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Carlo Sgorlon - Udine Cultura

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memoria di un popolo esotico, i Tarahumara, le cui abitudini <strong>Sgorlon</strong> ricava dagli scritti di Antonin Artaud,<br />

un popolo che segue abitudini mistiche fondate sulla danza e che vive sulla Sierra Madre, in una<br />

condizione precedente alle innovazioni tecnologiche su cui si basa il mondo occidentale. E per questo<br />

in Alvar rivive qualcosa della nonna, la nobile Costanza, iniziata ai misteri della Terra, capace di una comunicazione<br />

con forze naturali. Costanza rappresenta il principio saldo di comunicazione con il creato<br />

che tutti i personaggi del romanzo, Alvar in primis, vanno cercando. In lei la Terra è forza riproduttiva<br />

ma anche morte e sacrificio, se è vero che l’anziana donna muore proprio spargendo il suo sangue nella<br />

terra dei suoi possedimenti e lasciandoli quindi in eredità al nipote. Costanza rappresenta un nucleo<br />

mitico intenso, un pensiero primitivo che Alvar deve metabolizzare nella sua ricerca. Per lui non può<br />

esserci pienezza mitica come per la nonna: <strong>Sgorlon</strong> è ben consapevole che il mito riesce a sopravvivere<br />

solo come memoria, come bagliore che illumina il presente, come recupero sempre ai limiti dell’impossibile.<br />

Per questo in Alvar devono trovare conciliazione la mitologia arcaica della nonna Costanza e il<br />

senso della proprietà terriera di un moderno amministratore che però impronta la sua visione a quella<br />

dei Tarahumara, per i quali non esiste il senso della proprietà ma i beni naturali sono condivisi.<br />

L’altro stratagemma con cui <strong>Sgorlon</strong> riesce a far sopravvivere le memorie del mito in un contesto<br />

completamente desacralizzato è la presenza della vita collettiva colta nel suo aspetto festoso e<br />

pubblico: la Sala Olympia, un lussuoso locale da ballo risalente alla Belle Époque, continua a essere il<br />

luogo frequentato dai personaggi, che vi ritrovano il sentimento di leggerezza e di spontaneità che si<br />

incarna nella danza. Alvar, Veronica, Marta, Edoardo sembra che siano sulla terra solo per trovare l’intreccio<br />

adatto ai loro destini, per entrare in rapporto e realizzare una linea coerente negli accordi reciproci.<br />

<strong>Sgorlon</strong> li segue nel delinearsi di campi magnetici con i quali si attraggono o si respingono, anche<br />

se c’è in loro la consapevolezza della dissoluzione e della scomparsa. Nella Sala Olympia “tutti si sentivano<br />

trasportati da un’onda alla quale si affidavano con letizia e con una leggera vertigine. Essa era la<br />

risultanza di varie cose, la musica, le luci, i colori, i profumi, le decorazioni di stile floreale. La saggezza<br />

elementare insegnava che a quell’onda conveniva abbandonarsi e lasciarsi trascinare da essa. La dolcezza<br />

del vivere consisteva nel non opporsi alla corrente” 2 (190). Ma i personaggi esistono in quanto i<br />

loro destini producono effetti positivi dovuti a un agire e a un fare fondati sulla sapienza tecnica: sono<br />

artisti, creatori, pensatori, sono in realtà tutte immagini del creare artistico-letterario e del suo muoversi<br />

nel dubbio e nell’incertezza. Per questo, un romanzo di <strong>Sgorlon</strong> ha l’aspetto di un oggetto solidissimo<br />

e concreto, ma al suo interno si muove una forza disgregante che lentamente corrode le frasi e consuma<br />

le parole, lasciando appena alla fine un appiglio con la concretezza del mondo.<br />

Compare qui la concezione scientifica dello scrittore, concezione che convive con la visione mitica<br />

e di cui Alvar dà una prima versione:<br />

A volte, pensando alla propria inconsistenza, gli pareva di essere un’ombra cui non corrisponde niente di solido<br />

e di sostanziale. Anche la materia era fatta enormemente più di vuoti che di pieni, ossia di particelle infinitamente piccole,<br />

organizzate da un quid che nessuno sapeva cosa fosse, un’energia senza massa e senza dimensione. Sarebbe bastata<br />

una brevissima disfunzione di un paio d’ore, nel sistema della gravitazione universale, perché la terra uscisse dall’orbita,<br />

e si perdesse negli spazi siderali per sempre... 3<br />

Questa visione atomistica, rinforzata dalle teorie sull’energia insita nella materia, sembra corrodere<br />

dall’interno gli intrecci complicatissimi e elaborati dei racconti di <strong>Sgorlon</strong>, che ne darà diverse<br />

2 <strong>Carlo</strong> <strong>Sgorlon</strong>, L’uomo di Praga, cit. p. 190.<br />

3 Ibidem.<br />

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