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hds - The Historical Diving Society Italia

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Futurologia<br />

“Respirazione fluida”<br />

e branchie artificiali<br />

di Stefano Berutti<br />

Dopo quarant’anni dalle prime sperimentazioni si torna a parlare di apparati in<br />

grado di estrarre l’ossigeno dall’acqua e di renderlo respirabile da parte dell’uomo<br />

immerso. La soluzione del problema può essere tecnologica. Ma anche chirurgica.<br />

La rivista “Focus” ha recentemente pubblicato<br />

un articolo nel quale è descritto un “rivoluzionario”<br />

autorespiratore subacqueo capace di<br />

“estrarre”dall’acqua una miscela di gas respirabili<br />

(1). L’inventore, l’ingegnere israeliano Alon<br />

Bodner, avrebbe sostanzialmente realizzato un<br />

sistema composto da due pompe le quali, creando<br />

rispettivamente una un “vortice” d’acqua e la<br />

seconda una “zona” di bassa pressione, estraggono<br />

dall’acqua, per differenza di pressione, una<br />

miscela di gas respirabili composta da circa il<br />

34% di ossigeno, il 60% azoto e 6% biossido di<br />

carbonio (2). Il prototipo avrebbe un ingombro<br />

simile ad un normale monobombola da sub ma<br />

con il duplice vantaggio di una maggiore autonomia<br />

in immersione e”svincolare” il subacqueo<br />

dalla ricarica di gas del sistema come avviene<br />

attualmente con i normali s.c.u.b.a. (fig.1). L’idea<br />

di “estrarre” l’ossigeno dall’acqua per consentire<br />

la respirazione è tuttavia relativamente recente.<br />

La dimostrazione sperimentale che i polmoni dei<br />

mammiferi possono funzionare come le branchie<br />

venne fornita nel 1962 da Kylstra, Tissing e van<br />

der Maen, i quali scoprirono che una gatta adulta<br />

rimaneva in vita per più di diciotto ore respirando<br />

una soluzione salina bilanciata insufflata<br />

a 20°C, equivalente all’ossigeno ad una concentrazione<br />

di 8 ata (3). Tale scoperta, se applicata<br />

sull’uomo, avrebbe comportato vantaggi considerevoli<br />

in quanto si sarebbe superato il problema<br />

della malattia da decompressione poiché non<br />

vi sarebbe stato più gas inerte diluente nei tessuti<br />

e nel sangue e conseguentemente, un subacqueo,<br />

nei cui polmoni vi sia un’aggregazione fluida,<br />

sarebbe potuto riemergere in qualsiasi momento<br />

alla velocità desiderata, senza timore della formazione<br />

di bolle. Al di là delle osservazioni ed<br />

esperienze di laboratorio condotte dal fisiologo<br />

olandese Johannes Kylstra, tali argomentazioni<br />

sono rimaste sostanzialmente materia di discussione<br />

teorica atteso che un’eventuale applicazione<br />

sull’uomo della tecnica della respirazione<br />

HDS NOTIZIE N. 41 - Gennaio 2008 - pag. 6

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