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M. MORIGI, REPVLICANISMVS GEOPOLICVS FONTES ORIGINES ET VIA, P. 121 di 159<br />

regimi che a questo si sarebbero ispirati (mentre più propriamente una vera<br />

“politicizzazione dell’arte” fa parte di una dialettica intrinsecamente<br />

libertaria e di eversione di ogni forma di totalitarismo), non può essere<br />

certo considerata una risposta non fosse altro perché le rivoluzioni rosse<br />

hanno prodotto, al di là della non secondaria conseguenza<br />

dell’eliminazione di ogni forma di libertà pubblica e privata, una<br />

accentuazione del momento auratico, accentuazione che storicamente si è<br />

manifestata non attraverso creazioni artistiche ma attraverso la<br />

sacralizzazione del potere politico (mentre oggi in “liberaldemocrazia” si<br />

assiste alla sacralizzazione del momento finanziario). 103<br />

103 Se è di tutta evidenza che nelle liberaldemocrazie si è assistito progressivamente<br />

alla totale scomparsa di una estetizzazione della politica e della sfera pubblica<br />

genericamente intesa, è altrettanto fuor di dubbio che la maniacale e parossistica<br />

prevalenza della finanza (non dell’economia perché la vita dei produttori e le<br />

condizioni di produzione sono da un lato cadute - tranne pochissime eccezioni - nel<br />

più completo discredito, trascuratezza e sciatteria nel pubblico dibattito e<br />

nell’insignificanza anche dal punto di vista effettuale - e non solo della sua<br />

rappresentazione simbolica e culturale nella discussione pubblica - del capitale<br />

prodotto perché l’economia reale genera oggi solo 1/6 del valore rispetto a quello<br />

puramente finanziario) sulla politica e sulle attività direttamente produttive,<br />

configura, de facto, una estetizzazione e/o sacralizzazione della stessa. Questa ha<br />

raggiunto livelli così sfacciati, impudenti e volgari da chiedersi cosa ci stia a fare una<br />

democrazia se non a certificare stancamente e burocraticamente l’ineluttabile<br />

dittatura (e sacralizzazione veramente, questa sì, auratica) della finanza. A meno di<br />

non voler soggiacere a questo nuovo Moloch finanziario, si impone quindi una totale<br />

conversione ad U culturale - e politica - da parte della sinistra (ma sarebbe ancor<br />

meglio dire, si impone una vera e propria rifondazione politica), un radicale<br />

revirement che sappia auraticamente unire in sintesi dialettica il momento<br />

economico-produtivo con un rinnovato senso arendtiano della Vita Activa. In altre<br />

parole, stiamo parlando di un repubblicanesimo che sappia far tesoro del magistero e<br />

dei tesori - al momento scioccamente e vilmente perduti - di Karl Marx e di Hannah<br />

Arendt, che sappia operare una sintesi “poietica” fra l’homo laborans/faber e lo zoon<br />

politikon. Solo attraverso questa prospettiva di riappropiazione/esproprio auratico ai<br />

danni del capitale finanziario turbo-capitalitistico e di ri-estetizzazione dei reali<br />

momenti produttivi della società (siano questi di natura prettamente materiale come<br />

nell’economia o di natura simbolica come nella cultura e nella politica), potremo dire<br />

di avere veramente messo una prima pietra per l’edificazione di un autentico<br />

repubblicanesimo che non si limiti a rimirare con occhio archeologico le sue passate<br />

glorie del mondo classico o dell’inizio dell’epoca moderna (benissimo Machiavelli<br />

ma c’è stato “anche” Marx, anzi Marx non sarebbe comprensibile senza Machiavelli<br />

e la tradizione della filosofia politica naturalistica iniziata con Aristotele e

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