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TESTI SACRALI IN ALCUNE CIVILTA' PRECOLOMBIANE di ...

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per gli Aztechi, il gesuita Bernar<strong>di</strong>no de Sahagứn, Historia General de las cosas de<br />

Nueva España, 1575-77 (cosiddetto Co<strong>di</strong>ce Fiorentino) e il domenicano Diego<br />

Durán, Libro de <strong>di</strong>oses y ritos in<strong>di</strong>genos, 1574-76; per gli Incas i gesuiti José de<br />

Acosta, Historia natural y moral de las In<strong>di</strong>as, 1590 e Bernabé Cobo, Historia del<br />

Nuevo Mundo, 1653. Da citare ancora per le notizie sulla religione inca, peraltro<br />

volutamente travisata per conciliarla con quella cristiana, i Comentarios reales de los<br />

Incas (1609) <strong>di</strong> Garcilaso de la Vega detto El Inca, in quanto figlio <strong>di</strong> un<br />

Conquistador e <strong>di</strong> una principessa della famiglia imperiale peruviana.<br />

2. Testi sacrali<br />

Andando più specificamente all’oggetto <strong>di</strong> questa conversazione, fra tutti i testi<br />

citati hanno il carattere <strong>di</strong> libri sacrali dei popoli precolombiani soltanto quelli a<br />

carattere prevalentemente religioso, prodotti <strong>di</strong>rettamente dai popoli stessi, seppure<br />

compilati in epoca coloniale e/o pervenutici in trascrizioni anche più tarde; essi<br />

peraltro sono propri <strong>di</strong> alcuni soltanto <strong>di</strong> questi popoli, e in particolare <strong>di</strong> quelli che<br />

conoscevano la scrittura. Tali sono alcuni co<strong>di</strong>ci aztechi e i quattro co<strong>di</strong>ci maya<br />

superstiti; il Popol Vuh dei Maya Quiché e i libri del Chilam Balam dei Maya dello<br />

Yucatan. A questi potrebbe aggiungersi il citato dramma Maya Rabinal Achì, sul cui<br />

carattere sacrale ho già scritto e che meriterebbe una trattazione a parte. 14<br />

Come osservazione preliminare sui testi sacri precolombiani, va annotato che gli<br />

stessi hanno generalmente un carattere non esclusivamente dottrinario, ma<br />

eterogeneo, trattando insieme <strong>di</strong> religione, astronomia, storia, vita amministrativa e<br />

quoti<strong>di</strong>ana del popolo. Su questo concetto torneremo nelle conclusioni.<br />

3. I co<strong>di</strong>ci precolombiani<br />

Tra i testi dei popoli precolombiani <strong>di</strong> contenuto sacrale vanno ricordati<br />

innanzitutto i co<strong>di</strong>ci aztechi ed i co<strong>di</strong>ci Maya.<br />

3.1 Co<strong>di</strong>ci aztechi<br />

Con l’espressione ‘Co<strong>di</strong>ci Aztechi’ si in<strong>di</strong>cano i manoscritti opera <strong>di</strong> autori aztechi<br />

nel periodo precolombiano e in quello della conquista spagnola. Questi co<strong>di</strong>ci<br />

costituiscono una fonte primaria per la conoscenza della cultura azteca: la maggior<br />

parte <strong>di</strong> essi narrano la storia leggendaria e fatti della vita amministrativa e quoti<strong>di</strong>ana<br />

<strong>di</strong> quel popolo, mentre alcuni hanno un contenuto più specificamente religioso, che li<br />

in<strong>di</strong>vidua come testi sacrali.<br />

I pochi co<strong>di</strong>ci redatti in epoca precolombiana sono pittografici. I co<strong>di</strong>ci dell'era<br />

coloniale, invece, non contengono solamente pittogrammi, ma anche scritti in lingua<br />

Nahuatl (traslitterati in caratteri latini), in spagnolo e, occasionalmente, in latino.<br />

Nonostante ci rimangano solamente pochissimi co<strong>di</strong>ci pre-conquista, la tra<strong>di</strong>zione<br />

dello tlacuilo (pittore <strong>di</strong> co<strong>di</strong>ci) sopravvisse alla transizione alla cultura coloniale; gli<br />

stu<strong>di</strong>osi hanno accesso attualmente a circa 500 co<strong>di</strong>ci dell'epoca.<br />

Il materiale utilizzato era costituito da fibre d’agave pestate e ridotte a foglio, che<br />

veniva imbiancato a calce e sul quale venivano <strong>di</strong>pinti i testi.<br />

14<br />

G.Romagnoli: Rabinal Achì: travestimenti <strong>di</strong> un dramma sacro Maya, in Sacra Scaena 2/2005, pp. 87-96.<br />

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