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don Paolo Tammi - Parrocchia S. Pio X

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“AFRICA EXPRESS”<br />

LA FAMIGLIA<br />

IN AFRICA<br />

In Africa la famiglia è<br />

considerata il cardine<br />

fondamentale e insostituibile<br />

intorno al quale<br />

ruota l’intera vita sociale,<br />

dai piccoli villaggi rurali<br />

sperduti nel mezzo della<br />

savana alle grandi metropoli.<br />

Essa è ancora più importante della appartenenza ad una<br />

determinata etnia ed è composta da un minimo di 8/10<br />

persone. In media si arriva a circa 25/30.<br />

Tutta la vita di un africano è finalizzata al benessere ed alla<br />

stabilità della propria famiglia e, nel corso dei secoli tale<br />

scenario non è mai cambiato di molto se non dove vi è stata<br />

l’influenza di altre culture: in particolare quella araba prima<br />

e quella europea poi che hanno diffuso in Africa la religione<br />

islamica e quella cristiana.<br />

L’Islam ha corretto alcune regole tradizionali africane quali,<br />

ad esempio, il divieto per un uomo di avere più di quattro<br />

mogli mentre gran parte delle tribù africane non si ponevano<br />

limiti in tal senso. Di contro il Cristianesimo non poteva<br />

accettare (anche se in alcuni casi era costretto a tollerare)<br />

molte delle principali regole familiari: la poligamia, il matrimonio<br />

imposto, il pagamento della sposa, la possibilità di<br />

ripudiare le mogli sterili, l’esclusione delle <strong>don</strong>ne dalla<br />

eredità e via dicendo.<br />

In ogni caso, pur con le attenuazioni dovute al passare del<br />

tempo, la famiglia è, e rimarrà sempre, il primo pensiero di<br />

un africano.<br />

Secondo la tradizione, che come sappiamo è la principale<br />

“legge” che regola la vita di questo continente, nessun<br />

africano, uomo o <strong>don</strong>na che sia (a meno che sia destinato a<br />

rivestire rari ed eccezionali status che, per loro natura,<br />

esclu<strong>don</strong>o il matrimonio) può, o vuole, vivere da solo, senza<br />

contribuire alla crescita della propria famiglia, intesa nel<br />

più ampio senso di stirpe o progenie.<br />

Sposandosi, quindi, un uomo, non solo costituisce una<br />

nuova famiglia dal quale dipenderà anche la discendenza<br />

della sua gente ma assume anche lo status che gli compete<br />

in quanto “uomo”, ricavando dal matrimonio tutta la<br />

sicurezza e gli onori che spettano ad un capofamiglia.<br />

Va precisato anche che per un africano il concetto di<br />

famiglia è del tutto diverso da quello occidentale, ed<br />

europeo in particolare, e in alcuni casi determina delle<br />

situazioni che, viste con i nostri occhi, appaiono incomprensibili<br />

se non assurde ed inammissibili.<br />

Ad esempio, nei villaggi non è raro vedere, la sera, le <strong>don</strong>ne<br />

che iniziano a cucinare per la cena attorniate da una miriade<br />

di bambini affamati. Una volta che il cibo è pronto viene<br />

subito portato, solitamente dai bambini più grandi, ai<br />

maschi adulti, che stanno seduti in disparte intenti a<br />

parlare tra loro ed in attesa che venga loro servita la cena.<br />

Il primo ad essere servito sarà sempre il capofamiglia più<br />

anziano (che a volte rimane appartato da solo o in compagnia<br />

di un solo bambino che lo assiste e lo serve) cui<br />

seguiranno gli altri capifamiglia.<br />

Solo dopo che tutti questi ultimi avranno terminato, le<br />

<strong>don</strong>ne recupereranno ciò che è avanzato per dividerlo tra<br />

loro e tra i loro figli.<br />

Questo tipo di comportamento non è una forma di egoismo<br />

dell’uomo nei confronti della <strong>don</strong>na o dei figli ma è determinato<br />

da una naturale strategia per la sopravvivenza. Solo se<br />

il capofamiglia è in buona salute e in forze, infatti, potrà<br />

andare validamente a caccia, coltivare la terra o combattere<br />

i nemici, dando così garanzia di vita e prosperità a tutta la<br />

comunità. L’anziano, invece, assicura il più alto livello di<br />

saggezza, esperienza e giustizia.<br />

- 5 -<br />

N O T I Z I E E C U R I O S I T À<br />

D A L C O N T I N E N T E N E R O<br />

a cura di Lucio Laurita Longo<br />

In una famiglia africana, quindi, per il maschio la vita ha in<br />

serbo sempre tutto il meglio e dal momento in cui lascia<br />

l’infanzia acquisisce gradi sociali sempre più elevati ai quali<br />

corrispon<strong>don</strong>o maggiori privilegi, maggiore autorità e<br />

quindi maggiori poteri.<br />

In generale, in una famiglia africana, quando i figli maschi<br />

di un uomo diventano adulti (che spesso corrisponde<br />

all’adolescenza) il capofamiglia assume lo status di anziano<br />

con conseguente diritto di smettere, inizialmente in parte, e<br />

successivamente del tutto, di lavorare.<br />

Punto di grande orgoglio ed onore di questi uomini è poter<br />

mostrare a tutta la comunità i propri figli, ormai adulti, che<br />

lavorano in sua vece e che, insieme alle loro mogli, provve<strong>don</strong>o,<br />

oltre che agli anziani anche ai loro bambini ancora<br />

piccoli.<br />

“Chi è nato prima conta sempre di più”: con questo antico e<br />

tutt’ora sempre valido detto, gli africani giustificano la<br />

supremazia del primogenito e quella della generazione più<br />

anziana rispetto a quella più giovane.<br />

Ecco spiegato il motivo per il quale gli anziani non lavorano<br />

e mangiano per primi.<br />

Per la <strong>don</strong>na il discorso è diverso.<br />

Raggiunta la pubertà diventerà una <strong>don</strong>na e dovrà sposarsi<br />

il prima possibile, diventare mamma e, successivamente,<br />

nonna. Questi sono i due unici e veri “traguardi” della sua<br />

esistenza. Con il matrimonio essa passa dalla famiglia di<br />

origine, che la considera una risorsa temporanea in quanto<br />

destinata ad andarsene una volta sposatasi, a moglie e<br />

quindi ad un “investimento” per il futuro visto che il suo<br />

principale scopo sarà quello di procreare per dare continuità<br />

alla famiglia del marito.<br />

Per la <strong>don</strong>na africana è assolutamente indispensabile il<br />

raggiungimento del primo traguardo e cioè diventare<br />

moglie e mamma: meglio per lei non essere mai nata se non<br />

dovesse riuscire a generare figli, preferibilmente maschi.<br />

Il secondo traguardo, invece, (diventare nonna) è la sua<br />

migliore garanzia per assicurarsi una buona vecchiaia visto<br />

che ciò sta a significare che i suoi figli maschi hanno, a loro<br />

volta, trovato delle mogli fertili con le quali hanno costituito,<br />

una nuova stabile famiglia.<br />

E’ grazie alle nuore, infatti, che le anziane nonne possono<br />

ridurre, e poi cessare, di lavorare, visto che le loro figlie<br />

femmine si sono sposate e quindi, “appartenendo” ad un<br />

altra famiglia, dovranno accudire le anziane di quest’ultima.<br />

Peraltro essere la “madre dello sposo” conferisce loro un<br />

sorte di potere assoluto sulle nuore con conseguente<br />

possibilità di infliggere a queste ultime ogni sorta di mortificazione,<br />

anche fisica senza che queste possano, in alcun<br />

modo ribellarsi visto che, molto spesso, sono molto giovani<br />

se non addirittura ancora bambine.<br />

Tale situazione è ancor più dura se la <strong>don</strong>na si è sposata con<br />

un uomo appartenente ad un’altra etnia. In questo caso<br />

essa si troverà completamente fuori dal proprio gruppo e,<br />

molto spesso, tra persone completamente estranee.<br />

Sempre a proposito di famiglia, nella maggior parte delle<br />

culture africane di un tempo non esistevano né cugini, né<br />

nipoti, né zii. I figli del fratello di mio padre (per noi occidentali,<br />

mio zio), per gli africani sono sempre miei fratelli<br />

(mentre per noi sono cugini) e per lo stesso motivo i figli dei<br />

miei fratelli (miei nipoti) per l’africano sono sempre suoi<br />

figli. I bambini, peraltro, anche a causa della poligamia che<br />

fino a non molti anni orsono era abbastanza diffusa, nascono<br />

in una famiglia estesa e non appartengono ad un nucleo<br />

ristretto, inteso come padre, madre e figli.<br />

In pratica, vivono e crescono per la strada insieme a tutti gli<br />

altri coetanei e ci sarà sempre qualcuno che vigilerà su loro<br />

con indiscutibile autorità paterna o materna.<br />

Proprio perché la poligamia era normalmente accettata<br />

perché dava la possibilità di avere più mogli e più figli e<br />

quindi più braccia da lavoro, per evitare di mancare di<br />

rispetto ad un possibile fratello si considerava più giusto<br />

chiamarsi tutti fratelli.<br />

Da qui deriva questa consuetudine che, oggi, a noi appare<br />

più che altro folcloristica e pittoresca.

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