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games | SPECIALE<br />
Da allora, Metal Gear non<br />
ebbe altro riferimento che<br />
Metal Gear, e per il franchise<br />
iniziò quella che si<br />
potrebbe definire l'era del<br />
Romanticismo. La saga, con<br />
Snake Eater e Portable Ops,<br />
esplorò il suo passato,<br />
dando corpo e sostanza tridimensionale<br />
al suo universo<br />
e ai suoi miti<br />
fondativi (in primis The<br />
Boss). Mentre il gameplay<br />
seguitava a stratificarsi e<br />
complicarsi attorno all'ossatura<br />
portante, i temi del<br />
ricordo e del rimpianto iniziarono<br />
a farsi strada e<br />
quella che era nata come<br />
una saga di spionaggio<br />
high-tech divenne sempre<br />
di più un dramma familiare<br />
dalle tinte greco-classiche,<br />
distesa e ramificata attraverso<br />
i recessi del XX secolo<br />
e della sua Pax Americana.<br />
La creatura, episodio dopo<br />
episodio, era cresciuta immensamente,<br />
ormai un<br />
corpo impossibile da nutrire<br />
con “semplici” innovazioni<br />
e parziali correzioni di<br />
rotta. Guns of the Patriots,<br />
l'esordio su PS3 della saga,<br />
fu nei fatti una colossale<br />
funzione funebre per il<br />
franchise e la sua storyline<br />
principale. Uno Snake dal<br />
corpo vecchio ed esausto<br />
ingaggiò un'ultima lotta e,<br />
attraverso questa, riannodò<br />
ogni laccio dimenticato<br />
della storia di Metal Gear,<br />
acquisendo piena consapevolezza<br />
del passato della<br />
sua dinastia e sistemando i<br />
conti in sospeso con i nemici<br />
di sempre (tra essi i Patriots,<br />
nemici per<br />
definizione). Il giocatore,<br />
parallelamente, viveva il<br />
suo amarcord fatto di location<br />
familiari, reminiscenze<br />
fuggenti, vecchi artritici<br />
meccanismi di controllo<br />
PLAYERS 14 PAGINA 96<br />
che a tratti erano l'unico<br />
modo di proseguire.<br />
Un'esperienza che rappresentò<br />
al contempo un abbraccio<br />
affettuoso ai fan<br />
più irriducibili e uno<br />
schiaffo in faccia a chiunque<br />
altro.<br />
Seguì un lungo silenzio,<br />
un silenzio che per certi<br />
versi, e al netto di side products<br />
di lusso, dura tutt'ora<br />
e che dopo un decennio di<br />
uscite clamorose e incessanti<br />
risulta doppiamente<br />
assordante: a 25 anni dall'inizio<br />
di tutto, non è più<br />
chiaro che cosa Kojima intenda<br />
fare di Metal Gear.<br />
C'è da scommettere che il<br />
responsabile marketing, in<br />
qualche sala riunioni di<br />
Roppongi Hills, sventoli da<br />
mesi la mano per prendere<br />
la parola; con l'altra mano,<br />
indica un elefante seduto<br />
goffamente nella stanza, di<br />
nome “MGS5”. Il problema è<br />
che, dietro l'etichetta dal<br />
nome altisonante, si cela un<br />
gomitolo di problemi e<br />
contraddizioni da mal di<br />
testa. La saga dei serpenti è<br />
di fatto finita con Guns of<br />
the Patriots, e non se ne immagina<br />
un possibile ritorno<br />
(non rimanendo nel perimetro<br />
del buon gusto). Un<br />
ennesimo riesame del passato<br />
remoto della saga (Kojima<br />
ha accennato a un<br />
interesse per le gesta di The<br />
Boss durante il secondo<br />
conflitto mondiale) lascerebbe<br />
dei buoni margini di<br />
riuscita artistica, ma non farebbe<br />
uscire la saga dal suo<br />
loop di malinconia autoreferenziale<br />
e andrebbe nella<br />
direzione esattamente contraria<br />
a quella del profitto:<br />
in linea di massima, dati di<br />
vendita alla mano, Metal<br />
Gear vende quando è a<br />
tinte high-tech.