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Federico Stacchini - Camera dei Deputati

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186 Simonetta Zorzi<br />

scopo di investire le Camere dell'esame di un atto, il decreto-legge, per<br />

se stesso immediatamente operativo come fonte del diritto oggettivo<br />

ma, proprio perché spetta al Parlamento Tapprovazione delle norme<br />

contenute nel decreto, Tatto di ritiro da parte del Governo appare<br />

inammissibile, visto che produrrebbe la conseguenza di non consentire<br />

al potere legislativo di pronunciarsi su di esso.<br />

Inoltre, l'atto di ritiro, di per sé privo di forza di legge, "non può<br />

avere l'effetto di eliminare aall'ordinamento le norme prodotte dal<br />

decreto-legge, sia che si ritenga che l'effetto si produca immediatamente<br />

e direttamente per opera del ritiro e della conseguente cancellazione<br />

dall'ordine del giorno delle Camere del disegno di legge di conversione,<br />

sia che invece si ritenga di ricondurre 1 effetto all'inutile decorso<br />

del termine costituzionale di conversione, giacché la scadenza di<br />

uesto sarebbe comunque conseguenza dell'atto di ritiro, preclusivo<br />

eirulteriore iter del procedimento di conversione in legge" if).<br />

A riprova dell'inammissibilità del ritiro del disegno di legge di conversione<br />

del decreto-legge vi è il fatto che nella prassi non si registrano<br />

casi di ritiro vero e proprio, fatta eccezione per T"apparente precedente"<br />

del decreto-legge 9 aprile 1951, n. 207, il cui disegno di legge di<br />

conversione è stato ritirato dal Governo ben oltre la scadenza costituzionale,<br />

evidentemente in base al presupposto, del tutto inesatto, che<br />

si trattasse di un adempimento necessario per consentire la cancellazione<br />

dall'ordine del giorno dell'Assemblea del disegno di legge di conversione<br />

0-<br />

La dottrina in larghissima misura ritiene che il disegno di legge di<br />

conversione di un decreto-legge non possa essere ritirato. Fa eccezione<br />

Giaurro, per il quale "Al potere di adottare il decreto non può che corrispondere<br />

specularmente il potere di revocarlo, ovviamente finché<br />

una delle Camere non l'abbia fatto proprio con l'approvazione del<br />

disegno di legge di conversione" (^^). A tal fine l'Autore ritiene che lo<br />

strumento migliore sia non tanto quello macchinoso dell'emanazione<br />

di un nuovo decreto-legge abrogativo (^0 di quello che si vuole revocare,<br />

quanto "il puro e semplice ritiro del disegno di legge di conversione,<br />

che, avendo l'effetto di rendere impossibile la conversione stessa,<br />

non può che determinare l'immediata decadenza ex tunc delle<br />

norme del decreto" (^^).<br />

Secondo Esposito, invece, tra le cause di cessazione del decreto-legge<br />

deve ammettersi quella consistente nel fatto che "il Governo possa abrogare<br />

con un nuovo decreto-legge, e prima che sia intervenuta la conversione,<br />

un proprio decreto-legge entrato in vigore" (^^).<br />

Allineandosi con la dottrina largamente prevalente, Paladin, sulla

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