti dalla Comunità <strong>Masci</strong> di<br />
Palermo e dall’Assistente Mons. Giuseppe<br />
Randazzo, da Carmelo Casano, segretario<br />
regionale <strong>Masci</strong> Sic<strong>il</strong>ia e da Massimo Porta,<br />
Priore della Confraternita di San Jacopo di<br />
Compostella, che ha consegnato loro le<br />
credenziali per i bolli.<br />
Sono stati quindi calorosamente accolti da<br />
S.E. Mons. Paolo Romeo, Arcivescovo di<br />
Palermo, che ha donato ad ogni pellegrino<br />
un rosario della Terra Santa, soffermandosi a<br />
chiacchierare con loro sui problemi della città<br />
e sulla festa di Santa rosalia.<br />
E' seguita in Cattedrale la benedizione delle<br />
bisacce e dei bordoni al termine della<br />
funzione per <strong>il</strong> triduo di Santa Rosalia.<br />
I pellegrini, dopo aver visitato la chiesa<br />
Santa Cristina la Vetere, la più antica di<br />
Palermo e mèta dei pellegrini in transito,<br />
hanno effettuato un breve giro turistico per<br />
la città.<br />
Si sono quindi recati presso la parrocchia<br />
dell'Annunciazione, dove li ha accolti padre<br />
Cesare Rattoballi, assistente nazionale dei<br />
Foulards Bianchi, per <strong>il</strong> meritato riposo.<br />
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1 a tappa: Palermo-Bagheria, mercoledì 14 luglio<br />
Lunghezza: km. 24 – Ore di marcia: 5,00 – piano – città attraversate: Palermo,<br />
Ficarazzi, Aspra, Bagheria.<br />
Siamo partiti da Palermo per la prima tappa.<br />
Tanta voglia di camminare e di percorrere gli<br />
antichi sentieri. L'asfalto non ci scoraggia e<br />
decidiamo di segnalare <strong>il</strong> cammino mano a<br />
mano che si procede con pennello e pittura<br />
gialla.<br />
Paesaggi stupendi e un mare limpido<br />
allietano lo spirito e la mente.<br />
Percorriamo 24 km in circa 6 ore di marcia,<br />
doppiando Capo Mongerbino e Capo<br />
Zafferano, prima di essere accolti a Baarìa<br />
(Bagheria), città dalle numerose v<strong>il</strong>le<br />
settecentesche.<br />
V<strong>il</strong>la Palagonia<br />
L’hospitale di turno è la scuola media “Luigi<br />
Pirandello”, messa gent<strong>il</strong>mente a<br />
disposizione dal Comune di Bagheria per<br />
interessamento del Sindaco, Biagio Sciortino,<br />
e dell’Assessore ai Beni Culturali, F<strong>il</strong>ippo<br />
Tripoli.<br />
La gratuità dell'ospitalità di Enzo Zaia e degli<br />
scout AGESCI del Bagheria 1 ci guidano, ci<br />
indirizzano e ci offrono le loro specialità:<br />
sfingioni, pane e panelle, pane c'a meusa.<br />
Gradita ed emozionante la lavanda dei piedi,<br />
in puro spirito di pellegrinaggio.<br />
Passi di Storia<br />
E’ un continuo andare di popoli, gente in<br />
cammino, pellegrini che raggiungono le mete<br />
più lontane della Cristianità medievale … un<br />
movimento di uomini che gli storici credono<br />
abbia posto le basi per la moderna Europa.<br />
Ed in Sic<strong>il</strong>ia la “via Francigena” giunge per<br />
contatto, dalla Sic<strong>il</strong>ia Normanna che fu molto<br />
sensib<strong>il</strong>e alla pratica del pellegrinaggio.<br />
Il viaggio per la Sic<strong>il</strong>ia attraversava le città<br />
normanne, la loro storia, le loro cattedrali<br />
che mescolavano lo st<strong>il</strong>e arabo a quello<br />
normanno, giungendo a Messina, “dove si<br />
raccolgono per lo più i pellegrini diretti a<br />
Gerusalemme, essendo questo <strong>il</strong> migliore<br />
punto per traghettare”, dice in cronista<br />
arabo nel XII sec.<br />
Ed è là che porta <strong>il</strong> nostro viaggio.<br />
All’incrocio delle culture che da sempre la<br />
Sic<strong>il</strong>ia rappresenta, omphalos ombelico del<br />
Mediterraneo, terreno dell’incontro e della<br />
fede.<br />
L’antico percorso costeggia la marina e da<br />
Palermo dirige verso la “Porta del Vento –<br />
Bab al Gerib”, l’odierna Bagheria, prima<br />
tappa del cammino sic<strong>il</strong>iano del nord, con<br />
l’antica stazione di sosta di Solunto, meta<br />
originaria del Cammino. Carichi e contenti<br />
andiamo a dormire. Ultreja<br />
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2 a tappa: Bagheria-Termini Imerese, giovedì 15 luglio<br />
Lunghezza: km. 24 – Ore di marcia: 5,30 – piano – città attraversate: Bagheria,<br />
Casteldaccia, Altav<strong>il</strong>la M<strong>il</strong>icia, Trabia, Termini Imerese.<br />
Tappa lunga 24 km e tutta asfalto quindi un<br />
po' monotona per i pellegrini abituati alle<br />
lunghe piste jacopee. La fatica di ieri e le<br />
emozioni lasciateci dagli scout bagheresi<br />
sono ancora forti e compensano panorami<br />
assolati e asfalto cocente.<br />
Casteldaccia, Altav<strong>il</strong>la e infine Trabia con le<br />
sue fontane ci sf<strong>il</strong>ano davanti sino a<br />
intravedere ponte San Lorenzo, bellezza<br />
architettonica di Termini Imerese.<br />
Quindi la calda e sincera accoglienza della<br />
Comunità <strong>Masci</strong> “Agape” che dal giro<br />
artistico delle chiese alla visita della diruta<br />
vecchia cattedrale cittadina dedicata proprio<br />
a S. Giacomo, ci lascia come sempre senza<br />
parole.<br />
Veniamo ospitati nella scuola comunale<br />
Santa Lucia, grazie all’interessamento<br />
dell’Assessore alla Politiche Sociali, Anna<br />
Amoroso.<br />
Ora però si riposa.<br />
Domani Cefalù (33 km!). Ultreja!<br />
Passi di storia. Nel 1169 <strong>il</strong> re normanno<br />
Guglielmo II erige un hospitale nel territorio<br />
di Termini e di questa struttura se ne ha di<br />
nuovo menzione nel 1376, “un bellissimo<br />
Hospitale, a cui fu aggionta una Chiesa sotto<br />
<strong>il</strong> titolo di S. Michele Arcangelo”. Nel 1926 un<br />
canonico termitano ci riferisce della<br />
scomparsa della chiesa e dell’annesso<br />
Hospitale ma un’antica traccia si troverebbe<br />
nell’ospedale della SS. Trinità, la cui antica<br />
cappella è dedicata proprio all’Arcangelo<br />
Michele, oggi sede del Museo Civico.<br />
La chiesa di San Giacomo, eretta da Ruggero<br />
II e consacrata nel 1202 da papa Innocenzo<br />
III fu Duomo per Termini fino al 1500 per<br />
poi cedere <strong>il</strong> primato di Chiesa Madre a<br />
quella di S. Maria la Nova.<br />
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3 a tappa: Termini Imerese-Cefalù, venerdì 16 luglio<br />
Lunghezza: km. 33 – Ore di marcia: 7,00 – piano – città attraversate: Termini<br />
Imerese, Buonfornello, Campofelice di Roccella, Cefalù.<br />
Tappa lunga e tanto asfalto ma la<br />
competenza dei fratelli del <strong>Masci</strong> di Termini<br />
Imerese ci aiuta a passare oltre i segni di<br />
una industrializzazione sempre più<br />
opprimente e sempre più in stato di lento<br />
abbandono.<br />
I colori dell’alba termitana, i sapori della sua<br />
cucina, la bellezza delle rovine del medievale<br />
duomo di San Giacomo, anch’esso in stato di<br />
abbandono, ci lasciano la voglia di tornare,<br />
approfondire, studiare nuovi percorsi e<br />
nuove soluzioni al fine di permettere ai futuri<br />
pellegrini di scoprire le bellezze di questo<br />
cammino.<br />
La pista prosegue verso Cefalù attraverso<br />
campi e linee ferrate, antichi acquedotti<br />
(Campofelice di Roccella) e torri di<br />
avvistamento normanne.<br />
Sostiamo a Cefalù nella palestra della scuola<br />
media, accolti dal Magister Rosario Ilardo e<br />
da Franco Greco.<br />
Una veloce visita al centro storico permette<br />
di ammirare la famosa Cattedrale e la sua<br />
ampia piazza.<br />
Passi di Storia<br />
1167: Pietro di Tolosa fonda l’hospitale,<br />
“iuxta portam civitatis Cephaludi”, presso<br />
Porta Arena, oggi Porta Ossuna. Un altro<br />
hospitale fu fatto costruire nel 1205 dal<br />
vescovo locale nella Platea Magna, in centro<br />
città. La Posta dei cavalli per i corrieri invece<br />
doveva avvenire nel luogo in cui fino al 1947<br />
c’era un fondaco, intatto, con mangiatoie e<br />
pavimento in lumachella, al centro di Cefalù,<br />
in via Matteotti, 29.<br />
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4 a tappa: Cefalù-Castel di Tusa, sabato 17 luglio<br />
Lunghezza: km. 25 – Ore di marcia: 6,00 – piano – città attraversate: Cefalù, Finale<br />
di Pollina, M<strong>il</strong>ianni, Castel di Tusa.<br />
Anche se con qualche defezione per cause<br />
mediche, cominciamo la discesa verso la<br />
piana di Cefalù, attraversando i promontori<br />
che creano infinite insenature dall’acqua<br />
turchina e dal paesaggio aspro<br />
tutt’intorno.<br />
Pochi paesi ma molte persone incuriosite dal<br />
nostro passaggio che si accendono alle<br />
nostre descrizioni e ci augurano “buona<br />
strada”.<br />
Il passo è cadenzato dai primi 3 giorni di<br />
marcia e, benché sia asfalto e nazionale, <strong>il</strong><br />
gruppo procede spedito verso <strong>il</strong> borgo<br />
marinaro di Castel di Tusa, <strong>il</strong> suo hospitale e<br />
la chiesa di Santa Maria de le Palate, famosa<br />
per <strong>il</strong> rituale antico delle indulgenze<br />
conquistate dai pellegrini che raccoglievano<br />
in mano <strong>il</strong> maggior numero di grani di rena,<br />
ormai all’interno delle rovine archeologiche<br />
di Alesa.<br />
Nel frattempo attraversiamo <strong>il</strong> confine della<br />
provincia di Messina.<br />
A Castel di Tusa riceviamo una calda<br />
accoglienza dell’hospitalero Franco Greco<br />
(ma non era anche a Cefalù?) e del Parroco<br />
del Santuario Maria SS. della Catena,<br />
un’ottima granita e benedizioni da ogni dove.<br />
Riposiamo nei locali della moderna e<br />
confortevole scuola elementare “Don Luigi<br />
M<strong>il</strong>ani”.<br />
Passi di Storia<br />
Tra le rovine della greca Alesa sorge<br />
l’ecclesia sante marie, detta poi Santa<br />
Maria de Palatio, secondo alcuni come <strong>il</strong><br />
F<strong>il</strong>angeri in riferimento ai resti dell’antica<br />
città, secondo altri Santa Maria de Palate,<br />
perché collegata alla pratica del<br />
pellegrinaggio e delle indulgenze; I pellegrini<br />
che entravano in questa chiesa ottenevano<br />
tanti anni di indulgenza quanti erano i<br />
granelli di sabbia che riuscivano a prendere<br />
in una palata, una pala in cui si<br />
raccoglievano i rituali cocci di rina.<br />
L’hospitale invece nel territorio di Tusa è<br />
motivato dalla ricerca toponomastica, una<br />
contrada porta <strong>il</strong> nome di Ospedale, tra Tusa<br />
e Alesa; ma soprattutto da motivazioni<br />
logistiche, poiché sarebbe a metà strada tra<br />
Cefalù e Acquedolci rendendo così possib<strong>il</strong>e<br />
la tappa altrimenti troppo lunga e ricalcando<br />
la presenza della statio romana e della<br />
stazione di posta del Cinquecento.<br />
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5 a tappa: Castel di Tusa-Acquedolci, Domenica 18 luglio<br />
Lunghezza: km. 35 – Ore di marcia: 8,00 – piano – città attraversate: Castel di<br />
Tusa, Torremuzza, V<strong>il</strong>la Margi, Santo Stefano di Camastra, Canneto, Marina di<br />
Caronia, Torre del Lauro, Furiano, Acquedolci.<br />
L’alba a Castel di Tusa<br />
Partiamo all’alba, come sempre. Tappa lunga<br />
e ardimentosa tra le valli che da Castel di<br />
Tusa portano ad Acquedolci. Sostiamo a<br />
Santo Stefano di Camastra per una veloce<br />
colazione e subito in marcia. Poi Canneto,<br />
Caronia, Torre del Lauro, Furiano. Tappa<br />
“artistica” con la Finestra sul mare di Tano<br />
Festa, la Fiumara d’arte e le ceramiche di<br />
Santo Stefano.<br />
La Finestra sul mare di Tano Festa<br />
San F<strong>il</strong>adelfio Marina (l’antico nome di<br />
Acquedolci), Alfio Zingales e padre Luigi ci<br />
accolgono dopo un interminab<strong>il</strong>e viadotto<br />
assolato che porta i pellegrini al convento dei<br />
padri giuseppini, molto accoglienti e felici di<br />
essere hospitale dopo tutti questi anni.<br />
Una doccia ristoratrice e quindi un giro per la<br />
cittadina. Bella l'antica Chiesa di San<br />
Giacomo e fortuita la scoperta della locanda<br />
di sosta dei viandanti che ci riempie di gioia<br />
e che ci spinge a migliorare e rendere fruib<strong>il</strong>e<br />
a tutti questo cammino. Solito menù del<br />
pellegrino con locali convenzionati.<br />
Passi di Storia<br />
Nel 1178 l’arcivescovo Nicola di Messina<br />
donava all’abbazia di Maniace un ingente<br />
patrimonio tra cui l’hospitale di S. F<strong>il</strong>adelfo<br />
Marina, oggi Acquedolci, con l’annessa<br />
chiesa di S. Giacomo.<br />
Ancora oggi, avanzando a oriente sulla S.S.<br />
113, all'uscita del centro abitato di<br />
Acquedolci, tra le stazioni di servizio Agip ed<br />
Esso, lato mare, si trova infatti la chiesetta<br />
di S. Giacomo.<br />
La statio di Calacte doveva essere ubicata<br />
dove oggi sorge Acquedolci - che confina con<br />
Caronia al torrente Furiano - cioè nella<br />
stessa zona dove nel Medioevo sarebbe sorto<br />
l’hospitale di S. Giacomo e in età moderna la<br />
stazione di posta. Altri studi tendono a<br />
localizzare l’antica Calacte nel territorio<br />
dell’odierna Caronia.<br />
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6 a tappa: Acquedolci-Gliaca, lunedì 19 luglio<br />
Lunghezza: km. 30 – Ore di marcia: 6,30 – piano – città attraversate: Acquedolci,<br />
Sant’Agata M<strong>il</strong>itello, Torrenova, Rocca di Capr<strong>il</strong>eone, Capo d’Orlando, Brolo, Gliaca<br />
di Piraino.<br />
Lasciamo Acquedolci e ci incamminiamo per i<br />
passi di strada che portano alla marina di<br />
Capo d'Orlando, primo dei nostri "malipassi".<br />
Salute buona e tanta voglia di scoprire ci<br />
portano lontano con le nostre caratteristiche<br />
e con la nostra sincerità tra difficoltà e<br />
lunghe marce. Troviamo nella gente<br />
disponib<strong>il</strong>ità, voglia di capire e granite e,<br />
quando possib<strong>il</strong>e, cerchiamo di fare un<br />
bagno in questi luoghi magici che ci fanno<br />
arrivare a Capo d'Orlando e da lì doppiare<br />
Capo San Gregorio per vedere in lontananza<br />
la nostra meta: Gliaca di Piraino.<br />
Ad accoglierci a Gliaca gli hospitaleros<br />
Federico e Francesca con gli scout del<br />
gruppo AGESCI Capo d’Orlando 1° e don<br />
Antonio Mancuso della Parrocchia Maria SS.<br />
di Lourdes.<br />
Anche <strong>il</strong> Sindaco, Giovanni Campisi, ci<br />
accoglie donandoci <strong>il</strong> crest del comune di<br />
Piraino. Ci scambiamo la promessa di<br />
approfondire gli studi sulla statio di Gliaca e<br />
di divenire custodi della Via.<br />
Don Antonio Mancuso e <strong>il</strong> Sindaco Giovanni Campisi<br />
( 1° e 2° in alto a sinistra) tra i pellegrini<br />
Passi di Storia<br />
Nel XVI sec. la Marina di Brolo si estendeva<br />
dalla foce del fiume Naso a quella dello<br />
Zappardino, ed era «tutta del barone de la<br />
ficarra» incluso, quindi, <strong>il</strong> «luoco detto La<br />
giaca», oggi Gliaca.<br />
In questa frazione dell’odierno Comune di<br />
Piraino, precisamente in località Scinà,<br />
ancora oggi si può vedere la stazione di<br />
posta cinquecentesca, ora ristrutturata e ben<br />
conservata (vedi foto sottostante).<br />
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7 a tappa: Gliaca-Tindari, martedì 20 luglio<br />
Lunghezza: km. 30 – Ore di marcia: 7,30 – piano/salita – città attraversate: Gliaca<br />
di Piraino, Gioiosa Mare, Calavà, San Giorgio, Saliceto, Marina di Patti, Mongiove,<br />
Tindari.<br />
Emozioni verso Tindari. Giornata di mali<br />
passi e antichi colli da valicare. Partenza da<br />
Gliaca e subito salita scalda muscoli con un<br />
sentiero natura che ci porta sul tetto dei<br />
monti a dominare la strada fatta e a<br />
osservare quella ancora da fare.<br />
Poi i rovi e <strong>il</strong> sentiero aperto con fede e<br />
bastoni e di nuovo <strong>il</strong> mare. Arriviamo a<br />
Tindari per affrontare <strong>il</strong> promontorio con <strong>il</strong><br />
sole del primo pomeriggio. Ad accoglierci le<br />
Suore Speranzine con la loro casa del<br />
Pellegrino.<br />
Doccia, bucato, S. Messa e cena alla taverna<br />
di Locanda, rigorosamente col menù del<br />
pellegrino (sembra di essere nel<br />
medioevo…).<br />
Ultreja!<br />
Passi di Storia<br />
Tappa di mali passi documentati da tutti i<br />
responsab<strong>il</strong>i del servizio postale dal<br />
Cinquecento alla metà dell’Ottocento e <strong>il</strong> cui<br />
punto principale era lo scavalcamento del<br />
malo passo di Capo Oliveri, l’odierno<br />
Santuario e Chiesa di Nostra Signora del<br />
Tindari, sede dell’ “hospitali ecclesie beati<br />
bartholomei”.<br />
Il culto della Madonna Nera di Tindari è<br />
documentato nel 1282, quando Pietro III<br />
d’Aragona, I di Sic<strong>il</strong>ia, guardando <strong>il</strong><br />
panorama dall’alto dell’Argimusto, oggi nel<br />
Comune di Montalbano Elicona, ammira la<br />
«sedes helene tindaree, ubi virginis hodie<br />
sacre domus excolitur»<br />
La stazione di posta di Tindari poteva essere<br />
ubicata al bivio dell'odierna frazione<br />
Locanda, come suggerirebbe lo stesso<br />
toponimo. Ma è probab<strong>il</strong>e che essa potesse<br />
sorgere alla base orientale del promontorio,<br />
cioè dopo <strong>il</strong> superamento del malopasso<br />
detto Coda di Volpe, a ridosso del Pizzo della<br />
Carrubba, attraverso <strong>il</strong> quale si perveniva nel<br />
territorio dell’odierna Oliveri.<br />
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8 a tappa: Tindari-Castroreale, mercoledì 21 luglio<br />
Lunghezza: km. 25 – Ore di marcia: 6,00 – discesa/piano/salita – città attraversate:<br />
Tindari, Oliveri, Falcone, Furnari, Rodì M<strong>il</strong>ici, Castroreale.<br />
Oggi la Nera Signora ci scorta sul sentiero<br />
Coda di volpe fino ai laghetti: problemi fisici,<br />
ansie e asfalto che preme!<br />
In poco tempo arriviamo a Furnari per<br />
iniziare la parte montana della tappa.<br />
Torrenti e colli ci portano tra gli agrumeti<br />
prima a Rodì e poi alle pendici di<br />
Castroreale, rocca di Federico II, con l’<br />
ostello delle aqu<strong>il</strong>e adatto ai pellegrini di<br />
passo.<br />
Adesso le luci della costa m<strong>il</strong>azzese<br />
cominciano a vedersi vicine. Ultreja!<br />
Passi di Storia<br />
Tra Tindari e Messina va segnalato anche un<br />
percorso alternativo, documentato nel XVI<br />
sec. e denominato «Dromo puplico» che si<br />
sv<strong>il</strong>uppava molto più a monte rispetto<br />
all’attuale S.S. 113. Esso è attestato sia nel<br />
1525 in «contrada Muscia» appartenente al<br />
feudo di Paparcudi, oggi nel Comune di<br />
Gualtieri Sicaminò, sia nel 1583 «nel<br />
Territorio della terra di Saponara». Per alcuni<br />
studiosi la strada principale non era quella<br />
marittima e, infatti, egli sostiene che<br />
«l'antica via si teneva più a monte: dai resti<br />
apparisce che valicava la gola del Tindaro» e<br />
si dirigeva «a sud dalle falde del Pizzo di<br />
Lando, e per S. Lucia, Monforte, Rametta,<br />
m. Croce e m. Cristina si dirigeva a<br />
Messina»; secondo altri«<strong>il</strong> corso delle antiche<br />
strade consolari» passava «per i monti di<br />
Lando, Gala e Castroreale».<br />
La via montana quindi conduceva a<br />
Castroreale e da lì si raccordava ai cammini<br />
che attraverso i Nebrodi conducevano alla<br />
città dello Stretto.<br />
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9 a tappa: Castroreale-Spadafora, giovedì 22 luglio<br />
Lunghezza: km. 25 – Ore di marcia: 5,00 – discesa/piano – località attraversate:<br />
Castroreale, Cannistrà, Femminamorta, Merì, Olivarella, Archi, Giammoro, San Pier<br />
M.na, Monforte M.na, Scala, Torregrotta, Fondachello, Venetico M.na, Spadafora.<br />
Tappa emozionante, metà sterrato metà<br />
asfalto. Lasciamo la nostra mitica 113!<br />
Fiumi, torrenti, paesi e tracce di storia.<br />
Presenze che andiamo riscoprendo nei nostri<br />
700 anni di tempo in cui siamo stati assenti.<br />
Le grotte di Santa Venera entusiasmano <strong>il</strong> clan<br />
etneo.<br />
Poi di nuovo asfalto e finalmente Spadafora, la<br />
Bella: <strong>il</strong> suo castello, l'accoglienza di mammà<br />
e della confraternita di San Giuseppe nei locali<br />
della Chiesa del Sacro Cuore, che ci regalano<br />
momenti di alta esperienza culinaria.<br />
Passi di Storia<br />
Discesi dalla rocca di Federico II, la via<br />
prosegue nuovamente verso la marina, nel<br />
territorio di S. F<strong>il</strong>ippo del Mela, dove più volte<br />
e in più documenti viene citata la “viam<br />
Francigenam”, come confine di poderi catastali<br />
e di santuari antichi per i pellegrini di<br />
passaggio in quello che veniva chiamato<br />
“tenimento Sancti Ph<strong>il</strong>ippi de plano Melacii in<br />
via puplica per quam itur Pactas et<br />
Messanam”. Sono le più antiche testimonianze<br />
della via francigena nei documenti ufficiali<br />
sic<strong>il</strong>iani. La via portava presso un hospitale<br />
collocato lungo le rive del Torrente Lo Muto,<br />
oggi a Giammoro, nel comune di Pace del<br />
Mela, sulla sponda occidentale del torrente<br />
omonimo all’incrocio con <strong>il</strong> dromo. Tale<br />
fondaco con annesso hospitale era visib<strong>il</strong>e fino<br />
al 1985 al di sotto dell’attuale piani stradale<br />
dell S.S. 113, ma in quello stesso anno fu raso<br />
al suolo nonostante fosse stato segnalato<br />
come emergenza architettonica del territorio.<br />
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10 a tappa: Spadafora-Calvaruso, venerdì 23 luglio<br />
Lunghezza: km. 10 – Ore di marcia: 2,00 – piano – località attraversate: Spadafora,<br />
Rometta Marea, Saponara M.ma, V<strong>il</strong>lafranca Tirrena, Calvaruso.<br />
Luigi, Patrizia, Margi, Roberto e Davide<br />
Tappa corta, leggera e all'insegna della<br />
cultura e delle visite.<br />
Si uniscono a noi Margi, Luigi e Patrizia di<br />
Roma, fratelli <strong>Masci</strong> volti a confermare<br />
quanto questo movimento sia indispensab<strong>il</strong>e<br />
al cammino sic<strong>il</strong>iano.<br />
Il castello di Bauso<br />
Il Museo della medicina e <strong>il</strong> Castello di Bauso<br />
sono incantevoli tracce di un passato che<br />
andiamo riscoprendo pian piano e che nel<br />
sagrato del Santuario dell'Ecce Homo di<br />
Calvaruso riscopriamo a pieno.<br />
Il Convento Ecce Homo di Calvaruso<br />
L'accoglienza francescana di Fra Massimo e<br />
le delizie messinesi di Tanino sono la<br />
conferma che ormai manca poco alla mèta.<br />
P. Massimo tra i pellegrini<br />
Nel pomeriggio, riposati per <strong>il</strong> breve odierno<br />
cammino, perlustriamo i sentieri verso Serro<br />
per aprire una scorciatoia per raggiungere <strong>il</strong><br />
torrente Gallo ma una recente frana blocca i<br />
nostri progetti.<br />
Domani bisognerà ridiscendere <strong>il</strong> torrente<br />
Calvaruso e, attraversato V<strong>il</strong>lafranca e<br />
Divieto, risalire dal torrente Gallo verso Colle<br />
San Rizzo. Ultreja!<br />
Passi di storia<br />
La tappa devia dal percorso antico che<br />
vedeva <strong>il</strong> cammino raggiungere <strong>il</strong> v<strong>il</strong>lagio di<br />
Gypsum e valicare i Peloritani lungo <strong>il</strong> crinale<br />
dei monti.<br />
L’importanza storico-religioso-artistica di<br />
Calvaruso e dell’altra frazione limitrofa<br />
Serro, è data invece dalla presenza del<br />
Santuario dell’ “Ecce Homo”.<br />
Le origini del santuario risalgono al secolo<br />
XVII, quando la nob<strong>il</strong>e principessa donna<br />
Eleonora Moncada, al cui casato era<br />
infeudato quasi tutto <strong>il</strong> territorio di<br />
Calvaruso, fece erigere sul poggio di S.<br />
Giovanni, sito di fronte al piccolo centro, una<br />
chiesa con annesso convento da affidare alla<br />
custodia dei Francescani Minori Riformati.<br />
Adesso invece <strong>il</strong> Santuario è affidato alle<br />
cure dei frati Francescani del T.O.R.<br />
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11 a tappa: Calvaruso-Camaro, sabato 24 luglio<br />
Lunghezza: km. 21 – Ore di marcia: 5,00 – salita/discesa – località attraversate:<br />
Calvaruso, Divieto, torrente Gallo, sentiero Badiazza, Messina, Camaro.<br />
Tappa di cuore e di spirito, tappa in volata<br />
verso una chiesa, un campan<strong>il</strong>e, una speranza<br />
che si porta a spalla e a cui crediamo<br />
fermamente; <strong>il</strong> fresco passo del torrente Gallo<br />
e <strong>il</strong> sorriso dei Colli Peloritani ci salutano per<br />
l'ultima volta <strong>il</strong> versante tirrenico e la<br />
settentrionale sicula che abbiamo percorso<br />
nella sua interezza.<br />
Ora Messina, la città, <strong>il</strong> suo traffico, <strong>il</strong> rumore<br />
del bordone ad ogni 3 passi, <strong>il</strong> vociare dei<br />
pellegrini che si incitano a vicenda, la corsa in<br />
cattedrale e la benedizione solenne che<br />
cogliamo in tempo.<br />
Foto di gruppo a piazza Duomo di Messina<br />
Non ci sono parole ma lacrime per descriverla;<br />
ci sono emozioni che viviamo negli sguardi<br />
ammirati della gente, nelle gocce d'acqua che<br />
riceviamo e che ci dissetano di una sete che<br />
va al di là. E poi Camaro, la mèta, <strong>il</strong> punto<br />
focale della fine del cammino. La vara di San<br />
Giacomo entra in chiesa, i pellegrini le si<br />
stringono attorno, i fedeli in festa. E anche<br />
stavolta si chiude un cammino per iniziarne<br />
uno nuovo.<br />
Il fercolo entra nella chiesa di Camaro<br />
Ultreja, pellegrini, a Santiago!<br />
Passi di storia.<br />
L’attraversamento dell’ultima linea di colline<br />
prima della meta era la ultima tappa del<br />
cammino antico, ed oggi è ancora costellata di<br />
luoghi che ne conservano la memoria: dalla<br />
frazione di Gesso, Gypsum romana che viene<br />
citata nelle carte di viaggio antiche e moderne<br />
con la menzione di una “antiquam viam de<br />
Gypso” a quella di Locanda, luogo dell’antica<br />
stazione di sosta.<br />
E lo stesso valico, lungo <strong>il</strong> torrente Gallo,<br />
portava a scollinare i Peloritani nei pressi del<br />
quadrivio odierno “Quattro Strade” per poi<br />
continuare lungo l’antica scala dei pellegrini<br />
fino al monastero di Santa Maria della Valle o<br />
“Badiazza”, dal nome popolare della chiesa<br />
fortezza costruita sotto <strong>il</strong> governo del Conte<br />
Ruggiero nel 1221, abbazia di monache<br />
dell’ordine cistercense di Citeaux.<br />
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I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
EEll ddììaa del Santo<br />
La festa di San Giacomo <strong>il</strong> Maggiore, <strong>il</strong> figlio<br />
del Tuono, come viene definito nelle Sacre<br />
Scritture. Processioni e tradizioni storiche si<br />
confrontano e si mescolano dalla Spagna alla<br />
Sic<strong>il</strong>ia.<br />
Il Santo che ha lasciato una traccia indeleb<strong>il</strong>e<br />
del suo culto in tutta Europa, ad oggi si ritrova<br />
intitolati molti luoghi e molti paesi, un vero<br />
fenomeno culturale di massa, come viene<br />
definito dagli antropologi.<br />
La predicazione dell’apostolo lo aveva portato<br />
ai luoghi più lontani del mondo allora<br />
conosciuto, le coste della Spagna celticoromana<br />
e la sua sepoltura fu miracolosamente<br />
rintracciata nelle coste della Galizia, nei pressi<br />
di Finisterre in un campo aperto da cui poi<br />
prese <strong>il</strong> nome, campus stellae, che contratto<br />
diventa Compostela.<br />
Culto e mito si uniscono e la tradizione lo vede<br />
patrono e protettore di tutte le Spagne, al<br />
fianco dei cavalieri durante la cacciata dei Mori<br />
Musulmani alla battaglia del Clavijo.<br />
Subito dopo la scoperta del sepolcro iniziarono<br />
quindi i pellegrinaggi. I pellegrini confluivano<br />
qui da ogni parte d ’Europa, compresa la<br />
Sic<strong>il</strong>ia: la via lattea indicava la direzione da<br />
seguire. Il flusso in alcune epoche divenne<br />
imponente, unificandosi con quello dei<br />
pellegrini che andavano a Roma e<br />
Gerusalemme, diventando cammino e<br />
coscienza collettiva, tra fede, scoperta,<br />
unione.<br />
Davide Comunale<br />
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Ospitalità antica a Messina<br />
L’hospitale più antico, fondato forse nel<br />
1070, era quello di S. Giovanni Battista<br />
dell’Ordine degli Ospedalieri (successivamen-<br />
te noti come Cavalieri di Malta).<br />
San Giovanni di Malta<br />
La chiesa duecentesca dedicata a S. Maria<br />
degli Alemanni deve <strong>il</strong> suo nome all'Ordine<br />
dei Cavalieri Teutonici che nel XIII secolo<br />
provvide alla costruzione sia dell’edificio<br />
religioso sia di un ospedale attiguo. La<br />
chiesa è nota soprattutto come uno dei pochi<br />
esempi di arte gotica della Sic<strong>il</strong>ia. Allo stato<br />
attuale, delle due strutture è rimasto ben<br />
poco. Infatti i Cavalieri Teutonici lasciarono<br />
la zona verso la fine del XV secolo.<br />
Santa Maria Alemanna - Absidi<br />
A metà del Quattrocento, un antico<br />
lebbrosario costruito nel casale di Briga (oggi<br />
Briga Marina), sotto <strong>il</strong> monastero<br />
benedettino di San Placido di Calonerò,<br />
divenne “Ospedale di San Lazzaro per le<br />
donne infette”. Insieme agli altri piccoli<br />
ospedali messinesi, esso fu successivamente<br />
incorporato nell’ospedale di Santa Maria<br />
della Pietà. E’ rimasto attivo fino all’inizio del<br />
XVIII secolo. Un lebbrosario o “Casa degli<br />
Infetti per gli uomini” con annessa chiesa di<br />
Sant’Agata, esistente fin dal XII secolo, si<br />
trovava invece nel casale di Faro, fuori delle<br />
porte della città, in contrada Sant’Agata,<br />
gestito dagli Ospedalieri di San Lazzaro. Pur<br />
continuando un’esistenza autonoma per<br />
“ammalai guasti di morbi contagiosi infetti e<br />
di leprosi” fino al XVIII secolo, nel 1542 fu<br />
anch’esso incorporato patrimonialmente ed<br />
amministrativamente nell’Ospedale Grande.<br />
Nel V<strong>il</strong>laggio Sant’Agata vi è tutt’oggi una<br />
contrada chiamata “Spetale”<br />
Nel secolo XV non meno di quindici ospedali<br />
fiorivano a Messina. Si ebbe la necessità di<br />
riunirli tutti in uno, sicché <strong>il</strong> 12 ottobre 1542<br />
fu messa la prima pietra dell’edificio<br />
quadrato, a più piani e vastissimo, con<br />
giardino nel grande piano di Santa Croce,<br />
l'Ospedale Grande o di Santa Maria della<br />
Pietà. L’opera fu portata a compimento nel<br />
1605 (architetti Sferrandino, Carrara,<br />
Calamech).<br />
Jean Houel, incisione (1542)Ospedale Grande o di Santa<br />
Maria della Pietà<br />
Nella chiesa si ricorda <strong>il</strong> quadro della Pietà<br />
del Barbalonga. Nel ‘700 l’ospedale aveva<br />
145 posti letto.<br />
Una collezione di vasi del sec. XVI,<br />
appartenenti alla farmacia dell’Ospedale,<br />
sono oggi esposti presso <strong>il</strong> Museo Regionale<br />
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di Messina. L'ospedale ha funzionato fino agli<br />
inizi del '900, definitivamente distrutto dal<br />
terremoto del 1908.<br />
La Pietà del Barbalonga<br />
In un antico monastero femmin<strong>il</strong>e<br />
francescano i Fatebenefratelli istallarono nel<br />
1588 <strong>il</strong> loro convento-ospedale. La chiesa<br />
era dedicata a S. Elisabetta del Portogallo.<br />
La struttura, abbellita nel 1601 ed arricchita<br />
di spezieria aperta al pubblico, fiorì per<br />
molto tempo. Nel 1685 vi erano 16 religiosi<br />
e 18 posti letto. A causa della peste del<br />
1743, l’importanza dell’ospedale andò<br />
scemando ed <strong>il</strong> terremoto del 1783<br />
definitivamente mise fine alla sua attività. A<br />
quel tempo contava solo su due religiosi.<br />
Questi ultimi abbandonarono Messina nel<br />
1788.<br />
Antico Ospedale m<strong>il</strong>itare di Messina<br />
L’ospedale m<strong>il</strong>itare di Messina trae le sue<br />
origini dalla chiesa di S. Maria Maddalena<br />
della Valle di Giosefat quando nel 1086, per<br />
volontà del Conte Ruggero, fu fondato un<br />
ospizio per i pellegrini verso la Terra Santa,<br />
sotto la gestione dei Benedettini. Nel 1633,<br />
nel luogo dell’ospizio (oggi via Cardines 38,<br />
I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
dove sorge la Casa dello Studente) i monaci<br />
Benedettini occupano un monastero a forma<br />
rettangolare con annessa chiesa, cort<strong>il</strong>e e<br />
giardino. Nel 1862 questo monastero della<br />
Maddalena dei PP. Cassinesi fu trasformato<br />
in Ospedale m<strong>il</strong>itare, avviandovi lavori di<br />
ristrutturazione.<br />
L’edificio venne raso al suolo dal terremoto<br />
del 28 dicembre 1908.<br />
(Lentini Rosa Maria, Osservazioni<br />
sull’Ospedale m<strong>il</strong>itare di Messina, Rivista di<br />
Storia della Medicina, anno XIV, nuova serie<br />
XXXV, fasc.1-2, 2004, pp. 203-208).<br />
Lazzaretto nella falce del porto.<br />
Il lazzaretto fu edificato in legno nel 1575,<br />
durante la peste, in modo provvisorio. Fu poi<br />
bruciato e riedificato ai primi del XVII secolo.<br />
Abbattuto nuovamente dopo la rivoluzione<br />
antispagnola del 1674-78 a causa della<br />
costruzione della Cittadella, fu ricostruito nel<br />
1694, regnando Carlo II, dal vicerè d’Uzeda<br />
che ne fece una struttura rettangolare,<br />
ampia e stab<strong>il</strong>e, più vicina al mare. Alla fine<br />
dell’Ottocento, <strong>il</strong> lazzaretto mutò<br />
destinazione e divenne magazzino portuale<br />
per <strong>il</strong> carbone e le merci.<br />
(Gigante E., Truscello M., Sulla storia del<br />
lazzaretto di Messina, Ig. Sanità Pubb., vol<br />
XXXII, 1976, n. 5-6)<br />
Il lazzaretto in una stampa d’epoca (1681)<br />
Carmelo Casano<br />
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Dal diario dei pellegrini<br />
Tra i pellegrini iscritti ci sono un maresciallo, un<br />
elicotterista in pensione, un'agente di viaggi, una<br />
guida del Club Alpino, insegnanti, impiegati di<br />
amministrazioni statali e locali, persino studenti.<br />
Alcuni sono scout. Provengono dalla Sic<strong>il</strong>ia<br />
(Alcamo, Avola, Capo d'Orlando, Messina, Palermo<br />
e Santa Venerina) ma anche da Roma e da Cesate<br />
(M<strong>il</strong>ano).<br />
Quasi tutti hanno esperienza del Cammino di<br />
Santiago de Compostella.<br />
Diverse le ragioni che li hanno spinti a fare questo<br />
cammino: fede, sport, natura, cultura e ...<br />
gastronomia. Le età vanno dai 14 ai 60 anni.<br />
Calorosa e commovente l'accoglienza delle<br />
comunità e dei gruppi scout, che oltre alla<br />
preparazione dei pasti hanno organizzato momenti<br />
di animazione e persino la commovente lavanda<br />
dei piedi, a Bagheria.<br />
Gli hospitali sono stati conventi, istituti religiosi,<br />
parrocchie, ostelli, scuole e palestre comunali.<br />
Ospitaleri sono stati principalmente gli scout<br />
(AGESCI, MASCI ed FSE), religiosi e anche politici<br />
(sindaci e assessori).<br />
Abbiamo consumato pasti in taverne e bar, segnati<br />
come “Amici” del cammino, che hanno offerto <strong>il</strong><br />
“menù del pellegrino” ad un costo simbolico.<br />
Abbiamo attraversato tante località che meritano<br />
di essere visitate.<br />
La gente, durante <strong>il</strong> percorso chiede informazioni,<br />
commenta, offre dell'acqua fresca e augura buon<br />
cammino.<br />
Grazie a chi si è messo in gioco in questa avventura<br />
macinando ch<strong>il</strong>ometri e a chi ci ha accolto a<br />
braccia aperte.<br />
Ultreja!<br />
Carmelo<br />
--=oOo=--<br />
Ciao cari pellegrini!<br />
Grazie per aver condiviso con me e Emma questa<br />
splendida esperienza... in effetti sono io che ne ho<br />
condiviso solo qualche pezzettino con voi.<br />
Per me <strong>il</strong> cammino, reale e virtuale, con i piedi e<br />
col cuore, è parte fondamentale della mia vita.<br />
Averlo messo da parte per un po' mi pesava (e la<br />
mancanza di confidenza con la strada si è sentita...<br />
l'hanno sentita specialmente i miei piedi) ma non<br />
potevo riprendere a camminare senza avere quasi<br />
sempre al mio fianco la mia piccola Emma. Siete<br />
stati meravigliosi con lei e spero che lei vi abbia<br />
ricambiato con i suoi dolci sorrisi.<br />
Questi giorni sono stati come dei raggi di luce in un<br />
periodo un po' buio.<br />
Con la speranza di rivedervi presto e di condividere<br />
con voi la "custodia" della via, vi auguro Buona<br />
Strada e Buon Cammino.<br />
Ultreja!<br />
Francesca e Emma<br />
--=oOo=--<br />
Caldo: sinonimo di sudore, sforzo.<br />
Nella vita le cose più belle sono frutto del<br />
sacrificio.<br />
Il Nostro camino-pellegrinaggio lo è stato.<br />
Il pathos de luoghi ha temprato mente, corpo e<br />
spirito.<br />
Un sincero invito a vivere questa esperienza in<br />
futuro.<br />
Roberto<br />
--=oOo=--<br />
Certo mi sono aggiunta a voi in ritardo, ma quei<br />
pochi giorni passati insieme sono stati pieni di<br />
gioia.<br />
È proprio vero che la "strada" unisce, rende<br />
complici, ti fa vivere appieno ogni cosa che ti viene<br />
offerta e ogni gesto regalato da chi la condivide<br />
con te è un gran dono. Sarà la magia di seguire <strong>il</strong><br />
cammino di San Giacomo, di trovarLo con <strong>il</strong> suo<br />
bordone lungo i sentieri più diffic<strong>il</strong>i, sentire <strong>il</strong><br />
sostegno degli amici che camminano con te,<br />
renderti conto che di tutto ciò che veramente hai<br />
bisogno è nel tuo zaino e quello che hai lasciato a<br />
casa è inut<strong>il</strong>e e superfluo che dire se non la cosa<br />
più importante, l'arrivo nella cattedrale di Messina<br />
è stato emozionante. Ringrazio Dio di avermi fatto<br />
incontrare persone speciali come voi, e ringrazio<br />
voi per avermi accolta.<br />
Patrizia<br />
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I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
Diario di Francesca ed Emma: pellegrine a tratti<br />
… perché non sempre si può camminare nel senso<br />
stretto del termine, con ai piedi gli scarponcini (o i<br />
sandali del pellegrino), lo zaino sulle spalle (o la<br />
bisaccia), un cappellino in testa (o un cappello a<br />
tesa larga), un bastone (o una bacchetta da<br />
trekking) e un taccuino di marcia, ma si può<br />
camminare con <strong>il</strong> cuore, con la testa, con <strong>il</strong> sogno,<br />
con la fede, con una meta da raggiungere, che<br />
prima di essere geografica è spirituale.<br />
Allora ci si può mettere in cammino anche così,<br />
incontrando gli altri pellegrini <strong>il</strong> primo giorno a<br />
Palermo, nell’accogliente frescura della Cattedrale,<br />
pronta a ricevere fedeli, gruppi, confraternite per i<br />
festeggiamenti di Santa Rosalia; assaporando<br />
l’ospitalità del Vescovo che ci ha voluti incontrare<br />
per augurarci buona strada; ricevendo la<br />
benedizione solenne in latino, così come gli antichi<br />
pellegrini che si mettevano in marcia per<br />
raggiungere Roma, Santiago o Gerusalemme.<br />
E ci si può scambiare idee, auguri, consigli …<br />
E si può ricevere un timbro su una bellissima<br />
credenziale, che ti riporta indietro ai 600 km<br />
percorsi in Spagna per raggiungere Santiago …<br />
Sarei davvero partita volentieri, mi sarei messa in<br />
cammino, avrei affrontato <strong>il</strong> lungo percorso sotto <strong>il</strong><br />
sole cocente di luglio lungo la costa nord della<br />
Sic<strong>il</strong>ia, ripercorrendo l’itinerario che tanti uomini in<br />
passato hanno tracciato guidati dalla fede.<br />
E invece sono ritornata a casa, almeno per quella<br />
sera, perché a casa c’era un angelo che mi<br />
aspettava e che rappresenta <strong>il</strong> sentiero del mio<br />
cuore, la via solare e tortuosa su cui <strong>il</strong> Signore mi<br />
ha invitato a camminare, una via di gioia immensa,<br />
che prende <strong>il</strong> nome di Emma e che ha <strong>il</strong> volto<br />
dell’amore infinito, racchiuso in un tenero<br />
batuffolo di 3 mesi.<br />
Emma ha già camminato insieme a me, avvolta in<br />
una splendida fascia di cotone colorato, lungo un<br />
sentiero sull’Etna. Una vera escursionista, una vera<br />
pellegrina, già dai primi mesi. Ma sarebbe stato<br />
troppo farle affrontare un’esperienza del genere.<br />
Un pellegrinaggio è un atto d’amore, non<br />
d’egoismo. Allora sono giunta a un compromesso.<br />
Emma mi ha accompagnato durante le visite serali<br />
ai pellegrini in sosta negli “Spitali” di Acquedolci e<br />
Gliaca di Piraino, ha attraversato insieme a me la<br />
Cammina sulle orme del Signore,<br />
non solo con i piedi ma usa soprattutto <strong>il</strong> cuore …<br />
(Canto “Danza la vita”)<br />
porta Santa della Chiesa di San Giacomo a Camaro,<br />
è stata affidata ai portatori della confraternita di<br />
San Giacomo che l’hanno fatta passare sotto la<br />
vara del santo per la tradizionale benedizione dei<br />
bimbi, ha ricevuto la “Camarense” (termine<br />
coniato da noi pellegrini), ossia l’attestato<br />
dell’avvenuto pellegrinaggio.<br />
Emma è appena passata sotto la vara Di S. Giacomo<br />
Durante la tappa che ho invece percorso per<br />
intero, Emma è rimasta con la nonna e <strong>il</strong> mio cuore<br />
si riempiva di gioia, per essere ritornata in<br />
cammino, e di struggimento, per la mancanza (per<br />
la prima volta per un giorno intero) del mio angelo.<br />
Finalmente, dopo anni in cui mi ripromettevo di<br />
compiere <strong>il</strong> tradizionale pellegrinaggio al Santuario<br />
della Madonna del Tindari, che si svolge nella<br />
notte tra <strong>il</strong> 7 e l’8 settembre, ho realizzato <strong>il</strong> mio<br />
proposito in maniera un po’ alternativa, sia per <strong>il</strong><br />
periodo che per la motivazione, ma anche per<br />
l’itinerario scelto!<br />
I pellegrini stanchi di troppo asfalto e di un lungo<br />
percorso, che per giorni si era snodato lungo la<br />
statale 113 con brevi deviazioni di tanto in tanto,<br />
desideravano camminare su sterrato o<br />
quantomeno su strade meno battute. Così, dopo<br />
sopralluoghi nei giorni precedenti, lunghe<br />
discussioni davanti a una granita, confronti anche<br />
accesi bevendo un cappuccino, analisi di<br />
cartografie al 25.000 e al 10.000, verifiche con <strong>il</strong><br />
gps … alla fine abbiamo seguito l’unica vera guida,<br />
che alcuni chiamano istinto e altri Spirito Santo, e<br />
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siamo giunti a un gradito compromesso: strada<br />
statale iniziale da Gliaca di Pirano a Gioiosa marea,<br />
deviazione obbligatoria in quota, in<br />
corrispondenza di Capo Schino, splendido sentiero<br />
natura sopra Capo Calavà con panorami<br />
mozzafiato, percorso litoraneo fino a Patti, risalita<br />
da Mongiove fino alla meta sospirata di Tindari,<br />
dove la Madonnina nera ci ha accolti tra le sue<br />
braccia, offrendoci riparo, acqua calda, sorrisi e<br />
nocciole tostate (ok, queste me le hanno offerte gli<br />
altri pellegrini e sono state molto gradite).<br />
La giornata ci ha invitato ad alcune considerazioni:<br />
lasciare l’asfalto ci ha dato una grande gioia e<br />
abbiamo avuto la possib<strong>il</strong>ità di camminare “alti”,<br />
quasi toccando <strong>il</strong> cielo;<br />
bisognava avere la pazienza di portare a termine <strong>il</strong><br />
percorso scelto, perché la scorciatoia si è rivelata<br />
una trappola (e i nostri “tributi” a San Giacomo –<br />
tagli, lacerazioni, vesciche, irritazioni, unghie<br />
spezzate – ne sono la testimonianza);<br />
usciti dalla trappola è stato bello ringraziare <strong>il</strong><br />
Signore e i compagni per aver affrontato l’ostacolo<br />
con <strong>il</strong> sorriso, l’allegria, non cedendo al nervosismo<br />
e apprezzando i piccoli doni della via, come le<br />
buonissime mandorle, le more di rovo e i gelsi.<br />
E allora grazie:<br />
agli amici vecchi e nuovi del <strong>Masci</strong>, uomini e donne<br />
esemplari, che testimoniano ogni giorno la loro<br />
scelta di servizio e che ci insegnano un bel modo di<br />
vivere lo scoutismo nell’età adulta;<br />
al capo carriola – termine che sentivo per la prima<br />
volta e che ho subito aggiunto al mio vocabolario<br />
da camminatrice (scout, pellegrina, escursionista)<br />
– grazie al suo sogno che è diventato progetto, al<br />
suo impegno, alla sua testimonianza, alla sua<br />
determinazione, ma anche alla sua simpatia;<br />
ai pellegrini incontrati per poche ore alla partenza,<br />
a quelli conosciuti solo all’arrivo e naturalmente a<br />
quelli presenti lungo la strada, con cui mi auguro di<br />
aver instaurato un bel rapporto basato sul<br />
confronto, sulla condivisione e sui comuni<br />
obbiettivi futuri. Anche se quando si comincia a<br />
camminare non ci si conosce, sulla strada si<br />
percorrono “km di vita” che a volte amplificano <strong>il</strong><br />
tempo, le emozioni, le sensazioni;<br />
ai giovani Patanè, arditi, allegri, educati, pazienti,<br />
sorridenti, dolci, affettuosi … non ho dubbi che<br />
Emma avesse un debole per loro;<br />
ai padri Giuseppini e ai tanti ricordi scout che<br />
aleggiano nelle stanze dello “Spitale” di<br />
Acquedolci;<br />
I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
al parroco di Gliaca di Piraino, un testimone di<br />
scelte di vita forti;<br />
alla strada che mi ha dato nuovo slancio per <strong>il</strong><br />
futuro;<br />
al sole splendente del mattino che ha portato luce<br />
in un periodo molto buio;<br />
alla pioggerella e al cielo coperto del pomeriggio<br />
che hanno rinfrescato e fac<strong>il</strong>itato la scalata finale;<br />
grazie per la stretta di mano “scout” alla fine del<br />
cammino, perché “scout una volta scout per<br />
sempre” , anche se la vita ti impone di togliere <strong>il</strong><br />
fazzolettone e lasciarlo accanto al tuo letto,<br />
affinché sia la prima cosa che vedi al mattino e<br />
l’ultima la sera;<br />
grazie infine (sarcasticamente) alla mia “grande”<br />
esperienza, assolutamente crollata nella discesa<br />
dalla montagna. Ma è possib<strong>il</strong>e che dopo tanti anni<br />
di cammino debba ancora infortunarmi?<br />
Desideravo che la fatica, <strong>il</strong> sudore, le vesciche,<br />
mandassero via alcuni dolori dall’anima, lasciando<br />
più spazio all’amore e alla speranza e in parte è<br />
stato così, quindi grazie anche e soprattutto a San<br />
Giacomo, ispiratore del pellegrinaggio, alla<br />
Madonna del Tindari, mamma affettuosa che ci ha<br />
abbracciati all’arrivo, allo Spirito Santo, guida ai<br />
nostri passi, e al Signore, luce splendente della<br />
nostra esistenza.<br />
Questa è stata un’esperienza che ha fatto bene<br />
all’anima, che mi ha offerto la possib<strong>il</strong>ità di<br />
ritornare a muovere i piedi, che mi ha invitato a<br />
percorrere un cammino di fede, a far chiarezza nel<br />
cuore e nella mente, a riflettere sulla chiamata del<br />
Signore, a confrontarmi con altri pellegrini, altre<br />
storie, altre strade che si sono congiunte per un<br />
po’…<br />
… Una sfida a ritornare ad essere ciò che ero<br />
prima, anzi migliore, cresciuta, amata da Dio per<br />
quello che sono, con <strong>il</strong> mio bagaglio di amore, di<br />
dolore, di sorrisi, di pianti, di errori, di peccati, di<br />
progetti falliti e di progetti da realizzare … forse<br />
una chiamata di servizio futuro …<br />
Ultreya<br />
Buon Cammino<br />
Francesca e Emma<br />
Pagina 20
L’annullo speciale f<strong>il</strong>atelico del<br />
pellegrinaggio e la relativa cartolina<br />
Per richiedere la cartolina con l’annullo scrivere a: carmelo.casano@gma<strong>il</strong>.com<br />
L’annullo speciale f<strong>il</strong>atelico<br />
dell’arrivo del Fercolo di San<br />
Giacomo a Itala (ME).<br />
I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
Continua la campagna per <strong>il</strong> tesseramento all’Associazione<br />
“Amici dei Cammini Francigeni di Sic<strong>il</strong>ia”.<br />
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I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
Il bordone e la bisaccia<br />
Bordone e bisaccia erano compagni<br />
di viaggio e insegne del pellegrino<br />
medioevale. Bastoni di diversa<br />
foggia e grandezza erano d’aiuto nel<br />
cammino e ut<strong>il</strong>i come strumenti da<br />
difesa. La schiavina si affermò solo a<br />
partire dal XII secolo e, subito dopo,<br />
si diffuse l’uso del cappello a larghe<br />
tese, che riparava dal sole anche le<br />
spalle.<br />
Il Medioevo fu particolarmente<br />
attento all’abbigliamento inteso come forma di<br />
espressione esteriore di identità e di ruolo sociale,<br />
tanto che era previsto, fin dal X secolo (Pontificale di<br />
Mayence, 950-962), al pari dei riti per la vestizione di<br />
religiosi e cavalieri, un rituale con cui <strong>il</strong> sacerdote<br />
consegnava al pellegrino le insegne caratteristiche<br />
del pellegrinaggio (bastone e bisaccia).<br />
Anche a partire dalle fonti iconografiche, sia pure<br />
assunte con cautela a causa della loro tendenza ad<br />
idealizzare la realtà, sembrerebbe che connotazioni<br />
essenziali del pellegrino fossero, originariamente, <strong>il</strong><br />
bordone (bastone da cammino) e la bisaccia.<br />
Il bordone<br />
«Prendi questo bastone nel tuo viaggio nel nome<br />
del nostro Signore» recita la Messa votiva pro<br />
peregrinantibus del Missale Romanum tridentino.<br />
Abbiamo già visto come <strong>il</strong> bastone potesse servire<br />
anche come arma impropria per difendersi dai<br />
pericoli del viaggio, ma certo la sua funzione<br />
primaria era quella di sostegno e aiuto nel cammino,<br />
quasi un «compagno di viaggio», al pari dell’angelo<br />
di Tobia (Messa votiva pro peregrinantibus). La sua<br />
forma e le sue dimensioni erano in funzione di<br />
questo uso e in relazione al viaggiatore: stando alla<br />
famiglia di pellegrini poveri raffigurata sulla facciata<br />
del duomo di Fidenza sembrerebbe che le donne<br />
usassero bastoni che arrivavano all’anca, mentre<br />
quelli più alti (alla spalla o più), atti anche alla difesa,<br />
erano spesso in mano a uomini. Tuttavia tale ipotesi<br />
trova scarso fondamento, visto l’esiguo numero di<br />
pellegrine che l’iconografia riporta. Del resto, anche<br />
<strong>il</strong> sant’Antonio di San Petronio a Bologna e <strong>il</strong> forse<br />
Guglielmo da Volpiano dell’ambone della Bas<strong>il</strong>ica di<br />
Orta San Giulio hanno con sé bastoni di piccola<br />
taglia. Pierre-André Sigal considera queste diverse<br />
dimensioni come frutto di un’evoluzione della foggia<br />
del bordone: solo nel tardo Medioevo esso si<br />
sarebbe allungato, superando addirittura l’altezza di<br />
chi lo portava. Non mancano però esempi di bordoni<br />
di grandi e medie dimensioni anche nell’iconografia<br />
del pieno Medioevo.<br />
Per quel che concerne la foggia, a parte la punta<br />
ferrata (che serviva per far presa sul terreno e per la<br />
difesa), si deve r<strong>il</strong>evare una certa ricorrenza della<br />
forma a tau (T). Alcuni studiosi ritengono che essa<br />
fosse <strong>il</strong> segno della dignità abbaziale, visto che<br />
questo tipo di bastone si trova quasi regolarmente<br />
fra le mani di sant’Antonio abate. La forma a tau non<br />
è però un’esclusiva connotazione iconografica di<br />
sant’Antonio abate e, specie nei bastoni che<br />
arrivavano alla spalla, doveva essere una foggia<br />
estremamente pratica, sia come appoggio in salita,<br />
sia con funzione di stampella.<br />
I lunghi bordoni avevano poi, sempre secondo<br />
l’iconografia, una serie di optional miranti a rendere<br />
<strong>il</strong> viaggio confortevole. La parte alta serviva da<br />
appendioggetti, al punto che dal tardo Medioevo i<br />
bordoni vennero dotati di ganci, come mostra una<br />
miniatura della Cronica di G. Sercambi, che raffigura<br />
pellegrini a Roma durante <strong>il</strong> Giub<strong>il</strong>eo del 1300.<br />
Questo tipo di bordone era quello al quale veniva<br />
appesa la zucca, con vino o acqua, che siamo<br />
abituati a vedere nelle raffigurazioni di san Rocco.<br />
Nel Cinquecento pare che al bordone si appendesse<br />
anche un drappo o fazzoletto per asciugarsi <strong>il</strong> sudore<br />
durante la marcia.<br />
Pagina 22
La bisaccia<br />
La Veneranda dies, una parte del Codex Calixtinus,<br />
fornisce un’interpretazione simbolica della bisaccia<br />
che doveva essere: di piccole dimensioni in quanto <strong>il</strong><br />
pellegrino doveva confidare in Dio e non nelle<br />
proprie risorse, fatta con pelle di animale per<br />
ricordare all’uomo che si doveva mortificare la<br />
carne, priva di chiusura perché <strong>il</strong> pellegrino doveva<br />
in ogni momento essere pronto a ricevere e a dare.<br />
In effetti l’iconografia non rappresenta mai bisacce<br />
di grandi dimensioni e voluminose. Probab<strong>il</strong>mente la<br />
bisaccia non era l’equivalente del nostro zaino, ma<br />
piuttosto un porta documenti, per lasciapassare,<br />
lettere attestanti l’avvenuto pellegrinaggio nel caso<br />
di pellegrini penitenziali – che compivano <strong>il</strong><br />
pellegrinaggio come punizione per qualche reato – o<br />
altro. Al massimo, essa poteva contenere un tozzo di<br />
pane, da consumare durante <strong>il</strong> viaggio, e <strong>il</strong> cucchiaio<br />
– la forchetta non esisteva ancora – per consumare i<br />
pasti negli ospizi. Tuttavia, <strong>il</strong> pellegrino raffigurato<br />
nella sala del pellegrinaio di Santa Maria della Scala a<br />
Siena attesta l’uso, quanto mai originale, di portare <strong>il</strong><br />
cucchiaio appeso al cappello.<br />
I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
La schiavina e <strong>il</strong> cappello<br />
In alcuni testi liturgici ricorrono anche formule di<br />
benedizione dell’abito del pellegrino che, in origine,<br />
doveva essere non dissim<strong>il</strong>e dalle tuniche di uso<br />
corrente: al di sopra del ginocchio, fermata alla vita<br />
da una cintura e dotata di cappuccio. Una certa<br />
differenza di abbigliamento era senza dubbio dettata<br />
dal ceto sociale al quale <strong>il</strong> pellegrino apparteneva:<br />
molto sontuoso risulta essere l’abbigliamento della<br />
famiglia di pellegrini ricchi raffigurati a sinistra del<br />
portale del Duomo di Fidenza; se ad intraprendere<br />
un pellegrinaggio era un monaco, egli doveva<br />
indossare anche i calzoni, che restituiva lavati al suo<br />
ritorno (Regola, LV, 13).<br />
La schiavina vera e propria sembra che si affermi<br />
solo a partire dal XII secolo. Consisteva in un<br />
indumento lungo sino ai piedi, ma aperto sul davanti<br />
per non impedire <strong>il</strong> passo. Verso <strong>il</strong> XIII secolo la<br />
schiavina perse <strong>il</strong> cappuccio, mantenendo solo un<br />
ampio colletto, e fece la sua comparsa <strong>il</strong> cappello a<br />
larghe tese (quello che vediamo spesso in testa a san<br />
Giacomo Maggiore).<br />
La più antica raffigurazione di pellegrino col cappello<br />
è quella del calvario di Estaing, in Francia. Essa<br />
rappresenta un devoto ai piedi della croce con <strong>il</strong><br />
cappello penzoloni sulle scapole, trattenuto da un<br />
cordone, che doveva servire anche per fermarlo al<br />
capo nelle giornate di vento. Il cappello a larghe tese<br />
era un efficiente riparo dal sole e copriva anche le<br />
spalle. L’uso di sollevare la tesa, sul davanti o ai lati<br />
(st<strong>il</strong>e cow-boy), è ampiamente attestato<br />
dall’iconografia, come è pure attestato l’uso<br />
congiunto di cappuccio e cappello (affreschi di Santa<br />
Maria del Parto, Sutri). Forse anche l’ampio colletto<br />
della schiavina veniva alzato ed inf<strong>il</strong>ato sotto <strong>il</strong><br />
cappello in giornate particolarmente brutte o<br />
durante l’attraversamento dei passi alpini. Del resto,<br />
anche le nostre mondine erano solite indossare <strong>il</strong><br />
fazzoletto sotto <strong>il</strong> cappello di paglia.<br />
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I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
Galateo del pellegrino<br />
Nel fare <strong>il</strong> cammino ci ritroviamo in una<br />
condizione anomala, in cui le emozioni, i<br />
sentimenti, la sensib<strong>il</strong>ità, la sensorialità,<br />
l’intuizione, tutti le nostre modalità di percepire<br />
e elaborare l’esterno sono in qualche modo<br />
iperattivi. Qualunque evento ha una intensità<br />
amplificata rispetto a quanto avviene nel nostro<br />
vivere quotidiano. Questo vale nel bene come<br />
nel male. Saranno più intensi i nostri momenti di<br />
gioia e anche quelli di dolore, saranno più<br />
profonde le nostre aperture, ma potrebbero<br />
anche essere più intense le nostre antipatie. In<br />
tutto <strong>il</strong> cammino saremo spesso stanchi e/o<br />
iperstimolati, tutti presi dal nostro vivere così<br />
intenso, siamo protagonisti di un’avventura mai<br />
nemmeno immaginata e gli altri possono a volte<br />
diventare uno sfondo poco reale, a meno che<br />
interagendo direttamente ricevano da noi <strong>il</strong><br />
ruolo di comparse o co-protagonisti.<br />
Può riuscire diffic<strong>il</strong>e, così presi come siamo dalla<br />
nostra straordinaria esperienza, renderci conto<br />
che <strong>il</strong> nostro stato d’animo o le nostre esigenze<br />
possano entrare in contrasto con gli altri, siano<br />
essi pellegrini, ospitaleri, turisti o abitanti dei<br />
luoghi che attraversiamo. Pur, mai come<br />
durante <strong>il</strong> cammino dividiamo spazi e tempo con<br />
moltissimi sconosciuti, persone diversissime da<br />
noi, con cui probab<strong>il</strong>mente mai avremmo<br />
interagito nella vita quotidiana. Ci troviamo in<br />
situazioni di convivenza a cui probab<strong>il</strong>mente<br />
non siamo abituati ed è fac<strong>il</strong>e presi come siamo<br />
dalla nostra personalissima esperienza, essere<br />
poco attenti alle esigenze degli altri.<br />
Abbiamo quindi pensato di st<strong>il</strong>are un piccolo<br />
decalogo, un piccolo manuale di bon ton, di<br />
galateo pellegrino, per aiutare chi intraprende<br />
questo viaggio a “ricordare”, l’esistenza degli<br />
altri ed <strong>il</strong> rispetto che ad essi è dovuto.<br />
1) rispetta <strong>il</strong> sonno degli altri<br />
2) rispetta <strong>il</strong> desiderio di s<strong>il</strong>enzio e solitudine,<br />
ma anche di allegria<br />
3) lascia pulito ed in ordine<br />
4) contribuisci a che i sentieri siano puliti<br />
5) partecipa alla raccolta differenziata<br />
6) abbi comprensione per la stanchezza degli<br />
ospitaleri<br />
7) osserva le regole degli alberge senza<br />
lamentarti<br />
8) non occupare tutto <strong>il</strong> sentiero<br />
9) nel superare su una carrettiera spostati sul<br />
centro della via<br />
10) sii veloce nell’uso della doccia e servizi<br />
comuni<br />
11) nelle cene comunitarie collabora alla<br />
preparazione e/o alla pulizia dopo cena<br />
12) impara a dare, ricevere, condividere<br />
13) saluta<br />
Ultreja!<br />
Pagina 24
I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
RASSEGNA STAMPA<br />
14 luglio 2010<br />
25 luglio 2010<br />
Pagina 25
I l F a r o – M a g g i o 2 0 1 0<br />
Date da ricordare<br />
Tutte le Domeniche Ore 10,00 attività in sede- Ore 11,00 S. Messa a Montalto<br />
26 Set 2010: Consiglio Regionale MASCI Sic<strong>il</strong>ia a Giamp<strong>il</strong>ieri (ME);<br />
15-17 Ottobre 2010: Convegno sul Centenario dello Scautismo a Messina.<br />
Dal Regionale:<br />
11-12 Set 2010: Cantiere Bibbia a Scicli (RG);<br />
26 Set 2010: Consiglio Regionale MASCI Sic<strong>il</strong>ia a Giamp<strong>il</strong>ieri (ME);<br />
3 Ottobre 2010: Servizio per la visita del S. Padre a Palermo;<br />
Ott’10-Mar’11: 100° dello Scautismo in Sic<strong>il</strong>ia a cura del Centro Studi;<br />
Dicembre ‘10: Consiglio Regionale MASCI Sic<strong>il</strong>ia Zona Akragantina;<br />
Gennaio 2011: Assemblea Regionale elettiva;<br />
5 Mar 2011: Consiglio Regionale MASCI Sic<strong>il</strong>ia ad Augusta (SR).<br />
Dal Nazionale:<br />
17-19 Settembre 2010: Consiglio Naz.le e Comitato Es. a Sala (RI);<br />
14-17 Ottobre 2010: Settimane Sociali dei Cattolici a Reggio Calabria;<br />
22-24 Ottobre 2010: Assemblea Nazionale elettiva a M.na di Grosseto;<br />
4-5 Dicembre 2010: Consiglio Nazionale a Roma;<br />
17-19 Gennaio 2011: 2° Convegno naz.le AA. EE. a Roma.<br />
Dall’Internazionale:<br />
3-7 Nov 2010: 7 a Conferenza Europea ISGF ad Agia Napa (Cipro);<br />
27 Lug-7 Ago 2011: 22° Jamboree mondiale a Kristianstad (Svezia);<br />
25 Set-2 Ott 2011: 26 a Conferenza Mondiale ISGF a Como;<br />
2015: 23° Jamboree mondiale a Kirarahama (Giappone).<br />
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