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Figli maestri - La Repubblica

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50 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 28 OTTOBRE 2007<br />

l’incontro<br />

Non solo cinema<br />

ALBERTO FLORES D’ARCAIS<br />

VIENNA<br />

Ho commesso<br />

due gravi errori:<br />

uno nella vita pubblica,<br />

l’altro in quella pri-<br />

passato? «Il<br />

vata». Jane Fonda si ferma un attimo, si<br />

accarezza i capelli, scuote la testa. Siamo<br />

nella suite 510, quinto piano dell’Hilton<br />

di Vienna, la città dove l’attrice<br />

americana è stata invitata come star<br />

e protagonista assoluta della Viennale,<br />

il festival di cinema; ed è qui che racconta<br />

— in un’intervista esclusiva per<br />

<strong>Repubblica</strong> — la sua vita: quella di ieri,<br />

star di Hollywood e militante politica,<br />

quella di oggi, «di una donna che compie<br />

settanta anni tra meno di due mesi»,<br />

ma che si sente ancora «nel pieno<br />

della vita». E che non si tira indietro nel<br />

parlare della sua carriera, della sua famiglia,<br />

dei suoi ideali, dei suoi amori e<br />

dei suoi progetti nella terza età.<br />

«Perché non partiamo proprio dall’oggi?<br />

Più che terza età io preferisco<br />

chiamarlo il terzo atto, in fondo sono<br />

un’attrice. Quando inizia il terzo atto<br />

una delle cose di cui ti rendi conto è che<br />

il tempo diventa limitato; la cosa peggiore<br />

è fare finta di niente, illudersi che<br />

il terzo atto non sia iniziato, negare che<br />

di fronte a noi, in tempi sempre più ravvicinati,<br />

ci sia la morte. Hallo morte, io<br />

non ho paura di te! Questo mi dico<br />

adesso, ogni giorno, in ogni momento<br />

importante della mia vita. Pensi al<br />

Messico, nella cultura di quel paese,<br />

nelle sue tradizioni, e non solo religiose,<br />

la morte è sempre presente, è un appuntamento<br />

quasi vitale. Se sai cosa<br />

fare, se hai voglia di fare, entrare nel<br />

terzo atto è bello. Quando si pensa alla<br />

morte ci si domanda quali siano i rim-<br />

Jane Fonda<br />

pianti, che cosa uno avrebbe o non<br />

avrebbe dovuto fare nella propria vita.<br />

Ecco, io non voglio avere rimpianti, ho<br />

ancora il tempo per fare tante cose. E<br />

voglio farle».<br />

Icona pacifista negli anni Settanta<br />

(quelli della guerra in Vietnam), attrice<br />

impegnata, femminista militante. Cosa<br />

è diventata oggi Jane Fonda, crede<br />

ancora negli ideali di un tempo? L’attrice<br />

sorride, poi scandisce con calma<br />

le parole: «Prima mi ha chiesto dei miei<br />

errori passati, ora glieli dico. Ce ne sono<br />

due che vorrei non avere mai fatto.<br />

Il primo fa parte della mia vita pubblica,<br />

la vita di Jane Fonda attrice, attivista,<br />

femminista. Quando andai ad Hanoi,<br />

in piena guerra del Vietnam, mi feci<br />

fotografare accanto alla carcassa di<br />

un bombardiere americano abbattuto.<br />

Già, “Hanoi Jane”, la “nemica d’America”,<br />

la traditrice. Credo che fosse<br />

giusto andare ad Hanoi, del resto non<br />

fui la sola in quegli anni, però quella foto<br />

non la dovevo proprio fare. Fu un errore,<br />

un errore grave, diedi l’impressione<br />

di essere contro i nostri soldati,<br />

contro quelli che morivano laggiù in<br />

Vietnam». E il secondo, riguarda la sua<br />

vita privata? «Sì, il secondo errore grave<br />

che ho commesso riguarda mia figlia,<br />

la mia prima figlia. Potevo, dovevo<br />

essere una madre migliore per lei,<br />

invece ero troppo presa dalla mia carriera,<br />

dal mio impegno politico. Per lei<br />

non sono stata una buona madre;<br />

adesso ci siamo riavvicinate, viviamo<br />

ad Atlanta, nella stessa città, lei ha due<br />

figli, cerco di essere almeno una buona<br />

nonna. Non è mai troppo tardi per cercare<br />

di riparare ai propri errori; però<br />

“Hanoi Jane” e la “cattiva madre” sono<br />

due crucci che mi porterò dentro fino<br />

alla morte».<br />

Si è parlato molto di una Jane Fonda<br />

che ha trovato un nuovo equilibrio nella<br />

religione. Una conseguenza dell’inizio<br />

del terzo atto? «Io credo che quando<br />

le donne invecchiano diventino<br />

inevitabilmente più spirituali, non necessariamente<br />

religiose. Ci si domanda:<br />

perché sono qui, c’è qualcuno,<br />

qualcosa più grande di noi? Sono domande<br />

metafisiche; la religione, le religioni<br />

danno alcune risposte. In cosa<br />

credo? Sento che c’è un essere divino,<br />

qualcosa di superiore. Non importa se<br />

lo chiamiamo Dio, Allah, Budda, sono<br />

sicura che non ama le guerre, che non<br />

ama i fondamentalismi. In diversi momenti<br />

della storia i fondamentalisti di<br />

ogni tipo, di ogni religione, si sono resi<br />

responsabili di cose atroci. Anche Gesù,<br />

se tornasse adesso sulla Terra, non<br />

approverebbe molte delle cose che<br />

vengono fatte in suo nome».<br />

Terzo atto e spiritualità non le hanno<br />

fatto perdere però la passione politica<br />

di un tempo, quella non sembra<br />

averla abbandonata. Se le si chiede<br />

delle prossime elezioni per la Casa<br />

Bianca quasi urla «Hillary!», se le si domanda<br />

se l’America è pronta per avere<br />

una donna come “commander in<br />

Settant’anni tra due mesi, una vita<br />

di battaglie e di successi arrivata<br />

al punto che lei, teatralmente,<br />

battezza “terzo atto”. Per spiegare<br />

che non vuol dire tirarsi indietro<br />

ma fare, fare, fare<br />

con più consapevolezza<br />

nella carriera,<br />

nella famiglia,<br />

nell’amore<br />

Ma è anche il punto<br />

dove ci si guarda<br />

indietro e dove l’attriceattivista-femminista<br />

si confessa<br />

e racconta i due errori di gioventù<br />

che volentieri cancellerebbe<br />

chief” risponde senza esitazione: «Assolutamente<br />

sì». L’impegno politico lo<br />

ha nel sangue, glielo ha trasmesso il padre,<br />

il grande attore Henri Fonda, impegnato<br />

con i democratici sin dai tempi<br />

di Franklin Delano Roosevelt. «Sono<br />

sicura che verrà scelta Hillary, ma se<br />

così non fosse andrò a votare lo stesso<br />

e voterò per il candidato democratico,<br />

chiunque esso sia. Ho sempre votato<br />

democratico, come ha sempre votato<br />

democratico mio padre, e continuerò<br />

a farlo».<br />

E l’Iraq, cosa pensa della guerra in<br />

Iraq “Hanoi Jane”? «Sono contraria,<br />

ovviamente, è una guerra che non si<br />

doveva fare e che sta andando in modo<br />

disastroso. I paragoni con il Vietnam?<br />

Ci sono tante differenze, ci sono anche<br />

tante somiglianze. Pensi al draft, alla<br />

leva. Allora era obbligatoria, e anche se<br />

per i “figli di papà” era più facile evitare<br />

di andare a combattere, quasi tutte<br />

le famiglie americane ne furono coin-<br />

In cosa credo? Sento<br />

che c’è un essere<br />

divino. Non importa<br />

se lo chiamiamo Dio,<br />

Allah o Budda,<br />

sono sicura<br />

che non ama<br />

le guerre<br />

né i fondamentalismi<br />

FOTO EYEDEA<br />

volte. Oggi abbiamo un esercito professionale,<br />

ma in qualche modo il draft<br />

è rimasto: è quello che io chiamo la “leva<br />

della povertà”, perché solo i più poveri,<br />

spesso immigrati, ragazzi e ragazze<br />

che non hanno alcun futuro davanti,<br />

si arruolano. In Vietnam non c’era la<br />

Cnn, ma le tv e i giornali di allora raccontavano<br />

più liberamente la realtà di<br />

quella guerra. Oggi, più che i media ufficiali,<br />

quello che avviene in Iraq ce lo<br />

raccontano i blog, i documentari. In<br />

Vietnam non c’erano donne soldato,<br />

questa è un’altra grande differenza,<br />

ma per chi tornava a casa, allora come<br />

oggi, i problemi sono gli stessi. Bush?<br />

Vuole sapere cosa penso del presidente<br />

americano? Mi piacerebbe incontrare<br />

George W. Bush in Texas, magari<br />

in uno di quei grandi barbecue che si<br />

fanno in quello stato. Vorrei parlare<br />

con lui, lo inviterei a venire con me in<br />

Africa per mostrargli le donne e i bambini<br />

che muoiono, fargli vedere i risultati<br />

della sua politica in giro per il mondo.<br />

Bush è un cristiano, anche lui deve<br />

avere una sua umanità».<br />

Quando si parla di politica o di guerra<br />

Jane Fonda risponde con il viso serio,<br />

soppesando le parole. Cambia atteggiamento<br />

se le domande riguardano<br />

il cinema, la sua carriera, il suo<br />

trionfale ritorno sugli schermi dopo<br />

quindici anni di assenza (in passato<br />

aveva anche promesso che non avrebbe<br />

recitato mai più) prima con Monster<br />

in <strong>La</strong>w e quest’anno con Georgia Rule.<br />

Racconta di Klute, uno dei film che<br />

ama di più, il turning point, la svolta<br />

della sua carriera di attrice: da bambola<br />

nelle mani di Roger Vadim ad attrice<br />

e donna impegnata. «Alan Pakula era<br />

un regista talentuoso. Girando quel<br />

film, dove interpreto la parte di una<br />

call-girl, una prostituta d’alto bordo,<br />

mi sono sentita veramente rinascere».<br />

È a Parigi però che nasce la Jane Fonda<br />

«attrice, attivista, femminista», come<br />

le piace definirsi. «Sì, ero in Francia<br />

nel 1968, avevo quasi trent’anni ed ero<br />

incinta. Lì ho conosciuto Simone Signoret:<br />

è lei che mi ha insegnato ad<br />

amare i film impegnati, è lei che mi ha<br />

spiegato la storia del Vietnam, gli errori<br />

dei francesi che gli americani andavano<br />

ripetendo. A Parigi ho conosciuto<br />

Sartre e Simone de Beauvoir, decine<br />

di registi, attori ed intellettuali che<br />

contestavano il mio paese, tanto che<br />

mi trovai spesso sulla difensiva: non<br />

capivo perché ci fosse tanto astio verso<br />

l’America. Quando sono tornata negli<br />

Stati Uniti ero una persona diversa,<br />

cambiata. Quando Alan mi chiamò per<br />

girare Klute non mi sentivo all’altezza;<br />

ho passato ore, giorni a frequentare le<br />

prostitute di Manhattan, ma ero convinta<br />

di non farcela». Per il personaggio<br />

di Bree Daniel, la call-girl, Jane Fonda<br />

vince il suo primo Oscar: «Klute è stato<br />

l’inizio di una nuova carriera, poi sono<br />

venuti altri film che amo molto, come<br />

Coming Home, uno dei film più belli<br />

che parlano del Vietnam, e non lo dico<br />

io». Per Coming Home, ottiene il suo secondo<br />

Oscar, un terzo lo sfiora con Julia.<br />

Poi nel 1981 quello che sarebbe stato<br />

per quindici anni il suo ultimo film,<br />

The Golden Pond. «Il film girato con<br />

mio padre. Non potrò dimenticarlo<br />

mai. Fu difficile, fu emozionante, fu<br />

commovente. Per quel film mio padre<br />

vinse il suo unico Oscar; la statuetta la<br />

ritirai io, lui era ormai troppo malato,<br />

sarebbe morto pochi mesi dopo». Si<br />

commuove ancora parlando del padre,<br />

e di quel film in cui Henry e Jane recitavano<br />

in qualche modo anche la<br />

propria vita privata.<br />

«Se oggi a Hollywood c’è una mia<br />

erede? Ci sono tante brave attrici. Ma è<br />

il mondo del cinema e anche il modo di<br />

girare i film che è cambiato. Oggi un regista<br />

non sta più nella famosa sedia,<br />

dietro la macchina da presa, mentre<br />

reciti praticamente non lo vedi mai. E<br />

poi a Hollywood sono cambiate le celebrities,<br />

i paparazzi vanno in giro a fotografare<br />

ragazzine che magari non hanno<br />

mai girato un film. <strong>La</strong> cosa peggiore<br />

credo che siano i costi. I film sono troppo<br />

cari, escono il venerdì e se il sabato<br />

non hanno avuto successo la domenica<br />

già li tolgono dalla circolazione.<br />

Non si dà tempo a un film di essere capito,<br />

accettato. Gli italiani? Mi piacciono<br />

i grandi, Fellini, Antonioni, tra gli attori<br />

Mastroianni. Lei non me lo chiede<br />

ma glielo dico io: dell’Italia mi piace da<br />

matti il cibo. Quando sono in America<br />

spiego sempre ai miei amici che la cucina<br />

italiana negli States non ha nulla a<br />

che vedere con quella che si può gustare<br />

in Italia». Il futuro? «Fra meno di due<br />

mesi compio settanta anni. Sto scrivendo<br />

le mie memorie, dopo tre matrimoni<br />

ho una vita ricca e felice con il<br />

mio compagno, amo ancora il sesso e<br />

sono pronta per nuovi progetti. <strong>La</strong> vecchiaia<br />

è bella».<br />

‘‘<br />

<strong>Repubblica</strong> Nazionale

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