Fiamma Cremisi - Associazione Nazionale Bersaglieri
Fiamma Cremisi - Associazione Nazionale Bersaglieri
Fiamma Cremisi - Associazione Nazionale Bersaglieri
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Tutti eroi o il Piave o tutti accoppati<br />
Meglio vivere un giorno da leoni che cento anni da pecora<br />
Risulta che anche Curzio Malaparte in un articolo<br />
intitolato “Alla cuccia e zitti”, apparso il 21 novembre<br />
1954 su IL TEMPO, alluse alla celebre<br />
scritta “Meglio vivere un giorno da leone che cento anni<br />
da pecora” senza peraltro accennare all’autore; per molti<br />
anni se ne parlò e fu scritto, così come di altre apparse ad<br />
iniziare dal 1918 del tipo: “Canta che ti passa”, attribuita<br />
ad un ignoto fante della Prima Guerra Mondiale ed incisa<br />
su una dolina carsica, come ricordato da Piero Jahier nel<br />
volume “Canti di soldati”; in merito anche il Petrarca<br />
scrisse “perché cantando il duol si disacerba”.<br />
Abbiamo accertato che il Museo Civico del Comune di<br />
San Donà di Piave conserva, lungo la siepe di cinta dell’Ossario<br />
di Fagaré, due pezzi di muro con quelle scritte<br />
che insistevano sulle pareti di una casa che una volta si<br />
trovava di fronte alla Stazione FF.SS. di Fagaré della Battaglia.<br />
(Vds foto)<br />
Orbene, sempre IL TEMPO del 14 gennaio 1958 riporta in<br />
prima pagina un titolo a tre colonne: IL FAMOSO MOT-<br />
TO DEL PIAVE FU SCRITTO DA UN UFFICIALE LU-<br />
CANO con nell’occhiello la frase “Meglio vivere un giorno<br />
da leone che cento anni da pecora” fu vergata da un…<br />
Capitano dei <strong>Bersaglieri</strong>!<br />
L’articolo relativo, a cura di Dante Pariset riferisce che un<br />
ex militare del Genio, classe 1892, di Salsomaggiore, tale<br />
Enzo Rapelli, in quel momento ricoverato nel “Villaggio<br />
della Carità” un ospizio dell'Opera Don Orione sul colle di<br />
Camaldoli sopra Genova, affermava di essere stato lui<br />
l’autore della scritta e non senza un certo disordine, di essere<br />
rimasto per trent'anni in silenzio, fedele alla consegna<br />
di autorità fasciste che gli avevano detto “ti aiuteremo a<br />
condizione che tu dimentichi di essere stato autore di quella<br />
scritta”, avevano bisogno del suo silenzio per creare un<br />
mito. L’articolo riporta inoltre che il Rapelli, sempre con<br />
un certo disordine, nella notte fra il 15 e il 16 ottobre<br />
1918, mentre sul Piave era in corso l'offensiva dell'VIII<br />
Armata, aveva scritto la storica frase sul muro di una sgretolata<br />
casetta fra Maser e Crocetta di Piave, servendosi di<br />
“un pezzo di carbone”. Evidentemente attratto dai clamori<br />
e non avendo ricevuto alcun cenno da quelle Autorità si<br />
era deciso a richiedere il sussidio a suo tempo promessogli<br />
in cambio del silenzio.<br />
Soggiunge sempre il Pariset, che gli risultava come da oltre<br />
quattro anni a incidere il motto non fu né un fante, come<br />
pensava Malaparte, né un geniere, poiché l'Ing. Carlo<br />
32<br />
Samuelli, che abitava a Roma in viale Liegi 42, era intervenuto<br />
per dirimere la questione sostenendo che era stato<br />
un suo vecchio amico di Matera a scrivere non solamente<br />
la frase celeberrima, ma anche quella non meno famosa:<br />
«Tutti eroi! O il Piave, o tutti accoppati!». Il Samuelli, riporta<br />
il Pariset, era Tenente del 2° Granatieri ed aveva conosciuto<br />
Ignazio Pisciotta, Capitano dei <strong>Bersaglieri</strong> da<br />
Matera, nell’Istituto Rizzoli di Bologna ove era ricoverato<br />
e ricordava che il Pisciotta era valorosissimo, quanto estremamente<br />
modesto, sostenendo inoltre che era difficile violare<br />
il carattere taciturno di quell'autentico eroe che non rivelò<br />
di essere stato autore delle due scritte, ma non vi accennò<br />
neppure molti anni dopo, quando le due frasi venivano<br />
incluse nei libri di testo delle scuole primaria e tutta<br />
Italia ne parlava.<br />
Dopo molti anni, in congedo, l'Ing. Samuelli incontrò nel<br />
1939 il suo vecchio compagno, mentre stava visitando il<br />
Museo dei <strong>Bersaglieri</strong> a Porta Pia ed Ignazio Pisciotta – riporta<br />
il Pariset - da Tenente Colonnello, ne era il direttore.<br />
Ebbene, neanche allora il Pisciotta rivelò il suo segreto finché<br />
gli ufficiali in congedo che all’epoca ricevevano la Rivista<br />
UOMINI, ebbero la sorpresa di leggere, a pag. 9 del<br />
numero di settembre-ottobre 1953, un articolo in cui si<br />
rammentava che tale frase, e l'altra egualmente famosa,<br />
erano state<br />
scritte con la stessa grafia su un rudere a Fagaré di Piave e<br />
non da sconosciuti, ma dal… nostro Pisciotta. In merito<br />
l’autore dell’articolo, tale Sernagiotto forniva tutta una serie<br />
di particolari che non lasciavano adito al minimo dubbio<br />
anche perché, nessuna smentita era mai pervenuta alla<br />
Direzione della rivista «Uomini».