Accastampato n. 1 in pdf
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ONDA LUNGA<br />
Figura 2 M<strong>in</strong>istri dell’Università e della Pubblica Istruzione dell’ultimo<br />
decennio. Dall’alto a s<strong>in</strong>istra: Luigi Berl<strong>in</strong>guer, Tullio De Mauro, Letizia<br />
Moratti, Giuseppe Fioroni, Fabio Mussi, Mariastella Gelm<strong>in</strong>i<br />
sistema malato) ci si affidi a cure esterne sulle cui competenze ci<br />
sono ancora più dubbi e <strong>in</strong>certezze.<br />
Anche l’idea stessa di creare una vera competizione tra le varie<br />
università, allo scopo di attrarre gli studenti migliori, fallisce miseramente<br />
a fronte di un’obiettiva immobilità sociale del sistema<br />
italiano: se uno studente non può permettersi di andare all’università<br />
migliore perché è lontana da casa, la competizione non esiste.<br />
In questa prospettiva gli stanziamenti (pubblici, perché quelli privati<br />
si concentrerebbero solo su alcuni settori) per il Fondo per il<br />
merito dovrebbero essere veramente <strong>in</strong>genti, ma non vi è traccia<br />
nella legge di alcun impegno <strong>in</strong> tal senso.<br />
Riguardo ai criteri di riord<strong>in</strong>o del reclutamento si apprezzano segnali<br />
positivi: la regolarità delle procedure di valutazione, l’idea<br />
di bandire assegni di ricerca nazionali <strong>in</strong> cui il ricercatore ha l’autonomia<br />
di proporre il suo progetto, l’obbligatorietà (almeno sul<br />
medio periodo) di reclutare personale esterno all’ateneo, un tentativo<br />
di regolamentazione dei contratti di <strong>in</strong>segnamento, di cui<br />
al momento si abusa largamente. Tuttavia mentre è chiaro che<br />
a regime queste norme possono produrre effetti positivi, non si<br />
prevede un periodo di transizione <strong>in</strong>termedio che tenga conto dell’attuale<br />
realtà italiana. Prendiamo il caso della norma che fa diventare<br />
quella del ricercatore una posizione a tempo determ<strong>in</strong>ato:<br />
un analogo della tenure track che è largamente diffusa all’estero,<br />
<strong>in</strong> cui il ruolo di docenza viene preceduto da un periodo di prova<br />
<strong>in</strong> cui il ricercatore mostra le sue capacità. In pr<strong>in</strong>cipio una<br />
buona norma, che all’estero viene usata per avere modo di valutare<br />
un ricercatore prima dell’assunzione a tempo <strong>in</strong>determ<strong>in</strong>ato.<br />
Nel nostro caso, tuttavia, passati i 6 anni di tenure, l’assunzione<br />
del ricercatore non è v<strong>in</strong>colata solo alle sue capacità: anche<br />
se il ricercatore acquisisce l’abilitazione nazionale a professore<br />
associato la sua immissione <strong>in</strong> ruolo è automatica solo presso la<br />
sede <strong>in</strong> cui lavora, qu<strong>in</strong>di è v<strong>in</strong>colata sia alla situazione f<strong>in</strong>anziaria<br />
della stessa sia al gradimento del ricercatore stesso da parte<br />
delle baronie locali. Questo è un baco <strong>in</strong> generale del perverso<br />
meccanismo di abilitazione nazionale e concorso locale: è <strong>in</strong>utile<br />
fare una programmazione sulle procedure valutative nazionali<br />
(fatto comunque positivo) se poi i posti veri vengono comunque<br />
banditi localmente, e come tali assoggettati ai noti meccanismi di<br />
baronia locale e ai problemi di deficit f<strong>in</strong>anziario delle varie sedi.<br />
Un secondo aspetto che la riforma ignora è che a oggi si diventa<br />
ricercatore universitario <strong>in</strong> media a 36 anni (3): non è qu<strong>in</strong>di auspicabile<br />
che la nuova figura del ricercatore a tempo determ<strong>in</strong>ato<br />
<strong>in</strong>teressi questa categoria di scienziati, che hanno alle spalle già<br />
10 anni di precariato nella ricerca. Queste figure andrebbero qu<strong>in</strong>di<br />
gradualmente <strong>in</strong>serite <strong>in</strong> ruoli di docenza (ovviamente, previa<br />
selezione dei soli meritevoli), il che è reso impossibile dai blocchi<br />
attualmente <strong>in</strong> essere e da un sistema che vede accedere ai ruoli di<br />
associato ricercatori <strong>in</strong> media di 44 anni, qu<strong>in</strong>di con ulteriori 10<br />
anni di esperienza. Questo significa anche che <strong>in</strong> un’abilitazione<br />
nazionale gli standard fissati per accedere ai ruoli di associato riguarderanno<br />
scienziati con circa 20 anni di esperienza, rendendo<br />
impossibile anche per i migliori giovani ricercatori del nostro paese<br />
aspirare direttamente alla docenza universitaria di ruolo. Non<br />
si vede qu<strong>in</strong>di, a dispetto delle numerose esternazioni <strong>in</strong> tal senso<br />
da parte di molti commentatori ignari della reale situazione universitaria,<br />
come queste norme possano risolvere l’enorme problema<br />
del precariato universitario. A voler fare una stima al ribasso<br />
dell’entità del problema, si consideri che lo stesso M<strong>in</strong>istero dell’Istruzione<br />
ci <strong>in</strong>forma che al momento ci sono 18.000 persone<br />
tra assegnisti e borsisti impegnati <strong>in</strong> attività di ricerca nell’università<br />
italiana (4): un numero enorme, se si pensa che nei prossimi<br />
anni (2009-2012) vi sarà al massimo un turn-over di 10.000 unità<br />
(5), che però stante le norme sul blocco del turn-over e sui tagli<br />
al FFO, produrranno nella migliore delle ipotesi 5000 nuovi posti.<br />
A questi ricercatori, spesso impegnati <strong>in</strong> programmi di ricerca<br />
di altissima qualità, si propone qu<strong>in</strong>di di prolungare la precarietà<br />
con altri 6 anni di posto da ricercatore a tempo determ<strong>in</strong>ato. Inoltre,<br />
si rende obbligatorio per il ricercatore a tempo determ<strong>in</strong>ato<br />
un carico didattico pari a quello del docente di ruolo. Tale novità<br />
ha connotati estremamente negativi: attualmente i ricercatori non<br />
sono tenuti a fare attività didattica (anche se spesso si trovano a<br />
farla su base più o meno volontaria).<br />
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Questo sistema delega l’<strong>in</strong>segnamento a<br />
figure precarie, a discapito della qualità<br />
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L’idea è che un giovane debba fare pr<strong>in</strong>cipalmente ricerca, acquisire<br />
i titoli per diventare professore universitario, e dedicarsi<br />
a quel punto alla didattica con tutto l’impegno che questa richiede.<br />
Questo sistema <strong>in</strong>vece delega ufficialmente l’<strong>in</strong>segnamento a<br />
24 accastampato num. 1, Giugno 2010