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Figli maestri - La Repubblica

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38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 28 OTTOBRE 2007<br />

la memoria<br />

Primedonne<br />

NATALIA ASPESI<br />

LONDRA<br />

Suo padre Theodore Miller la<br />

fotografò ossessivamente<br />

da piccina ma anche in piena<br />

giovinezza, docile e completamente<br />

nuda; il massimo illustratore<br />

di moda degli anni Venti, Georges<br />

Lepape, disegnò il suo viso perfetto<br />

sotto una calottina viola per una copertina<br />

di Vogue America del 1927;<br />

Edward Steichen, il fotografo più importante<br />

del gruppo editoriale Condé<br />

Nast, ne ritrasse più volte il profilo ardito<br />

che ricordava quello di Marlene<br />

Dietrich nell’Angelo Azzurro; George<br />

Hoyningen-Huené, celebre fotografo<br />

di Vogue Francia, ne rivelò la grazia androgina<br />

riprendendola con le scarpe<br />

da tennis e una tuta da marinaio portata<br />

come un abito da gran sera; nello<br />

stesso anno, il 1930, il suo amante dada-surrealista<br />

Man Ray dedicò studi di<br />

fotografia solarizzata al suo lungo collo<br />

delicato, che dopo uno dei tanti litigi<br />

lui rappresentò sgozzato da una rasoiata<br />

adorna di goccioline di inchiostro<br />

rosso; nel 1931 Jean Cocteau, spalmandola<br />

di gesso, la trasformò in una<br />

statua greca senza braccia, dipingendole<br />

gli occhi sopra le palpebre chiuse,<br />

nel suo primo farraginoso film d’arte Le<br />

sang d’un poète; negli stessi anni Picasso<br />

la ritrasse sei volte, picassianamente,<br />

chiamandola l’Arlésienne. Lei stessa<br />

si fotografò continuamente, come per<br />

un servizio di Vogue del 1933, cerchietto<br />

tra i bei capelli biondi, abito di velluto<br />

bordato di arricciature, accucciata<br />

in una poltrona, aristocratica e languida,<br />

come qualche anno dopo Horst fotografò<br />

Chanel. Ha fatto storia la fotografia<br />

che scattò il fotoreporter di guerra<br />

David E. Sherman nell’aprile del<br />

1945, lei nuda nella vasca da bagno del<br />

modesto appartamento di Hitler al 16<br />

di Prinzregentenplatz a Monaco, gli<br />

stivali militari ben appaiati sul pavimento,<br />

la foto del Führer appoggiata al<br />

bordo della vasca.<br />

Lee Miller era bellissima, gli artisti ne<br />

restavano affascinati e naturalmente se<br />

ne innamoravano, gli obiettivi divoravano<br />

il suo viso chiaro dai grandi occhi azzurri,<br />

la moda si serviva della sua naturale<br />

eleganza, lei usava questa sua luminosa<br />

impareggiabile grazia per metterla al<br />

servizio del suo talento, delle sue ambizioni<br />

e del suo impegno. Fu una di quelle<br />

donne dalla vita prodigiosa che affollarono<br />

la prima metà del secolo scorso e<br />

di cui oggi non se ne rintracciano epigone.<br />

Di vite, anzi, lei ne ebbe tante, una dopo<br />

l’altra, ogni volta diverse, sorprendenti,<br />

vincenti, ogni volta abbandonandole<br />

come fardelli ormai inutili, fino a dimenticarle<br />

lei stessa e a farne perdere le<br />

tracce agli altri. <strong>La</strong> mostra che sino all’8<br />

gennaio il Victoria & Albert Museum le<br />

dedica nel centenario della sua nascita,<br />

1907, e nel trentennale della sua morte,<br />

1977, riunisce tutte queste vite, accompagnata<br />

dal libro The Art of Lee Miller di<br />

Mark Haworth-Booth, poeta e studioso<br />

di fotografia (edizioni V&A, 224 pagine,<br />

35 sterline). Scrive l’autore che «Lee Miller<br />

fu una donna inventata dal Ventesimo<br />

Secolo, indipendente, libera, geniale,<br />

coraggiosa e ricca di talento, ma fu soprattutto<br />

una sua stessa straordinaria invenzione».<br />

<strong>La</strong> sua eccezionale carriera di<br />

artista sfida tutti gli stereotipi. E malgrado<br />

sia stata apprezzata e studiata negli<br />

ultimi decenni, la sua vita continua a rimanere<br />

«un puzzle surrealista» o, come<br />

scrisse lei, «pezzi di un puzzle impregnati<br />

d’acqua, brandelli ubriachi che non si<br />

accordano né nella forma né nel disegno».<br />

In quel puzzle informe fu attrice,<br />

disegnatrice, modella, giornalista, musa,<br />

amante, moglie, madre, ma fu soprattutto<br />

fotografa d’arte e fotoreporter.<br />

<strong>La</strong> Lee Miller più celebre è quella spettinata,<br />

sporca, spericolata e fulgente della<br />

Seconda guerra mondiale, a sua volta<br />

fotografata in divisa militare, bandoliera,<br />

maschera a gas ed elmetto (trent’anni<br />

prima di Oriana Fallaci), cui il figlio<br />

Anthony Penrose ha dedicato il libro Lee<br />

Miller’s war. Nel 1944, quando riesce a<br />

farsi accreditare da British Vogue come<br />

corrispondente di guerra, ha trentasette<br />

anni, vive a Londra con Sir Roland Penrose,<br />

aristocratico artista inglese, adoratore<br />

maltrattato di Picasso e suo biografo.<br />

Lee abbandona la sua magnifica<br />

casa zeppa di Picasso, Braque, Miró,<br />

Tanguy, De Chirico, Brancusi, Giacometti,<br />

Magritte, Ernst, si fa fare in Savile<br />

Row una divisa su misura e non protocollare<br />

che indosserà ininterrottamente<br />

per un anno, e parte: sarà la sola delle sei<br />

donne fotoreporter di guerra a raggiungere<br />

il fronte, seguendo l’avanzata alleata<br />

da Omaha Beach sino ai campi di sterminio.<br />

Il mensile che anche in guerra<br />

propone lussi e raffinatezze pubblica ad<br />

ogni numero i suoi articoli e servizi fotografici:<br />

i corpi straziati dei soldati negli<br />

ospedali da campo, l’assedio di Saint<br />

Malo, la resa degli occupanti tedeschi, la<br />

caccia ai collaborazionisti, Parigi libera<br />

con la gioia, la fame, le rovine e la prima<br />

sfilata di moda di Paquin, la visita all’amico<br />

Picasso che non ha mai lasciato la<br />

Modella-simbolo degli anni Venti, poi musa ispiratrice<br />

dei grandi surrealisti da Cocteau a Magritte, raffinata<br />

fotografa di moda e coraggiosa fotoreporter di guerra,<br />

per finire alcolizzata e dimenticata nelle campagne del Sussex<br />

Ora, a cent’anni dalla nascita e a trenta dalla morte,<br />

il Victoria & Albert Museum le dedica una grande mostra<br />

Lee Miller, una vita non basta<br />

A Parigi si presentò<br />

a Man Ray e gli disse<br />

sfacciatamente: sono<br />

la tua nuova allieva<br />

capitale, lui elegante, lei conciatissima e<br />

ridente, desiderosa solo di un bagno. Poi<br />

l’avanzata alleata in Alsazia sotto la neve,<br />

il procedere tra morti e rovine, l’incontro<br />

con i russi, Buchenwald, dove fotografa<br />

non solo montagne di cadaveri, ma anche<br />

i corpi dei suicidi, i sorveglianti Ss annegati<br />

o impiccati, la giovane bella figlia<br />

del borgomastro di Leipzig che si è avvelenata<br />

e pare dormire riversa su un divano<br />

di pelle.<br />

Le molte vite di Lee Miller cominciano<br />

quando a diciotto anni lascia Poughkeepsie,<br />

New York, per una vacanza<br />

in Francia: nasconde un drammatico<br />

segreto, lo stupro a sette anni da parte di<br />

un amico di famiglia, che l’ha contagiata<br />

di gonorrea. È stata cacciata da più di<br />

una scuola, si è tagliata le lunghe trecce,<br />

accorciata le gonne, quello è l’anno in<br />

cui Anita Loos, un’altra ragazza impaziente<br />

di vivere, ha pubblicato Gli uomini<br />

preferiscono le bionde. Elisabeth, la<br />

futura Lee, è la classica “flapper”, il modello<br />

è quello della diva Louise Brooks. È<br />

il 1925 e Parigi è invasa dal fervore della<br />

Mostra internazionale delle arti decorative,<br />

e lei si iscrive a una scuola sperimentale<br />

di scenografia in cui scopre la<br />

sua vocazione per l’immagine. Al ritorno<br />

a New York, come capita nei film brillanti<br />

ancora muti, un passante la salva<br />

da un’auto che sta per travolgerla. Quel<br />

signore è William Condé Nast, fondatore<br />

di Vogue e nel marzo del 1927 il viso<br />

ventenne di Lee è sulla copertina di quel<br />

mitico mensile di moda come simbolo<br />

della nuova ardente femminilità.<br />

I grandi fotografi di moda se la contendono,<br />

ma fare la modella non le basta,<br />

è la fotografia che le interessa. Come<br />

maestro pretende un artista, vuole che<br />

sia Man Ray, americano trapiantato da<br />

qualche anno in Francia, e va a cercarlo<br />

a Parigi. Lo incontra al famoso locale Le<br />

Bateau Ivre e anni dopo racconterà:<br />

«Sembrava un toro, con un torso straordinario,<br />

sopracciglia e capelli nero intenso.<br />

Gli dissi sfacciatamente che ero la<br />

sua nuova allieva. Rispose che lui non<br />

prendeva allievi e che comunque stava<br />

andando in vacanza. Gli dissi, lo so e io<br />

vengo con lei. Vivemmo insieme per tre<br />

anni». Lei ha venticinque anni, diventa<br />

una delle tante giovani muse dei surrealisti,<br />

i grandi fotografi di moda continuano<br />

a volerla (anche Man Ray la riprende<br />

con un berretto di Patou) e lei intanto<br />

impara, si appassiona, diventa<br />

una fotografa instancabile. Fotografa la<br />

moda, fotografa celebrità come Salvador<br />

Dalì con la compagna Gala, come<br />

Charlie Chaplin, come lo stesso Man<br />

Ray, sceglie soggetti sempre più surrealisti,<br />

che il suo obiettivo rende minacciosi,<br />

crudeli: i cavalli di una giostra, to-<br />

PROVOCAZIONE<br />

Una delle foto più famose che ritraggono Lee Miller mentre fa il bagno nella vasca di Adolf Hitler<br />

<strong>La</strong> foto è di David E. Scherman, Monaco, 1945<br />

LA MOSTRA<br />

Le foto di queste pagine sono tratte da The Art of Lee Miller<br />

di Mark Haworth-Booth (V&A Publications),<br />

il catalogo della mostra in corso fino al 6 gennaio 2008<br />

al Victoria & Albert Museum di Londra. <strong>La</strong> mostra ripercorre<br />

attraverso le immagini del Lee Miller Archive la carriera<br />

di fotografa e la vita di questa donna straordinaria<br />

che seppe trasformarsi da modella e musa di artisti<br />

in artista essa stessa<br />

polini in fila su un’asta, scale, sederi nudi<br />

di donna, persino i macabri resti di<br />

una doppia masterectomia sui piatti di<br />

una tavola apparecchiata.<br />

Nel 1934 c’è un primo matrimonio, a<br />

ventisette anni, con un ricco egiziano<br />

cosmopolita e tollerante, e va a vivere<br />

con lui al Cairo, sempre fotografando<br />

con la sua visione surreale rocce e sabbie,<br />

lumache e rovine, e soprattutto<br />

creando la serie Ritratto dello spazio,<br />

una strana angosciosa rappresentazione<br />

del vuoto che secondo gli esperti<br />

ispirò poi a Magritte il dipinto Le baiser.<br />

Nell’estate del ‘37, tornata per qualche<br />

giorno a Parigi, riallacciati i rapporti coi<br />

surrealisti, ad una festa in costume incontra<br />

Penrose, coi capelli tinti di verde,<br />

una mano tinta di blu e i pantaloni nei<br />

colori dell’arcobaleno. Quella notte<br />

stessa inizia la loro relazione, un grandissimo<br />

amore. Al gentilissimo marito<br />

egiziano, che abbandonerà definitivamente<br />

nel giugno del ’39, ha scritto: «Voglio<br />

l’utopica combinazione di sicurezza<br />

e libertà, e ho il bisogno emotivo di<br />

sentirmi completamente presa dal lavoro<br />

o dall’uomo che amo».<br />

Alla fine della guerra quale vita aspetta<br />

questa donna che si avvicina ai quarant’anni<br />

e ha avuto tanto, attraversando<br />

le avanguardie culturali degli anni<br />

Trenta e gli orrori bellici degli anni Quaranta?<br />

Nel 1947 resta incinta, sposa Penrose<br />

e vanno a vivere nella campagna del<br />

Sussex, dove riceveranno gli amici, tornando<br />

spesso in Francia. Visiting Picasso,<br />

la raccolta di una montagna di lettere<br />

di Penrose all’artista e delle pochissime<br />

dell’artista a lui, curata da Elizabeth<br />

Cowling, è illustrata dalle foto ossessive<br />

di Lee a Picasso: nel suo studio a Vallauris,<br />

con la sua nuova compagna Jacqueline,<br />

davanti alle sue opere, nella casa di<br />

Mougins, mentre srotola un suo arazzo,<br />

assieme a Georges Braque, con il piccolo<br />

Anthony, il figlio che Lee non saprà<br />

amare abbastanza. Per una donna che<br />

ha avuto tanto, forse invecchiare e adattarsi<br />

a una quotidianità non esaltante è<br />

impossibile. Lee è sempre stata una forte,<br />

allegra bevitrice, ma ormai è alcoliz-<br />

Celebre la foto di lei,<br />

aprile ’45 a Monaco,<br />

nuda nella vasca<br />

della casa di Hitler<br />

zata e depressa: si dedica al giardino, diventa<br />

una gran cuoca, progetta banchetti<br />

surrealisti: ma la sua vita è stata altra,<br />

meravigliosa, struggente e perduta.<br />

Così indimenticabile da volerla dimenticare,<br />

nascondere, cancellare.<br />

Anche gli altri l’avevano dimenticata.<br />

Solo alla fine della sua vita, il passato ricominciò<br />

ad emergere attraverso le ricerche<br />

che studiosi o curatori di mostre<br />

facevano di altri artisti surrealisti, come<br />

appunto Man Ray, e cominciarono a<br />

cercarla, come testimone e non come<br />

protagonista. Ma alle lettere non rispondeva,<br />

e del resto era certa che del<br />

suo amatissimo lavoro non fosse rimasto<br />

nulla, «perduto a New York, distrutto<br />

dagli occupanti tedeschi a Parigi,<br />

bombardato e incendiato a Londra durante<br />

il Blitz, e pure la Condè Nast ha<br />

buttato via sia le mie foto di moda che<br />

quelle di guerra… Io stessa non ho ancora<br />

avuto la forza di guardarmi intorno,<br />

e cercare, e pensare al passato». Comunque<br />

non lo fece mai: lo fece dopo la<br />

sua morte il figlio Anthony, con cui si era<br />

riconciliata negli ultimi mesi di vita, e<br />

che solo allora, frugando nel disordine e<br />

nell’abbandono della sua casa nel Sussex,<br />

scoprì che la vecchia, difficile e malata<br />

signora che lo aveva messo al mondo<br />

senza riuscire ad essergli madre, era<br />

stata una mitica bellezza, una star cosmopolita,<br />

una musa dei surrealisti, una<br />

celebre modella, una grande fotografa,<br />

una coraggiosa fotoreporter di guerra,<br />

una donna molto amata, desiderata,<br />

ammirata. Tante, troppe vite in cui non<br />

c’era stato posto per lui, l’unico figlio nato<br />

quando tutte le esperienze erano state<br />

vissute al massimo e non ne era rimasta<br />

nessuna.<br />

<strong>Repubblica</strong> Nazionale

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