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memoria di un popolo esotico, i Tarahumara, le cui abitudini <strong>Sgorlon</strong> ricava dagli scritti di Antonin Artaud,<br />
un popolo che segue abitudini mistiche fondate sulla danza e che vive sulla Sierra Madre, in una<br />
condizione precedente alle innovazioni tecnologiche su cui si basa il mondo occidentale. E per questo<br />
in Alvar rivive qualcosa della nonna, la nobile Costanza, iniziata ai misteri della Terra, capace di una comunicazione<br />
con forze naturali. Costanza rappresenta il principio saldo di comunicazione con il creato<br />
che tutti i personaggi del romanzo, Alvar in primis, vanno cercando. In lei la Terra è forza riproduttiva<br />
ma anche morte e sacrificio, se è vero che l’anziana donna muore proprio spargendo il suo sangue nella<br />
terra dei suoi possedimenti e lasciandoli quindi in eredità al nipote. Costanza rappresenta un nucleo<br />
mitico intenso, un pensiero primitivo che Alvar deve metabolizzare nella sua ricerca. Per lui non può<br />
esserci pienezza mitica come per la nonna: <strong>Sgorlon</strong> è ben consapevole che il mito riesce a sopravvivere<br />
solo come memoria, come bagliore che illumina il presente, come recupero sempre ai limiti dell’impossibile.<br />
Per questo in Alvar devono trovare conciliazione la mitologia arcaica della nonna Costanza e il<br />
senso della proprietà terriera di un moderno amministratore che però impronta la sua visione a quella<br />
dei Tarahumara, per i quali non esiste il senso della proprietà ma i beni naturali sono condivisi.<br />
L’altro stratagemma con cui <strong>Sgorlon</strong> riesce a far sopravvivere le memorie del mito in un contesto<br />
completamente desacralizzato è la presenza della vita collettiva colta nel suo aspetto festoso e<br />
pubblico: la Sala Olympia, un lussuoso locale da ballo risalente alla Belle Époque, continua a essere il<br />
luogo frequentato dai personaggi, che vi ritrovano il sentimento di leggerezza e di spontaneità che si<br />
incarna nella danza. Alvar, Veronica, Marta, Edoardo sembra che siano sulla terra solo per trovare l’intreccio<br />
adatto ai loro destini, per entrare in rapporto e realizzare una linea coerente negli accordi reciproci.<br />
<strong>Sgorlon</strong> li segue nel delinearsi di campi magnetici con i quali si attraggono o si respingono, anche<br />
se c’è in loro la consapevolezza della dissoluzione e della scomparsa. Nella Sala Olympia “tutti si sentivano<br />
trasportati da un’onda alla quale si affidavano con letizia e con una leggera vertigine. Essa era la<br />
risultanza di varie cose, la musica, le luci, i colori, i profumi, le decorazioni di stile floreale. La saggezza<br />
elementare insegnava che a quell’onda conveniva abbandonarsi e lasciarsi trascinare da essa. La dolcezza<br />
del vivere consisteva nel non opporsi alla corrente” 2 (190). Ma i personaggi esistono in quanto i<br />
loro destini producono effetti positivi dovuti a un agire e a un fare fondati sulla sapienza tecnica: sono<br />
artisti, creatori, pensatori, sono in realtà tutte immagini del creare artistico-letterario e del suo muoversi<br />
nel dubbio e nell’incertezza. Per questo, un romanzo di <strong>Sgorlon</strong> ha l’aspetto di un oggetto solidissimo<br />
e concreto, ma al suo interno si muove una forza disgregante che lentamente corrode le frasi e consuma<br />
le parole, lasciando appena alla fine un appiglio con la concretezza del mondo.<br />
Compare qui la concezione scientifica dello scrittore, concezione che convive con la visione mitica<br />
e di cui Alvar dà una prima versione:<br />
A volte, pensando alla propria inconsistenza, gli pareva di essere un’ombra cui non corrisponde niente di solido<br />
e di sostanziale. Anche la materia era fatta enormemente più di vuoti che di pieni, ossia di particelle infinitamente piccole,<br />
organizzate da un quid che nessuno sapeva cosa fosse, un’energia senza massa e senza dimensione. Sarebbe bastata<br />
una brevissima disfunzione di un paio d’ore, nel sistema della gravitazione universale, perché la terra uscisse dall’orbita,<br />
e si perdesse negli spazi siderali per sempre... 3<br />
Questa visione atomistica, rinforzata dalle teorie sull’energia insita nella materia, sembra corrodere<br />
dall’interno gli intrecci complicatissimi e elaborati dei racconti di <strong>Sgorlon</strong>, che ne darà diverse<br />
2 <strong>Carlo</strong> <strong>Sgorlon</strong>, L’uomo di Praga, cit. p. 190.<br />
3 Ibidem.<br />
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