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Sentenza della Corte di Appello di Roma Sezione ... - Cittadinanzattiva

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apporti già in essere (cfr. sentenza, pag. 58); statuendo che la Banca Popolare dovrà<br />

ottemperare all’inibitoria rinunciando all’uso delle clausole, ovvero mo<strong>di</strong>ficandole, nel<br />

senso <strong>di</strong> eliminare i profili <strong>di</strong> abusività. La doglianza è motivata con il carattere <strong>di</strong><br />

condanna in futuro ad un "non fare", connaturale con il giu<strong>di</strong>cato inibitorio, che per<br />

definizione non potrebbe retroagire su clausole già inserite in contratti vigenti.<br />

Adducono altresì che sarebbe improprio iI riferimento contenuto in sentenza alla<br />

<strong>di</strong>sciplina transitoria, che concernerebbe invece l’inibitoria in or<strong>di</strong>ne a contratti conclusi<br />

anteriormente all’entrata in vigore <strong>della</strong> Iegge 52/96.<br />

Il motivo è infondato.<br />

La tesi secondo cui l’illegittimità <strong>di</strong>chiarata in sentenza - e più in generale l’applicazione<br />

per l’avvenire dello stesso ius superveniens - coinvolgerebbe solo lo svolgimento futuro<br />

<strong>della</strong> clausola o del contratto impugnato, non è nuova nella casistica giurisprudenziale in<br />

materia bancaria (v. precedenti in tema <strong>di</strong> interessi usurari e <strong>di</strong> fideiussione omnibus).<br />

Essa confonde l’irretroattività naturale dell’abrogazione <strong>di</strong> una norma - fenomeno che<br />

consiste nella posizione <strong>di</strong> un limite temporale <strong>di</strong> vigenza e che non tocca i rapporti gia<br />

costituiti (salvo espressa volontà del legislatore) - con la <strong>di</strong>chiarazione <strong>di</strong> illegittimità <strong>di</strong><br />

una norma; o, come nella specie, <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sposizione negoziale. In questo caso, infatti, la<br />

pronuncia implica invali<strong>di</strong>tà "ab origine"; e riverbera effetti imme<strong>di</strong>ati sui contratti in<br />

corso d’esecuzione; con esclusione solo dei rapporti esauriti.<br />

La tesi in esame porterebbe, per contro, nei contratti <strong>di</strong> durata - quali sono, per la quasi<br />

totalità, quelli presi in esame - a <strong>di</strong>suguaglianze irragionevoli, oltre che inique, tra identici<br />

rapporti contemporaneamente in vigore: dei quali, taluni continuerebbero ad essere<br />

regolati da clausole <strong>di</strong>chiarate abusive. Il che, a ben vedere, porterebbe, anzi, a<br />

configurarne ad<strong>di</strong>rittura l’ultrattività: in ipotesi, suscettibile <strong>di</strong> perdurare "sine <strong>di</strong>e", nei<br />

rapporti a tempo indeterminato (come ad es. i conti coirenti per corrispondenza), o in caso<br />

<strong>di</strong> rinnovazione tacita del contratto.<br />

I riferimenti testuali all’art. 1469 quinquies ed alla <strong>di</strong>rettiva CEE confortano l’assunto.<br />

Giacché la locuzione "inibire l’uso delle con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> cui sia accertata l’abusività" non si<br />

riferisce al solo atto istantaneo dell’inserzione <strong>della</strong> clausola in un nuovo contratto (ciò<br />

che avrebbe senso solo se si trattasse <strong>di</strong> un contratto ad effetti reali o ad esecuzione<br />

istantanea); bensi all’utilizzazione - pressoché quoti<strong>di</strong>ana - che delle clausole vessatorie si<br />

continuerebbe, altrimenti, a fare nello svolgimento <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> (lunga) durata. Pertanto,<br />

come non è dubbio che, in un giu<strong>di</strong>zio in<strong>di</strong>viduale, la caducazione <strong>della</strong> clausola<br />

vessatoria abbia effetto ex tunc, così, per effetto dell’accoglimento dell’azione inibitoria -<br />

che, per sua natura, proietta su scala generale i medesimi effetti ("class action") - l’uso<br />

concreto delle clausole vessatorie <strong>di</strong>viene automaticamente illegittimo.<br />

L’interpretazione offerta trae, del resto, in<strong>di</strong>retto conforto anche dalla sentenza <strong>della</strong><br />

<strong>Corte</strong> Costituzionale 17 ottobre 2000, n.. 425, che ha <strong>di</strong>chiarato l’illegittimità dell’articolo<br />

25, comma III, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 342 in relazione a una delle clausole<br />

abusive poc’anzi esaminate, e cioè quella dell’anatocismo: sentenza, la cui rilevanza, "in

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