Prefazione - Centro di studi Filologici Sardi
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XViii nicola tanda<br />
tarono sull’identità della Sardegna intesa non come scelta<br />
meramente regionalistica, bensì come scelta dell’arte<br />
transnazionale <strong>di</strong> quel periodo. Questo nodo problematico<br />
ci impose <strong>di</strong> ripercorrere l’intero panorama artistico<br />
nazionale e internazionale.<br />
Il concetto idealistico <strong>di</strong> universalità dell’arte sembrava<br />
lasciarci intendere che la società sarda restasse esclusa<br />
da quelle correnti internazionali e che <strong>di</strong> ciò fosse paradossalmente<br />
causa l’esplorazione antropologica presente<br />
nella pittura <strong>di</strong> Biasi e negli altri artisti della cosiddetta<br />
“Scuola sarda”. Ebbene, questo loro regionalismo pareva<br />
un limite, la sopravvivenza <strong>di</strong> un’arte naturalistica ormai<br />
superata. Occorreva quin<strong>di</strong> sopravanzare questa posizione:<br />
la preoccupazione <strong>di</strong> essere esclusi dalle gran<strong>di</strong> correnti<br />
artistiche e la paura <strong>di</strong> non essere moderni. In buona<br />
sostanza non riuscivamo a interpretare correttamente e<br />
storicamente il successo che pure avevano ottenuto i nostri<br />
pittori del primo e del secondo Novecento proprio<br />
in rassegne nazionali e internazionali. Non eravamo in<br />
grado <strong>di</strong> comprendere che Biasi, Figari, Dessy, Delitala,<br />
Pietro Antonio Manca e gli altri, in ragione <strong>di</strong> quel male<br />
inteso regionalismo che veniva considerato con sufficienza,<br />
avevano partecipato alle mostre degli artisti della Secessione<br />
e dell’Avanguar<strong>di</strong>a e alle Quadriennali e Biennali<br />
degli anni trenta. Ritenevamo <strong>di</strong> dover prendere le <strong>di</strong>stanze<br />
dal clima culturale del primo dopoguerra.<br />
Noi, fratelli Tanda, artisti o intellettuali che fossimo,<br />
avevamo potuto avvalerci, per comprendere la pittura,<br />
della frequentazione <strong>di</strong> Pietro Antonio Manca, nostro<br />
concitta<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Sorso. Io, vivendo nel clima culturale della<br />
Roma del dopoguerra, ebbi modo d’incontrare nei due<br />
caffè <strong>di</strong> Piazza del Popolo scrittori, sceneggiatori, musicisti,<br />
registi, pittori, scultori, architetti che hanno avuto<br />
successo anche internazionale: un ambiente che viene<br />
suggestivamente raccontato da Ugo Pirro in Osteria dei