Il Laboratorio Ott 2008 - Grande Oriente D'Italia - Lombardia
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Luce ed Ombra: opposti o complementari ?<br />
Luce ed ombra, bianco e nero, cielo e terra, spirito<br />
e materia, bene e male: si potrebbe continuare ancora<br />
a lungo con altre coppie di enti che riconducono a due<br />
dimensioni opposte e, di per sé, inconciliabili, polarità<br />
contrarie nelle quali il primo termine indica, anche al<br />
più superficiale esame, un’idea positiva/giusta/bella/<br />
divina/armonica, mentre l’altro termine, invariabilmente,<br />
indica il suo opposto negativo/iniquo/doloroso/<br />
mortale. Questa sorta di sistema binario in perenne bilico<br />
è sempre presente, in un certo senso ci perseguita,<br />
in ogni ragionamento, in ogni speculazione specie<br />
se di ordine esoterico. Perché il pavimento a mosaico<br />
del nostro Tempio massonico è fatto di caselle bianche<br />
e nere? Perché l’aurora e le tenebre nei nostri rituali<br />
sono in eterna lotta, una segue l’altra senza che<br />
mai si raggiunga una situazione di stabile affermazione<br />
della prima sulla seconda? La domanda può essere forse<br />
banale o superficiale, ma come ogni quesito essa obbliga<br />
ad una riflessione, costringe a cercare una risposta<br />
e quindi ad iniziare un’indagine: perché il <strong>Grande</strong><br />
Architetto dell’Universo non fa sì che il nero, cioè le<br />
tenebre, scompaiano per sempre lasciando campo libero<br />
alla luce? Perché noi uomini in ogni nostra indagine<br />
filosofica, etica o esoterica abbiamo questo vincolo,<br />
inespresso ma ineluttabile e fortissimo, di dover sempre<br />
riferirci a coppie di opposti? La nostra cultura attuale<br />
è il frutto, da un lato, di secoli di speculazioni<br />
filosofiche, etiche, ed indagini scientifiche, e dall’altro,<br />
di una dottrina religiosa molto profonda che spesso,<br />
specie in passato, ha vincolato qualsiasi indagine della<br />
mente umana alla “propria” prospettiva ed alla propria<br />
“verità”; è a questo secondo elemento portante<br />
del nostro modo di pensare che dobbiamo l’individuazione<br />
del Trascendente, della Divinità, nella Luce, mentre,<br />
al contrario, tutto ciò che è malefico e latamente<br />
demoniaco, costituisce il regno delle Tenebre. Nella<br />
società contemporanea, seppure fortemente secolarizzata<br />
(e così desolatamente inadeguata a rapportarsi con<br />
ciò che è Sacro in ogni suo aspetto e non solo nell’ambito<br />
delle religioni), tale prospettiva è ancora fortissima<br />
ed assolutamente scontata, quasi istintiva: l’Ombra<br />
esaurisce la sua essenza in tale significato infernale<br />
e nient’altro.<br />
Tuttavia, sappiamo bene che non sempre tale distinzione<br />
è stata così semplice ed univoca: chiunque<br />
abbia avuto modo di affrontare il tema del significato<br />
esoterico del colore nero, avrà scoperto, con sorpresa,<br />
che esso nella simbologia tradizionale ha anche, in un<br />
ordine superiore, un significato metafisico positivo. In<br />
tale contesto il nero diviene addirittura il regno del<br />
non-manifestato, di tutto ciò che è in potenza e che<br />
Antonio Dini<br />
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solo successivamente (grazie ad un processo di divisione<br />
ed irraggiamento) prenderà corpo e si manifesterà<br />
nel mondo materiale. Dunque, a questo livello, il<br />
nero e le tenebre assurgono addirittura ad un ruolo di<br />
origine, di creazione. Gli antichi egizi chiamavano la<br />
propria terra “Kémi”, ovvero Terra Nera (da cui, pare,<br />
sia derivato l’arabo Al Chimia) proprio per simboleggiare<br />
la sua posizione centrale nell’universo ed il suo<br />
ruolo creatore.<br />
Adolfo Wildt: <strong>Il</strong> Caos<br />
Nelle cosmogonie classiche il Caos (cioè le Tenebre)<br />
precede la Luce, ed è quest’ultima che crea il<br />
Cosmo dando ordine al primo; solo così, con un<br />
processo di separazione e individuazione, si dà corpo<br />
a tutto l’Universo. È evidente, tuttavia, che l’indistinta<br />
tenebre iniziale non poteva avere in quel<br />
contesto un significato pienamente ed esclusivamente<br />
deteriore, dato che in essa, comunque, era già<br />
presente “in nuce” l’intero Universo, e quest’ultimo<br />
non può essere certo il frutto delle Tenebre, intese<br />
nel loro significato malefico, seppure emendate dalla<br />
Luce. Allo steso modo alcune indagini sulla mitologia<br />
comparata dell’area indo-europea hanno<br />
evidenziato l’esistenza dei così detti “Demoni meridiani”,<br />
entità sovra-umane il cui momento di apparizione,<br />
con la conseguente influenza più o meno nefasta,<br />
ma comunque perturbatrice, sulla vita degli<br />
uomini, viene posta nell’ora del meriggio, proprio<br />
quando il sole è allo zenit. Tali “presenze” sono, ad<br />
esempio, le Sirene, i Lotofagi (mangiatori del Fior di<br />
Loto), le Ninfe; peraltro, in un contesto ben diverso,<br />
anche il demonio che tenta Gesù nel deserto<br />
compare in pieno giorno, per nulla impensierito dallo<br />
splendore dell’Astro. In un ambito culturale completamente<br />
diverso, quello giapponese, il colore del<br />
lutto e del dolore non è il nero, bensì il bianco. Tali<br />
ultimi rilievi possono darci un’idea di quanto, in fon-