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Prefazione - Centro di studi Filologici Sardi

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<strong>Prefazione</strong><br />

XXXV<br />

In una lettera dei primi anni settanta, Dessì raccontava a<br />

una giovane stu<strong>di</strong>osa un suo sogno ricorrente: egli sognava<br />

che le nostre lingue romanze ri<strong>di</strong>ventavano bambine.<br />

Da adulte regre<strong>di</strong>vano alla loro infanzia fino a rientrare<br />

nel seno della grande Europa dalla quale, cariche <strong>di</strong> storia,<br />

provenivano.<br />

La Sardegna non era più il mito dell’Isola, quello tardoromantico<br />

costruito dalla letteratura patriottica <strong>di</strong> fine<br />

Ottocento, <strong>di</strong> una terra abbandonata a dominatori e ban<strong>di</strong>ti;<br />

non più l’eterno cahier de doléances, il lungo elenco <strong>di</strong><br />

doglianze per cui i sar<strong>di</strong> – com’ebbe a scrivere negli anni<br />

Eleonora d’Arborea, a cura <strong>di</strong> N. Tanda, Sassari, Edes, 1995, pp. 176-<br />

178. “Nei suoi romanzi si confrontano sostanzialmente tre Sardegne:<br />

una arcaica, i cui valori sono quelli comunitari e solidali, sorretti da<br />

norme interiorizzate e motivate, ispirate a una norma naturale <strong>di</strong> giustizia,<br />

una sorta <strong>di</strong> UrSar<strong>di</strong>nien, <strong>di</strong>stillato <strong>di</strong> una saggezza millenaria;<br />

un’altra Sardegna, ugualmente ancestrale, basata anch’essa su co<strong>di</strong>ficazioni<br />

che regolano persino la tra<strong>di</strong>zione barbarica della vendetta […]<br />

Un’altra Sardegna ancora, moderna, nutrita <strong>di</strong> cultura, <strong>di</strong> una nuova<br />

cultura autonoma e orientata al <strong>di</strong>alogo verso l’esterno, ma in grado<br />

si saldarsi a quella arcaica nella ricerca <strong>di</strong> una autoidentificazione, <strong>di</strong><br />

una autenticità e <strong>di</strong> una equità basata su norme che continuano i co<strong>di</strong>ci<br />

solidali originari e i valori che si saldano all’elaborazione storica<br />

della tra<strong>di</strong>zione giuri<strong>di</strong>ca raccolta da Eleonora d’Arborea e confluita<br />

nei principi etico-politici della democrazia contemporanea attraverso<br />

me<strong>di</strong>azioni culturali e riflessioni locali” (N. Tanda, Dal mito dell’isola<br />

all’isola del mito, cit., p. 151). Grazia Deledda, “che incontriamo più<br />

volte nei suoi giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> scrittore”, è per Dessì “personaggio <strong>di</strong>fficile<br />

da accogliere e da rimuovere […] Una scrittrice dalla quale occorre<br />

prendere le <strong>di</strong>stanze, per poter sopravvivere come scrittore e trovare<br />

la propria strada. Ma non tanto da non ammettere, da non proclamare<br />

che le personalità più gran<strong>di</strong> della Sardegna sono due donne: Eleonora<br />

e Grazia Deledda […] La stima <strong>di</strong> Dessì per questo personaggio <strong>di</strong> auto<strong>di</strong>datta<br />

che, penetrando il mondo sardo, penetra anche la coscienza<br />

contemporanea, è assai grande […] In fondo l’atteggiamento mitico<br />

della Deledda nei confronti dell’Isola, lo fa riflettere, gli <strong>di</strong>schiude, proprio<br />

attraverso De Martino, l’orizzonte e la chiave dell’atteggiamento<br />

mitico” (ivi, p. 146).

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