di Lorenzo Lorusso - iura orientalia
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L. LORUSSO – I monaci tra ius præcedens e ius vigens<br />
anche se costui non gode <strong>di</strong> alcun <strong>di</strong>ritto riguardo ad una possibile<br />
ammissione ai voti o <strong>di</strong>missione dal noviziato.<br />
Terminato il noviziato, se il novizio è giu<strong>di</strong>cato idoneo, sia ammesso alla<br />
professione, altrimenti sia <strong>di</strong>messo; ma se rimane un dubbio sulla sua<br />
idoneità, il tempo <strong>di</strong> noviziato può essere prorogato, a norma del tipico, non<br />
però oltre un anno (can. 461 §2).<br />
Il can. 461 §2 contempla il caso <strong>di</strong> un possibile prolungamento del<br />
noviziato; il tipico ne stabilirà i motivi e le circostanze. La proroga avviene<br />
“a norma del tipico” nel senso che il Superiore potrà decidere da solo oppure<br />
col consenso o parere del consiglio e del maestro. In un monastero, le<br />
circostanze rendono un prolungamento più <strong>di</strong>fficile, soprattutto se il novizio<br />
rimane sotto la <strong>di</strong>rezione del maestro dei novizi, mentre un cambiamento <strong>di</strong><br />
monastero e anche una <strong>di</strong>pendenza da un Superiore locale possono favorire<br />
uno sviluppo migliore e permettere un giu<strong>di</strong>zio più positivo. Questo<br />
prolungamento è limitato dal <strong>di</strong>ritto ad un anno; nel can. 105 §2 PA a sei<br />
mesi, negli or<strong>di</strong>ni e nelle congregazioni.<br />
Le parole del canone “(…) terminato il noviziato” significano alla fine<br />
<strong>di</strong> uno, <strong>di</strong> due o <strong>di</strong> tre anni <strong>di</strong> noviziato, cioè almeno un anno per coloro che<br />
emetteranno la professione temporanea, tre anni per coloro che emetteranno<br />
la professione perpetua. Tra le proposte fatte allo Schema del 1980, vi è<br />
quella <strong>di</strong> introdurre in tutti i monasteri la professione temporanea se essa<br />
corrisponde scientiæ psychologicæ principiis ex praxi optime probatis. Non<br />
si accetta, in quanto i principi della psicologia moderna, benché ottimi, non<br />
debbono influire sul Co<strong>di</strong>ce al punto da presentare questa professione<br />
temporanea come l’unico mezzo obbligatorio per tutti i monasteri per<br />
ottenere la piena maturità <strong>di</strong> coloro che si ammettono alla professione<br />
perpetua: la prassi monastica quasi bimillenaria, può ancora <strong>di</strong>mostrarsi<br />
valida, dati i tre anni <strong>di</strong> noviziato, che si richiedono nei monasteri, in piena<br />
austerità <strong>di</strong> vita 47 .<br />
Nell’emettere la professione si osservino le prescrizioni del tipico e dei libri<br />
liturgici (can. 462 §2).<br />
Il tipico stabilisce il rito della consacrazione o professione monastica,<br />
secondo le <strong>di</strong>verse tra<strong>di</strong>zioni. Il can. 112 PA aggiungeva che la professione<br />
temporanea nei monasteri doveva essere fatta in privato (§2).<br />
Per quanto riguarda i <strong>di</strong>versi gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> professione monastica, si stia al tipico<br />
del monastero, salvo restando il valore giuri<strong>di</strong>co della professione secondo il<br />
<strong>di</strong>ritto comune (can. 463).<br />
Il tipico stabilisce i gra<strong>di</strong> della professione monastica: professione<br />
temporanea o semplice, professione perpetua o solenne. Il can. 315 PA<br />
<strong>di</strong>ceva che «professio maior comprehen<strong>di</strong>t tum professionem monasticam<br />
tum professionem monasticae aequiparatam quae emittitur in Or<strong>di</strong>nibus;<br />
quaevis alia professio minor <strong>di</strong>citur».<br />
I monaci si possono <strong>di</strong>stinguere nelle tre classi seguenti: rasofori, così<br />
detti dal loro mantello o rason; staurofori, dalla croce che portano sull’abito,<br />
o microschemi, ossia <strong>di</strong> piccolo abito; ed infine i megaloschemi o <strong>di</strong> grande<br />
47 Can. 45§1 in Nuntia 16 (1983), 42.<br />
IURA ORIENTALIA III (2007), 83-118<br />
www.<strong>iura</strong><strong>orientalia</strong>.net<br />
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