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Carlo Sgorlon - Udine Cultura

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A <strong>Sgorlon</strong> non è mancata l’occasione di dire quello che pensava del friulano e del problema<br />

della grafia, rispetto alla quale, a partire dall’esperienza della riscrittura del Dolfin, suggerisce di adottare<br />

la norma grafica più diffusa, condivisa e approvata dalla Società Filologica Friulana. 3 Sulla scelta<br />

di scrivere in friulano, guardando alla sua autobiografia linguistica, così si esprime un mese prima della<br />

sua scomparsa, in un’intervista rilasciata a Stefano Damiani:<br />

Io ho scritto tanto in italiano e non sentivo l’assillo di scrivere anche in friulano. Siccome, però, si sentono tante<br />

voci sul fatto che il Friuli non ha scrittori, ho voluto dare il mio contributo. E sono contento di averlo fatto, perché è un<br />

contributo alla cultura della mia regione, un omaggio al Friuli. [...] Devo dire che non mi pongo come salvatore della lingua.<br />

Ho scritto in friulano punto e basta. Vero è che la mia lingua madre è l’italiano: io ero figlio di una maestra e in casa<br />

mia ho parlato l’italiano fino a che avevo due anni e mezzo. Il friulano l’ho imparato più tardi in campagna, quando sono<br />

vissuto con i nonni. Per solito, le mie opere sono ricordate perché contengono i valori della civiltà friulana, però io mi occupo<br />

soprattutto di valori di natura universale e, anche se non sono di moda, se non si ritrovano nella società, nella storia,<br />

a me, per così dire, non me ne importa niente. Io ho una certa formazione etica e quella rappresento, in tutti i modi. 4<br />

Nella stessa intervista, con riferimento al progetto di Ombris tal infinît, vale la pena leggere come<br />

lo scrittore si pone nei confronti della sua narrativa friulana:<br />

È un romanzo differente dai miei altri friulani, ma anche differente dalla narrativa friulana. Perché intanto ci sono<br />

giudizi e valori universali, in secondo luogo tratto alcune realtà storiche che nei miei precedenti lavori non c’erano.<br />

Per esempio in “Prime di sere” era raccontata più che altro la civiltà contadina, mentre il “Dolfin” era una storia adolescenziale<br />

di un ragazzo che perde le illusioni e finisce per capire che la vita è un dovere pesante. Questo romanzo invece<br />

ha molti temi, a partire dalla problematica mediorientale, fino alle Brigate rosse, all’alluvione di cui si parla alla fine, che<br />

potrebbe essere quella di Latisana (anche se io non cito alcun paese), fino al tema della solitudine cosmica dell’uomo,<br />

che affiora qua e là nel romanzo. 5<br />

Pur considerando che le tre prose sono autonome e distinte dal punto di vista della narrazione,<br />

al di là dalle prese di posizione dell’autore verso il friulano, l’unità di lingua e di genere sollecita qualche<br />

riflessione a cui si accompagnerà la catalogazione di alcuni dati. Innanzitutto bisogna presupporre<br />

in filigrana alle tre esperienze un’impronta unitaria riconducibile a quella che <strong>Sgorlon</strong> chiama la sua<br />

“formazione etica” 6 e un procedere stilistico che – lo si può dire subito perché riguarda anche la narrativa<br />

in italiano – pare poco orientato all’escursione sul piano linguistico. Del resto lo scrittore non crea<br />

divario tra la narrativa in italiano e quella in friulano; soprattutto non definisce campi d’espressione diversi<br />

per i rispettivi codici. Il friulano di <strong>Sgorlon</strong> è sostanzialmente aderente alla cosiddetta koinè che si<br />

aggancia alle varietà centrali. Si tratta di un’operazione in equilibrio con l’assenza di ricerca di qualsiasi<br />

spessore sociolinguistico. La prosa si pone sul piano privilegiato della lingua letteraria, senza evidenti<br />

impennate lungo le diverse varietà del repertorio. 7<br />

3 <strong>Carlo</strong> <strong>Sgorlon</strong>, Il mio parere sulla grafia friulana, «La Panarie», 26 (marzo 1994), n. 100, p. 29-31 (su cui si veda lelo CJanTon,<br />

Lettera a “La Panarie”, «La Panarie», 27 (marzo 1995), n. 104, p. 79-80). Sull’uso del friulano nella scrittura letteraria, si legga<br />

quanto <strong>Sgorlon</strong> dichiara in liana niSSim, <strong>Sgorlon</strong> teste insolente, Op. cit., p. 136-137.<br />

4 STefano damiani, Il mistero del mondo nell’ultimo romanzo di <strong>Sgorlon</strong>, «La Vita Cattolica», 21 novembre 2009, disponibile in<br />

linea.<br />

5 Ibidem.<br />

6 Ibidem. Costantemente i testi risentono della concezione della storia, della natura e dell’uomo propri dell’autore.<br />

7 Manca uno studio sistematico sulla narrativa in friulano. Per un quadro di riferimento cfr. almeno rienzo Pellegrini, Tra lingua<br />

e letteratura. Per una storia degli usi scritti del friulano, <strong>Udine</strong>, Casamassima, 1987, p. 309-311, accanto id., Aspetti e<br />

problemi..., cit., p. 88-93 e giorgio faggin, La letteratura ladina del Friuli negli ultimi trent’anni, cit., p. 26-30. Per la narrativa<br />

in italiano si vedano elvio guagnini, Narrativa italiana in Friuli tra il 1968 e il 1969 (<strong>Sgorlon</strong>, Giacomini, Paolini), «Ce fastu?»

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