Scarica il numero 12 in formato pdf - ORASABRUZZO
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SPECIALE CONVEGNO<br />
La dimensione transgenerazionale<br />
della genitorialità<br />
di Maria Crist<strong>in</strong>a Truppi<br />
Psicologa - Psicoterapeuta Spiga (Società di Psicanalisi Interpersonale e Gruppo Analisi)<br />
Quando F<strong>il</strong>omena Cioppi,<br />
Presidente dell’ord<strong>in</strong>e<br />
degli Assistenti Sociali della<br />
nostra regione, mi ha proposto<br />
di partecipare a questo convegno<br />
come psicologa, mi sono<br />
sentita molto lus<strong>in</strong>gata; ma,<br />
dopo <strong>il</strong> primo entusiasmo, un<br />
senso di <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e mi ha<br />
pervaso nell’apprendere che<br />
esso si sarebbe tenuto nell’aula<br />
cons<strong>il</strong>iare dell’Ospedale<br />
Santa Maria di Collemaggio.<br />
Poi l’<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e pian piano<br />
mi ha costretto a ricordare.<br />
Il 19 maggio di 32 anni fa <strong>in</strong><br />
questo edificio severo che oggi<br />
ci ospita, io <strong>in</strong>iziavo <strong>il</strong> mio percorso<br />
lavorativo come assistente<br />
sociale psichiatrica.<br />
Queste mura ospitavano quello<br />
che allora era <strong>il</strong> secondo reparto<br />
uom<strong>in</strong>i e proprio qui, <strong>in</strong><br />
questa grande sala, si trovava<br />
l’<strong>in</strong>fermeria, lo spazio dove i<br />
pazienti venivano a morire e<br />
dove la morte arrivava senza<br />
trovare la necessaria dignità.<br />
E nel reparto <strong>in</strong>fatti non si viveva<br />
né si moriva <strong>in</strong> dignità.<br />
Era diffic<strong>il</strong>e avere scarpe, <strong>in</strong>dumenti,<br />
detersivi, e ogni<br />
giorno, attirati dal fragrante<br />
odore del pane fresco, arrivavano<br />
gli scarafaggi. D’altro<br />
canto, neanche la “pazzia“ arrestava<br />
l’<strong>in</strong>esorab<strong>il</strong>e scorrere<br />
del tempo e anche <strong>in</strong> manicomio<br />
la vita si concludeva <strong>in</strong><br />
modo naturale con la morte.<br />
Jorge Luis Borges ha detto:<br />
“La morte è un’usanza che<br />
tutti prima o poi dobbiamo rispettare”;<br />
ed Em<strong>il</strong> Cioran, saggiatore<br />
franco-rumeno: “La<br />
morte è ciò che la vita ha <strong>in</strong>ventato<br />
di più solido e sicuro”<br />
e, ancora, Ph<strong>il</strong>ippe Ariés, tanatologo:<br />
“Aiutare la morte ad<br />
uscire dal nascondimento significa<br />
aiutare la vita e dimenticare<br />
la morte ed i morti significa<br />
rendere un pessimo<br />
servizio alla vita e ai vivi”.<br />
Ma qui si viveva e si moriva nel<br />
nascondimento.<br />
NEWS NEWS<br />
ABRUZZO<br />
A 25 anni è diffic<strong>il</strong>e tollerare <strong>il</strong><br />
senso di impotenza davanti<br />
alla sofferenza umana, non ci<br />
si può rassegnare né accettare<br />
la rassegnazione di chi vive e<br />
muore senza dignità.<br />
Provo tuttora dolore nell’entrare<br />
<strong>in</strong> questo spazio oggi tras<strong>formato</strong><br />
che accoglie le nostre<br />
riflessioni, al pensiero che<br />
le risorse economiche, che allora<br />
non c’erano per migliorare<br />
le condizioni di vita degli<br />
ospiti, arrivavano puntualmente<br />
quando gli stessi spazi<br />
venivano dest<strong>in</strong>ati ad altro<br />
uso.<br />
Insieme allo smarrimento, lo<br />
sgomento e l’impotenza di<br />
quei giorni, mi torna <strong>in</strong> mente<br />
la prima dimissione, quella di<br />
Ugo, e la sua supplichevole<br />
giornaliera richiesta: “Assistente,<br />
pane e cipolla, ma voglio<br />
morire a casa mia…” (ma<br />
quale casa!!!)<br />
Ricordo che, d<strong>il</strong>aniata dal conflitto<br />
tra dimissione o non dimissione,<br />
che Ugo mi costr<strong>in</strong>geva<br />
ad affrontare, chiesi<br />
aiuto a F<strong>il</strong>omena , la più competente<br />
e lucida di noi, allora<br />
gruppo di 7 oggi purtroppo ridotto<br />
a 6, perché Giorgio è<br />
morto ieri, alla vig<strong>il</strong>ia di questo<br />
convegno.<br />
F<strong>il</strong>omena con semplicità e lucidità<br />
mi rispose: Ma lui che<br />
vuole?<br />
Così Ugo tornò a casa e io rimasi<br />
a tormentarmi, <strong>in</strong>terrogandomi<br />
quanto avessi fatto <strong>il</strong><br />
suo bene o quanto avessi sbagliato<br />
nel lasciare quest’uomo,<br />
che pure lo desiderava tanto,<br />
a confrontarsi con i problemi<br />
di sopravvivenza giornaliera.<br />
Qui, fra queste mura, a contatto<br />
con un’umanità f<strong>in</strong>o a<br />
poco prima conosciuta solo per<br />
def<strong>in</strong>izione nosografica, appresa<br />
sui libri di testo, lottando<br />
con lo sconforto e la<br />
tentazione di una rassegnazione,<br />
passavo <strong>il</strong> tempo pomeridiano<br />
a leggere le cartelle<br />
cl<strong>in</strong>iche dei pazienti, la loro<br />
lunga storia istituzionale, studiavo<br />
<strong>il</strong> significato delle diagnosi<br />
loro attribuite.<br />
Poi parlavo con loro. E loro<br />
erano ben altro!<br />
E così non riuscivo ad accettare<br />
le prospettive terrib<strong>il</strong>i che<br />
la diagnosi riservava loro: doveva<br />
esserci <strong>in</strong> loro qualcosa,<br />
qualche residua potenzialità<br />
che poteva essere riattivata!<br />
Questa mia fede nella sopravvivenza<br />
di risorse umane <strong>in</strong><br />
persone spesso abbrutite da<br />
decenni di vita manicomiale<br />
mi ha sp<strong>in</strong>to a cercare conferme<br />
e confronti.<br />
Così è partito un mio duplice”<br />
movimento migratorio”, l’uno<br />
di tipo culturale, che mi ha<br />
sp<strong>in</strong>to, oltre che ad una formazione<br />
sistemico-relazionale<br />
e più recentemente psicanalitica,<br />
a frequentare un corso di<br />
studi universitari, conclusosi<br />
con la laurea <strong>in</strong> psicologia, e<br />
l’altro di tipo spaziale, che mi<br />
ha portato ad attraversare<br />
tutte le realtà istituzionali del<br />
dipartimento psichiatrico f<strong>in</strong>o<br />
all’attuale collocazione presso<br />
<strong>il</strong> Servizio Territoriale di Neuropsichiatria<br />
Infant<strong>il</strong>e.<br />
Ed è qui che, alcuni mesi fa,<br />
un’esperienza apparentemente<br />
banale per la sua quotidianità,<br />
mi ha <strong>in</strong>dotto a compiere<br />
delle riflessioni che voglio<br />
condividere con Voi.<br />
Mi viene <strong>in</strong>viato, con la sua famiglia<br />
composta dai genitori e<br />
da un fratello m<strong>in</strong>ore, un bamb<strong>in</strong>o<br />
iperattivo di 7 anni.<br />
Siamo nella fase diagnostica e,<br />
parlando della famiglia allargata,<br />
la madre sussurra sommessamente:<br />
Mia sorella se ne<br />
è andata a 36 anni.<br />
Secco e con tono sarcastico, <strong>il</strong><br />
bamb<strong>in</strong>o puntualizza: Se n’è<br />
andata ?!... S’è morta!!! È<br />
gelo.<br />
E, un po’ più tardi, con lo<br />
stesso tono, rivolto ai genitori:<br />
Mi avevate detto che mi portavate<br />
a una dottoressa alta e<br />
bionda…” (mi guarda) ”non è<br />
alta, non è bionda, ci ha i<br />
nei… è vestita pure male!”<br />
Mentre si sprecano i rimproveri<br />
dei genitori, io mi sento centrifugata<br />
come <strong>in</strong> un<br />
frullatore. Che impunito! mi<br />
viene da pensare… Come osa…<br />
dire la verità?!<br />
Esprimo <strong>il</strong> mio pensiero sulla<br />
sua provocazione, ma soprattutto<br />
mi congratulo con lui, e,<br />
rivolta ai genitori, sottol<strong>in</strong>eo<br />
come <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o sia capace di<br />
chiamare le cose con <strong>il</strong> loro<br />
vero nome.<br />
Ha agito, ha comunicato la sua<br />
angoscia di morte.<br />
La morte è “<strong>il</strong> segno tragico<br />
della grandezza e miseria dell’uomo;<br />
è la gravosa nob<strong>il</strong>tà<br />
dell’unico essere vivente che<br />
sappia di dover morire. Anch’egli,<br />
l’homo sapiens, può<br />
non sapere perché vive e perché<br />
muore ma sa, lui solo, che<br />
vivendo ogni giorno muore.<br />
Quella angoscia è, paradossalmente,<br />
la garanzia dell’equ<strong>il</strong>ibrio<br />
e della sanità mentale”.<br />
(V. Messori)<br />
Ma lui, bamb<strong>in</strong>o di 7 anni, da<br />
troppo tempo la conosce; e<br />
non può esprimerla perché <strong>il</strong><br />
contesto degli adulti <strong>in</strong>torno a<br />
lui non può accettarlo.<br />
Nel breve spazio di tempo dell’<strong>in</strong>contro,<br />
per ben due volte,<br />
ha osato dire la verità e ha<br />
spiazzato noi adulti, mettendocela<br />
davanti <strong>in</strong> tutta la sua<br />
crudezza.<br />
Perché la provocazione? Perché<br />
mi ha colpito con tanta<br />
durezza? Per farmi “sentire”<br />
come sta male lui quando<br />
viene imbrogliato?<br />
“Penso che hai voluto farmi<br />
provare come ci si sente<br />
quando si è imbrogliati…”, gli<br />
dico.<br />
Alla f<strong>in</strong>e della seduta <strong>il</strong> bamb<strong>in</strong>o,<br />
sorprendendomi nuovamente,<br />
mi saluta con un conci-<br />
N. <strong>12</strong> - SETTEMBRE 2004 15