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Numero Giugno 2007 del 01.06.2007 - Provincia di San Michele ...

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centro <strong>del</strong>la parabola è questa domanda<br />

fondamentale <strong>del</strong>l'uomo: “Signore, cosa<br />

devo fare per avere te, per essere felice,<br />

per vivere pienamente la mia vita?”. Chi<br />

sta interrogando Gesù conosce la legge,<br />

i comandamenti ma ,forse, come ogni<br />

uomo, vuole mettere alla prova il Signore.<br />

Se quel teologo d'Israele vuole conoscere<br />

la risposta da un “profeta senza stu<strong>di</strong><br />

biblici” per metterlo alla prova, noi,<br />

l'uomo, vogliamo forse avere la prova<br />

<strong>del</strong>l'amore <strong>di</strong> Dio, sapere dove sta la felicità,<br />

se effettivamente questo Dio ci ama<br />

e ci può rendere felici. Gesù rifacendosi<br />

alla Legge <strong>di</strong> Mosè ci rimanda a Dio e<br />

proponendo la parabola <strong>del</strong> Samaritano<br />

unisce l'amore <strong>di</strong> Dio e l'amore <strong>di</strong> fratelli,<br />

il primo come fonte <strong>del</strong>l'Amore(cfr 1 Gv<br />

4,10 ss) il secondo come prova e coerenza<br />

<strong>del</strong>l'amore verso Dio(cfr 1 Gv 4,20). Ecco<br />

perché il raccontare <strong>di</strong> Gesù che invece<br />

<strong>di</strong> fare <strong>di</strong>scorsi teologici si cala nella vita,<br />

porta la <strong>di</strong>scussione su «Chi è il mio<br />

prossimo?». Anche questa non è una<br />

domanda qualsiasi e la stessa risposta <strong>di</strong><br />

Gesù non è un modo <strong>di</strong> rispondere qualunque.<br />

In Israele il prossimo è il «connazionale»,è<br />

lo straniero che viveva nella<br />

terra <strong>di</strong> Israele, entrambi la Comunità<br />

doveva “amare come se stesso”. Gli altri<br />

stranieri, i samaritani stessi, gli eretici,<br />

chi era fuori da questa visione non poteva<br />

essere considerato prossimo. Gesù cosa<br />

fa? Insegna che non era importante chiedersi<br />

e stabilire chi fosse il prossimo ma,<br />

piuttosto, il <strong>di</strong>ventare prossimo <strong>del</strong>l'altro.<br />

2. Tutta la scena ha tre quadri: il viandante,<br />

l'uomo, che si avventura sulla<br />

strada che da Gerusalemme porta a Gerico<br />

e nota per le aggressioni dei briganti,<br />

il sacerdote ed il levita (esperti e conoscitori<br />

<strong>del</strong>la legge e <strong>del</strong> culto, uomini e<br />

ministri sacri) che pur passando non si<br />

fermano, non si prendono cura <strong>di</strong> quel<br />

povero malcapitato andando oltre e,<br />

l'ultimo quadro, quello <strong>del</strong>l'eretico, <strong>del</strong><br />

Samaritano che non solo si accorge,<br />

“vede” quell'uomo “mezzo morto” riverso<br />

a terra, ma se ne prende cura.<br />

3. I gesti <strong>del</strong> Samaritano <strong>di</strong>ventano lo<br />

stile <strong>del</strong>la carità e <strong>del</strong> servizio <strong>del</strong> credente,<br />

uno stile che possiamo intravedere<br />

anche in Elisabetta che nutriva, accoglieva,<br />

lavava non solo i poveri, ma i<br />

“poveri dei poveri”(Madre Teresa) <strong>del</strong><br />

suo tempo come i lebbrosi, quelli, cioè,<br />

che nessuno voleva, alla cui vista fuggivano<br />

per paura <strong>del</strong> contagio (come il<br />

levita e il sacerdote paurosi <strong>di</strong> contaminarsi<br />

con il sangue o per la paura <strong>di</strong><br />

“fare tar<strong>di</strong>” per la fretta, visto che erano<br />

<strong>di</strong>retti al tempio) o per il fetore che la<br />

carne marcia emanava. Ecco sommariamente<br />

lo stile <strong>del</strong> servizio: saper vedere<br />

con il cuore, capacità che nasce da un<br />

sentimento che è alla base <strong>del</strong>la carità:<br />

la compassione. Una traduzione,<br />

quell'”ebbe compassione”, che non rende<br />

l'idea esatta <strong>di</strong> quel che avvenne nel Samaritano,<br />

indebolisce- scrive il Papa nel<br />

suo libro su Gesù- “la vivacità <strong>del</strong> testo”.<br />

Il Samaritano ebbe compassione nel senso<br />

che gli “si spezzò il cuore”, gli si attorcigliarono<br />

le viscere alla vista <strong>di</strong><br />

quell'uomo lasciato a terra, impeti <strong>di</strong><br />

tenerezza materna e <strong>di</strong> misericor<strong>di</strong>a scossero<br />

la sua vita come quelli <strong>di</strong> una mamma<br />

alla visione <strong>del</strong> figlio sofferente e<br />

malato… Ed è per questa capacità <strong>di</strong><br />

avere misericor<strong>di</strong>a , è l'avere compassione<br />

che ci rende prossimi <strong>del</strong>l'altro, che ci fa<br />

<strong>di</strong>ventare prossimo <strong>del</strong> fratello. La pedagogia<br />

<strong>del</strong> servizio si fa <strong>di</strong>alogo nello stile<br />

<strong>di</strong> Gesù: da una domanda a trabocchetto<br />

fa emergere la verità conducendo<br />

l'interlocutore a sapersi ascoltare e ad<br />

ascoltare: il Signore ha condotto il teologo<br />

d'Israele alla verità <strong>di</strong> scoprirsi prossimo<br />

<strong>del</strong>l'altro più che a chiedersi chi<br />

fosse il suo prossimo. Una persona, un<br />

testimone che serve, che sa vedere, accogliere,<br />

che sa nutrire compassione fa<br />

sorgere interrogativi in chi vede, stimola<br />

il cuore alla conversione.<br />

Farsi prossimi come Elisabetta<br />

Guardando alla carità, alla compassione<br />

che Elisabetta ha vissuto e nutrito per<br />

l'uomo <strong>del</strong> suo tempo, me<strong>di</strong>tando quel<br />

servizio che nasceva dalla contemplazione<br />

<strong>del</strong> Cristo, dalla sua preghiera possiamo<br />

anche noi servire da cristiani e<br />

francescani perché «nel più<br />

piccolo incontriamo<br />

Gesù stesso e in Gesù<br />

incontriamo<br />

Dio». Cosa significa<br />

per<br />

noi francescani<br />

OFSOFS<br />

servire, cioè farci continuamente<br />

“prossimi <strong>del</strong>l'altro” se non vivere il Vangelo<br />

“sine glossa”?. E il farsi prossimo<br />

come e con Elisabetta ci traccia le linee<br />

<strong>del</strong> servizio, <strong>del</strong> carisma francescano<br />

vissuto nella carità, oggi. In sintesi ripercorriamo<br />

questo cammino:<br />

Servire è “saper vedere” non solo e non<br />

tanto con gli occhi ma con il cuore cioè<br />

lasciarci convertire dalla stessa compassione<br />

che Cristo ha vissuto nel Samaritano.<br />

Quel Samaritano in cui i Padri<br />

hanno visto la figura <strong>di</strong> Gesù, il Dio<br />

fattosi prossimo per noi. Un saper vedere<br />

che sa cogliere le gran<strong>di</strong> e le piccole<br />

povertà <strong>del</strong> nostro tempo, che sa fermarsi<br />

<strong>di</strong>nanzi alle ingiustizie, alle violenze<br />

perpetrate ai danni dei popoli <strong>del</strong>la fame<br />

e <strong>del</strong>la miseria, <strong>del</strong>l'Africa e <strong>del</strong>l'Asia,<br />

derubati, spogliati dal nostro consumismo,<br />

dalle nostre ricchezze inique e <strong>di</strong>seguali.<br />

Saper vedere anche le povertà<br />

<strong>del</strong>la società opulenta in cui l'uomo è<br />

stato spogliato <strong>del</strong>la sua <strong>di</strong>gnità, <strong>del</strong>la<br />

sua sete <strong>di</strong> trascendenza da noi, ristiani<br />

e credenti sterili che «abbiamo portato<br />

loro il cinismo <strong>di</strong> un mondo senza Dio,<br />

dove contano solo potere e profitto» .<br />

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