LE PMI ITALIANE: UN QUADRO INTRODUTTIVO - Intertic
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cap 01 libro finanza 22-04-2005 11:22 Pagina 16<br />
Cap. Primo<br />
all’economia internazionale non fu però all’insegna della concorrenza e del<br />
liberismo, se si ottenne di mantenere sino agli anni sessanta i dazi più elevati<br />
rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale per i prodotti siderurgici, le<br />
automobili, gli apparecchi elettrici, i filati e se sussidi e agevolazioni creditizie<br />
e fiscali vennero concesse ripetutamente alle imprese italiane.<br />
L’avvento di un mercato di massa – conseguenza diretta dell’aumento della<br />
domanda interna ed estera – per beni essenziali al consumo di un paese che<br />
andava rincorrendo con rapidità quelli più avanzati, non poteva non trovare<br />
quale principale interlocutore la grande impresa che già dall’inizio del<br />
secolo in Italia, come del resto ovunque nel mondo industriale, dominava i<br />
settori di base, la metallurgia, la meccanica, la chimica, la produzione di<br />
energia. L’improvviso e inaspettato espandersi della domanda costituiva<br />
senza dubbio una occasione difficilmente ripetibile sia per consolidate<br />
società industriali di medie e grandi dimensioni, che da sempre lamentavano<br />
la ristrettezza del mercato interno, sia per nuovi entranti, e tuttavia al<br />
tempo stesso rappresentava una sfida di non poco conto per imprenditori e<br />
managers. Era necessario investire in nuovi impianti superando il timore<br />
della sovrapproduzione; espandere il profitto totale e abbassare quello unitario;<br />
ricercare la crescita per ridurre drasticamente i costi unitari e non<br />
come strumento di contrattazione col mondo politico; concentrare tutte le<br />
risorse su una ben definita filiera produttiva eliminando rischi di dispersione;<br />
innovare anche radicalmente il disegno organizzativo sia nella struttura<br />
generale dell’impresa sia all’interno della fabbrica, così da creare un<br />
fluido collegamento fra produzione e mercato. Le imprese di maggiori<br />
dimensioni decisero così di intraprendere investimenti di dimensioni mai<br />
viste fino ad allora; i maggiori beneficiari furono l’industria automobilistica<br />
e quella siderurgica del nord Italia, che videro moltiplicarsi i rispettivi<br />
livelli di produzione.<br />
L’affermazione e la crescita della grande impresa con i suoi stabilimenti di<br />
notevoli dimensioni e con le sue diramazioni produttive esterne fu fra le cause<br />
più importanti di grandi migrazioni e fenomeni di inurbamento (nel 1961, ad<br />
esempio, 240 mila lavoratori meridionali si trasferirono al Nord; nel decennio<br />
precedente Milano era passata da 1.270.000 a 1.580.000 abitanti e Torino da<br />
719.000 a 1.025.000).<br />
In ogni caso, non solo le grandi aziende dovettero affrontare il rapido boom<br />
della domanda; anche le imprese di nicchia e le piccole imprese furono avvantaggiate<br />
dal ciclo economico espansivo, infatti la maggiore produzione delle<br />
grandi imprese si rifletteva in un corrispondente aumento della produzione<br />
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