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FACOLTÀ TEOLOGICA DEL TRIVENETO<br />

ISTITUTO SUPERIORE DI SCENZE RELIGIOSE<br />

PADOVA<br />

INTRODUZIONE<br />

ALLA PROFEZIA<br />

E ALL’APOCALITTICA<br />

Michelangelo: Isaia (Cappella Sistina)<br />

ANNO ACCADEMICO 2011/2012


Albrecht Dürer, san Girolamo nel suo studio (xilografia)<br />

2


Bibliografia<br />

3<br />

I PROFETI<br />

NELLA RICERCA BIBLICA MODERNA<br />

P.H.A. NEUMANN, Das Prophetenverständnis in der deutschsprachigen Forschung seit Heinrich<br />

Ewald, in: IDEM (Hrsg), Prophetenforschung seit H.Ewald, Wissenschaftliche Buchgesellschaft<br />

1979, pp. 1-51.<br />

J.L. SICRE DIAZ, La investigacion profetica en este siglo, in: L. ALONSO SCHÖKEL-J.L. SICRE DIAZ,<br />

Profetas, 2 voll., Ediciones Cristianidad, Madrid 1980 (it. I Profeti, 1 vol., Borla, Roma<br />

1984), vol. I, pp. 29-80.<br />

J. BLENKINSOPP, Storia della <strong>profezia</strong> in Israele (Biblioteca Biblica 22), Queriniana, Brescia 1997<br />

[Prolegomena: Definizione dell’oggetto di studio, pp. 15-52].<br />

1. Concetto tradizionale<br />

Cristiano: i profeti sono i precursori e i preditori di Cristo.<br />

Giudaico: il profeta trasmette la legge, scritta e orale. Al massimo, esplicita ciò che era solo<br />

implicito nella rivelazione sinaitica. L’epoca della rivelazione si conclude con l’ultimo profeta<br />

(b.Sanh. 11a; b.Yoma 9b; b.Sotah 48b). Tuttavia, la <strong>profezia</strong>, di fatto, continua nella<br />

composizione dell’opera scritta.<br />

2. Critica moderna<br />

«Uno dei risultati più significativi della ricerca biblica del XIX sec. fu la riscoperta della<br />

<strong>profezia</strong> come una categoria religiosa distintiva» (Blenkinsopp).<br />

2.1. Metodo della critica letteraria. Distingue il messaggio «autentico» dalle «aggiunte»<br />

posteriori. Dimentica o è indifferente al contesto politico e culturale di Israele.<br />

2.1a. Considera il profeta con un messaggio per il presente; esso rappresenta il culmine etico<br />

e spirituale della coscienza religiosa di Israele. Trascura il periodo postprofetico come<br />

decadenza e presenta negativamente il giudaismo del 2° tempio.<br />

2.1b. Nel caratterizzare il profeta si avverte l’influsso delle ideologie. Romantica: Herder,<br />

Eichhorn, Delitzsch. Il profeta è il «genio religioso». Hanno poca stima per le istituzioni religiose<br />

e rituali in particolare. Idealista: Ewald, Duhm. Il profeta è il punto fondamentale<br />

per l’interno sviluppo della religione israelitica.<br />

Ewald offre un quadro ideale: i profeti sono uomini che fanno germogliare il germe di<br />

verità, posto in loro, ma altrimenti morto o spento. È l’interprete e proclamatore del pensiero<br />

di Dio; un apostolo del rinnovamento spirituale, impegnato e coinvolto negli eventi<br />

del suo tempo. Egli stesso, per il suo impegno «profetico», dovette subire le ire di Bismark<br />

con la prigione e la privazione della cattedra.<br />

Duhm, considera l’ideale etico dei profeti come l’essenza della vera religione, sorgente<br />

d<strong>alla</strong> esperienza diretta e interiore, personale di Dio. Enfatizza perciò la missione, le visioni<br />

e le esperienze straordinarie del profeta. Nel suo commentario a Isaia pone per primo il<br />

problema del Tritoisaia [esplicita il suo metodo]; distingue tre stadi di sviluppo nella religione<br />

ebraica: mosaismo, profetismo, giudaismo.


2.2. Metodo storico-critico; storia delle religioni. Prestano attenzione al contesto storico,<br />

politico, culturale e sociale. Affrontano diversi temi e problemi qui riassunti.<br />

2.2.1. RIVELAZIONE E RECEZIONE DEL MESSAGGIO<br />

Wellhausen, stabilisce la priorità storica del profeti sulla Legge. Gunkel tenta di esaminare<br />

la segreta esperienza del profeta in comunione con Dio. Questa incomunicabile e inesplicabile<br />

esperienza è per lui l’essenza della <strong>profezia</strong>. Hölscher studia i fenomeni estatici<br />

legati <strong>alla</strong> cultura agraria (cf. pratiche cananee) e al culto, specialmente durante i sacrifici e<br />

in luoghi sacri dedicati alle divinità della vegetazione. Si tratta di fenomeni collettivi, da<br />

cui emergono personalità singole (cf. Elia, Eliseo). Lindblom rivendica all’essenza della<br />

<strong>profezia</strong> non la “unio mystica” medievale o introspezione religiosa, ma l’obbedienza e la<br />

fede e il comportamento che le esprime: la religione dei profeti è estrospettiva, è religione<br />

di fede. Vengono superate impostazioni unilaterali rompendo il cerchio psicologico e accettando<br />

altri valori nella spiegazione della misteriosa vocazione profetica.<br />

2.2.2. GENERI LETTERARI<br />

Vengono studiati con il metodo delle forme letterarie i momenti di formazione delle diverse<br />

tecniche oracolari: l’attenzione si è troppo soffermata sugli oracoli di minaccia, trascurando<br />

i messaggi di salvezza. Vengono paragonate e inserite con le tecniche di predizioni<br />

oracolari e con il linguaggio presenti in religioni e gruppi somiglianti ai profeti veterotestamentari.<br />

Gunkel con la «Gattung» studia le forme tipiche delle espressioni profetiche e<br />

pone il problema dell’ambiente e della tradizione che le hanno generate. Alonso lamentava<br />

che questo terreno sia ancora sottosviluppato 1 .<br />

2.2.3. PROFEZIA E CULTO<br />

Forse è stato anche troppo studiato. Mowinckel, oltre a continuare Gunkel, distingue tra discorso<br />

originale e sermoni deuteronomistici secondari (in prosa: Geremia) e studia la dinamica<br />

della trasmissione orale; accentua il legame con il culto e i circoli cultuali. Gli studi<br />

sono stati spesso in contrasto su questo punto (legato al discorso sui generi letterari): a favore<br />

sono ad es. Würtwein e Weiser, contro Begrich e Böker 2 .<br />

2.2.4. VERO E FALSO PROFETA<br />

Il problema è affrontato soprattutto nello studio di Geremia. La ricerca di chiari criteri distintivi<br />

del vero dal falso profeta costituisce un ostacolo insuperabile. Non esistono criteri<br />

assoluti all’interno della storia dell’AT. Si affina, invece, il metodo: Hossfeld e Mayer incentrano<br />

l’attenzione sui “conflitti” tra profeta e profeta per cercare un modello orientativo<br />

nei criteri distintivi usati dagli stessi profeti.<br />

2.2.5. PARALLELI CON IL MONDO ORIENTALE<br />

Il lavoro è stato abbondante (soprattutto tra gli studiosi di lingua inglese), nel confronto con<br />

l’ambiente cananeo (fenomeni estatici, il termine nāvî’) e mesopotamico (terminologia ed<br />

esperienze a Mari, ecc.) e, con minori risultati, conn il mondo egiziano. Emerge così<br />

un’immagine più precisa della preistoria della <strong>profezia</strong>. Il profeta avanza in mezzo <strong>alla</strong> storia<br />

generale delle religioni dell’Antico Oriente, portandolo al suo culmine e originalità. Ne<br />

è risultata arricchita la conoscenza relativa alle tecniche di predizioni oracolari in religioni<br />

e gruppi somiglianti ai profeti veterotestamentari.<br />

1 Una buona sintesi in C. WESTERMANN, Grundformen der prophetischen Rede, München 1960; la recensione di<br />

L. ALONSO SCHÖKEL, «Genera litteraria prophetica», VD 39 (1961) 185-192 (completa il discorso); Estudios de<br />

poética Ebrea, Juan Flores, Barcelona 1963; Manuale di poetica ebraica, Queriniana, Brescia 1989.<br />

2 Il problema in R. RAMLOT, DBS VIII, coll. 1161-1162.<br />

4


2.2.6. LA CRITICA SOCIALE E LA COLLOCAZIONE SOCIALE DEI PROFETI<br />

Il profeta proviene da diversi ambienti e condizioni sociali. Ma l’attenzione si posa sul<br />

momento della vocazione e al suo seguito. La critica sociale implica il rapporto del profeta<br />

con il re e con il popolo.<br />

Max Weber sottolineava il fatto che la <strong>profezia</strong> estatica in sé significò un atto di ribellione<br />

collettiva, ritualizzata, contro le strutture di potere della società, per valorizzare la<br />

stima di sé in gruppi spesso periferici e marginali. Rimane la concreta denuncia profetica<br />

contro una società in cui i diritti della persona sono dimenticati, e dove si diffondono la<br />

fame e la miseria. Nella «terra» si passa da una società organizzata collettivamente al modello<br />

di interessi individuali. È la crisi della solidarietà dentro l’antica organizzazione 3 .<br />

Gli studi non permettono di fare dei profeti né dei riformisti, né degli agitatori di classe.<br />

Non sono neppure proclamatori dell’ideale romantico del deserto. Il profeta fa una critica<br />

serrata delle condizioni disumane, che spesso condivide (Michea), in nome dell’alleanza<br />

(Amos, Osea e Isaia). Ma assume anche la funzione di «intercessore» per il popolo (Am 7-<br />

9) e di annunciatore della speranza.<br />

2.2.7. ESCATOLOGIA PROFETICA<br />

È studiata da E. Rohland e Müller. L’escatologia implica un rapporto con la storia, ma<br />

proietta verso un superamento del passato: nuovo esodo, nuova alleanza, “resto”, messianismo.<br />

3. Oggi<br />

Si avverte una certa sfiducia nella capacità di operare una precisa distinzione nella forma<br />

dei testi, come pure un certo squilibrio tra analisi e sintesi: tanta analisi al microscopio e<br />

con il bisturi per mostrare la realtà occulta della <strong>profezia</strong>, ha atomizzato e disperso gli elementi.<br />

Si avverte il bisogno di una sintesi degli elementi essenziali.<br />

Senza dimenticare i risultati raggiunti in precedenza, si accentua la lettura unitaria del<br />

testo, sincronica, non solo diacronica. Nasce l’analisi letteraria e retorica e l’analisi simbolica<br />

del testo come di fatto è giunto a noi. In tal senso si veda l’opera citata di Luis Alonso<br />

Schökel sulla poetica ebraica e il suo commentario sui profeti. Per Isaia si veda Rémy<br />

Lack, che si rifà alle tecniche della linguistica e stilistiche e <strong>alla</strong> teoria di Durand sull'immaginario.<br />

Si veda anche l’analisi strutturalista dello stesso autore, che illustra anzitutto la<br />

nozione di «interdipendenza»: il testo è colto come un «sistema di rapporti di intelligibilità<br />

reciproche», che costituiscono «un insieme» 4 . Per un’analisi sociologica delle varie istituzioni<br />

o liedership intellettuale («i maggiori specialisti religiosi») e dei loro rapporti<br />

nell’antica società israelitica, tra i quali i profeti, si veda Lester L. Grabbe e J. Blenkinsopp<br />

5 .<br />

3 Cf le analisi in WALTER, Propheten, pp. 14-80 e G. WANKE, Sozialkritik.<br />

4 Cf R. LACK, La symbolique du livre d’Isaïe. Essai sur l’image littéraire comme élément de structuration<br />

(Analecta Biblica 59), PIB, Roma 1973; IDEM, Letture strutturaliste dell’antico testamento, Borla, Roma 1978:<br />

con due capitoli introduttori e teorici: «Il mondo dell’immagine e del simbolo»; «La poesia, perché, come?»; e<br />

due esempi sui profeti: «L’universo simbolico del secondo Isaia (40-45)» (pp. 38-64), e «Osea 4-14: un universo<br />

semantico» (pp. 129-149).<br />

5 L.L. GRABBE, Sacerdoti, profeti, indovini, sapienti nell’antico Israele, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI)<br />

1998; J. BLENKINSOPP, Sapiente, sacerdote, profeta (Studi biblici 146), Paideia, Brescia 2005.<br />

5


BIBLIOGRAFIA (con * i consigliati)<br />

INTRODUZIONI<br />

* J.M. ABREGO DE LACY, Libri profetici (Introduzione allo studio della Bibbia 4), Paideia, Brescia 1995 (è valida<br />

e utile soprattutto l’analisi letteraria dei libri).<br />

* AA.VV., I profeti e i libri profetici (Piccola Enciclopedia Biblica 4), Borla, Roma 1987 (ottima <strong>introduzione</strong><br />

con temi teologici e utile indice analitico) (= PEB).<br />

* AA.VV., Nuovo Dizionario di Teologia Biblica, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1988; G. SAVOCA, Profezia,<br />

pp. 1232-1247; sui singoli profeti, alle voci corrispondenti (= NDTB).<br />

* AA. VV, La Profezia, PSV 41 (2000), 264 pp.: una rassegna degli aspetti essenziali svolti con competenza e<br />

semplicità<br />

* J. BLENKINSOPP, Storia della <strong>profezia</strong> in Israele (Biblioteca Biblica 22), Queriniana, Brescia 1997, (inglese: A<br />

History of Prophecy in Israel, The Westminster Press, Philadelphia 1983, 1996 2 ).<br />

R. CAVEDO, Profeti. Storia e teologia del profetismo nell’Antico Testamento, S. Paolo, Cinisello Balsamo 1995.<br />

H. CAZELLES (cur.), Les prophètes, Introduction e Critique à l’Ancien Testament, Desclée & Cie, Paris 1973, pp.<br />

329-475.<br />

* G. CAPPELLETTO-M.MILANI, In ascolto dei profeti e dei sapienti, EMP, Padova 4 2006 (1996).<br />

C. GROTTANELLI, Profeti biblici, Morcelliana, Brescia 2003.<br />

H. GUNKEL, I profeti, Sansoni, Firenze 1967 (Die Propheten, Göttingen 1917; è un classico).<br />

N. LOHFINK, I profeti ieri e oggi (GdT 16), Queriniana, Brescia 1967.<br />

* B. MARCONCINI e coll., Profeti e Apocalittici,(Logos 3) Elle Di Ci, Leumann (Torino) 1994.<br />

J.P. PREVOST, Per leggere i profeti, Massimo, Milano 1997 (Pour lire les profètes, Du Cerf, Paris 1995).<br />

G. RAVASI, I profeti, Ancora, Milano 1986.<br />

G. SAVOCA, I profeti di Israele: voce del Dio vivente (La Bibbia nella storia, 3), EDB, Bologna 1985.<br />

A. SPREAFICO, La Voce di Dio. Per capire i profeti (Collana Studi biblici, 33) EDB. Bologna 2 2002.<br />

* E. ZENGER (ed.), Introduzione all’Antico Testamento, Queriniana, Brescia 2005.<br />

PER UNA VISIONE EBRAICA<br />

M. BUBER, Der Glaube der Propheten, in Werke II: Schriften zur Bibel, München 1964; ital. La fede dei profeti,<br />

Marietti, Torino 1985.<br />

A. HESCHEL, The Prophets, New York; ital. Il messaggio dei profeti, Borla, Roma 1981.<br />

A. NEHER, L’essence du prophétisme, Paris 1955; ital. L’essenza del profetismo, Marietti, Torino 1984.<br />

A. ROFÉ, Storie di profeti. Le narrazioni sui profeti della Bibbia ebraica. Tipi letterari e storia, Paideia, Brescia<br />

1994 (evita ipotesi globali sulla redazione, rivaluta il contributo delle storie come fonti per la storia politica e<br />

religiosa di Israele).<br />

__________, Introduzione <strong>alla</strong> letteratura profetica, Paideia, Brescia 1995.<br />

TEOLOGIA E COMMENTARI<br />

* L. ALONSO SCHÖKEL - J.L. SICRE DIAZ, Profetas, 2 voll., Ediciones Cristianidad, Madrid 1980; ital. I profeti,<br />

Roma, Borla 1984 (un commentario completo ed essenziale, molto utile, preceduto da una <strong>introduzione</strong> agli<br />

studi sul profetismo e alle sue problematiche).<br />

* R. RAMLOT, Prophétisme, in DBS VIII, pp. 801-904.911-1222 (un articolo poderoso sul tema).<br />

* J.L. SICRE, I profeti d’Israele e il loro messaggio, Borla, Roma 1989 (con essenziali tematiche teologiche che<br />

attraversano tutti i libri profetici; riprende un po’ l’<strong>introduzione</strong> al commentario con Alonso).<br />

* __________, Profetismo in Israele, Borla, Roma 1995 (completa le opere precedenti secondo tre linee: il profeta;<br />

i profeti [secondo la storia]; il messaggio).<br />

* W. VOGELS, I profeti. Saggio di teologia biblica, EMP, Padova 1994 (ed. francese, Ottawa 1990).<br />

* G. VON RAD, Teologia dell’AT, vol. II: Teologia delle tradizioni profetiche, Paideia, Brescia 1974 (sintesi dei<br />

frutti della ricerca storico-critica).<br />

M DAHOOD, «I libri profetici e sapienziali dell’AT <strong>alla</strong> luce delle scoperte di Ebla e di Ugarit», in Civiltà Cattolica<br />

129, 2 (1978), pp. 546-556 (un particolare confronto con il mondo culturale circostante).<br />

W. BRUEGGEMANN, Teologia dell’Antico Testamento. Testimonianza, dibattimento, perorazione (Biblioteca biblica,<br />

27), Queriniana, Brescia 2002.<br />

6


7<br />

IL FENOMENO DELLA PROFEZIA:<br />

I SEGNI DI DIO NELLA STORIA<br />

1. Terminologia: איבׅ ׇנ - nābî’<br />

Il termine ebraico più frequente per designare il profeta è nābî’. D<strong>alla</strong> radice nāba’<br />

(chiamare, parlare), il termine sta a significare: «colui che proclama» (participio attivo), o:<br />

«colui che è chiamato» (participio passivo). Esso è dunque in relazione con la vocazione e<br />

la missione del profeta: è chiamato per essere messaggero e interprete della parola divina.<br />

Ciò appare anche dai due passi di Es 4,15-16 e 7,1: Aronne sarà l’interprete di Mosè come<br />

fosse «sua bocca» e Mosè fosse «il dio che lo ispira»; Mosè sarà «un dio per il faraone» e<br />

Aronne sarà il suo «profeta». Tale accentuazione della parola è percepibile nella vocazione<br />

di Geremia: «Io ti metto le mie parole sulla bocca». È chiamato per la parola che Dio gli<br />

ha rivelato e consegnato. Anche il termine greco προφήτες (προ-φηµι) non va inteso come<br />

annunzio del futuro («prima» in senso temporale, «pre-dire»), ma come annuncio «in nome<br />

di», «al posto di» Dio o «davanti a», cioè in pubblico.<br />

Meno probabile è la derivazione del termine da nāba‘, «delirare, ebollire, effondere»,<br />

con riferimento a uno stato estatico, che portava il profeta «fuori di sé»: ’îš mešuggāh (cf.<br />

Dt 28,34; 1Sam 21,16), uomo che parla e agisce in modo incontrollato (Ger 29,26; Os 9,7),<br />

invasato (2 Re 9,11), detto in senso spregiativo dei profeti (cf nìp, «vaticinare», lett. «sbavare»,<br />

in Am 7,16). Una serie di altri termini designava il profeta: rô’ēh, ḥōzēh, «veggente»,<br />

ad indicare forse fenomeni estatici o sogni e visioni, che accompagnavano i profeti anche<br />

in Israele. Talora è detto anche ’îš ’elōhîm, «uomo di Dio», «amico di Dio» o ’îš<br />

hāruăḥ, «uomo dello spirito, ispirato».<br />

2. Esistenza del profetismo nell’antico oriente 6<br />

Geremia, indirettamente, ci attesta l’esistenza di profeti anche fuori di Israele, quando si<br />

rivolge ai re dei popoli e associa i profeti ad altre categorie divinatorie: «Non ascoltate i<br />

vostri profeti, né i vostri indovini, né i vostri sognatori, né i maghi, né i vostri stregoni, i<br />

quali vi stanno dicendo: “Non servite il re di Babilonia”» (27,9).<br />

Del resto, l’episodio di Balaam in Num 22-24, presenta una figura misteriosa che resta<br />

ambigua nella tradizione giudaica: è un profeta straniero, che parla in nome del Signore,<br />

ma anche, secondo la medesima tradizione, avrebbe suggerito al re di Moab, Balak, di<br />

pervertire Israele, che era senza iniquità, facendolo deviare nella sua religione; allora sarebbe<br />

diventato debole e vincibile. Il libro di Giosuè informa che fu ucciso da Israele insieme<br />

agli altri nemici e lo definisce «indovino» (haqqôsēm, Gs 13,22). Il nome di Balaam<br />

profeta è attestato, fuori della Bibbia, in una iscrizione su intonaco dell’VIII sec. a.C.<br />

rinvenuta nel 1976 a Deir ‘Alla, in Giordania, poco a nord della confluenza dello Yabboq<br />

nel Giordano. Balaam figlio di Beor è «colui che vide gli dei» e ricevette la «rivelazione<br />

di El» 7 : ha una visione notturna di tipo catastrofico che trasmette <strong>alla</strong> comunità.<br />

La narrazione di Numeri è interessante, soprattutto quando ne descrive la figura. I<br />

tratti che lo caratterizzano lo accostano a quanto dice il libro del Deuteronomio sul pro-<br />

6 Su questo argomento segnalo R. RAMLOT, Prophétisme, in DBS VIII, pp.812-908; J.L. SICRE, Profetismo in<br />

Israele, Borla, pp. 226-259; P. MERLO, «Il profetismo nel Vicino Oriente antico: panorama di un fenomeno e<br />

difficoltà comparative», RSB 21 (1/2009) 55-83; C. GROTTANELLI, Profeti biblici, Morcelliana, Brescia 2003.<br />

7 Sull’argomento, cf J. HOFTIJZER – G. VAN DER KOOIJ (edd.), The Balaam Text from Deir ‘Alla Reevaluated.<br />

Proceedings of the International Symposium Held at Leiden 21-24 August 1989, Leiden 1991.


feta (cf Dt 18,13-20). In Nm 24,3-4 «lo spirito di Dio fu su di lui» (condizione estatica,<br />

animazione divina tipica del profeta); è «l’uomo dall’occhio penetrante» (Cei) o dallo<br />

sguardo misterioso (visionario?) 8 , vede la visione dell’Onnipotente, cade (o riceve<br />

l’oracolo) e i suoi occhi si aprono» (rivelazione; in estasi?), «ascolta parole di Dio, conosce<br />

la scienza dell’Altissimo (partecipa dei suoi piani, cf Am 3,7). La sua <strong>profezia</strong> mostra<br />

la profonda esperienza e comunicazione con Dio, non collegata all’olocausto, ma<br />

all’incontro con il Signore (Jhwh) che «venne a lui di notte» (come nella iscrizione di<br />

Deir ‘Alla), «in luogo deserto» (come Mosè). Egli potrà dare «la parola che mi mostrerà»<br />

(23,1-3).<br />

Ingaggiato come «divinatore» da Balak re di Moab per maledire Israele «nel nome del<br />

Signore», contro la volontà del re potrà solo benedirlo, perché dominato d<strong>alla</strong> parola del<br />

Signore (23,7-10 e 18-24; 24,3-9 e 15-24). Egli si giustifica di fronte al re affermando<br />

che il profeta non può trasgredire l’ordine di Dio (24,13), anche perché Giacobbe è<br />

«senza iniquità e il Signore è con lui», perciò rimane invincibile (23,8-24).<br />

«Posso io dire qualcosa? Dirò quello che Dio mi metterà in bocca» (Nm 22,38, cf<br />

23,12.26);<br />

«devo conservare e dire solo quello che il Signore ha messo nella mia bocca» (23,13).<br />

«E il Signore mise la parola nella bocca di Balaam» (23,5.6).<br />

Egli dunque è bocca di Dio con una missione destinata <strong>alla</strong> Parola (cf Ger 1,9; Es<br />

4,12-16). In tutto ciò non compie magia né divinazione.<br />

Il fenomeno del profeta, inteso come «persona che tramite una esperienza cognitiva<br />

riceve la rivelazione di un messaggio divino e lo trasmette coscientemente [non in trance]<br />

a un destinatario» (cf M. Weippert), è ben attestato nell’Antico Vicino Oriente. È<br />

perciò distinto dall'arte divinatoria, che trae auspici deduttivamente da alcuni fenomeni<br />

(cf 2Sam 28,6). Si pongono all’attenzione le lettere profetiche del regno paleobabilonese<br />

di Mari, una lettera divina del regno paleobabilonese di Esnunna; acceni da Emar e Ugarit<br />

(RS 25.460) con l’ordine di scrivere al re con un diretto messaggio da parte del dio, la<br />

stele di Zukkur re arameo di Hamat e collezioni profetiche neoassire riferite al re Asharaddon.<br />

Tali testi contengono la legittimazione dell’ascesa al trono del re, danno responsi<br />

su conflitti militari e alleanze politiche, esprimono esigenze religiose e morali di giustizia<br />

9 .<br />

Alcuni esempi. A Biblos un ragazzo invasato da una frenesia esaltatrice favorisce mediante<br />

un oracolo le trattative commerciali tra il re di Biblos Zakir e un ambasciatore egiziano.<br />

Ad Hamat il re riceve un messaggio, interessante per lo stile, il cui testo è su una stele.<br />

È dato tramite «veggenti» e «indovini», messaggeri del Dio del Dio Baal Shamin: «Non<br />

temere, perché io t’ho fatto re e io ti sosterrò e ti libererò da tutti i re che hanno posto<br />

l’assedio contro di te» (cf. Is 7,3-9).<br />

In Mesopotamia, Mari soprattutto ci ha tramandato testi profetici, il cui nucleo principale<br />

va dal 1830 al 1759 a.C. 10 Nella modalità della comunicazione divina sembrano avere le<br />

caratteristiche fondamentali dei profeti biblici. Sono pragmatici e danno responsi ex eventu,<br />

dal fatto. I loro messaggi contengono ordini o proibizioni, minacce o promesse di benedizione,<br />

assicurazione di liberazione dal pericolo, come nei profeti biblici. Il fenomeno appa-<br />

8<br />

Il TM ha «uomo šetūm di occhio», cioè dall’occhio «sigillato» - cieco? Perciò vede oltre le apparenze, in<br />

profondità? LXX traduce «occhio aperto», Targum intende tam, «perfetto», così i suoi occhi sono aperti, svelati<br />

(v.4).<br />

9<br />

Cf P. MERLO, «Il profetismo nel Vicino Oriente antico: panorama di un fenomeno e difficoltà comparative»,<br />

RSB 21 (1/2009) 55-83.<br />

10<br />

Cf. L. CAGNI, Le profezie di Mari (Testi del Vicino Oriente antico), Paideia, Brescia 1995 (raccoglie 52 testi<br />

profetici: 50 relazioni e 2 resoconti di sogni); i tipi di profetismo sono a p. 18s.<br />

8


e multiforme per estrazione sociale e modalità: vi sono lettere di muhhu, veggenti estatici,<br />

che rispondono in nome della divinità; vi è un profetismo cultuale (persone addette al culto<br />

o che hanno a che fare con le cose del culto), ma anche «privato» nel senso che non appartiene<br />

al culto, un profetismo attraverso i sogni e un profetismo femminile. Il termine che<br />

meglio esprime la <strong>profezia</strong> sotto il profilo del contenuto e dell’origine divina è têrtum,<br />

«messaggio» (dal verbo wârum, forma D, «incaricare», «mandare», cf. wûrtum, «missione»).<br />

Altri termini: apilum (incaricato oracolare), assinnnum (attribuito al personale del<br />

culto, con riferimento <strong>alla</strong> dea Annunitum, una manifestazione della dea Ištar), ittum e anche<br />

nabûm. Portano segni di autenticità e di riconoscimento nei capelli e nel vestito (cf Elia,<br />

Eliseo, il Battista).<br />

Nell’insieme possiamo raccogliere i seguenti elementi: (a) pronunciano l’oracolo afferrati<br />

d<strong>alla</strong> parola del dio talora in condizione estatica; (b) hanno un messaggio da parte della<br />

divinità senza essere richiesti, né desiderati, e si rivolgono al re; (c) il fenomeno è multiforme<br />

e comprende persone che appartengono a diverse condizioni sociali ed età; si tratta<br />

di persone e forme carismatiche.<br />

Israele dovette in antico avere fenomeni «profetici» in senso ampio: estatismo, interpretazione<br />

di sogni, divinazioni, necromanzie (cf. Dt 18,9-14), ben presenti nel mondo<br />

cananeo. Ma nei profeti classici il fenomeno dell’estatismo non fu carattere essenziale e<br />

comune. Oggi si rivaluta la <strong>profezia</strong> di corte così come l’istituto della <strong>profezia</strong> come<br />

mezzo di comunicazione della volontà divina; si riconsidera anche la presunta «unicità»<br />

della <strong>profezia</strong> di Israele in ordine <strong>alla</strong> critica del sovrano, sia religiosa che etica, o in ordine<br />

<strong>alla</strong> sua pregnanza storica. Si deduce invece la peculiarità della <strong>profezia</strong> biblica nel<br />

suo essere reinterpretata e riletta in situazioni di nuova attualità e nella produzione di<br />

«libri profetici».<br />

3. Esperienza e identità del profeta<br />

3.1 - La vocazione. Il profeta è anzitutto caratterizzato per la vocazione e la missione: è<br />

“chiamato” e “inviato” da Dio per un messaggio al re e al popolo. Alcuni “racconti di vocazione”:<br />

Is 6,1-13; 40, 1-11; 50, 4-6; 61,1-3; Ger 1,1-18; Ez 1-3; Am 3,7-8; 7,10-17; Gen<br />

12,1-3; Es 3,1-4,17, fanno emergere i caratteri che definiscono il genere letterario “vocazione<br />

profetica”. Elementi ripetuti sono: la teofania e la missione («va’, annuncia») con obiezioni,<br />

segno e promessa. I racconti presentano aspetti diversi che Vogels raduna secondo<br />

quattro “tipi”, con riferimento ad ambienti umani 11 .<br />

1°. tipo: «va’...» = ufficiale-militare<br />

Schema<br />

1. ordine di missione da Dio<br />

2. esecuzione dell’ordine<br />

Esprime un comando che sottintende il rapporto tra un militare e il suo ufficiale. Sottolinea la forza<br />

della chiamata: non si può rifiutare (cf. Gen 12,1-4, Abramo; 1Re 19,15-19, Elia; Am 3,1ss).<br />

2°. tipo: «sì...ma!» = padrone-servo confidente plenipotenziario<br />

Schema (1 e 2 sono preliminari)<br />

1. primo appello all’attenzione, talora senza nome<br />

2. prima accoglienza: «Eccomi!»<br />

3. ordine di missione (cf. 1° tipo): «Va’... ti invio... per parlare»<br />

4. obiezione: paura o sentimenti di incapacità<br />

11 W. VOGELS, «Les récits de vocation des prophètes», NRT 105 (1973) 3-24, cf. IDEM, I profeti, EMP, Padova<br />

1994, pp. 30-39; cf L. RAMLOT, «Profetisme», DBS [1970], coll. 973-987.<br />

9


5. conferma: «Non temere... sono con te!»<br />

6. ordinazione = azione simbolica e parole; spesso con ripresa e riassunto del contenuto della missione<br />

(corrisponde al “segno” nel racconti di vocazione dei salvatori)<br />

Caratteristica di questo tipo di vocazione è l’aspetto dialogico tra Dio e il profeta (cf. Ger<br />

1,4-10 = 4-5+6+7+9-10; Ez 2,1-3.4-11; Es 3-4; Gdc 6,11-24, Gedeone). Ambiente umano<br />

di riferimento è il rapporto padrone-servo: Gen 24,37-38.39.40-41.42-48 (Abramo e il servo<br />

inviato); Am 3,7: «JHWH non fa nulla senza aver rivelato il suo disegno ai suoi servi i<br />

profeti» (profeti «servi» di Dio + genere militare).<br />

3°. tipo: «manda me...» = re-consigliere<br />

Schema<br />

1. consiglio divino = teofania: Dio in trono + la corte celeste (cf. Gb 1-2)<br />

2. domanda di un volontario: «Chi?»<br />

3. uno si offre<br />

4. ordine di missione<br />

Più degli altri sottolinea la libertà dell’uomo: Il profeta si offre volontario, senza esitazione,<br />

timore o lamento. Si avverte l’entusiasmo, la prontezza, una fede incondizionata, senza sapere<br />

esattamente ciò che sarà richiesto. Combina l’iniziativa divina con la libertà umana<br />

(cf. Michea ben Ymla 1Re 22,19-22 = 2Cr 18,18-21; Isaia 6,1-4.5-7.8a.9b.9-10.11-13<br />

[11a.11b-13]; Ez 1,27[26]. 28.29; Ez 1-3 combina i tre tipi insieme). Esperienza umana di<br />

riferimento: la corte. Prima della vocazione di Michea, Acab e il suo consiglio cercano un<br />

altro profeta (1Re 22,5-12 + 15). I profeti sono “consiglieri di Dio” (cf. Ger 23,16.18;<br />

23,22), Dio è Re in trono: trascendenza, ma intimità. Il profeta è ammesso al consiglio (intimità),<br />

elevato <strong>alla</strong> sfera divina; altrove Dio scende.<br />

4°. tipo: «ripeti... io ascolto» = maestro-discepolo<br />

Schema (cf 1 Sam 3: vocazione di Samuele)<br />

3 appelli sono incompresi: 4-5.6-7.8-9; il 4° è decisivo: 10-14:<br />

1. apparizione e appello: 10a<br />

2. accoglienza: 10b<br />

3. ordine di missione: 11-14<br />

4. esecuzione: 15-18<br />

Ambito: l’educazione familiare (sapienziale), cf. la Pasqua e la domanda del bambino (Es<br />

12,26-27; Dt 6,20-25).<br />

Conclusione<br />

• Il «genere vocazione» (Berufungsgattung) in più schemi rivela nei singoli profeti diverse<br />

autocoscienze: come inviati militari, servitori confidenti plenipotenziari, consiglieri<br />

regali, discepoli che si lasciano istruire. Ogni vocazione conserva il suo carattere individuale<br />

e unico. In tutti i tipi vi è un elemento comune, una missione per la parola: è<br />

messaggero di Dio.<br />

• L’iniziativa viene da Dio: è una «chiamata-elezione» per una missione di servizio; invia<br />

ad annunciare, senza badare <strong>alla</strong> perfezione personale. L’appello però esige obbedienza<br />

ed esprime urgenza: Dio attende una risposta di totale disponibilità nella fede;<br />

spesso il profeta non sa che dovrà fare.<br />

• Il chiamato avverte un appello irresistibile, ma conserva la libertà significata o nell’offerta<br />

spontanea (Is 6,8b) o nelle obiezioni, nelle richieste di spiegazione e nei dubbi<br />

(Ger 1,4-10; Ez 2,1-3,3.4-11; Gdc 6,11-24). Il fatto costituisce la svolta decisiva della<br />

sua vita.<br />

10


3.2. Essenza del profeta<br />

TRE NEGAZIONI – OPPOSIZIONI<br />

• Non prevale nei profeti la preoccupazione di «vedere Dio» (benché l’esperienza del<br />

11<br />

profeta sia caratterizzata come «visione», ןוֹזח), ׇ ma di percepire la sua volontà e obbe-<br />

dire <strong>alla</strong> sua parola.<br />

• Essenziali non sono l’unione mistica e le esperienze estatiche, ma la risposta di fede e<br />

il messaggio al popolo, per interpellare le coscienze. Divengono perciò la «coscienza<br />

critica» dell’alleanza.<br />

• Non sono i «visionari del futuro» quanto, piuttosto, i lettori e interpreti della storia attuale<br />

<strong>alla</strong> luce della fede: vi cercano i «segni» di Dio, per un messaggio di Dio nel proprio<br />

tempo (politica, contesto sociale, vicende storiche e persone concrete). Attorno ai<br />

profeti era diffuso anche un clima di «divinazione». Josè Luis Sicre inizia il suo studio<br />

sul profetismo in Israele con questo aspetto: furono consultati per prendere decisioni<br />

su diverse questioni familiari, politiche e militari. Ma alcuni passaggi che si avverarono,<br />

decretarono il valore dei profeti: «Da una parola cercata dall’uomo, a una parola<br />

inviata da Dio. D<strong>alla</strong> scoperta di un enigma, <strong>alla</strong> scoperta di una missione, d<strong>alla</strong> ricerca<br />

di sicurezza, al contrasto con la responsabilità. Dall’interesse personale, <strong>alla</strong> responsabilità<br />

davanti agli altri» 12 .<br />

DESCRIZIONE POSITIVA<br />

Spirito<br />

Accentua l’aspetto carismatico: il profeta è un «uomo ispirato» da Dio.<br />

– Lo spirito di Dio è all’origine della vocazione e della missione profetica. I profeti sono<br />

«afferrati» da Dio, d<strong>alla</strong> sua Parola; il suo spirito li pervade e li abilita, li sospinge irresistibilmente,<br />

ne trasforma la vita (Am 7,15; 3,1s; Ger 15,16; 20, 7-9: il fuoco arde dentro).<br />

– Il contatto con il divino è immediato, senza passare necessariamente attraverso i segni<br />

della liturgia. Questo permette di leggere i segni di Dio nella storia («il Dio che vi ha fatto<br />

uscire dall’Egitto»). Il profeta si sente autorizzato a parlare in suo nome: «Così parla<br />

JHWH».<br />

– Chiunque può essere «scelto» da Dio, per un certo periodo o per tutta la vita: sacerdote o<br />

saggio, umile o altolocato, schiavo o libero, uomo o donna. La sua autorità è legittimata<br />

solo dalle straordinarie qualità personali. Non è designato da un predecessore, insediato o<br />

ordinato per un ufficio, ma «chiamato».<br />

Fede<br />

La fede è il contesto in cui si pianta la vocazione. Il profeta è un «uomo di Dio».<br />

– È la risposta significativa che essi danno (abbandono in Dio, obbedienza, anticonformismo,<br />

cf. Is 8,11-16; Ez 3). Spesso non sanno esattamente ciò che devono fare; Dio attende<br />

da loro una risposta totale nella fede, come Abramo (Gen 12,1-4).<br />

– È la condizione essenziale che richiamano al popolo: fedeltà all’alleanza (ḥesed<br />

we’emet, da‘at, Os Os 2,21-22; 4,1; 6,6), legame tra fede e giustizia, culto e vita, fede e<br />

morale (cf. Is 7,9b; 1,21-26; Ger 7,1-15).<br />

12 J.L. SICRE, Profetismo in Israele, Borla, Roma 1995, p. 59; sulla divinazione e la <strong>profezia</strong>, cf pp. 15-59.


Storia<br />

È il luogo del profeta, interprete della propria storia <strong>alla</strong> luce della fede: è pro-feta, parla<br />

«in nome di» Dio, offre la sua Parola nel proprio tempo, per provoca le coscienze dei contemporanei.<br />

In questo modo ne diventa la coscienza critica.<br />

– Compito dei profeti è leggere i segni di Dio nei fatti della storia contemporanea. Così tutta<br />

la storia è «storia sacra», luogo di rivelazione. I loro interventi, anche se guardano al<br />

futuro e assumono un carattere escatologico, partono sempre dal presente e al presente<br />

sono rivolti.<br />

– Essi rappresentano anche il vertice della tradizione, intesa come memoria per avere la<br />

forza di rinnovare, come recupero dell’originalità e dell’essenzialità, come ritorno alle origini<br />

e riscoperta delle radici (cf. Ger 7,21ss) per aggiornare e ricomprendere la fede nel<br />

nuovo contesto.<br />

– La loro <strong>profezia</strong> è sempre razionale. Infatti, se la scoperta dei segni è dono di Dio, essa<br />

richiede gli strumenti di conoscenza per comprendere e le argomentazioni per comunicare.<br />

Il tutto corredato dall’impegno personale coerente di fronte agli eventi che interessano<br />

la comunità, con risvolti anche politici e sociali.<br />

Parola<br />

È fondamento della vocazione e missione del profeta. È «uomo della parola»: «Ecco metto<br />

le mie parole sulla tua bocca» (Ger 1,9; cf. 17,15; 18,18; Es 4,12-16; Is 50,4-5a).<br />

– La parola di Dio li chiama e li invia: «va’ e annunzia!» (= vocazione e missione). Diviene<br />

la loro gioia e il loro tormento, il loro impegno e la causa talora di frustrazione (Am 3,<br />

8; 7, 14-15; Ger 20,7-9 con 15,16; 1,5ss: Geremia è costituito come profeta d<strong>alla</strong> Parola e<br />

d<strong>alla</strong> missione per la Parola è consumato).<br />

– Il profeta deve recepire e interpretare la parola di Dio. Perciò opera il confronto con la<br />

propria esperienza fondamentale (= vocazione) e il contenuto globale della fede; in tal<br />

modo analizza la situazione. Ascolto e assimilazione (Ez 3,1-4.10-11), ispirazione e interpretazione<br />

sono il dono e il compito quotidiano (Is 50,4-5a), per rivolgere la parola di<br />

Dio al proprio tempo.<br />

– La deve comunicare, cioè tradurre in termini accessibili e convincenti, offrire motivazioni,<br />

porsi in contatto con l’uditorio. Le forme di comunicazione sono molteplici: oracoli,<br />

canti, processi e minacce, promesse, segni, allegorie, ecc. 13<br />

– La deve testimoniare. Il profeta è il primo a farsi obbediente e fedele. Sulla Parola è verificato,<br />

vi scommette: la storia rivelerà la verità e validità della sua parola di fronte ai<br />

falsi profeti e visionari (cf. Ger 28,9; 15,21: «<strong>alla</strong> fine dei giorni comprenderete tutto»).<br />

«Essi dicono a coloro che disprezzano la parola del Signore: Voi avrete la pace!... Ma chi<br />

ha assistito al consiglio del Signore, chi l’ha inviato e ha udito la sua parola? Chi ha ascoltato<br />

la sua parola e vi ha obbedito? Ecco la tempesta del Signore, il suo furore si scatena...»<br />

(Ger 23,17-19); Geremia oppone i «sogni» fatui dei falsi profeti (come paglia) e<br />

la parola di Dio «fuoco e martello che spacca la roccia».<br />

Nessuna garanzia è data al profeta, se non quella di annunciare la Parola ed esservi fedele<br />

(cf. Ger 15,19-21). Il fatto esige coraggio e fermezza, disponibilità <strong>alla</strong> sofferenza<br />

(Ger 1,17-18; Is 50,7; Ez 3,12ss), comporta pericoli per la vita e minacce di morte (Is 7 e<br />

13 Per i generi letterari profetici, cf. C. WESTERMANN e L. ALONSO SCHÖKEL; G. CAPPELLETTO-M. MILANI, pp. 41-<br />

44: oracoli (cf Geremia) di giudizio e di salvezza, racconti di vocazione, visioni (cf 1Sam 9,9 hanno<br />

accompagnato la <strong>profezia</strong>, ma uniti <strong>alla</strong> parola che spiega: legge la realtà in profondità, il p. è mistico e<br />

contemplativo, cf Am 7-9; Ger 1,11-15; Ez 1-3; 8-11; 37,1-14; 40-48; Zac 1-6); processo (Os 2,4-25 + 4-11; Ger<br />

2,9-13.14-19).<br />

12


13<br />

26; 36; Is 50,4ss; 51,13-53, 12). Non mancano i «silenzi» di Dio, che fanno gemere Geremia<br />

e maledire il giorno in cui è nato (15,10; 20,15-18), perché avverte in sé tutto il<br />

dramma del trapasso culturale, sociale e spirituale del suo popolo e rimane incompreso e<br />

isolato (20,10: gli amici lo abbandonano e ne spiano la caduta); anzi egli stesso non comprende<br />

(12,1ss le «confessioni»). Per tale profeta sembra quasi che il criterio distintivo<br />

del vero dal falso profeta sia la sofferenza.<br />

Il profeta appare così il mediatore, nella linea dei mediatori: è ambasciatore in nome<br />

di Dio. Il processo integrale dell’invio di un annuncio mediante un ambasciatore può essere<br />

così articolato: a) incarico dell'annuncio da riferire, b) trasmissione locale, c) esecuzione<br />

e comunicazione. Il secondo passo è di grande importanza teologica, perché mostra<br />

l’inviato che media nello spazio, colma la distanza tra le persone. Ciò indica ulteriormente<br />

nel profeta la condizione teologica del mediatore, che colma la distanza tra Dio e gli<br />

uomini, e giustifica dunque la formula frequente «va’ e annuncia».<br />

Quando un legato giunge a destinazione e inizia a leggere o a recitare a memoria inizia<br />

dicendo: «Così dice NN...». Perciò tale formula appartiene all’integrità del messaggio,<br />

non è portato dall’incaricato al di fuori dell’annuncio. Nell’AT le parole «Così dice<br />

il Signore» appartengono dunque integralmente all’oracolo profetico. Nello sforzo di interpretare<br />

e comunicare, i messaggi profetici sono integralmente parola di Dio e parole<br />

del profeta, cioè, di Dio e dell’uomo.<br />

Riassumendo possiamo riconoscere, nella varietà del ricevere e del proclamare il messaggio,<br />

in ogni profeta una identità fondamentale.<br />

• Ogni vero profeta ha viva coscienza che è solo uno strumento, che le parole da lui proferite<br />

sono nello stesso tempo sue e non sue; – egli ha la convinzione irremovibile di<br />

aver ricevuto una parola di Dio e di doverla comunicare; – questa convinzione è fondata<br />

sull’esperienza misteriosa, diciamo mistica, di un contatto immediato con Dio; –<br />

accade, come si è detto, che questa azione divina provochi esteriormente manifestazioni<br />

«anormali», ma è un fatto accidentale, come nei grandi mistici. Invece, ancora come<br />

nel caso dei mistici, si deve affermare che questo intervento di Dio nell’anima del profeta<br />

mette questi in uno stato psicologico supernormale. Negarlo sarebbe abbassare lo<br />

spirito profetico al rango di ispirazione del poeta o delle illusioni degli pseudoispirati<br />

(BG, p. 1515).<br />

• Nella ricerca attuale sono presentati o come esistenzialisti religiosi, promotori di un<br />

autentico rapporto con Dio «qui-ora» (Fohrer, Bright, Zerafa, Raurell), o come dei testimoni<br />

dell’assoluto di Dio ai loro contemporanei: partecipano al «pathos» di Dio per<br />

l’uomo e diventano testimoni di una «religione della simpatia» (Heschel, Neher). «Essi<br />

testimoniano non tanto la loro fede e la loro esperienza, ma il Dio che ha suscitato la<br />

loro esperienza di fede. E hanno “compreso” Dio perché hanno aderito a lui nella libertà»<br />

14 . In definitiva, il proprium dei profeti è il fatto di aver posto Israele solo davanti al<br />

suo Dio mediante la loro parola. Da un punto di vista del ruolo sociale e culturale sono<br />

anche qualificati come «intellettuali dissidenti» (Blenkinsopp).<br />

4. Destinatari e prospettive del messaggio<br />

– Destinatario del messaggio profetico è il popolo (Am 7,15; Is 6,9; Ez 2,3) e anche i popoli<br />

(Ger 1,10; Is 49,1- 6): i messaggi ai popoli costituiscono una parte cospicua di tanti<br />

14 A. BONORA, Il dibattito attuale sui profeti d’Israele, in Naum, Sofonia, Abacuc, Queriniana, Brescia 1989, p.<br />

30.


profeti (Is, Am, Ger, Ez). Raramente si rivolgono a un individuo (Is 22,15s Sebna), a meno<br />

che non si tratti del re in quanto rappresentante del popolo e simbolo dell’alleanza (=<br />

alleanza davidica: Natan-Davide, Elia-Achab, Isaia-Achaz-Ezechia, Geremia-Joiakim-<br />

Sedecia) o, in contesto simile, il sommo sacerdote (Zac 3).<br />

– La prospettiva è il presente o il futuro (escatologia, che è anzitutto infrastorica, ma tende<br />

ad essere anche ultrastorica), ma è rivolto sempre ai contemporanei: può annunciare un<br />

avvenimento prossimo che giustificherà le sue parole e la sua missione (1Sam 10s; Is<br />

7,14 con 8,5-6; Ger 28,15s; 44,29-30). Ne risulta un insegnamento per il presente. La<br />

memoria del passato ha lo scopo di ridisegnare la prospettiva originaria dimenticata o<br />

trascurata (cf. Ger 7,21).<br />

– Ha come oggetto il castigo o la salvezza: «sradicare e abbattere, sterminare e demolire,<br />

costruire e piantare» (Ger 1,10). Il peccato assilla il profeta che lo vede come distruttivo;<br />

ma, nel momento della rovina, annuncia la nuova speranza (cf. Am 9,8-15; Os 2,16-25;<br />

11,8-11; Ger 30-33; Is 40-55). Esorta <strong>alla</strong> conversione per impedire la rovina e permettere<br />

una rinascita della «progenie santa/resto», animata d<strong>alla</strong> fede (Is 6,13; 7,9b; 10,20-22).<br />

5. Segni di autenticità<br />

La <strong>profezia</strong> è istituzione riconosciuta in Israele (cf. Ger 18,18). Ma a causa dei contrasti tra<br />

profeti si fece acuta l’esigenza di un discernimento. Il comportamento esterno o il linguaggio<br />

non sempre distingue veri e falsi profeti. Sorgono sovente aspre diatribe: ad es. tra Michea<br />

figlio di Imla e i profeti di Achab (1 Re 22,8s), Geremia e Anania (Ger 28: in un primo<br />

tempo Geremia ne esce sconfitto e muto; cf. anche Ger 23 contro i falsi profeti), Ezechiele<br />

contro profeti e profetesse (Ez 13).<br />

Nessun criterio appare definitivo e determinante. La Bibbia ne indica due, non assoluti,<br />

ma condizioni sine qua non: il compimento della <strong>profezia</strong> (cf. i «segni» negli avvenimenti<br />

prossimi; Ger 28,9; Dt 18,22); la conformità <strong>alla</strong> fede jahvistica (Ger 23,22; Dt 13,2-6, cf<br />

1Cor 12,3).<br />

A questi criteri si devono aggiungere anche le qualità personali, come la coerenza, la<br />

lealtà e la libertà disinteressata. Il «passaggio dall’oracolo sollecitato per interesse personale<br />

a quello che comunica la volontà di Dio, anche contro l’interesse personale o nazionale,<br />

è ciò che darà al profetismo d’Israele l’importanza e la dignità che non troviamo in altre<br />

culture» 15 .<br />

La comunità nella storia ha riconosciuto il valore di queste personalità, conservandone i<br />

testi, commentandoli, completandoli, applicandoli a situazioni diverse.<br />

6. Profeti e istituzioni<br />

6.1. Ci sono profeti accanto ai sacerdoti, cf. Ger 8,1; 23,11; 26,7s; Zc 7,3. Geremia ricorda<br />

nel tempio «una camera del figlio di Giovanni, ‘uomo di Dio’», probabilmente un profeta.<br />

Alcuni profeti erano sacerdoti, come Geremia ed Ezechiele, e talune profezie si rifanno a<br />

schemi liturgici. Sembra doversi riconoscere un certo legame tra i profeti e i centri della vita<br />

religiosa di Israele e un influsso della liturgia su talune loro composizioni.<br />

D’altra parte, appare la forte azione critica dei profeti riguardo al culto. Non in opposizione<br />

al culto in sé, ma per richiamarne le necessarie condizioni morali e teologali. La più<br />

15 J.L. SICRE, Profetismo in Israele, Borla, Roma 1995, p. 59; Per i criteri di autenticità, cf. anche Cappelletto<br />

– Vogels.<br />

14


forte critica al tempio, con la relativizzazione del culto la celebrato, è il testo di Geremia<br />

7,1ss, soprattutto ai vv. 22-24 (cf anche Os 6,1-6).<br />

6.2. Profezia e Sapienza: frequenti sono le critiche profetiche al re e <strong>alla</strong> sua corte che rappresentano<br />

il mondo sapienziale. Non è disconosciuta la loro funzione, anzi, la <strong>profezia</strong> è<br />

<strong>alla</strong> base della speranza “messianica”. Tuttavia, i profeti richiamano le esigenze della fede<br />

e dell’alleanza, restano coscienza critica (1Sam 3,19s). In tal modo intendono contribuire a<br />

un governo secondo giustizia (mišpaṭ), nella ricerca di Dio (Am 5,14s), nella sua conoscenza<br />

(da‘at) e misericordia/lealtà (ḥesed, Osea 4,1; 6,6), nella fede (’āman, bāṭaḥ) e timore<br />

del Signore (Is 7,9; 30,15; 8,13).<br />

Non sono mancati gruppi di nebî’îm (benēy hannebî’îm) che, nel loro attaccamento alle<br />

antiche tradizioni e nel loro entusiasmo per il culto jahvista, sono stati ostili a qualsiasi<br />

cambiamento (ritorno al nomadismo, riluttanza monarchica, teocrazia assoluta), irremovibili<br />

nelle credenze (magica sicurezza nelle promesse dei padri), esuberanti nelle manifestazioni.<br />

Si trattò, sembra, di un movimento di minoranza, anche se talora in contatto con i<br />

profeti classici (ad es. Geremia e il capo dei Recabiti, Ger 35; cf. 2 Re 10,15ss), che verso<br />

la regalità assunsero un atteggiamento critico, soprattutto sulla vita sociale, ma all’interno<br />

dell'istituzione. Infine, è riconoscibile negli stessi profeti un linguaggio sapienziale (cf.<br />

Am, Is, Ez, Ger).<br />

In conclusione. Il profeta è un uomo che ha un’esperienza immediata di Dio, ha ricevuto<br />

la rivelazione della sua santità e delle sue volontà, giudica il presente e vede l’avvenire<br />

<strong>alla</strong> luce di Dio, è mandato da Dio per richiamare agli uomini le sue esigenze e ricondurli<br />

nella via della sua obbedienza e del suo amore (cf. BG, p. 1517).<br />

Nell’attivare la sua missione diviene insieme «servo della parola» e «coscienza critica»<br />

che invita <strong>alla</strong> conversione, «uomo della memoria e della speranza». 16<br />

7. Il movimento profetico in Israele (CAPPELLETTO - MILANI, pp. 28-39).<br />

Profeti preclassici (Debora, «figli di profeti», recabiti) e i secoli X-IX (Samuele, Natan,<br />

Elia, Eliseo: 2Sam; 1Re 17-2Re 11);<br />

I profeti classici o scrittori (preelisici, esilici, postesilici);<br />

Riletture profetiche (Abramo, Mosè e i suoi consiglieri, Giosuè)<br />

L’apocalittica (cf CAPPELLETTO-MILANI 4 ), pp.151-161)<br />

Il linguaggio (ivi, pp. 39-42)<br />

8. Il messaggio dei profeti (Cf. CAPPELLETTO - MILANI, pp. 52-62).<br />

9. I libri profetici. Per i singoli profeti e libri vedere: NDTB o PEB o L. ALONSO SCHÖKEL - J.L.<br />

SICRE DIAZ, J. BLENKINSOPP o J.M. ABREGO DE LACY o G. CAPPELLETTO - M. MILANI, in loco.<br />

Divisione<br />

• Profeti anteriori: cf. i libri storici nei LXX e nella Vulgata: Gs, Gdc, 1-2 Sam, 1-2 Re.<br />

Denominati anche “opera storica deuteronomistica” (dtn) per l’influsso esercitatovi dal<br />

libro del Dt. Vi incontriamo profeti come Samuele, Natan, Elia, Eliseo, e altre personalità<br />

di minor spicco.<br />

• Profeti posteriori: sono i profeti “canonici” o “scrittori”, c così chiamati perché vengono<br />

“dopo” nell’ordine della Bibbia ebraica. Si dividono a loro volta in maggiori e mi-<br />

16 Cf CAPPELLETTO - MILANI, pp. 23ss.<br />

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nori. La distinzione è dovuta <strong>alla</strong> mole del libro, non necessariamente in base <strong>alla</strong> personalità<br />

dei profeti.<br />

• Maggiori: Is, Ger, Ez (Dn nella Bibbia ebraica è tra gli “agiografi” o “scritti”, mentre<br />

nella Bibbia greca diventa profeta; in realtà è un “apocalittico” del II sec. a.C.),<br />

• I “Dodici” minori (già in antico considerati come unità, cf. Sir 49,10): Os, Gl, Am,<br />

Abdia, Gn, Mi, Naum, Ab, Sof, Ag, Zac, Ml (in 4Q12a la raccolta termina con Giona,<br />

dove Ninive, già distrutta, non vi appare tale, quasi a dire che Dio può cambiare il suo<br />

annuncio, anche non distruggere i nemici). L’ordine non è cronologico, ma letterario.<br />

NB. Nello studio dei singoli profeti saranno considerati anzitutto testi che hanno avuto un<br />

interesse nel NT per il tema del Messianismo, in quanto furono interpretati e applicati a<br />

Gesù. Sarà nostro compito considerare la storia di quei testi e del concetto di Messianismo.<br />

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