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Mariavittoria Spina
La filosofia del futuro
“Chi pensa sia necessario filosofare deve filosofare e chi pensa non si debba
filosofare deve filosofare per dimostrare che non si deve filosofare…”
(Aristotele, Esortazione alla filosofia)
All’inizio di questo nuovo anno vi invito a soffermarvi
sulle implicazioni di due termini che potrebbero
dare nuovo impulso alla nostra visione
del mondo.
Come è noto, filosofo significa ‘amante/amico
della sapienza’ (dal greco philos ‘amico’ e
sophos ‘sapiente’), vocabolo che secondo la
tradizione antica sarebbe stato introdotto da
Pitagora, il quale lo preferiva al termine sofo
‘sapiente’. Filosofia è quindi un termine comparso
in età ellenistica che sancendo il distacco
dalla presunzione di sapere, in favore della
necessità di una ricerca continua della conoscenza,
implica il porsi delle domande anziché
accumulare passivamente nozioni, e conduce
al rispetto nei confronti della sapienza, che
però appartiene interamente solo al divino. La
definizione di filosofia suscitò ampie discussioni
nei secoli, giustificando la paradossale osservazione
dell’enciclopedia filosofica Macmillan
(2005), nella quale si legge che “definire la
filosofia è di per sé un problema filosofico”, pur
senza sminuire l’importanza di questa attività
dell’uomo pensante.
Anche il termine eclettismo ha origini greche,
deriva infatti dal verbo eklegein ‘scegliere, selezionare’,
e indica l’atteggiamento mentale di
chi recepisce e interseca elementi provenienti
da diversi sistemi di pensiero. Il metodo eclettico
si diffuse a partire dal II secolo a.C. nel
tentativo di conciliare la filosofia di Platone con
quella di Aristotele, e dilagò nel mondo romano
grazie agli insegnamenti di Filone di Larissa,
fondatore della Nuova Accademia platonica e
maestro di Cicerone. Non è facile tracciare un
percorso esauriente dell’eclettismo, in quanto
esso si ramifica nei settori più disparati, spesso
fiorendo nelle opere di autori controversi o
isolati dall’opinione pubblica, scrittori quali Richard
Bach, Colin Wilson, e Igor Sibaldi, autori
ignorati o frettolosamente accantonati come
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eccentrici da quanti giudicano un libro più dalla
forma che dal suo contenuto.
In un periodo come quello che stiamo vivendo,
soggetto a molteplici stimoli e bruschi cambiamenti,
il contributo degli scrittori dovrebbe essere
considerato soprattutto per le idee che introduce
e sviluppa. In questo senso, letteratura
diventa sinonimo di filosofia e nessun autore
può essere un filosofo più convinto dell’eclettico,
che per definizione si libera dai preconcetti
per intraprendere il proprio percorso conoscitivo
attraverso l’esperienza diretta ed il vaglio
delle fonti disponibili, come spiegava già Diderot
alla voce “eclettismo” dell’Enciclopedia.
Esplicando la tendenza a combinare teorie e
metodi apparentemente inconciliabili, l’eclettismo
presuppone una notevole capacità di
sintesi e di rielaborazione che i suoi detrattori
hanno reputato un sintomo di incoerenza o di
acriticità, scambiando l’elasticità di pensiero
degli eclettici per una mancanza di regole o di
rigore. In realtà, un eclettismo sano, in grado di
sintetizzare senza pregiudizi gli elementi più interessanti
presenti in svariati campi della conoscenza,
appare il metodo ottimale per attingere
alla conoscenza oggi, nell’epoca dell’informazione
globale, e sfuggire così all’assuefazione
mediatica, recuperando la capacità di dare la
propria interpretazione ai fatti ed agli eventi
che ci coinvolgono.
Questo mio breve excursus vuole essere un invito
alla libera filosofia, un’esortazione ad insistere
sul percorso della conoscenza seguendo
le proprie inclinazioni, senza permettere che
strutture preconcette influenzino il nostro modo
di vedere il mondo. Questo è anche il miglior
auspicio dell’eclettismo, un metodo filosofico
che trascendendo ogni filosofia prestabilita apparterrà
sempre al futuro dell’umanità.
Mariavittoria Spina
Dott. in Scienze Linguistiche