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la strategia mafiosa - Misteri d'Italia

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Lo vide per <strong>la</strong> prima volta a Borgo Mo<strong>la</strong>ra, in un incontro che ebbe con Giovanni Brusca, Ganci Raffaele, Ganci<br />

Domenico (figlio di Raffaele), Motisi Matteo e, appunto, il Provenzano.<br />

Nel corso di quest’incontro discussero di cose di routine (“interessi, rapporti di <strong>la</strong>voro, di qualche ditta che ci<br />

interessava a lui, a Provenzano”). Non fecero alcun accenno ad azioni di sangue.<br />

Un altro incontro lo ebbe con Provenzano ad Altarello di Baida, verso <strong>la</strong> fine di maggio del 1993. Nel corso di<br />

quest’incontro, a cui parteciparono anche Ganci Raffaele e Miche<strong>la</strong>ngelo La Barbera, il Provenzano parlò del<strong>la</strong><br />

possibilità di “pigliare il capitano Ultimo vivo”. Poi aggiunse: “Se non dovessimo riuscire a pigliarlo vivo ci si spara”. 76<br />

Circa il motivo per cui Provenzano voleva catturare e uccidere il capitano Ultimo il Cancemi ha detto:<br />

“Ma guardi, io le posso dire che - se posso usare questa espressione - <strong>la</strong> musica dei Corleonesi era sempre uguale, non<br />

è che era cambiata quando diciamo, dopo l'arresto di Riina. Le cose continuavano, diciamo. Perché loro hanno detto<br />

sempre: 'finché c'è un corleonese in giro, vivo, le cose non devono cambiare mai'. Hanno avuto sempre questa<br />

espressione. E quindi io le posso dire questo, diciamo”.<br />

Sempre nel corso di quest’incontro il Provenzano fece, su sua domanda, un accenno ai “carcerati”, per dire che tutto<br />

procedeva bene:<br />

“Quindi io mi ricordo che ci ho chiesto a Provenzano: 'questi carcerati, che si dice...', insomma, ci ho fatto un<br />

discorsetto così: 'questi carcerati, che si dice?'.<br />

Lui mi ha risposto con queste parole: 'Totuccio, stai tranquillo che stiamo andando avanti. Le cose<br />

camminano bene”.<br />

Da qui egli arguì che i propositi di Riina sul 41/bis e <strong>la</strong> legge sui pentiti erano diventati i propositi di quelli che presero<br />

le redini di Cosa Nostra dopo il suo arresto. Dice infatti:<br />

“Ma questo io lo posso dire con assoluta certezza, sì. Perché io l'ho sentito da Provenzano. Attenzione, Provenzano è lo<br />

stesso di Riina, lo stesso livello. Quindi, quando io c'è stato che c'ho chiesto: 'che si dice per i carcerati, speranze...',<br />

queste cose, lui mi disse: 'Totuccio, le cose stanno andando bene, stiamo tutti tranquilli che le cose stanno andando<br />

bene'.<br />

Quindi mi ha voluto dire che le cose funzionavano anche con l'assenza di Riina, su quelle strategie di Riina.<br />

Non è che era venuta meno, diciamo, quel<strong>la</strong> di... dopo l'arresto di Riina.<br />

Questo. Quindi, per me, ecco perché vi dico, sì, sono certo, perché Provenzano mi ha detto queste parole.” 77<br />

Ha detto che, dopo l’arresto di Riina, Provenzano aveva ottimi rapporti con Bagarel<strong>la</strong>, con Brusca e con “i Graviano”.<br />

Ha concluso dicendo di non sapere nul<strong>la</strong> delle stragi del 1993-94. Tuttavia, in base al<strong>la</strong> sua ventennale esperienza di<br />

“cosa nostra”, ritiene si tratti del<strong>la</strong> continuazione di ciò che era successo in Sicilia nel 1992.<br />

Nell’individuazione degli obiettivi da colpire <strong>la</strong> mafia, ha aggiunto, fu sicuramente guidata da una mano esterna.<br />

Ferro Giuseppe (Entrato in cosa nostra nel 1976 – Capomandamento di Alcamo dal 1992 – Arrestato il 30-1-95 –<br />

Col<strong>la</strong>borante da giugno 1997).<br />

Il Ferro, come si è visto nel<strong>la</strong> parte re<strong>la</strong>tiva agli esecutori materiali delle stragi, ha dichiarato di essere stato informato<br />

dal figlio, poco dopo essere uscito dal carcere (29-4-93), del<strong>la</strong> richiesta di un garage allo zio Messana, fatta su<br />

insistenza di Ca<strong>la</strong>brò.<br />

Egli vide personalmente il Ca<strong>la</strong>brò tra il 16 e il i8 maggio 1993, a cui chiese spiegazioni sulle iniziative in corso.<br />

Ca<strong>la</strong>brò gli disse che, poi, “Luca e Matteo” gli avrebbero spiegato ogni cosa.<br />

L’incontro di Bagheria di giugno 1993. In effetti, ha proseguito, incontrò “Luca e Matteo” (Bagarel<strong>la</strong> Leoluca e Matteo<br />

Messina Denaro) a Bagheria, intorno al 10 giugno 1993, dopo <strong>la</strong> strage di Firenze. A quest’incontro partecipò anche<br />

Giuseppe Graviano, nonché altre persone, di cui non si ricorda.<br />

In quest’incontro par<strong>la</strong>rono di ciò che stava accadendo (non fornisce chiarimenti su ciò che realmente si dissero). Poi<br />

Bagarel<strong>la</strong> aggiunse che, “di sti fatti d’ora” (cioè, del<strong>la</strong> strage di Firenze) non bisognava fare paro<strong>la</strong> con nessuno<br />

(“discussi sigil<strong>la</strong>ti”), nemmeno con i più “intimi”.<br />

76 “Ultimo” è il capitano dei Carabinieri che aveva catturato Riina.<br />

77 Fasc. n. 172, pag. 47 e seg.

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